Il 24 marzo (2008 ndr) il vicesindaco Decorato dichiara ai giornali
che il comune di Milano spende ogni anno 6milioni di euro solo per i campi
nomadi regolari; visto che sono 12 i campi in Milano siamo andati a vedere come
sono stati spesi nel campo di Via Bonfadini i circa 500.000 euro che dovrebbe
costare mantenere questo campo.
Degli altri campi milanesi, ne avevamo parlato in passato:
Nazzareno Guarnieri, primogenito di una numerosa famiglia rom, ha
iniziato la sua formazione frequentando con successo il prestigioso Istituto
Magistrale «B. Spaventa» di Città S. Angelo (PE), conseguendo nel 1971 il
diploma della qualificazione magistrale.
La sua formazione continua con il corso biennale di operatore psicopedagogico
presso Università di L’Aquila, e successivamente il corso di mediatore culturale
e la Laurea in psicologia sociale. Il costante impegno volontario e
professionale per la popolazione romanì, la promozione e la realizzazione di
importanti esperienze di interazione culturale e la partecipazione a numerose
iniziative italiane ed europee arricchiscono il percorso formativo di
Guarnieri, tale da essere oggi un professionista, un leader ed un attivista rom
riconosciuto a tutti i livelli.
Nell’anno 2000 e e nell’anno 2002 Nazzareno Guarnieri è il vincitore del Premio
Raffaele Laporta, per la sezione progetti educativi. Nell’anno 2003 Nazzareno
Guarnieri è il promotore del «progetto federazione», un’iniziativa per
sollecitare ed incoraggiare la partecipazione attiva di Roma e di Sinti.
Nell’anno 2009 che è stato eletto presidente della Federazione romanì.
Nazzareno Guarnieri, come mai sembra impossibile stabilire con la minoranza
Rom un sistema di regole condivise e di convivenza pacifica?
«La convivenza con la popolazione romanì oggi è difficile per il radicato
pregiudizio, duro a morire, e per le scelte politiche sbagliate. Una sequenza di
deficit mediatico, culturale, politico, istituzionale di partecipazione attiva e
di conoscenza. Deficit che hanno categorizzato i pregiudizi contro la
popolazione rom e sinta e banalizzato la cultura romanì. Deficit che hanno
ostacolato i processi di scambio culturale, di acculturazione e inculturazione
ed hanno impedito una “canalizzazione politico/istituzionale” alla cultura
romanì. Deficit che hanno portato a generalizzare a tutta la popolazione rom e
sinta la responsabilità del singolo. Una sequenza di deficit che richiedono una
risposta urgente e chiara, capace di abbandonare i diritti differenziati e
l’assistenzialismo culturale, oggi riservati a rom e sinti, e costruire le
relazioni umane e di scambio culturale con la popolazione romanì».
La Risoluzione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 al punto 8. riporta:
«La grande maggioranza dei laureati rom non fa ritorno alla propria comunità
dopo il completamento degli studi universitari e che alcuni di essi negano le
proprie origini o non sono più accolti nella loro comunità quando cercano di
farvi ritorno». A Cosa è dovuto questo disconoscimento, forse a discriminazione?
«Questa è una amara verità innegabile non solo per i rom laureati o con al
titolo di studio, ma anche per tanti altri rom che sono riusciti a farcela ad
uscire dalla segregazione e dall’assistenzialismo ed essere protagonisti
positivi e professionisti preparati. La tendenza di addebitare questa scelta di
assimilazione al radicato pregiudizio ed alla discriminazione, così come
attribuire la responsabilità solo alla politica mi pare riduttivo. Credo che
tutto nasca da una perfida combinazione di interventi e di politiche da un lato
limitati agli aspetti sociali, assistenziali e di emergenza, mai culturali.
Questo sta conducendo alla perdita di una identità culturale collettiva,
dall’altro la mancanza di processi di partecipazione reali. Quale possibilità ha
un rom che è riuscito a farcela di rivendicare la propria identità culturale
romanì e collaborare per la crescita sociale e culturale della propria
popolazione? Senza contare gli stereotipi creati ad arte che descrivono lo
zingaro solo come la persona che vive nel campo nomadi, che ruba e non lavora,
ecc. Quindi non solo l’indifferenza e l’assenza di una politica per la cultura
romanì, ma una precisa volontà di gran parte della società civile, che si è
occupata e che si occupa dei rom, di gestire o tutelare, evitando ogni forma di
crescita dell’autonomia e della normalità per i rom. Qualsiasi cultura si evolve
con il contatto e con lo scambio culturale».
Mi faccia capire il vostro punto di forza, da qui l’appello che rivolgete
anche agli stessi Rom è Partecipazione, vuole spiegarmi meglio, cosa vuol dire?
«Dalle esperienze del passato e del progetto federazione, avviata molto
lentamente fin dal dicembre 2003, sono arrivate alcune interpretazioni della
partecipazione attiva dei rom. Non Basta essere Rom ma è necessario che la
partecipazione Rom sia Qualificata. Mi spiego meglio non si tratta di avere o
meno un titolo di studio ma di possedere o acquisire le conoscenze e le
competenze necessarie per una partecipazione qualificata, solo così si può
costruire un processo di formazione alla partecipazione (capacity building) e di
empowerment e di superare la convinzione che la questione rom sia solo una
questione sociale (sicurezza e legalità) e di folclore, effetto delle
improvvisazioni che hanno manipolato la realtà culturale romanì».
Infine vorrei capire, vista anche la sua formazione professionale, cosa
propone per contribuire a una maggiore scolarizzazione dei bambini e bambine
Rom?
«Il fallimento delle politiche del passato per la popolazione romanì dimostra,
anche in questo caso, che senza la partecipazione attiva, propositiva e
professionale di Rom e Sinti ogni iniziativa è destinata al fallimento, bisogna
passare dalla mediazione culturale alla partecipazione.
Le iniziative di scolarizzazione dei bambini rom e sinti devono porsi
l’obiettivo del successo scolastico e non impegnarsi solo per la frequenza. Sono
troppi gli alunni rom e sinti che completano la scuola elementare senza aver
acquisito la strumentalità minima di base: saper leggere, scrivere e far di
conto e nel contempo ritenere che le abilità del bambino rom costituiscano un
handicap. La presenza di bambini Rom nella scuola Italiana è condizionata da
stereotipi e pregiudizi che conducono al fallimento del progetto educativo, e
troppo spesso, è gestita con distanza dalle dinamiche della diversità culturale
e della strategia interculturale. Quindi in breve: formazione per gli
insegnanti, produzione di materiale didattico specifico, realizzazione di un
osservatorio nazionale e regionale, sostenere le sperimentazioni mirate partendo
dalla cultura di origine».
Nei vostri interventi spesso vi pronunciate contro i campi nomadi come
ostacolo alla integrazione, ironia della sorte spesso se ne giustifica la
nascita per preservare la cultura romanì?
«In Abruzzo non vi sono campi rom, i rom che arrivano vengono inseriti in civili
abitazioni con l’ausilio del volontariato sociale. Il campo nomadi è la nostra
tomba non rappresenta la cultura romanì. Spesso proponiamo l’autogestione dei
campi nomadi e usare le ingenti risorse per la gestione dei campi nella
costruzione di politiche abitative serie».
Quale sono i prossimi impegni della Federazione?
«In Spagna a Cordoba il prossimo 8 e 9 Aprile 2010 si svolgerà il secondo
vertice europeo sui rom ed il fatto che si realizzi durante la Presidenza
Spagnola dell’Unione Europea è un buon auspicio perchè la Spagna negli ultimi
anni è stato il paese europeo che più ha investito in politiche sociali e
culturali per la popolazione romanì. Per la grave condizione e discriminazione
della popolazione romani in molti stati Europei, dal secondo vertice europeo sui
rom ci attendiamo conclusioni politiche con la esplicitazione di una strategia
politica chiara ed efficace, strategia che da una parte impegni la Commissione
europea e gli Stati membri dell’UE ad una forte e coordinata azione politica e
degli strumenti giuridici per contrastare l’antiziganismo, dall’altra parte
definisca il ruolo attivo delle organizzazioni rom nei piani d’azione europei e
nazionali, nella progettazione/realizzazione delle politiche per i rom, nel
monitoraggio dei progetti destinati alla popolazione romanì. Vi invitiamo a
consultare il nostro spazio Web:
http://federazioneromani.wordpress.com».
S.V.
LA SCHEDA
Alla popolazione rom si applica, se cittadini stranieri, il decreto legislativo
25 luglio 1998 (Testo unico sull’immigrazione).
Non esistono censimenti ufficiali che dicano con esattezza quanti sono.
In Europa la minoranza rom/sinta è definita «la minoranza più numerosa
dell’Unione europea».
In Italia ci sono una dozzina di etnie molto radicate in precisi territori,
ognuna con proprie tradizioni. Partiti dal nord dell’India e dal Pakistan
intorno all’anno mille, gli zingari si sono stabilizzati nell’est europeo da
dove hanno poi ricominciato altre migrazioni. In Italia i primi arrivano alla
fine del 1300. Quella rom è una delle società più chiuse e tribali che si
conoscano esistono diversi gruppi.
I rom abruzzesi e molisani: i più tradizionalisti, conservano intatto
l’uso del romanì e sono arrivati in Italia dopo la battaglia del Kosovo nel 1392
a seguito dei profughi arbares’h (albanesi). Si dedicano ai mestieri
tradizionali come l’allevamento e il commercio di cavalli ed è molto diffusa tre
le donne (rumrià) la chiromanzia.
I rom napoletani (detti napulengre). Fortemente mimetizzati nel
capoluogo, fino a una trentina d’anni fa fabbricavano arnesi per la pesca e
facevano spettacoli ambulanti. Esistono anche i rom cilentani (una grande
comunità di 800 persone vive a Eboli), lucani (una delle comunità più
integrate), pugliesi, calabresi e i camminanti siciliani.
Sinti giostrai – Sparsi soprattutto tra il nord e il centro Italia sono almeno
trentamila. Arrivati in Italia all’inizio del 1400, sono i depositari del più
antico dei mestieri rom, quello dei giostrai. Un mestiere però che sta
scomparendo trasformandoli in rottamatori di oggetti recuperati tra i rifiuti e
venditori di bonsai artificiali.
I Rom harvati e il sottogruppo dei kalderasha, circa 7 mila
persone arrivate dal nord della Jugoslavia dopo le due guerre mondiali, e i
rom lovara (non più di mille) chiudono il gruppo dei rom con cittadinanza
italiana.
I rom jugoslavi – È possibile suddividerli in due grandi ceppi, i
khorakhanè (musulmani) e i dasikhanè (i cristiano-ortodossi). Vivono
per lo più nei campi nomadi del nord e del centro Italia.
I rom romeni – Quello dalla Romania è ormai un flusso continuo e
inarrestabile. Le più grandi comunità sono a Milano, Roma, Napoli, Bologna,
Bari, Genova ma ormai il fenomeno è in crescita in tutta Italia.
A livello europeo esiste il Dipartimento Rom and Travellers (Rom e
camminanti, due delle varie etnie zingare). L’ufficio, nato nel 1993 a
Strasburgo nell’ambito del Consiglio Europeo per fronteggiare la questione rom,
ogni anno produce pagine e pagine di relazioni, rapporti internazionali,
raccomandazioni.
Se in Italia non è ancora stata affrontata la questione rom, l’Europa è messa
più o meno nelle stesse condizioni.
Negli anni, attraverso numerose Raccomandazioni – ad esempio sulle condizioni
abitative (2005), sulle condizioni economiche e lavorative (2001), sui campi e
sul nomadismo (2004) – si è cercato di dare almeno una cornice di riferimento,
linee guida ai vari stati per gestire la continua emergenza rom.
Uno dei file più aggiornati dell’ufficio europeo sono i numeri. In Europa si
calcola che viva un gruppo di circa 9-12 milioni di persone, nei paesi del
Centro e dell’Est Europa – Romania, Bulgaria, Serbia, Turchia, Slovacchia –
arrivano a rappresentare fino al 5 per cento della popolazione. Scorrendo i
fogli delle statistiche ufficiali europee (aggiornate al giugno 2006), colpisce
come nei paesi della vecchia Europa, nonostante la presenza e l’afflusso
continuo di popolazione rom, manchi del tutto un loro censimento. Sono censiti
solo gli zingari che vivono nei paesi dell’est Europa: dal 1400 la «casa» dei
popoli nomadi in arrivo dall’India del nord est.
La Romania guida la classifica dei paesi con maggior numero di gitani: l’ultimo
censimento ufficiale del 2002 parla di una minoranza che si aggira tra il
milione e 200 mila e i due milioni e mezzo. Seguono Bulgaria, Spagna e Ungheria
a pari merito (800 mila), Serbia e Repubblica Slovacca (520 mila), Francia e
Russia (tra i 340 e 400 mila).
L’Italia è al quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa in assenza di un
censimento, che si aggira sui 120 mila. Sappiamo che oggi quel numero è salito
fino a 150-170 mila. Facendo un confronto con i paesi della vecchia Europa, è
una stima inferiore rispetto a Spagna e Francia, Regno Unito e Germania. Sui
motivi di queste concentrazioni la Storia conta poco: se è vero che la Germania
nazista pianificò, come per gli ebrei, lo sterminio degli zingari (porrajmos) e
nei campi di concentramento tedeschi morirono 500 mila rom, in Spagna la
dittatura di Franco ha tenuto in vigore fino agli anni settanta la legislazione
speciale contro i gitani eppure gli zingari continuano ad essere, e sono sempre
stati, tantissimi.
Lo statuto francese – Nonostante «la grande preoccupazione» del Consiglio
europeo «per i ritardi e l’emarginazione», la Francia (con 340 mila o un milione
di manouche) sembra aver adottato il modello migliore sul fronte
dell’accoglienza per i rom. Un modello che si muove tra l’accoglienza e la
tolleranza zero, due parametri opposti ma anche complementari: da una parte la
legge Besson che prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia
dotato di un’area di accoglienza; dall’altra la stretta in nome della sicurezza.
Chi non rispetta le regole dei campi e dell’accoglienza è fuori per sempre. E
chi occupa abusivamente un’area può essere arrestato e il mezzo sequestrato. La
legge Besson immagina i campi come una soluzione di passaggio e prevede,
contestualmente, un programma immobiliare di case da dare in affitto ai gitani
stanziali e terreni familiari su cui poter costruire piccole case per alcune
famiglie semistanziali e in condizioni molto precarie.
Il caso tedesco – In Germania i 130 mila circa tra Rom e camminanti sono
considerati per legge «minoranza nazionale». Dagli anni sessanta, con la caduta
del modello socialista titino e con le prime diaspore rom dall’est europeo verso
l’occidente europeo che poi si sono ripetute negli anni ottanta e novanta con le
guerre nei Balcani, la Germania ha accolto queste migliaia di persone in fuga
con un progetto di welfare. Sono state assegnate case, singole o in palazzine
popolari, hanno avuto il sussidio per il vitto, chi ha voluto è stato messo in
condizione di lavorare.
La Spagna – La Spagna ha una delle comunità gitane più popolose e in
Europa occupa il terzo posto dopo Romania e Bulgaria con 800 mila presenze.
Dalla fine degli anni Ottanta il governo centrale ha elaborato un Programma di
sviluppo per la popolazione rom. Anche in Spagna ogni regione ha un Ufficio
centrale che coordina gli interventi e le politiche per gli zingari in cui
lavorano sia funzionari del governo che rom con funzioni di mediatori culturali.
Il risultato è che non esistono quasi più campi nomadi, quasi tutti vivono in
affitto nei condomini popolari o in case di proprietà, nelle periferie ma anche
nelle città. Dipende dal livello di integrazione. Che è in genere buono anche se
resta alto il tasso di criminalità.
Di Fabrizio (del 19/03/2010 @ 09:23:00, in Italia, visitato 1378 volte)
Ricevo da Paolo Ciani
In Italia è in corso una revisione della normativa riguardante il diritto
alla cittadinanza. A questo riguardo, la Comunità di Sant'Egidio desidera porre
l'accento in particolare sul diritto alla cittadinanza dei minori nati in
territorio italiano o giunti in tenera età e scolarizzati in Italia.
La campagna per la cittadinanza promossa dalla Comunità di Sant'Egidio intende
quindi richiedere che nella nuova normativa sia previsto che
- il bambino nato in Italia da cittadini stranieri regolari possa acquisire la
cittadinanza al momento della nascita;
- possa acquisire la cittadinanza anche il bambino, nato all’estero e giunto in
Italia minorenne, che abbia frequentato un ciclo di studi nel nostro Paese.
CHI SONO I ROM?
I Rom sono parte integrante del territorio europeo da migliaia di anni,
arrivando ad oggi ad una stima approssimativa di 10-12 milioni di persone: la
minoranza etnica piu diffusa sul territorio, presenti in tutti e 27 gli stati
membri, in molti dei quali si registrano episodi di particolare violenza e
intolleranza, che aumentano in maniera esponenziale.
Lo spostamento dei Rom si è inoltre incrementato notevolmente a seguito
dell'allargamento UE verso l'Est Europa, tra il 2004-2007.
Ci troviamo nel cosiddetto "Decennio per l'inclusione dei Rom nel territorio
europeo" (2005-2015) indetto dalla Commissione Europea (anche se in pochi
sembrano saperlo) : la Commissione Europea ha deciso di organizzare ogni due
anni un vertice sui Rom con l'obiettivo di riunire alti rappresentanti delle
istituzioni UE, dei governi nazionali e delle organizzazioni della società
civile di tutta Europa. In qualità di Presidente della Commissione, Barroso ha
dichiarato che tali eventi rappresentano "un'opportunità unica per dare più che
mai priorità ai problemi dei Rom".
Il primo vertice si è tenuto a Bruxelles il 16 settembre 2008; il secondo
vertice si terrà a Cordoba (Spagna) l'8 aprile 2010.
I 10 PRINCIPI DI BASE COMUNI SULL'INCLUSIONE dei Rom sono:
1.Politiche costruttive, pragmatiche e non discriminatorie
2.Approccio mirato esplicito ma non esclusivo
3.Approccio interculturale
4.Mirare all'integrazione generale
5.Consapevolezza della dimensione di genere
6.Divulgazione di politiche basate su dati comprovati
7.Uso di strumenti comunitari
8.Coinvolgimento degli enti regionali e locali
9.Coinvolgimento della società civile
9.Partecipazione attiva dei Rom
Si alza però un grido d'allarme preoccupante.
COSA NE PENSANO I GAGE'? Negli ultimi due anni le indagini europee hanno mostrato come nel 77% dei casi,
gli intervistati, Gagè, ovvero i non Rom, considerano uno svantaggio sociale
essere Rom, e circa un quarto degli europei si sentirebbe a disagio ad averli
come vicini di casa.
La comunità Rom soffre una massiccia discriminazione in Europa, indistintamente;
una segregazione che in alcuni paesi sembra sempre più somigliare alle "leggi
razziali" di inizio secolo.
In alcuni paesi come la Romania non è difficile trovare scritte fuori dai locali
"vietato l'accesso ai rom"; in Italia, a Roma, qualche settimana fa una donna
Rom ha dovuto pagare un caffè due euro, piuttosto che 85 centesimi, con la
giustificazione sbrigativa del gestore: "cosi non vengono più".
E intanto continuano gli sgomberi in Italia e i pestaggi nell'Est Europa.
Una vita ai margini, in condizioni disastrose, soprattutto per i bambini, che
nascono spesso con gravi malattie; una vita in baracche, al freddo, con poche
possiblità di trovare lavoro, se non mendicando.
E troppo spesso per le strade italiane si sente dire: "non hanno voglia di
lavorare, non è nella loro cultura".
Ma nessuno conosce davvero questa cultura.
Tutti ne parlano, politici in primis, e nessuno ne sa niente.
QUALI MOTIVAZIONI LI SPINGONO A PARTIRE? Non si tratta di "cultura del viaggio": pochi sono quelli che continuano a
viaggiare per amore per la libertà, come i Gitanos in Spagna.
I Rom nella maggioranza dei casi lo fanno per necessità.
Un cittadino Rom, intervistato da un responsabile della Commissione Europea ha
così risposto:
"In Romania mi aspetto di mangiare una volta al giorno. In Finlandia mi aspetto
di mangiare tre volte il giorno. Questa è la differenza".
Troppo semplice da comprendere?
Le differenze all'interno della cultura Rom sono enormi: un gruppo della Romania
non può certo essere confrontato con un gruppo proveniente dal Kosovo.
Ciò non è così incomprensibile: le famose riunioni di condominio sono
emblematiche di come sia difficile la convivenza tra persone con abitudini e
schemi di riferimento differenti dai nostri.
Per questo ho voluto trattare questo argomento una seconda volta, per vedere
quali misure sono state prese dall'inizio di questo decennio dell'inclusione, e
ne tratterò ancora in futuro, dato il poco spazio di cui dispongo, e data la
complessità e la delicatezza dell'argomento.
Gli esempi che vado ad illustrare, sono estremamente sintetizzati e pertanto
possono risultare poco chiari, ma spero possano servire come uno spunto di
riflessione sull'argomento a tutti coloro che ne siano interessati.
L'EUROPA La Commissione Europea per i diritti umani ha criticato fortemente paesi come
Italia, Bulgaria e Grecia, e in generale i paesi dell'Est Europa, per i
trattamenti discriminatori adottati nei confronti di Rom e Sinti all'interno dei
paesi.
Se ci cerca di capire come l'Europa affronti il problema Rom, ci si trova
davanti a misure e interventi eterogenei, proprio come la popolazione a cui si
riferisce, dove spesso nessuno si preoccupa effettivamente di chiedere ai
diretti interessati la propria opinione al riguardo.
L'Unione Europea ha cercato di dare una cornice di riferimento ai provvedimenti
individuali dei singoli stati, dal 2001 ad oggi, ma ogni stato ha deciso in
maniera autonoma le misure da adottare.
Circa 300.000 Rom vivono in REPUBBLICA CECA, arrivando ad essere circa il tre
per cento della popolazione.
Un rapporto di Amnesty International, intitolato "Ingiustizia rinominata",
esamina il lavoro delle autorità della Repubblica Ceca che, nonostante una
sentenza del 2007 della Corte Europea per i diritti umani, continuano a inserire
i bambini e le bambine rom in scuole per alunni con "lieve disabilità mentale",
impartendo loro in questo modo un'istruzione inferiore agli standard.
"L'istruzione è la via per uscire dal circolo vizioso di povertà ed
emarginazione che colpisce gran parte della popolazione rom. Se il governo della
Repubblica Ceca non darà uguali opportunità ai bambini e alle bambine rom,
negherà loro la possibilità di avere un futuro migliore e di partecipare
pienamente alla vita del paese".
Sempre in REPUBBLICA CECA c'è stato un progetto chiamato "Vesnička soužití"
(Progetto coesistenza), promosso da varie ONG locali, che ha permesso la
costruzione di abitazioni nella città di Ostrava, tra Rom e non che avessero
perso le proprie abitazioni (30 famiglie in tutto).
Il governo ha stanziato circa 2.455.423 euro per il progetto, e sembra che la
combinazione case-lavoro sociale abbia avuto un effetto positivo.
In ITALIA negli ultimi anni è cresciuto il problema nomadi, che ha visto il
proliferare di leggi sbagliate e talvolta razziste, che non solo non risolvono
nessun "problema", ammesso che si possa definire tale, ma fomentano la paura e
la discriminazione anche di coloro che vivono qui da generazioni, con un lavoro,
una famiglia e un'ottima padronanza della lingua italiana.
C'è stata anche la proposta del Ministro Maroni di fare un censimento, che di
per sè sarebbe una buona idea, non discriminatoria e utile, anche a livello
statistico, alla quale è poi stata aggiunta la clausola delle impronte digitali:
chiara violazione di diritti umani, e del principio di uguaglianza.
Il rapporto Europeo sulla questione abitativa dei Rom, fa riferimento al
progetto "Città sottili" come il più virtuoso realizzato in Italia: nato
dall'Unità Sanitaria Locale, con il Comune di Pisa e una serie di organizzazioni
non governative presenti sul territorio, con il patrocinio dell'USL, e
finanziato dalla Regione Toscana, l'ambizioso progetto, nato nel 2002, auspicava
uno smantellamento dei cosiddetti "campi nomadi" nell'area di Coltano (tra Pisa
e Livorno) a favore di una costruzione di unità abitative.
Le attività sono state seguite da tre mediatori Rom, e alcuni abitanti del campo
hanno lavorato nella costruzione di queste case.
Nonostante il progetto sia stato il perno di un dibattito politico, e con un
seguito di opinione pubblica non indifferente, è stato portato avanti con molte
difficoltà, tanto da arrivare al punto che le case sono state costruite ma
nessuno ci vive e nessuno ne parla più, per evitare una "guerra tra poveri".
Le varie amministrazioni nel corso degli anni non hanno saputo decidere come
allocare le famiglie, che nel frattempo sono cresciute numericamente, e il
progetto è rimasto in una fase di stallo, sotto il pesante velo dell'omertà.
In UNGHERIA gli attacchi sono in crescita: nel 2008 ci sono stati 16 incidenti
con armi contro cittadini Rom; in SERBIA è forte soprattutto il problema
abitativo; in KOSOVO e ROMANIA sono frequenti gli attacchi violenti, spesso
perpetuati dalle forze dell'ordine, nei confronti di questa minoranza.
In INGHILTERRA, il motto è: "right to school, right to the future".
La riforma dell sistema scolastico, febbraio 2009, ha proposto una nuova
esperienza di inclusione sociale verso i giovani Rom e Travellers (nomadi).
Lo "UK department for children, schools and families" ha così commentato:
"Possiamo immaginare quanto possa essere difficile per un bambino imparare, se
posto costantemente sotto pressione di essere catalogato come "gipsy", rom o
traveller? (…)
Serve un sistema di inclusione per tutti i bambini. Tutti i background culturali
devono essere capiti e rispettati (…) Dobbiamo far crescere la consapevolezza
nelle autorità locali, scuole, genitori, e bambini, affinchè si possano fare
passi avanti verso il cambiamento di cui abbiamo bisogno".
La SPAGNA è il terzo paese, dopo Romania e Bulgaria, per numero di Rom: un
esempio di virtuosismo è stato il "Piano di Integrazione per i Rom in Catalonia"
(2005-2008), che si riferisce soprattutto ai Rom provenienti dall'Est Europa: il
governo ha finanziato 3.5 milioni di euro annui per la sua implementazione, (al
quale si aggiungono i finanziamenti di singole regioni e ONG) e una serie di
azioni per la loro "integrazione"(con tutti i rischi che questa parola comporta)
negli ambiti del lavoro, scuola e problemi abitativi.
In IRLANDA, nel 2007 i Travellers erano 8099, di cui circa il 22% in abitazioni
specifiche.
Negli ultimi anni si è cercato di far fronte al problema abitativo e il 97% di
essi è stato messo in abitazioni regolari; sono inoltre nati molti organi
istituzionali che si occupano attivamente dell'argomento e che cercano di dar
loro la possibilità di una partecipazione attiva, come "Accommodation
Consultative Committee" (LTACC), o il "Council Traveller Accommodation Programme"
(TAP).
La FRANCIA con la legge Besson(1990; 2000) ha decretato che ogni città con più
di 5000 abitanti deve avere un'area di accoglienza: Sarkozy ha poi aggiunto nel
2003 la postilla che chi non rispetta le regole dei campi è fuori per sempre.
Le zone di accoglienza sono in questo caso un luogo di passaggio, e sono
previsti programmi abitativi per coloro che decidano di trattenersi a lungo.
In GERMANIA, a Monaco, nel 1929 esisteva un "Ufficio centrale zingari" che
sarebbe sfociato in uno sterminio di una violenza cieca: memore del passato, il
paese ha perciò accolto i Rom come minoranza nazionale.
Sono state assegnate case, assistenza e condizioni favorevoli per lavorare,
ovviamente a patto che vengano rispettate le leggi.
Consiglio di leggere i rapporti del FRA (European Agency for Fundamental Rights)
che spiegano nel dettaglio le misure, virtuose e non, adottate dai paesi membri
UE.
E' evidente la necessità in ogni paese di un ufficio che si occupi direttamente
della questione, e soprattutto di sfatare il mito "zingaro" e tutte le
discriminazioni annesse a questo termine improprio.
Una sola voce non può certo cambiare le coscienze, ma può essere un primo
impulso al cambiamento, soprattutto culturale, di cui l'Europa ha sicuramente
bisogno.
Di Fabrizio (del 19/03/2010 @ 09:00:34, in lavoro, visitato 1681 volte)
Sono seriamente indeciso: un caso di ignoranza o di
malafede? Lavoravano (con tutto ciò che comporta per una popolazione che
storicamente ha avuto difficoltà nell'accesso al mercato del lavoro), spesso
pagati in ritardo, anche di mesi e mesi. Avevano la pretesa di essere pagati per
il loro lavoro! Ed osano lamentarsi per essere stati lasciati a casa (se di casa
si può parlare...)
Il GiornaleOra i rom si lamentano perché il Comune non li vuole pagare
più di Redazione
Quando ha dovuto affrontare l’emergenza rom, l’assessore alle Politiche sociali
del Comune si è messa le mani nei capelli. «Era fuori controllo. Noi abbiamo
preso in gestione una situazione abbandonata a se stessa», racconta
Mariolina Moioli. Era il 2006 e l’amministrazione aveva da anni una convenzione
con l’Opera Nomadi per gli interventi di mediazione culturale nelle scuole
elementari da 100mila euro. Più un secondo contratto di 125mila euro annui con
la cooperativa sociale di romeni Romano Drom, fondata dal segretario dell’Opera
Nomadi, Giorgio Bezzecchi. Ma poco dopo il suo arrivo la Moioli ha deciso di
rescindere i contratti: «All’inizio ho lasciato fare, poi ho verificato e le
cose non corrispondevano. Vedevo che non c’era un’equa distribuzione dei bimbi
rom: una scuola ne aveva 5 e un’altra ne aveva 50. Abbiamo cambiato sistema e i
presidi sociali ho pensato di farli nei campi». E da quando ci sono loro,
assicura l’assessore, il numero dei rom che vanno a scuola è aumentato di molto.
L’Opera Nomadi come spiega il vicepresidente Maurizio Pagani «è una onlus, senza
fini di lucro. Non percepiamo uno stipendio, e ora i soldi sono sempre meno. Il
nostro bilancio è di 30mila euro». Giura Pagani che chi lavora per
l’associazione è volontario e l’obiettivo è solo quello di promuovere attività
di mediazione culturale e sociale per il riconoscimento delle comunità rom e
sinti. Ma come ammette lo stesso Pagani, le mediatrici che hanno lavorato fino
al 2007 con il Comune percepivano uno stipendio: «Dieci euro netti all’ora, con
un contratto cocopro che veniva rinnovato di anno in anno».
Riceviamo dal Collettivo MaiStateZitte il seguente aggiornamento sullo
sciopero della fame in corse nel C.I.E. di via Corelli:
Lo sciopero continua compatto, e ora siamo alla fine dell’ottavo giorno. La
fame si fa sentire, molti non si alzano più dal letto, la situazione è dura e la
tensione cresce. Continuano a nutrirsi solamente con le bevande che vengono
portate dai solidali giornalmente. Nonostante le difficoltà e la stanchezza i
reclusi di Corelli vogliono continuare la lotta almeno fino sabato, e poi vedere
di proseguirlo a staffetta. Intanto si può registrare una piccola ma
importante vittoria. La ragazza marocchina che stava male, dopo le pressioni
fatte da fuori e le battiture all’interno è stata finalmente rilasciata ed ora è
libera, libera come lo può essere una donna senza permesso di soggiorno oggi in
Italia…
Intanto grazie all’ininterrotta corrispondenza con dentro le storie, le più
assurde, si moltiplicano.
C’è un ragazzo nigeriano che ha ottenuto l’asilo politico in Italia. Di ritorno
da un viaggio in Germania durato alcuni mesi, dove è andato a trovare dei
parenti, viene fermato all’aeroporto di Linate. Con il foglio dell’asilo
politico scaduto da due mesi viene portato in Corelli, e oggi il giudice gli ha
convalidato il fermo .
Oppure vi è la storia di un ragazzo rom rumeno che finito nel mezzo di una
retata viene fermato e portato nel centro. Ha la moglie incinta, un contratto
d’affitto regolare, un lavoro. Il giudice, cosa più unica che rara, non gli
convalida il fermo in Corelli. Lui esce libero dal centro la mattina, fa poche
centinaia di metri e viene fermato da una pattuglia di polizia che lo riporta in
questura e la sera è di nuovo dentro al centro di Corelli, con i suoi compagni
di stanza che sbigottiti ci chiamano increduli. E stamattina il giudice si è
ricreduto: ha decretato che dovrà passare i prossimi sei mesi nel centro.
Infine la storia di G. dal Gambia.
Con un permesso di soggiorno spagnolo per motivi di salute finisce in carcere in
Italia, e da li a Corelli. Lui vuole tornare in Spagna, ma niente, non lo
mollano. Da dentro ci chiamano dicendo che sta male, non riesce a camminare, ha
dolore a tutte e due le gambe, che non dovrebbe stare in un centro. Non riesce a
dormire dal dolore, deve essere operato. I suoi compagni chiamano la Croce
Rossa, chiedono che venga ricoverato, ma niente. Il ragazzo deve restare in
centro, deve restare in Italia, non può ne’andare in Spagna ne’ farsi curare in
ospedale.
Tutti gli scioperanti di Corelli, reparto trans donne e uomini, ringraziano
tutti per la vicinanza e la solidarietà espressa. Ringraziano le radio che li
hanno intervistati e che ogni giorno li chiamano, i compagni e le compagne che
da fuori portano loro le bevande, tutti quelli che in qualche modo stanno
lottando per l’abbattimento di questi muri, e ci ricordano che insieme possiamo
farcela.
Di Fabrizio (del 18/03/2010 @ 09:48:08, in Italia, visitato 1775 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA
MIlano, 17 marzo 2010. Il segretario provinciale della Lega Nord di Milano, Igor
Iezzi, ha chiesto al sindaco di Milano Letizia Moratti di tagliare i fondi
pubblici a Opera Nomadi dopo che l'associazione ha aderito al presidio per
impedire lo sgombero dell'insediamento Rom in zona Forlanini, dove vivono una
quindicina di persone in gravi condizioni di emarginazione e povertà, aiutate
proprio dalle associazioni e da privati cittadini che non sono stati
travolti dall'odio razziale. "Non è pensabile," ha scritto il leghista in una
nota, "che chi riceve soldi pubblici per fare opera di integrazione culturale si
faccia promotore di una iniziativa di questo stampo, che inneggia all'illegalità
e all'abusivismo".
"Iezzi sbaglia," dichiarano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau,
co-presidenti del Gruppo EveryOne, "perché la Costituzione italiana e gli
accordi internazionali vietano sgomberi, persecuzione etnica e negazione di
alloggi alternativi e assistenza sociale ai senzatetto, soprattutto se
appartenenti a gruppi sociali disagiati e discriminati, come i Rom. Questa è la
vera illegalità, che causa tragedie umanitarie, crea disagio sociale e mette l'italia
in pessima luce di fronte alle istituzioni internazionali. Le associazioni come
Opera Nomadi hanno il dovere di tutelare le minoranze perseguitate, in linea con
gli accordi internazionali sui Diritti Umani. La politica dissennata dei
movimenti anti-stranieri, inoltre, distoglie le forze dell'ordine dai veri
problemi di sicurezza: la mafia, che si sta impadronendo del Paese, la droga,
che rovina la nostra gioventù, la corruzione, che avvelena la società e crea
caste al di sopra della legge. Le azioni di sgombero vedono il governo e le
amministrazioni locali nel torto di fronte alle leggi e alla morale civile,
trattandosi di azioni disumane, come più volte denunciato dall'Alto Commissario
Onu, dalla Commissione europea e dalle organizzazioni per i Diritti Umani. Se si
arriva a intimidire quelle poche associazioni rimaste a sostegno delle minoranze
perseguitate, si tocca il fondo dell'inciviltà: è ciò che fecero i nazisti con
le organizzazioni umanitarie nel Reich ed è una politica foriera di un futuro
ancora più fosco e crudele dei terribili giorni attuali, in cui esiste una
differenza abissale fra i diritti degli italiani e degli stranieri appartenenti
a razze e gruppi vulnerabili".
Nella città Slovacca di Ostrovany hanno costruito un muro di 150 metri largo e 2
metri alto per isolare la Comunità Gitana dal resto della popolazione .E'
difficile credere che questo avvenga in un paese, membro dell' "Unione" (??)
Europea nel 20° anniversario, appena concluso,della caduta del muro di Berlino.
[...]
Nel 1961 le autorità comuniste,che hanno governato la Germania,divisa dopo la
Seconda Guerra Mondiale, per evitare che molti cittadini fuggiti in altre aree
di libertà, hanno costruito quel muro orrendo che ha visto per oltre
quarant'anni ha diviso i cittadini a causa delle loro convinzioni,in spazi
chiusi,dove ogni tentativo di raggiungere la libertà era pagato con il carcere o
con la vita. Ho avuto la fortuna di vivere in prima persona a Berlino, la notte
meravigliosa quando la parete è stata distrutta. A quel tempo ero un deputato al
Parlamento europeo e appartenevo alla commissione giustizia. Il 9 di novembre
del 1989 i tedeschi da entrambi i lati del muro con martelli e asce e con tanto
entusiasmo e forza fisica hanno distrutto questa vergogna che ha diviso intere
famiglie per quattro decenni. Quella sera andai a letto presto, ma un uomo che
dormiva nella stanza accanto alla mia in albergo ha bussato alla mia porta
dicendomi di alzarmi, dovevamo andare in piazza per vivere intensamente un
evento storico unico: la distruzione del muro. Ho passato tutta la notte per
strada, felice, guardando il trionfo della libertà. Ogni masso che ho visto era
come una tromba che annuncia un nuovo giorno. Ogni colpo all' infamia era come
una nota che ha contribuito al raggiungimento del miglior inno esaltante la pace
e l'armonia fra gli esseri umani. Ovviamente non ho potuto resistere alla
tentazione di portarmi in Spagna alcuni pezzi del muro che ho diviso tra gl,i
amici e la famiglia. Ancora oggi, c'è sullo scaffale nel mio ufficio un po 'di
muro, testimone muto di tanta infamia.
La stampa locale e internazionale ha definito il nuovo muro slovacco "muro di
Berlino".A 20 dalla caduta del simbolo della divisione dell'Europa.
Cirillo Revákl,Sindaco di Ostrovany , dice che non è razzista perché sa che
"ci sono tante persone oneste tra i nostri zingari". Ma giustifica la
costruzione del muro, principalmente con l'accusa che i vicini gadchés (i Rom,
Sinti, i Gitani... con il termine Gagè indicano i non Zingari , cioè noi
)sollevano verso gli Zingari e cioè quella di cogliere spesso i frutti dagli
alberi dei giardini privati. !!!!!!!!!!! :((((
Dice uno Zingaro condannato a vivere dall'altra altra parte di questo muro che
la separazione non aiuta nessuno, ne i gadchés ne gli Zingari. E altri,
rassegnati al loro destino, dicono di sentirsi come uno zoo. Povera gente! Ora
possono saziare la loro fame e la loro miseria con la frutta "generosamente"
versata loro dalle autorità razzista di Ostrovany dall'altra parte del muro,
come hanno fatto i miei figli quando erano piccoli gettando le mele per le
scimmie nel parco.
Ho appena fatto un viaggio indimenticabile e scioccante in Polonia. Oltre a
visitare i campi di sterminio di Majdanek, Treblinka e Auschwitz, dove più di
mezzo milione di Zingari furono gassati unitamente milioni di ebrei, ho visto i
resti delle mura che hanno modellato il ghetto di Varsavia, Lublino e Cracovia.
Sono testimonianze vive, laceranti, l'epoca più difficile e più INFAME del
genere umano. La gente si CONFINAVA dietro a quelle mura, prima di CONDANNARLA a
MORTE
Sappiamo che in Slovacchia c'è una destra, fascista e violenta che vorrebbe
ripetere quelle pagine nere della storia d'Europa. Loro possono essere anche gli
eredi di quegli assassini che hanno collaborato con il genocidio, quando il loro
paese stava vivendo l'aggressione dei nazisti che li opprimevano la Polonia a
nord e l'Ungheria a sud. A Noi, gli Zingari in tutto il mondo,fa ORRORE quella
massima che dice: "Le persone che dimenticano la loro storia sono condannati a
ripeterla" non è un caso che questa frase è scritta all'ingresso del blocco
numero quattro del campo di sterminio di Auschwitz in polacco e in inglese: "
Kto nie pamięta historii, skazany jest na jej ponowne przeżycie ". "The one who
does not remember history is bound to live through it again. "
CHI NON RICORDA la STORIA è CONDANNATO a VIVERLA di NUOVO !!!!!!!
Di Fabrizio (del 17/03/2010 @ 22:07:30, in Italia, visitato 2577 volte)
COMUNICATO STAMPA 17 marzo 2010
MILANO, GRUPPO EVERYONE: ANNUNCIATO E CONFERMATO SGOMBERO COMUNITA’ ROM
DOMANI A FORLANINI
Autorità si mostrano irremovibili, nonostante la comunità Rom sia parte di un
progetto di integrazione e assistenza. Chiesto intervento Croce Rossa, per
evitare tragedie umanitarie riguardo ai molti malati, e Alto Commissario Onu per
i Diritti Umani. Le organizzazioni per i Diritti Umani inviano una lettera alle
più alte cariche dello Stato affinché impediscano in extremis un'incomprensibile
e crudele azione di pulizia etnica
“Abbiamo appreso poco fa che domattina, intorno alle 7, le Autorità di Forza
Pubblica provvederanno a sgomberare i 16 Rom romeni rifugiatisi in via Cavriana,
zona viale Forlanini, a Milano”. Lo annunciano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e
Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne, organizzazione per i diritti
umani. “Le famiglie che risiedono in questo campo - tutte romene di etnia Rom -
avevano trovato in un comitato di cittadini antirazzisti locali, il ‘Gruppo di
sostegno Forlanini’, aiuto concreto in termine di generi alimentari,
abbigliamento, medicine, coperte e tende, oltre” spiegano gli attivisti,
“all’accompagnamento verso le strutture pubbliche, quali ospedali e pronto
soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per
quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne.
All’interno del campo non autorizzato” proseguono Malini, Pegoraro e Picciau,
“si trovano donne, bambini e anziani affetti da gravi patologie da precarietà,
che necessiterebbero di immediata assistenza sanitaria e ricovero presso
strutture adibite a questo tipo di emergenze umanitarie. Per altro, il ‘Gruppo
di sostegno Forlanini‘, che lavora da oltre due anni nel campo, è riuscito ad
avviare un progetto di inserimento lavorativo presso alcune Aziende agricole
della provincia di Milano che collaborano con il Gruppo, per la coltivazione di
orti biologici. Tale progetto, inoltre” prosegue EveryOne, “prevede
l’inserimento dei giovani uomini e delle donne del campo, che, svolgendo questa
attività, potranno essere economicamente autosufficienti e provvedere ai loro
bisogni sia abitativi che alimentari. Ebbene, nonostante l’accorato appello alle
Istituzioni milanesi e alle autorità di Polizia competenti, ogni richiesta di
sospensione dello sgombero è stata freddamente respinta, nonostante non esista
alcuna alternativa alloggiativa per i Rom che verranno messi in mezzo alla
strada né un programma socio-assistenziale che li aiuti a integrarsi e a
sopravvivere”.
Il Gruppo EveryOne ha richiesto l’aiuto della Croce Rossa Italiana, affinché
domattina si rechi al campo, situato a poche centinaia di metri, entrando in
viale Forlanini, dai vecchi uffici Merzario in via Cavriana (vi si accede
attraverso un piccolo sentiero), e provveda all’assistenza umanitaria di tutte e
tutti coloro che, a causa dell’iniquità del provvedimento, ne avranno bisogno.
“Abbiamo inoltre inoltrato un documento” concludono i tre co-presidenti del
Gruppo EveryOne “all’attenzione dell’Alto Commissario ONU Navanethem Pillay, che
proprio qualche giorno fa ha stigmatizzato, nel corso del suo incontro in Senato
a Roma, l’atteggiamento discriminatorio portato avanti da istituzioni e autorità
italiane contro i Rom, al fine di un intervento urgente nei confronti del Comune
di Milano e delle autorità competenti”.
vi inoltro in calce il comunicato relativo allo sgombero - preannunciato per
domani mattina - del campo di Forlanini-Cavriana di Milano, zona est.
Allego anche, per i soggetti che non conoscono la storia precedente, l'articolo
uscito a metà febbraio sulla pagina milanese del manifesto.
Sarebbe bene poter garantire documentazione fotografica e video.
Nel pomeriggio di oggi seguirà un'intervista a Radio popolare, nel programma
Popline.
Vi aspettiamo domani mattina, giovedì 18 marzo, h 6,30, in via Cavriana
(traversa di viale Forlanini), dopo la prima cascina per chi viene da viale
Forlanini.
GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI
Vi chiedo di farlo girare ai vostri contatti. Grazie.
^^^^^^^^^^^^
Il GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI (scendiamoincampo@gmail.com)
svolge la sua attività umanitaria all’interno del campo Rom di via Cavriana, in
stretta collaborazione con altre Associazioni di volontariato sociale milanesi.
Le famiglie che risiedono in questo campo sono ormai, con quello preannunciato
per domani, al loro decimo sgombero; hanno trovato nel nostro gruppo sostegno
concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende, oltre
all’accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto soccorso,
per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per quanto
concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti, molti
abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche,
traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione,
nel totale disinteresse delle degli organi preposti alla tutela della salute
anche di questi cittadini/e.
Grazie al lavoro di due anni in questo campo, siamo riusciti ad avere un
rapporto di totale fiducia ma, soprattutto, ad essere un riferimento certo,
nell’assenza totale di ogni contatto positivo con le istituzioni ed il potere di
questa città. Ci stiamo adoperando per il loro inserimento lavorativo,
ostacolato da molte rigidità.
Gli abitanti sono una quindicina, tra giovani adulti soli, anziani in coppia o
singoli, una famiglia con la madre incinta e una bimba di nove mesi, ormai
giunta al suo settimo sgombero, e un nucleo familiare coi figli in Romania.
Chiamiamo alla mobilitazione e alla presenza la cittadinanza, le forze politiche
e sociali, gli organi di comunicazione, per impedire uno sgombero incivile e
brutale, come quello già sperimentato nelle precedenti occasioni.
L’appuntamento è per domani mattina, giovedì 18 marzo, h 6,30, in via Cavriana
(traversa di viale Forlanini).
Chi percorre il viale Forlanini in direzione aeroporto, alla periferia est
di Milano, a un certo punto, sulla sinistra, vede un muro; è l’ultimo rimasuglio
di una caserma in disarmo. Alcuni anni fa, ospitava circa 150 profughi del Corno
d’Africa (erano i reduci da via Lecco, e poi si sono dispersi, tra Bruzzano,
piazza Oberdan e altri luoghi più o meno nascosti di questa metropoli
inospitale). Il nostro Gruppo di sostegno Forlanini nacque allora, andando lì a
conoscere le storie tremende di uomini e donne, prodigandosi per le elementari
necessità di quegli “ospiti”, per la maggioranza in possesso del permesso
temporaneo perché rifugiati, ma come sempre disperati, discriminati, obbligati a
star nascosti e a non rivendicare alcunché: con un grande e diffuso sforzo di
solidarietà, garantito da associazioni, partiti e soprattutto “cittadini e
cittadine attive”, riuscimmo a garantire un’esistenza un po’ meno penosa a
quegli uomini e donne, ma sempre nella latitanza delle istituzioni. E arrivò lo
sgombero, preavviso della svolta sempre più militare impressa dalle autorità
alla questione immigrazione, tanto che la caserma fu abbattuta. Adesso, appunto,
restano solo il muro frontale e due corpi di guardia in muratura, nel frattempo
resi inagibili dall’accanimento dei successivi sgomberi. E’ in quest’ambiente,
tra le radure e la campagna retrostante, tra il fango, la neve e le sterpaglie,
che si sono poi venuti a insediare alcuni piccoli nuclei di rom, composti da
coppie di anziani, famigliole più o meno allargate con bimbi piccoli, ragazzi
soli, reduci da altri sgomberi, oppure in fuga da una Romania che ci viene
raccontata come tremenda, ma forse a suo modo non tanto diversa dalla Milano
ringhiosa di questi mesi. Ed è ricominciata, da poco più di un anno, una trafila
di solidarietà ancora più larga: ora il Gruppo ha una quarantina di componenti,
che acquistano generi di prima necessità, fanno accompagnamento sociale verso il
pronto soccorso o gli ambulatori medici (per una salute di grandi e piccini che
è sempre più minata dalle pessime condizioni ambientali), aiutano nelle minute
pratiche burocratiche, tentano l’approccio alla scuola, garantiscono la
fornitura di tende, coperte, vestiti, nella quotidianità come nelle punte più
acute degli sgomberi, quando viene distrutto tutto, dalle baracche agli affetti
personali o ai beni di proprietà - come per esempio un prezioso generatore -, ma
soprattutto si insulta la dignità. E siamo riusciti ad avviare un contatto
fiduciario, con soggetti che da tempo hanno perso ogni riferimento con la
cittadinanza, le istituzioni, il potere.
Siamo ormai al nono sgombero di questa realtà, che non ha mai impensierito
realmente gli abitanti del quartiere, cui basta il traffico frenetico del viale
e quel muro per non vedere quel luogo di perdizione. Eppure gli “ospiti” di quel
campo non si vogliono nascondere: ad aprile 2009, poco prima del primo sgombero,
a un’assemblea in piazza Ovidio con De Corato, indetta sulla sicurezza,
convincemmo due di quelle donne a intervenire pubblicamente; davanti a una
platea prima tumultuante e poi raggelata nell’ascolto, parlarono della loro vita
grama, della loro insicurezza, del degrado in cui non volontariamente vivevano,
dimostrando quanto erano “normali” gli “alieni” da cui ci sentiamo “minacciati”.
Ora il nostro gruppo intende intensificare la lotta a questa politica truce;
saremo presenti agli interventi che lì si preannunciano, abbiamo già raccolto
materiale per altri tre sgomberi, in modo da non lasciare sguarnite le
dotazioni; domani, giovedì, preannunceremo in Consiglio di zona (via Oglio 14, h
18) queste nostre intenzioni: più oltre, nella stessa seduta, una mozione della
Lega chiederà l’ennesimo sgombero.
E intendiamo denunciare questi comportamenti inumani nelle sedi ufficiali, alla
stampa e agli organi nazionali e internazionali a ciò preposti. Perché i “loro”
diritti sono i “nostri” diritti.
Purtroppo la polizia ha confermato lo sgombero del campo in via Forlanini per
domani 18 alle 7.30. Il campo è seguito da un ampio gruppo di solidarietà, che
ha attivato un 'progetto di inserimento lavorativo' (quello del vino rom), un
accompagnamento ai servizi sanitari, un aiuto materiale, il coordinamento con le
scuole, etc.
Chiedevano un aiuto e una presenza domattina.
Il campo si trova in via CAVRIANA
Si entra da Viale Forlanini, si passano i vecchi uffici di Merzario siti sulla
destra (palazzina anni 70 di 4/5 piani color marroncino).
Si procede sulla stretta via per circa 100mt. Sulla destra ad un certo punto si
vede una casetta prefabbricata in legno che non fa parte della comunità (stile
baita di montagna).
A quell'altezza vi è uno slargo (parola grossa ma due utilitarie in fila possono
essere parcheggiate)
Sulla sinistra della "baita" ci sono i nostri amici. Vi si accede tramite un
sentierino.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
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