Di Fabrizio (del 01/11/2011 @ 09:15:22, in Europa, visitato 2430 volte)
Da
Czech_Roma NdR Calmatesi le violenze esplose in Bulgaria a fine settembre
(anche perché domenica scorsa s'è svolto il primo turno delle
elezioni presidenziali), il clima rimane "caldo" in Repubblica Ceca.
Le segnalazioni di scontri etnici ormai sono così numerose, che non
faccio in tempo a tradurle. Allora, può essere utile illustrare il clima di "pace
armata" che si respira lì, per cercare di capire da dove nasce la violenza
di oggi, sapendo che potrebbe accadere altrove...
translated by Gwendolyn Albert
Ancora una voce allarmistica contro le minoranze, sta circolando nella
Repubblica Ceca via email. Il ministero del lavoro e degli affari sociali ha
già emesso una smentita.
Queste voci si diffondono su internet sempre più frequentemente. La più
recente accusa le "minoranze" di non essere tenute a pagare le prescrizioni in
farmacia. La notizia ha scatenato reazioni stupite, dibattute in un'ampia serie
di discussioni nei forum telematici, sulla veridicità o meno del caso.
Questo il titolo della mail: "Shock in farmacia - INFORMATE TUTTI!" in
cui un anonimo afferma: "Sono entrato in farmacia per comprare ai miei figli
delle medicine per la tosse ed il naso. Gli [appartenenti alla] minoranza erano
davanti a me, hanno scelto le loro medicine e poi hanno tirato fuori un pezzo di
carta del dipartimento sociale... il farmacista ha annuito e se ne sono andati.
Ho chiesto di che si trattasse e mi ha risposto che lo stato pagava le medicine
agli svantaggiati socialmente. Mi sono parecchio stupito, io ho dovuto pagare
500 corone e sono tornato a casa arrabbiato. Lavoro, pago l'assicurazione
sociale, l'assicurazione sanitaria e lemie tasse, e tutto ciò per loro e quelli
come loro. CONDIVIDETE CON GLI ALTRI. DOBBIAMO FARE QUALCOSA!"
Ora sono in tanti a sfruttare questa comunicazione anonima, ingannevole ed
allarmista, allo scopo di manipolare gli altri verso le proprie attività,
cause ed opinioni online. Nel frattempo, un esperto del ministero del lavoro e
degli affari sociali ha già emesso la seguente dichiarazione, che nega
l'esistenza di queste "pratiche": "Quanti sono riconosciuti a vivere in
difficoltà materiali, e che usufruiscono dei benefici disponibili (contributi di
sussistenza, all'alloggio, oppure aiuto straordinario immediato) sono, in base
alla legge sull'assicurazione sanitaria pubblica, esonerati dall'obbligo di
pagare le tasse regolamentari. Tuttavia, la stessa legge non li esonera
dall'obbligo di pagare le medicine! Se queste persone devono accedere alle
medicine che tutti gli altri pazienti pagano normalmente, o contribuiscono alla
spesa, dovranno pagare come chiunque altro! Il ministero della sanità comunica
che i medici hanno la possibilità di prescrivere medicine per ogni malattia
senza alcun sovrapprezzo per l'emissione della ricetta. Nei casi in cui una
medicina non possa essere prescritta per ragioni sanitarie, l'erogante può in
casi eccezionali, pagare l'assistenza sanitaria senza richiedere ulteriori
rimborsi, essendo questa l'unica possibilità di cura, dato lo stato di salute
della persona. L'erogazione di tale assistenza sanitaria nella maggior parte dei
casi dipende da precedenti accordi tra il medico curante ed il paziente. Il
testo di questa catena email e la sua conclusione -ho pagato 500 e lui niente-
distorce la realtà appena descritta. Non funziona così! Anche un destinatario
dell'assistenza dovrebbe pagare 500 corone, escluso il costo della ricetta".
Non è chiaro quale sia la "minoranza" coinvolta nel caso dell'esperienza di
grande ingiustizia in farmacia denunciato dall'anonimo estensore. E' invece
chiaro che questi non abbia capito bene come funzioni il sistema sanitario ed
assistenziale ceco.
Di Fabrizio (del 31/10/2011 @ 09:12:10, in Europa, visitato 2140 volte)
Per chi mastica l'inglese, l'articolo
sul sito della BBC di mercoledì scorso che fa il bilancio ad una settimana
dallo sgombero di Dale Farm e sempre della stessa emittente,
QUI si può scaricare la trasmissione, sempre di settimana scorsa, che in Gran Bretagna
ha mandato sulle furie molti benpensanti. La parola passa al blog di Nando Sigona, un italiano che risiede in Inghilterra.
Nel frattempo...
"Abbiamo messo il sito in sicurezza", dice Tony Ball, il sindaco di Basildon.
Decine di giornalisti giunti da tutto il mondo lo circondano. Telecamere, cavi,
microfoni, macchine fotografiche e riflettori sono in postazione da giorni,
insolita scena in questo paesone della contea di Essex. Basildon è una new town
nata nel dopoguerra dalla fusione di tre villaggi, architettura modernista a
basso costo per i pendolari della trasbordante Londra. Tony Ball, uno dei tanti
conservatori che governano l'Inghilterra non metropolitana, è un politico di
provincia che una vicenda di abusi edilizi ha portato sorprendentemente alla
ribalta internazionale.
La vicenda in questione si può riassumere in due righe: ottantasei famiglie
hanno costruito e abitato abusivamente su terreni di loro proprietà per dieci
anni tentando ripetutamente, ma senza successo, di condonare gli abusi post
facto. Una vicenda, tutto sommato, di ordinaria amministrazione che però ha
intercettato, per caso o per astuta pianificazione, interessi e dibattiti che
avevano luogo in altre sedi – a Westmister, a Brussels, a New York. Ed è così
che Tony Ball si è trovato lo scorso 19 Ottobre a commentare in diretta sui
media di mezzo mondo lo sgombero violento di alcune piazzole di Dale Farm,
un'area di sosta privata abitata complessivamente da un migliaio di cittadini
britannici appartenenti alla minoranza legalmente riconosciuta degli Irish
Travellers.
Mentre Tony Ball rassicurava il mondo sul positivo svolgimento dello sgombero,
la sua voce era offuscata dall'incessante rumore del elicottero della polizia
che per ore ha sorvolato e filmato l'area dello sgombero. Intanto a poche decine
di metri dalla sala di comando dove si svolgeva l'intervista, centocinquanta
poliziotti in tenuta anti-sommossa facevano irruzione nel perimetro non
autorizzato di Dale Farm. Impalcature e barricate messe su nelle settimane
precedenti si sono sbriciolate in pochi minuti. I poliziotti in gruppi serrati
urlavano e battevano i manganelli contro la plastica degli scudi, come
suggerisce i manuale di istruzioni sullo sgombero perfetto. Attivisti e
volontari di varia provenienza che per settimane sono stati accampati a Dale
Farm in segno di solidarietà hanno provato ad interporsi, a rallentare
l'avanzata, ma i poliziotti procedono inesorabilmente alla ‘bonifica' per
lasciare spazio alle ruspe e allo squadrone di duecento ufficiali giudiziari e
operai che mettono su teli e nastri colorati, delimitano le piazzole, leggono
delibere e iniziano la demolizione.
Alcune famiglie hanno trasportato le loro case mobili in terreni di parenti e
amici nei giorni precedenti per evitare la distruzione ‘accidentale' della loro
casa, altri hanno traslocato i loro oggetti più cari nella parte autorizzata
dell'insediamento, altri ancora aspettano non avendo altro posto dove andare.
I giornali popolari di destra hanno attizzato l'opinione pubblica per mesi,
facendo diventare Dale Farm l'inferno in terra, ‘il più grande insediamento di
zingari d'Europa': un'assurdità, ma molto efficace. Questa campagna si è
intensificata quando la vicenda ha iniziato ad assumere rilievo internazionale.
Quando, in particolare, un discreto numero di agenzie e organizzazioni europee
ed internazionali per i diritti fondamentali, umani e delle minoranze ha
iniziato a protestare, facendo giungere le proprie perplessità sulla gestione
della vicenda al governo Cameron. L'intervento esterno ha incrinato il supporto
che i conservatori erano riusciti a creare per il loro approccio ‘law and order'
(incluse alcune frange di lettori del progressista Guardian). La risposta del
governo a queste critiche è stata quella di chiudersi a riccio, accusando la
comunità internazionale di interferenze indebite. Un tipico esempio di due pesi
due misure da parte della Gran Bretagna.
Nel silenzio dei politici laburisti, una delle poche voci critiche nel panorama
politico inglese è stata quella di Lord Avenbury, un liberal democratico con una
storia di battaglie per i diritti umani e le minoranze. In un interrogazione
alla Camera dei Lord, ha chiesto: "Onorevoli colleghi, cosa pensate della
decisione di spendere £117000 per famiglia per sgomberare queste persone da Dale
Farm considerando il fatto che non ci sono aree alter aree disponibile nel paese
dove indirizzarli?".
Purtroppo l'intervento di Lord Avebury non ha cambiato il percorso della
vicenda. Un'altra indicazione delle relazioni di forza nell'attuale governo di
coalizione conservatori-liberal democratici.
Ai contrbuenti britannici l'operazione di sgombero di Dale Farm è costata quasi
venti milioni di sterline oltre a mettere sulla strada quattrocento persone che
ora dovranno trovare altre aree di sosta dove fermarsi. Ma le aree di sosta che
non ci sono come ben sanno il comune di Basildon e il governo britannico. Il
precedente governo aveva elebarato un piano che prevedeva l'individuazione di
quattromila nuove piazzole, non sufficienti per coprire il bisogno abitativo di
tutti, ma un passo avanti. Purtroppo come spesso accade negli interventi a
sostegno di queste comunità la volontà politica si è dissolta prima che il piano
diventasse progetti concreti, con qualche eccezione. Il comune di Bristol ha
allestito due aree sosta per Travellers all'interno dei suoi programmi di
edilizia popolare per una cinquantina di famiglie per un costo totale di tre
milioni di sterline. Quando è arrivato il governo conservatore il piano dei
laburisti è stato relegato in un cassetto. Niente di personale e certamente non
si tratta di razzismo, hanno più volte ripetuto i politici conservatori. Bisogna
dare più potere di scelta alle municipalità, non si possono imporre interventi
del genere dall'alto è la giustificazione che echeggia il programma ‘localista'
del nuovo governo.
C'è però anche un'altra parte del programma di governo che i rappresentati
istituzionali hanno astutamente omesso di richiamare durante gli accessi
dibattiti che hanno preceduto lo sgombero, cioè quella che prometteva la riforma
radicale della normativa sull'urbanistica e di attuare una devolution della
materia per dare ai cittadini (e agli imprenditori edilizi) maggiore libertà di
edificare, rivedendo anche le norme che riguardano la protezione delle cinture
verdi (green belt) che circondano le aree urbane. Strano che nessun conservatore
si sia ricordato di questa decennale battaglia durante la vicenda Dale Farm.
Infatti, la colpa imperdonabile compiuta dai Travellers è stata proprio quella
di aver costruito su terreni di loro proprietà ma non edificabili perché
all'interno della green belt di Basildon.
Infine, vale la pena ricodare che i conservatori hanno un'enorme responsabilità
per aver creato i presupposti che hanno portato agli abusi edilizi di Dale Farm.
Nel 1994 fu infatti proprio il governo conservatore di John Major ad abolire il
Caravan Sites Act del 1968 che imponeva ai comuni di predisporre aree per la
sosta dei viaggianti e destinava fondi nazionali a tali progetti, incoraggiando
inoltre i Travellers ad acquistare pezzi di terra da adibire alla sosta (sul
modello della Thatcher che aveva messo in vendita il patrimonio di case popolari
pochi anni prima), e i comuni ad essere più flessibili nella valutazione delle
richieste per permessi edilizi dei Travellers visto il loro oggettivo
svantaggio. Il primo insediamento a Dale Farm è parte di questa storia, così
come il suo successivo allargamento. Purtroppo però il comune di Basildon,
sebbene conservatore, non ha mantenuto la sua parte di promessa.
Oxford-based researcher on migration, asylum and
minority issues. "Postcard from..." collects thoughts, images, and variously
assorted memorabilia related to my research interests.
...il mondo va avanti, si sa, ma stavolta sembra che
questo sgombero non sia
passato come al solito come acqua sulla sabbia. Qualcosa è rimasto.
Diario del Web - Occupy Wall Street non si ferma, altro weekend di
protesta | Pubblicato venerdì 28 ottobre 2011 alle 21.16
LE PROTESTE DEGLI INDIGNATI NEL MONDO
La mobilitazione culminerà con una marcia a favore dell'introduzione della Robin
Hood tax. A Londra si dimette il canonico di Saint Paul: non voglio violenza
NEW YORK - Occupy Wall Street non si ferma. Anche il prossimo sarà un
weekend di mobilitazione per gli occupanti di Zuccotti Park. Si comincia da
venerdì, quando ci sarà una marcia sotto i quartier generali di Bank of America,
Morgan Stanley, Wells Fargo, Citigroup e JpMorgan Chase. Durante la
manifestazione, i dimostranti organizzeranno «un enorme lancio di aeroplani di
carta», fatti piegando le migliaia di lettere ricevute dal movimento in cui i
cittadini americani esprimono la loro insoddisfazione verso le istituzioni
finanziarie di Wall Street.
Sempre venerdì, si terrà una riunione informativa a Zuccotti Park in
preparazione della Robin Hood march, prevista in tutto il mondo per il
giorno successivo. La nuova giornata di manifestazione internazionale, che Adbusters - la rivista canadese che quest'estate ha dato il via alla protesta -
ha organizzato a pochi giorni dal nuovo vertice del G20 a Cannes, in Francia. La
marcia servirà per chiedere l'introduzione di una tassa dell'1% (la Robin Hood
tax appunto) su tutte le transazioni finanziarie e gli scambi di valuta. Alle 12
dello stesso giorno, ci sarà una marcia da City Hall, il municipio di New York,
a Zuccotti Park a sostegno dei diritti civili. Per l'occasione, Occupy Wall
Street sarà affiancato da una serie di sigle sindacali e di gruppi a favore dei
diritti delle minoranze.
Domenica è il proverbiale giorno di riposo anche per i manifestanti. Nel
tardo pomeriggio, sempre a Zuccotti Park, ci sarà un cineforum, seguito da
un'assemblea generale. Vista la concomitanza con i festeggiamenti per Halloween
verrà proiettato «La notte dei morti viventi» di George Romero. Halloween
s'intreccerà con le proteste anche il giorno successivo quando Occupy Wall
Street prenderà parte alla tradizionale parata di Halloween che si tiene nel Village, una delle più grandi di tutti gli Stati Uniti.
A Londra si dimette il canonico di Saint Paul: non
voglio violenza - Il reverendo Giles Fraser ha lasciato la Cattedrale di
Saint Paul perché non avrebbe potuto sopportare l'idea di una «Dale Farm sui
gradini di Saint Paul». Lo spiega lo stesso canonico in un'intervista rilasciata
al Guardian, in cui ricorda lo sgombero del campo nomadi Dale Farm, in Essex,
avvenuto all'inizio del mese con violenti scontri.
La polizia londinese si sta infatti preparando a intervenire contro i
manifestanti che da 13 giorni sono accampati davanti alla cattedrale e che negli
ultimi giorni hanno più volte respinto gli inviti a lasciare la City. Saint Paul
ha chiuso la scorsa settimana, per motivi igienici e di sicurezza, ma riaprirà
oggi.
«Non posso tollerare l'idea che ci possa essere Dale Farm sui gradini di Saint
Paul - ha detto Fraser - avrei voluto poter trattare sulla grandezza del campo,
e chiedo a quelli che sono lì di aiutarci a far andare avanti le attività della
cattedrale, e se questo significava riconoscere loro un diritto legale di
rimanere allora è questa la posizione che avrei assunto. Penso che si sia
intrapresa una strada che potrebbe portare dove io non voglio andare».
Sono preoccupata. No, niente che minacci la mia persona, ma il fatto e' che le
cose, qui, sono sempre state viste in due modi differenti: dagli ottimisti e dai
pessimisti. Io ero un'ottimista, credevo che col tempo le cose sarebbero
migliorate per il mio popolo. Oggi, pero', sto passando dall'altra parte perche'
vedo che gli avvenimenti precipitano e mi accorgo che i problemi non sono solo
quelli dati dall'intolleranza dei gadje', ma le incomprensioni che ci sono fra
noi rom.
Ovvero, divisioni di vario tipo ci sono sempre state fra Romungro, cioe' rom di
lingua ungherese, e chi parla solo Romanes. Ma non e' solo una questione
linguistica. E' proprio un fatto culturale. Una frattura che esiste fra chi ha
fatto di tutto per integrarsi e chi, invece, non ha mai voluto far niente,
restando attaccato alle proprie tradizioni anche quando queste sono entrate in
contrasto palese con la realta' circostante. Come si puo' voler vivere
sott'acqua ad ogni costo senza usare maschera, boccaglio e bombola d'aria?
I matrimoni combinati fra anziani e bambine, i test di verginita' a cui le
adolescenti sono obbligate, la sottomissione totale della moglie al marito, sono
cose che, ormai, chi ha avuto modo di studiare ed evolvere culturalmente, non
accetta piu'. Mentre sono pratiche assai diffuse fra chi ancora vive ai margini,
in poverta', nei ghetti, prima di tutto penalizzato dal non aver voluto imparare
la lingua del paese in cui vive, nonostante i suoi antenati ci siano arrivati
secoli fa, rifiutando ostentatamente di adeguarsi al fatto che se non si fanno
compromessi si rischia di essere cancellati per sempre dalla Storia. Il
multiculturalismo che serve a tutelarci non e' solo qualcosa che gli altri
devono avere nei nostri confronti, ma e' anche un impegno nostro a migliorarci,
e si basa sul rispetto che dobbiamo avere anche noi per gli altri, oltre che per
noi stessi.
Non si puo' togliere dagli studi una bambina solo perche', con la puberta',
rischia di perdere la verginita' a causa di qualche compagno di scuola. Non si
puo' imporre a quella stessa bambina di sposare un uomo di trent'anni piu'
vecchio e non si puo' pretendere di fare la serva tutta la vita, sfornando un
figlio dopo l'altro. Tutto cio' e' un crimine contro di lei, ma e' ancor piu' un
crimine contro tutta la nostra gente. Chi non studia, chi non vuole evolvere,
chi soprattutto obbliga anche i propri figli a fare altrettanto, non rende
deboli e vulnerabili solo loro - una romni' che non sa leggere non potra'
difendersi sia quando le faranno firmare un foglio di sgombero, sia quando le
faranno firmare una carta liberatoria in cui accetta di farsi sterilizzare - ma
ci rende deboli e vulnerabili tutti. Incapaci di reagire, di contare qualcosa,
di costruire un futuro migliore.
Da una parte devo riconoscere che, forse, c'e' un po' di "spocchia" - e qui mi
ci metto anche io - in chi si sente superiore perche' ha studiato, conosce le
cose e le sa analizzare in modo piu' accurato, meno influenzato dalla
superstizione. Dall'altra, lo capisco, c'e' il risentimento provato verso chi si
pensa abbia tradito la propria gente, la propria storia; verso chi si e'
adeguato ad una vita piu' comoda e privilegiata che non va d'accordo con
l'antica cultura dei padri. I primi dicono: “E chi se ne frega dell'antica
cultura dei padri? Se non cambiassimo mai le cose l'umanita' sarebbe ferma alle
caverne e al fuoco acceso con lo sfregamento dei legnetti”. I secondi, invece,
sono convinti che, se non si rispettano certe regole e non si seguono le antiche
tradizioni, si smarrisce la propria identita', e il nostro popolo svanisce.
Sono queste due anime che con difficolta' hanno sempre convissuto e coesistono,
finora senza troppi strappi, ma che sempre piu' entrano in tensione. Soprattutto
adesso che la poverta' sta aumentando, le possibilita' di lavoro sono quasi
nulle, e il risentimento e la rabbia diventano qualcosa di inevitabile. Si passa
cosi' da cio' che e' sempre stata una questione culturale a una questione che
riguarda la sopravvivenza personale.
In Ungheria, oggi, quasi un rom su dieci e' disoccupato. Vive di espedienti, di
malaffare, di furto o come meglio puo'. Il governo ha deciso, in parte, di
tollerare i reati meno gravi perche' non ha i mezzi per arginare il fenomeno -
li chiama "reati di sopravvivenza" - ma questo fatto scatena l'inevitabile
rabbia dei gadje' e le critiche da parte di chi, come me, vorrebbe che non si
prestasse il fianco alle inevitabili strumentalizzazioni, fornendo il pretesto
ai razzisti e agli xenofobi per arrivare alla violenza fisica. Che poi, si sa,
violenza genera violenza e su questo c'e' chi fa conto per sguazzarci
politicamente.
Ma capisco anche che non e' possibile arginare un fiume in piena se continua a
piovere ininterrottamente. Dopotutto che fanno questi giovani che non trovano
lavoro? Come vivono? Tutto il giorno non hanno altro da fare che odiare e
affilare il coltello. E siccome molti non hanno studiato, non hanno le basi per
costruirsi un'etica e una morale piu' alta e non hanno grandi valori da
condividere, si affidano all'unico vero valore che conoscono bene: il denaro
facile. Perche' col denaro si puo' far tutto, anche diventare delle persone
rispettabili (e rispettate) e non importa con quali mezzi lo si ottiene.
E' logico che i gadje' si sentano minacciati e non mi illudo che con le buone
intenzioni si possa riuscire a far capire loro che non tutti siamo uguali. Che
non tutti rubiamo, spacciamo, ci ubriachiamo e ci abbandoniamo all'indolenza
tipica di chi sente di non aver piu' alcuna speranza. D'altro canto non ho
neppure la forza per convincere chi delinque a non farlo, perche' se fossi
indigente e disperata, se abitassi nei ghetti ai margini dei villaggi dove le
case fatiscenti stanno su per miracolo e dove si vive in quindici in appena tre
stanze, forse anch'io coverei risentimento, odio e rassegnazione.
Sono quindi nel mezzo. Da una parte capisco gli uni, ma non posso condannare gli
altri, e cio' mi crea un corto circuito a cui, ovviamente, non do modo di
esprimersi in pubblico, ma che in privato si ripercuote intimamente sul mio
umore. A tutto questo si aggiunge il fatto che, per via della crisi, i soldi
sono sempre di meno. Il governo ha operato numerosi tagli, soprattutto al
welfare e ai fondi destinati alla tutela dei piu' deboli, e si arriva cosi' ad
una situazione che e' tipica nelle navi che affondano: ognuno per se'.
Volevo scrivere un articolo che illustrasse bene tutto questo. Volevo spiegare
perche' da ottimista sono passata ad essere pessimista. Volevo fosse chiaro che
questo mio cambiamento di umore non dipende dalla crescente ondata xenofoba che
esiste un po' in tutta Europa, che' quella era prevedibile, ma ha a che fare con
qualcosa di interno alla stessa mia etnia. Una problematica che prima o poi
doveva esplodere e della quale, forse, io sono anticipatrice.
Adesso non so se lo faro' piu'. Non so se scrivero' ancora quell'articolo. Sento
di avere, infatti, un dovere verso la mia gente che ha gia' innumerevoli
problemi. Non posso infierire facendo emergere un'immagine che mostra come, in
fondo, non ci sia unita' fra noi. Abbiamo troppo bisogno della solidarieta'
degli altri per gettarla via con un atto di mera sincerita'. Sono certa che chi
leggesse le mie parole direbbe: "Vedi? Anche fra loro si detestano. Perche'
dovremmo giustificarli noi?". Ci sarebbe chi per ignoranza non capirebbe le mie
ragioni ed anche chi con malafede le userebbe come strumento di propaganda. Ma
le crescenti fratture che si vengono a creare all'interno della comunita' rom in
Ungheria sono una realta'. Non si possono ignorare. Le organizzazioni che si
occupano dei diritti dei rom tacciono perche', come me, sanno che si perderebbe
una fetta di solidarieta' della gia' poca che abbiamo.
Ecco, mi rendo conto adesso che, se tutto cio' avviene in un paese come il mio
dove siamo integrati e facciamo parte della cultura nazionale - la stessa musica
ungherese non esisterebbe senza di noi -, dove abbiamo convissuto in pace fra
noi e con gli altri per oltre cinque secoli, immagino quale debba essere la
situazione altrove, nei paesi in cui le popolazioni locali ci vedono come
qualcosa di estraneo, invasivo, apportatori di sporcizia e malavita. E capisco
anche che nostri nemici non sono solo coloro che non ci conoscono e che di noi
hanno paura, ma cio' che dobbiamo temere alloggia soprattutto dentro noi stessi.
Sono i nostri fantasmi di sempre, la nostra rassegnazione, il nostro non
sentirci come gli altri, la nostra incapacita' di farci accettare perche', in
fondo, forse, non vogliamo essere davvero accettati, ne' vogliamo accettare
nessuno.
Scusate lo sfogo. Non era previsto, ma e' venuto giu', cosi', una parola dietro
l'altra.
Di Fabrizio (del 11/10/2011 @ 09:35:12, in Europa, visitato 1610 volte)
Da
Czech_Roma Non ci sono solo le manifestazioni violente in Repubblica Ceca (QUI
e
QUI le cronache più recenti), ma un atteggiamento generale che fa da
corollario
Romea.cz Praga, 3.10.2011 21:07, David Tišer: un club praghese non ci fa
entrare, lo boicotteremo David Tišer, translated by Gwendolyn Albert Le opinioni pubblicate nella sezione Commenti non riflettono necessariamente
il punto di vista o le opinioni dei giornalisti del server news Romea.cz o
dell'associazione civica ROMEA
David Tišer: Rom ed attivista per i diritti dei gay
Sei di noi - due ragazzi e quattro ragazze - recentemente hanno tentato
di entrare nel club "Retro", quartiere praghese di Vinohrady. Stavamo passando
attraverso il ristorante, dove era seduto il proprietario, quando un buttafuori
è corso sulle scale. Il buttafuori ha dato un occhio alla nostra
identificazione, gli è occorso un attimo per accorgersi che eravamo in sei.
Quando ebbe in mano la carta d'identità di una ragazza di Pilsen, cominciò a
lamentarsi che le persone di quella città la settimana prima avevano creato
confusione nel club. Gli abbiamo chiesto cosa centrassimo noi. Gli ho anche
fatto capire che tutti gli altri erano praghesi.
Il buttafuori ha iniziato a fare commenti "discreti" sul nostro conto, ad
esempio: "Ci sono stati molti ladri qui ultimamente", ecc. Ha rifiutato di farci
entrare. Non ha detto direttamente che lo faceva perché eravamo Rom, ma era
chiaro dalle sue giustificazioni che la nostra etnia ne era il motivo. Mentre
era occupato con noi, la gente entrava ed usciva continuamente, nessuno di loro
era Rom.
Sono andato a lamentarmi al bar, ma la barista mi ha detto che era tutto
inutile e dovevamo andarcene. Volevo che chiamasse il proprietario, che era
seduto al bar, ma lui ci ha fatto sapere di non avere tempo per noi.
Ho chiamato la polizia, l'ufficiale che è arrivato sin dall'inizio ha
affermato che non c'era nulla da fare. Ci ha accompagnato per negoziare col
buttafuori, che improvvisamente ha iniziato a sostenere che non poteva farci
entrare, perché era in corso una festa privata di compleanno. Gli ho detto che
se lo stava inventando, perché altri miei amici erano già dentro e non sapevano
niente di questa festa. La sua risposta: "Bene, se hai degli amici lì, non
lamentarti che non vi vogliamo perché siete Rom."
Ho risposto: "I miei amici non sono Rom - abbiamo molti amici che non lo
sono."
Il buttafuori insisteva che non potevamo entrare. Il poliziotto ci diceva che
non poteva fare nulla perché il club era privato.
Mentre il poliziotto era presente, il buttafuori non ha permesso a nessun
cliente (tutti non-Rom) di entrare nel club, per attenersi alla sua storia di
una festa privata di compleanno. Dopo chela polizia se n'è andata, ha lasciato
passare nel club tutti i "bianchi". Ce ne siamo andati anche noi.
Sono arrabbiato perché ci sono stati diversi eventi che si sono tenuti al
club "Retro", organizzati sia da associazioni rom che pro-rom.
Ovviamente, il proprietario è stato pagato per l'uso dello spazio. E' chiaro che
per lui i soldi odorino di buono - ma quando la gente rom vuole entrare nel suo
club per divertirsi come chiunque altro, d'improvviso non andiamo più bene.
La prossima volta il Retro non ci andrà più bene. Singoli ed associazioni non
devono più tenere lì i loro eventi. A Praga ci sono abbastanza imprese che
sapranno apprezzare sia i soldi che le persone che li offrono, Rom inclusi.
Di Fabrizio (del 04/10/2011 @ 09:13:19, in Europa, visitato 2869 volte)
10 e 11 Ottobre 2011 Università Torino, Fac. Lingue e Letterature
straniere - Via Verdi 10 XXIV CONVEGNO NAZIONALE A.I.Z.O. rom e sinti
in occasione del 40° anniversario dell'Associazione Italiana Zingari Oggi.
Organizzato in concomitanza con le celebrazioni dei 40 anni
dell'Associazione, il convegno, a cui parteciperanno studiosi da tutta Europa,
intende ricordare una tragedia, il genocidio di rom e sinti durante la II guerra
mondiale, troppo spesso dimenticata, attraverso testimonianze e resoconti
storici. Il convegno darà modo, inoltre, di riflettere sulle nuove intolleranze
che stanno emergendo nella società odierna.
PROGRAMMA:
10 ottobre I PARTE h. 09,00
Saluto delle autorità
Dott. Piero Fassino, Sindaco di Torino
Dott.ssa Paola Bragantini, Presidente Circoscrizione 5
Prof. Paolo Bertinetti, Preside Facoltà Lingue e Letterature
Straniere, Università di Torino
Presentazione del Convegno: Jonko Jovanovic, vice presidente nazionale
A.I.Z.O.
Presiede: Maria Teresa Martinengo, La Stampa 40 anni di fondazione
A.I.Z.O., una storia da raccontare, una passione da trasmettere
Testimonianze Kuse Mancini
h. 13,00 Pranzo
II PARTE h. 14,30
Ripresa lavori
Presiede: dott.ssa Stefanella Campana, giornalista, Vicepresidente
Paralleli Istituto Euromediterraneo del Nord Ovest
Lo sterminio dei rom e sinti d’Europa prof. Rajko Djuric,
scrittore già presidente Romani Union International
Il Gypsy Camp ad Auschwitz e la presenza dei rom nei lager ebrei,
prof. Slawomir Kapralski sociologo, studioso dello sterminio rom
(Polonia)
Le persecuzioni in Romania Luminita Cioaba, presidente fondazione
"Ion Cioaba" (Romania)
"Qui non ci sono bambini" (gli esperimenti dei medici nei lager) prof.
Erasmo Maiullari, docente di chirurgia pediatrica, Università di
Torino
I crimini jugoslavi sotto il regime degli Ustasha dott. Haliti Bajram,
scrittore rom (Kosovo)
Jasenovac, Donja Gradina, Ustica dott. Saša Aćić Coordinatore
della C.I. per la verità su Jasenovac
11 ottobre III PARTE h. 9,00
Un viaggio nel dolore, l’esile filo della memoria dott.ssa Carla
Osella, Presidente A.I.Z.O.
I luoghi della memoria, il Porrajmos in Polonia prof. Adam Bartosz,
direttore musei di Tarnow (Polonia)
Il caso dei bambini jenish rapiti dalla Pro Juventute dott.ssa
Silvana Calvo, Svizzera ricercatrice
Il mio nome è Uschi Uschi Waser, Svizzera
La tendenza a minimizzare il Porrajmos prof. Jan Hancock, membro
del Consiglio del memoriale dell’Olocausto negli USA Università di
Austin, Texas
Lo sterminio della mia famiglia m.o. Jovica Jovic
L’internamento di una minoranza durante il fascismo dott.ssa Giovanna
Boursier, storica e giornalista Rai
Il conflitto bellico in ex Jugoslavia e gli aspetti etnici dott.
Jovan Damjanovic, Deputato Repubblica di Serbia
Rapporto dell’indagine sulla condizione di rom, sinti e caminanti in
Italia, on. Letizia De Torre Commissione Cultura, Scienza e
Istruzione Camera dei Deputati
h. 13,00 Pranzo
h. 14,30 Ripresa lavori.
Presiede: dott. Gabriele Guccione, giornalista
I ghetti mentali prof. Maria Teresa Mara Francese Università di
Torino
Una comunità sotto assedio dott.ssa Gabriella De Luca presidente
A.I.Z.O. di Catanzaro
L’intervento dell’UNAR a tutela della parità di trattamento di rom e
sinti Avv. Olga Marotti, UNAR
Testimonianze
Dall’esclusione alla cittadinanza prof. Marcella Delle Donne, Università
La Sapienza di Roma
h. 18,00 CHIUSURA CONVEGNO
Durante il Convegno sarà proiettato il documentario della regista Cioaba "Roma
tears" (Lacrime rom).
Nei locali dell’Università sarà allestita nei giorni del Convegno una mostra
fotografica: "Rom e sinti, il genocidio dimenticato"
Per raggiungere la sede del Convegno:
Dall’Autostrada Torino-Milano: uscire all’ultima uscita, imboccare Corso Giulio
Cesare e proseguire verso il centro.
Dalla stazione F.S. Porta Nuova: linee GTT 68 direzione Cafasso o 61 direzione
Mezzaluna, scendere alla fermata Via Po.
Per partecipare al Convegno è necessario iscriversi scrivendo a:
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Per info: 0117496016 - 3488257600
Il Convegno è realizzato grazie al contributo della Compagnia di San Paolo
di Torino.
Il servizio di catering è offerto da Nova Coop e Meeting Service.
Le Parisien Giudicato per aver pulito la baraccopoli Julien
Heyligen | Publié le 09.09.2011, 07h00
Villabé, il 27 marzo. Serge Guichard (a sinistra), con l'aiuto dei volontari e
degli abitanti della baraccopoli, aveva pulito il campo rom di Moulin-Galant.
Oggi è accusato di "deposito o abbandono sulla strada pubblica di rifiuti e
altri materiali". | (lp/louise combet.)
Nel mese di marzo scorso, Serge Guichard presidente di un'associazione di
sostegno ai rom, aveva aiutato a pulire il campo di Villabé. Una spazzata che
gli costa una denuncia per "deposito di rifiuti su suolo pubblico".
"La solidarietà non è un delitto" Serge Guichard, presidente
dell'Associazione di solidarietà in Essonne, con le famiglie rumene e rom (ASERFF),
lo dice ad alta voce da sempre.
Oggi, la sua frase prende una risonanza del tutto particolare. Il volontario
dovrà comparire davanti al Tribunale di Evry il 22 settembre alle 14.00
"E' totalmente assurdo. Ho pulito il campo rom tra Ormoi, Corbeil e Villabé in
accordo con le autorità e preavvisando gli uffici comunali interessati. Mi
ritrovo oggi denunciato..." dice sospirando. I fatti rimproverati al volontario
risalgono a marzo. Quel mese, con l'aiuto di altri volontari e degli abitanti
del campo, pulisce il campo rom di Moulin-Galant. E' urgente. I ratti invadono
le casupole. Il fiume Essonne, che scorre a due passi, incomincia ad essere
inquinato dall'immondizia. Il consiglio generale, proprietario del terreno,
fornisce i sacchi. In poche ore, circa duemila ne sono riempiti. Prima di
toglierli, la spazzatura viene sistemata lungo la strada. Il consiglio generale
finanzia la raccolta realizzata dai servizi della comunità dell'agglomerato Evry
Centre Essonne (CAECE), del quale dipende Villabé, dove si trova ubicato la
maggiore parte del campo. Un container viene posizionato. Da allora è utilizzato
dai rom ed è regolarmente svuotato dalla CAECE. "Funziona piuttosto bene"
attesta Serge Guichard.
Una petizione di 800 firme.
A luglio, il presidente dell'ASEFRR riceve la chiamata di un ufficiale
giudiziario. Deve andare a prendere una convocazione per il Tribunale. Serge
Guichard, incuriosito, pensa a un "eccesso di velocità un po' elevato". Scoprendo
la verità, casca dalle nuvole. I sostegni del volontario si organizzano. Con una
petizione sono state raccolte finora 800 firme.
Varie associazioni, come la Lega per i diritti dell'Uomo, e associazioni
politiche, come il Partito Comunista, sostengono l'accusato. Alcuni confinanti
con il campo, anche se non ancora pronti a firmare la petizione, sono piuttosto
soddisfatti dell'operazione di pulizia. "E' certamente più pulito di prima. Ora
ciò che occorrerebbe sono dei servizi igienici...." dice una vicina.
Nel frattempo, l'origine della denuncia resta un mistero. Malgrado le sue
richieste, Julie Bonnier-Hamon non ha avuto ancora accesso al fascicolo. "Che
passi così velocemente in aula dopo la denuncia di un confinante mi sorprende.
Potrebbe anche essere che il procuratore abbia fatto tutto lui. Ma l'operazione
era sostenuta da istituzioni importanti. Francamente, questo fascicolo non ha
nessun senso. Pulire un campo rom, non vedo dove sia il male."
TicinonlineGALBISIO
Digiunare per i nomadi E' quanto propone Edouard Wahl in occasione del digiuno federale di domenica
GALBISIO - In difesa dei nomadi si erge una voce e lo fa organizzando un sit-in
silenzioso per difenderne i diritti.
La voce è quella flebile dell'anziano combattente di Brissago, Edouard Wahl,
oggi 88enne ma sempre in prima linea per difendere i diritti delle minoranze.
Wahl, che fa parte della Commissione cantonale nomadi, ha preso a cuore i
problemi degli zingari e vuole farne partecipe l'opinione pubblica tramite
questa iniziativa.
Niente più aree - Zingari che non se la passano tanto bene in Ticino. I problemi
erano cominciati in giugno, quando il Consigliere di Stato Norman Gobbi aveva
annunciato la fine della messa a disposizione di aree per nomadi, visto che
nessun Comune ticinese si era detto disponibile ad accoglierli. Proprio oggi è
giunta la notizia che nel frattempo sarebbe spuntata un'opzione Monte Ceneri: ma
la voce di corridoio ha già provocato la pronta reazione di rigetto del Comune
interessato. Difficile che la soluzione vada in porto.
Anche la Commissione nomadi è finita sotto la scure del ministro leghista.
Fondata nel 1996 e composta da 11 membri, la commissione aveva l'obiettivo di
fare da tramite tra i nomadi e le autorità, favorire la messa a disposizione di
aree di sosta e sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema.
"Commissione inutile" - Norman Gobbi ritiene che la commissione abbia fallito
nel suo intento, visto che in 15 anni di esistenza non avrebbe raggiunto nessun
risultato concreto. "Non voglio sminuire le persone che vi siedono, ma mi chiedo
quale sia il ruolo di una commissione che non arriva a formulare proposte e
spesso rappresenta un esercizio fine a sé stesso."
Gobbi ha pure giustificato la sua decisione di non concedere più aree di sosta
con l'assenza di convenzioni o obblighi internazionali che obblighino il cantone
a farlo. Esiste solo l'invito della Confederazione a realizzarle, invito accolto
però da meno della metà dei Cantoni svizzeri. Il Ticino potrebbe quindi
privarsene senza particolari sensi di colpa.
Obbligo morale - Propositi e affermazioni che hanno fatto sobbalzare Edouard Wahl. "Dire che eliminando le aree di sosta la questione dei nomadi è risolta
non rispecchia la realtà. Abbiamo l'obbligo morale di sostenere questa
popolazione reduce dall'Olocausto" tuona l'arzillo vecchietto.
"I nomadi dei paesi dell'Europa unita possono stare in Svizzera per 3 mesi, come
ogni cittadino, e sono liberi di coltivare il loro modo di vita, legale come il
nostro."
Sit-in silenzioso - Per difendere i diritti dei nomadi Edouard Wahl invita
quindi tutti quanti hanno a cuore il tema a partecipare al sit-in silenzioso che
si terrà a Galbisio in occasione del digiuno federale, domenica 18 settembre,
tra le 16 e le 17.
Si tratta di un'iniziativa personale di Edouard Wahl, che dice di aver ricevuto
parecchi complimenti per la nobile iniziativa, ma di non sapere se altri
esponenti politici saranno presenti. Neanche la presenza degli zingari pare
certa.
"Gli zingari sono nell'area di Galbisio fino al 15 ottobre, ma non li ho ancora
contattati, non so se parteciperanno. Magari lo faranno dopo averne letto sulla
stampa. Comunque la mia è un'azione simbolica, non farò nessun discorso,
risponderò solo ad eventuali domande."
Silvana Calvo 18 settembre 2010:Oggi insieme a Edouard Wahl, abbiamo
protestato perché il nuovo Consigliere di Stato Norman Gobbi sta tentando (ahimè
con successo!) di impedire ai nomadi che tra transitano di fermarsi nel canton
Ticino. Abbiamo chiesto che finalmente vengano finalmente messe a disposizione
delle aree di sosta attrezzate e dignitose. Abbiamo anche chiesto che si faccia
una seria sensibilizzazione della popolazione la quale viene invece da più parti
incitata a pensare dei nomadi in base ai più triti stereotipi e pregiudizi.
Di Fabrizio (del 19/09/2011 @ 09:57:15, in Europa, visitato 1927 volte)
Una breve cronologia che forse potrà interessarvi:
La prima notizia è di fine agosto dalla
Bulgaria, allora non la ripresi su Mahalla perché temevo che finisse
in una bolla di sapone. Circa 10 giorni dopo, la notizia arriva in Italia
tramite
PeaceReporter, che se ne fa anche promotrice. Nel frattempo in
Spagna ci sono lamentele sull'incontro tra Rom, Sinti e gli amministratori
comunali europei, previsto a Strasburgo il 22 settembre.
Ancora una volta ... Chi sa perché?Venerdì, 16 Settembre 2011 alle
ore 12:54
Apprendiamo dalla rete che il giorno 01 Ottobre 2011 in molte capitali
europee si svolgerà la prima giornata per l'orgoglio rom, il Pride rom,
l'iniziativa in Italia è stata promossa da SOS razzismo e da Partida romilor.
In Italia non sono state coinvolte organizzazioni romanì nella promozione di
questa mobilitazione. Chi sa perché?
La Federazione romanì NON è stata interpellata e coinvolta, attivamente e
propositivamente, per la realizzazione di questa manifestazione.
Chi sa perché?
Scrivono gli organizzatori italiani che si tratta di una mobilitazione "per
denunciare le discriminazioni razziali di cui sono vittime i rom, gli zigani e i
gitani di tutta Europa" e già i termini utilizzati dalla comunicazione dei
promotori italiani (rom, zingari e gitani!) fanno presagire gli effetti
collaterali per la popolazione romanì.
E' possibile promuovere una manifestazione senza il coinvolgimento attivo e
propositivo della rappresentatività (credibile e documentata) dei diretti
interessati?
Quando si tratta di popolazione romanì tutto diventa possibile, anche quello di
violare la regola più elementare della discriminazione: la partecipazione attiva
e propositiva, credibile e qualificata, dei diretti interessati.
La Federazione romanì denuncia che ancora una volta il disagio della nostra
popolazione è utilizzato per perseguire finalità diverse dai bisogni delle
comunità Rom, Sinti, Kalè, Manousches, Romanichals, cioè la popolazione romanì.
Dott. Nazzareno Guarnieri – Presidente Federazione romanì
A cui segue questa comunicazione da parte del presidente della Federazione
Rom e Sinti Insieme di venerdì 16 settembre 2011 alle 14:00:
Dopo aver appreso da un nostro associato dell'iniziativa denominata Pride
Rom, mi sono messo in contatto con la responsabile di Sos Razzismo Italia che
non ha risposto in maniera soddisfacente a semplici domande sull'iniziativa. In
particolare è evidente che le associazioni sinte e rom italiane (ma anche molte
altre associazioni rom e sinte europee) non sono state coinvolte in nessun modo
alla preparazione dell'iniziativa e questo lo ritengo un grave errore. Per
questa ragione appoggio, a nome della Federazione Rom e Sinti Insieme, il
comunicato di Nazzareno Guarnieri, Presidente della Federazione Romanì.
Distinti saluti
Presidente Federazione Rom e Sinti Insieme
Radames Gabrielli
Ultime notizie: la Federazione Romanì organizzerà qualche giorno
prima del 1 ottobre una conferenza stampa per far conoscere la propria posizione
sulla manifestazione. Questa conferenza stampa ha anche l'appoggio della
Federazione Rom e Sinti Insieme.
Basildon è stata costruita per dare casa a chi non l'aveva - ora sta creando
centinaia di homeless. Grattan Puxon, segretario, Dale Farm Housing
Association
I diritti umani sono popolari quando riguardano altri paesi, ma non quando si
tratta di assicurarli a casa propria. Richard Howitt, parlamentare europeo
Di Fabrizio (del 12/09/2011 @ 09:04:01, in Europa, visitato 2819 volte)
Diverse notizie provenienti dalla Romania. Nella prima torna
la città di
Baia Mare: non contente di isolare l'insediamento dei Rom con un muro di
cinta (ma in Italia
non siamo messi meglio), le autorità stanno provvedendo alla demolizione e
allo sgombero di parte della comunità; la notizia arriva da
Romanian_Roma. Nella seconda, un appello di
Amnesty International dell'agosto scorso.
Nella terza, ancora da
Romanian_Roma, una singolare iniziativa in Transilvania.
Bucarest, 02/09/2011 - I gruppi per i diritti umani stanno protestando
contro i piani del sindaco Constantin Chereches volti allo sgombero di centinaia
di Rom dalle case di Baia Mare, nella Romania nord occidentale, ed alla
demolizione degli edifici.
"Il mio progetto è perfettamente legale, dato che i Rom hanno costruito
queste case senza alcun rispetto della legge", ha detto giovedì il sindaco.
"La misura si applicherà a diverse centinaia di persone che non hanno
documenti d'identità e residenza registrata a Baia Mare," ha aggiunto Chereches.
"Nessuno dovrebbe dirmi che non rispetta la legge."
L'ambasciata USA a Bucarest e diverse OnG, compresa Amnesty International,
hanno espresso il proprio sgomento.
L'ambasciatore USA Mark Gitenstein ha detto che alle famiglie dei Rom non
sono state notificati i previsti lavori di demolizione, che dovrebbero iniziare
il 5 settembre, e che il piano di sgombero ignorerebbe le loro preoccupazioni
sulla salute e sulla sicurezza.
"Facciamo eco ai sentimenti da Amnesty International ed a quanti altri hanno
dichiarato che questi sfratti e demolizioni non devono effettuarsi," ha
continuato l'ambasciatore.
Mercoledì, Amnesty International ha emesso un comunicato stampa, dicendo che:
"Ancora una volta, le autorità rumene stanno apertamente discriminando i membri
della comunità rom. Quando le autorità sgomberano le comunità rom contro la loro
volontà, senza un'adeguata consultazione, opportuno preavviso o adeguate
soluzioni abitative, violano le leggi internazionali e regionali sui diritti
umani che il governo della Romania ha sottoscritto," ha detto Jezerca Tigani,
vicedirettore di Amnesty per l'Europa.
Chereches ha reagito giovedì, dicendo che tanto l'ambasciata USA che i gruppi
dei diritti umani erano stati "male informati" e ha condannato un "tentativo
inaccettabile di porre pressione alle autorità locali."
A giugno, Chereches aveva suscitato polemiche ordinando la costruzione di un
muro cintato di tre metri di altezza e lungo 100 metri, tutto attorno agli
edifici in ci i Rom vivono in città.
Ufficialmente, la misura era per proteggere i bambini da incidenti stradali,
ma qualcuno l'ha visto come parte di una politica di ghettizzazione forzata.
La comunità rom in Romania sta lottando contro discriminazione, bassi tassi
di alfabetizzazione e disoccupazione massiccia. Ufficialmente conta circa
550.000 componenti in un paese di 21 milioni, ma è opinione diffusa che siano
almeno il doppio nel paese.
Molti di origine rom non dichiarano la loro etnia nei censimenti, a causa dei
diffusi pregiudizi che devono affrontare.
Raramente i Rom possiedono terreni e proprietà, e sono ulteriormente
svantaggiati dalla mancanza di alloggi sociali in un paese dove ormai il 97%
degli alloggi è privato.
Appelli - Proteggere il diritto all'alloggio
nella nuova legislazione della Romania
In Romania le persone più povere e svantaggiate non possono accedere a un
alloggio adeguato a causa del sistema giuridico vigente nel paese. Il diritto a
un pieno accesso a un alloggio adeguato non è riconosciuto o adeguatamente
protetto dall'attuale legislazione romena.
In tutto il paese, il modo in cui vengono condotti gli sgomberi forzati dei rom
e le minacce di sgomberi che i rom subiscono continuamente perpetuano la
segregazione razziale. Negli ultimi anni, le comunità rom sono state sgomberate
e trasferite vicino a discariche, impianti di depurazione o in aree industriali
alla periferia delle città. Quando questo accade, i rom non solo perdono le loro
case e i loro averi, ma anche le loro reti sociali, l'accesso al lavoro e ai
servizi statali.
Quando le autorità sgomberano le comunità rom contro la loro volontà, senza
un'adeguata consultazione, opportuno preavviso o adeguate soluzioni abitative,
violano le leggi internazionali e regionali sui diritti umani che il governo
della Romania ha sottoscritto, quali il Patto internazionale sui diritti
economici, sociali e culturali e la Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Attualmente, il ministero dello Sviluppo regionale e del turismo sta rivedendo
la legislazione nazionale sull'alloggio. La prevista riforma della legge è
un'occasione per il governo della Romania per portare il proprio quadro
normativo nazionale in materia di alloggio, in linea con gli standard
internazionali e regionali sui diritti umani.
I distributori di energia solare
Phaesun GmbH di Memmingen
(Germania) ad agosto 2011 hanno portato a termine un progetto Green Power,
assieme all'iniziativa "Students in
Free Enterprise" (SIFE) dell'Università
di Regensburg.
Il progetto sostiene la popolazione rom in Romania, fornendo a 30 famiglie
nei villaggi di Rosia, Nou e Daia in Transylvania di sistemi PicoPV per
fornitura di corrente elettrica fuori rete. Phaesun ha donato i sistemi PicoPV.
Forniscono un'illuminazione elettrica affidabile e la possibilità di caricare i
telefoni cellulari e gestire altri piccoli apparecchi elettrici. Gli studenti
FISE sono stati addestrati al montaggio e alla riparazione dei sistemi Phaesun
ed hanno immediatamente trasmesso le loro conoscenze ai gestori locali del
progetto in Romania, che potranno impratichirsi sul posto.
"In Romania la popolazione rom è tuttora discriminata. Molti insediamenti non
sono collegati alla rete elettrica ed ai bambini spesso è negato l'accesso
all'istruzione, che si traduce in problemi come alti tassi di disoccupazione ed
alcolismo.", spiega Daniel Kaiser, responsabile del progetto SIFE. "Abbiamo
sviluppato un concetto olistico per sostenere le famiglie rom, incentrato su
istruzione, elettrificazione e generazione di reddito, iniziando nel marzo 2011
a realizzare il progetto. Così, siamo in grado di dare un contributo al
miglioramento a lungo termine delle condizioni di vita delle famiglie rom."
Il mantenimento del sistema è portato avanti da partner di progetto locali.
Questi includono l'amministrazione locale, l'ideatore Eginald Schlattner, come
pure due studenti di Rosia, laureandi in ingegneria elettrica, che ora sono in
grado di finanziarsi tramite una borsa di studio e la gestione di una stazione
di ricarica. Sono responsabili del buon funzionamento dei sistemi nel villaggio
e di una convenzione tra la stazione di ricarica ed i negozi di alimentari, dove
con un piccolo supplemento è possibile per le famiglie senza corrente elettrica
è possibile ricaricare i telefoni cellulari e le lampade con batterie integrate.
Spiega
Tobias Zwirner, amministratore delegato di Phaesun GmbH: "Conosciamo i problemi
che si verificano in Romania, dato che abbiamo lì già realizzato diversi
progetti relativi alla fornitura di corrente elettrica fuori rete, in
collaborazione con partner locali. La popolazione rom è spesso esclusa dai
servizi al pubblico e gli insediamenti spesso non hanno accesso alla rete
elettrica. I sistemi PicoPV per l'efficiente fornitura di piccoli carichi
offrono una buona possibilità per coprire il fabbisogno basico di elettricità de
può essere esteso secondo le richieste degli utenti."
SIFE sta per Studenti in Libera Impresa ed è un'organizzazione
internazionale di studenti che cercano di collegare l'impegno sociale con
l'attività imprenditoriale. Il gruppo SIFE dell'università di Regensburg è
attiva dal 2009 principalmente nell'Europa orientale.
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