Che pretese!
Di Fabrizio (del 19/03/2010 @ 09:00:34, in lavoro, visitato 1682 volte)
Sono seriamente indeciso: un caso di ignoranza o di
malafede? Lavoravano (con tutto ciò che comporta per una popolazione che
storicamente ha avuto difficoltà nell'accesso al mercato del lavoro), spesso
pagati in ritardo, anche di mesi e mesi. Avevano la pretesa di essere pagati per
il loro lavoro! Ed osano lamentarsi per essere stati lasciati a casa (se di casa
si può parlare...)
Il Giornale Ora i rom si lamentano perché il Comune non li vuole pagare
più
di Redazione
Quando ha dovuto affrontare l’emergenza rom, l’assessore alle Politiche sociali
del Comune si è messa le mani nei capelli. «Era fuori controllo. Noi abbiamo
preso in gestione una situazione abbandonata a se stessa», racconta
Mariolina Moioli. Era il 2006 e l’amministrazione aveva da anni una convenzione
con l’Opera Nomadi per gli interventi di mediazione culturale nelle scuole
elementari da 100mila euro. Più un secondo contratto di 125mila euro annui con
la cooperativa sociale di romeni Romano Drom, fondata dal segretario dell’Opera
Nomadi, Giorgio Bezzecchi. Ma poco dopo il suo arrivo la Moioli ha deciso di
rescindere i contratti: «All’inizio ho lasciato fare, poi ho verificato e le
cose non corrispondevano. Vedevo che non c’era un’equa distribuzione dei bimbi
rom: una scuola ne aveva 5 e un’altra ne aveva 50. Abbiamo cambiato sistema e i
presidi sociali ho pensato di farli nei campi». E da quando ci sono loro,
assicura l’assessore, il numero dei rom che vanno a scuola è aumentato di molto.
L’Opera Nomadi come spiega il vicepresidente Maurizio Pagani «è una onlus, senza
fini di lucro. Non percepiamo uno stipendio, e ora i soldi sono sempre meno. Il
nostro bilancio è di 30mila euro». Giura Pagani che chi lavora per
l’associazione è volontario e l’obiettivo è solo quello di promuovere attività
di mediazione culturale e sociale per il riconoscimento delle comunità rom e
sinti. Ma come ammette lo stesso Pagani, le mediatrici che hanno lavorato fino
al 2007 con il Comune percepivano uno stipendio: «Dieci euro netti all’ora, con
un contratto cocopro che veniva rinnovato di anno in anno».
|