Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Premessa: negli anni recenti la Repubblica Ceca ha visto una
crescita notevole di violenze, incendi, attentati rivolti contro la minoranza
rom, raccontate in diversi articoli su Mahalla. A fine agosto nella città di
Rumburk (11.000 abitanti), circa 18-20 Rom hanno attaccato altri 6 cittadini
cechi seduti ad un pub; tuttora si sta indagando se il motivo sia stato di
rivalsa razziale o semplicemente gli assalitori fossero ubriachi o teppisti. Con
una celerità che non si era vista nei precedenti assalti a sfondo razziale
contro la minoranza rom,
alcuni partiti, supportati da frange delle teste rasate, hanno convocato
nella cittadina una manifestazione di protesta venerdì 26 agosto. Ecco due cronache della
giornata, raccolte da
Czech_Roma.
Lunghetto, leggete il tutto con calma, anche a puntate.
29.8.2011 17:19 Commento: cittadini ordinari a Rumburk volevano una Notte dei
Cristalli -
Ivan Motýl, translated by Gwendolyn Albert
Le opinioni pubblicate nella sezione Commenti non riflettono necessariamente
il punto di vista o le opinioni dei giornalisti del server news Romea.cz o
dell'associazione civica ROMEA
Il vergognoso fallimento della cosiddetta [manifestazione dei] cittadini
pacifici a cui ho assistito venerdì a Rumburk, è stato agghiacciante. E' con
incontri simili che nel 1938 dev'essere iniziata la Notte dei Cristalli.
Probabilmente così ebbe luogo il massacro degli Ebrei nella cittadina polacca di Jedwabne
nel 1941.
Durante la manifestazione di venerdì a Rumburk, ho osservato un uomo che
teneva per mano suo figlio, che probabilmente aveva soltanto 11 anni. Ho visto
una madre con una carrozzina, ragazzi della scuola locale, ragazzine truccate,
pensionati, un meccanico, membri del consigli cittadino ed imprenditori. In
breve, i cosiddetti cittadini "comuni" della città. C'erano in piazza almeno
1.200 persone ad ascoltare il sindaco Jaroslav
Sykáčeked il deputato Jaroslav Foldyn (entrambi eletti tra i
socialdemocratici cechi -vedi
QUI ndr-).
"Non nascondiamo la testa nella sabbia, vogliamo che le leggi cambino,"
diceva Foldyna alla folla. "Vogliamo regolare l'afflusso degli inadattabili e
avere la possibilità di vietare loro la residenza," diceva Sykáček.
"Mandiamo via gli zingari e ci sarà pace," concordavano i cittadini.
Poi le cose sono diventate anche peggiori. I socialdemocratici hanno dato il
microfono a
Josef Mašín, leader di una sedicente cellula locale dell'estremista "Resistenza
Civica" (Občanský odpor). Anche se il sindaco aveva proibito la
manifestazione anti-Rom organizzata inizialmente da Mašín, alla fine l'ha
invitato sul podio. Mašín ha dato una dimostrazione di discorso xenofobo in cui,
tra l'altro, ha chiamato i cittadini ad "agire il prima possibile" per mandar
via gli "inadattabili" da Rumburk. Qualcun altro ha detto che era un peccato che
la folla non fosse venuta armata di forconi.
Dopo il discorso di Mašín, la folla di gente "normale" si è trasformata in
una squadra di vigilantes, pronta a partire con un corteo attraverso la città,
durato quasi tre ore. "Dove siete, porci neri?" urlavano i più coraggiosi, di
fronte alle finestre degli appartamenti dei Rom nel quartiere vicino alla
piazza. Erano quelle parole sufficienti alla polizia per fermare la marcia e
disperderla. Non l'hanno fatto e le forze della "giustizia di strada" hanno
proseguito un'altra casa romanì, stavolta quella dei genitori di uno fra coloro
che avevano partecipato all'assalto commesso da un gruppo di Rom contro altri
Cechi, domenica 21 agosto presso la discoteca "Modrá
hvězda".
"Venite fuori!" urlava la folla. Qualcuno ha gettato una tavola attraverso la
finestra, dal recinto che era stato appena demolito dai "pacifici cittadini".
L'edificio era sorvegliato da un cordone di poliziotti antisommossa, e qui
l'eccitazione ha raggiunto il culmine. "State proteggendoli. Amici dei neri,"
commentava disgustato un piccolo gruppo di quindicenni sulla presenza della
polizia. Avevano deciso di movimentare un noioso giorno di vacanza in piscina,
partecipando alla marcia. "Mamma, non ti preoccupare, va tutto bene," diceva un
altro ragazzo al cellulare, assicurandola che l'azione stava avendo successo.
Se la polizia non avesse protetto la casa, come minimo la massa fanatica ne
avrebbe rotto tutte le finestre. In quel momento, come ex insegnante di storia,
ho pensato alla Notte dei Cristalli, novembre 1938, quando la folla da ordinata
passò a saccheggiare e bruciare le sinagoghe ebree (a proposito, allora
distrussero anche la sala di preghiera di Rumburk). Si trattò di manipolare
adeguatamente la folla e mostrarle chi fosse il nemico, che succhiava soldi e
lavoro degli onesti cittadini. Il deputato Foldyna ha anche convinto le proprie
pecore sulla piazza di Rumburk che come a Šluknov (vedi
QUI testo in inglese - ndr) nessuno potesse vivere con i Rom o con gente
"senza soldi ed istruzione".
Anche se fortunatamente il pogrom non è stato completato a Rumburk, mentre
guardavo quella casa circondata pensavo al libro di Jan Tomasz Gross, "Vicini".
Suggestivamente la pubblicazione descrive come i residenti polacchi della
piccola città di
Jedwabne organizzarono nel 1941 una "battuta di caccia" contro i loro vicini
ebrei, uccidendone 340 e dando loro fuoco. "Persone assolutamente normali
condussero l'attacco - posatori di tubi, sarti, contadini, il sindaco, tutti,"
scrive Gross. I soldati tedeschi osservarono il massacro con sorpresa.
Quattro giorni dopo, cosa penseranno ora tutti quei ragazzi e ragazze, mamme
e papà normali che venerdì circondavano la casa dei "nemici di Rumburk"? Provano
almeno un po' di vergogna? O hanno la sensazione di aver finalmente trovato la
corretta soluzione per affrontare i loro vicini rom? Ho paura che in una città
dove indirettamente il sindaco chiama ad una nuova Notte dei Cristalli, saranno
in pochi a rimpiangere ciò che hanno fatto.
Romea.cz
29.8.2011 16:24 Patrik Banga da Rumburk - translated by Gwendolyn Albert
(Patrik Banga è un giornalista ceco di etnia rom. Collabora stabilmente con
Romea.cz e con iDNES.cz - ndr)
"Non preoccupatevi, andrà tutto bene," dicevo ai miei colleghi prendendo il tram a
Praga venerdì scorso. Più tardi, ripetei la stessa cosa al corrispondente Radek Horváth
quando lo caricai a Děčín.
Alle 10.30 di venerdì eravamo seduti in un ristorante alla periferia di
Rumburk. Horváth e io dovevamo incontrare altre persone interessate al programma
del raduno per quel pomeriggio. Robert Ferenc dell'associazione Čačipen
si presentò e ci avviammo.
"Andate a riprendere da qualche altra parte, qui non voglio problemi!" ci
disse una Romnì, mandandoci via mentre altri Rom guardavano con curiosità dalle
finestre. Aveva ovviamente paura, lamentandosi per la nostra presenza, gridando
mentre cercava di tenerci il più lontano possibile da dove viveva la sua
famiglia. Compresi la sua paura. In città si rincorrevano le voci che centinaia
di nazisti stessero arrivando lì dalla Germania.
Attorno all'ora di pranzo, tutto era ancora tranquillo. La città non sembrava
stesse preparandosi ad una manifestazione. Tutto ciò che notammo fu un gran
numero di poliziotti per strada, ma potevano essere lì in conseguenza dei
violenti disordini accaduti solo qualche giorno prima, e non un segno degli
eventi a venire. Decidemmo di parlare con i locali sulla situazione.
Provammo a chiedere loro dettagli sull'omicidio avvenuto qualche giorno
prima, ed anche sui responsabili dei disordini di domenica scorsa. Raccogliemmo
solo pezzetti di informazione. Nessuno voleva parlare.
Ci spostammo poi a Nový Bor [in una sala da gioco dove aveva avuto luogo un
assalto a colpi di machete] per studiare gli sviluppi in loco. Per strada non
abbiamo notato pattuglie di polizia, solo qualche loro camionetta diretta a
Rumburk.
A Nový Bor si respirava la stessa atmosfera di tensione di Rumburk. Ero
preparato ad una situazione come ai tempi di Radek ed ho filmato la nostra
trasmissione sui morosi d'affitto in sciopero della fame. Non avevamo molto
tempo, così abbiamo approfittato dell'ora di pranzo per parlare con i residenti
ed andare a trovare Štefan Gorol [della locale associazione romanì]. A Nový Bor
rimaneva la medesima tensione. Tutti avevano qualcosa da dire, ma nessuno aveva
fatto niente contro gli assalitori e tutti erano d'accordo che dovessero essere
puniti.
Alle 15.30 circa stavamo tornando a Rumburk. In breve arrivammo. Nella piazza
cittadina non c'era ancora niente che indicasse che presto da lì sarebbe partito
un comizio. I pompieri stavano annaffiando lo spazio ed attorno c'erano solo
poche persone. I giornalisti erano riuniti lì vicino in una gelateria. Però
siamo riusciti a notare dei ragazzi il cui aspetto [da manifestanti di estrema
destra] ci ricordò di Krupka o Nový Bydžov [all'inizio di quest'anno]. Più
tardi, nella piazza venne montato un piccolo podio e solo verso le 17.00 la
gente cominciò ad arrivare. I giornalisti si spostarono verso il podio. Scattai
qualche foto, guardandomi attorno. C'erano sì un paio di ragazzini con la testa
rasata e la t-shirt "Everlast", ma la gente che si era radunata sembrava più
essere formata da cittadini insoddisfatti, che non da estremisti.
Il comizio iniziò col discorso del deputato Foldyna (Socialdemocratico - ČSSD).
La folla era molto fredda nei suoi confronti, tranne rare eccezioni. Il sindaco Sykáček (ČSSD)
venne fischiato ed i commenti nei suoi confronti non sono riferibili.
A quel punto un nerboruto ragazzo ha afferrato il microfono per presentare Josef Mašín.
Ha affermato due volte di non essere un estremista, raccogliendo con ciò tutto
l'appoggio possibile dagli estremisti presenti tra la folla. Il gruppo
Resistenza Civile (Občanský odpor)
a cui appartiene, aveva originariamente convocato la manifestazione, stesso
orario - stesso luogo, ma l'evento non aveva avuto il permesso da parte della
giunta cittadina, per il timore del comportamento degli estremisti legati al
gruppo. I socialdemocratici locali hanno risolto la questione ospitando loro
stessi l'evento, come si dice: hanno fatto la torta e se la sono pure mangiata.
Il discorso appassionato di Mašín ha ottenuto più applausi di tutti.
Qualche minuto dopo il comizio è terminato e la folla si è dispersa. Anche
noi siamo andati, ad inviare alcune foto e brevi messaggi in redazione. Poco
dopo, le cose sono cambiate nuovamente. Il nostro corrispondente che era rimasto
sulla scena ci ha chiamato, dicendoci che stava per partire un corteo.
Apparentemente la folla gridava che stava muovendosi contro gli "zingari".
Poco più tardi, siamo riusciti a raggiungere i dimostranti. Diverse centinaia
di persone stavano marciando attraverso la città, lanciando slogan razzisti.
Invano ho cercato traccia della polizia. Evidentemente, pensavano che una
squadra di tre in tenuta anti-conflitto fosse sufficiente per quella folla, che
ho stimato di 600-800 persone. Da nessuna parte, vigili o poliziotti
antisommossa.
La folla ha raggiunto l'edificio dove vivevano i presunti partecipanti alla
rissa, distruggendone la staccionata verso la strada. La polizia sulla scena
impediva alla folla di irrompere nell'appartamento, mentre il suo proprietario
assisteva alla scena. Comunque, gli inquilini non erano in casa. Avevano già
abbandonatola città, perché i loro vicini avevano minacciato di linciarli. Molti
di loro non avevano niente a che fare con la recente rissa.
Alla fine abbiamo girato dall'altra parte dell'edificio. La polizia aveva
bloccato gli accessi. Da distante, vedevamo la polizia antisommossa in azione,
così siamo corsi nella loro direzione per registrare cosa stesse accadendo. Era
in corso un intervento assolutamente banale: l'arresto di un manifestante che
non aveva obbedito alle istruzioni della polizia. Ho scattato una foto al
manifestante che si ribellava alla polizia. Tutto quel che so, è che in seguito
a ciò sono stato arrestato con i miei colleghi. Siamo poi stati rilasciati senza
nessuna spiegazione (vedi
QUI testo in inglese - ndr).
A quel punto ci è sembrato che i disordini per strada fossero terminati.
Siamo tornati in sala stampa dove c'era il portavoce della polizia.
Poco più tardi abbiamo appreso che la famiglia rom dell'appartamento
circondato, stava passando la notte a 14 km. da lì, presso dei parenti. Abbiamo
guidato sino lì, filmandoli ed intervistandoli per Romea.cz.
Gli organizzatori a Rumburk si sono lasciati sfuggire completamente di mano
la situazione. Quel che è successo, non può assolutamente definirsi una
"manifestazione pacifica". I dimostranti lanciavano slogan razzisti, all'unico
scopo di terrorizzare i residenti rom ed espellerli dalla città. Alla fine, come
sempre, quanti non hanno fatto niente di male sono coloro che hanno sofferto
maggiormente.
Di Fabrizio (del 04/09/2011 @ 09:33:21, in scuola, visitato 1601 volte)
Vi state preparando per il ritorno a scuola? Una segnalazione di
Stefano Pasta
Lunedì 29.08.2011 13:00
di Guido Maffioli, papà milanese, 40 anni
Scrivo mentre sono in vacanza con i miei figli. Il maggiore, 10 anni, sta
scrivendo una cartolina ad un compagno di scuola. Mi ricordo di averne scritte
tante alla sua età su quello stesso tavolo.
Penso a chi le vorrei scrivere oggi, parenti, amici. Nell'era di internet di
molti non saprei neppure l'indirizzo.
Una, di certo, la manderei a Florin, di lui un indirizzo ce l'ho, ma la
cartolina non arriverebbe. Florin è rom, papà anche lui di tre figli che vanno a
scuola, la maggiore Alexandra è già alle medie. Non ha un indirizzo vero perché
ha subito numerosi sgomberi in questi ultimi due anni; a quello del novembre
2009 nel mio quartiere, Rubattino, ne sono seguiti tanti altri.
Ogni volta è così: lui trova un accordo con qualcuno per collocare il suo
camper, pagando un modico affitto con il lavoro che ha, part time, all'AMSA. Poi
dura poco, chiamano la polizia per mandarli via perché vedono che sono in tanti,
lì dentro, lui coi figli e la moglie, il fratello con la sua altrettanto
numerosa famiglia.
Florin mi ha spiegato perché preferiscono stare insieme così numerosi. Hanno
paura, vivono nell'insicurezza. Di sera non ci sono luci e tornare al camper,
soprattutto per le donne, fa paura. Meglio essere in tanti, meglio che ci siano
più uomini insieme, se lui fa tardi sul lavoro, a “casa” c'è il fratello o il
nipote maggiore. Si è più sicuri, così, in tanti.
Mi sorprende sempre come la parola <<sicurezza>> possa essere percepita
diversamente a seconda di chi la pronuncia, oggi che è così tanto (ab)usata nei
programmi elettorali o televisivi.
In questa situazione una certezza Florin ce l'ha. I suoi figli continuano ad
andare nelle loro scuole, quelle del quartiere Feltre vicino a via Rubattino,
dove andavano già tre anni fa, iscritti dalla Comunità di Sant'Egidio. Conoscono
le maestre, le prof, i compagni, le mamme. E' complicato arrivare puntuali, ad
ogni sgombero ridefinire gli orari, i mezzi pubblici necessari per raggiungere
la scuola, ma – mi dice – ci tengo io e ci tengono loro, anche Marius, il più
piccolo, in terza elementare il prossimo anno, con quello sguardo attento e
curioso che gli ho visto quando l'ho salutato insieme al papà.
Conosco Florin grazie alla voglia di andare a scuola dei suoi figli. Ricevono
una borsa di studio attraverso un progetto per l'integrazione scolastica della
Comunità di Sant'Egidio. Loro si impegnano a frequentare la scuola con costanza
– anche impiegando ogni mattina più di un'ora per arrivarci - e ricevono un
contributo mensile per coprire le varie spese (abbonamenti pubblici, materiale
scolastico, etc). Questi progetti funzionano coinvolgendo le maestre dei bambini
e qualcuno che vede il genitore per sapere come va, se ci sono difficoltà. Con
Florin quel qualcuno sono io, una volta al mese, ci incontriamo brevemente e mi
aggiorna.
Nel secondo quadrimestre dell'anno scolastico appena concluso la borsa è stata
coperta con l'aiuto dell'Associazione Genitori della scuola dei miei figli. E'
stato approvata la proposta, dato che incentivare l'integrazione scolastica è
negli scopi dell'Associazione. Ne sono stato felice, non tanto per il piccolo
aiuto dato ai figli di Florin, ma per ciò che può significare questa azione,
cioè che si possano fare cose concrete, senza esibizione, con il fine di far
progredire tutta la comunità a cominciare dai bambini e dalle bambine, e dal
garantire a tutti loro un diritto importante e basilare come andare a scuola.
Forse nel nuovo anno scolastico amplieremo il progetto e, magari nella prossima
estate - se la politica comunale avrà abbandonato la logica degli sgomberi
dissennati e intrapreso soluzioni più lungimiranti, concertate, mirate
all'integrazione - potrò inviare una cartolina a Florin ad un indirizzo sicuro.
Chi volesse aiutare e sostenere questi progetti o ricevere informazioni può
mettersi in contatto via e-mail all'indirizzo
santegidio.rubattino@gmail.com
Di Fabrizio (del 03/09/2011 @ 09:52:56, in media, visitato 1450 volte)
Qualche anno fa, suggerii ad un amico un
testo (che avevo a mia volta trovato in un altro blog) del keniano Binyavanga Wainaina. Per un po' di tempo avevo usato quel pezzo per descrivere la
difficoltà di interessare i lettori raccontando la realtà al posto degli
stereotipi. La stessa persona a cui l'avevo suggerito, mi segnala che la rivista
Internazionale ha provveduto a fornirne una versione in italiano. Buona
lettura.
Come scrivere d'Africa
Nel titolo, usate sempre le parole "Africa", "nero", "safari". Nel sottotitolo,
inserite termini come "Zanzibar", "masai", "zulu", "zambesi", "Congo", "Nilo",
"grande", "cielo", "ombra", "tamburi", "sole" o "antico passato". Altre parole
utili sono "guerriglia", "senza tempo", "primordiale" e "tribale".
Mai mettere in copertina (ma neanche all'interno) la foto di un africano ben
vestito e in salute, a meno che quell'africano non abbia vinto un Nobel. Usate,
piuttosto, immagini di persone a torso nudo con costole in evidenza. Se proprio
dovete ritrarre un africano, assicuratevi che indossi un abito tipico masai,
zulu o dogon.
Nel testo, descrivete l'Africa come se fosse un paese caldo, polveroso con
praterie ondulate, animali e piccoli, minuscoli esseri umani denutriti. Oppure
caldo e umido, con popolazione di bassa statura che mangia scimmie. Non
perdetevi in descrizioni accurate, l'Africa è grande: cinquantaquattro nazioni e
novecento milioni di persone troppo impegnate a soffrire la fame, morire,
combattere o emigrare per aver tempo di leggere il vostro libro.
Il continente è pieno di deserti, giungle, altipiani, savane e molti altri
paesaggi, ma questo non interessa ai vostri lettori. Fate delle descrizioni
romantiche, evocative, senza esagerare con i dettagli.
Ricordatevi di dire che gli africani hanno la musica e il ritmo nel sangue, e
che mangiano cose che nessun altro uomo è in grado di mangiare. Non citate mai
riso, carne e grano: preferite, tra i piatti tipici del continente nero,
cervello di scimmia, capra, serpente, vermi, larve e ogni sorta di selvaggina. E
ricordatevi anche di aggiungere che voi siete riusciti a mangiare questi cibi e
anzi che avete imparato a farveli piacere.
Soggetti vietati: scene di vita quotidiana, amore tra africani,
riferimenti a scrittori o intellettuali, cenni a bambini scolarizzati che non
soffrano di framboesia, Ebola o abbiano subìto mutilazioni genitali. Nel libro
adottate un tono di voce sommesso e ammiccante con il lettore e un tono triste,
alla "era esattamente quello che mi aspettavo".
Chiarite subito che il vostro progressismo è senza macchia e dite quanto amate
l'Africa e come vi sentite in armonia con quella terra e anzi, non potete
viverne lontani. L'Africa è l'unico continente che si può amare: approfittatene!
Se siete uomini, descrivete le torride foreste vergini. Se siete donne, parlate
dell'Africa come di un uomo in giubbotto multitasche che sparisce nel tramonto.
L'Africa è da compatire, adorare o dominare. Ma qualsiasi punto di vista
scegliate, assicuratevi di dare l'impressione che senza il vostro intervento
l'Africa sarebbe spacciata.
I vostri personaggi possono essere guerrieri nudi, servitori reali, indovini,
sciamani e vecchi saggi che vivono in splendidi eremi. O ancora politici
corrotti, guide turistiche incapaci e poligame o prostitute che avete
frequentato. Il servitore reale deve avere l'atteggiamento di un bambino di
sette anni, bisognoso di una guida, che teme i serpenti e vi trascina di
continuo in oscuri complotti. Il vecchio saggio discenderà sempre da una nobile
tribù, i suoi occhi saranno cisposi e lui sarà vicino al cuore della madre
terra.
L'africano d'oggi è un grassone che lavora (e ruba) all'ufficio visti e nega
permessi di lavoro agli esperti occidentali, che hanno davvero a cuore il bene
del continente. Č un nemico dello sviluppo, che ostacola gli africani buoni e
competenti che vorrebbero creare organizzazioni non governative e riserve
protette. Oppure è un intellettuale che ha studiato a Oxford ed è diventato un
serial killer di politici in doppiopetto: è un cannibale a cui piace lo
champagne di marca e sua madre è una ricca maga e guaritrice.
Non dimenticatevi di inserire nel libro la donna africana denutrita che vaga
seminuda nel campo dei rifugiati aspettando la carità dell'occidente: i suoi
figli hanno le mosche sugli occhi e gli ombelichi tondi e lei ha le mammelle
vuote e cadenti. Deve sembrare bisognosa e non deve avere né un passato né una
storia (qualsiasi digressione smorzerebbe la tensione drammatica).
Si deve lamentare ma non deve spendere una parola per sé, tranne i riferimenti
alla sua sofferenza. Inserite anche una figura femminile materna e sollecita,
dalla risata forte, che si occupa di voi e del vostro bene e chiamatela
semplicemente Mama. I suoi figli saranno tutti delinquenti.
Tutti questi personaggi dovrebbero far da contorno al vostro eroe,
aiutandolo a sembrare migliore. Č lui che li può istruire, lavare, sfamare. Si
occupa di moltissimi bambini e ha visto la morte. Il vostro eroe siete voi (se
si tratta di un reportage), oppure un generoso aristocratico (o vip) straniero
pieno di fascino tragico, che ormai si è dedicato ai diritti degli animali (se
il vostro libro è di narrativa).
Tra i personaggi occidentali cattivi ci devono essere i figli dei ministri
conservatori al governo, gli afrikaners, gli impiegati della Banca mondiale.
Quando parlate dello sfruttamento esercitato dagli stranieri, citate i
commercianti cinesi e indiani e, in generale, accusate l'occidente per la
situazione del continente africano.
Cercate però di non entrare troppo nello specifico. I ritratti rapidi e
approssimativi vanno benissimo. Evitate che gli africani ridano, o educhino i
loro bambini, e non ritraeteli in circostanze frivole. Fategli dire qualcosa
d'interessante sull'impegno europeo o statunitense nel continente. I personaggi
africani dovrebbero essere pittoreschi, esotici, più grandi della vita, ma vuoti
dentro, senza contrasti, conflitti e scelte nelle loro esistenze, nessuna
profondità o desideri che confondano le idee.
Descrivete nel dettaglio i seni nudi, i genitali sottoposti a mutilazione e
quelli di grosse dimensioni. E i cadaveri. O, meglio ancora, i cadaveri nudi. E
soprattutto i cadaveri nudi in putrefazione. Ricordatevi: qualsiasi opera in cui
la gente africana sembri miserevole e ripugnante sarà vista come l'Africa
"vera", ed è proprio questo che volete sulla copertina del vostro libro. Non
fatevi troppi scrupoli in proposito: state cercando di aiutare il continente
chiedendo aiuto agli occidentali.
Il massimo tabù quando si scrive di Africa è descrivere la sofferenza e
la morte di un bianco. Anche gli animali devono essere ritratti in modo
complesso e articolato. Parlano e hanno nomi, ambizioni e desideri. Sono anche
bravi genitori: "Vedete come i leoni istruiscono i figli?", gli elefanti sono
altruisti, le femmine sono vere matriarche e i maschi dei dignitosi capibranco.
E lo stesso per i gorilla: non dite mai niente di negativo sugli elefanti o sui
gorilla. Difendeteli sempre, anche quando invadono terre coltivate, distruggono
raccolti e uccidono gli uomini. Descrivete i grandi felini con enfasi. Le iene
invece sono un bersaglio consentito e devono avere un vago accento
mediorientale.
Qualunque piccolo africano che viva nella giungla o nel deserto va descritto
sempre di buon umore. Dopo gli attivisti vip e i volontari, in Africa le persone
più importanti sono quelle che si battono per la tutela dell'ambiente. Non
offendetele. Avete bisogno che v'invitino nelle loro riserve da diecimila metri
quadrati, perché è l'unico modo a vostra disposizione per incontrare e
intervistare gli attivisti vip.
Mettere in copertina l'immagine di uno (o una) che si batte per l'ambiente, con
l'aria intrepida e lo sguardo ispirato, funziona benissimo in libreria e vi farà
vendere un sacco. Chi può essere considerato così? Be', qualsiasi bianco,
abbronzato, con vestiti tinta kaki, che almeno una volta abbia accudito un
antilope o possegga un ranch è uno (o una) che sta cercando di tutelare il ricco
patrimonio naturale dell'Africa. Quando l'intervistate, non fate domande sul
denaro; non chiedete quanti soldi ne ricava. Soprattutto, evitate qualsiasi
riferimento alla paga che dà ai suoi lavoranti.
Se vi dimenticate di citare la luce africana, i vostri lettori rimarranno
stupiti. E i tramonti. Il tramonto africano è d'obbligo. Č sempre grande e rosso
e il cielo è vastissimo. Gli enormi spazi aperti e gli animali da cacciare sono
i punti focali. L'Africa è la terra degli enormi spazi aperti. Quando descrivete
la flora e la fauna, ricordatevi di dire che l'Africa è sovrappopolata.
Invece, quando il vostro protagonista si trova nel deserto o nella giungla in
mezzo agli indigeni è bene avvisare il lettore che l'Africa è stata spopolata
dall'aids e dalla guerra. Vi servirà anche un nightclub chiamato Tropicana dove
s'incontrano i mercenari, i malvagi parvenu indigeni, le prostitute, i
guerriglieri e gli esuli. In ogni caso, chiudete il vostro libro con Nelson
Mandela che dice qualcosa sugli arcobaleni e sulle speranze di rinascita. Perché
voi ci tenete.
Binyavanga Wainaina uno scrittore e giornalista keniano. Ha vinto il
Caine prize for african writing.
PS:
La vendetta (ma stavolta traducetelo voi )
Di Fabrizio (del 02/09/2011 @ 11:19:06, in media, visitato 1950 volte)
Da
British_Roma
National Union of Journalists
NUJ richiede l'accesso a Dale Farm per riferire in merito agli sgomberi
01/09/2011 - NUJ ha condannato la notizia che il Consiglio della Contea dell'Essex
intende limitare l'accesso dei media durante lo sgombero di massa dei Viaggianti
presso il sito di Dale Farm a Basildon, domani venerdì 2 settembre.
Lo sgombero può iniziare in ogni momento, ma il Consiglio non intende
spiegare e giustificare la propria intenzione di bloccare gli accessi stradali
verso il sito di Dale Farm.
Michelle Stanistreet, segretario generale NUJ, ha detto: "Il mondo ha
gli occhi puntati su Dale Farm. Osservatori delle Nazioni Unite e gente romanì
da tutta Europa hanno visitato il sito nell'Essex, dove molti residenti stanno
per affrontare uno sgombero. C'è un chiaro interesse pubblico nella storia ed il
consiglio non deve reprimere e limitare l'accesso dei media. Richiamiamo con
urgenza il consiglio a riconsiderare la propria decisione."
Jess Hurd, presidente della sezione fotografi londinesi del NUJ, ha
detto: "Questa è una grave violazione della libertà di stampa, il consiglio non
ha alcun interesse a limitare l'accesso dei media a Dale Farm. Ho coperto la
lunga campagna di lotta dei Viaggianti, la battaglia legale e la vita a Dale
Farm durante gli ultimi 5 anni. Le immagini di uno sgombero forzato di massa
potrebbero fornire una cattiva immagine del consiglio, ma questo non ha
l'autorità di ostacolare la stampa ed il controllo pubblico. La copertura dello
sgombero è una questione di diritti umani di importanza internazionale ed ai
giornalisti non deve essere impedito di compiere il loro lavoro."
NdR: la
testimonianza di chi c'era.
Di Fabrizio (del 02/09/2011 @ 09:04:54, in sport, visitato 1642 volte)
Da
Bulgarian_Roma
YAHOO! News - 23 agosto 2011
Bucarest, 23/08/2011 - Il Consiglio Rumeno di Lotta alla Discriminazione si è
rivolto alla UEFA dopo i commenti "razzisti" formulati dal presidente del club
bulgaro di calcio CSKA Sofia contro i giocatori rom.
"Il Consiglio Nazionale di Lotta alla Discriminazione (CNCD) apprende con
preoccupazione le dichiarazioni razziste di Dimitar Borisov, presidente del
CSKA Sofia, a proposito dell'etnia dei giocatori di calcio della squadra dello Steaua
Bucarest", ha detto Csaba Astzalos, presidente del CNCD, in una lettera inviata
a Michel Platini, presidente della UEFA.
I commenti risalgono a settimana scorsa dopo la partita di Europa League tra Steaua
Bucarest e CSKA Sofia, vinta dalla squadra rumena per 2-0.
"Il contesto in ci sono state usate le parole -spazzatura- e -sporco-
riferite alla squadra dello Steaua ed in particolare ai due giocatori di origine
rom, è critico tanto della comunità rumena che di quella rom, creando
un'atmosfera ostile, degradante, umiliante ed offensiva," dice Astzalos nella
lettera ottenuta da AFP.
Secondo il CNCD Borisov avrebbe detto: "I Rumeni chiamano star due sporchi
calciatori. Li impiegherei nella mia azienda a raccogliere la spazzatura. Si
inserirebbero perfettamente!"
Bulgaria e Romania contano importanti minoranze rom. Secondo l'Unione Europea
e diverse OnG, l'etnia rom in tutta Europa affronta numerose discriminazioni.
Il CNCD ha chiesto agli organi di governo del calcio europeo di "prendere
misure appropriate per prevenire e combattere la discriminazione" ed "eliminare
questo tipo di comportamenti".
Di Fabrizio (del 01/09/2011 @ 09:26:33, in casa, visitato 1561 volte)
Semplice notizia di cronaca. Ho messo in corsivo il secondo
e il terzo paragrafo, che descrivono l'assurdità della situazione che si sta
creando
Lamezia Terme - Tutto legittimo. L'assegnazione delle case popolari ai rom
sfollati da Scordovillo non fa una grinza per il Tribunale amministrativo
regionale di Catanzaro. A cui si sono rivolti dieci residenti di San Pietro
Lametino per arginare la calata degli zingari nel loro quartiere.
Era il 10 maggio scorso quando i residenti di San Pietro Lametino, la
frazione più a Sud della città, hanno protestato davanti ai cancelli delle case
popolari dove stavano per arrivare due famiglie rom, sei persone in tutto,
bambini inclusi. Erano gli assegnatari degli alloggi popolari colpiti dalla
sindrome "nimby": mandateli dove volete, ma non vicino casa nostra.
A mandarli era stato il Comune con decreti ad hoc firmati dalla dirigente
del settore politiche sociali Teresa Bambara. «Se li porti vicino casa sua la
dirigente», dicevano molte delle persone che hanno messo in scena un sit-in
durato qualche ora. Quando già i furgoni degli zingari, pochi mobili poveri
ammassati l'uno sull'altro, erano arrivati davanti al cancello trovandolo
chiuso. Anzi occupato dagli abitanti del posto.
L'iniziativa municipale è stata forzata. C'è un decreto di sgombero di
Scordovillo firmato dal procuratore della Repubblica Salvatore Vitello e dal
sostituto Domenico Galletta. Per i magistrati il campo rom è malsano, inquinato,
e ad alta densità criminale. Si trova nel cuore della città ed è una bomba
sociale innescata quotidianamente. Una situazione che conosce bene ogni
lametino, ma sulla quale finora era stato fatto ben poco. Tanto che da
quarant'anni Scordovillo è lì e cresce a dismisura. Fino a diventare una "città
proibita" di oltre 500 abitanti, tutti cittadini lametini registrati
all'anagrafe. Che votano.
Il Tar presieduto da Giuseppe Romeo, con relatore Daniele Burzichelli, è
stato chiarissimo. «I provvedimenti impugnati, a differenza di quanto sembra
riteere il ricorrente, non dispongono l'approvazione di un progetto per
villaggio nomadi, ma semplicemente l'assegnazione di quattro alloggi Aterp a
distinti nuclei familiari». Solo due di questi sono stati trasferiti. Sempre il
giudice amministrativo sottolinea che gli immobili sono stati resi abitabili dai
lavori eseguiti dall'Aterp. Da qui il rigetto del ricorso presentato da dieci
cittadini patrocinati dagli avvocati Bernardo e Lelio Marasco. A rappresentare
il Comune è stato l'avvocato Alessandra Belvedere, capo dell'ufficio legale
municipale.
(cliccare sull'immagine per la visione dell'anteprima.)
Documentario girato in undici Paesi europei, vincitore del Montreal World Film
Festival. Recensione su
Montrealgazzette.com (in inglese)
Di Fabrizio (del 31/08/2011 @ 09:34:31, in casa, visitato 3289 volte)
Su Facebook la
fotostoria commentata
Le prime notizie da Dale Farm, le tradussi dall'inglese in italiano circa 10
anni fa. La storia di questa lunga vertenza l'ho già indicata
altre volte, oppure le trovate sul
blog di Dale Farm in inglese.
Dopo tanto tempo di conoscenza solo virtuale era ora di conoscersi
personalmente, ed il
Big Weekend è stata l'occasione.
Ma, come mi sono poi reso conto quando ho cominciato a respirarne l'atmosfera,
la solidarietà è una comunicazione a due vie: la situazione per i Rom e i Sinti
in Italia è altrettanto difficile di quella dei fratelli Travellers in Gran
Bretagna, ed allora, quale posto migliore per imparare qualcosa, se non dove
resistono da 10 anni ai tentativi di sgombero?
Qualche particolare utile: la lunga lotta dei Travellers nella difesa dei loro
terreni sta vivendo una nuova fase. Circola voce (ma manca qualsiasi
comunicazione scritta) che venerdì 2 settembre
verranno chiuse le strade circostanti e che si taglieranno i rifornimenti di
acqua e di elettricità, mentre lo sgombero vero e proprio di 400 persone su
1.000 abitanti potrebbe avvenire attorno a metà settembre, con l'impiego della
compagnia privata
Constant & co.
che già in passato è stata messa sotto accusa per i metodi inumani impiegati.
Nel fine settimana ci sono stati incontri, aperti anche alla cittadinanza, in
cui sono state presentate la storia e la lunga lotta per i diritti dei
Travellers. Poi si sono susseguite innumerevoli riunioni e laboratori, che hanno
visto la partecipazione di molti dei residenti di Dale Farm, volte ad
organizzare la resistenza nella prossime settimane. I punti principali sono
stati le varie tecniche di resistenza non-violenta, la ricerca di posti
alternativi dove si riverseranno gli sfrattati, i vari aspetti legali e
giuridici della vicenda.
Molto interessanti, per chi segue vicende simili in Italia, i seminari legati
alla figura dell'Osservatore Legale. Su
Ldmg.org.uk potete trovare
informazioni in inglese, altrimenti ho intenzione di tradurre appena possibile
alcuni loro documenti in italiano.
Più complicata la questione, anche questa dibattuta a lungo, del rapporto coi
media (locali e nazionali) e i social network. Da una parte emerge la necessità
di aprirsi all'esterno, dall'altra nei fatti prevale la paura per quanto
potrebbe succedere, sia agli abitanti che ai sostenitori, per cui tutte le
comunicazioni verso l'esterno vengono molto accentrate. A tal proposito ho ripreso pochissime persone, proprio per proteggerne la sicurezza,
chiedendo loro permesso prima di scattare ogni foto. Ciononostante i giornali
locali hanno riempito le loro pagine di immagini riprese senza alcuna
autorizzazione.
Ulteriori notizie in questo
.pdf
Di Fabrizio (del 31/08/2011 @ 09:09:26, in Italia, visitato 1976 volte)
Mi è stato suggerito da
Ernesto Rossi un provocatorio esperimento: prendere la seguente notizia di
cronaca e sostituire le parole rifugiati/profughi con zingari. Che
ve ne pare del risultato?
ACCOGLIENZA, NON EMERGENZA Il Comune di Milano primo caso in Italia di
gestione diretta dell'accoglienza degli zingari
Uscire dalla logica dell'emergenza ed offrire un'accoglienza umana ai tanti
disperati che cercano rifugio nella nostra città. Il Comune di Milano fa da
pioniere a livello nazionale nella gestione dell'assistenza zingari, ad oggi
affidata alla Prefettura. Sarà la sede della Protezione civile di via Barzaghi
ad ospitare a turni di 15 giorni fino al 20 settembre i circa 350 zingari- tra
quelli già presenti in città e quelli in arrivo- a costo zero per il Comune (Il
Governo mette a disposizione 46 euro al giorno per persona).
"Potevamo accettare che venissero messi in hotel a spese del governo e far
finta di nulla lasciandoli al loro destino - ha spiegato l'Assessore alla
politiche Sociali Pierfrancesco Majorino - invece abbiamo scelto di farcene
carico governando questo flusso di presenze grazie alla collaborazione con il
terzo settore". Nei 15 giorni di permanenza nel centro, ogni persona accolta,
dopo essersi visto riconosciuto lo status di rifugiato politico da una
commissione territoriale supplementare composta da rappresentanti della
Prefettura, della Questura, dell'assessorato alle politiche sociali e dell'Acnur
(Alto commissariato delle nazioni unite per irifugiati), verrà sottoposto a
visite mediche e colloqui psicologici. Saranno inoltre messi a disposizione
mediatori culturali e linguistici che aiuteranno queste persone nel percorso di
inserimento sociale o nel rimpatrio assistito e le indirizzeranno verso altre
strutture di accoglienza.
Sono diversi i ricoveri in cui gli zingari possono trovare asilo: la Cascina
Monluè, gli appartamenti delle associazioni Arca e Aspi, la casa di accoglienza
di via Ortles, si aggiungono oggi ai ricoveri offerti dalla parrocchia
Pentecoste, dall'associazione missionari Cuore Immacolato di Maria, dalla
Caritas di via Arici, da casa Silvana, da casa del Giovane, da casa Cardinal
Colombo e dal centro di prima accoglienza di via Saponaro. "Fino ad oggi a
Milano c'e' stata una grande assenza di coraggio sulla messa a disposizione dei
posti per gli zingari- ha sottolineato Majorino- è assolutamente necessario
aumentarne il numero perché le emergenze umanitarie non possono essere messe
sotto il tappeto della politica, una città come la nostra deve diventare pronta
per l'imprevedibilità di queste situazioni". Ogni 15 giorni l'assessorato alle
politiche sociali fornirà dati sulla situazione degli arrivi e sulla gestione
delle presenze nei vari quartieri. "Sarà una prima risposta accogliente ed
efficiente- ha affermato l'Assessore alla Sicurezza e Protezione Civile Marco
Granelli- degna di una città moderna europea che si fa carico delle conseguenze
della critica situazione internazionale nel mediterraneo e nel continente
africano".
(l'originale era di Giulia Cusumano NDR)
Ancora a
Dale Farm, ultimo giorno. Se non mi perdo, domani dovrei essere in
Italia.
|