Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Di Fabrizio (del 21/02/2014 @ 09:02:08, in media, visitato 1590 volte)
Di SANREMONEWS me ne ero occupato un paio di anni fa, per un articolo francamente stupido e
scorretto. Ci furono altri articoli di quella testata sullo stesso tono, ma mi
ero stancato di segnalarli, non sono un Osservatorio, non ancora... Ieri uno dei
soliti lettori di quel portale ha scritto cose intelligenti e (a parte qualche
piccola caduta di stile) quasi condivisibili. Visto che non mi piacciono le
guerre, riporto integralmente il suo scritto:
Sanremo: bivacco e pic-nic sul nuovo prato di Santa Tecla, il
commento di un nostro lettore
Un nostro lettore, Francesco Rossi, ci ha scritto per
commentare il nostro articolo sui clochard oggi presenti sul prato di fronte a
Santa Tecla:
"Ho letto giusto ieri una mail di protesta e quest'oggi l'articolo che documenta
il pic nic di un gruppo di zingari sul nuovissimo prato di santa Tecla. Dato per
scontato che eventuali deiezioni canine non raccolte dai rispettivi
padroni,sporcizia e resti alimentari lasciati da zingari e non, bivacchi di
clochard,ecc ecc sono fatti di inciviltà, nonchè reati che vanno repressi e
puniti dalle forze dell'ordine preposte (non solo alle contravvenzioni delle
auto in divieto...), mi chiedo a cosa dovrebbe servire un prato se non a
calpestarlo, poterne cioè usufruire in modo civile. Già tutta Sanremo, che pure
è dotata di parecchi parchi e giardini che costano centinaia di migliaia di euro
di manutenzione, è ben poco godibile visto che ogni angolo di verde è recintato
ed interdetto a tutto (a parte la vista), e solo San Romolo è dotata di un ampio
prato su cui bambini, adulti ed animali possono giocare e rilassarsi. Mi sembra
insomma che il problema, se esiste, è solo quello della mancanza di senso civico
di alcuni cittadini (che non rispettano il bene comune) e dei tanti clochard,
zingari e clandestini vari (che non rispettano niente e nessuno). Un prato, un
parco, uno spazio aperto DEVE essere fruibile, e deve essere tenuto pulito,
rispettato insomma. Sennò mettete una bella recinzione alta 3 metri, il prato
rimarrà bello! Ed inutile".
Di Fabrizio (del 14/02/2014 @ 09:07:59, in media, visitato 1454 volte)
Posted on Feb 6, 2014
Questa è la posizione di Valery Novoselsky, direttore esecutivo di uno
dei più grandi network dedicato a pubblicare informazioni sulle questioni rom.
Le notizie pubblicate non sono solo per un pubblico rom, ma anche per i non-Rom,
soprattutto quanti sostengono le comunità romanì e che lavorano per e con loro.
C'è dibattito sulle questioni rom?
Sì, in modo regolare, ma non intensivo, sui link relativi a Roma Buzz
Monitor, che è una parte del Roma Virtual Network. Da aprile 2010 una volta alla
settimana io o qualcuno degli abbonati ai canali del Roma Virtual Network
poniamo domande su questioni riguardanti la situazione attuale dei Rom. Prima
del giugno scorso erano postate su
http://debatewise.org ma da
allora appaiono regolarmente su
http://romadebates.wordpress.com
e una dozzina di liste di Roma Virtual Network e gruppi rom su Facebook. I
dibattiti si svolgono soprattutto su Facebook, in alcuni casi sono davvero
"caldi", soprattutto riguardo le deportazioni dei Rom da Francia, Italia e
Germania. Controllo comunque che non diventino offensivi o provocatori.
Ci sono stati alcuni cambiamenti a seguito di questi dibattiti?
Ha detto la parola esatta: "alcuni". Sì, ci sono cambiamenti, quando la gente
nel corso della discussione diventa più istruita. Più fatti e mente più aperta
modificano il punto di vista di gente dal carattere molto radicale. Così si
rendono conto che dovrebbero conoscere i fatti e individuare i veri co-pensatori
prima di lanciare campagne sociali.
Quanto sono importanti le informazioni sulle questioni rom?
Per i Rom sono sicuramente importanti sotto tutti gli aspetti. Non soltanto
musica o aiuto sociale, anche possibilità di iscrizione ai programmi MA e PhD, o
sul supporto logistico alle imprese, sulla Roma Police Union, ecc. Tutte queste
notizie sono importanti anche per i non-rom, che hanno un buon rapporto con i
Rom, quanti lavorano con loro nei medesimi progetti, o semplicemente chi è
preoccupato per il benessere e la tolleranza della società civile. Informazioni
attentamente selezionate e moderate su varie questioni rom sono postate su
diversi nodi elettronici del Roma Virtual Network dal luglio 1999, aiutano
tuttora migliaia di persone nell'apprendere sulle questioni rom, sulle
opportunità offerte ai Rom e agli eventi legati alla storia, alla cultura e al
miglioramento della situazione dei Rom in tutto il globo.
Qual è il tuo gruppo-target? Come arrivano le informazioni alle
comunità rom? E, viceversa - alle istituzioni e ai decisori politici?
In breve: a Rom e pro-Rom. Indipendentemente dalla collocazione geografica o
anagrafica. A quanti sono interessati alla politica, alla letteratura, alla
difesa dei diritti umani, alla lingua, alla storia, alla prevenzione dei crimini
di odio razziale, al business e ai progetti educativi. Molti Rom già accedono a
Internet e Roma Virtual
Network è già presente in diversi social network. Non soltanto su Yahoo e nelle
sue mailing list, dove conta oltre 11.000 abbonati (singoli o associazioni). Ci
sono anche 7.000 contatti su Facebook e 1.300 connessioni dirette su Linkedin. E
un account su Twitter aggiornato regolarmente.
In termini tecnici anche le istituzioni e i decisori politici sono collegate a Roma
Virtual Network. C'è il principio di uguaglianza nella raccolta delle
informazioni pubblicate dalle varie fonti informative. Io col comitato di
redazione del RVN rispettiamo quel principio. Facciamo del nostro meglio per far
circolare le informazioni più accurate sugli eventi e le notizie relative alle
comunità rom, a livello locale, nazionale e internazionale. L'accuratezza è più
importante della velocità e spesso lo è anche del diritto d'informazione.
Ci sforziamo di essere onesti e di mentalità aperta, di riflettere tutte le
dichiarazioni significative di opinioni differenti, esplorando la gamma e il
conflitto delle opinioni. Forniamo anche ugualmente notizie e opinioni dalle
diverse sezioni delle comunità rom. RVN è aperto alle critiche costruttive e ai
contributi che possano portare a un migliore servizio per Rom e non-Rom, a chi
vuole imparare di più sulle questioni rom e contribuire al processo
dell'emancipazione e dell'integrazione romanì nel mondo contemporaneo.
Di Fabrizio (del 05/02/2014 @ 09:01:10, in media, visitato 1858 volte)
La foto è riportata su
Giornalettismo, che la attribuisce al Tempo. Un vero
capolavoro artistico e di satira, il sindaco capitolino vestito da romnì!
Non fosse che in passato s'è sentito e visto di molto peggio, e ultimamente la
lotta politica si svolge secondo le regole del wrestling,
Vignetta a parte, è interessante anche il testo: Per dare ristoro
agli alluvionati li sistema insieme agli zingari. A parte che se fossi
un alluvionato, la cosa non mi scandalizzerebbe più di tanto (ma è un
giudizio personale), da quell'ignorante che sono non capisco il
collegamento tra "dare ristoro agli alluvionati" e "Marino sindaco di Rom".
Forse, per essere sindaco di "non Rom" avrebbe dovuto lasciare (Rom e non-Rom)
sotto l'acqua?
Misteri della politica!
Credo che la domanda se la siano posta anche nella redazione del Tempo,
perché indecisi se avessero scritto qualche grossa stronzata, piuttosto che
ammetterlo provano a insistere nella loro opera di convincimento con un secondo
articolo:
Marino sistema gli sfollati dai rom
Stavolta il giornalista fa un ragionamento più articolato, di cui continuo a
non capire la logica, ma inizio a capire a chi si rivolge: quei lettori convinti
che "meglio sfollati che zingari". Non ha neanche bisogno di parlare
male degli zingari, lo si fa già tutti i giorni: si usano i tanti odiati zingari
come arma contro un avversario politico, con un evento di sfondo, l'allagamento,
che sta mettendo in ginocchio tutta la città, rom e no.
Leggendo l'articolo, c'è qualcuno che si lamenta di questa convivenza
(saranno casi singoli? Un sentimento diffuso? Non possiamo saperlo), c'è
l'assessore che tenta di giustificarsi, la consigliera che parte all'attacco.
Tutto abbastanza scontato. E poi c'è un albergo con i letti caldi e le colazioni
e, credetemi, tutto ciò sta diventando un sogno anche per molti di noi non-rom.
Vorrei dire a chi si lamenta di questa convivenza forzata, che ha avuto la
grande fortuna che è mancata a noi "buonisti da trincea": conoscere i Rom senza
doverne condividere le miserevoli condizioni in cui spesso sopravvivono. E anche
di essere scampati ad una piena che li avrebbe portati in un REALITY SHOW che
per molti Rom è realtà quotidiana. AVETE AVUTO QUESTA FORTUNA, SFRUTTATELA!
E può darsi che in queste condizioni, date da un evento eccezionale, non ci
si inizi a conoscere.
"Cosa pensi di quelli che rubano? Come si fa a imparare a non rubare?". Lo
chiede il giornalista Paolo Griseri a un bambino, in un'intervista video
pubblicata su La Repubblica. E ancora: "Hai già incontrato dei poliziotti? Che
tipi sono?".
Il bambino ha scritto una lettera a una delle sue insegnanti, raccontando quali
lavori vorrebbe fare da grande. "Il maestro, il poliziotto", come tantissimi
bambini.
Tra le altre cose, ha scritto che vorrebbe imparare "a non rubare". Da qui la
scelta di Griseri di recarsi presso il campo rom dove vive, almeno "fino a che
non arriva la macchina che spacca tutto" come specifica il bambino.
Troviamo particolare la scelta di sottoporre queste domande a un minore: gli si
chiede "cosa rubano" le persone che vivono nel campo, "come si fa". Gli si
chiede "cosa vengono a fare i poliziotti" a casa sua.
"Vuoi trovare un lavoro per evitare di fare questo", afferma Griseri,
riferendosi ai furti.
Il bambino frequenta le elementari: deve davvero già pensare alla ricerca di
lavoro, per evitare di incappare in un destino che, dall'intervista, appare
segnato?
Forse il video voleva presentare un possibile modello di ‘inserimento sociale'.
Ma ci sembra che veicoli piuttosto stereotipi e pregiudizi, già dal titolo: Il
sogno del bambino rom: ‘Voglio imparare a non rubare'.
Di Fabrizio (del 11/01/2014 @ 09:02:27, in media, visitato 1430 volte)
Sergio Bontempelli - 6 gennaio 2014
su
Corriere delle migrazioniSi ringrazia l'amico Arcomanno Paone per la segnalazione
Shutka è il nome di una delle dieci municipalità di Skopje, capitale della
Macedonia. Ha poco più di quindicimila anime, e una caratteristica unica al
mondo: i suoi abitanti sono in grandissima maggioranza rom (il 76,7% secondo il
censimento del 2002). E in effetti a Shutka (nota anche col nome di Shuto
Orizari) la lingua maggioritaria - riconosciuta come idioma delle comunicazioni
ufficiali - è il romanì. Un caso davvero unico, raccontato un anno fa in un
notevole reportage di Andrea Mochi Sismondi.
Molti abitanti di Shutka sono emigrati all'estero. Intere famiglie, soprattutto
negli anni ‘90, si sono trasferite in Italia: oggi abitano nei "campi nomadi"
che punteggiano le città piccole e grandi del Belpaese, o vivono in alloggi
propri. Altri gruppi sono andati a lavorare in Germania e in Francia: come
sempre accade nelle storie degli emigranti, qualcuno ha fatto fortuna, qualcuno
è riuscito a fare una vita dignitosa, qualcuno è finito nei circuiti
dell'emarginazione abitativa e sociale.
E proprio da Shutka viene Andrijano Dzeladin, 33 anni, tredici dei quali
trascorsi a Parigi da emigrato. Per mantenersi ha fatto di tutto: è stato
venditore di tappeti, cameriere, poi ha lavorato in un albergo, come
coordinatore del personale di servizio. Tanto per smentire lo stereotipo del rom
eterno abitatore di campi e baraccopoli, Dzeladin ha sempre vissuto in case
"vere", in muratura.
Negli anni è riuscito a mettere da parte un po' di risparmi, che poi ha deciso
di investire in un'impresa originale: un'emittente televisiva "rom al 100%", che
trasmette in Francia usando la lingua romanì. L'iniziativa, nata nel 2010, ha
avuto proprio in questi giorni l'onore di finire su
un blog di
Le Monde.
"Il debutto della "sua" televisione" - si legge nel sito del prestigioso
quotidiano transalpino, "risale al 2010, al giorno in cui ha assistito allo
smantellamento di un campo rom proprio sotto le sue finestre. Dzeladin abitava
già nella regione di Parigi e il caso ha voluto che lui, Rom di Macedonia, si
trovasse vicino alla povertà da cui era fuggito dieci anni prima. A farlo
reagire non è stato lo sgombero in sé, ma il modo in cui questo venne raccontato
dai media: "Ancora una volta, veniva proposto un ritratto molto semplicistico
dei rom", lamenta. Dzeladin era già da tempo impegnato nella difesa della sua
comunità. Ma quella volta decise di investire tutti i suoi risparmi nel lancio
della Tv".
L'emittente si chiama Shutka City Tv, e prende il nome dalla città natale di Dzeladin. Trasmette programmi culturali, culinari e musicali, e ha un proprio
sito internet con 120.000 accessi giornalieri: il tutto, rigorosamente in lingua
romanì. Il programma di punta è un talk show quotidiano, dove lo stesso Andrijano Dzeladin riceve le chiamate degli spettatori e dialoga con loro degli
argomenti più disparati.
La gestione dell'emittente è molto artigianale, e ha una dimensione quasi
familiare. Dzeladin fa un po' di tutto: si occupa della regia, cura
l'amministrazione, risponde al telefono e fa il presentatore. Gli altri
protagonisti di questa esperienza provengono dalla sua cerchia ristretta: Le rêve des enfants (Il sogno dei bambini), una trasmissione dedicata ai giovani, è
condotta dal figlio quattordicenne, mentre lo zio cura un programma sulla
cultura rom, Traditions chez les Roms.
L'obiettivo dell'intraprendente Dzeladin è quello di proporre un'altra immagine
dei rom. Per i francesi - come per gli italiani - gli "zingari" sono un popolo
confinato nei campi e nelle baraccopoli, dedito esclusivamente al furto,
all'accattonaggio e alla "microcriminalità". E invece, spiega lo stesso Dzeladin
al blog di Le Monde, "c'è una maggioranza di rom che rimane invisibile, e che
spesso deve nascondere le sue origini per non essere vittima di
stigmatizzazione". Molti tra coloro che telefonano alla sua trasmissione, ad
esempio, sono medici, avvocati, insegnanti rom.
Shutka City Tv vuole dar voce al mondo rom, proponendo ai francesi un'immagine
diversa del proprio popolo, lontana dagli stereotipi e dai pregiudizi.
L'obiettivo è quello di ritrovare "l'orgoglio di essere rom", e di risvegliarlo
non solo nelle comunità emigrate in Francia, ma - possibilmente - anche nei 15
milioni di persone che compongono questa minoranza in Europa.
da scaricare per i lettori di Mahalla, un articolo del 2003 dalla
rivista Millecanali
Di Fabrizio (del 06/12/2013 @ 09:07:52, in media, visitato 1301 volte)
Elmas Arus, regista turca di origine rom, insignita del premio Raoul Wallenberg
- 02/12/2013, da
Consiglio d'Europa
Strasburgo, 02.12.2013 - La giuria del premio Raoul Wallenberg - Consiglio
d'Europa ha assegnato per la prima volta il premio a Elmas Arus, giovane regista
rom della Turchia. Il premio 2014 riconosce l'eccezionale contributo di Arus nel
sensibilizzare sulle condizioni dei Rom in Turchia e altrove. Ha cercato di
migliorare la loro situazione, particolarmente quella delle donne, e di portare
la discriminazione nei loro confronti alla ribalta del dibattito politico.
"Il duro lavoro portato avanti da Elmas Arus, con coraggio e perseveranza, è un
contributo realmente impressionante alla lotta contro i pregiudizi radicati a
fondo e le discriminazioni sofferte dal popolo rom in tutto il nostro
continente," ha detto il segretario generale Thorbjoern Jagland, annunciando la
decisione della giuria.
Tra il 2001 e il 2010, Arus con un gruppo di volontari della sua università ha
visitato oltre 400 insediamenti rom in 38 città turche. Hanno prodotto 360 ore
di documentazione, e creato un documentario di un'ora sulle sfide dei differenti
gruppi rom in Turchia. Successivamente, Arus ha fondato l'organizzazione Zero
Discriminazione, che ha aperto la strada ad altri gruppi simili, ora in Turchia
ci sono oltre 200 associazioni rom. Il suo lavoro ha giocato un ruolo cruciale
nell'elaborazione nel 2009 della politica di "Apertura ai Rom" del governo
turco.
La cerimonia di assegnazione del premio - che ammonta a 10.000 euro - avrà luogo
il 17 gennaio 2014 alla sede del Consiglio d'Europa a Strasburgo.
Di Fabrizio (del 18/11/2013 @ 09:05:30, in media, visitato 1542 volte)
By Ivan Ivanov - 6th November 2013
Ivan Ivanov spiega perché il "resocontare responsabile" è così
essenziale nel cambiare le opinioni e gli atteggiamenti verso i Rom
La recente copertura mediatica sul caso di una bambina greca ritrovata in un
campo rom in Grecia, ha sollevato la consapevolezza che ci sono "angeli biondi"
anche tra i Rom. Ciò contrasta con il ritratto fin troppo stereotipata e dannoso
dei Rom come "diavoli scuri". Rimuovere la sola bambina bionda dalla
famiglia rom con altri 14 figli di pelle più scura, è la dimostrazione che lo
stereotipo dei "Rom che rubano i bambini ai non-rom" è tuttora vivo nella testa
della gente. Voce smentita dato che la bambina è di origine romanì. L'altro
stereotipo generato dalle autorità e dai media è che i Rom siano "trafficanti
d'infanzia". Anche questo teorema è stato smontato, dato che la bambina bionda è
stata informalmente adottata da una famiglia molto povera della Grecia con 14
bambini, da un'altra famiglia povera della Bulgaria con 10 figli.
Un'azione così ben combinata da parte di alcuni media e politici anti-rom, ha
un forte impatto negativo in un momento in cui i sentimenti anti-rom in Europa
sono in crescita. L'impatto della recente isteria mediatica è profondamente
preoccupante in quanto riproduce miti e stereotipi negativi sui Rom, rinforzando
pregiudizi che possono incitare al razzismo e alla discriminazione contro queste
comunità. Resoconti parziali e bigotti possono avere dure conseguenze sulla vita
quotidiana delle comunità rom in tutta Europa ed indebolire qualsiasi sforzo
della società civile, del mondo accademico e di alcune istituzioni nel
promuovere un'identità ed un'immagine rom che sia differente e maggiormente
positiva. Purtroppo, il giornalismo sensazionalista e di parte vende più della
cronaca etica e responsabile, libera da stereotipi e pregiudizi.
Il caso della bambina rom bionda ritrovata in una famiglia rom mi da
speranza. Questo caso è un chiaro esempio della forza dei media e della loro
rapida influenza nella società. Perché non lavoriamo assieme per redirigere il
potere dei media verso un cambiamento progressivo, utile a combattere i
pregiudizi e gli stereotipi anti-rom, invece che ad incitarli? Dato che altri
canali e strumenti non sembrano funzionare o essere così efficaci, perché non
adoperare l'influenza dei media per cambiare opinioni e atteggiamenti della
gente? So che questo genere di media non vende, ma lo spero comunque.
Ivan Ivanov è direttore esecutivo dell'European Roma Information Office
"Noi apparteniamo al mondo, questo è secondo me un lato molto bello della nostra
cultura. Noi non diciamo questo è mio, quest"altro pure. Noi non abbiamo niente
la nostra cultura è libertà." Marinela Constantin, attivista Rom
Due anni fa veniva approvata la strategia nazionale d"inclusione di rom sinti e
camminati che avrebbe dovuto favorire un cambio di rotta nelle politiche
d"inserimento sociale di queste minoranze. Il tempo passato è tanto ma dell"applicazione
di tale piano, imposto dall"Europa e recepito in ritardo dall"Italia, non se n"è
fatto niente.
A livello locale i danni sono ancora più gravi. A Roma dove il destrorso Gianni
Alemanno è stato sostituito dal sindaco democratico Ignazio Marino, gli sgomberi
dei campi sono continuati con le stesse procedure superficiali della gestione
precedente e le associazioni nazionali e internazionali non smettono di farlo
presente.
In un panorama altrimenti buio è nato e si è sviluppato il progetto fuochi
attivi rivolto ai giovani rom di tutta italia.
L"obiettivo è trasformare questi ragazzi in comunicatori professionisti che
possano un giorno portare avanti le rivendicazioni e le aspirazioni di una
minoranza da troppo tempo emarginata e messa sotto silenzio.
Ospiti della puntata:
Badema Ramovich, Attivista Rom del progetto
Fuochi Attivi
Marinela Constantin, Attivista Rom del progetto
Fuochi Attivi
Martedì, 22 ottobre, 2013 -
Talvolta basta un incontro, uno sguardo, una parola per abbattere le spesse
barriere che ci separano fisicamente e idealmente dalle famiglie rom che abitano
le periferie delle nostre città.
Il Calendario 2014 "Un anno contro l'antiziganismo" ci aiuta, con
gli scatti di Davide Bozzalla e la poesia di Paul Polansky, a combattere, mese dopo mese, l'antiziganismo
che abbiamo ereditato dalla storia, che scorre nelle vene della società e che ne
condiziona i pensieri, alimentando stereotipi e pregiudizi diffusi.
Acquista il Calendario 2014 dell'Associazione 21 luglio e trascorri con noi
dodici mesi all'insegna dei diritti umani!
Il ricavato della vendita servirà a finanziare la ristrutturazione e le attività
del Theatre Roma (Teatro Rom) di Shuto Orizari, quartiere alla periferia di
Skopje, in Macedonia, e unica municipalità rom al mondo.
Riconosciuto ufficialmente nel 2000, il teatro debutta con Dog Years di Günter
Grass, spettacolo teatrale pluripremiato messo in scena nel 2001 a Stenkovec 2 e
Dare Bombol, campi profughi per rifugiati rom ai confini con il Kosovo. Un
teatro di impegno civile che attraverso la promozione della cultura e della
lingua romanes intende "parlare dei rom parlando dell'uomo".
Pratica teatrale autofinanziata e forma di resistenza culturale in direzione
ostinata e contraria, verso il sogno di un Teatro Nazionale Rom. Nel 2009
l'incontro fra la comunità di Shuto Orizari, il Theatre Roma e la compagnia
italiana Teatrino Clandestino porterà in scena il progetto OpenOption,
esperienza umana e teatrale raccolta in Confini Diamanti. Viaggio ai Margini
d'Europa, ospiti dei rom, reportage narrativo di Andrea Mochi Sismondi.
Da oltre due anni, tutte le attività sono ferme per mancanza di fondi. Insieme
potremo far sì che il Theatre Roma torni a vivere e continui a esercitare la sua
necessaria funzione civile, culturale e sociale! GUARDA LE FOTO DEL TEATRO
(COM'ERA PRIMA E COM'È OGGI)
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Bollettino postale al conto n. 3589968 intestato ad Associazione 21 luglio; Paypal
La giovane rom espulsa dalla Francia verso il Kosovo durante una gita scolastica
in Francia ha scatenato un aspro dibattito politico sulle leggi
sull'immigrazione. In Italia ci concentriamo sui reati del padre della ragazza e
sulla "cultura rom"
Léonarda Dibrani ha 15 anni, e la sua è una storia che ha fatto il giro del
mondo. Nella Francia socialista, dove mai si era assistito a una cosa del genere
nei due mandati del presidente Sarkozy, la giovane rom la cui famiglia è
originaria del Kosovo, è stata prelevata dal bus della scuola mentre era in gita
scolastica con i suoi compagni. Da lì è stata portata direttamente in aeroporto
per essere espulsa con sua madre e i suoi cinque fratelli. Il padre era già
stato rimpatriato a Mitrovica. In Francia la storia è diventata un affare di
Stato. Il presidente Hollande è intervenuto in televisione per lanciare un
messaggio alla nazione: l'espulsione di Léonarda ha rispettato la legge, ma la
polizia ha agito "senza discernimento". Per questo il presidente ha proposto a
Léonarda di tornare in Francia per continuare i suoi studi. Ma senza la
famiglia. Altro "inciampo" del governo socialista che ha scatenato una nuova
esplosione di polemiche. Il ministro dell'Interno Valls ha inoltre diramato una
circolare in cui vieta di intervenire nel "quadro scolastico" per effettuare
delle espulsioni.
La storia di Léonarda
La ragazza rom e la sua famiglia hanno fatto per quattro volte (c'è chi dice
sette) domanda di asilo in Francia. Si sono stabiliti lì il 29 gennaio del 2009
nel Comune di Levier, vicino al confine svizzero. Secondo quanto raccontato dal
padre di Léonarda venivano dall'Italia. La stessa ragazza era nata in Italia, a
Fano, mentre l'ultima della famiglia, una bambina di un anno, è nata in Francia.
Ma il padre, Resat Dibrani, 47 anni, ha spiegato di aver distrutto tutti i
documenti italiani e raccontato che la famiglia arrivava dal Kosovo - dove lui è
nato - sperando di avere qualche possibilità di ottenere asilo. "Se avessi detto
che venivo dall'Italia mi avrebbero immediatamente rimandato indietro", ha
spiegato. La famiglia Dabrani invece vuole vivere in Francia. E che siano
intenzionati a fare sul serio lo dimostra il fatto che i figli vanno tutti a
scuola, sono ben integrati, parlano perfettamente francese tanto che le due
ragazze più grandi sono in possesso dei requisiti di lingua e conoscenza della
cultura francese inseriti da Sarkozy per ottenere la naturalizzazione.
Tutto però finisce quando il padre viene arrestato per mancanza di documenti a
Colmar, in Alsazia. Lui viene rinchiuso in un centro di detenzione a Strasburgo.
La sua famiglia viene messa in una casa di accoglienza, in ottemperanza alla
legge che prevede il divieto di "trattenere" i minori, dove tentano la
regolarizzazione in base alla circolare Valls del 2012 (di cui parleremo più
avanti). Il 9 ottobre, all'improvviso, la polizia si presenta alle 7 di mattina
alla porta della famiglia Dibrani. Solo Léonarda non c'è: ha dormito da una
amica - ora che da due mesi è costretta a vivere nel centro di accoglienza- in
modo da essere puntuale alla partenza per la gita scolastica, che prevede la
visita a una officina della Peugeot. La prefettura rinuncia? Neanche per idea:
uno dei professori viene raggiunto sull'autobus da una telefonata del sindaco:
l'autobus si deve fermare perché una volante della polizia sta per andare a
prendere Léonarda per eseguire l'espulsione. Si può immaginare il panico: il
professore dice di non poter fare una cosa del genere, ma a fargli cambiare idea
ci pensa la polizia. Nella
lettera dei professori viene descritta molto bene
quella giornata.
In Francia, e in Italia
La vicenda ha scatenato un putiferio quando gli studenti sono scesi in piazza
per protestare contro questa espulsione. C'è stata una vera e propria rivolta
dei ragazzi. Viene da chiedersi se in Italia sarebbe mai avvenuta una cosa del
genere. E forse è interessante leggere la storia di Léonarda analizzando come è
stata affrontata in Francia, e come è stata affrontata in Italia. Il dibattito
in Francia ha riguardato soprattutto (e quasi esclusivamente) la legge che ha
portato alla espulsione della famiglia Dibrani. Quando è stato eletto il nuovo
governo, si è subito posto il problema se fare o no una regolarizzazione
("tradizione" presto abbandonata dall'Italia). La risposta è stata sì ed è stata
emanata la
circolare Valls che prevede la possibilità per le persone irregolari
soggiornanti da almeno cinque anni in Francia di presentare richiesta di
permesso di soggiorno. E' stata molto criticata, perché prevede un esame
individuale assegnato alle prefetture, il che rende molto discrezionale la sua
applicazione. Ma leggerla è comunque interessante, soprattutto per fare un
paragone con l'Italia, per l'approccio che propone sottolineando le storie di
sfruttamento sessuale, presenza di minori scolarizzati, e così via. Ma aldilà di
questo, la questione è che permane un elemento di "temporalità" che ha escluso a
priori casi come quelli della famiglia Dibrani. Che aveva tutte le
caratteristiche previste nella circolare, solo che mancavano pochi mesi al
compimento del quinto anno su suolo francese. Il che ha obbligato Hollande a
sostenere che l'espulsione era stata eseguita "secondo la legge".
Secondo aspetto: la reazione della "comunità". Come abbiamo visto i professori e
la scuola hanno preso parola, scritto una lettera pubblica e apertamente
condannato l'espulsione, anche se in linea con la legge del governo socialista.
Gli studenti sono scesi in strada, protestando contro l'espulsione violenta di
una minorenne e della sua famiglia. Una famiglia rom. Sarebbe mai accaduto in
Italia? Il tutto in un contesto di forte spaccatura visto che secondo un
sondaggio tre francesi su quattro sono d'accordo con la decisione di espellere
la famiglia Dibrani.
La stampa italiana
E veniamo all'Italia. Dopo le prime notizie che hanno reso conto di quanto
accaduto, e delle conseguenze di questa storia sulla calante popolarità di
Hollande ecco cominciare i reportage. Anche i giornalisti italiani, come i
giornalisti di molti paesi, si sono recati a Mitrovica per intervistare la
famiglia Dibrani. Leggere questi articoli è interessante: sembra esista una
specie di "lente italiana" di cui i giornalisti italiani non riescono a disfarsi
quando devono osservare una famiglia rom. Persino una famiglia espulsa da un
altro paese, in tutt'altro contesto, completamente estraneo alla politica
italiana. Ad esempio: Francesco Battistini che tiene un blog sul Corriere della
Sera dal titolo "La città nuova", dedicata ai temi interculturali, descrive un
quadro in cui il papà - noto come una persona violenta - è il cattivone (qui
l'articolo). I bambini più piccoli sono "gattini", molto contenti di vivere in
una catapecchia kosovara "perché c'è il sole". Il loro entusiasmo rovinerebbe il
"copione mediatico" messo in piedi dal papà rom violento, che invece vuole per
forza tornare in Francia con la sua famiglia. Battistini non lo dice, ma sembra
voler sottolineare: a fare qualcosa di losco! La conclusione del giornalista è
che nella cultura rom, definita "gattare rom" (sempre per la metafora dei gatti,
che all'autore pare evidentemente essere molto efficace), è meglio essere "bradi
ma tutti uniti". Ovvero: se fossero una famiglia mediamente più "evoluta" la
quindicenne la manderebbero di corsa in Francia a studiare. Sola come un cane,
verrebbe da dire.
Ma di questi giudizi un tantino affrettati è zeppa la stampa nostrana del "dopo
choc" da espulsione. Pure per il corrispondente da Parigi Alberto Mattioli de La
Stampa, 10 giorni dopo l'espulsione di Léonarda, il tono dedicato all'espulsione
della giovane rom cambia totalmente. Prima è di cronaca, anche vagamente
indignato. Il 19 ottobre, parlando dell'intervento televisivo di Hollande ecco
cosa dice il giornalista: " ha trasformato definitivamente l'«affaire Leonarda»
in un affare di Stato o, a seconda dei punti di vista, in un'incredibile
telenovela politico-mediatico-emozionale con complicazioni da psicodramma
nazionale" (qui l'articolo). Su
Il Giornale del 17 ottobre i precedenti del
padre di Léonarda diventano "violenza fisica contro la moglie e la figlia". Una
accusa piuttosto pesante, addossata a un uomo in un momento difficile, inserita
in una frase e tra due virgole e introdotta da un "pare peraltro".
Insomma: una storia che mette sul piatto un problema serio, complicato da
risolvere, ma anche urgente come la gestione di famiglie che hanno bambini
scolarizzati anche se non "regolarmente soggiornanti", in Italia assume un tono
moraleggiante. Sotto i riflettori non c'è la "rule of laws" e il sistema di
controllo dei flussi migratori. Ma la famiglia-vittima, le sue presunte
contraddizioni. E, ovviamente, il reato bieco.
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