Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 19/03/2007 @ 09:51:10, in Italia, visitato 1583 volte)
Arci Lombardia - CGIL Lombardia organizzano
Giovedì 22 marzo ’07
Camera del
Lavoro di Milano,
C.so di P.ta
Vittoria, 43 - sala De Carlini
Ore 20.30
presentazione del libro
Cittadinanze
Imperfette.
Rapporto
sulla discriminazione razziale di rom e sinti in Italia
(a cura di Nando
Sigona e Lorenzo Monasta)
Con Nando Sigona, attivista di
OsservAzione e ricercatore presso il gruppo di ricerca su Sviluppo e
Migrazioni Forzate (DFM) della Oxford Brookes University (UK).
Rom e sinti, quelli che comunemente chiamiamo "zingari" o
"nomadi", sono la minoranza etnico-culturale più discriminata d’Europa. Come
documentano i numerosi casi riportati in questo volume, anche in Italia questo
popolo è oggetto di discriminazione in molti ambiti, in molti modi e da parte di
diversi soggetti, talvolta anche istituzionali.
Ore 21.30 presentazione del
documentario
SUSPINO. UN
GRIDO PER I ROM, di GILLIAN DARLING KOVANIC (2006)
Il documentario offre uno sguardo sulla persecuzione che
affligge la minoranza europea più numerosa e umiliata. Con la caduta del
comunismo e il rafforzamento del nazionalismo di destra, i rom sono diventati il
capro espiatorio delle nuove democrazie dell'Est Europa. A causa di violenti
conflitti e discriminazioni, decine di migliaia di rom dell'Europa Orientale
scappano dai loro Paesi. Questo video parla della Romania, dove la più grande
concentrazione di rom in Europa è considerata 'nemico pubblico'. E parla
dell'Italia, dove i rom sono considerati nomadi e relegati a vivere nei campi,
negando loro i diritti umani fondamentali concessi ai rifugiati e ai cittadini
stranieri.
Osservazione
Di Fabrizio (del 10/03/2007 @ 14:21:34, in Italia, visitato 1791 volte)
Ricevo da
Mariagrazia Dicati, con richiesta di diffusione
Continuano inesorabili gli sgomberi dei campi
nomadi, senza che ci sia un chiarimento e una programmazione sulla loro
destinazione.
7 marzo 2007 - Blitz degli agenti della polizia municipale dell'ottavo
gruppo, stamani intorno alle 9.30, nel campo nomadi abusivo di Ponte di Nona, in
via don Primo Mazzolari a Roma.
L'intervento, spiegano gli uomini del Gruppo comandato da Antonio Di Maggio, si
è reso necessario anche dopo le proteste del comitato di quartiere che nei
giorni scorsi aveva anche fatto un blocco stradale per attirare l'attenzione sul
problema; dei genitori degli alunni della scuola elementare e media che si trova
sulla stessa via e dei proprietari di alcuni cantieri che nelle scorse settimane
aveva subito numerosi furti.
La polizia municipale sta predisponendo la bonifica della zona su cui si erano
insediati i nomadi.
Intanto c’è chi invece si sta mobilitando tempestivamente per un rifiuto
netto dei campi nomadi. Viterbo: "No ai campi nomadi” invito alla mobilitazione.
7 marzo 2007 Viterbo - Il presidente del Movimento "insieme per il
territorio", Michele Bonatesta dice: Il modo in cui Veltroni e Serra stanno
cercando di risolvere i problemi di Roma è semplicemente vergognoso. Basta
leggere un’agenzia del 1 marzo scorso, quando il Prefetto di Roma si lamenta
“dell’egoismo di chi non vuole accogliere i nomadi romani in altri comuni… ”
anche se non può fare a meno di esternare alcuni altri aspetti del problema-rom.
E’ un fiume in piena Michele Bonatesta, la notizia che alcuni Comuni del
Viterbese sarebbero già stati individuati come possibili “ospiti” per i nomadi
sfrattati da Roma dal sindaco Veltroni.
Il bubbone ora è scoppiato? Se lo tengano e individuino la cura senza
“contagiare” altri territori che fanno di tutto per restare nei limiti della
sicurezza e dell’ordine pubblico.
Questo è il tasto da battere e se qualcuno non dovesse sentirsi in grado di
garantirci questo, si dimetta o chieda il trasferimento, a seconda del ruolo che
ricopre nel nostro territorio.
A Frosinone sono già scesi in piazza. Noi siamo ancora allo stadio delle
chiacchiere ma, quel che è peggio e che lascia presagire il peggio, è che
qualcuno si sta mostrando disponibile al dialogo ed alla trattativa. Noi,
invece, diciamo (come già lo dicemmo il 17 gennaio scorso) “NO”, senza se e
senza ma!”.
9 marzo - "Come annunciato nei giorni scorsi prosegue l'opera di
riqualificazione del Comune di Roma. L'intervento effettuato questa mattina a
Villa Troili restituisce dignita' alle persone che vivevano in condizioni
disagiate e garantisce ai cittadini della zona maggiore sicurezza e decoro
urbano per una migliore qualita' della vita".
Cosi' il sindaco di Roma, Walter Veltroni, commenta l'avvenuto sgombero del
campo nomadi di Villa Troili.
Il Sindaco di Roma Walter Veltroni precisa: "Le persone che ci vivevano
saranno accolte nei centri di accoglienza del Comune di Roma. Con questo
trasferimento il campo, creato nel 2001 a seguito di un'ordinanza prefettizia,
e' definitivamente chiuso e l'intera area sara' bonificata e restituita alla
citta'".
"Anche questa volta le operazioni di sgombero si sono svolte nella massima
tranquillita, grazie alla collaborazione della polizia municipale, delle forze
dell'ordine, della protezione civile e delle associazioni che assistono i rom.
Un'operazione che, si aggiunge a quelle gia' effettuate nel corso di questi
anni, dal 2001 sono stati sgomberati 30 campi e insediamenti abusivi presenti
nella citta'".
La prima domanda è: Che fine hanno fatto le persone sfrattate dai 30 campi
nomadi?
I nostri timori che dallo sgombero di "campi nomadi" nascano un numero maggiore
di "piccoli campi nomadi", legali ed abusivi, è fondato, e questo accade per
l'assenza di UNA SCELTA POLITICA ABITATIVA per Rom e Sinti.
Oppure forse dobbiamo credere che non si voglia uscire concretamente
dall'ottica distruttiva del campo nomade?
Questo Governo aveva promesso maggiore attenzione alla questione Rom, e mentre
si discute nei diversi tavoli Ministeriali, la realtà Rom diventa drammatica
passando "dalla padella alla brace".
Non è arrivato il momento che TUTTE le organizzazioni pro rom/sinti facciano
sentire PUBBLICAMENTE e con forza la propria voce?
Di Fabrizio (del 07/03/2007 @ 09:45:55, in Italia, visitato 4127 volte)
Da
Roma_Italia
Marina Galati
Il lavoro avviato dalla Comunità Progetto Sud per favorire l’inclusione di
un gruppo soggetto ad esclusione e stereotipi
Tra i cittadini di Lamezia Terme vi sono circa 700 persone di etnia rom.
Presenti da più di sessant’anni, per la maggior parte nati in questa città, solo
alcuni in altri paesi della Calabria. Ovviamente parliamo di rom stanziali,
residenti da sempre nella nostra comunità.
Anche nella nostra città la popolazione di etnia rom è vissuta tra ostilità ed
emarginazione.
I primi insediamenti sono stati baraccopoli messe insieme alla meglio e
autorizzate anche grazie al numero ridotto di rom ospitati. Relegata in un campo
dal 1982, indicato inizialmente come “sistemazione provvisoria”, la popolazione
rom si è trovata ad essere confinata – circondata materialmente da un muro di
cinta alto circa 4 metri – ed esclusa dalla vita della città.
La questione rom anche a Lamezia Terme viene affrontata con le stesse modalità
di altri contesti territoriali: cittadini che protestano per la loro vicinanza e
amministratori che si trovano stretti tra il bisogno di garantire l’ordine
pubblico e il non scontentare i propri elettori. Ogni volta che viene
individuato un rione in cui trasferire il campo nomadi, la popolazione insorge e
tutto ricomincia. La maggior parte dei rom ancora oggi vive nel campo. Le
istituzioni che fino ad ora si sono “interessate” ai Rom hanno affrontato il
problema come se fosse temporaneo, senza accorgersi che ormai questo popolo è
definitivamente stanziale nel territorio lametino e che ogni rom è, a pieno
titolo, cittadino italiano.
A Lamezia Terme, tra le discussioni della gente e sulla stampa locale, è diffusa
l’opinione che i rom rimangano “sempre uguali”, sostanzialmente un problema.
Eppure in questi anni tantissime vicende dimostrano i significativi cambiamenti
avvenuti e l’avvio di processi che hanno apportato profonde trasformazioni nella
comunità stessa.
Il lavoro costante dell’Associazione “La strada” per l’inserimento dei rom a
scuola e l’educazione sanitaria, le attività della cooperativa sociale
“Ciarapanì” per la creazione di lavoro per e con i rom hanno innescato visibili
processi di integrazione.
A differenza di prima, oggi bambini e bambine rom vanno a scuola, giovani rom
lavorano in cooperativa, ragazzi e ragazze rom crescendo hanno messo su famiglia
e diversi altri di loro hanno trovato casa fuori dal campo andando ad abitare in
case popolari o in affitto.
Tanti bambini e bambine lametini hanno avuto per compagni di classe un rom.
Nelle vie della città di Lamezia si vedono lavorare i rom della cooperativa
“Ciarapanì” mentre svolgono il servizio di raccolta differenziata “porta a
porta”. Ed altri giovani rom lavorano nel comparto ortofrutticolo; alcune
ragazze lavorano presso bar e ristoranti. Nella vita quotidiana rom e “italiani”
si ritrovano insieme in tante attività ed esperienze comuni: dalla spesa nei
supermercati e nei negozi alle file in posta, nei ricoveri in ospedale. Al
matrimonio di uno dei soci rom della cooperativa “Ciarapanì” eravamo in tanti: i
parenti venuti da tutta la regione, i compagni del circolo sportivo, gli amici
della squadra di calcio, i vicini di “campo”, i colleghi di lavoro e tante altre
persone, “chi rom e chi no”. Un matrimonio come tanti altri, un evento normale
tra mille eventi normali.
Allora ci siamo chiesti: ma bastano la scuola, la casa, il lavoro per
riconoscersi ed essere riconosciuti cittadini? La cittadinanza la si ottiene
soltanto quando si gode dell’accesso ai diritti essenziali come quelli civili e
sociali?
La sedentarietà di questi cittadini rom non vuol dire automaticamente
cittadinanza, perché forse la cittadinanza è un portato culturale molto più
complesso. Crediamo che si è cittadini e si è integrati non solo quando si gode
dell’accesso ai diritti essenziali (come la scuola, la sanità) ma anche quando
si può partecipare attivamente alla produzione di cultura e di senso. Lo spazio
per la parola, la possibilità di negoziare il proprio ruolo sociale, la propria
identità culturale, i propri progetti, sono fondamentali per una convivenza
reale tra culture ed identità plurime.
L’integrazione è un processo, non può essere uno schema, un principio generico,
e va quindi continuamente nutrita di fatti concreti.
Le domande che ci siamo posti all’interno di un gruppo di persone, tra cui
alcuni di etnia rom, ci hanno condotto ad avviare un percorso nella città e con
la città.
Da più di un anno abbiamo avviato una ricerca-azione con il coinvolgimento
diretto di persone rom nel lavoro di rilevazione, elaborazione ed
interpretazione dei dati. Ciò ci ha permesso innanzitutto di conoscere dati e
fenomeni concreti relativi a questa popolazione, informazioni che aiutano a
modificare delle rappresentazioni costruite a volte sui pregiudizi e sulla non
conoscenza. Dati che sfatano anche alcuni immaginari. Ad esempio, in questi mesi
più volte abbiamo posto a persone diverse la domanda: “Quante persone ritenete
che vivano al campo rom?”. Nessuno mai si è avvicinato al dato reale, quasi
tutti hanno sovradimensionato la presenza dei rom nella nostra comunità.
Abbiamo cosi promosso un laboratorio di cittadinanza coinvolgendo diversi
soggetti della comunità locale, tra cui rappresentanti delle circoscrizioni dei
quartieri in cui risiedono i rom, alcuni gruppi scout, le parrocchie, la Caritas,
associazioni giovanili, presidi delle scuole, rappresentanti di associazioni di
categoria. E, soprattutto, abbiamo dato inizio ad un percorso in cui siano le
persone rom a prendere la parola e raccontarsi in prima persona in quanto
cittadini di Lamezia.
Sono stati strutturati percorsi di empowerment con adolescenti e giovani rom da
cui è scaturita una lettera indirizzata ai giovani coetanei lametini, costruita
con il metodo della scrittura collettiva. Questa è stata un’occasione di
incontro con piccoli gruppi di coetanei, nelle scuole, nelle associazioni, nelle
parrocchie per discutere insieme i contenuti della lettera.
Il video documentario “Dal campo al lavoro” è nato come lavoro di inchiesta
sociale volta ad indagare la situazione socio-lavorativa all’interno della
comunità rom a Lamezia.
L’inchiesta è stata costruita attorno alla raccolta di alcune
video-testimonianze significative fatte a persone rom, sia giovani che anziane,
sia uomini che donne, residenti all’interno del campo o al di fuori di esso. Le
interviste hanno permesso di ricostruire soprattutto dei percorsi individuali di
vita lavorativa ed esperenziale. Il video è divenuto anch’esso strumento per
interloquire con gli altri cittadini non rom della città.
Insieme ad un esperto di etnopsichiatria abbiamo creato un gruppo-parola con
donne e giovani rom ed i mediatori sociali che operano con loro. L’intento è
proprio quello di ascoltare ed interrogarsi sulle dimensioni dell’esistenza e
cogliere quegli aspetti culturali ed identitari che provengono da altri
territori di esperienza e da altri contesti culturali.
Difatti abbiamo creato un “cantiere” dove si continuano ad aprire spazi di
parola ed espressione per riflettere insieme. Il processo messo in atto vuole
riconoscere i cittadini rom come soggetti ed interlocutori (di diritti e di
doveri) insieme agli altri abitanti di questa città per trovare congiuntamente
le soluzioni ai problemi che oggi bloccano, frammentano, dividono. Ci preme
creare luoghi e spazi in cui facilitare comunicazioni, negoziazioni tra
interessi diversi per perseguire obiettivi e soluzioni che ci aiutino a vivere e
a realizzare sempre più integrazione reale nella vita sociale della nostra
comunità. È un processo di crescita diffusa di cui la città ha bisogno.
Di Fabrizio (del 06/03/2007 @ 09:31:52, in Italia, visitato 2201 volte)
Cari amici,
le adesioni raccolte dall’appello
contro il “patto di legalità” che abbiamo promosso come singoli cittadini ci
incoraggiano a pensare che sia possibile andare oltre la visione del problema
rom come un problema di segregazione e di intervento meramente emergenziale.
D’altro canto manca, nel nostro Paese, non solo una cultura che superi il
pregiudizio ma anche una legislazione che riconosca i rom come minoranza
portatrice di una propria cultura, una propria lingua, un modello di convivenza
e socialità diverso dal nostro. Per superare la polemica, pur necessaria e
utile, contro il “patto di legalità” proponiamo di incontrarci per uno scambio
di opinioni, per una informazione sullo stato delle cose a Milano e provincia e
per un aggiornamento sui lavori della commissione interministeriale istituita
per i rom con l’obiettivo di preparare una iniziativa pubblica che porti il
dibattito sul terreno per noi fondamentale del riconoscimento di questo popolo.
Per questo proponiamo di incontrarci lunedì 12 marzo alle ore 18 presso
CHIAMAMILANO in largo Corsia dei Servi 11 (alle spalle di corso Vittorio
Emanuele).
Paolo Cagna Ninchi
corso di Porta Ticinese 48
20123 MILANO
Tel.: +39.0258101910 - 3391170311
In allegato una nota dell’Opera nomadi
PARTECIPA ALL'INCONTRO DI LUNEDI' 12 MARZO ORE 18,00
Cercare di ragionare sulle politiche locali nei confronti delle comunità
stanziali di rom e sinti significa spesso inoltrarsi in un labirinto di pratiche
discriminatorie striscianti, talvolta anche da parte di poteri pubblici che
dovrebbero essere invece garanti dell'universalismo dei diritti.
Dopo un lungo periodo in cui rappresentanti delle istituzioni milanesi e della
casa della carità hanno parlato sui media, in una sorta di monologo, della
necessità di stipulare un “patto di legalità e socialità” con i rom rumeni dei
campi di via Triboniano ed Opera, eccoli ora proporre di estendere nel prossimo
futuro questo ipotetico “modello” di comportamento agli altri insediamenti
abitati dai rom e sinti italiani, serbi, bosniaci, kosovari.
Ce lo aspettavamo.
Il fastidio e l'irritazione un po' scomposta che hanno accompagnato la reazione
di alcuni politici e opinion leaders alle nostre critiche e argomentazioni, non
hanno peraltro offerto una risposta convincente nel merito di politiche che
rischiano di essere discriminanti sul piano del diritto o fin troppo logore e
condizionate da interventi di solo carattere emergenziale.
Cioè senza prospettive di più ampio respiro.
Difficile dunque capire perché non si debba continuare a discutere sulle
conseguenze e le implicazioni della varie possibili scelte senza sottostare alla
spada di Damocle di un'accusa davvero ingiusta che ci siamo sentiti rivolgere,
cioè di “indebolire” la sinistra impegnata a difendere le politiche per i Rom
del centro destra al governo a Milano.
Opera Nomadi Milano
Di Fabrizio (del 01/03/2007 @ 09:37:52, in Italia, visitato 1745 volte)
26 febbraio 2007 | de Gabriela Mladin - da
Roma Italia
[...] Circa 350 persone del villaggio rumeno di Rau de Mori,
nella regione di Hunedoara, vivono in containers e roulottes alla periferia di
Torino, ad 800 metri dal quartiere di Orbassano. Sette anni fa erano una decina;
ma l'anno scorso un centinaio ha lasciato il villaggio in Romania ed il resto e
si è unito al gruppo dopo l'ingresso nell'Unione Europea il 1 gennaio.
Nel villaggio di Rau de Mori vivono ora solo sei famiglie:
gli anziani e quelli senza documenti.
I Rom nella colonia di Torino dicono di aver provato a cercare
lavoro, ma non ci sono riusciti e così mendicano per sopravvivere.
Horia Munteanu e arrivato a Torino pochi giorni dopo aver
celebrato il capodanno in Romania. "Ho preso la mia famiglia e sono arrivato
qui, dove c'erano già dei nostri parenti. Viviamo assieme, come facevamo a casa,
soltanto meglio. Anche se siamo lontani da casa, non ci siamo dispersi, siamo
tutti in un posto. Sarei arrivato anche prima, ma non avevo il passaporto. Così,
la differenza è stat che dopo il 1 gennaio abbiamo potuto arrivare in Italia con
la carta d'identità. Siamo in 350 qui, tutti da Rau de Mori," dice Munteanu.
Patru Gaman spiega che: "La gente [in Romania] viveva della
sicurezza sociale. Ma come si può vivere con 80 lei, 23 euro al mese!?
Elemosinando agli angoli delle strade ricaviamo oltre 60 euro al giorno."
Il guadagno medio dall'elemosina parte da circa 30 euro al
giorno, che portano i Rom a concludere che gli Italiani sono più generosi dei
Rumeni.
"Siamo arrivati qui credendo che ci fosse lavoro per noi, ma
nessuno ci ha cercato, così mendichiamo agli angoli delle strade. Gli Italiani
sono brava gente, ci danno dei soldi, non come la gente a casa. Anche polizia e
carabinieri sono bravi. Vengono ogni volta a controllare se qui abbiamo roba
rubata, ma poi ci lasciano stare," spiega Ion Lega.
Nell'accampamento vicino a Torino, c'è chi sta meglio degli
altri. Alcuni vivono in case mobili che hanno acquistato a 300 euro, altri
preferiscono risparmiare per un container a metà di quel prezzo. Il
problema dell'energia elettrica è stato risolto collegandosi al sistema di
illuminazione pubblica. L'acqua viene rifornita con contenitori, riempiti in
città. [...]
Di Fabrizio (del 27/02/2007 @ 10:20:59, in Italia, visitato 2582 volte)
Di Fabrizio (del 22/02/2007 @ 12:06:03, in Italia, visitato 2680 volte)
A forza di essere vento.
Lo sterminio nazista degli zingari
SABATO 03.03.07
ore 20.00
cena rom macedone
15€ bevande incluse
ore 21.00 proiezione dvd
presso il circolo Arci Blob /
via Casati 31, Arcore (MI). 039 61 69 13
info@arciblob.it
www.arciblob.it ingresso
con tessera Arci
prenotazioni entro il 23.02
Di Fabrizio (del 21/02/2007 @ 09:40:35, in Italia, visitato 1608 volte)
Dove abita la convivenza? Diritti e cittadinanza per le popolazioni Rom e Sinti nel comune di Milano e nella Provincia
Milano ha vissuto, negli ultimi mesi, l’ennesima drammatica storia di esclusione; vittime principali ancora una volta alcuni cittadini stranieri (con regolare permesso di soggiorno), ci riferiamo alla trentina di famiglie rumene, circa 70 persone, di cui la metà bambini, sgomberati dal campo di via Ripamonti. Anche in questo caso, come avvenne un anno fa per la vicenda dei rifugiati di via Lecco, si è dimostrata l’incapacità della città di Milano ad affrontare con intelligenza la questione dell’accoglienza e a governare l’emergenza con previdenza e con politiche di largo respiro, trasferendo semplicemente “il problema” sul vicino comune di Opera.
Molti errori sono stati commessi nella gestione di questa situazione: manca prima di tutto un orizzonte culturale e politico di riferimento che consenta di impostare delle politiche pubbliche di inclusione credibili ed efficaci.
Non si può rimandare oltre la questione della mancanza di strutture atte ad affrontare l’emergenza, ma soprattutto ad evitarla; teniamo a sottolineare che per fronteggiare queste situazioni non servono più risorse di quelle già a disposizione, ma serve investirle meglio, evitando la dispersione e lo spreco di denaro pubblico. In particolare le politiche dei “campi nomadi” e delle soluzioni abitative separate hanno dimostrato negli anni non solo la loro inefficacia, ma anche la sistematica violazione dei diritti umani dei loro ospiti, con il conseguente doloroso avvilimento della loro dignità.
Ci preoccupa in generale, l’apparente scomparsa di un dovere pubblico alla solidarietà, un diritto-dovere collettivo che appartiene alle Città e ai suoi cittadini. Sempre più spesso viene a mancare una cultura propria dell’accoglienza che sappia farsi carico anche delle contraddizioni esistenti, ma che trovi appunto nella solidarietà, e non nella paura, la chiave di lettura per la risoluzione di molte delle situazioni che si affrontano e si incontrano nelle città e soprattutto nelle metropoli come la nostra.
E’ necessario pensare ad un ampio intervento culturale, che possa modificare gli approcci delle amministrazioni, dei media, delle parti politiche e sociali di una città, ma che per primo possa arrivare ai cittadini come rassicurante percorso di conoscenza e approfondimento, capace di debellare luoghi comuni ed etichette sociali con efficacia e forza.
Teniamo a ricordare che quelli che comunemente chiamiamo “zingari” o “nomadi”, sono la minoranza etnico-culturale più discriminata d’Europa. Una discriminazione che si manifesta nella vita di tutti i giorni, nella scuola, sul lavoro, nella negazione del diritto ad un alloggio adeguato. Una discriminazione che arriva fino al rifiuto di riconoscere a questo popolo lo status di minoranza nazionale.
Di fronte al riconoscimento che gli uomini e le donne rom e sinti non sono più nomadi da molte generazioni, che i “nuovi arrivi” hanno alle spalle lunghe tradizioni di inserimenti abitativi tradizionali e che circa la metà della popolazione presente sul territorio nazionale ha la cittadinanza italiana, la nostra associazione invita il Comune, la Provincia di Milano, la Regione Lombardia, le Associazioni e i Partiti ad una riflessione e ad una scelta pubblica coraggiosa che vada verso il superamento della logica dei “campi nomadi” e di ogni forma di soluzione abitativa separata.
L’accettazione di un abitare inferiorizzato e di una condizione di cittadinanza separata e imperfetta per qualunque gruppo sociale, svilisce la stessa idea di cittadinanza e impedisce lo sviluppo di una nuova democrazia. A nessuna persona e a nessun gruppo può essere destinata una condizione di abitare inferiore o di ghettizzazione sulla base della sua provenienza, della sua cultura, della sua religione, della sua lingua, della sua condizione sociale.
Riteniamo che una nuova idea di cittadinanza debba legarsi strettamente ad una azione decisa contro ogni forma di segregazione e di subordinazione delle popolazioni che abitano la città e il territorio. Ciò è possibile solo attraverso la costruzione di percorsi di fuoriuscita dai campi e di inserimenti abitativi, condivisi e partecipati con le comunità (italiane e rom), attraverso un percorso che veda gli uomini e le donne rom partecipare attivamente alla costruzione di progetti di convivenza e promozione dell’autonomia, e non come soggetti passivi sottoposti ad una azione di tutela preventiva. Accanto a queste azioni riteniamo che sia urgente garantire a tutti coloro che mantengono uno stile di vita nomade, delle aree di transito provvisorie e temporanee attrezzate per garantire la dignità e l’accesso ai servizi, seppure per un tempo limitato.
Nell’attuale situazione di Milano e Provincia mancano completamente politiche di partecipazione dei cittadini (italiani e rom), che sappiano per tempo avviare percorsi, attivare risorse e risposte “dal basso”, per far emergere risposte collettive, pensate e mediate dal confronto e dallo scambio; in questo senso è stata estremamente significativa la chiusura del "Tavolo programmatico per il monitoraggio rom e ulteriori azioni" istituito dalla Provincia di Milano. Con questa scelta, anziché promuovere un coinvolgimento delle associazioni che operano con i Rom, nella speranza di allargare la rappresentanza alle stesse comunità presenti sul territorio, si va nella direzione opposta, escludendo l'associazionismo e il terzo settore dalla possibilità di partecipare alla definizione delle politiche nei confronti delle popolazioni rom e sinti.
A ciò si aggiunga che nelle politiche pubbliche i Rom e i Sinti sono quasi sempre assenti, manca qualsiasi forma di coinvolgimento reale nelle decisioni che li riguardano. Quello che accade, nella migliore delle ipotesi, sono parvenze di partecipazione, mentre le decisioni vengono prese altrove, da altri referenti. Nella peggiore, invece troviamo Rom e Sinti utilizzati come spauracchi o “capri espiatori” per mobilitare elettorati benpensanti, paurosi e razzisti.
Teniamo a precisare che una politica inclusiva, rispetto a quella contrassegnata da una logica di esclusione, non favorisce solamente chi in questa città è “nuovo cittadino”, ma accresce la qualità generale dell’abitare urbano, compresa la sicurezza di tutti i suoi cittadini; ciò è possibile soprattutto se si sposta l’accento sulla partecipazione anche rispetto al tema delicato della sicurezza, affinché questa non sia solo terreno di politiche poliziesche volte al controllo e alla repressione.
Di fronte alle discriminazioni subite da Rom e Sinti è lecito parlare di “razzismo istituzionale”? Se con questo termine indichiamo sistemi sociali che non riescono a confrontarsi adeguatamente con altri gruppi nazionali e / o etnico – culturali e che non promuovono riforme per attuare, oltre all’uguaglianza giuridica, l’uguaglianza di opportunità a parità di condizioni, allora ci troviamo di fronte a pratiche diffuse e radicate di razzismo istituzionale. A questo proposito ricordiamo che il Governo italiano è stato recentemente (24/04/06) richiamato dall’Unione Europea per violazione della Carta sociale europea revisionata in merito alle condizioni abitative di Rom e Sinti sul territorio italiano.
Riteniamo pertanto urgente e necessario che le istituzioni e le forze politiche del nostro territorio comincino una riflessione nei confronti delle minoranze rom e sinti partendo dal tema dei DIRITTI, confrontandosi con le “buone pratiche” sperimentate in passato dentro e fuori la Lombardia, con uno sguardo anche alla dimensione europea del fenomeno.
Di Fabrizio (del 20/02/2007 @ 11:57:32, in Italia, visitato 1516 volte)
E' il 800.25.36.08 ed è gestito dal nucleo
operativo ecologico dei Carabinieri
In molti campi nomadi si è diffusa l'abitudine di dar fuoco, ad ogni ora del
giorno e della notte, a rifiuti di vario genere tra cui anche vecchi
pneumatici.
Per arginare tale fenomeno ed il conseguente inquinamento atmosferico è
possibile segnalare tali incendi al NUMERO
VERDE: 800.25.36.08, già operativo da oltre 5 anni, del
nucleo operativo ecologico dei Carabinieri che opera in sinergia con il
Ministero dell'Ambiente, e che interverrà tempestivamente.
Il servizio è operativo oltre che a Roma anche su tutto il territorio
nazionale.
19/02/2007
PS: Non per fare il guastafeste, ma a leggere il titolo
avevo capito che si riferisse agli
incendi
che purtroppo funestano gli accampamenti tutti gli inverni.
Di Fabrizio (del 20/02/2007 @ 10:00:42, in Italia, visitato 1817 volte)
Ricevo da Mariagrazia Dicati: Invio documentazione relativa alla manifestazione per la giornata della memoria a Piove di Sacco (PD), riportato anche su: www.coopofficina.blog.tiscali.it
Riportiamo integralmente l’intervento del Rom Loris Levak che insieme alle rappresentanze Istituzionali, al Rabbino della comunità ebraico di Padova e insigni rappresentanti del Centro Studi del Triveneto sulla Shoah, ha partecipato alla cerimonia commemorativa per la giornata della memoria
“ Ho partecipato più volte a manifestazione per rievocare lo stermino dei Rom e dei Sinti, in particolare voglio ricordare il 1997 a Padova dove ho prodotto il rilievo in rame messo nel museo dell’Internato Ignoto che si conserva perfettamente nel tempo.
Oggi 8 febbraio 2007 sono orgoglioso di essere presente a Piove di Sacco insieme ai esponenti delle Comunità Ebraiche, davanti ad un pubblico di ragazzi che rappresentano il futuro.
Voi avete già conosciuto mio padre Mirko Levak che vi ha raccontato la sua prigionia nei campi di sterminio, lui ha rappresentato il passato, io sono qui per assumermi l’impegno per il futuro, per fare in modo che non vengano dimenticate le sue sofferenze e quelle di migliaia di altri Rom e Sinti
La giornata della memoria voluta e istituita dall’ex Presidente Ciampi vuole ricordare tutte le vittime delle sterminio, ma accanto allo sterminio degli ebrei, dobbiamo ricordare che ci sono stermini minori, ma non per questo meno importanti.
500.000, o forse molti di più, Rom e Sinti sono stati trucidati nei campi di sterminio e molti altri morirono per mano degli ustascia.
Questo stermino che noi abbiamo chiamato “PORRAJMOS” perché nella nostra lingua significa divoramento, distruzione, non ha ancora avuto un riconoscimento dalla storia.
Per questo, a nome della comunità Rom e Sinta, di mio padre MIRKO EMILIO LEVAK ex deportato sopravissuto ad Auschwitz, chiedo al Sindaco di Piove di Sacco, Mario Crosta, rappresentante delle Istituzioni, al Rabbino della comunità ebraica di Padova Adolfo Locci, ad Antonio Sorrenti, del Centro Studi Triveneto sulla Shoah,di sostenere la nostra richiesta, chiedendo al Presidente della Repubblica NAPOLITANO, che lo stermino dei Rom e dei Sinti, a carattere razziale come quello degli Ebrei, abbia un riconoscimento anche nella legge per la giornata della memoria”
Alla fine dell’intervento di Loris Levak, Antonio Sorrenti, lo ha ringraziato per avergli dato l’opportunità di ricordare ai ragazzi delle scuole alcune testimonianze proprio sulle sofferenze dei Rom e dei Sinti, inoltre ha voluto sottolineare che nelle loro ricerche hanno trovato documentazioni che si riferiscono proprio ai Rom e, alla fine, lo stesso Antonio Sorrenti si è impegnato a portare avanti quanto era stato richiesto da Levak.
La cerimonia, molto sentita e commovente si è conclusa con un gesto simbolico : allo scoccare dei 12 tocchi delle campane, ora in cui vennero aperti i cancelli di Auschwitz, il Sindaco, i rappresentanti delle Comunità Ebraiche e Rom, hanno liberato i grappoli dei palloncini, mentre gli alunni e i ragazzi erano invitati a fare una riflessione cercando di mettersi nei panni dei prigionieri in quel lontano momento.
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
Oggi 8 febbraio 2007, in occasione della celebrazione della giornata della memoria per lo sterminio del popolo ebraico e del popolo Rom e Sinto, nella città veneta di Piove di Sacco in provincia di Padova, mi rivolgo al Sindaco Mario Crosta, quale rappresentante delle Istituzioni, al Rabbino della Comunità Ebraica di Padova Adolfo Locci, ad Antonio Sorrenti, del Centro Studi Triveneto sulla Shoah affinché facciano pervenire al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la seguente
RICHIESTA
sull’estensione dell'intitolazione del "Giorno della Memoria" anche al popolo dei Rom/Sinti, e a tutte le vittime del nazifascismo, sottoponendo alla Sua attenzione quanto segue :
- In considerazione anche del Decreto legislativo Mastella, che prevede pene più severe per chiunque commetta o inciti a commettere atti discriminatori per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o compiuti a causa del personale orientamento sessuale o dell'identità di genere
- In considerazione della Legge n. 211 del 20 luglio 2000 che ha istituito il "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, l'art. 1 della Legge riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi si sono opposti al progetto di sterminio, ed al rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati". Sia il popolo ebreo che le popolazioni Rom e Sinti erano considerati rappresentanti di razze geneticamente inferiori tanto da esservi per i nazisti anche una Zigeunerfrage (questione zingari) da risolvere con un'apposita legislazione discriminatoria che venne emanata nei confronti di quelle popolazioni e che alcune norme della stessa permasero in vigore in Germania fino alla fine degli anni settanta. Nei campi di sterminio furono uccisi tra 5,6 e 6,1 milioni di ebrei e tra 500.000 e 800.000 Rom e Sinti, corrispondenti al 50/80% di quelle popolazioni presenti nei territori occupati dai nazisti. La vicenda del Porrajmos (sterminio del popolo dei Rom/Sinti) non ha avuto un riconoscimento fino al 1994.
Con il supporto di tutti questi elementi chiediamo si possa pervenire ad una estensione dell'intitolazione del "giorno della Memoria" anche "al popolo dei Rom/Sinti e a tutte le vittime del nazifascismo".
Piove di Sacco 8 febbraio 2007
In rappresentanza della comunità Rom e Sinta
MIRKO EMILIO LEVAK
ex deportato sopravissuto ad Auschwitz
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