Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/12/2013 @ 09:03:15, in Italia, visitato 1466 volte)
Una dedica fatta col cuore, alla giunta milanese che aveva promesso
che sgomberi con la brutta stagione non ci sarebbero più stati. GLI
ALLEGRI CAMPEGGIATORI
SCRIVONO DA MILANO-EST: Questa mattina (19 dicembre
ndr.) è stato sgomberato il piccolo campo abusivo rom di V.le Forlanini
Lambro. La polizia locale si è presentata dopo che nel pomeriggio di ieri due
funzionari della locale li ha avvertiti. Totalmente assenti i servizi sociali
del Comune ma l'assurdo di questa vicenda è che dello sgombero in atto né l'Ass.re
Granelli, né la Dr.ssa De Bernardis ne erano a conoscenza! Di fatto sono venuti
a conoscenza di ciò che stava accadendo solo perché da me avvertiti! La mano
destra non sa cosa fa la sinistra...! In questo piccolo campo ca. 10 gg fa
alcuni funzionari della polizia locale hanno fotografato tt i minori presenti!
Compiendo un atto di illegalità! Ora hanno trovato rifugio nei campi della zona
Forlanini accolti dalla loro stessa gente, dopo che tutti hanno rifiutato di
recarsi nel centro di accoglienza di v.le Lombroso. NOTA PERSONALE: che
sarebbe bello capire (almeno per distrarre il cervello dagli orrori quotidiani)
cosa hanno la gente, la stampa, i signori in cravatta nella loro testa. Il
giorno prima a stracciarsi le vesti per un bambino (l'ennesimo, ormai non sono
neanche più capace di commuovermi...) morto sempre a Milano, in un insediamento
spontaneo accanto ad un campo che resiste nei decenni. Poi, nel massimo silenzio
possibile, si ricomincia come prima, se non peggio. Piove, malinconico ricordo dell'epoca De Corato, quando la mattina si
guardava il cielo per capire se ci sarebbero stati sgomberi. Se pioveva, di
sicuro ci sarebbero stati.
SPOT
A proposito di sgomberi e di
cultura che non sia consolatrice:
clicca sull'immagine per scaricarlo GRATUITO
Si tratta praticamente di un gruppo di persone, addestrate e coordinate, il cui
scopo è raccogliere testimonianze di prima mano su quanto avvenga durante uno
sgombero (in questo caso), ma anche in occasione di manifestazioni o scontri con
le forze dell'ordine. Le informazioni raccolte vengono poi inviate ad un "centro
di collegamento legale", non per venire girate ai mezzi d'informazione, ma per
essere conservate ed adoperate nel caso di processi e strascichi legali.
Chi fosse interessato a sviluppare il discorso, mi contatti
info@sivola.net
Di Fabrizio (del 19/12/2013 @ 09:01:44, in Italia, visitato 1679 volte)
di Medicina di Strada - Naga. Pubblicato da
Anna_MiM il 17 dicembre 2013.
Le otto di sera, avevamo appena recuperato il resto dei
volontari ed eravamo pronti per andare.
Di solito le uscite con il camper di mds si organizzano negli insediamenti
irregolari, per effettuare visite mediche, ma questa volta non avevamo un punto
di riferimento. Non lo avevamo più da due giorni, da quando il comune ha
sgomberato i campi rom di via Montefeltro e via Brunetti. Così a seguito di
quello sgombero, abbiamo deciso di uscire con il camper diretti nella zona
attorno i due ex insediamenti, per capire come e in che condizioni si sono
raccolte alcune tra le circa 450 persone che non sono state accolte nei due
centri emergenziali messi a disposizione del Comune.
Di giorno sarebbe stato più facile incontrarli, ma a quell'ora sapevamo che
molti si erano già spostati in posti non visibili per passare la notte. Grazie
ai contatti telefonici avuti con alcuni rom, ci siamo diretti verso uno di
questi luoghi. Poco prima di arrivare, abbiamo parcheggiato il camper per non
dare nell'occhio. Ci avevano detto che la polizia continuava a girare, e a
mandarli via ogni qual volta si fermavano in un punto.
Con torce elettriche e telefonini, ci siamo poi diretti a piedi all'interno di
un prato ai margini della ferrovia. Proseguendo sempre a piedi ci siamo visti
venire incontro un gruppetto di 4/5 rom, alcuni di loro con grossi borsoni
carichi di vestiario e coperte, provenienti dalle aree appena sgomberate. Uno di
loro ci ha spiegato di come gli hanno negato l'accesso nelle strutture
d'emergenza, insieme alla sua famiglia, dopo essersi recato per accedervi
legittimamente, ovvero in regola con le richieste previste dall'amministrazione
che prevedono appunto di garantirne il diritto solo a chi non lo abbia rifiutato
precedentemente.
Lo stesso signore rom raccontava che a tutti i rom presenti lì ieri sera, e agli
altri che hanno fatto richiesta per accedere nelle strutture emergenziali, le
forze dell'ordine hanno sequestrato i documenti (carta d'identità) trattandoli
in malo modo. Non è ancora chiaro come e quando gli verranno restituiti i
documenti e, a quale proposito glieli hanno sequestrati. Nel frattempo abbiamo
chiesto in quanti fossero in quello spazio di prato, ci hanno risposto che erano
una decina, divisi dentro due tende appositamente aperte la sera e smontate al
mattino presto. Le tende vengono poi nascoste nei dintorni e, durante il giorno,
si muovono per la città senza una meta precisa: non è difficile pensare in che
condizioni fisiche e mentali, considerando anche che uno di questi rom è stato
sottoposto ad un intervento chirurgico per un tumore alla testa e che deve
regolarmente assumere medicinali antiepilettici, farmaci salva vita. Lo stesso
rom dopo averci domandato come fare per un suo problema all'occhio, è stato
invitato a contattare subito il servizio medico del Naga per le visite del caso
previo contatto telefonico in sede.
Infine abbiamo domandato se sono veritiere le voci che girano, circa il presunto
affitto che alcuni rom di Montefeltro avrebbero dovuto pagare per l'occupazione
delle baracche a una specie di satrapo governante - ci hanno risposto
assolutamente no, nulla di tutto ciò corrisponde al vero.
Zona Cimitero Maggiore, interviste e accompagnamento giornalista Radio Popolare
(4 dicembre)
Primo pomeriggio, insieme ad una giornalista di Radio Popolare siamo andati
in zona Cimitero Maggiore per incontrare un numero maggiore di famiglie rom
rispetto all'ultima uscita effettuata la sera.
Le prime persone che abbiamo incontrato sono una famiglia con un bambino
ospitata nel centro di emergenza Barzaghi 2, così viene chiamato. Il bambino
giocava con i nonni, ai quali è stato negato l'accesso alla struttura, così si
incontrano di giorno per stare insieme. La sensazione è quella di un detenuto
che incontra i familiari nell'orario di visite, all'aria aperta. La sera mentre
i primi rientrano nel centro, la coppia di anziani cerca riparo dove capita per
la notte. Il vanto di questa amministrazione comunale è quello di non dividere
le famiglie dopo gli sgomberi, o allontanamenti come preferiscono chiamarli.
Forse sarebbe il caso di rivedere il concetto di famiglia.
Il bambino ha una tosse preoccupante, quando abbiamo chiesto come viene curato,
ci hanno risposto che non c'è assistenza medica nel centro emergenziale. In
questo modo oltre a non poter curare la sua di tosse, e dato che vivono tutti
stipati dentro degli stanzoni, c'è il rischio che anche altri possano ammalarsi.
Possono andare al Pronto Soccorso, venire anche ricoverati, ma da regolamento,
se non ci si presenta per tre notti di fila, c'è l'esclusione dalla struttura
emergenziale.
Il regolamento è stipulato dagli enti gestori che hanno vinto il bando emanato
dal Comune. Un bando valido tre mesi. Chi ha avuto accesso alla struttura
emergenziale di Barzaghi 2, ha firmato senza poter leggere, nessuna copia
attualmente è stata consegnata agli ospiti.
Parlando con altre persone presenti abbiamo saputo che finalmente hanno portato
un le cucine, promesse da inizio ottobre, ma inspiegabilmente il Comune ha
sospeso la distribuzione dei pasti, così per tutti quelli che non possono
comprare da mangiare le cucine sono inutili, non passano neanche il latte per i
bambini ospitati. I costi stimati per ogni famiglia rom si aggirano sui 30 euro
al giorno, ma a loro non viene dato nulla.
L'acqua calda non basta per tutti, la maggior parte degli ospiti è costretta a
lavarsi con l'acqua fredda. Peggio per chi è stato escluso e ora è costretto a
muoversi continuamente per la città, dato che ogni qual volta si fermano in un
posto vengono cacciati dalla polizia.
Non oggi, non con noi presenti. La polizia staziona e guarda mentre siamo con
loro.
Anche di notte, quando la polizia li trova, taglia loro le tende chiamando l'Amsa
per portare via coperte e sacchi a pelo. Alla loro richiesta di un posto dove
stare la risposta è sempre la stessa "non lo sappiamo, qui non potete stare".
Una madre allatta il figlio poco distante da noi, al freddo di un pomeriggio
invernale. Anche lei vive per strada ora.
Tutte le famiglie con bambini che abbiamo incontrato e che ora vivono
all'addiaccio, ci hanno detto di aver fatto domanda per entrare nei due centri
di emergenza, ma non sono state accolte. Non ne capiamo il motivo, dato che
hanno tutti i requisiti per accedervi.
Prima che ci riconoscessero come Naga, si sono dimostrati diffidenti, la
giornalista di Radio Popolare è riuscita a fare qualche intervista e dopo una
ritrosia iniziale molti hanno fornito testimonianze. Il giorno dopo andrà in
onda il servizio con l'assessore Granelli al telefono come ospite.
Le notizie ufficiali parlano di un Comune che ha dato accoglienza a 31 bambini e
a tutte le famiglie che ne hanno fatto richiesta, togliendoli dal freddo e dai
topi, e che ora risiedono in condizioni decenti. La realtà è un po' diversa.
Di Fabrizio (del 18/12/2013 @ 09:02:03, in Italia, visitato 1699 volte)
di Sergio Bontempelli - 16 dicembre 2013 su
corriere delle migrazioni
Per un attivista che "si occupa di rom" - come
si usa dire - il posto più difficile da frequentare è il bar. Perché se tieni
una conferenza, o se entri in una scuola a discutere coi ragazzi, hai tempo e
modo di articolare un discorso. Provi a decostruire pregiudizi e stereotipi, e i
tuoi uditori ti ascoltano in silenzio. Lo vedi che sono scettici, che non
credono a quel che dici: ma almeno ti guardano con il rispetto che si deve
all'"esperto".
Al bar no. Al bar, davanti a un cappuccino caldo, tutti sono "esperti",
soprattutto dell'argomento "zingari". "Te lo dico io, non si integrano, vivono
di furti e di illegalità". Le tue statistiche e i tuoi studi non contano nulla.
"Puoi raccontarmi quel che ti pare, ma io li conosco, l'altro giorno mi sono
entrati in casa e hanno rubato l'argenteria di famiglia...". Stop. Fine del
ragionamento.
Come si distingue un rom?
Ecco, fuori dal bar il discorso sull'argenteria sarebbe interessante da
approfondire. Ti hanno rubato in casa, e tu hai visto il ladruncolo mentre
scappava. Era uno "zingaro", dici: ma come fai a saperlo? Con quale criterio
distingui un rom? Lo riconosci dal colore della pelle, dai tratti somatici,
dall'aspetto? Impossibile, perché tra i rom ci sono i biondi, i mori e i
castani, c'è chi ha la pelle chiara e chi è più scuretto, chi è alto e chi è
basso...
Forse hai riconosciuto il "tipico abbigliamento zingaro". Magari non era un
ladro ma una ladra, e aveva la gonna lunga e colorata... Ora, ammesso (e non
concesso) che la gonna lunga sia "tipicamente rom", non ti viene il sospetto che
la ragazza in fuga abbia usato un travestimento per sviare i sospetti? E d'altra
parte, se la ladra era davvero rom perché è andata a rubare vestita in modo così
riconoscibile?
Forse un buon criterio per identificare un rom potrebbe essere la lingua, ma
quanti sono in grado di riconoscere una persona che parla romanes?
Al bar, però, obiezioni del genere non contano. Suonano come i sofismi di uno
che ha studiato troppo. "Il ladruncolo era uno zingaro, l'ho visto coi miei
occhi, cosa vuoi di più?". Stop. Fine del ragionamento.
Al bar non contano i ragionamenti, contano le storie. E allora proviamo a
raccontarla, una storia. E' una storia vera che mi è accaduta in questi giorni.
E che mostra come i pregiudizi condizionino non solo le nostre idee, ma anche le
percezioni, quel che "vediamo coi nostri occhi", quel che ci sembra oggettivo e
irrefutabile.
Un viaggio da manager
E' Martedì, e come sempre vado al lavoro di buon mattino. Oggi però è un giorno
speciale, devo uscire dall'ufficio un po' prima perché parto: mi hanno invitato
a tenere un ciclo di seminari proprio sull'argomento rom, a Udine. Per arrivare
dalla mia Toscana al lontano Friuli devo fare un percorso lungo e accidentato,
con tre cambi di treno: dopo il regionale da Montecatini Terme a Firenze, devo
prendere l'Alta Velocità per Venezia-Mestre, quindi di nuovo un regionale che mi
porta a Udine.
Armato di pazienza, comincio il mio viaggio sul regionale. Salgo, prendo posto,
mi siedo e accendo il computer: devo finire le slide che mi servono per far
lezione, e comincio a lavorare. Sono ben vestito (meglio del solito, almeno...),
consulto libri e documenti, armeggio col mouse, prendo qualche appunto sull'Ipad
e di tanto in tanto rispondo al cellulare: devo avere l'aria di uno quegli
odiosissimi manager che lavorano ovunque, sul treno come in ufficio, alla
fermata dell'autobus come sulla panchina al parco... Intorno a me noto occhi
curiosi che mi scrutano, con un senso di rispetto misto a invidia.
La "zingara" del treno regionale...
Mentre lavoro vedo passare Maria, una ragazza rom romena che conosco di vista:
di solito chiede l'elemosina sul treno, e io le do sempre qualcosa. Si avvicina
e mi tende la mano per chiedere qualche spicciolo: poi mi riconosce, trasale e
sorride. Col mio rumeno un po' maccheronico le chiedo come sta. Mi dice che
nelle ultime settimane la vita è più dura del solito, la questua non "rende"
bene e lei non ha i soldi per mangiare.
Può darsi che sia vero, può darsi che sia un modo per strappare qualche
spicciolo in più: per me non ha importanza, e le allungo una moneta da due euro.
Lei sorride di nuovo, mi ringrazia e si siede un attimo. Continuiamo a parlare
del più e del meno, le chiedo se ha programmi per Natale e lei mi dice che,
finalmente, passerà le vacanze a casa, in Romania. "Fa freddo laggiù", spiega,
"adesso c'è la neve". Poi si alza, saluta e se ne va.
La scenetta non è passata inosservata. I viaggiatori mi guardano attoniti. Prima
sembravo un manager indaffarato, ma i manager di solito non parlano con gli
zingari. Già, perché Maria sembra proprio una "zingara": ha l'aspetto
trasandato, chiede l'elemosina e porta una gonna lunga e colorata...
... e la strana ragazza sull'Eurostar
Arrivato a Firenze, corro al binario e salgo sul treno Alta Velocità, quello per
Venezia. L'ambiente è decisamente diverso: qui non ci sono i pendolari, ma -
appunto - i manager indaffarati. Rispondono al telefono e li senti parlare di
bilanci, di contratti, di accordi commerciali da perfezionare, di meeting da
organizzare. La voce dell'altoparlante invita a gustare le prelibatezze del bar
al centro del treno: fuori dal finestrino, le gallerie si alternano ai paesaggi
delle montagne toscane. Cullato dal treno, mi addormento.
Dopo poco più di mezzora siamo a Bologna. Sale una ragazza giovanissima e si
siede accanto a me. E' vestita elegante ed è truccata con molta cura. Saluta il
fidanzato dal finestrino e gli manda un bacio romantico, uno di quelli
"soffiati" sul palmo della mano... Poi, quando il treno riparte, si mette a
sfogliare una rivista.
Nel bel mezzo del viaggio le squilla il cellulare. Si mette a conversare al
telefono e sento che non è italiana: parla una lingua che non riesco a
identificare. Frequentando gli immigrati, mi sono abituato a sentirne tante, di
lingue: ovviamente non le capisco, ma sono in grado di distinguere un albanese
da uno slavo, un rumeno da un ucraino, un russo da un georgiano. Ma la ragazza
proprio no, non capisco da dove viene. La ascolto con attenzione e mi pare di
sentire qualche parola in romanes. Però no, non può essere rom: non ne ha
l'aspetto, non parla con la tipica gestualità "alla zingara", non è vestita da
rom... E poi, si è mai vista una rom sul treno ad Alta Velocità?
La romnì "invisibile"
Mentre cerco di identificare la provenienza della ragazza, mi squilla il
telefono. E' un amico senegalese che ha problemi con il permesso di soggiorno.
Gli fornisco qualche consiglio, poi gli dico di passare al mio ufficio:
l'argomento è delicato, ed è bene capire la situazione controllando di persona
documenti e carte.
Quando riaggancio mi accorgo che la ragazza mi sta guardando. "Ma tu sei un
avvocato?", mi chiede. Le rispondo che no, non sono avvocato, lavoro per i
Comuni e mi occupo di permessi di soggiorno. Mi spiega che suo padre ha problemi
con i documenti, e mi chiede consigli. Scopro così che la ragazza è macedone. Ma
qualcosa non torna.
Conosco bene la lingua macedone. Voglio dire, non la parlo e non la capisco, ma
la riconosco quando la sento. E la ragazza no, proprio non parlava macedone. Nei
Balcani ci sono consistenti minoranze albanesi, ma lei non parlava neanche
albanese. Non riesco a vincere la curiosità, e mi faccio avanti: "ma che lingua
era quella al telefono?". La ragazza trasale, ha un momento di imbarazzo e
farfuglia: "no, non era macedone... la mia lingua è...". Si ferma un attimo. Si
vede che non sa proprio come dirmelo. "Ecco, in casa parliamo una specie di...
di lingua sinta...".
"Una specie di lingua sinta" significa che la ragazza parla romanes. E' una
romnì macedone ("romnì", per chi non lo sapesse, è il femminile di "rom"). Provo
a sciogliere il suo imbarazzo, le dico che ho molti amici rom che vengono
proprio dalla Macedonia. Ci mettiamo a parlare, e scopro che la ragazza abita a
Bologna, ma il fidanzato è un sinto di Pisa, la mia città. Facciamo amicizia e
alla fine ci scambiamo i numeri di telefono. "Se mi sposo a Pisa ti chiamo e
vieni alla mia festa di matrimonio".
La morale della favola
La "morale" di questa piccola storiella ci riporta alle conversazioni da bar di
cui si parlava prima. Crediamo tutti di sapere chi sono gli "zingari", e come
sono fatti. Chiunque è (crede di essere) in grado di riconoscere un rom, o una
romnì. E su questa percezione intuitiva costruiamo i nostri discorsi: "tutti i
nomadi chiedono l'elemosina, nessuno lavora" (come se l'elemosina fosse una cosa
orribile, e non un lavoro come gli altri: ma questo è un altro discorso, e ci
porterebbe lontano...). "Io li ho visti, rubavano i portafogli ai passanti".
"Ero sull'autobus e c'era una nomade che non aveva pagato il biglietto: non ce
n'è una che rispetti le regole...". E gli esempi potrebbero continuare.
Non pensiamo mai che quel che vediamo è anch'esso frutto di pregiudizi. Non ci
viene in mente che il nostro educato vicino di casa, che incontriamo
sull'ascensore al mattino, potrebbe essere rom. Sul treno, non ho pensato che la
mia "compagna di viaggio", elegante e ben vestita, era una romnì macedone.
I rom, quelli veri e in carne ed ossa, non sono come li immaginiamo. Come dice
un mio amico sinto, "se vuoi davvero sapere chi siamo, devi conoscerci uno a
uno, perché i sinti non sono tutti uguali". E' una verità semplice, questa. Ma
chissà perché, quando si parla di rom, anche le cose banali diventano complicate
da vedere e da capire.
Di Fabrizio (del 17/12/2013 @ 09:01:28, in Italia, visitato 2254 volte)
... anzi, fate finta di aver afferrato la coda, e di aver
vinto un altro paio di giri
Mi sento a disagio nel parlare del termine CULTURA, ma non potrei fare
altrimenti, portate pazienza...
Quando qualcuno accenna alla "cultura rom", mi trovo a chiedere cosa
significhino quelle due parole affiancate. Se, per esempio, mi chiedessero di
descrivere la "cultura italiana", non saprei farlo. O, ad esempio, qual è la
"cultura USA", quella dominante? Il Midwest, la California, o New
York? E se fosse NY: Brooklyn o il Bronx?
Vorrei partire, quindi, dalla cultura NOSTRA:
La segnalazione è sul profilo FB di
Tahar
Lamri, collaboratore (tra l'altro) di Internazionale.
Questo il suo messaggio:
In Francia. I poveri non possono nemmeno cercare cibo nei cassonetti dei
rifiuti. Su questi cassonetti dei rifiuti dei supermercati 8 à Huit (Gruppo
Carrefour) c'è scritto: "Chiunque venga sorpreso a rubare da questi cassonetti
sarà perseguitato dalla gendarmeria", "Il contenuto di questi cassonetti è stato
irrorato con varechina". Sì avete letto bene "rubare"! Dove ci porterà questo
sistema?
Nella mia ignoranza, questa è cultura, la nostra cultura. Cultura nel senso
che quegli avvertimenti non ci fanno più ricchi, non migliorano la nostra vita.
Sono, soltanto, i voleri di chi ha pance piene (mica sempre) e vede il pericolo
del partito delle pance vuote. E al posto di parlare con le pance vuote, spreca
varechina.
LO SCANDALO
Il panno insanguinato
Siamo rimasti fuori dalla roulotte
Lanciando terra, pietruzze,
Rifiuti, cantando, suonando serenate
Finché la coppia di sposi
Ha finalmente esposto
Il panno insanguinato.
Quindi ci siamo ubriacati
Per celebrare la nostra ragazzina
Che adesso era una donna.
Per il resto delle loro vite
Conserveranno quel panno
Che prova il loro matrimonio.
Non è meglio
Di quello stupido pezzo di carta
Che le autorità italiane pretendono
Per dimostrare che i tuoi figli
Sono legittimi?
E' la poesia di Paul Polansky che chiude il
calendario 2014 dell'associazione 21 luglio. Una persona che l'ha ricevuto
in regalo, l'ha ritenuto diseducativo, per essere precisi quando parla di un
atto, assolutamente privato, che questa persona trova orribile, come altre
pratiche (infibulazione, escissione, matrimoni imposti ecc ecc). Ha difficoltà
ad accostarsi a questa cultura, continua, e trova che sia un atteggiamento
presuntuoso chi attinge dalla [nostra] civiltà e progresso ciò che fa
comodo [che serve] e rifiuta il resto.
Col medesimo disagio con cui iniziavo questo post, penso che:
- è relativamente facile dichiararsi femminista (o di
qualsiasi altra idea) avendo come riferimento il nostro mondo, e
pensandolo migliore degli altri (salvo poi criticarlo
aspramente). Il nodo è quel pensarsi in grado di giudicare 11
mesi di un calendario dal dodicesimo, identificare una cultura
altra da un particolare, togliendosi la possibilità di conoscere
gli altri particolari;
- una critica esposta in quel modo non verrà raccolta che da
settori minoritari della gente a cui dovrebbe essere rivolta.
Che si sentirà ulteriormente discriminata. E' un suo costume, e
sospetto che continuerà a sussistere per decenni;
- ma forse, era anche un costume nostro, e sicuramente lo è
per una buona fetta della popolazione mondiale. Ignorare quello
che è un puro dato di fatto perché cozza contro le proprie "opinioni-sensibilità-ideologia
ecc ecc" mi sembra un po' superbo;
- forse, se si vuole almeno iniziare a cambiarli, questi dati
di fatto, bisogna trovare il modo di interloquire con i
"selvaggi", e non limitarsi a considerarli dei "selvaggi".
Ma sul punto 4. tornerò tra poco.
TEMP'ADDIETRO (ANCORA OGGI)
Una volta, tanti e tanti anni fa, sarei stato capace di definire il termine
CULTURA. Ero un ragazzo perso nella vivacità degli anni '70, e come capita da
giovani ero rimasto innamorato della rivista Il Politecnico, o meglio del famoso
primo articolo di Elio Vittorini, di cui cito tre parti:
UNA NUOVA CULTURA
Non più una cultura che consoli nelle sofferenze ma una cultura che
protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini
Per un pezzo sarà difficile dire se qualcuno o qualcosa abbia vinto in questa
guerra. ma certo vi è tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. I
morti, se li contiamo, sono più di bambini che di soldati;
[...]
Pensiero greco, pensiero latino, pensiero cristiano di ogni tempo, sembra non
abbiano dato agli uomini che il modo di travestire e giustificare, o addirittura
di rendere tecnica, la barbarie dei fatti loro. E' qualità naturale della
cultura di non poter influire sui fatti degli uomini?
Io lo nego. Se quasi mai (salvo in periodi isolati e oggi nell'U.R.S.S.) la
cultura ha potuto influire sui fatti degli uomini dipende solo dal modo in cui
la cultura si è manifestata. Essa ha predicato, ha insegnato, ha elaborato
princìpi e valori, ha scoperto continenti e costruito macchine, ma non si è
identificata con la società, non ha governato con la società, non ha condotto
eserciti per la società. Da che cosa la cultura trae motivo per elaborare i
suoi princìpi e i suoi valori? Dallo spettacolo di ciò che l'uomo soffre nella
società. L'uomo ha sofferto nella società. l'uomo soffre. E che cosa fa la
cultura per l'uomo che soffre? Cerca di consolarlo.
[...]
Io mi rivolgo a tutti gli intellettuali italiani che hanno conosciuto il
fascismo. Non ai marxisti soltanto, ma anche agli idealisti, anche ai cattolici,
anche ai mistici. Vi sono ragioni dell'idealismo o del cattolicesimo che si
oppongono alla trasformazione della cultura in una cultura capace di lottare
contro la fame e le sofferenze?
Occuparsi del pane e del lavoro è ancora occuparsi "dell'anima". Mentre non
volere occuparsi che "dell'anima" lasciando a "Cesare" di occuparsi come gli fa
comodo del pane e del lavoro, è limitarsi ad avere una funzione intellettuale e
dare a "Cesare" (o a Donegani, a Pirelli, a Valletta) di avere una funzione di
dominio "sull'anima" dell'uomo. Può il tentativo di far sorgere una nuova
cultura che sia di difesa e non più di consolazione dell'uomo, interessare gli
idealisti e i cattolici, meno di quanto interessi noi?
Elio Vittorini [n. 1, 29 settembre 1945]
QUI il testo completo dell'articolo. Alcuni punti mostrano i quasi 70 anni
passati da allora (ad esempio, per restare in tema, il fatto che il termine
"uomo-uomini" oggi sarebbero politicamente scorretti). Il punto nodale resta: la
segnalazione di Tahar Lamri riguarda una cultura (che sia di destra, razzista o
semplicemente padronale), che si da strumenti per modificare l'equilibrio delle
cose, che viceversa potrebbero rimanere come sono, senza che una delle due parti
in causa ne tragga un vantaggio materiale. Questo, la definisce come cultura.
Il secondo caso è invece, secondo me, un puro sfogo intellettuale, che nel
non riconoscere l'esistenza di qualcosa che è altro, nega anche la possibilità
di cambiare, di discutere, gli attuali equilibri e di capire le cause di tanti
disequilibri. Parafrasando un'altra frase celebre, don Milani, è "una cultura che cura i sani e allontana gli ammalati".
Se dovessi dire la mia sulla condizione femminile e sulla coscienza politica
delle Romnià, potrei concludere che non è simile ovunque, perché diverse sono le
persone e diverse le loro situazioni. E' rom, si considera tale,
Ostalinda Maya Ovalle, femminista e ricercatrice dell'European Roma Rights
Center, vale lo stesso discorso per quella donna che centra la sua identità
nella poesia di Polansky che urta la sensibilità, come lo è la ragazzina che nel
libro
IL PIANTO DEGLI ZINGARI (sempre di Paul Polansky) rifiuta il suo matrimonio
combinato.
Ma dopo tanti ragionamenti, devo passare ai MIEI ricordi personali. Discutevo
qualche settimana fa con una gagì, anche lei impegnata per la condizione delle
romnià con cui interagisce e consapevole di quando continuare un discorso e
quando interromperlo, per non spezzare il filo che la tiene unita alle altre
donne. Le dicevo, sconsolato, che vent'anni fa e con un'amministrazione
leghista, la condizione delle donne tra i Rom era migliore di oggi. Migliore,
perché erano loro a fare da cerniera tra la loro società e quella esterna. Erano
mediatrici scolastiche, mediatrici sanitarie, istruite e partecipi.
Erano LORO a voler cambiare. Dopo 20 anni, quel capitale culturale è quasi
totalmente andato perso. Perché si erano fidate di noi, della società esterna,
ma nonostante la loro PROFESSIONALITA', quei tentativi e molti altri sono stati
mandati in malora dalle amministrazioni che sono seguite. E allora, per
donne e uomini, si è assistito al ritorno di pratiche, costumi e diffidenze che
c'erano sempre stati. Si è trattato, sempre di un dato di fatto parlo, di
contrapporre una cultura della collaborazione che contava qualche anno, a
pratiche di sopravvivenza e identitarie che sono secolari. Sentitisi traditi,
stanno tornando indietro di 20-30 anni, senza che io debba giudicare questo
giusto o sbagliato. E', a differenza del passato, una sorta di cultura che si
definisce per sottrazione.
Quindi, cosa resta della cultura? Nuovamente, cedo la parola a Paul Polansky:
Il professore
Un professore universitario
Ha chiesto a mio nonno
Di accompagnarlo
In tutti i campi
Per chiedere se crediamo ancora
Che il sole sia come Dio.
Per chiedere se le donne
Leggano ancora il futuro.
Per chiedere se le nostre donne
Succhino ancora i vermi
Fuori dalle orecchie dei bambini
Fuori dai cervelli dei bambini.
Per chiedere se facciamo medicine
Con i cuccioli dei topi.
Per chiedere se curiamo la bronchite
Con grasso di cane, d'oca
E di cavallo.
Per chiedere se compriamo ancora
Le nostre mogli.
Per chiedere se chi non può
Permettersi di comprare una moglie,
La rapisce.
Per chiedere se crediamo ancora
Che ogni casa ha un serpente
Che vive nelle fondamenta
E viene fuori di notte
Per proteggerci.
Per chiedere se pronunciamo ancora
I nostri giuramenti
Sul pane.
Per chiedere se posiamo
Due pietre di fiume
Sulle nostre tombe
Così che i morti
Abbiano acqua in cielo.
Per chiedere se crediamo ancora
Nel malocchio,
Nella magia nera.
Per chiedere se crediamo ancora
Che i morti ritornino
Per osservarci
E tormentarci.
La gente dei campi Sinti disse al professore
Che gli italiani si sono presi i nostri cavalli,
I nostri carri, i nostri lavori,
La nostra lingua, le nostre vite,
Quindi cosa ci resta
Da credere,
Al di fuori delle nostre tradizioni?
[Il silenzio dei violini pagg. 45-47]
Nota dell'autore
Ho scritto le poesie di questa raccolta esprimendo in prima persona la voce dei
Rom e Sinti di cui ho raccolto le storie tramandate oralmente. Ne consegue che
se queste sono opere scritte da me, le esperienze e le testimonianze sono loro.
SPOT
Il calendario dell'associazione 21 luglio puoi anche scaricarlo in formato .pdf
Clicca sull'immagine
Di Fabrizio (del 16/12/2013 @ 09:08:13, in Europa, visitato 1583 volte)
di
Valeriu Nicolae
su
Amazon
Dumitru G. è un benestante uomo d'affari rumeno di successo.
Il 4 settembre 2008 noleggiò un minivan online. Pagò usando la sua VISA, ed
il sistema emise una ricevuta del noleggio che dichiarava chiaramente come lui
fosse la persona che aveva effettuato il noleggio del vicolo, assieme al suo
indirizzo rumeno.
Il 5 settembre 2008 Dumitru G. arriva all'ufficio Europcar nell'aeroporto di
Monaco di Baviera, chiedendo di ricevere la vettura.
La signorina Manske, di servizio presso 'ufficio Europcar, controllò la
prenotazione e l'avvenuto pagamento. Non trovò discrepanze tra la prenotazione,
il suo ID e l'indirizzo.
Rifiuta di consegnare il veicolo, motivandolo col fatto che la compagnia
"non può affittare veicoli ai cittadini rumeni, perché li rubano e attraversano
il confine con quelli." Negli sviluppi successivi, la posizione di Europcar
verso i cittadini rumeni si è ripetuta, alla presenza della polizia aeroportuale
Dumitru G. è di pelle scura. La signorina Manske pensò che sembrava un rom e
secondo le politiche della sua compagnia, il signor Dumitru era un cliente ad
alto rischio.
Dumitru, come molti altri Rom rumeni, è pienamente integrato nella società
rumena. Secondo una ricerca di un investigatore privato, molti dei dipendenti
rumeni di imprese di successo condotte da Rom, pensano che i proprietari rom
abbiano costruito la loro fortuna attraverso il furto e la violenza e che solo
da poco (prima che si cominciasse a lavorare per loro) siano diventati onesti e
laboriosi.
Negli ultimi 30 anni l'obiettivo principale per qualsiasi istituzione europea,
ONU o governo nazionale, è stato l'istruzione e l'occupazione per i Rom.
Un numero significativo (se non la maggioranza) dei Rom che si sono integrati
con successo nelle loro società nasconde la proprie radici etniche, dato che non
si adattano agli stereotipi prevalenti sui Rom - ignoranti e disoccupati. Ci
sono molti casi simili a quello di Dumitru G. - per queste persone il problema
non ha niente a che fare con l'istruzione o il lavoro, ma col razzismo (anti-ziganismo).
Persone come Dumitru G. possono i essere modelli positivi così necessari, tanto
per popolazione maggioritaria che minoritaria e contribuire significativamente
all'inclusione sociale dei Rom nelle società europee.
Nell'ultimo trentennio le istituzioni europee hanno equiparato i Rom con quei
Rom ignoranti, non qualificati, disoccupati poveri e spesso criminali,
soprattutto dai ghetti e dalle comunità romanì tradizionali. Questa parte di
popolazione rom (che io chiamo i Rom Frankenstein - vedi
QUI, ndr.) incontra gli stereotipi negativi della
popolazione maggioritaria ed è stato l'obiettivo principale delle iniziative
europee volte all'inclusione sociale dei Rom. Nessuna campagna europea di
sensibilizzazione ha mai riguardato tanto i Rom integratisi con successo e
neanche il più vasto gruppo dei Rom mischiati etnicamente.
Selezionare le tanto necessarie risorse umane romanì di alta istruzione è
fortemente ostacolato dall'esistenza dei gruppi di destinazione e porta ad una
leadership di bassa qualità e ad una rappresentazione che allontana le esistenti
elite di Rom integratisi con successo.
Perciò, è minimo l'aumento dei Rom che dichiarano la loro identità etnica ed il
numero di quei Rom che preferiscono nasconderla è tuttora superiore da 3 a 10
volte. I modelli di ruolo positivi sono quasi del tutto spersi e lo stigma
sociale continua ad essere perpetrato dalle esistenti leadership.
Casi come quelli di Dumitru G. dovrebbero segnalare un'urgente necessitò di
riforma del paradigma funzionale delle istituzioni europee.
Oltre due terzi dei Rom (secondo le statistiche del Consiglio d'Europa) non
dichiarano la loro identità etnica per paura della stigma e la maggior parte dei
Rom con successo professionale preferiscono non parlare della propria identità
oppure nasconderla. L'anti-ziganismo rimane stridente e diffuso tra le elite
politiche d'Europa, come i sondaggi continuano a dimostrare anno dopo dopo anno,
che i Rom sono di gran lunga il gruppo etnico più odiato in Europa.
SPOT
Sull'argomento leggi anche:
Con una testimonianza di Valeriu Nicolae. Clicca sull'immagine per acquistare - La recensione su
Mahalla
Di Fabrizio (del 15/12/2013 @ 09:08:59, in Italia, visitato 1594 volte)
da
napolimonitor (emma ferulano)
Le immagini del breve documentario proiettato martedì scorso nell'ambito del
Festival Cinema e Diritti Umani sulla vita quotidiana nel campo di Masseria del
Pozzo a Giugliano dove vivono almeno trecentocinquanta persone, rom, sono
immagini di guerra. Una guerra istituzionale, silenziosa e spaventosa che si
consuma sul territorio campano, vicina a tutti noi, da molto tempo. L'ultimo
atto è stata la delibera del comune di Giugliano che, esattamente a dicembre di
un anno fa, stabiliva il trasferimento immediato e temporaneo - che ancora dura
- di questo nucleo di "popolazione rom" in un'area che, secondo quanto ammette
con una certa indignazione il commissario alle bonifiche della Regione Campania
De Biase, invitato a partecipare all'incontro, non è semplicemente inquinata, ma
una vera e propria discarica, tra i siti più inquinati della regione, oggetto di
indagini della magistratura.
Il trasferimento e l'allestimento minimo dell'area attrezzata (recinzioni, brecciolino, quadro elettrico e pochi bagni da campeggio, tubature già intasate)
sono costati 379.210,00 euro da fondi PON del ministero dell'interno. La
prefettura di Napoli ha assicurato il supporto al comune di Giugliano
(commissariato ora come allora), una volta che questo avesse accertato
l'"effettiva utilizzabilità del sito prescelto", cosa che effettivamente accade,
compreso il parere favorevole dell'ASL 2. Amministratori locali, esponenti del
volontariato e, secondo la delibera, almeno "un capo villaggio rom", si
ritengono soddisfatti di questa scelta e si dispone l'esecuzione immediata del
provvedimento.
Martedì si è svolta una giornata per denunciare una situazione che non può
restare nascosta né cronicizzarsi come molte altre. Un gruppo informale ha
contribuito alla costruzione del piccolo evento, a Giugliano, che ha visto anche
la numerosa partecipazione dei rom, tra cui molti giovani e bambini, che vivono
nel campo e si sono rivisti in quelle immagini. L'intento è di proseguire
l'azione di denuncia anche oltre la giornata, sperando di ottenere risultati
concreti, in termini di alternative abitative e di smantellamento di un luogo in
cui è difficile pensare di trascorrere un anno di vita.
I rom provenienti da Bosnia ed ex-Jugoslavia vivono a Giugliano da circa
trent'anni; comunità storiche, frammentate, che evidentemente hanno trovato
negli anni la capacità di articolare radicate strategie di sopravvivenza e di
relazioni in un territorio che si racconta come ostile ma in cui tutti
convivono. Parlare di emergenza e agire con quest'unico principio ispiratore,
che ha portato alla recente infausta scelta istituzionale giuglianese, oggi vuol
dire non solo che il piano della discussione è fuori dal tempo e dalla storia,
ma anche che a livello sistemico - sul piano politico, culturale, sociale - è
ancora tabù parlare di scelte "diverse", dignitose e non discriminanti per i
rom. Il "superamento dei campi" è ancora un discorso che, nel profondo, non
viene accettato dalla società maggioritaria, la nostra. Resta appannaggio di
pochissimi, spesso perdenti, che si rompono la testa a furia di parlare una
lingua che forse non si comprende.
Il campo di Giugliano è la punta di diamante di quello che sono tutti i campi
rom d'Italia e d'Europa. È l'esemplare peggio riuscito, l'errore madornale di
cui non si può tacere, perché avviene qui e ora, in un momento in cui l'intera
Europa prova a dare un'altra impronta - e con essa importanti fondi - "per le
politiche di inclusione dei rom" (Purtroppo, bisogna ammetterlo, questo
significa anche che siamo appena all'inizio dell'industria e della rete di
progetti che avviluppano le comunità rom e probabilmente finché esisteranno
progetti ad hoc per i rom, i rom resteranno una minoranza che va verso la specie
protetta nell'immaginario di tutti).
Nel nuovo campo istituzionale, accade tutto quello che accade nei vecchi campi
istituzionali: la scuola è un servizio che stenta ad affermarsi, la sanità non è
un servizio a cui tutti accedono, i servizi di base scarseggiano per le
operazioni quotidiane minime; quando piove si allaga tutto, la distanza dal
resto del mondo è di anni luce, il campo infatti è in una zona ai margini dei
margini, non tutti hanno i documenti, il lavoro non è nemmeno tema di
discussione... Non si può parlare del campo di Giugliano in maniera isolata, non
se ne può parlare "solo" in relazione al disastro ambientale, da cui bisogna
mettere tutti al riparo con urgenza ma anche attraverso battaglie trasversali
che si svolgono sull'intero territorio regionale in maniera sempre più
consapevole.
La rete civica e politica può e dovrebbe essere internazionale, bisogna provare
a uscire dall'isolamento di un sud Italia che vuole considerarsi e crogiolarsi
nei suoi mali, e far uscire dall'isolamento le questioni che riguardano i rom
che non possono essere sempre un settore a parte, speciale e da specialisti.
Così come l'informazione dovrebbe uscire da una certa retorica improvvisamente
indignata che "salva" e si spende per i rom un po' più facilmente quando sono
evidenti, e innocue, vittime di un sistema impazzito.
Un rom che interviene dal palco ringraziando tutti per essere lì, esprime molto
chiaramente quelle che sono le richieste essenziali: poter mandare i figli a
scuola con gli altri bambini, non in classi speciali inventate per l'occasione
e, con un riso quasi amaro, sommesso e ironico, di poter aspirare in futuro a
qualcosa di meglio di un campo. Con il coinvolgimento paziente, graduale,
diretto dei rom, dei cittadini, dei territori, i tempi possono essere maturi per
denunciare e capovolgere la situazione, non solo quella di Giugliano.
Di Fabrizio (del 14/12/2013 @ 09:01:30, in blog, visitato 2404 volte)
Scrittori, poeti, saggisti, aspiranti cronisti o fotoamatori...
Penso di conoscere oramai i lettori di Mahalla: colti, attenti e impegnati, ma timidi o
forse un po' pigri.
Vi offro un'opportunità: esiste in Mahalla
una piccolissima
libreria, forse un'ancora più piccola casa editrice. E' a vostra
disposizione e non vi costa niente: se avete qualcosa di interessante che volete
far conoscere, potete approfittarne. La distribuzione avviene su internet
(limitatamente all'Italia) e se i testi sono in inglese, c'è anche la
possibilità di ottenere l'ISBN e di accedere ad un mercato globale tramite
le principali catene di distribuzione online.
Inoltre, se a qualcuno interessasse il prodotto cartaceo, con lo stesso circuito
ci sono costi di stampa più che interessanti.
Naturalmente, Mahalla rimane sempre a disposizione per collaborazioni anche
occasionali su cronache, eventi, iniziative...
Fatevi vivi.
Cosa c'è attualmente sugli scaffali:
I media e la percezione di Rom e Sinti
Lezione tenuta il 28 maggio 2013, ad un gruppo di studenti rom e sinti di
Milano, presso l'Umanitaria. 1. Come si vende il mondo dell'informazione 2.
Percezione e autopercezione 3. Alcuni casi di... GRATIS
Negligenza Mortale Di Paul Polansky
Traduzione in italiano di "Deadly Neglect" GRATIS
Pacchetto formativo per Osservatori Legali
Si tratta praticamente di un gruppo di persone, addestrate e coordinate, il cui
scopo è raccogliere testimonianze di prima mano su quanto avvenga durante uno
sgombero (in questo caso), ma... GRATIS
L'Europa che c'è
Un giro tra Rom e Sinti in Europa. Parallelamente alla situazione di
deprivazione che tutti conosciamo, le testimonianze di studenti, professionisti,
attivisti e comunicatori romanì, quelli...
Cocci
E' un libro che nessuno ha voluto, e non avevo voglia di inseguire altri
possibili editori. A vostro rischio quindi, potete leggerlo come, quando, dove e
perché vorrete. Non ho fretta. Cocci,... GRATIS
VICINI DISTANTI cronache da via Idro
Cronaca di vent'anni circa di una comunità rom a Milano. Storie, testimonianze,
aneddoti. II Edizione con testo e note riveduti e aggiornati, una rassegna
fotografica inedita e un epilogo
Luoghi Comuni
Ho visto cose che voi umani... ... e voglio condividerle! La strana Lonely
Planet di Zingaropoli Tutto questo in una trentina di pagine che l'autore si è
divertito a scrivere, sperando di...
Una nonna racconta Di Hajrija (Maria) Seferovic
Da un lato c'è una nonna (sì, proprio quella che avete visto nel film "Io, la
mia famiglia Rom e Woody Allen") che gira ancora le nostre campagne, in cerca di
erbe mediche....
Un anno contro l'antiziganismo Per concessione: Associazione 21 Luglio
Il Calendario 2014 "Un anno contro l'antiziganismo" ci aiuta, con gli scatti
di Davide Bozzalla e la poesia di Paul Polansky, a combattere,...
Novità in arrivo!
Di Sucar Drom (del 13/12/2013 @ 09:06:27, in blog, visitato 1495 volte)
A Milano gli sgomberi di sinistra
Milano, la Consulta Rom e Sinti incontra il Prefetto
Il 28 novembre una delegazione della Consulta Rom e Sinti di Milano ha
incontrato il nuovo prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca. L'incontro ha
riguardato il tema fondamentale della partecipazione delle comunità rom e sinte
alla vita civile d...
Antidiscriminazione, riparte la newsletter di Articolo 3
Riprende l'invio della newsletter di Articolo 3. Dall'ultima, la n.3, rilasciata
nel gennaio 2013, molto è stato fatto per mantenere l'agibilità operativa
dell'Osservatorio sulle discriminazioni e per dare continuità a questa
straordinaria e, per certi aspetti, davvero unica esperienza. Abb...
L'Europa ha bisogno di una classe operaia rom
In tutta Europa, milioni di persone soffrono la disoccupazione e la prospettiva
di un lungo periodo di stagnazione economica. Ma nessun gruppo è stato più
colpito dei Rom. Ce ne sono più di 10 milioni che vivono in Europa,
principalmente concentrati nei Balcani e nei nuovi Stati membri dell'Unione
Europea, in particolare...
Ue, gli Stati devono investire di più nelle Strategie nazionali
L'Unione Europea vuole una maggiore inclusione sociale dei rom e dei sinti.
L'impegno per nuove misure di integrazione è stato sottoscritto all'unanimità
dai 28 Stati membri. Si chiede di migliorare l'accesso a istruzione,
occupazione, assistenza sanitaria e alloggio...
Giornata dei Diritti Umani, il messaggio del Segretario Generale dell'ONU
La Giornata dei Diritti Umani segna l'anniversario dell'adozione della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte dell'Assemblea Generale.
Quest'anno, in particolare, si celebrano i vent'anni dal compimento di un passo
coraggioso verso la realizzazione di tali diritti: l'adozione della Dichia...
Rom e Sinti, adottato il primo strumento giuridico dell'UE
Ieri i 28 Stati membri dell'Unione europea si sono impegnati ad attuare una
serie di raccomandazioni della Commissione europea per accelerare l'integrazione
socioeconomica delle minoranze sinte e rom. La raccomandazione del Consiglio è
stata adottata all...
Madiba (1918-2013)
Di Fabrizio (del 12/12/2013 @ 09:01:34, in Italia, visitato 1969 volte)
AL DIRETTORE de "IL GIORNO"
Gentile Signor Giancarlo Mazzuca,
nei giorni scorsi il giornale da Lei diretto ha pubblicato un articolo che ci
ha molto spiacevolmente colpiti, a partire dal titolo: "Illuminavano il campo
rubando la luce pubblica" e quindi, deduce il titolista nell'occhiello, "Nei
guai i Sinti del Terradeo" (vedi
QUI ndr.).
Passato, si fa per dire, il primo sconcerto, ci siamo chiesti come fosse
possibile che un importante quotidiano pubblichi una simile... 'notizia'
senza alcuna verifica, additando un'intera comunità di persone all'opinione
pubblica di una città, dove hanno finora vissuto con una certa tranquillità, in
un periodo di difficoltà economiche generalizzate che facilmente riscaldano gli
animi. Oltretutto, la signora Santolini conosce il Terradeo, ci è stata, conosce
noi e l'associazione: sarebbe bastata una telefonata, una mail, per avere tutte
le spiegazioni del caso.
Dunque, i Sinti del Terradeo nei guai ci stanno per tante ragioni, anche
senza bisogno di... raccomandazioni, a partire dal lavoro che non si trova, ma
certo non per i motivi di fantasia che 'il Giorno' attribuisce loro.
Ma ci può essere di peggio? C'è: in tutte le edicole di Buccinasco è apparsa
una locandina che a lettere cubitali denuncia: "campo nomadi illuminato rubando
la corrente". A parte il grottesco 'nomadi' per persone registrate in anagrafe
da trent'anni, le cose stanno ben diversamente.
Non stiamo a ricordare la legge sulla stampa, né cosa possa comportare questo
modo di trattare una minoranza già emarginata e, altrove finora, malvista. Ci
aspettiamo, però, un articolo che racconti le cose con pari evidenza e in modo
più realistico, e le accludiamo una lettera sull'argomento. Essa si conclude con
un invito, che rivolgiamo anche a lei e alla Signora Santolini, per sabato 14,
alle 10.30, al Quartiere Terradeo, dove spiegheremo, documenteremo e, ancor più,
mostreremo come stanno realmente le cose.
Gradisca i saluti di Ernesto Rossi e
Augusto Luisi, dell'associazione
"ApertaMente di Buccinasco".
Tel.3338628466 - 3355324525
10 dicembre 2013
ALLEGATO: da
Buccinasco - Rino Pruiti
#Buccinasco - Fornitura dell'Enel al quartiere Terradeo:
'precisazioni'
Il sindaco Giambattista Maiorano interviene sulle polemiche dei giorni scorsi
respingendo le accuse diffamatorie di chi gli ha attribuito dichiarazioni e
volontà mai espresse. Intanto la fornitura dell'energia è stata riattivata con
regolare contratto a forfait
Buccinasco (10 dicembre 2013) - La vicenda è ormai nota, dopo la pubblicazione
sulla stampa e su un blog locale: la scorsa settimana è stata sospesa
l'erogazione di energia elettrica al blocco servizi (bagni e docce comuni) del
quartiere Terradeo in via dei Lavoratori, lasciando gli utenti privi dell'acqua
calda. Meno noto, e anzi raccontato sul web in modo non corrispondente al vero,
è quanto accaduto nei giorni scorsi. Tanto da spingere il sindaco Giambattista Maiorano a presentare una formale
denuncia di diffamazione.
La sospensione del servizio fornito da Enel risale allo scorso 2 dicembre: in
quella data ne viene informato il primo cittadino che il giorno successivo aveva
già in programma un incontro con i rappresentanti dell'associazione Apertamente
(di cui fanno parte alcuni abitanti del quartiere), il maresciallo della locale
Stazione dei Carabinieri e il comandante della Polizia locale: i sinti non sono
stati convocati dunque per offrire loro una via d'uscita né tanto meno l'offerta
di un obolo pagato di tasca propria dal sindaco o addirittura dai cittadini di Buccinasco. In qualità di primo cittadino, in quella circostanza e con una nota
scritta, Maiorano ha chiesto però ad Enel di riattivare il servizio considerata
la presenza di numerosi minori nel quartiere e garantendo l'immediata firma di
un contratto (non da parte del Comune ma a nome degli abitanti del campo).
E' vero che Enel ha rilevato una serie di anomalie e per questo è stato sospeso
il servizio: solitamente il blocco servizi è alimentato dai pannelli solari del
quartiere e solo nei periodi di cattivo tempo negli anni è sempre stato
sottoscritto dalle famiglie del Terradeo una forma contrattuale forfettaria (con
pagamento in anticipo). Quest'anno evidentemente non è stato fatto ma il
problema è già stato risolto: in seguito ad un nuovo incontro con i
rappresentanti dell'associazione, il giorno 6 dicembre è stato formalizzato un
regolare contratto presso gli uffici Enel di Corsico. Per quanto concerne le
utenze private abbinate ai singoli nuclei familiari, lo stesso sindaco ha
comunicato ai rappresentanti del quartiere che qualora ci fossero degli
insoluti, la società adotterbbe quanto previsto per tutti i cittadini.
"Ritengo pertanto assolutamente diffamatoria e calunniosa - dichiara il sindaco Maiorano - ogni altra versione dei fatti, come quella fornita dal sito internet
'La Città Ideale', proprio per questo ho presentato una denuncia per
diffamazione ai carabinieri. Il rischio di tutte queste notizie infondate è la
creazione di un clima che potrebbe sfociare in atti di intolleranza verso una
comunità che faticosamente tenta di integrarsi a Buccinasco".
Ufficio stampa Comune di Buccinasco
Rom-Anzi
Sergio Bontempelli, 9 dicembre 2013 su
corriere delle migrazioni
Quest'uomo io lo conosco da sempre: da quando, quasi venti anni fa,
ho cominciato a frequentare il "campo nomadi" di Coltano, vicino a Pisa.
Piccoletto di statura, con una coppola in testa che gli conferisce un'aria quasi
da contadino siciliano, con il tono compassato di un vecchio saggio, Zajko è una
specie di "istituzione" del campo.
E' in Italia stabilmente dal 1988, ed è stato uno dei primi rom bosniaci ad
arrivare a Pisa. Davanti alla sua baracchina ha visto transitare i "nuovi"
immigrati rom, i profughi della guerra degli anni novanta. E ha cresciuto almeno
tre generazioni, tra figli, nipoti e bisnipoti. Un vero e proprio custode della
"memoria storica" di Coltano.
Sì, lo conosco da sempre, Zajko. E lo conoscono i tanti operatori, assistenti
sociali e volontari che nel corso degli anni hanno frequentato il campo. Ma non
tutti hanno avuto la pazienza di ascoltare quel simpatico ometto con la coppola.
Perché Zajko si esprime in un italiano tutto suo: che non è un italiano
"scorretto", ma una lingua ibrida, pronunciata con un forte accento slavo, piena
di costruzioni sintattiche romanes e bosniache, infarcita di parole che sembrano
strane, e a volte anche un po' buffe.
Non sempre lo capisci al primo colpo, e per entrarci in contatto hai bisogno di
tempo: devi passarci qualche pomeriggio, condividere un caffè, fare due
chiacchiere così senza scopo. E invece gli operatori, tutti presi dai loro
"progetti", non hanno il tempo per ascoltare. Vanno al campo per convincere,
spiegare, illustrare, parlare. Hanno sempre qualcosa di importante da dire, e
non si prendono mai la briga di sedersi un attimo.
La storia di Zajko
La storia di Zajko è venuta fuori per caso, in una fredda giornata di inverno di
tre anni fa. Con gli altri volontari dell'associazione Africa Insieme eravamo
andati al campo, a far visita ad alcuni amici: l'aria gelida della sera ci aveva
convinto a entrare nella baracca di Zajko, a prendere un buon caffè caldo.
C'era confusione e non si capiva molto: i bambini giocavano e urlavano, una
ragazza più grande ci chiedeva di spiegarle una cosa di matematica che non aveva
capito a scuola. E poi le due figlie di Zajko avevano avuto problemi in Questura
con il loro permesso di soggiorno, ci chiedevano di aiutarle ma non c'era verso
di farle parlare una alla volta. Un gran caos, insomma.
Zajko sembrava farfugliare qualcosa, ma i familiari ci dicevano di non dargli
retta, "è vecchio e non si capisce mai quello che dice". Però il "vecchio" aveva
pronunciato una parola che non avevamo mai sentito al campo, e che ci aveva
incuriosito: "ustascia". Sì, Zajko parlava degli Ustascia, i fascisti croati
amici di Hitler, che avevano fondato uno Stato Indipendente Croato alleato della
Germania.
"Io visto cartelli", insisteva il nostro amico aggiustandosi la coppola, "cartelli sui muri, dicevano
evrei srbi e zingari tutti ammazzare". Zajko aveva
assistito all'arrivo delle leggi razziali nel territorio croato (che all'epoca
includeva anche la Bosnia): le vittime designate erano - per l'appunto - ebrei,
serbi e rom.
Gli ustascia, le leggi razziali, lo sterminio
Secondo alcune stime, gli Ustascia uccisero il 75% degli ebrei presenti nel
Paese prima della guerra. Quanto ai serbi, interi villaggi furono dati alle
fiamme, sacerdoti e altri esponenti religiosi ortodossi furono massacrati nelle
loro chiese, circa 200 mila persone dovettero subire la conversione forzata al
cattolicesimo.
Fra gli "zingari" - ci informa
Mirella Karpati
- "le vittime accertate fino al
1998 furono 2.406, di cui 840 bambini. Il campo più terribile era quello di Jasenovac, dove si uccidevano le persone con metodi barbari. Né mancarono campi
destinati ai bambini, come quello di "rieducazione" a Jastrebarsko, dove fra
l'aprile 1941 e il giugno 1942 morirono 3.336 bambini di varie etnie. Nel campo
per le donne di Stara Gradiska morirono oltre trecento bambini zingari".
Da partigiano ad immigrato
Zajko aveva visto le prime avvisaglie di quella tragedia: i cartelli, affissi
per le strade, che annunciavano la volontà di "ripulire" la Croazia dalle "razze
maledette": ebrei, serbi e rom ("evrei srbi e zingari tutti ammazzare"). E aveva
deciso di scappare, rifugiandosi in montagna. Qui aveva incontrato i partigiani
di Tito, e si era unito a loro. Un pezzo di storia del Novecento riemergeva
dalle parole un po' farfugliate di quell'ometto in apparenza così modesto.
Zajko era stato ferito ed era finito all'Ospedale: poi, uscito, aveva continuato
a combattere. Finita la guerra, era andato a Zagabria, dove con la sua
formazione partigiana aveva conosciuto Tito. Quindi era tornato finalmente a
casa, si era sposato e aveva costruito la sua famiglia. Aveva avuto una prima
esperienza migratoria in Italia negli anni Cinquanta: era stato a Napoli, poi a
Piacenza a fare il barista. Ma la vera e propria migrazione - quella definitiva
- era avvenuta nel 1988: da allora non è più tornato in Bosnia.
Quando abbiamo ascoltato il suo racconto, abbiamo deciso che questa piccola
storia - legata alla Storia più grande, quella con la lettera maiuscola, che si
legge nei libri e si studia all'Università - doveva essere raccontata. è nato
così un video, prodotto da un gruppo di volontarie della nostra associazione,
che trovate qui sotto liberamente visionabile e scaricabile.
Una bandiera alla finestra
Ho continuato a frequentarlo, Zajko. Lo incontriamo tutte le volte che andiamo
al campo. Oggi ha problemi di salute dovuti all'età - più di ottanta anni - e fa
sempre più fatica a lavorare. Era un calderaio, un artigiano del rame: vendeva i
suoi prodotti ai mercati, e con quelli si manteneva. Negli ultimi anni i dolori
e gli acciacchi gli hanno reso quasi impossibile continuare. Il Comune gli ha
assegnato una "casetta", perché nel frattempo il campo di Coltano è stato
trasformato in un "villaggio" di alloggi in muratura: ma lui, senza reddito,
fatica a pagare l'affitto, e rischia lo sfratto.
L'esperienza della guerra lo ha segnato in profondità, forse più di quanto non
sia disposto ad ammettere lui stesso. Perché di guerre, Zajko, ne ha conosciute
due: la prima l'ha vissuta da partigiano, da protagonista e in qualche modo da
vincitore. La seconda - quella degli anni Novanta - l'ha sorpreso mentre era in
Italia, e di fatto l'ha "intrappolato" a Pisa, impedendogli il ritorno a casa.
Quando parla di guerra abbassa gli occhi, Zajko. E il suo sorriso si spegne. La
sua "seconda" guerra, il tragico conflitto balcanico degli anni Novanta, non lo
racconta volentieri. Ma ogni volta che in televisione sente parlare di
bombardamenti, di profughi in fuga, di scontri militari, si preoccupa e ci
chiede spiegazioni: vuol sapere che sta succedendo, se il teatro del conflitto è
vicino o lontano, se sono coinvolti i civili, se la diplomazia sta facendo il
suo lavoro e se le armi si fermeranno.
Nel comodino accanto al letto Zajko tiene una bandiera arcobaleno della pace. E,
quando alla televisione parlano di guerra, la appende alla finestra, così che le
macchine che sfrecciano sull'autostrada possano vederla.
Zajko. Un video di Africa Insieme from Africa Insieme on Vimeo.
Video di Sara Palli, Alice Ravasio, Francesca Sacco, Marta Lucchini, Irene
Chiarolanza, Diana Ibba. Prodotto dall'associazione Africa Insieme di Pisa
nell'ambito del progetto "volontari come in un film", con la collaborazione di Cesvot, Aiart, Progetto Rebeldia. Musiche originali di Pasqualino Ubaldini
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