Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 24/11/2009 @ 09:32:54, in Europa, visitato 2034 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
UNHCR.org
By Cesar Pineda in Pristina, Kosovo
© UNHCR/C.Pineda. Ukshin
con la sua famiglia nella loro casa. Sullo sfondo il suo nuovo veicolo
PRISTINA, Kosovo, 16 novembre (UNHCR) – Ukshin Toplica sentiva che sarebbe
tornato veramente a casa, una volta che avesse rinnovato la casa che era stato
costretto a lasciare un decennio fa nella capitale del Kosovo Pristina.
"Ora che la mia casa è finita, non mi sono mai sentito meglio," dice
orgogliosamente il 49enne Ukshin ai visitatori della sua nuova casa."Non c'è
nessun posto come casa propria." E' di buon umore perché ha iniziato una piccola
attività in proprio, con i fondi UNHCR, provvidenziale per la sua famiglia di 11
persone in duri tempi economici.
Ma per molti anni Ukshin ha pensate che non avrebbe mai potuto ritornare in
Kosovo dall'esilio nella vicina Repubblica di Macedonia. "Ho sempre voluto
riportare indietro la mia famiglia. Ma ci era stato detto che gli Albanesi
avevano occupato tutte le case nel nostro vecchio quartiere, così non ci
sentivamo sicuri a tornare."
Non è sempre stato così. Per anni lui e la sua famiglia di Rom di lingua
albanese, conosciuti come Askali, avevano vissuto serenamente accanto all'etnia
albanese nel distretto di Vranjevic della capitale Pristina. Ukshin lavorava
come guardia di sicurezza. "Il salario bastava per la mia famiglia, e prima del
conflitto vivevamo bene," ricorda.
Ma la vita della famiglia Toplica fu gettata nel trambusto quando la NATO
intervenne militarmente alla fine del marzo 1999, dopo aver richiesto il ritiro
delle forze di sicurezza serbe dal Kosovo e la fine alla discriminazione contro
i kosovari albanesi.
"Tutti lasciarono le loro case una volta che iniziò il bombardamento in
Kosovo," ricorda Ukshin, aggiungendo che la sua famiglia seguì i propri vicini
albanesi e fuggì in Macedonia. "Non avevamo scelta," spiega. Invece, la maggior
parte dei kosovari non albanesi di lingua rom fuggirono oltremare al termine del
conflitto.
Circa 1 milione di persone hanno cercato rifugio in Macedonia ed in altri
paesi durante il conflitto, terminato nel giugno 1999 quando le forze serbe
furono respinte e le truppe NATO inviate sul territorio. Il ritorno degli
Albanesi innescò l'esodo di circa 200.000 Serbi, Rom, Askali, Egizi ed altre
minoranze.
"Tutti avevamo tanta paura," dice Ukshin della sua famiglia fuggita in
Macedonia. Nella confusione e nella fretta, furono separati ed arrivarono in
aree differenti della Macedonia settentrionale. "Dopo tre giorni, mi riunii con
la mia famiglia a Skopje. Eravamo terrorizzati e depressi perché non sapevamo
mai cosa sarebbe successo il giorno dopo."
Ukshin e sua moglie, Hatixhe, hanno lottato per vestire e nutrire i loro
sette figli a Skopje. Altri due sono nati nella capitale macedone. Grazie ad un
contributo di 210 €u. dell'UNHCR, hanno affittato una casa alla periferia di
Skopje. "Non c'erano possibilità di lavoro. A volte, pulivo le strade e mi
davano qualcosa. Dipendevamo dall'UNHCR," rivela.
Negli anni seguenti, circa 16.000 Serbi e Rom sono ritornati in Kosovo, ma la
famiglia Toplica era preoccupata per la situazione ed ha aspettato sino a
novembre dell'anno scorso prima di tornare. "Sono andato all'UNHCR ed ho
registrato la mia famiglia per ritornare, così ci hanno portato qui. Il giorno
che siamo rientrati in Kosovo è stato davvero emozionante, mia moglie ed i
bambini non ci credevano che eravamo a casa," dice Ukshin.
La famiglia si è trasferita nella casa rinnovata nel loro vecchio quartiere.
Lo staff UNHCR a Pristina visita regolarmente la famiglia per verificare il suo
reintegro. E' stato un anno di sfida. Nel mezzo della recessione globale, hanno
affrontato difficoltà economiche in un'area dove circa metà della popolazione
adulta è disoccupata. Ma hanno beneficiato di un pacco aiuto dell'UNHCR e dei
suoi partner, che includeva cibo per sei mesi ed assistenza extra-alimentare.
Ukshin si è unito anche ad un progetto UNHCR che aiuta chi ha fatto ritorno a
sviluppare nuove capacità e diventare autosufficienti. Ha acquistato un mini
trattore col rimorchio per raccogliere plastica e scarti da rivendere ad una
compagnia di riciclaggio. Inoltre usa il suo veicolo per fornire un servizio di
trasporto nel quartiere. "Ho la mia attività," dice Ukshin, aggiungendo:
"Possiamo vivere del nostro denaro e delle nostre fatiche."
I membri della famiglia Toplica si sentono pienamente integrati nella loro
comunità. Come per altri che han fatto ritorno in Kosovo, la sfida principale è
di migliorare le proprie condizioni di vita ed assicurarsi la sopravvivenza
economica. UNHCR continua ad offrire aiuto e consulenza.
Di Daniele (del 24/11/2009 @ 08:52:44, in media, visitato 2200 volte)
Di Fabrizio (del 23/11/2009 @ 09:44:48, in Italia, visitato 2172 volte)
segnalazione di Sara Gandini
L'Unità.it di Dijana Pavlovic
Ieri nell’aula consiliare di Palazzo Marino l’assessore alla Famiglia (!)
Mariolina Moioli festeggiava la XXª Giornata internazionale dei diritti
dell’Infanzia. Poche ore prima, in un’alba livida come questa città, centinaia
di poliziotti, carabinieri, poliziotti locali sgomberavano 300 persone di etnia
rom con 80 bambini, 40 dei quali frequentavano le scuole del quartiere. Con le
poche cose personali, venivano distrutte le speranze di una vita meno
disumana per queste 40 famiglie, per chi aveva un lavoro, precario e in nero ma
lavoro, e aveva cercato di inserirsi in un contesto civile grazie alla
solidarietà delle maestre delle scuole, di cittadini che accompagnavano i
piccoli «zingari» a scuola e soprattutto delle associazioni – la comunità di
Sant’Egidio e i Padri somaschi soprattutto - che sostenevano questo faticoso
percorso di inserimento sociale. In questa coincidenza, non casuale, perché uno
sgombero non si improvvisa, c’è tutta la ferocia di questa città, della sua
squallida amministrazione i cui spiriti più brillanti sono il vicesindaco De
Corato che si vanta di circa 150 sgomberi in un anno e il capogruppo leghista
Salvini, quello delle carrozze separate per gli extracomunitari e del fora dai
ball per i rom e «mai una moschea a Milano».
Si può essere stupefatti dall’arroganza di questa amministrazione nell’esercizio
del potere, che non teme nemmeno la critica e se ne frega, virilmente, delle
normative nazionali e internazionali che tutelano l’infanzia e che prevedono
garanzie in caso di sgomberi (preavviso, alternative, ecc.). Ma io non mi
stupisco più, ho capito che questa Milano, con il suo Expo, i suoi affari in
mano a ‘Ndrangheta e Camorra, la scelta di cancellare la cultura
dell’accoglienza e della solidarietà, è una città fuori dall’umanità, una città
che perde i suoi giovani e la sua cultura, una città senza più anima, destinata
a essere un deserto nel quale le voci dell’umanità si spengono. Ma in questa
città io ho fatto un figlio e ho visto nell’ospedale nel quale mio figlio è nato
tante altre zingare, tanti altri extracomunitari che mettevano al mondo i loro
figli e credo che con queste nuove vite abbiamo seminato il fiore della
speranza. Quando cresceranno questi bambini così diversi da De Corato e da
Salvini (ma com’erano da piccoli, rubavano i giochi ai loro vicini?) non saranno
soli e tutti insieme aiuteranno questa città e ritornare civile, giusta e umana. 20 novembre 2009
Di Fabrizio (del 23/11/2009 @ 09:16:12, in media, visitato 1485 volte)
Lunedì 30/11/09 ore 18.00
Libreria Feltrinelli BLOG IN-FORMA
I curatori di tre importanti spazi web (Yuri Del Bar per
U Velto – Il Mondo,
notizie e immagini dai mondi sinti e rom, Fabrizio Casavola per Mahalla e
Davide Casadio per
Sinti italiani in viaggio per il diritto e la cultura), dialogano
con il pubblico sulla necessità di un'informazione obiettiva e attenta riguardo
i mondi rom e sinti
Informazioni su
RintracciArti
Il gruppo su
Facebook
Di Fabrizio (del 23/11/2009 @ 08:59:32, in media, visitato 2064 volte)
Da Milano Città Aperta
Ciao a tutti,
come sapete dalle mail che sono circolate in mailing list e dai media,
l'altro ieri è stato sgomberato il campo Rom di via Rubattino a Lambrate.
Circa 300 persone, tra cui moltissime donne e bambini anche
piccolissimi sono stati lasciati al freddo sotto un ponte, senza alcuna
alternativa praticabile (si proponeva la solita soluzione che prevedeva la
divisione di uomini da una parte, donne e bambini dall'altra, bambini sopra i 6
anni da un'altra ancora).
Ieri si è svolto un presidio davanti alla prefettura, in cui una delegazione
ha chiesto, tra le altre cose, perlomeno di poter usufruire temporaneamente dei
container anti-freddo presenti nell'area di Via Barzaghi. Non solo neppure
questo è stato accettato, ma stamattina la polizia ha di nuovo sgomberato i rom
dall'area sotto il ponte di Rubattino dove si erano rifugiati provvisoriamente,
per permettere la solita passerella mediatica oggi pomeriggio a De Corato. (in
allegato o linkati a questa mail trovate altro materiale informativi per
approfondire meglio la vicenda).
Ieri al presidio erano presenti diversi di noi di Milano Città Aperta (io,
Natascia, Betta, Paolo, Giuliano, Veronica). Parlando si è pensato a far
qualcosa, trovare qualche strumento di pressione nei confronti del prefetto e
della giunta comunale. Coloro che sono andati in delegazione dal prefetto hanno
riferito infatti che la prefettura (a differenza dell'inflessibile
assessore Moioli) è stata abbastanza colpita dalla partecipazione cittadina
al presidio e in generale dalla solidarietà della cittadinanza nei confronti dei
Rom. Tanto nei giorni prima, che al momento dello sgombero, che ieri al
presidio erano presenti e si erano mobilitati diversi degli insegnanti della
scuola frequentata dai piccoli bimbi Rom e finanche genitori dei loro compagni
di classe. Segno evidente che, quando affianco alle "solite" meritorie
organizzazioni di "addetti ai lavori", si muovono in prima persona anche
i cittadini, a non pochi vengono fastidiosi mal di pancia.
D fronte a questo l'idea che è venuta a me e Natascia è quella di intasare
gli indirizzi che vi riporto qui sotto (del prefetto, del vicesindaco De Corato
e dell'assesore Moioli) di mail di protesta, per far capire che la cittadinanza
non rimane passiva di fronte allo scempio e alla barbarie degli sgomberi senza
alternative dei campi rom e delle correlate violazioni dei diritti umani
fondamentali.
Più sotto vi riporto un testo già scritto da noi (molto sintetico per
forza di cose, in modo che possa essere condiviso da tutti), ma che tutti
possono ovviamente arricchire e personalizzare come vogliono.
Nel fare questa improvvisata, ma utilissima azione di mail-bombing, vi
raccomandiamo pero di seguire alcune precauzioni volte a non
compromettere l'efficacia e l'utilità dell'azione:
a) scrivere ognuno un oggetto diverso alla mail, in maniera che i
destinatari non possano bypassare le mail, mettendo filtri che le releghino alla
posta indesideata. Sfruttate tutte le varianti possibili!
b) Girare quest'email e quest'appello a a tutte le persone che conoscete
chiedendo di prendere parte a questa iniziativa nel più rapido tempo possibile
(nel weekend!)
c) Inviare una copia della mail in copia conoscenza nascosta al seguente
indirizzo da noi creato ad hoc
rubattino@email.it, in maniera da poterci contare, sapere quante persone
hanno preso parte all'iniziativa ed eventualmente farlo pesare a chi di dovere,
al momento opportuno.
Gli indirizzi a cui inviare la mail sono
prefettura.milano@interno.it
vicesindaco.decorato@comune.milano.it
assessore.moioli@comune.milano.it
Il testo da copia-incollare (e se volete da personalizzare ) è il seguente
"Io cittadino di Milano sono indignato dallo sgombero del campo rom di
via Rubattino avvenuto il 19/11/09 e dalle precedenti e successive proposte
e risposte del Comune alle legittime richieste di cittadini rom e delle
associazioni. Non sono queste le autorità che mi rappresentano, non è questa
la città che voglio."
Mi raccomando, se lo ritenete utile, partecipate a questo piccolo,
simbolico, ma molto significativo gesto di solidarietà nei confronti dei Rom
sgomberati, al più presto (entro il fine settimana) E giratelo a tutti
i contatti che avete e credete siano interessati e sensibili sulla
questione.
Di Fabrizio (del 22/11/2009 @ 09:32:31, in scuola, visitato 1737 volte)
AgenFax.IT
Entro il dieci Dicembre in Provincia di Novara sarà completata la
schedatura di tutti gli scolari “ non interamente italiani”. Si comincia con
romeni e nomadi
(se. bag. 20/11) - Con una lettera circolare, recapitata a tutte le Dirigenze
didattiche di ogni scuola di qualsiasi ordine e grado della provincia di Novara,
il Dirigente scolastico provinciale Giuseppe Bordonaro, coadiuvato dalla
funzionaria del Provveditorato Maria Grazia Albertini, ha ordinato la schedatura
di tutti gli alunni di nazionalità straniera, di quelli che hanno almeno un
genitore straniero e quindi la doppia nazionalità, nonché di tutti i figli di
nomadi ivi compresi quelli italiani.
Nell’opera di schedatura, oltre alle notizie ed ai dati anagrafici
concernenti l’alunno, dovranno essere indicate le condizioni dei rispettivi
genitori, incluso l’eventuale stato di clandestinità degli stessi, e
dell’alloggio in cui la famiglia vive. Dovrà essere fatta anche menzione
dell’eventuale condizione di “trovatello” dell’alunno. Tutte notizie la cui
raccolta è in parte vietata dalle norme nazionali sulla Privacy e da quelle Onu,
condivise a suo tempo dall’Italia, sulla protezione dei diritti dell’infanzia.
Il lavoro demandato alle singole dirigenze scolastiche che si avvarranno dei
vari docenti per completarlo, ricorda da vicino quello che si voleva compiere
nella rovente estate del 2008 in tutti i campi nomadi d’Italia quando alla
Polizia ed ai Carabinieri era stato chiesto di rilevare le impronte digitali
anche ai minori di anni dieci. Il progetto poi in parte non venne attuato a
causa del deciso intervento dell’Unione europea. Già da oggi si comincia con le
rilevazioni concernenti bambini romeni, italiani con un genitore di nazionalità
romena e nomadi di ogni nazionalità, anche autoctona. A ruota seguirà la
schedatura degli altri. Con la probabilmente ipocrita motivazione di voler
agevolare l’inserimento di questo genere di bambini ed adolescenti nel sistema
scolastico italiano, il Dirigente scolastico novarese dunque ha inaugurato una
campagna che presto si diffonderà su tutto il territorio nazionale. “Che le
motivazioni addotte dal Provveditorato nel richiedere la schedatura siano
ipocrite lo si evince dal fatto che anche cittadini pienamente italiani, come
sono quelli con la doppia nazionalità o i nomadi autoctoni, devono essere
registrati. Probabilmente si intende solamente appesantire il clima di odio e
sospetto nei confronti degli stranieri al fine di emarginarli dal contesto
scolastico e sociale ed indurli a lasciare l’Italia. Pulizia etnica si chiama. A
voce in Provveditorato poi ci hanno detto di iniziare da romeni e nomadi”
afferma un insegnante che chiede l’anonimato, ribadisce che vorrebbe fare
obiezione di coscienza contro tale odioso compito discriminatorio ma che ha
troppa paura di perdere il posto di lavoro. I partiti d’opposizione in una città
in mano al centro-destra, il Sindaco è leghista, ora promettono un’opposizione
durissima in ogni sede istituzionale ed invitano gli insegnanti che figurano
pure tra i loro iscritti all’obiezione di coscienza. Da oggi però in Italia non
esistono più solamente gli invisibili senza diritti, come sono gli stranieri
siano essi comunitari che extracomunitari od i nomadi, ma in questa categoria da
criminalizzare ad ogni costo entrano a far parte pure i sangue misti la cui
unica colpa è quella di avere un padre od una madre che ad un certo punto della
loro vita hanno deciso di donare il proprio amore ad un partner non italiano.
Di Fabrizio (del 22/11/2009 @ 09:27:09, in Italia, visitato 2709 volte)
del Sen. Roberto Della Seta (PD)
Premesso che:
Amnesty International ha espresso preoccupazione e contrarietà per lo sgombero
forzato del campo "Casilino 700" di Roma (leggi
QUI ndr), nel quale vivevano circa 400 persone di etnia rom, avvenuto lo
scorso 11 novembre 2009. Nell'appello, l'organizzazione per i diritti umani
sollecita il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e il sindaco Gianni Alemanno ad
assicurare che a tutte le famiglie sgomberate sia fornita una sistemazione
alternativa come soluzione di emergenza e sia accordato un risarcimento per
tutti i beni che sono stati distrutti durante lo sgombero forzato; Inoltre,
Amnesty International ricorda che "gli sgomberi forzati, eseguiti senza
protezioni legali o di altro tipo, sono proibiti dal diritto internazionale in
quanto grave violazione dei diritti umani, in particolare del diritto a un
alloggio adeguato". Secondo quanto riferito dalle Organizzazioni non governative
(Ong) e dai mezzi d'informazione, all'alba dell'11 novembre 2009 circa 150
agenti di polizia hanno sgomberato le famiglie dal campo di via di Centocelle,
nella parte est della Capitale. Tutti gli accampamenti della comunità sono stati
distrutti e circa 20 rom sono stati arrestati, nonostante non si sappia di cosa
siano accusati; le Ong locali, tra cui Legambiente Lazio, affermano che la
comunità nomade non ha ricevuto alcuna notifica dello sgombero forzato né è
stata consultata, e che il Comune di Roma ha offerto rifugi per brevi periodi
solo ad alcune donne e ai bambini piccoli, nei dormitori dei senza tetto di
Roma. In base alla legge italiana, le autorità dovrebbero notificare lo sgombero
a tutte le persone oppure pubblicare un'ordinanza o un preavviso. In ogni caso,
non essendo stata l'ordinanza formalizzata in questo modo, la comunità non ha
potuto rivolgersi alla magistratura per tentare di fermare o posticipare lo
sgombero; è importante evidenziare che nella comunità nomade ci sono circa 140
bambini, di cui 40 frequentano una scuola nelle vicinanze. Lo sgombero minaccia
di interrompere la loro scolarizzazione e sconvolgere seriamente la loro
educazione. La maggior parte di coloro che vivono nel campo di Centocelle -
secondo Amnesty International - ha già subito in precedenza sgomberi forzati,
con distruzione di accampamenti, vestiti, materassi, e qualche volta, di
medicine e documenti; a giudizio degli interroganti, dopo questo ennesimo
sgombero forzato, effettuato in assenza di un qualsiasi piano nomadi, il Comune
di Roma ancora una volta ha confermato la sua visione proprietaria della cosa
pubblica e di essere cieco e sordo rispetto ai più basilari diritti delle
persone. È gravissimo che si impedisca, come è avvenuto il 17 novembre 2009, a
dei pubblici ufficiali, quali sono gli eletti dal popolo, l'accesso a strutture
nello stabile di via Salaria n. 971, dove da qualche giorno risiedono i nomadi
sgomberati dal Casilino 700. La struttura risulta essere presidiata da guardie
giurate e vigili urbani che impediscono a chiunque di accedere alla struttura e
controllare le condizioni in cui vivono il centinaia di persone, appena accolte.
A questo punto, è sempre più evidente che il "piano nomadi" del Comune di Roma
non e' altro che un triste e inquietante progetto di "lagerizzazione"; ad
opinione degli interroganti, se da una parte è doveroso evidenziare che nello
sgombero le Forze dell'ordine hanno tenuto un comportamento responsabile,
dall'altra è innegabile che tutta l'operazione è stata un perfetto fallimento
politico e sociale. Con il suo "piano nomadi", di fatto il Comune di Roma sta
estendendo il problema su tutto il territorio del VI, del VII e del X municipio.
Ci vorranno giorni per ricostruire la mappatura di dove ora queste persone si
sono spostate. Le 85 persone sgomberate al Casilino 700 che si erano rifugiate
nell'ex stabilimento della Heineken, e che ieri erano state nuovamente
sgomberate, sono andate adesso a Tor Sapienza dove ci sono già due campi nomadi,
al confine tra il V e il VII municipio. La Polizia municipale ha segnalato un
esodo sulla Collatina e sulla Prenestina, di persone che presumibilmente sono
andate a rifugiarsi in due piccoli campi abusivi già esistenti in via Longoni e
via Collatina. In pratica l'intervento del Comune non ha fatto altro che
disperdere il problema sul territorio,
si chiede di conoscere:
se il Ministro in indirizzo non intenda riferire sui gravissimi motivi che hanno
impedito a dei pubblici ufficiali, quali sono i consiglieri comunali e
circoscrizionali, l'accesso a strutture dove da qualche giorno risiedono i
nomadi sgomberati dal Casilino 700; se non intenda appurare se tale sgombero sia
riconducibile di fatto ad uno "sgombero forzato", cioè eseguito senza protezioni
legali o di altro tipo stabilite dal diritto internazionale, e dunque
configurabile come grave violazione dei diritti umani, in particolare del
diritto a un alloggio adeguato, e di accertarsi inoltre se sia stato assicurato
a tutte le famiglie sgomberate una sistemazione alternativa come soluzione di
emergenza; se non intenda intervenire con atti di propria competenza presso il
Comune di Roma, la cui gestione, a giudizio degli interroganti, sconsiderata del
problema dei campi nomadi sta recando grave disagio a centinaia di persone e ed
esponendo tutta la popolazione ad una presenza ancora più incontrollata di campi
abusivi e spontanei.
Di Fabrizio (del 21/11/2009 @ 23:40:53, in Italia, visitato 2244 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
di Zita Dazzi
Stefania Faggi insegna da quasi quarant'anni a Milano ed è ancora piena di
entusiasmo nel suo lavoro. È stata lei la prima nel quartiere dell’Ortica ad
aprire le porte di casa a una dei rom sgomberati dall’ex fabbrica di via
Rubattino
«Non avrei mai potuto tornare a casa, a dormire nel mio letto, se Cristina
fosse rimasta in strada. Non avrei chiuso occhio pensando a lei e alla sua
famiglia sotto il ponte, al freddo. Perché l’ho fatto? Che senso ha questa
domanda? Non sarei una persona normale, sarei un essere disumano se non mi
fossi portata quella bambina a casa e se non avessi cercato un posto anche per
la sua famiglia». Stefania Faggi fa la maestra da quasi 40 anni ed è ancora
piena di entusiasmo nel suo lavoro. È stata lei la prima nel quartiere
dell’Ortica ad aprire le porte di casa a una dei rom sgomberati giovedì mattina
dall’ex fabbrica di via Rubattino.
«E non chiamatemi eroina — si raccomanda — perché io ho fatto ciò che avrebbe
fatto qualunque persona con una coscienza, di fronte a quella famiglia rimasta
senza niente». Di quei rom romeni lei sa il poco o nulla che si può conoscere in
due mesi di scuola, tanti sono i giorni che Cristina ha fatto nella quarta B
della scuola elementare Elsa Morante in via Pini. «So che è Cristina una bambina
come le altre, con tanta voglia di imparare e di stare tranquilla. So che sua
madre la mandava a scuola pulita e profumata tutti i giorni, anche se viveva in
quel campo senza acqua e senza servizi. So che sono persone per bene e che la
prima volta che Cristina è stata invitata alla festa di un compagno di classe
sua madre, con i pochi soldi che hanno a disposizione, ha comperato un mazzo di
fiori da regalare ai padroni di casa».
La maestra Stefania si è affezionata in fretta a quella bambina di dieci anni,
alla sua famiglia composta dai genitori e da altri tre bambini. Le sono bastati
pochi gesti, poche parole. «Io so che la mamma di Cristina, come tutti i
genitori della scuola, veniva a fare i colloqui con noi maestre, e voleva sapere
se la bambina studiava e si comportava bene. Ovvio che Cristina si comporta
bene, è una ragazzina intelligente e piena di dignità. La terrò con me, nel mio
monolocale che condivido con un gatto e con un cane, fino a quando non si
troverà una soluzione migliore. Nel fine settimana è stata invitata a dormire a
casa di un compagno di classe, perché io devo andare ad assistere una parente
anziana ammalata, ma da lunedì tornerà da me».
Durante lo sgombero Cristina ha perso tutto. Anche lo zaino della scuola, i
quaderni, l’astuccio. Ma la maestra Stefania ieri mattina, prima di riportarla
in classe, le ha ricomprato tutto. E i genitori degli altri alunni, le hanno
ricomprato un zaino nuovo, all’ultima moda, che Cristina ha molto apprezzato.
Stefania non ha dubbi sulla sua scelta. «Io non ho paura dei rom, non l’ho mai
avuta. Ho paura, come tutti, dei ladri e degli assassini, ma quelli possono
essere anche italiani. So che molte delle famiglie di via Rubattino sono
famiglie oneste. Certo, molto povere, abituate a vivere in condizioni di grande
disagio e degrado. Ma nessuna di loro lo fa per scelta. È una questione di
necessità: hanno vissuto molti sgomberi e nonostante questo non si arrendono.
Continuano a cercare di integrarsi».
Non è isolata la maestra Stefania. Almeno altre tre sue colleghe hanno fatto la
stessa scelta e anche alcune famiglie della scuola si sono portate a casa parte
degli zingari sgomberati da via Rubattino. «Non ci siamo nemmeno messi
d’accordo. È stata una decisione spontanea, presa a tarda sera, quando ci siamo
accorti che dalle istituzioni non sarebbe venuto alcun aiuto».
Segnalazione di Marcel Costache
Martedì 24 novembre, ore 21,
Teatro Dal Verme,
Via San Giovanni sul Muro, 2 - 20121 Milano (Lombardia) 02 87 905 - ingresso 8 euro
Torna La Notte di San Lorenzo che, dopo un periodo di pausa per l'abbandono
"forzato" di Cascina Monluè, presenta una produzione Arci, in collaborazione con
il Consolato Ungherese e con il contributo del Comune di Milano - Assessorato
alla Cultura. Un progetto-kermesse che vede tre dei maggiori gruppi gipsy
ungheresi unirsi sulla scena con OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT, una straordinaria
serata-evento il 24 novembre al Teatro Dal Verme alle ore 21, ingresso 8 euro.
La serata sarà al contempo un grande omaggio alla musica popolare e anche,
ricorrendo il XX anniversario dalla caduta del muro di Berlino, una serata
dedicata alla nuova Europa, inizio di un percorso musicale tematico per i futuri
anni, con un omaggio alla musica gitana d'Ungheria.
La Notte di San Lorenzo nella sua lunga storia è stata sempre sensibile al tema
delle musiche sviluppatesi nei luoghi di confine, centri di incontri e di scambi
culturali e mercantili, presentando ad esempio le musiche Tuareg, quelle dei
popoli della Via della Seta, del Rajasthan e di numerose altre culture e società
in movimento.
OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT
E' un progetto che vede in scena contemporaneamente tre dei più noti gruppi
musicali gipsy Olah d'Ungheria: i Romano Drom, La Szilvasi Gipsy Folk Band e i
Ternipe. Si tratta di uno spettacolo unico interpretato da 15 elementi tra
cantanti, musicisti e danzatori testimoni viventi delle millenarie tradizioni
culturali e musicali gitane.
In un'unica e trascinante serata, si mescoleranno la tradizione Olah più
rigorosa dei Romano Drom, noti per il virtuosismo nell'utilizzo della voce come
trascinante strumento ritmico, intercalato dagli strumenti a percussione,
ottenuti con oggetti di uso quotidiano (le lattine del latte, i cucchiai di
legno); i bassi della nota Szilvasi Gipsy folk band (quest'ultima raccoglie più
tradizioni musicali) ottenuti per onomatopea vocale, tecnicamente szajbojozes,
con le sezioni a pizzico; gli orchestrati dei violini dei Ternipe con l'uso
pizzicato delle chitarre e il percuotere dei loro danzatori sul proscenio.
La musica Olah
Gli Olah sono uno dei gruppi etnici gitani meno noti. Per lo più si trovano in
Ungheria e la loro musica si distingue dagli altri stili gitani. Il loro nome
etnografico è gitani Valch e corrisponde alla loro origine geografica, la
Valachia regione della Romania. In Ungheria sono conosciuti come Olah: antica
parola rumena . Il gruppo più numeroso è rappresentato dai Lovar che molto tempo
fa erano commercianti di cavalli; alcuni, venditori ambulanti altri, mercanti di
ferraglie e cestinai. Al contrario della maggior parte dei gitani essi non
intrattenevano relazioni con altre popolazioni e questo ha permesso alla musica
di mantenere una sua antica originalità. La loro musica basata su voci e
percussioni, rimase confinata nella loro comunità etnica fino agli anni 50'.
Solo negli anni '70 la musica gitana Olah si affaccia sul panorama
internazionale.
Il progetto Olah Gipsy AllStars vuole essere voce della musica gitana Olah da
quella più tradizionale fino al nuovo stile sviluppatosi recentemente. Il
progetto parte dall'iniziativa di due musicisti che crearono l'"Athe Sam" gipsy
festival a Budapest nel 2007: Antal Kovacs dei Romano Drom e Istvan Szilvasi
della Szilvasi Gipsy Folk Band chiesero ad amici e leader di altri gruppi di
Budapest per suonare insieme. Hanno ripetuto l'esperienza giungendo fino allo
Sziget Festival e al Castle festival di Budapest.
La formazione
Antal Kovacs: voce, chitarra
Mate Kovacs: percussioni
Rafael Zsigmond: danza, scats, kanna
Jozsef Balogh: voce, chitarra
Matild Dobi: voce, danza
Szerena Baxtai: voce, danza
Robert Farkas: violino, fisarmonica
Bela Lakatos: voce, kanna
Istvan Farkas: voce, mandolino
Istvan Szilvasi: voce
Peter Csordas: basso
Attila Csavas: sassofono, tarogato
David Csizmadia: tromba
Balazs Vajna: VJ
L'evento su
Facebook
Di Fabrizio (del 21/11/2009 @ 09:33:27, in Europa, visitato 1692 volte)
Da
Roma_Daily_News
Bratislava, 16.11.2009, 07:07, (ROMEA/RPA)
Le elezioni regionali di domenica hanno visto la vittoria della coalizione
governativa di sinistra, guidata dal partito Směr-SD di Robert Fico. I
candidati romanì con più successo hanno partecipato nella regione di Prešov per
il Partito Coalizione Rom (Strana romské koalice - SRK). Riporta Roma Press Agency (Romská tisková agentura
RPA - www.rpa.sk) che soltanto Miroslav Daňo è stato eletto nel parlamento
regionale, con 2.491 voti nel distretto di Vranov
nad Topl'ou.
Ladislav Čonka (SRK) ha perso per pochi voti, con 2.273 in due
collegi dietro altri candidati eletti a Vranov. Štefan Kali (SRK) ha ricevuto
2.022 voti e Alfonz Kali (SRK) 1.988 voti. Il seggio di Daňo è quindi
l'unico ottenuto dall'SRK, anche se ha schierato un totale di 57 candidati nelle
regioni di Banskobystrický,
Košice e Prešov.
Iniziativa Rom di Slovacchia (Romská iniciativa Slovenska - RIS) aveva
candidati al parlamento regionale e tre candidati per le amministrative
regionali, tutti senza successo. A Košice, Jozef Červeňák concorreva
per il RIS come amministratore ed ha ricevuto 5.363 voti (4,1%). Il candidato
vincente, Zdenko Trebul'a, ha ricevuto il 60,25%. Soltanto il 22,93% dei votanti
registrati si sono presentati al voto.
A Prešov, si è presentato alle urne il 26,31% dei votanti registrati, dove il
candidato del RIS Radoslav Ščuka ha ottenuto 3.223 voti (2,13%). Il RIS
presentava un candidato anche nella regione di Banskobystrický, ottenendo 2.499
voti (1,84%). RPA riporta che l'affluenza al voto è stata del 27,06%.
ROMEA, RPA, ČTK, translated by Gwendolyn Albert
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