Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/12/2007 @ 09:45:20, in Italia, visitato 2577 volte)
Scrive padre Fabrizio Ciampicali:
questa è Ielena, una piccola bambina bosniaca, che qualche settimana fa, è stata mandata via dalla sua piccola baracca, qui, a Latina… in uno dei tanti sgomberi. “non c’era posto per loro in albergo” (Lc 2.7) Anche oggi, come 2000 anni fa…
…possiamo dirci: “Buon Natale”?
Di Fabrizio (del 21/12/2007 @ 09:33:22, in Italia, visitato 2631 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
COMUNICATO STAMPA Buon Natale per i Migranti della nostra città!
E' Natale, ma non per tutti a Roma. Anche in questo periodo l'amministrazione comunale preferisce la politica degli sgomberi a quella dell'accoglienza: il risultato è che bambini, donne e uomini non avranno neanche più le baracche come riparo dal freddo e dovranno ricominciare da capo la loro vita. I bambini, che costituiscono almeno il 50% delle persone sgomberate, sono sotto controllo medico per il freddo patito dal dormire all'addiaccio. Gli sgomberi di Rom e Migranti non sono una soluzione. Proponiamo un tavolo di dialogo che metta insieme istituzioni locali, comunità di migranti, associazioni di solidarietà, cittadini, per intraprendere percorsi partecipati di reale soluzione dei problemi.
Incontro pubblico e conferenza stampa venerdì 21 dicembre 2007 alle ore 11.30 presso i locali Arci in viale G. Stefanini, 15 (Metro B fermata Pietralata)
Promuovono: La Sinistra-L’Arcobaleno del V Municipio (Sd, Pdci, Prci-Se,Verdi), Coordinamento Roma città democratica e solidale, rivista Carta, Bottega del commercio equo Tutti giù per terra Partecipano: rappresentanti delle comunita' rom Esponenti locali e cittadini di La Sinistra-L’Arcobaleno responsabili e operatori delle associazioni di solidarieta’ Allegato
Lettera aperta al Sindaco di Roma
Caro Sindaco Veltroni, caro Assessore alla Sicurezza Touadi, nelle ultime settimane, l’Amministrazione comunale ha voluto lo sgombero dei baraccamenti di rom, migranti e italiani in varie zone della città, in particolare lungo le rive dell’Aniene a Ponte Mammolo, a Rebibbia, a Ponte Salario. Sulla stampa sono apparse le dichiarazioni soddisfatte per la “riqualificazione” delle aree interessate; gli sgomberi del 3 e del 10 dicembre hanno coinvolto complessivamente quasi 800 persone. Che cosa si è risolto? E’ sotto gli occhi di tutti che gruppi di disperati, con i loro bambini, vagano negli anfratti marginali del “modello Roma”, in attesa del prossimo sgombero. Ci sembra che sia una linea politica dal respiro corto, tesa più a cavalcare l’onda dell’allarme sociale, alimentato anche attraverso i media, piuttosto che a mettere in moto reali percorsi di risoluzione dei problemi. Tutto ciò rende ancora più difficile il lavoro che come moltissime associazioni di orientamenti culturali, politici e religiosi differenti stiamo conducendo contro il dilagare della cultura razzista nella nostra città. Ciò che sta avvenendo in questi mesi ha sensibilmente peggiorato le condizioni di vita, già drammatiche, dei migranti e ha rafforzato lo stereotipo dello straniero criminale. Vi ricordiamo che nel nostro paese centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici stranieri, insieme alle loro famiglie, stanno aspettando che venga cancellata la vergogna delle legge Bossi-Fini. Vi chiediamo di interrompere la politica degli sgomberi, che hanno il solo risultato di spostare da qualche altra parte la disperazione, di intraprendere un’altra strada, che apra anzitutto un dialogo con le comunità migranti. Invece di affrontare i problemi nelle riunioni del sottocomitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, vi invitiamo a istituire un tavolo che metta insieme istituzioni locali, comunità di migranti, associazioni di solidarietà, cittadini per intraprendere percorsi di reale soluzione dei problemi. Pensiamo che la legalità, la solidarietà, la “sicurezza” si riconquistano riqualificando i quartieri e le aree più degradate, sostenendo i migranti - come i nostri concittadini - nella ricerca di casa e lavoro, guardano alle situazioni concrete per aiutare chi vuole intraprendere percorsi di inclusione e scoraggiare chi invece intende alimentare circuiti criminali. Le risorse ci sono, visto che il Ministero della Solidarietà Sociale ha fatto un bando apposito da 50 milioni di euro: il Comune di Roma è uno dei destinatari, come intende utilizzarle? I problemi di Roma non sono i Rom e i Migranti, ma la povertà, il precariato, l’emergenza abitativa, il degrado. In attesa di una sollecita risposta, cordiali saluti.
Firmato: La Sinistra-L’Arcobaleno (Sd, Pdci, Prc-Se, Verdi), Coordinamento Roma città democratica e solidale, Rivista Carta, Bottega commercio equo Tutti giù per terra X info: Claudio Graziano 3356984279 Cristina Formica 3338101150
Di Fabrizio (del 20/12/2007 @ 09:17:07, in Italia, visitato 2632 volte)
(am.boc. 19/11) - Giovedì 20 dicembre dalle ore 19 all'ACSAL di Alessandria,
con la collaborazione di Alessandriacolori, ci si occuperà nuovamente dei Rom.
Già del loro popolo e della persecuzione nazista si è parlato all'Associazione,
ma ora si vuole mantenere viva l'attenzione sui pregiudizi che circondano gli
Zingari. Nella sensazione di insicurezza diffusa si rischia di criminalizzare
il diverso. A farne le spese sono sempre i non garantiti, gli ultimi.
Si discuterà sul DDL circa la sicurezza e sul decreto espulsioni, in un
crescente clima di intolleranza. Anche il dibattito mediatico è di basso
profilo: solo con politiche di integrazione è legittimo il richiamo al rispetto
dei doveri, per garantire la sicurezza comune.
Il tema della serata sarà: "La legittimazione del pregiudizio, il popolo Rom e
la politica dei luoghi comuni". Interverranno parecchi oratori, con
l'introduzione di Fabio Scaltritti della Comunità di San Benedetto al porto.
Massimo Pastore, avvocato a Torino, è esponente dell'ASGI, Associazione studi
giuridici sull'immigrazione.
Eva Rizzin, dottore di ricerca in geopolitica e geostrategia a Trieste,
appartiene alla Comunità Sinti ed è membro del Comitato Rom e Sinti insieme.
Ernesto Rossi, vicepresidente dell'Associazione Avem Amenza, Unione Rom e Sinti
di Milano, è presidente dell'Associazione ApertAmente.
Tommaso Vitale è ricercatore presso il dipartimento di sociologia e di ricerca
sociale dell'Università di Milano Bicocca.
Di Fabrizio (del 14/12/2007 @ 09:09:08, in Italia, visitato 1556 volte)
Da
ChiAmaMilano
Dopo un anno di ossessioni securitarie un pezzo della città chiede un
cambio di rotta sul capitolo nomadi
C’erano tutti o quasi –l’assenza della Casa della carità di Don Colmegna non è
passata inosservata– e già questa è una notizia.
Dalla CGIL alla Comunità di Sant’Egidio, dal NAGA alla Caritas, dal Gruppo Abele
all’Associazione Nocetum, dalle ACLI ai Padri Somaschi hanno deciso di dire
basta alle politiche degli sgomberi, agli sfaceli dei campi, al pregiudizio
usato come facile arma di consenso nei confronti di una cittadinanza sempre più
irretita dalle campagne mediatiche nelle quali l’ossessione della sicurezza si
riversa come un’onda di piena che spazza via gli ultimi e le loro povere cose.
Dopo un anno durante il quale l’approccio alla questione Rom è stato a tratti
feroce e spesso strumentale, molte realtà sia laiche che cattoliche hanno deciso
di dire basta e di riportare nell’alveo di una discussione razionale quanto era
stato ormai relegato nel cono di un’aggressività troppe volte fomentata da chi
avrebbe invece il compito di amministrare e quindi di risolvere i problemi
piuttosto che esasperarli o semplicemente utilizzarli.
Il “Cartello” di associazioni che si è ufficialmente presentato il 10 dicembre e
che ha illustrato le proprie proposte per costruire un percorso quanto meno di
convivenza con i Rom costituisce una risposta assai significativa anche perché
vede riunite molte realtà che in passato avevano avuto non poche divergenze su
questo come su altri temi. Segno evidente che non si poteva attendere oltre nel
delineare una strada alternativa, l’unica razionalmente e civilmente
percorribile, sia per iniziare a tracciare le possibili soluzioni ad un problema
complesso, sia per porre un argine ad uno slittamento per il quale ormai la
povertà e l’emarginazione rischiano di diventare una colpa da scontare con un
supplemento di sofferenza che prende la forma dell’intolleranza e degli
sgomberi.
B.P. Guarda
il video
Di Fabrizio (del 09/12/2007 @ 09:32:17, in Italia, visitato 2298 volte)
La Rete Antirazzista Sud-Ovest Vi invita e Vi prega diffondere ai più
l'iniziativa con dibattito sulla questione Rom,
Grazie in anticipo per quello che potrete fare.
Saluti
Irico Alberto
x conto Rete Antirazzista Sud-Ovest
Conoscere e comprendere
Giovedì 13 dicembre ore 20.30
Centro Polifunzionale Foscolo
Via Ugo Foscolo, 3 Corsico
Proiezione del documentario: ”OPERA GAGIA” di Antonio
Bocola
Intervengono:
Claudio Mendicino - Rete Antirazzista Sud-Ovest - Dijana Pavlovic
- Cittadina Italiana e Rom
Prof. Tommaso Vitale - Dipartimento di sociologia e Ricerca Sociale
dellUniversità degli Studi Milano - Bicocca
Ernesto Ferrario - Assessore alla Pace, Gemellaggi e Cooperazione
Internazionale Corsico
Mariangela Monga - Responsabile all’ Assessorato Provinciale ai Diritti
del Cittadino e al Nomadismo
Di Fabrizio (del 08/12/2007 @ 22:27:03, in Italia, visitato 1948 volte)
COMUNICATO STAMPA - Invito
MILANO, ITALIA. ROM E POLITICHE SOCIALI, TRA INSICUREZZA E INTOLLERANZA
CONFERENZA STAMPA LUNEDÌ 10 DICEMBRE, ORE 14,30, PRESSO LA CAMERA DEL LAVORO DI
MILANO
Il 10 dicembre la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo compie 59
anni. Ma non lo si direbbe, tanto è vasto e sistematico il panorama delle
violazioni e delle discriminazioni che colpiscono singoli individui e interi
popoli ai quattro angoli del mondo. In aree di guerre, di conflitti e di
dittature, con stragi, genocidi e uccisioni. Ma anche in Paesi a salda
tradizione democratica, dove la tortura viene ora addirittura teorizzata e
neppure più nascosta, come a Guantanamo.
Seppure su un piano diverso, la violazione dei diritti avanza e si estende anche
nelle nostre città, dove la questione della legalità e della sicurezza non di
rado viene strumentalizzata politicamente e diviene pretesto per politiche miopi
e autoritarie, che trasformano i problemi sociali in questioni di ordine
pubblico.
Uno di questi problemi riguarda i Rom. In generale, e a Milano in modo
particolare, dove le autorità cittadine dal 2003 all’ottobre 2007 hanno fatto
340 interventi di sgombero in aree dismesse e insediamenti abusivi; mentre da
gennaio 2007 a oggi sono stati più di 65. Questi sgomberi quasi mai sono stati
accompagnati da alternative, ma si sono limitati a scacciare con le ruspe,
costringendo all’addiaccio e a condizioni di vita ancora peggiori uomini e
donne, anziani e bambini.
È un modo di spostare il problema, di nascondere la polvere sotto il tappeto. Ma
in questo caso, la polvere è costituita dalla vita di migliaia di persone, di
centinaia di famiglie smembrate e perseguitate senza colpa, se non quella di
essere poveri e privi di opportunità abitative.
Si tratta di una politica, o meglio di una non-politica, che insegue le logiche
di emergenza, incapace com’è di analisi dei problemi, di ascolto, confronto,
programmazione, risposte equilibrate.
Ma l’unica emergenza, in questo caso, è quella umanitaria.
Per questo motivo un gruppo di associazioni il 10 dicembre, alle ore 14,30
presso la Camera del Lavoro di Milano (corso di Porta Vittoria 43) terrà una
Conferenza stampa sui problemi dei rom a Milano, significativamente e
simbolicamente indetta nella Giornata mondiale dei Diritti Umani.
Occasione e motivo della conferenza stampa è la nascita di un Cartello
permanente delle associazioni milanesi che operano per promuovere una città e
politiche inclusive.
· Saranno illustrate le prime proposte del Cartello di associazioni,
finalizzate a uscire dalla logica dell’emergenza e a chiedere confronto e
cambiamento di rotta alle istituzioni locali.
· Proposte che troveranno un successivo momento di dibattito e verifica in un
Convegno che si terrà a metà gennaio a Milano, cui sono stati invitati i
ministri con competenze sui problemi posti.
Prime adesioni al Cartello e saranno presenti:
Caritas Ambrosiana
Acli Milano
Arci
Opera Nomadi Milano
Associazione Rom e Sinti Insieme
Gruppo Abele Milano
Comunità di S.Egidio
Cgil Camera del Lavoro di Milano
Naga
Associazione Nocetum
Associazione Aven Amenza
Padri Somaschi
Associazione Liberi
Di Fabrizio (del 06/12/2007 @ 09:07:19, in Italia, visitato 2016 volte)
Marco Brazzoduro segnala questo articolo da
Comincialitalia.net
di Donatella Papi
Una montante polemica nelle scorse settimane ha riguardato i rom e i campi
dove vivono comunità di nomadi. Si è sollevato il coperchio e pareva che tutto
il male fosse nel numero elevatissimo di romeni che vivono in condizioni
precarie nel nostro Paese. Sono tornata sui luoghi dove sono stati eseguiti gli
sgomberi. Ecco cosa è il degrado.
LA CANZONE
Il governo cade qui, nei campi rom del lungo argine del Tevere. Dove è stata
uccisa Giovanna Reggiani, dove Giovanna ha alzato gli occhi al cielo nella sua
ultima ora. Il Parlamento della XV legislatura si conclude tra quello che
resta di uno sgombero eseguito nel chiasso delle accuse. La Seconda Repubblica
finisce sotto il sudiciume e i resti di un'umanità incompresa, e non amata.
Li hanno mandati via. Come è stato chiesto coi rimpatri. Li hanno trasferiti
come previsto dalle ordinanza delle autorità prefettizie, del sindaco Veltroni e
come stabilito dal decreto del Ministero dell'Interno. Pensavano che fossero
loro, i rom, il volto sporco delle nostre città. Via loro puliti noi, come fosse
una rimozione. Così sono partiti: i bambini cresciuti sotto i cieli, le donne
con le grazie da gitane, i ragazzini e gli uomini dalla faccia dura. Sono
partiti, sotto l'eco roboante dei media. Via dagli argini, via dal fiume, via
dalle baracche.
Via anime. Via vita. Però il degrado è là. Sempre là. Non lo ha tolto nessuno.
E' fatto di argini incolti e dimenticati dal susseguirsi delle amministrazioni,
di un verde piegato dall'incuria, di canne intrecciate coi rifiuti. Poi fango,
melma, avanzi sedimentati in una poltiglia maleodorante e scivolosa. Una colata
di indecenza e cartacce, lattine, bottiglie. Rifiuti. Di gente che passa e getta
nella grande pattumiera cittadina.
Sono tornata dove li avevo conosciuti, i rom. Sotto il ponte bianco che porta
allo stadio Olimpico. Si erano mimetizzati, nascosti, ma in quegli anfratti
erano riusciti a creare sapori di minestre e dare una dimensione esistenziale a
luoghi di fantasmi. Pensavo di trovare il vuoto della loro presenza e quegli
spazi tornati alla proprietà capitolina. Invece d'un tratto davanti ai miei
occhi si è presentato lo scenario di una devastazione: mucchi di oggetti,
materassi logori, vecchie pentole, stracci, cuscini, ferri vecchi. Dai rom alla
vera discarica. Rifiuti e animali. Nessuno ha pulito, nessuno ha tolto nulla.
Tutto è lì. Abbiamo solo gettato via corpi di bimbi, di famiglie e di genti
rassegnate al freddo e alle difficoltà di patrie che avrebbero bisogno di
collaborazione. Li abbiamo buttati come sagome sui carri della peste di Milano.
Siamo noi la coscienza sporca collettiva.
I rom sono partiti, una notte. Dopo le urla e il sacrificio di Giovanna
Reggiani. Mi avevano telefonato terrorizzati, li avevano minacciati di dar fuoco
alle baracche. "Via - avevo detto loro -, via. A casa, qui non siete più sicuri.
Poi vedremo dalla Romania come aiutarvi". Avevano preparato i bagagli in fretta,
le poche cose che erano riusciti a portare con loro. Il resto chi doveva
togliere e pulire se non che noi, gli italiani che hanno chiesto di restituire
Roma al decoro e alla pulizia? Andate a vedere. Roma non è più pulita senza i
rom, perché non sono loro la causa del male. Il male è l'immoralità elevata a
politica che ricade sulle nostre vita come barbarie violenta e assassina. La
vergogna è che sulle disgrazie delle umanità meno fortunate i nostri onorevoli
fanno il loro spot promozionale, la puntata di un Porta a Porta, il picco di un
consenso, la loro farsa quotidiana. Nessuno poi amministra, organizza, lavora.
L'azienda romana addetta alla pulizia e ai rifiuti urbani fa commesse
all'estero, pensate che vince gare per insegnare agli altri come si tengono le
città pulite. Affari, sempre un giro di denaro nelle mani delle dirigenze. Fini,
che ha posto il problema dell' assunzione di responsabilità, gli hanno dato del
'fascista' e lo hanno infilato in un gossip. La sinistra radicale sostiene che è
nazismo chiedere gli sgomberi, ma il sudiciume non lo tocca e la gente la lascia
nelle baracche senza assistenza. Poi ci sono i ministri, i prefetti, le
autorità, gli esperti, i convegnisti, le società di appalto, le dirigenze, i
manager, ma chi pulisce Roma e l'Italia? E di che segno è il sudiciume?
Il sudiciume non è solo rifiuti e cartacce. E' qualcosa di peggio. E' l'assenza
di amore, di bene, di dignità, di correttezza. Di fede. E sì! E' assenza di
valori, di uguaglianza, di fraternità, di rispetto per l'altro, di solidarietà
verso il prossimo, di comprensione per i sofferenti, di civiltà nel cuore e
mente volta verso l'alto. E dove non c'è anima, abituatevi, ci sono topi e
ratti, poi insetti e poi e poi...
Ecco i rom ci vivono in quella terra di confine, dove il male vuole prevaricare
il bene. Ma essi vestono il lato oscuro e maligno delle cose coi loro mantelli
di canti, di cose, di amori, di figli, di espedienti. Ogni tanto, seppiatelo,
qualcuno cede. Ecco spiegati i rom. Li abbiamo mandati via, anche giustamente,
ma per la loro sicurezza e la troppa indigenza, per l'insopportabile condizione
di abbandono. Loro non ci sono più, resta solo il degrado. Di cui siamo
responsabili.
Di Fabrizio (del 27/11/2007 @ 09:08:19, in Italia, visitato 2613 volte)
Ricevo e porto a conoscenza
Siamo un collettivo (comitato?), composto da italiani e immigrati di un campo di
Rom e di romeni, dell’interland milanese. Vogliamo contrastare la campagna
montante anti-Rom, anti-romeni e anti-immigrati che il governo Prodi (attraverso
il cosiddetto decreto “sicurezza”), l’opposizione di centrodestra e la grande
stampa stanno portando avanti. Vogliamo contrastare gli stessi effetti concreti
che questa campagna e i provvedimenti del governo stanno già producendo:
Famiglie rimpatriate arbitrariamente, lavoratori (in regola o in nero)
licenziati, baraccopoli date alle fiamme e sgomberate, donne e uomini aggrediti
da bande fasciste, bambini terrorizzati.
Vogliamo
contrastare i luoghi comuni preconfezionati e divulgati da buona parte dei mezzi
di comunicazione di massa, in base ai quali i Rom, i romeni e gli immigrati in
generale sono dei soggetti potenzialmente dediti ad ogni sorta di crimine. Siamo
in presenza di una manipolazione dell’opinione pubblica attraverso delle vere e
proprie tecniche di istigazione all’odio razziale. Un esempio? Quando delitti
atroci vengono compiuti da singoli italiani, vedi il caso di Omar ed Erica a
Novi Ligure, oppure la Strage di Erba dei coniugi Romano, o ancora gli omicidi
commessi a Guidonia da un tiratore scelto dell’esercito italiano, la
rappresentazione che ne viene data è di singoli mostri o di individualità
impazzite. Quando un crimine è commesso da un immigrato allora la colpa è
collettiva, di nazionalità, di razza, è il caso della tragedia accaduta a Roma
con l’omicidio di Giovanna Reggiani.
Questa
campagna, fa leva su un malessere legato alla crescente insicurezza sociale ed
esistenziale ed ha la finalità di scagliare contro i lavoratori immigrati la
rabbia dei lavoratori italiani. Ma questa crescente insicurezza che coinvolge
sempre di più la massa dei lavoratori, è prodotta dal capitalismo, dai padroni e
dalle politiche che in questi anni i vari governi, hanno portato avanti con i
tagli alla sanità, alla scuola, alle pensioni, alla spesa sociale, con le misure
di precarizzazione del lavoro e con le politiche militaristiche contro i popoli
del Sud e dell’Est del mondo.
Ai lavoratori immigrati
volgiamo dire che è giunta l’ora di organizzarsi e difendersi dalla compagna
razzista in atto, di non nutrire nessuna aspettativa verso le istituzioni, e
soprattutto di contrastare il tentativo di questo governo che (in continuità con
quello Berlusconi) vuole dividere i lavoratori immigrati per linee nazionali,
“etniche” e religiose. Vuole dividere per indebolire.
Ieri i “nemici” additati erano gli albanesi, poi gli islamici adesso è arrivato
il turno dei lavoratori romeni e dei Rom. Non cadiamo nella trappola. Dobbiamo
contrastare l’immagine che vuole identificare nell’immigrato il responsabile del
peggioramento della vita e del lavoro delle persone. Possiamo farlo dando
seguito alle manifestazioni auto organizzate degli immigrati del 27 e 28 ottobre
scorso, svoltesi a Brescia, Roma e Como, contro il razzismo, contro la Bossi
/Fini e per il permesso di soggiorno senza condizioni. Sappiamo quanto pesi la
ricattabilità sulla capacità di difendersi, soprattutto quando questa si
accompagna alla solitudine e al clima di sospetto, per non dire di peggio, che
si è impossessato anche dei lavoratori italiani. Per questo vi chiamiamo ad una
azione comune di lotta, di denuncia e di difesa delle condizioni di vita e di
lavoro nell’obiettivo di trovare una via di uscita per rompere il muro di
isolamento che padroni ed istituzioni hanno eretto per dividere e contrapporre i
lavoratori italiani ed immigrati.
Ai lavoratori italiani
vogliamo dire che il razzismo è un’arma nelle mani dei padroni per dividere e
contrapporre i lavoratori al loro interno. Per scatenare un guerra tra “poveri”.
Dobbiamo fare un bilancio sul peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro
e di come questo peggioramento sia legato anche all’adozione di norme razziste
e specifiche contro gli “stranieri”. Le leggi contro i Rom condannano ad un
“nomadismo” coatto senza servizi e diritti immigrati che non avevano mai vissuto
prima questa condizione. La legge Martelli e la Turco/Napolitano ieri, la
Bossi/Fini e il decreto sicurezza, oggi, hanno come obiettivo non quello di
combattere la clandestinità ma di incrementarla notevolmente, in modo tale di
avere un esercito di riserva composto da lavoratori immigrati clandestini, privi
di diritti e garanzie. Così facendo si permette alla “razza” padrona di
disporre, nella società, di manodopera ricattabilissima, da utilizzare,
involontariamente, contro i lavoratori più “garantiti” per abbassare i diritti e
il salario di tutti ( Un operaio edile clandestino a Milano “guadagna” 3 € l’ora
per 13-14 ore al giorno, ed è già successo spesse volte che gli immigrati che
hanno avuto il coraggio di denunciare la loro condizione di super sfruttamento
siano stati espulsi in quanto clandestini).
Non nascondiamo che ci sia anche un problema legato al
degrado ed alla emarginazione che coinvolge una piccola (molto piccola!) fetta
di immigrati dediti a piccoli espedienti, o a fenomeni di micro-criminalità.
Tanto è vero che vogliamo contrastare con forza questo destino che le forze
legate al mercato, alla speculazione edilizia e soprattutto alla grande
criminalità, intendono riservare ai settori più emarginati e più poveri della
società, rendendoli “manovali dei loro traffici”. Vogliamo trovare assieme
lavoratori italiani e immigrati la via d’uscita al degrado, alla emarginazione e
al peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di tutti i proletari.
Siamo convinti che questa via, sta nell’unità della
lotta per strappare le periferie all’attuale degrado, imponendo con la
mobilitazione di massa, di dirottare in questa direzione le risorse statali e
locali oggi catalizzate su speculazioni e affarismi più o meno legali. Sta nella
battaglia per i pieni diritti degli immigrati e per la loro piena equiparazione
con i lavoratori italiani. Sta nella lotta per ottenere il permesso di soggiorno
senza condizioni, per un accesso garantito, alla casa, ai servizi sanitari,
scolastici e previdenziali per tutti gli immigrati. Per fare questo occorre che
ci si organizzi e ci si batta insieme, proletari italiani e immigrati, contro il
precariato, contro la restrizione dei diritti, contro il degrado dei nostri
quartieri per un protagonismo dei lavoratori, dei giovani per prendere in mano e
assieme il nostro comune destino.
Per avviare questo percorso abbiamo pensato ad
un incontro collettivo pubblico a cui sollecitiamo tutti, lavoratori italiani e
immigrati a partecipare
Di Fabrizio (del 24/11/2007 @ 08:05:07, in Italia, visitato 2373 volte)
Comunicato stampa dell’Opera Nomadi, sezione di Padova
Da come si recepisce dai mass media, sembra che ultimamente ci sia stata
un’invasione di rom rumeni, in realtà già da qualche anno si sapeva della loro
presenza soprattutto nelle grandi città: Napoli, Roma, Milano, Bologna e
Firenze, dove sono costretti a vivere in baraccopoli o in campi abusivi o
ammassati nei campi nomadi anche assieme ad altri rom di diversa provenienza.
Restavano e restano invisibili perché poco o nulla si fa per loro: progetti di
integrazione lavorativa, scolastica e abitativa.
Già all’inizio del 2006, abbiamo inviato ai Ministeri un dossier approssimativo
sulla presenza dei rom rumeni in Italia, soprattutto per il fatto che andavano
ad aumentare il numero delle presenze nei campi e nelle baraccopoli vere e
proprie favelas che causano tragedie come quelle di Follonica, dove una bambina
è morta bruciata a marzo di quest’anno, di Livorno in agosto dove sono morti
bruciati 4 bambini e oggi a Bologna a Borgo Panigale in una baracca dove è morto
un altro bambino di 4 anni e i suoi 2 fratellini sono rimasti gravemente
ustionati.
Il numero delle presenze è senz’altro aumentato in quest’ultimo periodo, sono
arrivate con mezzi di fortuna, intere famiglie povere e purtroppo, grazie alla
strumentalizzazione sia politica sia dei mass media, il “razzismo da paura” e la
xenofobia, che erano latenti nella gente comune, sono emersi, tanto da
convincerla che proprio questa povera gente sia il pericolo maggiore per quanto
riguarda la sicurezza dei cittadini. Pensiamo sia giunto il momento di spegnere
il televisore, riporre i giornali e fermarci a riflettere su quanto la presenza
dei rom rumeni rappresenti una minaccia concreta alla nostra società, già
afflitta da problemi socio economici gravissimi. Come presupposto
imprescindibile per affrontare il fenomeno e governarlo al meglio ci dovremmo
domandare innanzitutto quanti sono perché, a giudicare dalla visibilità data
loro dai media la risposta sarebbe tanti, più dei mafiosi, degli evasori
fiscali, dei precari e dei lavoratori in nero, in realtà non esistono cifre
precise. È dunque giustificato parlare di invasione e cifre allarmanti ? la
nostra percezione di minaccia trova un effettivo riscontro numerico nella realtà
?.
Non è mai stato avviato un monitoraggio qualitativo e quantitativo di queste
popolazioni a livello nazionale anche se, come Opera Nomadi, abbiamo presentato
ai Ministeri già all’inizio di quest’anno un progetto di indagine conoscitiva
sociale di tutta la popolazione rom, sinta e camminante presente in Italia che
dovrebbe essere effettuata impiegando mediatori culturali Rom italiani e
stranieri, Sinti e Camminanti, vista la problematica situazione in cui versano
le famiglie. Un progetto per poter meglio affrontare da un punto di vista
organico e organizzativo le situazioni, per portare a conoscenza delle
Istituzioni le problematiche e le istanze degli invisibili ignorati e
discriminati, per conoscere precisamente quanti siano i Rom, Sinti e Camminanti
presenti in Italia (con un’attenzione particolare ai bambini e ragazzi in età
scolare), per riuscire ad avere una visione più chiara e completa a livello
nazionale. Solo attraverso una conoscenza più approfondita e uno scambio
interculturale possono venire superate le paure e i pregiudizi. C’è da
sottolineare il fatto che, tranne per alcune realtà, prima dell’arrivo dei rom
rumeni, non si è proceduto mai alla sistemazione dei rom e sinti italiani
presenti in Italia alcuni dal 1400, altri dai primi del novecento o dopo la
seconda guerra mondiale e dei rom provenienti dalla ex Jugoslavia arrivati nel
ns. paese a causa della guerra negli anni ‘90, che rappresentano tutti insieme,
italiani e stranieri, circa lo 0,3 % della popolazione italiana. E’ mancata la
volontà politica di superare il ghetto rappresentato dai campi nomadi,
preferendo lasciare queste persone in condizioni di passività supportandole con
l’assistenzialismo, senza favorire un percorso autonomo, di accesso alle risorse
lavorative, in modo da far si che si assumessero i diritti e i doveri che
comporta l’essere cittadinanza attiva.
Purtroppo la tragedia di Roma pare aver segnato un punto di non ritorno: dal 1°
novembre non c’è spazio per alcuna posizione intermedia, e viene
sistematicamente censurato qualsiasi tentativo di mediazione e analisi del
problema: la ragione ha ceduto il passo alla pancia.
Più preoccupante dei sospetti e delle ritorsioni contro i rumeni in generale, è
stata la reazione delle Istituzioni. I politici si sono affrettati a disporre
provvedimenti scritti, avendo in mente come destinatario un’etnia ben precisa, e
per questo motivo hanno emanato leggi speciali per un gruppo sociale definito: e
quindi leggi razziali. Ecco gli sgomberi e abbattimenti indiscriminati di
baracche abitate da persone senza proporre e fornire altre soluzioni (così è
successo a Bologna, Roma, ecc.) persone che non conosciamo neppure, oppure
ordinanze di sindaci che grazie al recente decreto si sentono in diritto di
negare la residenza e di espellere dal proprio territorio chiunque non abbia un
alloggio decente e un reddito minimo di sopravvivenza (come a Cittadella Comune
della Provincia di Padova). Da ciò hanno tratto forza gruppi organizzati che
cavalcano la paura dei cittadini e manifestano esponendo simboli che la nostra
Costituzione considera fuori legge. A ben guardare, la politica dello sgombero,
assomiglia al gioco delle tre carte: non appena ciascuna città avrà allontanato
i propri indesiderati, vedrà arrivarne contemporaneamente altri, sgomberati da
un’altra Amministrazione, e i cittadini saranno ancor più allarmati dalla
presenza di facce sempre nuove. Che fare dunque, quando qualsiasi proposta di
attivazione di progetti di integrazione (almeno per i bambini!) viene aggredita
con rabbia irrazionale? Come trasmettere che, come dimostra l’esempio di
migliaia di cosiddetti nomadi, queste persone se dotate di strumenti validi,
quali percorsi mirati di inserimento lavorativo e scolastico, sono in grado,
tanto quanto i nostri concittadini in condizione di svantaggio, di affrancarsi
dalla miseria e dalla ghettizzazione come sta avvenendo in alcune città
(purtroppo poche) dove le amministrazioni si sono dimostrate sensibili al
problema?
Il nodo centrale, pare, siano le risorse economiche necessarie per finanziare i
progetti, che oltretutto i rom “non meritano” siano essi stranieri o italiani.
Ma siamo sicuri che meritino di essere considerati degli asociali subumani che
non possono che essere rimandati nel loro Paese o relegati a vivere per sempre
nei ghetti come sono i campi nomadi o nelle baracche? Per quanto riguarda gli
stranieri extracomunitari, la legge Bossi Fini è fallita proprio per questo: le
procedure di espulsione sarebbero costate un’enormità sia di denaro che di
personale impiegato. L’espulsione inoltre, non dà garanzia alcuna che il flusso
dei migranti si arresti, né che prenda altre destinazioni, o che le stesse
persone, non avendo nulla da perdere, tornino nuovamente in Italia. Espellere
non è fattibile per gli extracomunitari, figuriamoci per i rumeni, almeno che
non siamo favorevoli all’introduzione di una sorta di expulsion-tax. Se in
Italia stiamo fronteggiando un’emergenza umanitaria, allora agiamo di
conseguenza, attivando tutte le risorse del caso. Innanzitutto si devono creare
dei punti di prima accoglienza, tirando fuori dalle lamiere adulti e bambini,
attivando anche Protezione Civile e personale sanitario.
Una volta stabilizzata la situazione, è doveroso iscrivere subito i minori a
scuola, formando mediatori culturali rom con il compito di favorirne
l’integrazione in classe e facilitare i rapporti scuola – famiglia. Un bambino
che va a scuola è un bambino che non rivedremo né per strada né nei
sensazionalistici articoli di cronaca in cui ci imbattiamo negli ultimi mesi.
Contemporaneamente vanno analizzate le competenze lavorative degli adulti e va
attivato un piano di inserimento lavorativo che contempli anche la possibilità
di costituire cooperative di recupero di materiale ferroso, cooperative edili,
di pulizia e di giardinaggio, lavori tradizionalmente praticati dai rom nei
Paesi di origine dai Rom/Sinti. Il reperimento di un’abitazione consona a degli
esseri umani deve essere indirizzato sia verso alloggi di edilizia popolare,
quando le famiglie ne abbiano i requisiti, sia rivolgendosi al mercato privato.
Una terza via assai vantaggiosa per gli stessi comuni è, come insegnano altre
realtà in Italia ed Europa, l’autocostruzione e l’autorecupero, ovvero il
restauro di stabili inoccupati. Una volta economicamente autonome, le famiglie
saranno in grado di gestire la propria vita senza alcun altro bisogno e
richiesta da parte loro.
Da sottolineare che i soldi stanziati dalla Comunità Europea per l’integrazione
di Rom e Sinti ci sono, ma non sono stati richiesti da nessuno (Governo e
amministratori). Questi fondi esistono da anni, tanto quanto le baracche e i
campi nomadi che troppo a lungo abbiamo finto di non vedere.
I Rom e i Sinti rappresentano la più grande minoranza a livello europeo con
circa otto milioni di persone e, nonostante questo, nella legge 482 del 15
dicembre 1999 “norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche e
storiche”, nel ns. paese le popolazione rom/sinte non sono state neanche
nominate disattendendo norme, principi ed impegni internazionali e in
particolare quelli della Carta Europea delle lingue regionali minoritarie in
vigore dal 1° marzo 1998 che prevede esplicitamente norme “anche per le lingue
sprovviste di territorio come l’yddish e lo zingaro”.
Sappiamo tutti che nessuno nasce con il pregiudizio (viene trasmesso da padre in
figlio), alla cui base sta soprattutto la mancanza di conoscenza; non si riduce
solo col buon senso ma con messaggi istituzionali forti che permettano alla
società maggioritaria una conoscenza più approfondita di queste popolazioni e
che agevolino quest’ultime nel processo di assunzione, come già espresso in
precedenza, dei diritti e dei doveri di cittadinanza attiva, uscendo dalla
logica assistenziale negativa a cui sono stati abituate troppo spesso e in cui
si sono adagiate. E’ necessaria, quindi, una riconciliazione nazionale che
chiuda le ostilità, che avvii processi e iniziative, che permetta che venga
riconosciuta la ricchezza derivante dal dialogo e dallo scambio fra i diversi
orizzonti culturali per una ridefinizione degli stessi.
Per concludere, la sicurezza non si ottiene con azioni repressive ma attraverso
l’accoglienza, l’attenzione, l’inclusione sociale, l’accesso alle risorse e
soprattutto con la conoscenza e con lo scambio interculturale.
Opera Nomadi
Sezione di Padova – ONLUS
Di Fabrizio (del 16/11/2007 @ 08:59:15, in Italia, visitato 1600 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Sicurezza, Barroso a Repubblica: Italia non usa fondi Ue per rom
domenica, 11 novembre 2007 11.24
ROMA (Reuters) - L'Unione europea ha stanziato dei fondi per favorire
l'integrazione dei rom, molti dei quali sono cittadini comunitari, ma l'Italia
non li ha mai usati.
Così il presidente della Commissione europea Josè Maria Barroso risponde in
un'intervista a Repubblica alle sollecitazioni rivolte a Bruxelles dai premier
italiano e romeno a fare di più.
"Sarebbe inconcepibile attendersi che siano le autorità europee a promuovere
l'integrazione sul territorio. Questo è soprattutto uno sforzo nazionale,
regionale e locale", ha detto polemicamente Barroso.
Il governo italiano ha varato la scorsa settimana un decreto legge per
accelerare le espulsioni dei cittadini comunitari ritenuti pericolosi, dopo che
un romeno è stato accusato di avere ucciso una donna a Roma -- ultimo di una
serie di episodi di criminalità attribuiti a romeni, che per l'esecutivo
costituiscono un'emergenza.
"Noi abbiamo messo in campo strumenti finanziari e normativi", ha detto Barroso.
"Il fondo sociale europeo prevede programmi specifici per l'integrazione della
comunità rom. In totale abbiamo già stanziato 275 milioni di euro. Per la Spagna
sono stati pagati 52 milioni di euro, per la Polonia 8 milioni e mezzo, per la
Repubblica Ceca oltre 4 milioni. Per l'Italia zero. L'Italia non ha mia chiesto
di accedere a questi programmi. Tocca ai governi chiedere i finanziamenti. Noi
non possiamo certo imporli".
La Ue ha varato nel 2004 anche una direttiva, che stabilisce i meccanismi per
l'allontanamento di un cittadino comunitario per ragioni di ordine pubblico e
che il decreto legge della scorsa settimana dice di volere attuare.
Il premier Romano Prodi, in un'intervista ieri sera alla tv romena ha detto che
il decreto non è rivolto "ai romeni in quanto tali" e che la "xenofobia non
abita in Italia".
Insieme al primo ministro romeno Calin Popescu Tariceanu, in visita a Roma
quattro giorni fa, Prodi ha inviato alla Ue una lettera per chiedere un maggiore
impegno sulla situazione dei rom.
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