Caritas, presentato il XX rapporto sull’immigrazione
La Caritas Migrantes diffonde il XX rapporto sull’immigrazione. Cinque milioni
di stranieri incidono per l’11,1 per cento sul Pil italiano. Peccato che per i
Paesi industrializzati "siano visti ancora come problema"...
Bisogna avere il coraggio di dire: basta!
Silvio Berlusconi: "E' meglio essere appassionato di belle ragazze che gay",
questa è l’ultima volgarità che infiamma il dibattito in Italia. Alcune
settimane fa Bossi ha chiamato “porci” i romani, il Senatore Ciarrapico si è
chiesto se Fini abbi...
Slovacchia, Rom: quale futuro senza istruzione?
Amnesty International lancia un appello alle autorità affinché ogni bambino
abbia un'istruzione senza discriminazione. Migliaia bambine e bambini rom in
Slovacchia non ricevono la stessa istruzione dei loro coetanei non rom, perché
ven...
Il puro e l'impuro
Più volte mi hanno chiesto se avessi un dio in cui credere. So bene quanto sia
importante per certe persone riconoscersi in una fede, in una religione, ma so
anche che le religioni e le fedi possono portare all’intolleranza, al se...
Milano, il ruolo della comunicazione nella formazione del pregiudizio antizigano
La Federazione Rom e Sinti Insieme e l’associazione Upre Roma, nell’ambito della
Campagna “Dosta!”, invitano a un dibattito pubblico con il ministro per le Pari
Opportunità e il direttore del Corriere della Sera, giovedì 18 novembre alla
Casa della Cultura di Milano, in via Borgogna 3...
09/11/2010 - Le autorità ungheresi hanno "mancato di registrare, indagare,
perseguire e punire tutti i reati razzialmente motivati contro i Rom," ha
dichiarato oggi Amnesty International.
Il gruppo per i diritti umani chiede all'amministrazione del Primo Ministro
ungherese Viktor Orban di indagare a fondo sui tutti i violenti attacchi a
sfondo razziale contro i Rom e fornire accesso alla giustizia alle vittime.
Uno studio di Amnesty sui violenti attacchi contro i Rom in Ungheria rivela
come le carenze del sistema giudiziario ungherese ostacolino la prevenzione e la
risposti a questi attacchi.
La legge ungherese sancisce l'incitamento all'odio ed ai crimini razziali.
Invece il numero di rinvii a giudizio e di condanne per attacchi a sfondi
razziali appare basso, rispetto al numero di segnalazioni di queste azioni
raccolte dalle OnG.
La polizia ungherese ha affermato che ci sono stati 12 attacchi a sfondo
razziale nel 2008 contro le comunità rom e sei nel 2009. L'OnG ha registrato 25
attacchi nel 2009 e 17 nel 2008.
Amnesty sottolinea il caso di Robert Cs, 27 anni, e suo figlio di quattro
anni, entrambe colpiti a morte mentre tentavano di scappare dalla loro casa che
era stata data alle fiamme da una molotov nel villaggio di Tatarszentgyorgy alle
prime ore del mattino del 23 febbraio 2009.
Anche se sono stati uditi i colpi, inizialmente la polizia aveva trattato il
caso come un incidente.
L'attivista senior Nicola Duckworth di Amnesty, ha dichiarato: "Le mancate
registrazioni, indagini, prosecuzioni e punizioni dei reati a sfondi razziali e
dei rimedi alle vittime, sta spingendo le comunità rom a lasciare l'Ungheria."
"Le autorità ungheresi hanno il dovere di prevenire la discriminazione ed
assicurare la giustizia alle vittime dei crimini d'odio. Ciò include l'obbligo
di indagare se l'odio o il pregiudizio razziali o etnci abbiano giocato un ruolo
in questo o altri attacchi simili."
Jobbik, il terzo partito nel parlamento ungherese, ha cercato di spostare la
rabbia diffusa per i tagli UE e FMI e per la disoccupazione, sui Rom.
La TV di stato ha mandato in onda uno spot di Jobbik che etichetta come
"parassiti" tanto i grandi banchieri che i "criminali zingari".
Tra gennaio 2008 e agosto 2009, i Rom in Ungheria sono stati oggetto di una
serie di attacchi molotov e sparatorie, col bilancio di sei morti e diversi
feriti gravi.
Tra le vittime una coppia sulla quarantina, un anziano, un padre con suo
figlio di 4 anni e una madre con la figlia di 13 anni.
Di Fabrizio (del 16/11/2010 @ 09:35:04, in Italia, visitato 2460 volte)
Antefatto: alla fine del mese scorso diversi giornali
pubblicano la notizia di una ragazzina rapita in Kosovo per essere data in sposa
a Rom che risiedono in Italia nel campo di Coltano (PI). Su Internet ho trovato
la bellezza di
82 articoli, e neanche uno che abbia sentito il bisogno di ascoltare anche
il parere dei diretti interessati. Non per avvallare aprioristicamente la loro
versione, ma per quello che tuttora si chiama "diritto di cronaca". Grazie ad
Agostino Rota Martir, ecco cos'hanno detto:
Questa sera c'è stata la conferenza stampa al campo Rom di Coltano
(PI) sulla vicenda della "sposa-bambina", in seguito alla
campagna discriminatoria e diffamante portata avanti con ferocia, sopratutto
dal Tirreno di Pisa, non ancora finita (ovviamente il Tirreno non era
presente, perché ha ritenuto inutile ascoltare la voce Rom).
E' stato un bel momento perché i Rom finalmente hanno potuto parlare,
raccontare, far sentire la loro voce..una conferenza stampa voluta e gestita
solo da loro, non dalle Associazioni presenti, ma in disparte!
Che ha sorpreso anche i pochi giornalisti presenti, increduli pure loro per
la piega presa dell'intera vicenda, di come è stata presentata dalla stessa
stampa di fronte alle prove inconfutabili di decine e decine di foto e del
racconto stesso dei Rom.
Ciao Ago
Coltano, Pisa, 15 Novembre 2010
Noi come nomadi, nella nostra tradizione di rom, noi da 2000 anni sposiamo i
nostri figli da giovani, di 14, 15, 16, 17 e 18 anni. Per prima cosa noi
conosciamo i genitori della ragazza e dopo, se i ragazzi sono d'accordo,
cominciano a vedersi oppure (se sono lontani) a conoscersi attraverso il
computer, e dopo alcuni mesi facciamo il fidanzamento. Se i ragazzi non sono
d'accordo, non è mai successo tra i nomadi che si sono fatti sposare con la
forza. I ragazzi si sposano se si piacciono, se non si piacciono non succede
nulla e le famiglie cercano un altro sposo e un'altra sposa.
Non siamo gente che prendiamo ragazze con la forza, perché come famiglia
vogliamo che i ragazzi si vogliano bene e vogliamo rimanere in buoni rapporti
con l'altra famiglia.
Quando una ragazza si sposa, la madre della ragazza sceglie una donna di sua
fiducia, spesso la moglie del sacerdote musulmano, che deve rimanere accanto
alla futura sposa, per stare con lei, prepararla al matrimonio, rassicurarla e
assisterla, e anche testimoniare della sua verginità per i suoi genitori. Questa
è nostra tradizione di matrimonio: è una tradizione di cui tutti i rom sono
consapevoli, e che ogni persona rom accetta liberamente. La nuora entra nella
nuova famiglia, e diventa una nuova figlia, da lei si avranno nipoti e
pronipoti, le si vuole bene come una figlia. Le due famiglie diventano come
parenti perché nascono i bambini e il sangue si mischia.
Le cose che abbiamo letto sui giornali non sono vere e ci hanno colpito. Non
sappiamo perché la ragazza ha detto queste cose. Noi vogliamo bene a questa
ragazza, abbiamo fiducia in lei e nella sua famiglia che siamo parenti da trenta
anni, non crediamo a quello che abbiamo letto sui giornali, vogliamo che la
ragazza possa dire la verità. Lo stesso giorno che è successa questa cosa è
stata presa un'altra ragazza minorenne, sposata con un ragazzo del campo, e ora
non sappiamo dove sia finita neppure lei.
Ora con queste cose che si sono lette sui giornali per noi è diventata una
vergogna andare a giro, tutte le genti pensano male di noi rom. Già prima tante
persone ci giudicavano male, adesso per noi è diventato difficile andare a
scuola, andare a lavorare, andare a fare la spesa perché la gente ci giudica e
ci guarda male. Questo succede perché la gente legge le cose che si dicono ma
non conosce le nostre tradizioni. Proviamo vergogna anche rispetto ad altri rom.
Chiediamo all'Italia di avere coscienza che le nostre usanze non sono solo
nostre. Se provano a ricordare, anni fa anche nelle famiglie di italiani c'erano
queste usanze, cioè matrimoni tra persone giovani, matrimoni combinati tra
famiglie, si considerava importante la verginità e tante altre cose simili.
Milano. Continua il viaggio di c6.tv alla scoperta della vera realtà dei rom
italiani, oltre gli sgomberi e i disagi. Oggi siamo stati ospiti di Aldo Deragna
che con la sua famiglia vive da 10 anni nel campo di Chiesa Rossa. Un campo
fatto di case mobili e in muratura, niente a che vedere con le immagini di
sgomberi e disagio a cui siamo abituati. Lui e gl altri rappresentanti del campo
hanno scritto una lettera al prefetto per invitarlo a toccare con mano ciò che
amministra e che probabilmente non conosce. Attendono una risposta e nel
frattempo, alle prossime comunali, Aldo dice che voterà Boeri. Servizio di
Claudia Bellante
L'associazione LA CONTA vi invita a partecipare alla serata "DJELEM DJELEM"
(ho camminato, ho camminato), con cena con cibi da ricette tradizionali/popolari
dell’Est Europa e GEORGE MOLDOVEANU, in concerto con il suo violino di musiche
popolari zigane e non solo, organizzata dall'Associazione La Conta -
ONLUS, che ci sarà venerdì 26 novembre 2010 alle ore 19,45 presso la CGIL
- Salone Di Vittorio, in Piazza Segesta 4 con ingresso da Via Albertinelli 14 a
Milano.
Sarà una serata piacevole e conviviale con
George
Moldoveanuin concerto con il suo magico violino, che ci
presenterà alcune delle splendide musiche tradizionali/popolari zigane e non
solo, capaci di sorprendere ed emozionare per la loro bellezza e per la bravura
di George. Si potranno inoltre apprezzare i cibi da ricette
tradizionali/popolari dall’Est Europa, preparati con passione e cura dai
nostri cuochi e, se lo si desidera, associarsi all' Associazione La Conta -
ONLUS, per contribuire alla realizzazione del progetto associativo di
solidarietà sociale e di valorizzazione della cultura popolare. Per la serata è
richiesto a ciascuno un contributo all'Associazione di 25,00 euro.
GEORGE MOLDOVEANU
E' un bravissimo violinista solista e direttore d’orchestra. Figlio d’arte, a 15
anni si esibisce nel suo primo concerto pubblico. A 33 anni è già direttore di
un complesso di musica popolare e fino al 1989 dirige l’Ansamblul Doina Doljului
di Craiova (Romania), per poi diventare primo violino di uno dei più importanti
complessi romeni, l’Ansamblul Maria Tanase, pluripremiato in numerose tournées
all’estero (Parigi, Atene, Sofia, Il Cairo, ecc.). A Milano dal 1999 George
Moldoveanu ha suonato all’Auditorium del Centro Bonola, a Radio Popolare, al
Palalido (presentato da Gaetano Liguori e complimentato da Dario Fo e Franca
Rame), alle Vie dei Canti, manifestazione promossa da Comune di Milano e Arci,
all’Università Cattolica, alla Provincia di Cremona, all' Università Statale di
Milano e in varie altre occasioni. George ha al suo attivo uno splendido cd "Iubire
de femeie" - 2003, Romania. George suona anche nelle strade e piazze della
nostra città nonché ai matrimoni, nelle feste di compleanno e popolari, facendo
conoscere ed apprezzare lo splendido repertorio violinistico zigano.
Per ragioni organizzative vi saremo grati se confermate la vostra presenza alla
serata con cena prima possibile ma comunque entro e non oltre martedì
23 novembre 2010 all'indirizzo
laconta@intrefree.it
Siamo contemporaneamente una "tribù nomade" o un "incubatore per generare
crimine". Questi commenti fatti dal primo ministro Boyko Borisov e dal vice
ministro e ministro degli interni Tsvetan Tsvetanov il mese scorso a Bruxelles
danno uno sguardo a come ci sente ad essere Rom nel mio paese. Nonostante
Tsvetanov si sia lamentato che i media abbiano travisato le sue parole, il danno
è fatto per me, per la mia famiglia e per gli 800.000 Rom che vivono in
Bulgaria.
La Commissione Europea ha giudicato il commento del ministro degli interni
"inaccettabile", ma mi chiedo se le sue osservazioni siano inaccettabili anche
per il Bulgaro medio. Ci si rende conto che il modo in cui i Rom sono trattati
nel nostro paese non è giusto? Perché siamo così svelti nel difenderci dagli
attacchi alla nostra identità nazionale e ancora silenti sul trattamento
alla più vasta minoranza etnica del paese? Invece di dibattere sulla validità di
queste dichiarazioni, potremmo semplicemente pensare a come trattiamo i nostri
connazionali Rom?
Nel 2009, gli eletti ed il pubblico di massa bulgari reagirono con
indignazione quando il paese venne ritratto come una "latrina" dall'artista
David Cerny. Ci si sentiva male a sedersi ed accettare un simile stereotipo.
Lo stesso vale per la nostra immagine in Italia. I Bulgari sono ritratti nei
media come criminali e la grande maggioranza delle notizie sui Bulgari si
focalizza sulla criminalità. Naturalmente, il Bulgaro medio mai accetterebbe
questa generalizzazione. Ma quando si tratta dei nostri stereotipi sui Rom, in
qualche modo dimentichiamo cosa vuol dire essere trattati in maniera
dispregiativa. E' facile per noi semplificare i nostri pensieri su di un certo
gruppo di persone quando leggiamo solo brutte notizie su di loro. Ma non è
corretto, semplicemente non è giusto.
Tsvetanov ha fatto le sue dichiarazioni senza pensare alle conseguenze delle
sue parole. In seguito ha anche affermato di essersi basato sui risultati
riguardo al numero dei crimini registrati nel paese. Bene, si potrebbe
facilmente chiedere a Tsvetanov se conosce o meno il numero reale dei Rom in
Bulgaria, così potrebbe fare una buona analisi comparativa sul numero di crimini
commessi da diversi gruppi etnici. Ma ignoriamo questo punto.
Perché quando un Rom commette un reato viene lui solo etichettato come tale,
ma quando vince un campionato europeo di boxe, come Boris Georgiev, viene
etichettato semplicemente come Bulgaro? La criminalità non ha etnia, e gli
stereotipi criminali negativi non servono a nessuno se non ai politici
populisti. Sì, abbiamo bisogno di aprire gli occhi e guardare in faccia i nostri
problemi, ma stigmatizzare i Rom e rimproverare i governi precedenti per aver
fallito nell'integrazione non è una via d'uscita.
Invece, dovremmo cercare soluzioni su come i Rom possano avere le stesse
opportunità, diritti e doveri del resto della società bulgara. I Rom non
dovrebbero vivere come emarginati nei ghetti e/o segregati in quartieri ai
margini delle nostre città. I Rom dovrebbero vivere con la maggioranza, e questo
succederà soltanto quando non sarà più accettabile che i nostri eletti possano
fare questa sorta di dichiarazioni.
Tsvetanov ha mai visto coi suoi occhi come vive una singola famiglia in un
quartiere rom? Ha mai chiesto loro dei loro problemi o sulle opportunità che
hanno avuto nella loro vita, prima di fare simili affermazioni? I Rom, come
molti altri Bulgari, lasciano il paese per ottenere una vita migliore. La
maggioranza delle persone in Bulgaria sono espulsi dal paese a causa della
povertà. Per i Rom la situazione è ancora peggiore dato che il tasso di
disoccupazione è il più alto in tutta la Bulgaria. I Rom lasciano la Bulgaria
perché si trovano di fronte alle discriminazioni e sono in cerca di una vita
migliore.
Dobbiamo svegliarci e guardarci attorno per vedere cosa sta succedendo.
Viviamo in un paese che dal 2007 è membro dell'Unione Europea. Il nostro governo
ha concordato di essere parte di un'Unione sulla base di valori come il rispetto
della dignità umana, libertà ed uguaglianza. Ognuno ha il diritto di vivere con
dignità in condizioni di vita normali e pari accesso ad un'istruzione di
qualità, assistenza sanitaria ed occupazione, ma la maggioranza dei Rom in
Bulgaria non usufruisce di questi diritti.
Insistiamo nello stereotipare i Rom perché sono visti come "stranieri" dalla
popolazione maggioritaria. Questi stessi stereotipi hanno portato i genitori
bulgari di Pazardjik a ritirare i loro figli dalle classi con studenti rom.
Questo non è come immagino la mia vita o quella dei miei figli. Non voglio
cercare opportunità in un altro paese. Voglio godermi i miei diritti e vivere in
dignità come Bulgara, Europea e Rom. Tsvetanov, dovremmo aprire un dialogo e
parlare ai Rom. Sia il governo che i Rom devono lavorare assieme per
un'integrazione di successo ed una strategia inclusiva dove i Rom diventino
cittadini a pieno diritto. Oggi, l'Unione Europea ci sta dando una mano. Tsvetanov,
lavoriamo assieme per costruire una società aperta e giusta, dove il nostro
governo sia responsabile per tutti i Bulgari - Rom e non-Rom.
Il GiornaleIl gruppo rock locale Vama lancia un pezzo (in inglese) per
criticare la politica delle espulsioni del presidente francese: "Se tutti i
nomadi fossero ladri avrebbero già rubato la Tour Eiffel...". E sul web diventa
subito un tormentone
Rimpatri forzati? Al presidente francese gli zingari rispondono per le
rime... e pure in musica. Proprio così: una canzone dal tipico sound gitano
per denunciare la politica di Nicolas Sarkozy sull'espulsione di rom e nomadi.
La hit s'intitola "Sarkozy versus Gipsy", il video della canzone - composta
dai Vama, uno dei più celebri gruppi rock della Romania - con tanto di parodia
dell'inno francese, e già impazza sul web transalpino. Ecco alcuni passaggi del
testo: "Hey, hey, Sarkozy, why don't you like the Gypsies?" (Sarkozy, perché non
ami i gitani?), recita il ritornello. E ancora la curiosa argomentazione: "Se
tutti i rom fossero ladri, la Torre Eiffel sarebbe già scomparsa". Quindi
l'amaro sfogo: "Cerchiamo una vita migliore, ma voi decidete che non possiamo
restare. Noi siamo esseri umani prima di tutto", cantano i Vama in inglese.
"Per noi - spiega Tudor Chirila, leader del gruppo, in Romania una vera star
- è un modo per denunciare con ironia l'assurda soluzione trovata dal presidente
francese per risolvere la questione" dell'integrazione dei rom. "Volevamo anche
dimostrare che fare delle generalizzazioni è pericoloso", taglia corto Chirila.
Che intanto passa al botteghino...
Di Fabrizio (del 14/11/2010 @ 09:32:29, in scuola, visitato 1878 volte)
Segnalazione di Laura Coletta
sabato 20 al teatrino del parco ex trotter h. 11.30 – 13,00 i bambini della scuola elementare Russo – Pimentel presentano
una danza del Congo per il progetto Harembee Baninga (lavoriamo insieme amici).
A seguire: QUANDO IL DIRITTO DI ANDARE A SCUOLA E’ IN PERICOLO - incontro pubblico sulla
situazione dei bambini delle comunità rom di Milano
Interventi e testimonianze: mamme e maestre di via Rubattino;
mamme e maestre di via Russo
don Massimo Mapelli della Casa della Carità
di Patrizia Quartieri
F. Casavola del comitato Vivere zona 2
comunità di Sant’Egidio
Verrà proiettato il film “Seminateci bene” alla presenza
degli autori.
Siete curiosi di sapere come si vive davvero in un campo rom autorizzato,
meglio noto come "villaggio attrezzato" del Comune di Roma?
Volete sapere se strutture del genere favoriscano effettivamente la sicurezza e
l'integrazione dei rom, come sbandierato dalle autorità? Volete scoprire se i
diritti fondamentali dei bambini siano pienamente garantiti e se le case, gli
spazi e le condizioni igienico-sanitarie rispettano realmente i parametri di
legge?
Allora non mancate all'appuntamento con la presentazione della ricerca: "Esclusi
e ammassati: il Piano Nomadi a Roma e l'infanzia rom", a cura dell'Associazione
21 luglio, che si terrà sabato 20 novembre 2010 alle ore 10:30 nella cornice di
Palazzo Frascara in piazza della Pilotta 3, nel pieno centro di Roma.
Il rapporto è nato dall'esigenza di analizzare l'impatto che hanno avuto le
politiche sociali del Piano Nomadi di Roma sui diritti dell'infanzia rom e, in
particolare, prende in esame un "villaggio attrezzato" modello del Piano Nomadi
messo a punto dall'amministrazione comunale della Capitale.
L'indagine si concentra su alcune caratteristiche fondamentali riscontrabili
all'interno del campo, quali le dimensioni delle abitazioni, gli spazi dedicati
alle attività sportive, la distanza tra il villaggio stesso e i servizi
essenziali (ospedali, luoghi di socializzazione, trasporto pubblico), la
sicurezza, l'istruzione dei minori e le condizioni igienico-sanitarie.
Attraverso queste analisi, l'Associazione 21 luglio ha voluto verificare di
prima mano le possibili situazioni di esclusione, segregazione e privazione dei
diritti sanciti dalle convenzioni internazionali che riguardano i minori rom
nella città di Roma, facendo riferimento principalmente alla Convenzione sui
diritti dell'Infanzia siglata a New York il 20 novembre 1989.
L'indagine, iniziata il 1 luglio 2010 e conclusa il 15 settembre 2010, è stata
condotta con una ricerca sul campo, utilizzando alcuni strumenti dell'analisi
qualitativa quali l'osservazione diretta e le interviste in profondità. L'equipe
di ricerca è composta da un antropologo, un esperto di storia e cultura rom, una
mediatrice culturale, un esperto di diritti umani, un avvocato, un ingegnere e
una psicologa.
All'evento del 20 novembre, Giornata per i Diritti dell'Infanzia, che sarà
condotto dal direttore di Current Tv Davide Salenghe, saranno presenti numerosi
rappresentanti dell'associazionismo (tra cui non mancherà Amnesty International.
Sarà proiettato, infine, il bellissimo film documentario "Me sem rom".
Di Fabrizio (del 13/11/2010 @ 08:58:03, in Europa, visitato 1628 volte)
Presseurope Una settimana da rom 10 novembre 2010 ADEVĂRUL BUCAREST
Un giornalista si cala nei panni di uno zingaro per comprendere meglio il
"problema" che divide l'Europa. E scopre che il disprezzo per la diversità è
forte, ma la discriminazione è dovuta soprattutto alla povertà.
Cristian Delcea
Mai prima d'ora i rom erano stati tanto al centro del dibattito pubblico.
Quest'anno sono stati espulsi dalla Francia ottomila zingari romeni, anche se la
metà di loro vi ha già fatto ritorno. Quali speranze hanno di essere accolti in
Romania? Io ho cercato di scoprirlo indossando per una settimana i panni dello
zingaro-tipo: cappello, camicia variegata, giacca di pelle, pantaloni di
velluto. Mi sono lasciato crescere i baffi. La pelle scura l'avevo già,
grazie a dio.
Ho iniziato da Piazza dell'Università a Bucarest. C'erano alcuni studenti
ubriachi che si sono fatti beffe di me, gridandomi dietro quegli insulti
arci-noti nella lingua zigana: “mucles” (chiudi il becco!), “bahtalo” (buona
fortuna!), “sokeres” (come va?). Un tipo biondo grande e grosso mi ha scattato
qualche fotografia, poi ha fotografato le bottiglie allineate sul marciapiedi, i
cani, i mendicanti. Probabilmente, sul suo computer in Scandinavia la mia
fotografia sarà etichettata “spazzatura a Bucarest”.
Quella stessa sera, sul tardi, sono andato al Teatro Nazionale. La gente che mi
stava intorno non era in verità lieta della mia presenza, ma nessuno ha detto
nulla. Ho sentito le stesse risate di prima, provenienti da un gruppo di
giovani. Mi è sembrato che siano proprio loro i più cattivi verso gli zingari.
Ti ridacchiano sempre dietro le spalle. Può anche darsi che i loro sguardi
facciano più male ancora dell'occhiata crudele di Nicolas Sarkozy, il presidente
francese.
Vorremmo che gli zingari profumassero
Da noi ci sono campagne per l'integrazione e l'alfabetizzazione dei rom, ma non
ci sono campagne perché la gente eviti di ridere alle spalle di uno zigano per
strada. Ma questa non è discriminazione. Nessuno mi ha cacciato da un bar o da
un ristorante. Finché hanno incassato i miei soldi, mi hanno accolto a braccia
aperte. A esser vittima di discriminazione in Romania non sono gli zingari,
bensì i poveri.
Vorremmo che gli zingari profumassero e amassero l'arte, ma nessun datore di
lavoro vuole assumere uno zingaro. E senza soldi lo zingaro precipita nella
miseria, oppure cerca dei mezzi non convenzionali per procurarseli. Ho cercato
di ricorrere ai mezzi convenzionali, ho fatto tutto quanto era in mio potere per
farmi assumere. Ho consultato la pagina delle offerte di lavoro sui giornali per
operai non qualificati, lavamacchine, autodemolitori.
A telefono mi hanno detto che posti di lavoro ne avevano ancora, ma quando sono
arrivato alcuni mi hanno semplicemente detto “Vattene, zingaro!”, altri mi hanno
scacciato insultandomi e dicendo: “Non assumiamo più nessuno!” Perfino i
netturbini mi hanno respinto. La figlia del capo mi ha guardato dietro gli
occhiali e mi ha detto: "Non assumiamo. Non l'abbiamo mai fatto". Il che
significa, indubbiamente, che gli spazzini che si davano il cambio in cortile
devono essersi tramandati quel lavoro di padre in figlio.
Sulla strada
Pensavo, in ogni caso, che una certa solidarietà esistesse. Se non nella
popolazione, quanto meno tra automobilisti. Alla periferia di Bucarest ho forato
una gomma, più o meno di proposito. Ho trascorso più di tre ore sul ciglio della
strada, gesticolando, facendo segno agli altri automobilisti di passaggio di
aver bisogno di aiuto. Ho letto parolacce e ingiurie sulle labbra di alcuni.
Altri mi hanno suonato dietro il clacson ridendo. Uno ha perfino fatto finta di
venirmi addosso. Ero completamente solo. Centinaia di persone mi sono passate
accanto senza prestare soccorso. In quel preciso momento ho compreso perché gli
zingari si spostano in gruppo: se restassero soli morirebbero.
Alla fine si è fermata una vecchia Skoda Octavia. Ne è sceso un disgraziato
sulla cinquantina, che indossava una salopette sporca. Nei due minuti necessari
ad aiutarmi a sostituire la ruota, mi ha aperto il suo cuore: "Ti avevo visto,
due ore fa, quando mi avevi fatto segno di fermarmi. Ti ho guardato nello
specchietto retrovisore e mi sono pentito di non essermi fermato subito. Mi sono
ripromesso, se tu fossi stato ancora qui al mio ritorno, di fermarmi. Ecco:
credi che abbia fatto una buona azione?" A testa bassa gli ho risposto: "Sì,
signore".
Ripartendo per Bucarest mi sono fermato a fare benzina. Un impiegato della
stazione di servizio è uscito dal gabbiotto un po' impaurito e mi ha chiesto:
"Ti sei rifornito alla pompa 5?" No, alla pompa 4. Alla pompa 5 avevano fatto
benzina alcuni zingari a bordo di un'automobile dalle targhe gialle (quelle
temporanee delle automobili appena acquistate in Germania, difficili – per non
dire impossibili – da rintracciare). Avevano fatto il pieno e si erano
dimenticati di pagare. Mi sono voluto illudere che anche loro fossero
giornalisti alle prese con un esperimento giornalistico.
Questo articolo finisce dove è iniziato, in Piazza dell'Università. Credo di
aver concluso ben poco, di non aver trovato una soluzione al problema dei rom.
Come vuole la società che vada a finire per loro? Dopo essere stato trattato
come uno zingaro per sette giorni, oserei dire che la risposta l'ho trovata
sulla parete di una vecchia casa, dove qualcuno ha riportato un versetto del
vangelo (Giovanni 3,7): “Bisogna che voi siate generati di nuovo”. E in questo
caso non si tratta di una metafora. (traduzione di Anna Bissanti)
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