Premessa: negli anni recenti la Repubblica Ceca ha visto una
crescita notevole di violenze, incendi, attentati rivolti contro la minoranza
rom, raccontate in diversi articoli su Mahalla. A fine agosto nella città di
Rumburk (11.000 abitanti), circa 18-20 Rom hanno attaccato altri 6 cittadini
cechi seduti ad un pub; tuttora si sta indagando se il motivo sia stato di
rivalsa razziale o semplicemente gli assalitori fossero ubriachi o teppisti. Con
una celerità che non si era vista nei precedenti assalti a sfondo razziale
contro la minoranza rom,
alcuni partiti, supportati da frange delle teste rasate, hanno convocato
nella cittadina una manifestazione di protesta venerdì 26 agosto. Ecco due cronache della
giornata, raccolte da
Czech_Roma.
Lunghetto, leggete il tutto con calma, anche a puntate.
29.8.2011 17:19 Commento: cittadini ordinari a Rumburk volevano una Notte dei
Cristalli -
Ivan Motýl, translated by Gwendolyn Albert
Le opinioni pubblicate nella sezione Commenti non riflettono necessariamente
il punto di vista o le opinioni dei giornalisti del server news Romea.cz o
dell'associazione civica ROMEA
Il vergognoso fallimento della cosiddetta [manifestazione dei] cittadini
pacifici a cui ho assistito venerdì a Rumburk, è stato agghiacciante. E' con
incontri simili che nel 1938 dev'essere iniziata la Notte dei Cristalli.
Probabilmente così ebbe luogo il massacro degli Ebrei nella cittadina polacca di Jedwabne
nel 1941.
Durante la manifestazione di venerdì a Rumburk, ho osservato un uomo che
teneva per mano suo figlio, che probabilmente aveva soltanto 11 anni. Ho visto
una madre con una carrozzina, ragazzi della scuola locale, ragazzine truccate,
pensionati, un meccanico, membri del consigli cittadino ed imprenditori. In
breve, i cosiddetti cittadini "comuni" della città. C'erano in piazza almeno
1.200 persone ad ascoltare il sindaco Jaroslav
Sykáčeked il deputato Jaroslav Foldyn (entrambi eletti tra i
socialdemocratici cechi -vedi
QUI ndr-).
"Non nascondiamo la testa nella sabbia, vogliamo che le leggi cambino,"
diceva Foldyna alla folla. "Vogliamo regolare l'afflusso degli inadattabili e
avere la possibilità di vietare loro la residenza," diceva Sykáček.
"Mandiamo via gli zingari e ci sarà pace," concordavano i cittadini.
Poi le cose sono diventate anche peggiori. I socialdemocratici hanno dato il
microfono a
Josef Mašín, leader di una sedicente cellula locale dell'estremista "Resistenza
Civica" (Občanský odpor). Anche se il sindaco aveva proibito la
manifestazione anti-Rom organizzata inizialmente da Mašín, alla fine l'ha
invitato sul podio. Mašín ha dato una dimostrazione di discorso xenofobo in cui,
tra l'altro, ha chiamato i cittadini ad "agire il prima possibile" per mandar
via gli "inadattabili" da Rumburk. Qualcun altro ha detto che era un peccato che
la folla non fosse venuta armata di forconi.
Dopo il discorso di Mašín, la folla di gente "normale" si è trasformata in
una squadra di vigilantes, pronta a partire con un corteo attraverso la città,
durato quasi tre ore. "Dove siete, porci neri?" urlavano i più coraggiosi, di
fronte alle finestre degli appartamenti dei Rom nel quartiere vicino alla
piazza. Erano quelle parole sufficienti alla polizia per fermare la marcia e
disperderla. Non l'hanno fatto e le forze della "giustizia di strada" hanno
proseguito un'altra casa romanì, stavolta quella dei genitori di uno fra coloro
che avevano partecipato all'assalto commesso da un gruppo di Rom contro altri
Cechi, domenica 21 agosto presso la discoteca "Modrá
hvězda".
"Venite fuori!" urlava la folla. Qualcuno ha gettato una tavola attraverso la
finestra, dal recinto che era stato appena demolito dai "pacifici cittadini".
L'edificio era sorvegliato da un cordone di poliziotti antisommossa, e qui
l'eccitazione ha raggiunto il culmine. "State proteggendoli. Amici dei neri,"
commentava disgustato un piccolo gruppo di quindicenni sulla presenza della
polizia. Avevano deciso di movimentare un noioso giorno di vacanza in piscina,
partecipando alla marcia. "Mamma, non ti preoccupare, va tutto bene," diceva un
altro ragazzo al cellulare, assicurandola che l'azione stava avendo successo.
Se la polizia non avesse protetto la casa, come minimo la massa fanatica ne
avrebbe rotto tutte le finestre. In quel momento, come ex insegnante di storia,
ho pensato alla Notte dei Cristalli, novembre 1938, quando la folla da ordinata
passò a saccheggiare e bruciare le sinagoghe ebree (a proposito, allora
distrussero anche la sala di preghiera di Rumburk). Si trattò di manipolare
adeguatamente la folla e mostrarle chi fosse il nemico, che succhiava soldi e
lavoro degli onesti cittadini. Il deputato Foldyna ha anche convinto le proprie
pecore sulla piazza di Rumburk che come a Šluknov (vedi
QUI testo in inglese - ndr) nessuno potesse vivere con i Rom o con gente
"senza soldi ed istruzione".
Anche se fortunatamente il pogrom non è stato completato a Rumburk, mentre
guardavo quella casa circondata pensavo al libro di Jan Tomasz Gross, "Vicini".
Suggestivamente la pubblicazione descrive come i residenti polacchi della
piccola città di
Jedwabne organizzarono nel 1941 una "battuta di caccia" contro i loro vicini
ebrei, uccidendone 340 e dando loro fuoco. "Persone assolutamente normali
condussero l'attacco - posatori di tubi, sarti, contadini, il sindaco, tutti,"
scrive Gross. I soldati tedeschi osservarono il massacro con sorpresa.
Quattro giorni dopo, cosa penseranno ora tutti quei ragazzi e ragazze, mamme
e papà normali che venerdì circondavano la casa dei "nemici di Rumburk"? Provano
almeno un po' di vergogna? O hanno la sensazione di aver finalmente trovato la
corretta soluzione per affrontare i loro vicini rom? Ho paura che in una città
dove indirettamente il sindaco chiama ad una nuova Notte dei Cristalli, saranno
in pochi a rimpiangere ciò che hanno fatto.
Romea.cz
29.8.2011 16:24 Patrik Banga da Rumburk - translated by Gwendolyn Albert
(Patrik Banga è un giornalista ceco di etnia rom. Collabora stabilmente con
Romea.cz e con iDNES.cz - ndr)
"Non preoccupatevi, andrà tutto bene," dicevo ai miei colleghi prendendo il tram a
Praga venerdì scorso. Più tardi, ripetei la stessa cosa al corrispondente Radek Horváth
quando lo caricai a Děčín.
Alle 10.30 di venerdì eravamo seduti in un ristorante alla periferia di
Rumburk. Horváth e io dovevamo incontrare altre persone interessate al programma
del raduno per quel pomeriggio. Robert Ferenc dell'associazione Čačipen
si presentò e ci avviammo.
"Andate a riprendere da qualche altra parte, qui non voglio problemi!" ci
disse una Romnì, mandandoci via mentre altri Rom guardavano con curiosità dalle
finestre. Aveva ovviamente paura, lamentandosi per la nostra presenza, gridando
mentre cercava di tenerci il più lontano possibile da dove viveva la sua
famiglia. Compresi la sua paura. In città si rincorrevano le voci che centinaia
di nazisti stessero arrivando lì dalla Germania.
Attorno all'ora di pranzo, tutto era ancora tranquillo. La città non sembrava
stesse preparandosi ad una manifestazione. Tutto ciò che notammo fu un gran
numero di poliziotti per strada, ma potevano essere lì in conseguenza dei
violenti disordini accaduti solo qualche giorno prima, e non un segno degli
eventi a venire. Decidemmo di parlare con i locali sulla situazione.
Provammo a chiedere loro dettagli sull'omicidio avvenuto qualche giorno
prima, ed anche sui responsabili dei disordini di domenica scorsa. Raccogliemmo
solo pezzetti di informazione. Nessuno voleva parlare.
Ci spostammo poi a Nový Bor [in una sala da gioco dove aveva avuto luogo un
assalto a colpi di machete] per studiare gli sviluppi in loco. Per strada non
abbiamo notato pattuglie di polizia, solo qualche loro camionetta diretta a
Rumburk.
A Nový Bor si respirava la stessa atmosfera di tensione di Rumburk. Ero
preparato ad una situazione come ai tempi di Radek ed ho filmato la nostra
trasmissione sui morosi d'affitto in sciopero della fame. Non avevamo molto
tempo, così abbiamo approfittato dell'ora di pranzo per parlare con i residenti
ed andare a trovare Štefan Gorol [della locale associazione romanì]. A Nový Bor
rimaneva la medesima tensione. Tutti avevano qualcosa da dire, ma nessuno aveva
fatto niente contro gli assalitori e tutti erano d'accordo che dovessero essere
puniti.
Alle 15.30 circa stavamo tornando a Rumburk. In breve arrivammo. Nella piazza
cittadina non c'era ancora niente che indicasse che presto da lì sarebbe partito
un comizio. I pompieri stavano annaffiando lo spazio ed attorno c'erano solo
poche persone. I giornalisti erano riuniti lì vicino in una gelateria. Però
siamo riusciti a notare dei ragazzi il cui aspetto [da manifestanti di estrema
destra] ci ricordò di Krupka o Nový Bydžov [all'inizio di quest'anno]. Più
tardi, nella piazza venne montato un piccolo podio e solo verso le 17.00 la
gente cominciò ad arrivare. I giornalisti si spostarono verso il podio. Scattai
qualche foto, guardandomi attorno. C'erano sì un paio di ragazzini con la testa
rasata e la t-shirt "Everlast", ma la gente che si era radunata sembrava più
essere formata da cittadini insoddisfatti, che non da estremisti.
Il comizio iniziò col discorso del deputato Foldyna (Socialdemocratico - ČSSD).
La folla era molto fredda nei suoi confronti, tranne rare eccezioni. Il sindaco Sykáček (ČSSD)
venne fischiato ed i commenti nei suoi confronti non sono riferibili.
A quel punto un nerboruto ragazzo ha afferrato il microfono per presentare Josef Mašín.
Ha affermato due volte di non essere un estremista, raccogliendo con ciò tutto
l'appoggio possibile dagli estremisti presenti tra la folla. Il gruppo
Resistenza Civile (Občanský odpor)
a cui appartiene, aveva originariamente convocato la manifestazione, stesso
orario - stesso luogo, ma l'evento non aveva avuto il permesso da parte della
giunta cittadina, per il timore del comportamento degli estremisti legati al
gruppo. I socialdemocratici locali hanno risolto la questione ospitando loro
stessi l'evento, come si dice: hanno fatto la torta e se la sono pure mangiata.
Il discorso appassionato di Mašín ha ottenuto più applausi di tutti.
Qualche minuto dopo il comizio è terminato e la folla si è dispersa. Anche
noi siamo andati, ad inviare alcune foto e brevi messaggi in redazione. Poco
dopo, le cose sono cambiate nuovamente. Il nostro corrispondente che era rimasto
sulla scena ci ha chiamato, dicendoci che stava per partire un corteo.
Apparentemente la folla gridava che stava muovendosi contro gli "zingari".
Poco più tardi, siamo riusciti a raggiungere i dimostranti. Diverse centinaia
di persone stavano marciando attraverso la città, lanciando slogan razzisti.
Invano ho cercato traccia della polizia. Evidentemente, pensavano che una
squadra di tre in tenuta anti-conflitto fosse sufficiente per quella folla, che
ho stimato di 600-800 persone. Da nessuna parte, vigili o poliziotti
antisommossa.
La folla ha raggiunto l'edificio dove vivevano i presunti partecipanti alla
rissa, distruggendone la staccionata verso la strada. La polizia sulla scena
impediva alla folla di irrompere nell'appartamento, mentre il suo proprietario
assisteva alla scena. Comunque, gli inquilini non erano in casa. Avevano già
abbandonatola città, perché i loro vicini avevano minacciato di linciarli. Molti
di loro non avevano niente a che fare con la recente rissa.
Alla fine abbiamo girato dall'altra parte dell'edificio. La polizia aveva
bloccato gli accessi. Da distante, vedevamo la polizia antisommossa in azione,
così siamo corsi nella loro direzione per registrare cosa stesse accadendo. Era
in corso un intervento assolutamente banale: l'arresto di un manifestante che
non aveva obbedito alle istruzioni della polizia. Ho scattato una foto al
manifestante che si ribellava alla polizia. Tutto quel che so, è che in seguito
a ciò sono stato arrestato con i miei colleghi. Siamo poi stati rilasciati senza
nessuna spiegazione (vedi
QUI testo in inglese - ndr).
A quel punto ci è sembrato che i disordini per strada fossero terminati.
Siamo tornati in sala stampa dove c'era il portavoce della polizia.
Poco più tardi abbiamo appreso che la famiglia rom dell'appartamento
circondato, stava passando la notte a 14 km. da lì, presso dei parenti. Abbiamo
guidato sino lì, filmandoli ed intervistandoli per Romea.cz.
Gli organizzatori a Rumburk si sono lasciati sfuggire completamente di mano
la situazione. Quel che è successo, non può assolutamente definirsi una
"manifestazione pacifica". I dimostranti lanciavano slogan razzisti, all'unico
scopo di terrorizzare i residenti rom ed espellerli dalla città. Alla fine, come
sempre, quanti non hanno fatto niente di male sono coloro che hanno sofferto
maggiormente.