25 novembre 2009, AL-ZUHOOR, Iraq – Stretta tra una discarica ed il letto
prosciugato di un fiume, Al-Zuhoor non ha acqua corrente o elettricità e gli
zingari che lì vivono sono ai margini del nuovo, ultra conservatore Iraq.
Nei vicoli puzzolenti delimitati da casupole di mattone, senza porte o vetri
alle finestre, gli uomini vagano senza lavoro, una ragazzina gioca dondolandosi
ed una donna ritorna da un giorno di elemosine a Diwaniyah, 180 km. a sud di
Baghdad.
Da lontano, il fumo dell'immondizia annerisce il cielo e, quando gira il
vento, l'odore nauseabondo è dappertutto.
Prima del 2003, sotto il regime baatista di Saddam Hussein, la situazione era
migliore. Il pugno di ferro del dittatore non pesava sugli zingari.
Gli uomini erano cantanti o musicisti professionisti e le donne erano
invitate ai balli, ai matrimoni e alle feste in Iraq, dove erano migrati
dall'India secoli fa.
Con l'ascesa degli islamisti radicali nel 2004, sono stati marginalizzati,
attaccati e derubati dall'esercito del Mahdy, una milizia sciita leale a Moqtad al-Sadr,
e che vede gli zingari come moralmente ripugnanti.
Oggi, con il paese dilaniato dalla guerra soprattutto gestita dai capi
religiosi, una volta regolati dalla società più secolare che esisteva sotto
Saddam, la comunità rom si sente vittima di ostracismo.
Anche se sono musulmani, i "Kawliya" - come è conosciuta la comunità in Iraq
- sono visti come emarginati.
"Viviamo peggio dei cani," dice Ragnab Hannumi Allawi, che vive nel
villaggio; vestita di scuro, circondata da un gruppo di donne e seduta su di un
tappeto polveroso.
Ora rifiuta di andare a Diwaniyah, capitale della omonima provincia, a
cercare aiuto. "Le autorità dicono -voi non avete diritto a niente- e ci
cacciano via. Quando andiamo in città a comprare da mangiare, ce lo rifiutano."
L'unica cosa che queste donne possono fare per mendicare pochi dinari è di
coprire interamente la loro faccia per evitare di essere riconosciute.
"Partiamo alle 5.00 di mattina e torniamo verso le 3.00 del pomeriggio, per
due anni ci hanno chiuso tutte le porte in faccia e ci hanno lasciato ad
agonizzare," dice Lamia Hallub, con la faccia avvilita.
Invece gli uomini ricordano con nostalgia i matrimoni e gli eventi dove
suonavano e cantavano la notte per le famiglie ricche.
Prima del 2003 "potevamo lavorare nella musica e nei festival folk," dice Khalid Jassim,
con la testa adornata da una kefya bianca e rossa.
"Ma da allora, più niente. Perché? Perché le nostre tradizioni non si
accordano con i valori islamici," si lamenta il vecchio.
"Ci dicono che gli artisti non hanno posto in Iraq. L'arte è finita, ma quale
paese è senza artisti?" ci dice, con la voce che si fa più animata.
"Datemi un lavoro - militare, polizia, security o operaio."
A causa di attacchi regolari, la polizia ha installato dei controlli
all'ingresso del villaggio, ma nonostante ciò molti zingari continuano ad
andarsene.
"Nel villaggio, le infrastrutture sono state distrutte, incluse la rete
idrica e l'elettricità," spiega Abbas al-Sidi, membro della Commissione per i
Diritti Umani della provincia.
"Gli attacchi, la maggior parte di milizie armate, hanno obbligato le
famiglie a fuggire verso altre province. Il numero delle famiglie è sceso da 450
a 120. Sono rimaste le più povere."
Il numero dei Rom in Iraq, secondo i capi tribù, è stimato in 60.000.
Appaiono flebili le loro speranze di una vita migliore in un paese popolato da
30 milioni di persone.
"L'Islam li considera esseri devianti," dichiara Hafiz Mutashar, dignitario
religioso a Diwaniyah.
"Sono coinvolti nella prostituzione, che sotto l'Islam è proibita. E' normale
che la nostra comunità li consideri inferiori e insista nell'isolarli."
Di Fabrizio (del 29/11/2009 @ 09:41:29, in Kumpanija, visitato 2856 volte)
Segnalazione di Nadia Marino (Post indicato per una gustosa
domenica, anche se più che di cucina rom, si potrebbe parlare di cucina dell'est
Europa)
Unicoop FirenzeI piatti tipici, le usanze. Chi sono e quanti sono in
Italia
Di Giulia Caruso
Frutto variegato di mille culture è la cucina del popolo nomade, risultato di
peregrinazioni secolari tra Oriente e Occidente. Ogni etnia romani ha
infatti un proprio patrimonio di ricette, mutuato dalle tradizioni culinarie dei
paesi attraversati, interpretate alla luce di un'antichissima arte di
arrangiarsi.
Il risultato è una cucina povera all'apparenza ma ricca di sapori. I dolma
e i sarma, ad esempio, sono i due piatti più popolari, comuni a molte
etnie. I dolma sono peperoni ripieni di riso, carne tritata e
pomodoro. Per la cottura vengono disposti verticalmente in una pentola chiusa,
con dell'acqua sul fondo. I sarma sono involtini di cavolo cappuccio,
preparati con lo stesso ripieno.
La pitta è un'altra golosità, diffusa tra i rom di molti paesi d'Europa.
Si tratta di una sfoglia di acqua e farina da cui vengono ricavati lunghi
cilindri, successivamente riempiti di bietola e ricotta o di carne, patate e
cipolle oppure di uova e ricotta, che vengono adagiati in una teglia da forno a
mo' di spirale e successivamente cotti in forno.
Il bosanskibonaz è invece uno spezzatino di carne con peperoni, verza,
patate, cavolfiore. Interessante l'abitudine di bollire sempre la carne prima di
utilizzarla nei soffritti o nelle zuppe. Ragioni igieniche di sicuro, ma anche
opportunità dietetiche: molto meglio i grassi vegetali di quelli animali.
La ricorrenza della Natività è occasione per gli zingari di mezza Europa di
grande convivialità: si fa il pane in casa e si preparano dolci da consumare
tutti insieme. Secondo tradizione è consuetudine cuocere allo spiedo una pecora
intera, dopo averla riempita di patate al rosmarino, spennellata di birra
durante la cottura, che generalmente avviene su un grande letto di braci
ardenti. La pecora così preparata fa parte anche del menu abituale dei banchetti
nuziali, altra grande tradizione rom.
Così come è consuetudine diffusa l'uccisione di un agnello in segno di
gratitudine e di buon augurio, ad esempio quando un bambino guarisce da una
malattia. In quest'occasione, genitori e parenti stretti del piccolo si toccano
la fronte con le dita intinte nel sangue dell'animale e distribuiscono a tutti
la carne cruda a pezzi, che ognuno provvederà a cuocere e consumare, in segno di
ringraziamento per il felice evento. La tradizione è di origine musulmana, ma è
diventata pratica comune a molti gruppi.
Un dolce antico, da consumare in occasioni di feste e matrimoni, è l'halvava,
simile alla nostra polenta, fatto con farina cotta nell'olio a cui si aggiunge
sciroppo di zucchero, frutta secca, pinoli.
Altro dolce abbastanza diffuso è il baklave, formato da una sorta di
lasagne di pasta sfoglia con uva passita, noci, pinoli, miele, aromatizzato con
rum e cotto in forno.
A tavola ci si siede all'orientale, con tutte le portate servite insieme sulla
tavola a cui ogni commensale attinge.
E' pratica diffusa concludere il pasto con grappa prodotta dalla distillazione
della frutta, soprattutto delle prugne.
La storia
Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità
estremamente eterogenea.
Si suddividono essenzialmente in 5 gruppi: rom, sinti, kalé (gitani della
penisola iberica), manouche (francesi) e romanichals (inglesi).
A questi gruppi principali si ricollegano i sottogruppi, affini e diversificati,
ognuno con proprie peculiarità ma con un'origine unica, l'India del Nord, e una
lingua comune, il romanès.
La popolazione romani, in Italia, rappresenta lo 0,16% circa dell'intera
popolazione nazionale. Secondo recenti stime sarebbero 130.000, tra sinti
e rom con i loro sottogruppi.
I sinti sono soprattutto presenti a nord, mentre nel resto d'Italia,
soprattutto al centro e al sud, sono presenti rom di antico insediamento
(XV secolo circa) a cui si sono aggiunti gruppi di recente e di recentissima
immigrazione, soprattutto dalla ex Jugoslavia e dalla Romania.
Circa il 75% è di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5%
raggruppa ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.
Di Sucar Drom (del 25/11/2009 @ 14:35:52, in Kumpanija, visitato 2112 volte)
«La comunità di Casilino 900 chiede alla società civile, ai cittadini,
alle associazioni, ai comitati di quartiere di essergli vicino il prossimo
venerdì 27 novembre dalle ore 17, mentre si svolgerà
la
provocatoria manifestazione razzista di Forza Nuova che intende raggiungere
il campo esasperando la spinta politica già messa in atto con Casilino 700».
È questo l’appello
di Najo Adzovic, portavoce del Casilino 900. «Stiamo lavorando con tutto
il nostro impegno perché la baraccopoli di Casilino 900 venga chiusa e affinché
venga offerta a quanti ci vivono una reale possibilità di riscatto sociale e di
integrazione partecipando fattivamente ai tavoli con l’Amministrazione Comunale
e la Prefettura».«Vogliamo che la chiusura del Casilino 900 risulti un passaggio
storico verso il superamento dei campi, luoghi di rifiuto e di segregazione
sociale e non l’ennesimo sgombero senza alcuna alternativa. Siamo i primi a
voler andar via, nessuno ama vivere in baracche tra topi e immondizie, e siamo
disposti lavorare sodo per vivere meglio, ma non ce la facciamo più ad essere
scacciati e rifiutati, additati come la peste, fa male a noi come a tutta la
società di cui ci sentiamo di far parte. I nostri figli sono nati qui, vanno a
scuola con i bambini italiani, e si sentono italiani anche loro. Pensiamo a un
futuro di integrazione per questi ragazzi attraverso la formazione, il lavoro e
una vita fuori dai campi».
Di Fabrizio (del 26/09/2009 @ 09:15:41, in Kumpanija, visitato 1966 volte)
Ricevo da Veniero Granacci
Desideriamo invitarVi a partecipare alla serata "CARLO CUOMO, I ROM, I
SINTI E LE POLITICHE POSSIBILI" con la partecipazione di Tommaso Vitale,
Ernesto Rossi e Augusto Luisi, organizzata dall'Associazione La Conta
in collaborazione con il Circolo ARCI Martiri di Turro e l'Associazione
Aven Amentza - Unione di Rom e Sinti di Milano, che ci sarà, con ingresso
gratuito con tessera arci, lunedì 28 settembre 2009 alle ore 21,00 al Circolo
ARCI Martiri di Turro - Via Rovetta, 14 a Milano.
In particolare durante la serata, Tommaso Vitale, Ernesto Rossi e Augusto Luisi,
oltre a ricordare la figura e l'opera di Carlo Cuomo, nell'undicesimo
anniversario della sua scomparsa, presenteranno il libro "Politiche Possibili -
Abitare le città con i rom ed i sinti" curato di Tommaso Vitale, con scritti di
diversi studiosi tra i quali Ernesto Rossi, Maurizio Pagani e tanti altri
ancora, e ci parleranno, tra l'altro, dei Rom, dei Sinti e di altri gruppi di
zingari, della loro storia e della loro cultura, nonché delle politiche
abitative realizzate per loro nelle diverse realtà italiane.
CARLO CUOMO "…..Nelle assemblee Carlo ci toglieva la pelle -- per i suoi gusti non
eravamo mai abbastanza di sinistra, mai abbastanza spregiudicati, ma ci
voleva bene. Faceva telefonate in punta dei piedi, per segnalare sulla
pagina milanese le iniziative dell'Opera Nomadi o della Filef. Agli zingari
e agli immigrati, alle minoranze che calamitano l'odio, l'esclusione, il
razzismo, Cuomo aveva dedicato questi ultimi anni. Era invidiabile la sua
capacità di tenere insieme le piccole azioni concrete e la voglia di pensare
in grande, di mescolare la fontanella per un campo nomadi con la rilettura
di Marx. Carlo era un meticcio per nascita, vita e cultura. Era nato 65 anni
fa ad Atene da madre greca. A 17 anni è a Parigi, dove si laurea in storia
alla Sorbona. A Milano arriva nel '55 un anno dopo entra nel Pci dove
affascina tutti e tutte cantando Brassens - e lì resta fino all'uscita dal
Pds degli ingraiani con cui dà vita alla Convenzione per l'alternativa.
Consigliere comunale e più volte assessore negli anni '60 e '70, conosceva
bene e da dentro Milano. L'ha vista cambiare, insieme alla politica, in modi
che non gli piacevano: non ha reagito con la rassegnazione o con l'accidia;
la politica per lui continuava ad essere indispensabile come l'aria. Era
disposto a fare riunioni politiche anche la vigilia di Natale, si teneva
libero solo quando arrivavano in anteprima a Milano i film da Venezia.
Quest'anno non c'è riuscito, è morto con il desiderio dell'ultimo Kusturica.
E di molte altre cose ancora. di Manuela Cartosio (da Il Manifesto, 10 ottobre 1998)
Il libro “POLITICHE POSSIBILI - ABITARE LE CITTA' CON I ROM E I SINTI" a
cura di Tommaso Vitale - Carocci Editore - Milano - 2009 Da secoli sono parte integrante della storia urbana e rurale del nostro
Paese. Li chiamiamo con diversi nomi: zingari, nomadi, rom, sinti, caminanti,
yenish. Negli ultimi anni la loro presenza è diventata uno dei principali temi
di dibattito e mobilitazione nella vita politica, soprattutto a livello locale.
I Comuni sono chiamati a realizzare politiche sociali e abitative, e spesso non
sanno cosa fare. Tentate dalla demagogia, incalzate dai media, le
amministrazioni sovente non conoscono esperienze già attuate in altre città e di
cui è stata valutata l’efficacia. Nel volume vengono esaminati aspetti storici,
culturali e sociologici dei differenti gruppi zigani e vengono descritte le
linee di politica progettate dall’Unione Europea. Sono poi esposte nel dettaglio
le politiche sociali, sanitarie, educative, del lavoro e, in particolare,
abitative realizzate verso i nomadi in diverse realtà italiane. Dall’insieme
emerge come, se programmate e negoziate con i rom e i sinti, politiche locali
che affrontano i problemi e le contraddizioni e rispettano i diritti di tutte le
parti in gioco sono possibili
Tommaso Vitale, ricercatore di Sociologia, insegna sia Sviluppo locale
che Programmazione sociale all’Università degli Studi di Milano Bicocca ed è
membro della redazione di Partecipazione e conflitto - Rivista di studi politici
e sociali.
Ernesto Rossi, presidente delle Associazioni ApertaMente di Buccinasco e
Aven Amentza - Unione di Rom e Sinti d Milano, è da anni studioso di Sinti e Rom
a Milano ed ha collaborato per lungo tempo con Carlo Cuomo.
Augusto Luisi, ex consigliere del Comune di Buccinasco fa parte
dell'Associazione ApertaMente di detta città.
Vi saremo grati se vorrete dare diffusione elettronica all'iniziativa sopra
indicata e/o diffondere la stessa tra le persone che possono esservi
interessate. Vi ringraziamo in anticipo.
Il Seminario Interdiocesano di Castellerio nasce in una collina dinanzi
Pagnacco, paese situato a nord di Udine, a circa 10 minuti di distanza dalla
città.
Raggiungerlo è molto semplice:
1. Dalla città di Udine: seguire le indicazioni della S.P. 49 (Osovana) per
Pagnacco e Buja. Arrivare al punto 3 delle nostre indicazioni.
2. Dall’autostrada:
A. uscita Udine SUD: proseguire nella tangenziale, proseguendo dritti al
semaforo, fino all’uscita Pagnacco-Buja-Osoppo, oltrepassando quelle indicanti
lo stadio (sud e nord e centro commerciale Città Fiera);
B. uscita Udine NORD: proseguire a destra verso la tangenziale che porta a
Udine, prendere la prima uscita, indicante Pagnacco-Buja-Osoppo. Usciti dalla
tangenziale, svoltare a sinistra all’incrocio. Proseguire sempre diritti per
circa 400 metri.
3. In prossimità del Seminario, troverete davanti a voi la Chiesa. Svoltate a
sinistra, nella strada indicante Seminario Interdiocesano, via Castellerio. Dopo
15 metri svoltare a destra
Por: Maria de la Luz
Ahumada -Santiago -
11/06/2009
Timore, rifiuto e insulti compresi sono quello che giornalmente i gitani
ricevono per strada, nessuno può negare che la loro presenza ci fa subito
pensare "Ruberanno!" Se è così, e credo che sia accaduto a tutte, me inclusa,
abbiamo avuto gravi pregiudizi nei loro confronti.
Il fatto che la gente abbia un pensiero sociale tanto cattivo dei gitani,
risale alla storia di questo popolo, da cui discende la situazione attuale di
questa comunità, che in molti paesi è immersa nella povertà e, come conseguenza,
in gravi problemi di analfabetismo, delinquenza o marginalizzazione sociale.
I gitani sono stati "perseguitati" dal XIV secolo, quando esistevano in
Europa gruppi di loro che erano schiavi del re, della chiesa o dei latifondisti
e lo furono fino al XIX secolo. Così, i monarchi spagnoli costruirono un'intera
legislazione antigitana, da cui derivò un razzismo che si estese con la
colonizzazione. In piena epoca di espansione e scoperta del mondo. L'Europa
formulò supposizioni scientifiche che affermavano la differenza tra i popoli e,
soprattutto, la superiorità degli uni sugli altri. Questa superiorità
legittimava lo sfruttamento degli individui considerati inferiori.
Però oggi, in cerca di loro col mio compagno José, ci imbarchiamo verso il
loro mondo, il loro spazio e la loro cultura; all'inizio temevamo che ci
succedesse qualcosa e gli chiesi che non mi lasciasse sola, che avevo molta
paura perché, chiaro, crebbi ascoltando che erano ladri e che lanciavano
maledizioni se non gli davi soldi, però mi aspettava una gran sorpresa, per la
prima volta uscii dai miei pregiudizi ed ebbi l'opportunità che mi mostrassero
la loro vita, i loro sogni, dolori e speranze ed oggi posso testimoniare che
sono persone meravigliose, piene di vita ed allegria, e che malgrado la
loro condizione di povertà in cui vivono, i loro testimoni mi insegnarono
l'altra faccia della realtà; mi ricordai di un detto che coincideva con quello
che stavo sperimentando: "Guarda più in là di quel che vedi", questo feci e così
condivisi con loro questa forma di sentire che vivono quotidianamente come i
loro balli, la musica e quella gran fratellanza che ci mostrarono riuscirono ad
emozionarmi.
Non posso esprimere con le parole quello che i miei occhi vedevano, bambini
immersi nel freddo, non posso smettere di chiedermi come potevano sopravviverci,
alla pioggia, sino a cose così intime come l'igiene personale e perché fossero
stigmatizzate come ladri, se davanti a me vedevo persone accoglienti e
rispettose, così simili a noi, che provano ad essere parte di questa società,
persone semplici con molto da dare.
La vita...
I Gitani vivono suddivisi in diversi luoghi della regione e tutti vengono da
luoghi distinti del Cile, l'ideale per vivere è un posto in cui non faccia
freddo, che sia spazioso per collocare le tende, non rimangono mai in un solo
luogo, tutto dipende dalla situazione economica, così se un posto non va bene
emigrano cercando opportunità e luoghi migliori in cui il clima sia più tiepido.
Vivono della compravendita di veicoli, di artigianato, di lavoro del rame o
di lavori di impagliatura. Le notti di freddo le passano vestiti, negano
l'esistenza di un patriarca, piuttosto ogni famiglia è indipendente e sono loro
stessi che sovrintendono ai figli, i bambini vanno a scuola come tutti, però al
momento di partire devono iniziare un'altra volta il processo educativo. Secondo
la "Legge Gitana" la donna deve arrivare vergine al matrimonio, e solo alcune
cose sono realmente cambiate come la proibizione di accasarsi con una persona
che non fosse un gitano.
D'altra parte, ci raccontano sulle necessità elementari di sopravvivenza come
la luce pagata assieme e l'acqua che costa 1.500 pesos, che trasportano e
utilizzano in bidoni, le necessità basiche le effettuano presso la pompa di
benzina più vicina.
Così come esistono le tende, ci sono anche gitani che vivono in case ed hanno
una situazione economica migliore, quasi tutti si dicono cristiani e non bevono,
fumano solo sigarette.
Il testimonianza...
Lei è Esmeralda, gitana e madre di due figli, e ci ha parlato di quanto è
difficile vivere in queste condizioni. "La cosa più difficile del vivere nelle
tende è l'umidità, la mancanza di bagni, la scomodità ed il freddo per i
bambini, oltre ad essere costantemente discriminati dai vicini e dalle persone
che passano fuori e vedono le nostre tende".
Oltre alle durezze della loro condizione di vita, devono inoltre affrontare
la discriminazione quotidiana delle persone che li circondano, i mille rifiuti d
cui soffrono quotidianamente. Efraín Soto, è un gitano che fa parte di questa
comunità e ci dice che "il più difficile di appartenere a questa cultura è la
discriminazione nella salute, per le strade da tutti i lati. C'è gente che ci
discrimina molto e tra l'altro ci minacciano di bruciare le tende".
"Sappiamo che ci trattano da ladri," segnala Efraín riferendosi allo stigma
che si portano addosso. "Nel regno del signore c'è di tutto, come da voi c'è
gente buona e meno, nel caso dei gitani è lo stesso e per colpa dei cattivi ci
trattano tutti come ladri".
E' di grande importanza l'istruzione e l'appoggio delle autorità, perché
queste persone non vivano in condizione di povertà, non dimentichiamo che
l'unica cosa che ci differenzia da loro è la cultura, tutto il resto è uguale.
La cosa importante di questa esperienza è almeno di poter verificare [...]
che in molte occasioni i nostri pregiudizi possono portarci a pensare in maniera
sbagliata sugli altri, in questo caso mi fu chiaro che sono tanto umana quanto
loro e che tutti meritiamo un'opportunità per mostrarci come siamo...
Grazie al lavoro dell'UNICEF in Uzbekistan, i membri della comunità
rom conoscono ora i pericoli dell'HIV e chiedono attivamente il parere medico -
By Matthew Taylor
TASHKENT, Uzbekistan, 20 maggio 2009 – Yurunatuz è una comunità rom a
Margilan, Uzbekistan. L'uso di droghe per endovena è comune, come la mancanza di
conoscenza sull'HIV. Su una popolazione di 810, 10 sono morti recentemente di
AIDS.
Halida, che lavora con l'UNICEF, sta aiutando attivamente la comunità nella
prevenzione dell'HIV/AIDS. Sogna che un giorno i residenti di Yurunatuz
affrontino apertamente la questione dell'HIV e pongano fine all'uso di droghe
per endovena. Lavora per la Clinica Numero Quattro e recentemente ha ricevuto
formazione per la campagna sponsorizzata dall'UNICEF. I Rom una volta andavano
dai guaritori tradizionali per curare le loro malattie. Ora vanno da lei.
"Sono un gruppo molto unito ed ora credono in me, singolarmente e come
gruppo," dice.
Partner nella qualità di vita
Yurunatuz è una comunità tra le tante in cinque regioni che stanno ricevendo
appoggio dall'OnG "Hayot Sifati Hamrohi" (che significa Partner nella qualità di
vita) assistita dall'UNICEF. L'OnG aiuta persone come Halida ad aumentare la
consapevolezza sull'HIV e cambiare gli atteggiamenti per fermare la sua
diffusione.
L'UNICEF sta anche lavorando in tutto il paese per combattere i recenti
scoppi di HIV che si ritiene siano il risultato di pratiche mediche insalubri.
Ha spedito equipaggiamento medico nella provincia orientale del Namangan.
L'equipaggiamento è anche sulla strada per la vicina provincia di Andijian.
Risposta immediata
Il nuovo equipaggiamento- inclusi kit medici monouso che riducono il rischio
di trasmissione accidentale dell'HIV - è parte della risposta immediata
dell'UNICEF in appoggio agli sforzi del governo per combattere l'HIV/AIDS in
queste regioni, migliorando la sicurezza dei pazienti nelle istallazioni
sanitarie.
"Il kit monouso è il primo passo vitale nel rendere più sicura la sanità e
combattere l'HIV/AIDS nell'est. La nostra risposta comune è stata rapida.
Naturalmente siamo qui per aiutare in tutte le aree per fermare la diffusione
dell'HIV in Uzbekistan," ha detto Mahboob Shareef, rappresentante locale
dell'UNICEF.
Una serie di misure più ampie sono state concordate per affrontare l'HIV e le
tematiche relative nelle regioni. Includono un piano d'azione con le autorità
regionale per la prevenzione dell'HIV tra le donne, bambini ed adolescenti, come
pure per un miglior trattamento e cura delle donne e dei bambini affetti da HIV.
Fiducia stimolante
Nel frattempo, la fiducia che Halida ha stimolato nella comunità rom, ha
portato a diagnosticare e trattare nuovi casi.
"Una madre era preoccupata perché suo figlio aveva l'HIV, dato che si drogava
parecchio," dice. "Mi ha chiesto di aiutare suo figlio a fare un test HIV, ed il
ragazzo è risultato positivo. Da allora è stato seguito e curato."
Di Fabrizio (del 14/05/2009 @ 09:07:40, in Kumpanija, visitato 1470 volte)
E' di queste settimane una polemica tra Canada e Repubblica Ceca, a proposito dei Rom che chiedono rifugio in Canada, a causa delle discriminazioni che subiscono in patria. Il fatto a cui si riferisce la notizia qua sotto è questo
I Rom in Canada raccolgono quasi 20.000 corone per aiutare la piccola Natálka Toronto/Hamilton, 11.5.2009 (ROMEA)
I Rom che vivono in Canada e hanno firmato per l'iniziativa Dosta! (Ne abbiamo Abbastanza!) ed hanno anche tenuto dimostrazioni, come parte di ciò hanno contribuito con 1.140 dollari canadesi per aiutare la famigli di Vítkov. La somma totale raccolta nelle dimostrazioni mondiali raggiunge ora la somma di quasi 67.000 corone ceche.
I Rom in Canada hanno fatto due raccolte, una in una festa ad Hamilton il 2 maggio, dove sono stati raccolti 700 dollari canadesi, ed una alla manifestazione del 3 maggio a Toronto.
"Auguriamo alla famiglia ed alla piccola Natálka un veloce ricovero, e forza ed unità a tutti i Rom nella Repubblica Ceca nel lavorare per i loro obiettivi comuni per le prossime elezioni, che sono molto importanti per noi Rom. Rom, unitevi!!!!"
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