Di Fabrizio (del 10/11/2009 @ 09:50:07, in casa, visitato 1654 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Con noi Rom è inevitabile parlare di integrazione, tutti ne parlano. E’ da
almeno 10 anni che anche noi qui a Pisa siamo gli "oggetti" da integrare:
abbiamo visto passare sopra le nostre teste tante persone, associazioni,
Fondazioni, operatori, esperti..tutti pronti a lanciare su di noi la loro
ricetta miracolosa, con l’obiettivo di portarci alla meta della desiderata
integrazione. Noi abbiamo cercato di "cambiare", era la condizione per far parte
del progetto "Città sottili".
"Dovete cambiare per ottenere..", era il ritornello sulla bocca di molti. "Bisogna che voi mandiate i vostri bambini a scuola, se volete poi..".
"Dovete smettere di mandare le vostre donne con i bambini a mendicare in città
se volete restare dentro il Progetto."
Lungo tutti questi anni abbiamo cambiato tante cose, anche a costo di sacrifici
e di rinunce, a volte questi cambiamenti erano dolorosi, anche se questo nessuno
lo riconosce, ma il villaggio ci attendeva.
"Dovete abbattere le vostre baracche se volete far parte del villaggio che
verrà.."
"Dovete spostarvi più in là, dovete restringervi."
"Dovete impedire l’accesso al campo a nuovi Rom, altrimenti il villaggio non si
farà."
"Dovete dire a quelle persone di uscire dal campo, se volete continuare a
rimanere nel Progetto!"
"Ma quelle persone sono mio padre e mia madre".
"Non importa, se ne devono andare è per il Progetto!"
Il villaggio Rom che sta per finire ha comportato tanto impegno e difficoltà,
sia da parte dell’Amministrazione, che ringraziamo di cuore, ma soprattutto da
parte nostra. Abbiamo accettato con tanta speranza ben 7 anni fa, quando
l’assessore di allora dott. Marco Macaluso ci presentò le modalità del progetto
e la descrizione del Villaggio che sarebbe sorto all’interno del campo. A tutte
le famiglie, ad ognuna singolarmente fu anche chiesto espressamente cosa
sceglievano: rimanere nel campo in attesa del villaggio o andare subito in un
appartamento. Chi otteneva una sistemazione in casa o in appartamento si
impegnava a non far ritorno al campo, a chi invece rimaneva nel campo veniva
chiesto soprattutto di portare pazienza nel sopportare i disagi della vita al
campo e di collaborare in attesa di entrare nel nuovo villaggio. "Basta campi!",
si diceva allora e si continua a ripeterlo, come se per noi Rom il campo è la
nostra scelta di vita: ci fu imposto a suo tempo e si continua a farlo passare
come una nostra scelta di vita. L’integrazione sembrava praticamente il
passaggio automatico dal campo all’appartamento.
Ora veniamo a conoscenza che la maggioranza delle famiglie che vivono al campo
di Coltano non entrerà nel villaggio, la precedenza andrà ad altri, esattamente
a chi da anni vive in appartamento, ma allora noi chiediamo: dove sta la
fedeltà alle tante promesse che ci avete fatto?
A cosa è servito pazientare e collaborare attivamente se poi alla fine qualcuno
subdolamente cambia le regole di nascosto e trama alle nostre spalle?
Praticamente a quei Rom che avevano accettato di "integrarsi" nelle case (perché
noi non lo stiamo facendo?), ora viene chiesto di tornare nel "villaggio"…
ma
non si erano già integrati? Che ne sarà di quelle famiglie che in tutti questi
anni hanno atteso il Villaggio e che all’ultimo momento si vedono escluse senza
alcuna spiegazione?
Se usiamo parole forti è perché siamo ormai stanchi di fare domande al
responsabile del progetto, ma in cambio cosa riceviamo? Silenzi, Bugie, falsità,
doppiezza, non considerazione. L’elenco sarebbe lungo e penoso.. eppure si
tratta delle nostre vite e quelle delle nostre famiglie. Noi esprimiamo tanti
dubbi sul modo in cui il responsabile del progetto lo sta portando avanti e
chiediamo al sig. Sindaco un suo diretto intervento perché trovi persone capaci
di assumere un atteggiamento di correttezza e lealtà "anche verso di noi",
atteggiamenti minimi indispensabili perché l’integrazione cammini verso la sua
giusta direzione. Quella correttezza che da anni viene chiesta a noi Rom e che
in tante situazioni crediamo di averla dimostrata, ma vogliamo vederla anche
negli stessi operatori verso di noi, soprattutto quando questi trattano delle
nostre esistenze e del nostro futuro! Diversamente si rischia un abuso!
Fino a qualche anno fa noi Rom ci sentivamo parte della cittadinanza di Pisa,
partecipavamo con entusiasmo a varie iniziative cittadine proponendo la nostra
cultura, la nostra storia, cercando di trasmettere la nostra fiducia nella vita,
ora invece ci sentiamo messi in disparte, come zittiti. Questa comunicazione
venne interrotta, forse ritenendola inutile o uno spreco di energie da gestire
con competenza e professionalità sempre da altri, ma estranei a noi e spesso
diffidenti.
Il Progetto rischia di erodere quelle che erano le nostre radici, la nostra
comune appartenenza di popoli Rom, un risultato è che ora, anche tra di noi ci
guardiamo con diffidenza e sospetto. E’ forse questo il prezzo da pagare per
l’integrazione? Quando ci sarà strappata anche l’anima potremo dire di esserci
meritato il diploma della integrazione?
Noi Rom di Coltano da anni stiamo chiedendo agli operatori del Progetto di
trovare una soluzione al Permesso di Soggiorno, per riuscire in seguito a
trovare un lavoro.. Perché si è fatto niente al riguardo quando la Legge era più
favorevole, rispetto a quella in vigore oggi?
Di Fabrizio (del 26/10/2009 @ 09:31:13, in casa, visitato 1557 volte)
CHESTER (REGNO UNITO) — Dove collocare i nuovi punti d’accoglienza per nomadi
e gitani? Con un’iniziativa alquanto inusuale la contea di Chester lo chiede
direttamente ai suoi cittadini. di Isabella Agostinelli -
redazione@viveremarche.it
Il CWAC (il consiglio cittadino di Chester e della contea del Chestershire) ha
commissionato i suoi enti locali uno studio interessante tutta l’area per
identificare i possibili siti dove accogliere al meglio i nomadi e i gitani.
Infatti, l’ente britannico che si occupa delle strategie del territorio, ha
richiesto alla contea di Chester di individuare almeno 45 siti permanenti e
altri 10 transitori dove accogliere queste persone entro il 2016.
Ma il CWAC ha dichiarato che nella contea esistono già 59 siti permanenti per
l’accoglienza dei nomadi e che in realtà, dai dati emersi dalle associazioni che
tutelano queste categorie di persone, ci sia bisogno di un numero assai
inferiore di nuove aree. Il capo esecutivo della CWAT, Herbert Manley ha detto a
proposito: “Pur criticando la decisione del governo, condividiamo l’idea di
dover fornire più aree per i nomadi e i gitani”.
“Infatti” – ha aggiunto il signor Manley – “l’avere dei siti permanenti, da
delle sicurezze a tutti, sia ai nomadi che ai cittadini. L’assenza di siti
autorizzati favorisce sicuramente l’occupazione illecita di zone cittadine e
campali”.
Ora la parola passa ai cittadini, che entro il 13 novembre dovranno dare la loro
opinione e aiutare la propria contea a prendere un'importante decisione.
Tutti i dati, le citazioni e le informazioni sono state prese dall’articolo
”Cheshire residents asked to suggest locations for Gypsy and Traveller camps” di
Claire Devine, Chester Chronicle, 22/10/2009.
"I politici hanno paura di far uscire i rom dal ghetto"
Ricerca dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) sulla questione
abitativa. L’opinione che circola tra gli addetti ai lavori è che anche in
presenza di volontà politica da parte delle autorità nazionale i problemi sono a
livello locale
BRUXELLES – La responsabilità principale nell’attuare politiche abitative a
favore dei rom risiede nelle mani delle autorità locali e nazionali, che
spesso però non hanno (o preferiscono non avere) un’idea precisa sulla gravità e
la dimensione del problema. Questa è l’opinione che circola tra gli addetti ai
lavori della Tavola rotonda organizzata a Bruxelles dall’Agenzia europea per i
diritti fondamentali (Fra) sulla questione dell’abitazione per la minoranza rom,
in concomitanza con il lancio del relativo rapporto della Fra.
I governi spesso non hanno la volontà politica di misurare il problema della
difficile situazione abitativa dei rom per evitare di essere chiamati ad agire,
come spiega Tara Bedard dell’European Roma Rights Centre (Errc). Ma anche in
presenza di volontà politica da parte delle autorità nazionali, sottolinea
Anastasia Crickley, presidente della Fra, "a volta vi sono problemi a livello
locale": le autorità e i politici del posto non vogliono prendersi carico di
fare uscire i rom dal ghetto per paura di ripercussioni da parte dell’opinione
pubblica. Questi ostacoli, ricorda Crickley, rendono più difficile attuare i
progetti finanziati coi fondi strutturali europei.
Questi ultimi vengono considerati, dal punto di vista dell’Unione europea, come
il mezzo finora più efficace e pratico per risolvere le situazioni di
segregazione e degrado in cui vivono i rom in tutti i Ventisette. "Però finora
non c’è stata alcuna valutazione se questi soldi sono stati spesi bene, e per
capirlo dovremmo chiederlo ai rom stessi, destinatari ultimi dei fondi", fa
notare Ioannis Dimitrakoupolu, responsabile del rapporto sull’abitazione della
Fra. Inoltre i fondi strutturali dedicati all’abitazione sono sottoposti a
limitazioni nell’uso, che (fatte salve alcune eccezioni) riguarda i paesi di
nuova adesione. Proprio in questi giorni Parlamento europeo e Consiglio (che
rappresentata i governi dei 27) stanno cercando le vie legali per sbloccare
questi fondi a favore dei rom in tutta l’Ue. (mm)
Casa: per i rom in Ue l'accesso è un percorso ad ostacoli
Pesano discriminazioni e ingiustizie, e spesso il tentativo si conclude con
una vita passata in un ghetto. Lo evidenzia una ricerca effettuata dall’Agenzia
europea per i diritti fondamentali (Fra). Chiesti maggiori sforzi a governi e
autorità locali
BRUXELLES – Una ricerca effettuata dall’Agenzia europea per i diritti
fondamentali (Fra) dimostra con basi scientifiche ciò che tutti i rom già sanno
per averlo sperimentato sulla propria pelle: per loro l’accesso all’abitazione è
un percorso a ostacoli fatto di discriminazioni e ingiustizie, e che molto
spesso si conclude con una vita passata segregati in un ghetto. Questi ostacoli
si pongono non solo per entrare in possesso o in affitto di un alloggio privato,
ma anche nell’ambito dell’assegnazione di alloggi sociali pubblici.
Secondo la Fra, gli Stati membri dell’Ue e le autorità locali dovrebbero
applicare la legislazione vigente in materia di lotta contro la discriminazione
e mettere in pratica le politiche per l’integrazione dei Rom, intensificando gli
sforzi per migliorare l’informazione dei rom sui loro diritti e coinvolgendoli
nella programmazione e messa in opera delle politiche abitative.
Secondo il direttore dell’Agenzia, Morten Kjaerum, "la relazione dimostra che
molte autorità regionali e locali nell’Ue sono restie ad adottare e attuare
appropriate politiche abitative per i rom. Occorre che le autorità agiscano con
urgenza, in quanto condizioni di alloggio mediocri e la segregazione
residenziale hanno un impatto negativo sull’istruzione, l’occupazione e la
salute dei rom. Ad esempio, abitare in luoghi segregati rende difficile sia
l’accesso dei bambini Rom alle scuole sia cercare e ottenere un impiego per rom
e travellers (i ‘viaggianti’ di Regno Unito e Irlanda, Ndr)".
La maggior parte dei rom vive in insediamenti non ufficiali privi delle
infrastrutture di base, spesso in abitazioni difficilmente abitabili, senza
prospettive di regolarizzare le proprie case e di migliorarne la qualità. Molto
spesso le zone adibite per gli alloggi dei rom forniscono un accesso
estremamente difficile ai servizi pubblici, ai trasporti, all’occupazione e
all’istruzione, e mancano di un’inadeguata erogazione di acqua, energia
elettrica o gas. Ciò porta ad elevati tassi di segregazione, talvolta proprio in
seguito a deliberate scelte politiche.
Capita poi che i rom vengano sfrattati senza ragione valida anche dagli alloggi
sociali, pur pagando regolarmente l’affitto. Sovente gli sfratti avvengono senza
preavviso e con uso di violenza da parte della polizia, accompagnata dalla
distruzione dei beni personali. Inoltre in molti casi le autorità non forniscono
alloggi alternativi o un adeguato indennizzo per l’esproprio.
Il problema è esacerbato dal fatto che non vengono rispettate le leggi vigenti
contro le discriminazioni razziali, o che i rom stessi non sono a conoscenza di
queste disposizioni volte a proteggerli: ciò avviene in media nel 70% dei casi.
Tra i rom a conoscenza di queste leggi però solo il 41% sa come e a chi sporgere
denuncia. Di conseguenza, il numero di denunce ufficiali resta molto basso.
Secondo la Fra, gli Stati membri devono adottare misure positive, in particolare
a favore di condizioni abitative accettabili. Inoltre è necessaria una raccolta
regolare di dati disaggregati da un punto di vista etnico in merito alla
situazione degli alloggi dei rom. Per la Fra anche l’Europa deve fare la propria
parte: la Commissione Europea dovrebbe garantire un collegamento dei fondi
strutturali con l’attuazione di programmi di pari opportunità e di non
segregazione negli alloggi. Minimo comun denominatore a queste iniziative deve
comunque rimanere un’attiva partecipazione dei rom nella programmazione,
nell’attuazione e nell’esame delle politiche abitative. (mm)
Di Fabrizio (del 22/10/2009 @ 09:46:36, in casa, visitato 1659 volte)
SEMINARIO DI LAVORO Un approccio integrato all'inclusione socio-abitativa
delle comunità zigane
28 ottobre 2009 ore 14.30
Aula Magna Collegio Santa Caterina da Siena - via S. Martino 17/A PAVIA
PROGRAMMA 14.30 Saluto delle autorità
14.55 Proiezione VIDEO
15.00 Andrea Membretti e Simona Riboni: I Sinti abitano Pavia:
verso il superamento sociale ed urbanistico dei campi nomadi
15.30 Buone pratiche per l'integrazione socio-abitativa delle comunità zigane Stefano Petrolini: Dalla roulotte alla casa in muratura: il casodi Trento Renata Paolucci: Le micro-aree insediative: il caso di Padova
16.00 Intervento del Prefetto Mario Ciclosi
16.20 Break
16.40 Tavola Rotonda, modera Andrea Membretti, partecipano: Pier Sandro Assanelli, Roberto De Lotto, Armando De Salvatore, don Franco
Tassone, Tommaso Vitale
17.30 Dibattito guidato, modera Tommaso Vitale. Sono invitati ad
intervenire: Opera Nomadi di Voghera, Comunità di S. Egidio, Associazione ApertaMente di
Buccinasco
18.00 Conclusione lavori, Ferdinando Buffoni, Prefetto di Pavia
Precisazione del vicesindaco su una nota ANSA diffusa ieri sera
[08/10] Una nota diffusa dall' Ansa ha fatto strabuzzare gli occhi a più di
qualcuno ieri. Nel contenuto si poteva leggere che il nuovo villaggio Sinti in
costruzione in Via Vallenari sarebbe costato 20 milioni di euro. Oggettivamente
un'enormità che non può essere giustificata diversamente da un refuso di stampa.
Per questo motivo il vice sindaco di Venezia e assessore comunale al Bilancio,
Michele Mognato, ha tenuto a precisare:
"Leggo in un lancio dell’Agenzia Ansa, a margine dell’incontro del ministro
Maroni con il prefetto di Venezia, che il Villaggio Sinti a Mestre avrebbe un
costo stimato di 20 milioni di euro. Spero si tratti di un semplice refuso e mi
auguro quindi una immediata rettifica: il Villaggio Sinti costa infatti due
milioni di euro!"
"In un altro lancio dell’Agenzia Ansa - continua Mognato - si riferisce che il
ministro Maroni si è detto favorevole al superamento del patto di stabilità a
Venezia a fronte della crisi del polo chimico a Marghera: sono certo che alle
parole il ministro farà seguire al più presto un atto concreto in sede di
Consiglio dei ministri, augurandomi che egli possa anche recepire le richieste
in merito avanzate dall’Anci per tutti i Comuni italiani".
Di Fabrizio (del 20/09/2009 @ 09:06:44, in casa, visitato 1569 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
(cliccare sull'immagine per vedere la galleria fotografica)
Venerdì 11 settembre 2009, si è svolta a Roma una manifestazione per il
diritto alla casa e contro i recenti sgomberi di alcune occupazioni a scopo
abitativo. Abbiamo deciso di prendervi parte perché crediamo nel diritto ad
avere una sistemazione degna e non possiamo accettare di rimanere in silenzio di
fronte le incoerenti e scellerate politiche abitative delle giunte capitoline
che si sono alternate negli ultimi decenni. Crediamo che in una città come Roma,
dove quotidianamente sorgono interi nuovi quartieri per il profitto dei soliti
pochi, non sia più accettabile che decine di migliaia di persone non abbiano un
tetto sotto cui ripararsi. In questo contesto ci è sembrato anche giusto essere
fortemente critici verso quella che è e sarà la politica dei “villaggi della
solidarietà” per noi rom. Non possiamo accettare che si continui sulla strada
dei ghetti etnici che, negli ultimi vent’anni, è stata peculiarità della sola
Italia nell’intero contesto europeo.
Abbiamo diritto alla casa, non a inaccettabili container recintati.
Esprimiamo qui la nostra totale solidarietà a quanti sono stati sgomberati in
questi giorni e ai movimenti di lotta per la casa che oggi sono al centro di
un’odiosa campagna denigratoria. Crediamo che non possano esistere sgomberi di
esseri umani senza una garanzia di alternative degne.
La casa è un diritto di tutti e tutte, anche di noi rom e romnì.
Associazione POPICA ONLUS
Rom e Romnì di via di Centocelle
"Non abbiamo nessuna intenzione di prendere in considerazione le loro
richieste" risponde categorico il sindaco Fontana, all'appello lanciato dalla
comunità sinti (vedi
QUI ndr).
"Abbiamo problemi più importanti da risolvere in questo momento - ribatte il
primo cittadino - non riusciamo a trovare le sedi per altre cose, figuriamoci se
ne abbiamo una adatta al caso loro". Una risposta categorica per una richiesta
"del tutto fuori luogo". L'amministrazione dichiara, quindi, di voler ignorare
le richieste della comunità sinti.
SOLUZIONI ALTERNATIVE FALLIMENTARI
"In passato avevamo loro proposto soluzioni abitative all'interno di edifici
popolari. Molti di loro le hanno rifiutate e ora si arrangino" conclude il
sindaco.
Quelli che avevano accettato di provare ad insediarsi in appartamento non sono
riusciti a resistere, a causa del loro forte legame alla tradizione nomade
d'appartenenza. L'inserimento nella società è risultato fallimentare: difficile
la convivenza con i vicini, difficile far fronte alle spese, difficile
ritrovarsi all'interno di mura in cemento. Con il benestare dei servizi sociali,
gli appartenenti alla comunità, sono tornati in via Friuli.
I SERVIZI SOCIALI
Concorda con il sindaco l'assessore ai Servizi sociali, Gregorio Navarro. "Non
mi risulta che abbiano mai fatto richiesta formale di trasferimento e comunque
in questo momento non siamo intenzionati a compiere scelte in questa direzione -
dichiara Navarro -. Spesso chiedono ciò che per diritto non gli spetta".
L'assessore spiega che i rapporti con la comunità sinti sono spesso difficili:
"Operare in situazioni di tale natura è molto complicato - conclude -. Ci
occupiamo soprattutto dei bambini. Ci preme che vengano inseriti a livello
scolastico. Il resto non è compito dell'amministrazione".
Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 09 Settembre 2009 08:17 )
E' stato detto ad un gruppo di Rom allontanati dalle loro case che non
possono fare richiesta di casa sociale.
Venticinque persone sono state allontanate dalla proprietà dopo che il
proprietario si era preoccupato per la sicurezza ed il pagamento degli affitti.
Erano stati sistemati in alloggi di emergenza, ed era stata effettuata una
valutazione per senza tetto. D'altra parte, il Northern Ireland Housing Executive
(NIHE) ha concluso di non avere l'autorità per fornire alloggio sociale a chi
arrivava dalla Romania.
I regolamenti UE non danno accesso all'alloggio ai Rumeni, se non incontrano
determinate condizioni d'impiego. Un portavoce del NIHE ha detto: "A seguito di
una valutazione delle famiglie rumene sgomberate settimana scorsa dalle loro
case private in affitto, è stato ritenuto che non abbiano i requisiti per
un'assistenza a lungo termine con l'alloggio sociale. Non c'è differenza
con quello che sarebbe successo nel resto della GB. D'altronde, la sistemazione
in alloggi di emergenza era stata fornita come aiuto ed assistenza per trovare
una sistemazione alternativa nel settore privato."
Anche se i Rumeni sono stati recentemente vittime di attacchi razzisti nella
provincia, NIHE dice che questi residenti non hanno alcun collegamento con le
violenze.
Cari amici
L'Opera Nomadi ha denunciato [...] che un intero comparto di alloggi popolari
nel quartiere di Arghillà a Reggio Calabria molto probabilmente è stato
costruito su una falda acquifera. Queste costruzioni non sono stabili inoltre
come se non bastasse questi stessi alloggi hanno una serie di problemi
strutturali.
Giacomo Marino presidente Opera Nomadi di Reggio Calabria
31 agosto 2009 - Source: B92Smantellato l'insediamento rom nel
centro di Belgrado
Le famiglie rom che vivevano in uno sgangherato insediamento sotto un
ponte di Belgrado sono state rilocate questo lunedì.
Hanno lasciato i resti di un deposito che si stava accatastando vicino
all'insediamento, denominato come "anti-igienico", che ora i servizi cittadini
stanno cercando di bonificare.
114 famiglie che erano registrate a Belgrado e che sinora avevano vissuto nei
pressi del ponte Gazela sul fiume Sava, sono state spostate in 13 municipalità
di Belgrado.
Ad ogni famiglia è stato fornito un container ammobiliato, collegato alle
infrastrutture sanitarie.
I bambini dell'insediamento che non andavano a scuola non dovranno
frequentare le classi, e la città aveva precedentemente promesso di fornire loro
libri di testo e trasporto gratuiti.
Nel contempo, 53 famiglie rom che vivevano a Gazela ma erano registrate in
otto municipalità della Serbia meridionale, sono ritornate nelle loro città.
E' stato fatto un accordo con gli auto-governi locali per quanti non avevano
nessun posto dove andare, per provvedere loro con alloggi temporanei sino ad una
soluzione permanente.
Il trasferimento di lunedì è avvenuto senza incidenti.
Stamattina, Osman Balić, coordinatore del Decennio Rom, ha detto che dev'essere
posta particolare attenzione proprio a quanti non erano registrati a Belgrado,
ma ha detto a B92 di essere soddisfatto perché verrà risolto il problema di
diverse centinaia di persone.
La mossa delle autorità cittadine arriva perché la ricostruzione del ponte
non potrà avvenire finché l'insediamento non sarà smantellato.
Per questa ragione i lavori erano già stati rimandati diverse volte.
La Banca d'Investimento Europeo ha detto che una delle condizioni per i suoi
prestiti, fondi per la ricostruzione, fosse che "il lavoro fosse svolto
adeguatamente", informano i rapporti.
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