Di Sucar Drom (del 19/07/2011 @ 09:02:32, in blog, visitato 1437 volte)
L'European Roma Rights Centre cerca tirocinanti
L'European Roma Rights Centre (Centro Europeo dei Diritti dei Rom) sta cercando
tirocinanti per il periodo Settembre 2011-Febbraio 2012. Verranno selezionati
sia tirocinanti rom e sinti che non rom e sinti, ma soltanto ai tirocinanti
sinti e rom verrà corrisposto uno stipendio...
UE, un quindicenne su cinque ha problemi di lettura
In Italia il 21% dei quindicenni incontrano difficoltà a leggere, come del resto
in Europa dove in media un quindicenne su cinque - ma con punte del 40% per
Bulgaria e Romania - non sono in grado di leggere adeguatamente. E' quanto
emerge da uno studio elaborato...
Accordo UE e COE per formare 1.000 mediatori sinti e rom
Il Segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjorn Jagland e la Commissaria
europea a Educazione, cultura, multilinguismo e gioventù Androulla Vassiliou
hanno siglato una dichiarazione congiunta nella quale approvano l’accordo
raggiunto in occasione del Comitato dei ministri del Cons...
Campobasso, la favola "zingari rapitori" colpisce ancora...
Ci risiamo, quando un bambino scompare rispunta inevitabilmente nel nostro Paese
la pista degli “zingari”, come vengono chiamati in maniera etnocentrica e
dispregiativa le persone appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom.
In questo caso le bambine sono due, Alessia e Livia, e sono scomparse con il
papà lo scorso 28 gennaio...
L'ammazza-Internet è ancora un rischio
Dopo mesi di annunci, smentite, polemiche, autorevoli e comunicati stampa,
questa mattina, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha, finalmente -
non perché se ne avvertisse il bisogno ma perché ciò varrà almeno a consentire
un confronto più obiettivo e meno emotivo - pubblicato la delibera contenente lo
schema...
Roma, scintille tra Alemanno e la Caritas sul piano rom (2)
Dilettanti allo sbaraglio. Non sembra esserci espressione più appropriata per
definire l’ondivago e claudicante procedere della giunta Alemanno su qualsiasi
tema che abbia un minimo di impatto sociale e mediatico. A tornare per qualche
ora sotto i riflettori è stato stavolta il famoso “piano rom”, più volte
sbandierato dal primo cittadino della capitale come un esem...
Napoli, torna l'incubo dei pogrom
Paura a Poggioreale dopo il raid di una decina di persone che hanno seminato il
terrore fra donne e bambini nell'insediamento rom. Il 'commando' ha minacciato
le famiglie di ritornare se non avessero abbandon...
Bari, Nichi Vendola ha incontrato Jeroen Schokkenbroek
Il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola (in foto) ha incontrato il 15
luglio a Bari Jeroen Schokkenbroek, il giurista olandese nominato rappresentante
speciale del nuovo segretario generale del Consiglio d'Europa...
Palermo, terreni confiscati alla mafia per le famiglie rom
Trasferiti in terreni confiscati alla mafia, nelle zone più periferiche di
Palermo lontani da viale del Fante. A Palermo potrebbe essere questo il futuro
dei rom che vivono da anni in città. Il degrado profondo che caratterizza ogni
angolo del cosiddetto...
"Non uso il concetto della cosiddetta integrazione rom. Lo trovo
compulsivo. Non hanno bisogno di essere integrati... quello che dobbiamo
ottenere è che la società rom e quella ungherese lavorino e vivano assieme" -
dice Vilmos Kozáry,
fondatore del Romaster Program, che opera dal 2007, e sostiene che la soluzione
del problema risiede nel sostenere all'interno la formazione accademica rom.
Che idee ha lanciato il programma e come è stato impostato il corso?
Il programma Romaster è fondamentalmente una mia idea. Ho registrato il nome
e l'ho dato al Forum Leader d'Affari Ungheresi (HBLF), un'istituzione che ha
operato in Ungheria negli ultimi venti anni, principalmente si occupano di
responsabilità sociale. I suoi membri, incluso un centinaio di compagnie e
imprese ungheresi e straniere, ritengono che una buona resa economica non sia
sufficiente di per sé. Il loro legame con la società dovrebbe caratterizzarle
quanto il profitto che producono. Questa responsabilità appare anche nella loro
appartenenza, perciò vengono supportati diversi tipi di programmi collegati a
donne e genere, ambiente, volontariato e pari opportunità. L'ultimo gruppo di
lavoro citato è guidato da me, dove viene enfatizzato il collegamento tra Rom e
resto della società. Il nostro scopo è che i Rom siano riconosciuti in generale,
o almeno i nostri membri, componenti importanti della società ungherese - che
diviene evidente solo quando vengono offerte più opportunità ai lavoratori rom.
Il programma nasce con lo scopo di aiutare altri giovani Rom ad entrare
nel mondo del lavoro. Chi sostenete in primo luogo?
Sosteniamo giovani Rom svantaggiati dai 14 anni sino al diploma, che vadano
bene a scuola, abbiano buone capacità linguistiche e tendono a proseguire gli
studi in economia, ingegneria, legge o scienze mediche. Lo scopo della
formazione è massimizzare le loro opportunità di impiego immediato. Dopo tutto,
chi li appoggia li adopererà per fornire opportunità d'impiego alla propria
compagnia. Per esempio, la banca Raiffeisen supporta gli studenti della facoltà
di economia.
Da dove vengono i fondi?
I 20.000 fiorini della borsa di studio che forniamo loro mensilmente vengono
dalla compagnia d'appoggio. Il programma non fruisce di sovvenzioni statali.
HBLF funge da coordinatore. L'anno scorso è stata istituita una fondazione,
attraverso cui avvengono i trasferimenti. I ragazzi ricevono la somma totale, i
costi amministrativi sono coperti da HBLF.
20.000 fiorini al mese non risolveranno tutti i problemi, ma se vengono spesi
secondo i bisogni degli studenti, l'aiuto dato vale ogni centesimo. Possono
iscriversi a corsi di lingua, viaggiare all'estero, comprare libri, ecc.
Ci sono altre compagnie che forniscono ulteriori sostegni in natura.
Tuttavia, forse l'aiuto più grande proviene dai mentori.
Che ruolo ha un mentore?
I nostri mentori sono a disposizione degli studenti 24 h. al giorno, 7 giorni
su 7, e forniscono aiuto per qualsiasi tipo di problema. Visitano l'azienda data
su base regolare, garantiscono stage estivi e supervisionano lo sviluppo degli
studenti. Essendo sempre accessibili, i mentori servono come un collegamento
costante.
Il programma è popolare?
E' difficile ottenere l'appoggio delle compagnie e dei loro leader. Anche se
non si richiede loro molti sforzi per supportare un ragazzi, questi ultimi
possono (probabilmente) non raggiungere il profitto atteso. Il finanziamento
annuale di un alunno costa 1.000 euro all'anno, una somma trascurabile. Le spese
per i mentori sono significativamente più alte, ma difficili da definire in
termine di tempo e denaro.
Attualmente sono supportati 50 studenti, 2 dei quali si sono recentemente
diplomati ed hanno già un lavoro. Non è facile attrarre costantemente
attenzione, dato che in Ungheria non abbiamo ancora un programma simile.
Speriamo che i giovani rom coinvolti diventino ambasciatori di questo programma.
L'unica possibilità per l'avanzamento sociale è l'istruzione, perché apre le
porte. Con l'aiuto di psicologi, puntiamo a prepararli anche al loro ritorno,
dato che il loro ambiente spesso tende a trattarli come estranei o alieni.
Perché il ritorno è così difficile?
L'ambiente da cui provengono non valorizza il lavoro e l'istruzione. Di chi
sia la responsabilità, individuale o della società, è una questione complessa.
Credo che da entrambe le parti bisogni iniziare ad avvicinarsi.
Cerchiamo anche di aiutarli anche con il coinvolgimento di esperti; per loro
è assolutamente essenziale preservare la loro identità, nonostante il cambio di
ambiente. Tuttavia, rimane la questione: come si comporteranno nella vita di
ogni giorno dopo la fase di supporto, è qualcosa a cui solo loro potranno
rispondere.
I ragazzi che sostenete, sono in contatto l'un l'altro?
C'è un elemento all'interno del programma, chiamato Romaster Alumni, che è
una comunità sociale per chi si laurea nella medesima istituzione. Fornisce loro
la possibilità di rimanere in contatto, condividere esperienze ed incoraggiarsi
l'un l'altro, ed in quanto tale, gioca un ruolo importante nella loro vita.
Le persone coinvolte quali prospettive hanno in programma?
Se qualcuno è incline a credere che questo lo toglierà dalla povertà, ho
paura che si sbagli. Noi cerchiamo di dare una visione realistica. Ciò che
offriamo è un piccolo sostegno finanziario, mentoraggio, relazioni e migliori
possibilità di impiego. Tutto ciò può contribuire al beneficio degli studenti se
sono capaci e vogliono impegnarsi tramite duro lavoro e sforzi. Così potrebbe
funzionare per arrivare alle compagnie se i loro sforzi si rivelassero
nonostante tutto insufficienti. Diamo loro l'opportunità di orientarsi più
facilmente nel mondo del lavoro. Motivandoli a studiare e lavorare, qui è il
fattore chiave. (Lo so) C'è una grande quantità di idealismo alla base del
concetto, ma senza questo non nascerebbe niente.
Alla luce di quanto detto, possiamo considerare di successo questo
programma?
Anche se il programma è stato lanciato non molto tempo fa, i risultati
sinora ottenuti son estremamente positivi. Nel bilancio includiamo tanto le
risposte dei Rom che pubbliche, ed in entrambe i casi, l'accettabilità è
piuttosto alta. E' un regalo ed un'opportunità perché i giovani rom migliorino
ulteriormente le loro motivazioni. Naturalmente sono costantemente monitorati e
posti di fronte a (certe) esigenze didattiche, ma le regole non sono così
rigorose. Quanti sono coinvolti nel programma, apprezzano molto di far parte
della comunità.
Anche le compagnie coinvolte hanno grandi benefici. Si verificano cambiamenti
significativi di prospettiva, soprattutto quando vengono supportati ragazzi rom.
Possono esserci molti discorsi sociali e conferenze per affrontare il problema,
ma la reale comprensione avviene solo quando si agisce assieme.
Secondo me gli intellettuali rom sono un media che (potenzialmente) hanno
un'influenza dominante sulla loro società. Credo che la soluzione chiave sia che
la società rom guadagni conoscenza nella cultura maggioritario, abbracciandosi
l'un l'altra. Non uso il concetto della cosiddetta "integrazione rom". Lo trovo
compulsivo. Non hanno bisogno di essere integrati, non è questa la soluzione.
Ciò che si deve ottenere è che le società rom e ungherese lavorino e vivano
assieme. I processi di alienazione, il declino del ruolo della famiglia, la
perdita del senso di amicizia, non possono essere percepiti all'interno delle
comunità rom. Difatti, ci sono molti controesempi: sono famiglia-centrici,
ricchi di emozioni, innamorati della musica. Loro trasmettono anche questi
valori, che vale la pena di adottare. Quindi, di nuovo, adattarsi a noi in tutte
le aree della vita ed aspettare che abbandonino i loro costumi non è la
soluzione.
Il programma Romaster è stato mutualmente lanciato dal Forum Leader d'Affari
Ungheresi (HBLF) e da IBM Ungheria a febbraio 2007. Intende aumentare la
comunità di quanti nella società rom posseggono adeguate competenze linguistiche
e titoli di studio.
Il programma è gestito dalla fondazione Romaster in conformità alle compagnie
di sostegno. Il supporto è costituito da tre pilastri: finanziamenti aziendali,
tutor nominati dalle aziende e stage.
Di Fabrizio (del 18/07/2011 @ 09:24:44, in Kumpanija, visitato 1504 volte)
Segnalazione di Paolo Ciani
GLI ZINGARI IN LIBANO, COMUNITA' AI MARGINI In Europa li chiamiamo Rom, in Medio Oriente Dom. Ma per i popoli arabi sono
semplicemente "nawar". Sono zingari, una volta nomadi, ora stanziali, in Libano
sono tra le comunità più emarginate. DI BARBARA ANTONELLI
Roma, 15 Luglio 2011 – Nena News – Sono 2,2 milioni in tutto il Medio
Oriente, tra Libano, Giordania, Territori Palestinesi, Turchia, Iran e Iraq.
In Libano sono una delle comunità più emarginate. Rom in Europa, Dom in Medio
Oriente è il nome che designa le comunità "zingare"*. I loro
antenati, secondo la teoria ormai accettata, sono migrati verso ovest,
dall'India, più di 1000 anni fa. Quando si parla di loro nei paesi arabi, ci si
riferisce a "nawar". Un termine che se usato per designare queste comunità,
assume una connotazione negativa, spesso associato a sporcizia, pigrizia, furto,
elemosina e una moralità discutibile. Vale a dire che, anche il più povero tra i
libanesi, si sente superiore ad un Dom.
Si calcola, secondo uno studio fatto nel 2000, che nel paese dei Cedri, ve ne
siano circa 8000; famiglie numerose con una media di 7, 8 bambini per nucleo,
vivono ai margini delle città, in baraccopoli, in prossimità di altri gruppi
marginalizzati dalla società, come i profughi palestinesi o i libanesi poveri.
A differenza dei profughi palestinesi e dei beduini però, con i quali vengono
spesso erroneamente confusi, sono stati "naturalizzati" dal governo libanese nel
1994; ma la cittadinanza non gli assicura l'accesso ai più basilari diritti
umani. Né li tutela dall'emarginazione e la discriminazione. Sono infatti più
poveri dei profughi palestinesi, secondo una recente ricerca della ONG Terre des
Hommes (basata su interviste a comunità in 4 diversi luoghi del paese dei Cedri)
in collaborazione con la libanese Insan; se infatti secondo i dati rilasciati
dall'American University di Beirut, in media un profugo palestinese in Libano
vive con 2,7 dollari al giorno, il 30% dei Dom sopravvive con meno di 1 dollaro
al giorno. Un alto tasso di disoccupazione, dato che oltre il 44% non lavora, e
il resto sopravvive tra elemosina e "lavoretti" improvvisati, tra cui suonare a
feste e matrimoni.
Un popolo nomade che dopo la naturalizzazione è diventato stanziale, come i
beduini, stabilendosi in ricoveri precari, fatti di latta, zinco, e legno. Il
36,4% di loro non riceve acqua potabile e la maggior parte delle abitazioni non
è connessa al sistema fognario. Circa il 68% dei minori di 18 anni non ha mai
messo piede in un'aula scolastica. Sono i minori i più vulnerabili nella
comunità Dom: esposti a violenze, malnutrizione, condizioni di lavoro precarie,
quando non pericolose, sfruttamento.
Secondo il direttore della ONG Insan, Charles Nasrallah, "l'accesso di queste
comunità all'assistenza legale, al sistema sanitario ed educativo e ad
un'adeguata quantità di cibo, non è garantito". Problemi a cui si aggiunge la
marginalizzazione sociale. Ignorati dai libanesi, ma anche dalle ONG e dalle
agenzie umanitarie.
E non è un caso che poco si sappia su di loro, e che in questo senso la
ricerca congiunta di Insan e TDH rappresenti uno dei pochi documenti disponibili
su questo gruppo etnico. Uno studio volto ad individuare bisogni e necessità
delle comunità Dom, ma anche a valutare l'impatto sulla società libanese e la
percezione che se ne ha.
Come risposta all'emarginazione, i Dom hanno interiorizzato gli stereotipi
negativi che gli sono stati "appiccicati" addosso in questi anni, tanto da
rifiutare la loro cultura e le loro tradizioni, sottolinea la ricerca. Secondo
TDH, i pregiudizi contro questa comunità sono un macigno tale che i Dom stessi
desiderano lasciarsi alle spalle la loro "identità etnica". Lo dimostra il fatto
che la lingua Domari, ciò che li accumuna ad altre comunità in tutto il Medio
Oriente (sebbene coesistano altri dialetti), quindi il marchio indelebile della
loro identità, sta rapidamente lasciando terreno all'arabo. Tra gli
intervistati, metà degli adulti, ma solo un quarto dei bambini, parlano il
Domari; una lingua, di cui non esistono né libri, né testimonianze (i Dom in
Medio Oriente usano infatti l'arabo per scrivere). Nena News
* Dom è una parola di origine indiana; secondo lo storico
britannico Donald Kenrick, , la coesistenza di entrambi le parole si deve al
fatto che la prima lettera era pronunciata "dr"; ma altri studiosi rifiutano
tale tesi.
NDR: Contemporaneamente è uscito un articolo (in inglese) sui Dom del
Libano su
MiddleEast.com
Di Fabrizio (del 17/07/2011 @ 09:05:08, in scuola, visitato 1206 volte)
Il laboratorio chiamato "Convergenze" che l'Associazione "Terra di Confine"
Onlus – Sez. AIZO (Associazione Italiana Zingari Oggi) di Catanzaro, sta
svolgendo all'interno dell'IPM di Catanzaro è parte integrante di un progetto
più ampio denominato "A più voci: una rete per la prevenzione", finanziato con i
fondi di cui al Bando 2008, "Perequazione per la progettazione sociale regione
Calabria".
Il progetto a valenza regionale, che si sta attuando nei territori delle
provincie di Catanzaro, Crotone e Reggio Calabria, con una durata di 24 mesi, ha
come finalità la presa in carico da parte delle comunità territoriali delle
problematiche del disagio giovanile.
La delinquenza minorile è tutt'altro che un problema marginale. Da un punto di
vista statistico è meno rilevata di quanto sia in realtà (il "numero oscuro" è
molto alto, dal momento che spesso si preferisce evitare ad un minore la
punizione legale).
Nelle scuole italiane, secondo il ministero della Pubblica istruzione, ogni anno
si verificano circa 2mila reati. E i colpevoli sono loro, giovani al di sotto
dei 18 anni, che occupano sempre di più le prime pagine dei giornali con le loro
storie di violenza, disadattamento e solitudine.
L'analisi della devianza minorile rom necessita di una spiegazione sia
antropologica che strutturale perché tra i rom non esistono i minori, si passa
dall'infanzia all'età adulta quasi attraverso un "rito di passaggio" tipico
delle società arcaiche, all'età di 14/15 anni sia le donne che gli uomini sono
dei perfetti adulti in grado di mettere su famiglia con tutti i doveri che ne
conseguono. Parlare di rieducazione con loro ha un significato diverso, parlare
di reinserimento non ha senso nei termini in cui si prevede per gli altri
minori, lui il ragazzo rom rientra nella comunità di appartenenza dove chi ha
avuto precedenti penali non viene assolutamente discriminato; il discorso che va
fatto con i minori rom è quello della prevenzione e del creare nuove opportunità
attraverso la scuola e la formazione lavoro.
Il popolo rom presente sul nostro territorio non è un popolo di stranieri ma si
tratta di Comunità Rom storiche, quelle che sono arrivate nell'Italia
centro-meridionale e quindi in Calabria, intorno al 1400 e che vivono in maniera
stanziale sul nostro territorio da più di cinquant'anni. Oggi sono cittadini
italiani da molte generazioni, sono iscritti alle anagrafe, votano, mandano i
loro figli a scuola, eppure continuano a rappresentare un corpo estraneo
all'interno della nostra città. Ulteriore puntualizzazione che richiede di
essere fatta è che a distanza di secoli o se vogliamo di soltanto cinquant'anni,
le problematiche delle cosiddette comunità storiche, vengono affrontate sempre a
livello di emergenza sociale, e molto spesso, soprattutto negli ultimi anni,
come problema d'ordine pubblico. Gli errori nascono dall'incomprensione, i
non-rom non conoscono la cultura del popolo rom, anzi, sono spesso fin troppo
convinti che essi siano "nomadi, disonesti ed incapaci di inserirsi nella
società moderna".
"Terra di Confine" ha già portato avanti un progetto simile presso l'IPM, con un
gruppo di minori rom. L'esperienza iniziata il 5 luglio 2010 è conclusasi il 23
dicembre 2010 ha evidenziando la sua valenza e messo in atto le sue potenzialità
future. Il progetto ha previsto oltre al recupero scolastico con i minori, anche
la mediazione familiare, richiesta dai ragazzi, con incontri periodici con i
congiunti. Benché i ragazzi abbiano la possibilità delle visite parenti, oltre a
quella di poter ricevere e spedire lettere, quest'azione si è rilevata oltre
modo importante per loro. Non sono solo le notizie che risultano importanti per
i ragazzi ma la capacità di chi ormai opera con il popolo rom da quasi 18 anni,
di decodificare e di capire un linguaggio simbolico che chi non conosce la
cultura rom non può fare.
L'intervento avrà la durata di 6 mesi, i laboratori si svolgeranno una volta
alla settimana e avranno la durata di due ore, sono state previste 4 ore mensili
da dedicare alla mediazione familiare e ad attività che coinvolgeranno anche gli
altri minori detenuti, da concordare volta per volta.
Il breve percorso di conoscenza della storia e cultura Rom sarà articolato in
laboratori tematici, il metodo utilizzato sarà quello dialogico. I ragazzi
saranno stimolati al confronto, partendo dalla presa di coscienza dei propri
pregiudizi, si promuoverà la relazione con l'altro in quanto portatore di una
diversità che non deve far paura ma arricchire.
I laboratori di supporto scolastico, rivolti esclusivamente ai minori rom,
avranno lo scopo di aumentare e potenziare le conoscenze e le competenze di
questi ragazzi che spesso non hanno svolto un percorso scolastico adeguato,
molti di loro infatti non hanno concluso l'iter della scuola dell'obbligo, molti
sono quasi totalmente analfabeti. Il confronto con gli altri, anche all'interno
del carcere minorile, diventa ancora più difficile se le condizioni di partenza
sono estremamente distanti e provocano disagio.
Le finalità sono quelle di dare maggiori opportunità a questi ragazzi attraverso
un percorso di consapevolezza che passa attraverso il recupero delle proprie
radici, la possibilità di far conoscere anche agli altri il loro mondo per
superare una visione fatta di pregiudizi e di stereotipi, aumentare le proprie
competenze per mettersi alla pari coi tempi.
La scelta di operare all'interno di un Istituto per Minore e di farlo nei
confronti dei ragazzi rom nasce da una precisa esigenza la possibilità di
intervenire su questi ragazzi in un momento particolare della loro vita che è
quello della detenzione, perché farlo quando sono liberi è estremamente
difficoltoso. Confrontarsi con la realtà del carcere è un'esperienza sicuramente
arricchente, sia sul piano professionale che su quello umano, ma che altresì
crea contraddizioni e lacerazioni, dubbi ed incertezze, a cui spesso è difficile
dare delle risposte. Bisogna avere la capacità di entrare in punta di piedi in
questo "mondo parallelo", ascoltare, non farsi troppe domande, sospendere il
giudizio, fino ad arrivare e capirne il linguaggio e le regole che "regnano
sovrane". Spesso ho sentito dire, da esperti e addetti ai lavori, che bisogna
avere la capacità di far diminuire il gap esistente tra il dentro e il fuori…
spesso quello che mi porto dietro è la sensazione di un dentro come ripiegato su
se stesso e un fuori troppo distante! I ragazzi rom all'interno di questo "mondo
parallelo", seppur in maniera meno palese, continuano a mantenere la loro
specificità che spesso non viene presa in considerazione, ma negarla non
significa renderli uguali agli altri ma semplicemente privarli della possibilità
di raccontarsi!
Maria Gabriella De Luca - presidente "Terra di Confine" sez. Aizo di
Catanzaro
L'articolo è stato pubblicato pochi giorni fa su "Il cielo è di tutti ... quelli
che hanno le ali" Periodico dell'Istituto Penale per Minorenni "Silvio
Paternostro" di Catanzaro - sarà pubblicato nella prossima uscita della rivista
del Csv di Catanzaro - verrà inoltre pubblicato sul prossimo numero della
rivista a tiratura nazionale "Zingari Oggi" semestrale dell'Aizo.
ImmigrArte - La Deriva d'Europa. Sentiamo parlare di zingari, rom o nomadi
pensiamo subito a persone sporche, pericolose, che vivono rubando, che non
penserebbero mai a lavorare o a mandare i loro figli a scuola per un futuro
migliore. Ma fino a che punto questa immagine corrisponde a verità? A tal
proposito prende il via una serie di iniziative rivolte ad una realtà
sconosciuta, circondata dal silenzio[]// e avvolta nel mistero, nel mito e nella
leggenda.
L'Associazione culturale multietnica reggina "Terra senza confine", guidata
da Grazia Marghe Siclari, in collaborazione con la Cooperativa Rom 1995,
presenta "Nomadi per decreto". Un testo scritto da Antonello Mangano, che tratta
non solo il tema dei rom ma, scandito in viaggi ci presenta la difficile vita
dei migranti in Italia; sarà interpretato, domenica 17 Luglio p.v. alle ore
20:30 nei locali della stessa Cooperativa in via Reggio Campi II° tronco 199, da
Francesco Iocolano con l'ausilio della performance scenografica di Taciana
Coimbra. Le musiche sono state composte da Salvatore Familiari e Bruno Panzera e
saranno eseguite da: Salvatore Familiari (chitarra), Bruno Panzera (chitarra),
Marco Modica (violino), Martino Conserva (piano), Giuseppe Gioffrè (tromba).
Un ricco programma quello di domenica sera, che rientra nell'ambito delle
manifestazioni celebrative del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, e vedrà
anche la presentazione e powerpoint a cura di Alla Leontyeva e l'intervento del
presidente della Cooperativa Rom 1995 Domenico Modafferi. Inoltre, negli stessi
locali della Cooperativa Rom 1995, verrà inaugurata la mostra collettiva degli
artisti: Taciana Coimbra, Grazia Siclari, Gopal Saha che resterà aperta al
pubblico fino al 23 Luglio p.v., dalle ore 10:00 alle ore 20:00. Il ricavato
della vendita delle opere verrà devoluto in parte alla Cooperativa Rom 1995, in
parte all'Associazione "Terra senza confine" che con queste entrate
autofinanzierà i propri eventi e i corsi d'italiano per stranieri.
Non ci capisco più niente. La Lega a Padova
vorrebbe arruolare tra le sue fila un (bravo) cantante notoriamente "culattone" (uso
le stesse parole di quella cima di Renzo Bossi), perché con le sue
proteste ha fatto
cacciare una famiglia di Rom.
Un giorno bisognerà chiedere agli aspiranti stregoni, che trovo insopportabili
da quando hanno scoperto la parola "casta" e vogliono sostituirsi a partiti,
sindacati ecc., dove vogliono andare a parare.
Ma non si tratta di razzismo, di fascismo... Mi sembra piuttosto un modo di
dire, tipicamente italiano, tutto e il suo contrario - un colpo al cerchio e uno
alla botte - nella speranza di passare osservati in qualche modo, non importa
quale.
Qualcuno dice: comunque, non bisogna confondere il "profeta" con chi fa parte
del suo movimento; come se dovesse esistere una parte buona e una cattiva del
fenomeno. Probabilmente questo qualcuno ha le sue ragioni, ma a leggere i
commenti a
quel post c'è da farsi cadere le braccia: anche qua non per razzismo o
fascismo, ma perché si scrive (male) di tutto, tranne che dell'argomento in
questione. Insomma, la quantità dei commenti non ha niente a che fare con la
qualità, piuttosto c'entra con una malsana voglia di essere visibili, di essere
saliti su un carro.
Uno dei pochi commenti attenti, però descrive perfettamente questo "grillismo
di massa":
CARO BEPPE non riesco a capire dall'articolo se difendi questa misera
situazione o la condanni; articoli fa dicevi basta con questi stranieri che
rubano ammazzano stuprano mendicano, oggi dici poracci sti bambini(per
banbino si intende un ladruncolo in erba che da grande allargherà le sue
attività con stupri e violenze: insomma che dobbiamo fare?PAGARE LE TASSE
PER CRESCERE QUESTI QUI O CHE ALTRO?
Nel frattempo, vecchi e nuovi
pregiudizi continuano a far danni.
Di Fabrizio (del 15/07/2011 @ 09:51:32, in media, visitato 1195 volte)
Leggendo questo
comunicato stampa di giovedì scorso, penso che anche in tempi passati Assisi
prendeva a calci i suoi poveri, salvo poi speculare con chiese e turismo se
uno di questi è
diventato famoso.
Termometro a corda GIPSY Corda secca: Beltempo Corda bagnata: Pioggia Corda rigida: Freddo Corda invisibile: Nebbia o Bere meno Corda mossa: Vento Senza corda: Ce l'hanno rubata
Di Fabrizio (del 14/07/2011 @ 09:14:43, in casa, visitato 1407 volte)
Segnalazione di Marco Brazzoduro
Da Adista n. 51
IL DIRETTORE DELLA CARITAS LOCALE SCRIVE AD ALEMANNO 36209. ROMA-ADISTA. Una
reazione indignata e ferma contro la politica degli sgomberi dei campi Rom
portata avanti dalla giunta capitolina guidata da Gianni Alemanno arriva da don
Franco De Donno, da anni responsabile della Caritas di Ostia, nella XXVI
prefettura del territorio diocesano di Roma. De Donno, in una lettera aperta al
sindaco del 21 giugno scorso, denuncia in particolare lo sgombero del piccolo
campo Rom di via delle Acque Rosse a Ostia Ponente, avvenuto quello stesso
giorno. Sono solo state smantellate «delle povere tende e poche masserizie –
denuncia il prete – senza per nulla indicare una adeguata alternativa».
Indignato, il direttore della Caritas ha preso immediatamente carta e penna per
manifestare al sindaco il proprio «sgomento», «tanto più profondo in quanto da
vario tempo abbiamo iniziato un percorso di dialogo fruttuoso con l’Assessore
Lodovico Pace e con i Vigili Urbani del XIII Municipio: con varie assemblee dei
Rom e con una metodologia di "rete" nutrivamo solide speranze per il
raggiungimento di una serena emersione e di una dignitosa inclusione e
integrazione alloggiativa e lavorativa, come già avviene in varie città di
Italia, avendo avuto la disponibilità di una convinta e responsabile
collaborazione dei nostri Rom». Invece, quelle ruspe e quel camion «non
sgomberavano soltanto quelle poche e povere masserizie, ma anche e soprattutto
le speranze di un progetto alternativo tanto faticosamente ma decisamente
avviato con le Istituzioni locali».
Eppure, racconta il direttore della Caritas di Ostia, una delle prime iniziative
di Alemanno ad avvio del suo mandato, «quasi a dare un chiaro segnale di
politica collaborativa, fu quella di convocare in Campidoglio i rappresentanti
del mondo del Volontariato». «La sua promessa – scrive De Donno – fu quella che
ci avrebbe chiamato periodicamente per un confronto sui problemi della città,
visti anche con gli occhi del volontariato: ottimo inizio! Ma che delusione
dover constatare non solo il mancato mantenimento di una promessa, ma anche la
lontananza sempre più abissale di certe decisioni riguardo all’accoglienza e al
rispetto della dignità di ogni persona».
«Tra qualche giorno, signor Sindaco – è la chiusa della lettera – è atteso qui a
Ostia per inaugurare il Parco "Clemente Riva" intitolato al nostro amatissimo
vescovo di recenti anni passati: il Parco si trova a pochi passi dal piccolo
campo Rom oggi sgomberato! Con quale coerenza Lei vorrà svolgere questa
inaugurazione nel nome di mons. Clemente Riva, che fu amico e difensore
coraggioso degli ultimi?».
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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