Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 21/10/2005 @ 04:54:09, in Europa, visitato 1679 volte)
Da: British_Roma
By Ben Pindar, Community Newswire - VOLUNTEER Gypsy Liverpool
Patrick Delaney appartiene alla comunità di Liverpool dei Nomadi e
Viaggianti. Due anni fa, suo figlio venne ucciso durante un'aggressione
razzista.
Da allora si è impegnato nella creazione di un centro culturale intitolato
alla memoria di sua figlio. Il centro è dedicato a conservare e tramandare la
cultura del suo popolo. Per questo, ha coinvolto attivamente tanto esponenti del
suo gruppo che della comunità cittadina.
Assieme al gruppo promotore è stato insignito del premio "Year of the Volunteer"
e invitato a prendere parte alla consulta cittadina che si occupa di relazioni
interetniche e di combattere i pregiudizi. La premiazione è avvenuta in
settimana presso la Camera dei Lords.
[...]
Di Fabrizio (del 27/10/2005 @ 10:07:16, in Europa, visitato 1807 volte)
COMUNICATO STAMPA CS126-2005
LE PRESSIONI DELL'UNIONE EUROPEA PER "TENERE ALLA LARGA LA GENTE" CONTRIBUISCONO A GRAVI ABUSI DEI DIRITTI DEI MIGRANTI. AMNESTY INTERNATIONAL PRESENTA LE CONCLUSIONI DELLA PROPRIA MISSIONE IN SPAGNA E MAROCCOAlla vigilia del summit europeo di Hampton Court, in cui Francia e Spagna dovrebbero lanciare un'iniziativa congiunta per il controllo dell'immigrazione, Amnesty International ha presentato oggi a Madrid le conclusioni della propria missione durata dieci giorni in Spagna e Marocco. Queste conclusioni non solo dimostrano che alle frontiere europee si stanno verificando gravi abusi dei diritti umani dei migranti, ma rendono anche palese che nessuno se ne vuole assumere la responsabilita'. La missione di Amnesty International era stata decisa a seguito della morte di almeno undici persone e del ferimento di molte altre, nel tentativo di entrare nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla. L'organizzazione per i diritti umani teme che la risposta dell'Unione europea (Ue) a questa ennesima crisi, dopo quelle verificatesi in Italia e a Malta, sara' ancora una volta incentrata quasi esclusivamente sul controllo dell'immigrazione illegale. Gli Stati membri dell'Ue, secondo Amnesty International, devono riconoscere che la pressione politica ed economica che stanno esercitando sui paesi vicini per "tenere la gente alla larga dall'Europa" sta contribuendo a questa situazione caotica. C'e' bisogno di una strategia globale per assicurare il rispetto dei diritti umani di persone che sono tra le piu' povere del pianeta, a prescindere se abbiano titolo allo status di rifugiato. "Sulla base di quello che abbiamo visto, le forze di sicurezza hanno agito in modo illegale e sproporzionato, utilizzando anche armi letali. Hanno ferito e ucciso persone che cercavano di superare un reticolato. Molte delle persone ferite in territorio spagnolo sono state ributtate fuori dal reticolato senza alcuna formalita' legale o assistenza medica" ha dichiarato Javier Zuniga, capo della missione di Amnesty International. Nel corso della conferenza stampa di Madrid, Amnesty International ha ricordato che persino la missione tecnica inviata dall'Ue nella zona ha riscontrato la mancanza di un adeguato sistema di protezione dei rifugiati in Marocco, che ha causato il respingimento da questo paese sia di richiedenti asilo che di rifugiati gia' riconosciuti dall'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati. Inoltre, centinaia di migranti e richiedenti asilo sono stati trasportati in zone desertiche alla frontiera con l'Algeria ed hanno ricevuto l'ordine di entrare in territorio algerino, in alcuni casi senza cibo ne' acqua. Le conclusioni di Amnesty International mettono in evidenza le enormi difficolta' in cui si imbattono i migranti che cercano di chiedere asilo alle frontiere spagnole. Ad oggi, ben poche risultano le proposte dell'Ue o dei suoi singoli Stati membri per risolvere questi problemi o per evitare il trattamento inumano cui sono sottoposte le persone che non hanno la qualifica di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra. "L'Europa deve trovare soluzioni collettive a un problema che essa stessa ha contribuito a creare, soluzioni che assicurino che la gente non venga uccisa o ferita alle frontiere europee e che chi vuole chiedere asilo politico possa farlo liberamente“ ha detto Zuniga. L'organizzazione per i diritti umani ha infine sottolineato le proprie forti preoccupazioni per il fatto che il rapporto della missione tecnica dall'Ue includa proposte destinate a rafforzare i controlli sull'immigrazione, facendo riferimento persino alla cooperazione con paesi in cui si verificano gravissime violazioni dei diritti umani come la Repubblica Democratica del Congo e la Costa d'Avorio. FINE DEL COMUNICATO Roma, 26 ottobre 2005 Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste: Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell. 348-6976920, e-mail: press@amnesty.itAmnesty International EU Office - Ufficio stampaTel. 0032-2-5021499, e-mail: AmnestyIntl@aieu.be
Di Fabrizio (del 28/10/2005 @ 06:18:43, in Europa, visitato 2519 volte)
da Mundo GitanoAlto Comissariado para a Imigração e Minorias Étnicas (ACIME) ha presentato "Olhares", una nuova raccolta di pubblicazioni sulla comunità portoghese dei Rom. Il primo argomento affrontato è la partecipazione sociale.
Di Fabrizio (del 29/10/2005 @ 00:24:38, in Europa, visitato 2609 volte)
E' uscito il numero di ottobre.Contiene informazioni su notizie e sviluppi politici riguardanti i diritti sociali fondamentali dei migranti privi di documenti in Europa. La newsletter è attualmente disponibile in formato Word e scaricabile dal sito internet di PICUM ( www.picum.org) nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese. Vi invitiamo a diffondere ampiamente questa newsletter.
Di Fabrizio (del 30/10/2005 @ 21:59:12, in Europa, visitato 3560 volte)
24. 10. 2005 - La presenza Rom europea è stimata tra i sette e i nove milioni,
praticamente la popolazione di un piccolo stato. Circa il 70% di loro vive nei
paesi di recente (o potenziale) adesione alla comunità europea. Pál Tamás
analizza la situazione dei Rom nella Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia,
chiedendosi: la UE può influenzare efficacemente la politica degli stati
membri, in particolare di quelli di recente ingresso? L'articolo è stato
pubblicato su The Analyst, rivista specializzata sui temi chiave della
politica e degli sviluppi economici e sociale nell'Europa Centro Orientale.
[nota del traduttore: molto lungo, meglio leggere a puntate oppure
offline]
Storicamente, la politica europea verso i Rom si è sempre focalizzata
sull'esclusione a priori - attraverso le espulsioni, la ghettizzazione forzata e
il diniego dei servizi - o viceversa perseguendo la loro piena assimilazione,
spesso ricorrendo a coercizioni. Esclusione ed assimilazione forzata condividono
un obiettivo: ridurre la visibilità dello stile di vita dei Rom - singoli o
comunità - marginalizzandoli e infine obbligandoli all'assimilazione.
Le strategie impiegate ricadono in questi quattro gruppi: politiche di
esclusione, assimilazione, integrazione e diritti delle minoranze. Questo
approccio riflette risposte differenti alle due domande di base: s ei Rom devono
essere considerati un gruppo distinto o membri individuali di una società più
vasta, e quanto le politiche romani debbano essere perseguite attraverso misure
coercitive piuttosto che col rispetto dei diritti dei Rom.
La presenza Rom europea è stimata tra i sette e i nove milioni, praticamente
la popolazione di un piccolo stato. Circa il 70% di loro vive nei paesi di
recente (o potenziale) adesione alla comunità europea. Difficile fornire una
risposta precisa alla domanda: quanti sono i Rom in Repubblica Ceca, Ungheria e
Slovacchia?
Nell'Europa Centrale ed Orientale le identità spesso sono confuse e
mischiate. Per questa ragione, è impossibile disegnare una chiara distinzione
tra gruppi etnici in maniera "obiettiva". Un'altra spiegazione è che
durante i censimenti i Rom hanno spesso mostrato paura e riluttanza a dichiarare
la loro identità etnica.
L'ultimo censimento (2001) nella Repubblica Slovacca riporta 89.920 Rom
dichiarati e residenti, circa l'1,7% della popolazione totale. Al contrario
altre fonti - per esempio l'OnG Minority Rights Group con sede a Londra -
stimano in 500.000 la popolazione Rom, cioè il 9-10% della popolazione.
Il censimento 2001 nella Repubblica Ceca riporta 11.718 Rom nel paese, stime
alternative indicano una cifra tra 160.000 e 300.000. Minority Rights Group
indica il loro numero in 275.000, il 2,5% della popolazione (UNPD 2002).
La comunità Rom in Ungheria si dimensiona su circa 600-640.000. Meno di un
terzo di loro si sono dichiarati col censimento.
Le testimonianze più antiche sulla presenza dei Rom nella regione datano
1322, testimonianze di gruppi nomadici con carte di viaggio compilate
dall'imperatore e dal papa. I Rom furono musicisti di corte, lavoratori del
metallo e servirono nell'armata reale ungherese. Le politiche anti-Rom
iniziarono in Europa nel XV secolo e si intensificarono nel regno d'Ungheria nel
XVI secolo, a seguito dell'occupazione turca dell'Ungheria centrale.
Le politiche restrittive continuarono nel XVIII secolo. Leopoldo I dichiarò
fuorilegge i Rom. La politica cambiò con l'imperatrice Maria Teresa e con
Giuseppe II. Entrambe mirarono all'assimilazione dei Rom come cittadini
dell'impero. Furono introdotte misure draconiane per obbligare i Rom a
stabilirsi, pagare le tasse e fornire servizi a favore dei proprietari terrieri.
Altri editti riguardavano la scuola dell'obbligo e la frequenza alle funzioni
religiose.
Questa doppia politica coercitiva continuo per tutto il XX secolo. Nella
Repubblica Cecoslovacca (1918-38) fu votata una legislazione che limitava la
mobilità e i diritti civili dei Rom, riferita ai gruppi nomadici e di senza
casa. La legge istituiva carte d'identità e l'obbligo delle impronte digitali.
Durante la II guerra mondiale l'espulsione dalla società coincise con lo
sterminio fisico. In tutta la regione, i Rom furono il bersaglio di diverse
leggi discriminatorie, e durante l'Olocausto la maggior parte dei Rom Cechi
perì nei campi di concentramento, ma solo alcuni dei Rom Slovacchi andarono nei
campi di sterminio, mentre la maggior parte di loro finì nei campi di lavoro
forzato. Le misure anti-Rom in Ungheria raggiunsero il culmine col 1944, quando
una gran parte di loro fu deportata nei campi di sterminio.
Dopo questa breve introduzione storica, vorrei soffermarmi su come i singoli
paesi europei hanno influito sul destino dei Rom. Solo recentemente queste
specifiche politiche sono diventate una tematica di interesse, per l'intenzione
politica di migliorare la loro situazione. Le cose, tuttavia, non sono cambiate.
La maggior parte dei Rom soffre l'esclusione sociale e la discriminazione, nelle
opportunità di lavoro, nella scuola, nei servizi pubblici, nell'accesso alla
casa. [...] Persistono i pregiudizi in tutta l'Europa Centrale e Orientale.
La maggior parte dei Rom che attualmente risiedono nella Repubblica Ceca sono
originari della Slovacchia, migrati alla fine della II guerra mondiale in cerca
di migliori condizioni di vita e di lavoro. In diversi casi, fu l politica ad
indurre queste migrazioni, destinando i Rom ad aree diverse.
I Rom Slovacchi arrivavano nella Repubblica Ceca lasciandosi alle spalle
miseria ed ignoranza. Vennero organizzati corsi di base per gli analfabeti negli
anni '50 e '60 e scuole speciali (differenziali NdR) nel tentativo di
accrescere le possibilità future. Nel contempo, in alcune aree fu offerta loro
la possibilità di usufruire di corsie preferenziale per gli asili nido e furono
istituite delle classi preparatorie all'accesso. tutto questo, ottenne qualche
successo. Il numero degli analfabeti nella generazione del dopoguerra calò
significativamente. Rimanevano altri problemi.
Negli anni '70 e '80 crebbe in maniera drammatica il numero dei bambini nelle
scuole per handicap mentali. E' un problema che persiste tutt'oggi, anche dopo i
cambiamenti nel sistema scolastico introdotti nel 1989.
La cittadinanza è stata un argomento discusso: nell'Atto Costitutivo del
1969 erano previsti due tipi di identità: come cittadini cecoslovacchi o con
doppia cittadinanza federale estesa al paese di provenienza. Sino al 1993 la
cittadinanza federale ha avuto un puro valore simbolico. Con la dissoluzione
della Cecoslovacchia, in molti hanno acquisito automaticamente la cittadinanza
slovacca, anche se nati nella Repubblica Ceca, avessero lì vissuto per lungo
tempo e lì risiedessero da tempo. Quanti erano cittadini slovacchi nel 1969,
hanno dovuto richiedere nuovamente la cittadinanza ceca nel 1994 - anche se
residenti permanentemente lì da decenni. Le procedure per i Rom si sono
mostrate più complicate, ad esempio: chi dichiarasse di avere una residenza
fissa doveva certificare che fosse almeno di 4 mq per ogni abitante. Fu a
cosiddetta "clausola zingara", che voleva colpire quei Rom con
famiglie numerose che abitavano in appartamenti sottodimensionati. Molto più
facile acquisire la cittadinanza slovacca: era sufficiente aver risieduto
permanentemente in uno dei due spezzoni federali prima che fossero dissolti. Si
ritiene che così furono 150.000 i Rom che sfruttarono questa possibilità.
Già nel 1992, prima della dissoluzione dello stato federale, c'erano timori
ed apprensioni su migrazioni di massa dalla Slovacchia verso la Repubblica Ceca,
paure che in realtà non si basavano su alcun dato di fatto, ma che spinsero il
Parlamento Ceco a proporre una legge anti-immigrazione, che non venne approvata,
ma che durante la discussione fece emergere chiaramente i generali sentimenti
anti-Rom.
Fu nel 1997 che nelle due differenti repubbliche iniziò un "esodo"
che denunciava la volontà dei Rom di rinunciare alla cittadinanza ceca e nel
contempo la richiesta di essere considerati cittadini come tutti gli altri-
Nell'ottobre 1999 la Repubblica Ceca ottenne l'indesiderata attenzione
internazionale, quando un comune nella Boemia Settentrionale votò per la
costruzione di un muro che dividesse i quartieri dei Rom da quelli degli altri
cittadini. I piani furono sottoposti al parere del governo nazionale. ma toccò
alle istituzioni comunitarie europee nel 1999, dare il parere finale sul
progetto.
Il destino dei Rom che vivevano nella parte slovacca fu lo stesso per
decenni: politiche stringenti ed aggressive tendenti alla sedentarizzazione, che
spaziavano dall'impiego alla scolarizzazione, Nel 1959 il governo iniziò una
pressante campagna contro il nomadismo, affiancandola con progetti specifici a rilocare
i Rom dalle aree della Slovacchia Orientale verso le aree ceche. Simili
sforzi vennero compiuti anche per aumentare la frequenza scolastica. In
effetti, la percentuale nella scuola dell'obbligo salì dal 17% del 1971 al 26%
del 1980.
Con i cambiamenti avvenuti nel 1991, il governo slovacco adottò "I
Principi della Politica Governativa Riguardante i Rom", però l'azione del
governo si avviò effettivamente solo alla fine degli anni '90. Dopo le elezioni
del 1998 venne istituito l'Ufficio del Plenipotenziario per le Comunità Rom;
sotto la giurisdizione del Ministero ai diritti umani, minoranze e sviluppo
regionale, guidato da un Rom sin dal 1999.
La situazione dei Rom slovacchi è così caratterizzata: la popolazione è
molto giovane e cresce più rapidamente degli altri gruppi etnici, specialmente
nelle aree più isolate e segregate. Il tasso di natalità slovacco è crollato
dal 15,2 del 1990 al 10,7 del 1998. Viceversa la speranza di vita
tra i Rom è di parecchio inferiore alla media nazionale, anche se non sono
disponibili dati ufficiali; le stime comparate tra i censimenti del 1970 e del
1980 indicherebbero rispettivamente in 55 e 59 l'aspettativa di vita tra uomini
e donne Rom, confrontata con 67 per gli uomini e 74 tra le donne della
popolazione globale.
Una ulteriore indagine stima 591 aree di insediamento dei Rom in Slovacchia
nel 1998, rispetto alle 278 del 1988. In crescita verticale il numero di chi vi
risiede: da 15,.000 circa nel 1988 ai 120.000 del 1997.
Tra i Rom sono diffusi alti tassi di disoccupazione e dipendenza
dall'assistenza sociale, con l'eccezioni di quanti tra loro vivano in aree
completamente integrate o in insediamenti in regioni con alti tassi di impiego.
Il tasso nazionale di disoccupazione era del 18% nel 2000, mentre tra i Rom era
dell'85% e nelle aree più segregate raggiungeva il 100%.
Una specifica della Slovacchia sono le terribili condizioni delle "osady":
i quartieri di baracche abitate esclusivamente dalle comunità rom. Erano già
1.305 le "osady" a metà degli anni '50, contavano 14.935 alloggi
(l'80% dei quali giudicato inadeguato per viverci) che ospitavano 95.000 Rom.
Il rifiuto di sviluppare le politiche di supporto ai Rom, sta causando
frizioni tra il governo centrale e le amministrazioni locali. In Slovacchia i
servizi essenziali (scuola, alloggio, welfare, sanità) dipendono quasi
totalmente dal potere locale. I sindaci rifiutano di impegnarsi a migliorare le
condizioni dei Rom, adducendo che nel territorio non ce ne sono. Portano a
testimonianza i risultati del censimento, dove sono registrati solo cittadini
"slovacchi". Nel 2004 la cosiddetta rivolta della fame nelle zone
orientali (cfr http://it.groups.yahoo.com/group/arcobaleno_a_foggia/message/261
e seguenti ndr), è stata una perfetta dimostrazione delle disastrose
condizioni di vita dei Rom. Condizioni che perdurano a peggiorare, di pari passo
coi pregiudizi della società maggioritaria.
La rappresentanza politica delle comunità Rom nella regione si è sviluppata
sotto l'influenza della cultura maggioritaria e del sistema politico dominante.
I primi giorni che seguirono la caduta del comunismo furono pieni di speranza
per i Rom dell'Europa centrale ed orientale, ma presto è sopravvenuta la
disillusione.
Ecco alcuni esempi: tra il 1991 e il 1994 si formarono forse una dozzina di
partiti, gruppi e coalizioni politiche Rom in Slovacchia, che poi si divisero e
svanirono per la maggior parte. Attualmente non ci sono Rom nel Parlamento. I
due partiti di Iniziativa Civica Rom e Movimento Politica dei Rom, assieme hanno
raccolto meno di 15.000 voti nelle elezioni 2002.
In Romania, nelle elezioni parlamentari del 2000, il Partito dei Rom ha
mantenuto il monopolio del voto Rom e conta due membri in Parlamento. nelle
recenti elezioni bulgare (cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=119
ndr), i partiti Rom hanno ottenuto scarso successo; nelle precedenti
elezioni del giugno 2001, otto di loro avevano formato la coalizione Bulgaria
Libera, che però non aveva raggiunto il quorum previsto del 4%. La coalizione
si era fermata a meno dell'1%, a fronte di una percentuale del 70% dei Rom che
avevano partecipato al voto (secondo stime UNPD, i Rom sarebbero tra l'8 e il
10% dei votanti totali). Vi sono due Rom eletti in Parlamento, uno dei quali in
uno dei partiti Rom. In Ungheria ci sono poco meno di una dozzina di
parlamentari Rom, tanto nella coalizione di governo che all'opposizione, e due
parlamentari europee (cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=193
ndr).
Il numero dei Rom eletti attraverso i principali partiti rimane basso e
addirittura si registra una loro diminuzione nell'ultimo decennio. Non ci sono
forti segnali che i Rom votino necessariamente per candidati Rom,
indipendentemente dalla posizione ideologica delle liste che li candidino.
Diverse OnG nei vari paesi indicano che i Rom hanno un voto molto disperso e che
in alcuni casi, siano attratti da partiti che hanno chiare istanze contro le
minoranze.
Virtualmente, non ci sono tra i maggiori partiti politici dei Rom nei tre
paesi, linee guida espressamente identificabili su principi e valori politici e
filosofici, ispirati a un programma anti-discriminatorio. In tutti e tre i
paesi, i Rom sono più politicamente attivi a livello locale che nazionale. La
loro tradizionale leadership politica - con rare eccezioni - appare impreparata,
inesperta e divisa.
Discorso simile per le elites dei Rom ungheresi. Dal 1989, lì si sono
sviluppate numerose politiche e progetti specifici, più che altrove.
Ciononostante, i Rom rimangono tra i gruppi più marginalizzati e le loro
condizioni socio-economiche restano ben al di sotto della media nazionale.
L'Ungheria ha sviluppato un quadro di riferimento nazionale per la protezione
delle minoranze; manca però una legge nazionale contro le discriminazioni e
capitoli anti-disciminatori sono suddivisi in leggi specifiche, come nel campo
del lavoro o della scuola. Nell'ambito del quadro di riferimento, nel 1990 è
stato stabilito un Ufficio per le Minoranze Etniche e Nazionali - NEKH - per lo
sviluppo e il monitoraggio delle politiche specifiche. Sin dalla metà degli
anni '90, il NEKH ha assunto un ruolo guida nei rapporti tra i Rom e il governo.
Dopo le elezioni del 2002, il governo ha stabilito un nuovo Ufficio Rom, sotto
la responsabilità del Primo Ministro, per il coordinamento delle politiche
romani, ufficio presso cui sono stati trasferiti molti dei dirigenti del NEKH, a
cui rimane il compito di sovrintendere alla cultura dei Rom e ai diritti delle
minoranze (cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=191
ndr).
La Commissione Parlamentare per le Minoranze Etniche e Nazionali (Minorities Ombudsman)
è un'istituzione indipendente per lo sviluppo dei diritti delle minoranze e per
indagare sulle lamentele, di conseguenza individuare i rimedi. Secondo l'ufficio
stesso, la maggior parte dei ricorsi avviene da parte dei Rom, principalmente
riguardo ad atti discriminatori. Circa il 48% di questi reclami è indirizzato
verso i governi locali.
Il Minority Act del 1993 allarga i diritti delle minoranze in Ungheria e
stabilisce un sistema elettorale, per cui le minoranze possono formare i propri
corpi elettivi tanto a livello locale che nazionale. Nel 1995 è stato stabilito
l'Auto-Governo delle Minoranze Nazionali.
Dal 1994 non si registrano differenze sostanziali nelle politiche verso i Rom
da parte delle differenti coalizioni di governo. Anche se non si possono
registrare miglioramenti significativi nelle loro condizioni, si è verificato
comunque il riconoscimento che i problemi specifici dei Rom non possono essere
separati da quelli della popolazione maggioritaria.
Uno dei principali limiti del sistema di auto-governo ungherese, è che
chiunque può votare per un rappresentante nel consiglio delle minoranze. Si
ritiene che meno del 10% di chi ha votato per un Rom, era Rom lui stesso. Ciò
è dovuto al fatto che il ballottaggio è distribuito sul voto complessivo,
essendo contro la legge di registrare nazionalità o etnicità dei votanti. In
questo modo, chiunque può avocare l'appartenenza ad una minoranza nazionale,
anche se al solo scopo di influenzare l'esito elettorale. Le modifiche
introdotte nel giugno 2005, hanno consentito di registrare l'appartenenza etnica
dei votanti. Si prevede che in futuro solo chi sarà identificato come
appartenente a una minoranza nazionale, potrà concorrere al voto. Le
organizzazioni Rom hanno ottenuto il diritto di controllare la registrazione dei
votanti. la decisione ha sollevato aspri dibattiti. Alcuni politici rom hanno
attaccato la decisione senza mezzi termini, con l'argomento che molti hanno
paura di identificarsi come Rom, e che così solo un terzo del totale sinora si
sono identificati come tali.
Nella Cecoslovacchia fu con la Primavera di Praga che emerse la prima
rappresentanza dei Rom nel dopoguerra. Nel novembre 1968 il Ministro degli
Interni approvò la costituzione di Unione dei Rom a livello nazionale. La sua
attività verteva a promuovere i Rom come minoranza nazionale. Ma questa
esperienza si interruppe forzatamente l'anno seguente.
Nel 1990 il primo partito Rom prese parte alle elezioni nell'allora
federazione della Repubblica Ceca e Slovacca, e 11 Rom candidati in diversi
partiti vennero eletti in Parlamento. Fu un successo eccezionale, dovuto
soprattutto al clima di generale euforia, con l'opinione pubblica che vedeva i
Rom come vittime del comunismo. Già le elezioni del 1992 videro un solo Rom
eletto al Parlamento. I due gruppi tuttora più significativi nella Repubblica
Ceca sono l'Iniziativa Civica Rom, fondata dopo il novembre 1989 e che contava
nel 1998 circa 12.000 aderenti - l'altro è l'Alleanza Democratica dei Rom.
Il coinvolgimento dei loro attivisti nel processo di integrazione nella
società, registrò un importante progresso nel 1997, con la creazione cella
Commissione Interdipartimentale, divenuta nel 2001 il Collegio Governativo per
gli affari della comunità Romani.
Nel marzo 1990 in Slovacchia, intellettuali Rom registrarono l'Iniziativa
Civica Rom (ROI) presso il Ministero degli Interni, un partito politico Rom su
base nazionale. Nel giugno 1990, concorse alle elezioni assieme al Forum Civico
e a Cittadini Contro la Violenza, tutti movimenti politici che avevano
contribuito alla caduta del comunismo. ROI ottenne quattro seggi nel parlamento
federale cecoslovacco e uno nella Camera Nazionale in Slovacchia.
Tutto il 1990 fu un periodo di grande vivacità politica, che vide nascere
nuove organizzazioni culturali e partiti politici dei Rom. Da lì, iniziò un
lungo periodo che vide il disperdersi del peso politico accumulato. ROI
partecipò da sola alle elezioni del 1992, come partito di ispirazione
indipendente. Raccolse soltanto lo 0,52%. Rimase comunque l'entità romani
politica più influente ed importante del paese. Tra la fine del 1996 e l'inizio
del 1997, crebbero le tensioni interne, che videro la contrapposizione sempre
più netta contro i movimenti degli skinheads. Tensioni che sfociarono in
conflitti più o meno aperti col resto della popolazione e che portarono alla
nascita di un nuovo partito: Intellettuali Rom per la Coesistenza nella
Repubblica Slovacca (RIS).
Sino a metà 1998, ci furono diversi infruttuosi tentativi di riunire i due
partiti, che riportarono però un risultato significativo alle elezioni
municipali di dicembre, con diversi candidati Rom eletti nelle liste del ROI,
del RIS e di altre liste locali indipendenti. Le elezioni videro la
partecipazione di 254 candidati Rom, 8 dei quali concorrevano per posizioni di
rilievo. Alla fine, furono eletti 56 Rom e sei divennero sindaci. Ma anche in
questo caso, il risultato non fu poi ripetuto e i partiti non riuscirono ad
accordarsi per una strategia comune alle elezioni del 2002.
Contemporaneamente, negli anni '90 la situazione dei Rom entrava nell'agenda
politica della Comunità Europea. Cominciava a porsi per gli stati sovrani
la questione dell'accesso alle strutture decisionali, come prerequisito
democratico per accedere all'Unione Europea. Il tema aveva una stretta attinenza
alle politiche di inclusione dei Rom e la Commissione Europea iniziò a
monitorare i progressi compiuti dai paesi candidati, sin dal 1998.
La risoluzione EU del maggio 1989 prevedeva corsi multiculturali per
l'insegnamento della storia, lingua e cultura dei Rom. Nel febbraio 1993 il
Parlamento Europeo adottò la risoluzione 1203 "Sulla situazione dei Rom in
Europa", che conteneva le disposizioni più urgenti per gli stati
candidati. Nel marzo 1994 si tenne a Siviglia il primo Congresso Europeo dei
Rom. Lo stesso anno venne formato il Comitato per la Cooperazione e il
Coordinamento delle Organizzazioni Rom d'Europa; tra i suoi scopi, stabilire una
base istituzionale di azione permanente, tramite un Ufficio per i Rom e
redigendo una Carta dei Diritti dei Rom, per definire la loro posizione legale
in Europa. Nel marzo 2005 l'Ufficio delle Istituzioni Democratiche e per i
Diritti Umani, formò un Punto d'Incontro sulle Tematiche Rom, il cui scopo è
la diffusione di informazioni, favorire la capacità organizzativa dei Rom e
studiare le discriminazioni e le violenze nei loro confronti.
Durante il processo di accesso, il principale canale EU nei paesi candidati
(Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Slovacchia) fu il Programma Phare,
che devolveva parte del budget ai programmi nazionali rivolti alle comunità
Rom. Il totale dei finanziamenti è cresciuto da 11,7 milioni di euro nel 1999,
ai 13,65 del 2000 3 ai 31,35 del 2001.
Un rapido sguardo ai differenti programmi e ai budget impegnati mostrano che
le iniziative (che spaziano nelle aree primariamente dell'antidiscriminazione e
dell'inclusione sociale, della scuola, del lavoro, delle relazioni esterne e
dell'assistenza regionale) hanno un alto potenziale riguardo al miglioramento
della situazione dei Rom. Il loro limite è di essere isolate l'una dall'altra e
di essere scarsamente efficienti per mancanza di coordinamento e di strategie
condivise. Col tempo, le strutture EU stanno mostrando più capacità di
adattamento alle realtà locali e maggiore proattività verso gli stati membri.
Questi diversi processi e cambiamenti, hanno favorito la formazione di
un'elite internazionale tra i Rom. E' strettamente legata alla risoluzione 1203
quando definisce i Rom "una minoranza realmente europea", il parziale
rifiuto delle elites, che rivendicano il carattere non statuale di questa
minoranza e la necessità di norme quadro che li proteggano in quanto minoranza
non-territoriale, di conseguenza la richiesta di uno status speciale europeo.
Le tematiche Rom come istanze transnazionali, il conseguente processo di
formazione politica e adattamento delle politiche nazionali, sottintendono
alcuni limite che attualmente paiono di difficile superamento. Molti Rom hanno
scarse capacità di spostamento e di produrre azioni positive di lobbying, e
rimane da definire quale possa essere l'istanza rappresentativa, il Roma
National Congress di Amburgo o invece la International Roma Union con sede a
Praga? Il popolo, la nazione Rom transnazionale, la nazione della diaspora, o la
minoranza presente in diversi stati, manca una definizione condivisa che
permetta di inquadrare gli interessi e gli obiettivi immediati da proseguire.
Nel frattempo il Roma National Congress spinge sul principio di
autodeterminazione, mentre International Roma Union persegue l'obiettivo di una
nazione senza stato territoriale.
Come intendere questo nuovo tipo di "cittadinanza postnazionale",
nell'ottica dell'integrazione di un gruppo che è stato perennemente
marginalizzato?
Già dai primi anni '90, le elites intellettuali transnazionali, hanno
focalizzato la loro azione nella difesa dei diritti umani e delle minoranze,
controllando che fossero tematiche presenti nelle agende e nei programmi
comunitari europei. Questa strategia ha permesso di ottenere visibilità e
capacità di interloquire a livello europeo e, di conseguenza, nazionale.
Conseguentemente, le strategie governative si sono evolute dalla generale
richiesta di democratizzazione, verso i nodi sociali da dipanare. Questo è
avvenuto per fasi nell'Europa Centrale:
- all'inizio si è trattato di sviluppare le tematiche dei diritti umani, ma
senza ottenere risultati significativi contro le discriminazioni;
- in seguito si è agito per diminuire le discriminazioni sociali ed
economiche, prestando attenzione al particolare momento storico di
transizione, che per molti Rom ha significato la perdita del lavoro e di
conseguenza l'accesso ai servizi essenziali. Occorre tenere conto che ci si
riferiamo a 1,2 - 1,5 milioni di persone, che vivono alla giornata in baia
di discriminazioni e pregiudizi;
- la terza fase vede la necessità del risveglio e della mobilitazione dei
diretti interessati.
Dal 1998 ad oggi, il maggior cambiamento ha riguardato leggi e norme, che
hanno dato spazio a nuove voci e sono la base per azioni future. I Rom hanno
iniziato ad essere identificati come minoranze nazionali. Questa cosa, ha
generato anche apprensioni in diversi stati, in particolare presso determinati
strati di popolazione, che non riescono ad identificare nei Rom alcun fattore
distintivo.
E' anche da ricordare che lo sforzo posto nell'enfatizzazione dei diritti
civili, ha ottenuto più attenzione presso la Comunità Europea che tra gli
stati nazionali. Resta da capire quanto l'Unione Europea può influenzare le
politiche nazionali degli stati membri, particolarmente quelli di nuovo e
recente ingresso.
Pál Tamás, è Direttore dell'Istituto di Sociologia, Accademia
Ungherese delle Scienze.
The article was published in The Analyst, a new quarterly focussed on the key political, economic and social developments in Central Eastern Europe.
(EurActiv.com, Pál Tamás)
Di Fabrizio (del 06/11/2005 @ 08:13:22, in Europa, visitato 2028 volte)
da Karin Waringo
Embargo Date: 31 October 2005 00:01 GMT
Kosovo (Serbia and Montenegro): Includere donne e minoranze nei colloqui sullo status finale
Nel quinto anniversario della Risoluzione del Consiglio per la Sicurezza dell'ONU 1325/2000 (Resolution 1325) su Donne Pace e Sicurezza, Amnesty International chiede alle parti coinvolte nei dialoghi sullo status finale del Kosovo, che le donne sia incluse nelle successive consultazioni.
In particolar modo, Amnesty International chiede l'inclusione di donne nel gruppo di esperti che presiederà alla parte integrale del processo. L'organizzazione preme anche per il coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità minoritarie, inclusi i Rom, gli Askali e gli Egizi, oltre alla minoranza serba.
A seguito della pubblicazione del rapporto del 4 ottobre, dall'Inviato Speciale in Kossovo al Segretario Generale dell'ONU, il Consiglio di Sicurezza ONU il 24 ottobre ha dato il via ai colloqui, che saranno condotti dall'Inviato Speciale, nominato nella persona del presidente finnico Martti Ahtisaari, ed includeranno delegazioni tanto dalla Serbia che dal Kossovo. I colloqui continueranno a novembre.
L'organizzazione ricorda a tutte le parti in causa, Serbia e Kosovo incluse, la risoluzione 1325, ONU e dell'Unione Europea: "Si richiamano gli Stati Membri ad assicurare una maggior rappresentanza femminile nei processi decisionali, nelle istituzioni e meccanismi nazionali, regionali ed internazionali, per la prevenzione, gestione e risoluzione del conflitto."
Per questo Amnesty International chiede a tutti gli stati membri dell'ONU coinvolti nel dialogo di assicurare attivamente l'adozione della Risoluzione 1325 e garantire la rappresentanza femminile ai colloqui. Inoltre, l'organizzazione chiede l'adozione di una prospettiva di genere, come dall'articolo 8 della Risoluzione, che dovrebbe, ad esmpio, "coinvolgere le donne in tutto lo sviluppo dei meccanismi del processo di pace" e predisporre "misure che assicurino la protezione e il rispetto per i diritti umani di donne e ragazze, particolarmente riguardo la costituzione, il sistema elettorale, la polizia e il [sistema] giudiziario". In particolare, dette misure andranno indirizzate contro la prevista impunità per le violenze di genere, inclusi i crimini di guerra, commessi contro le donne durante e dopo il conflitto in Kosovo.
Amnesty International appoggia l'appello che arriva dal Kosova Womens Network, perché le donne possano dare il loro contributo a raggiungere una soluzione sostenibile per il futuro del Kosovo. Molte organizzazioni femminili sono già coinvolte a diversi livelli nei processi politici e decisionali nel Kossovo e attraverso i confini etnici. L'organizzazione nota che le donne in Kosovo, di tutti i gruppi etnici, affrontano una massiccia discriminazione nell'accesso ai diritti garantiti dagli standard internazionali incorporati nelle leggi del Kosovo.
Amnesty International richiama anche all'inclusione dei rappresentanti delle comunità minoritarie, comprese le organizzazioni Rom, Askali ed Egizie che rivendicano la salvaguardia dei diritti delle minoranze, inclusi il diritto alla sicurezza e alla libertà di movimento in Kosovo; un'equa ed imparziale indagine sulle violenze e le discriminazioni; un'equa rappresentanza ed accesso alle istituzioni pubbliche, l'accesso ai diritti soiciali ed economici, compresi [quello dell']alloggio, istruzione, sanità ed impiego, come pure un'adeguta assistenza ai dispersi interni e a quanti faranno ritorno.
Background Risoluzione 1325 Il 31 ottobre 2000, UNSC ha addottato all'unanimità la Risoluzione 1325 su Donne, Pace e Sicurezza. La Risoluzione 1325 è considerata una pietra miliare: per la prima volta nella propria storia UNSC affronta seriamente il ruolo e l'esperienza delle donne nel contesto dei conflitti armati.
La Risoluzione chiama all'azione il Segretario Generale dell'ONU, gli Stati Membri e tutti gli attori coinvolti nello sviluppo del processo di pace.
Amnesty International ha riportato casi di discriminazione contro donne e ragazze in Kosovo, incluso il traffico di persone, e le condizioni - incluso discriminazione, violenza, opportunità nell'istruzione e nell'impiego - che rendono le donne e le ragazze particolarmente vulnerabili.
L'organizzazione ha anche riportato ampliamente sulle violazioni dei diritti umani e le discriminazioni contro i membri delle minoranze, e chiesto ripetutamente la protezione dei loro diritti civili, politici, sociali ed economici.
Final Status Talks La fine del conflitto militare in Kosovo è stata concordata tra le parti nel Kumanovo Military-Technical Agreement del 9 giugno 1999. Secndo la Risoluzione UN SC 1244/99 sottoscritta il 10 giugno 1999, il Kosovo seguitava ad essere parte integrante dell'allora Repuvbblica Federale di Ygoslavia (ora Serbia e Montenegro). UN SC 1244/99 prevedeva un'amministrazione civile ad interim guidata dall'ONU (UNMIK) e con la presenza del corpo di pace NATO.
Anche se il termine "staus finale" è usato pe descrivere il soggetto dei colloqui futuri, la Risoluzione UN SC 1244 si riferiva all'esigenza di un "quadro tabile" per risolvere lo "status futuro"; in base a ciò i colloqui sono da considerarsi parte del processo previsto.
Di Fabrizio (del 06/11/2005 @ 18:12:51, in Europa, visitato 2035 volte)
SOCIETA'
Per i Rom della grande-Lione, una bidonville dopo l'altra
A Villeurbanne, 200 persone vivono in un deposito abbandonato in cui hanno costruito ripari. Volontariamente dimenticati della politica.
par Olivier BERTRAND QUOTIDIEN : mercredi 02 novembre 2005
Villeurbanne envoyé spécial
C'è una vecchia officina di riparazione di locomotive, a Villeurbanne, alle porte di Lione. Strade ferrate arrugginite penetrano ancora nel deposito immenso aperto ai venti. Accanto, una struttura in legno, con belle tende. Un luogo ricco per la memoria operaia locale. Abitarlo, in compenso, è più duro. Però, più di 200 clandestini là da mesi. Alcuni hanno costruito capanne in legno e di cartone. Altri hanno teso dei teli o hanno posto materassi al suolo. Ed il seminario è diventato uno delle più grandi bidonvilles dell'agglomerato lionese (1).
Visti di turismo. Fra i Rom rumeni che vivono là, molti frequentano l'agglomerato lionese in punta di piedi. Ripartono ogni tre mesi, per rinnovare il loro visto di turismo. Una volta timbrato il passaporto, basta non essere indigente per muoversi legalmente tra la Romania e la Francia, ma senza potere lavorare nell'Esagono. Florin, sulla trentina, conduce dal 1996 questa vita pendolare, tra Lione ed Arad: "Oggi, i poliziotti rumeni non sono più duri di quelli della Francia, e le condizioni di vita, per noi, sono anche difficili qui che là. Ma per il lavoro, quando si è rom, anche lo stesso, qui c'è più possibilità."
Florin ha girato la maggior parte delle bidonvilles nell'agglomerato. Le enumera: "Gerland, Vaulx-en-Velin, Gorge-de-Loup, Vénissieux, Vaise, Saint-Priest, Villeurbanne." Terreni vaghi,industriali una volta, occupati alcuni mesi, quindi evacuati. Ogni volta, si sono movuono verso un'altra incertezza, in mancanza di alternativa.
Quattro anni fa, la città e lo Stato avevano finanziato per un anno l'alloggio di cittadini dell'ex Iugoslavia in baraccamenti prefabbricati su un terreno attrezzato. La struttura non era sufficiente, ed i materiali, non concepiti per abitarci, si sono rapidamente deteriorati. Una relazione dell'Associazione di Lione per l'inserimento alloggiativo (ALPIL) espone dettagliatamente il fallimento relativo. Propone altre esperienze, rafforzando l'accompagnamento, la mediazione con la vicinanza, e comperando caravan o case mobili d'occasione.
Sommier. Nella fabbrica di Villeurbanne, i Rom sono al riparo dalla pioggia, ma il pericolo è ovunque. Così, famiglie dormono in un lungo corridoio su assi appoggiate a volte sulle batterie delle automobili. Per l'intimità, teli o pannelli di cartone improvvisano dei letti a
baldacchino. Il corridoio è senza uscita. Un incendio notturno si trasformerebbe in dramma.
Nel vasto slargo dove cui si riparavano le locomotive, botole di calcestruzzo permettevano di scivolare sotto le macchine. I Rom vi hanno gettato ferraglia, vetro, rifiuti. Sopra cui i bambini giocano e saltano. Uno di loro ha sbagliato il suo slancio, alcune settimane fa. Se ne è uscito con alcuni punti di sutura.
Un odore sordo si libera di questi pozzi. Sono i resti di frutta, verdure, di formaggio, che marciscono. Le associazioni ripetono agli occupanti di non gettare là i rifiuti. Temono che i ratti si moltiplichino. Pena inutile in questa bidonville provvisoria, dove ci sono soltanto due pattumiere per 200 persone.
"Raccomandazione". In giugno, la prefettura ha riunito gli interessati da quest'occupazione. "Abbiamo proposto una sistemazione che garantisca un minimo di sicurezza e d'igiene all'interno", racconta André Gachet, responsabile dell'ALPIL. Il consiglio generale del Rodano, proprietario del terreno, era assente. Nessuno poteva impegnarsi per lavori su un terreno che presto sarà venduto. Médecins du monde ha allora suggerito un trasferimento verso una località attrezzata. I partecipanti si sono accontentati di una "raccomandazione alle persone".
La maggior parte di quest'attori agisce in loco. Médecins du monde segue gli adulti, il consiglio generale le campagne vaccinatorie, ALPIL gestisce la parte riguardo l'accesso ai diritti. Nel corso della riunione, la comunità urbana di Lione, in compenso, si era impegnata a far caricare i rifiuti e ad installare un contenitore. Non è stato mai fatto.
Da quattro anni, la grande Lione adotta la politica dell'immobilismo sulle bidonvilles roms. Il suo presidente, Gérard Collomb (PS), ripete che condizioni d'accoglienza troppo decenti creerebbero "una calamita" per le popolazioni roms. Può rassicurarsi. Il margine resta molto evidente.
(1) L'agglomerato conta cinque grandi bidonvilles ed una folla di baracche, per un totale di circa 1.200 persone.
Di Fabrizio (del 07/11/2005 @ 20:26:51, in Europa, visitato 2156 volte)
Di questi tempi, leggendo i giornali, ho scambiato qualche informazione con UcCaBaRuCcA, su quanto sta accadendo nelle periferie parigine. Gia visto, d'accordo. Ma devo fare i conti con la mia nota confusione mentale, e le cronache francesi si mischiano ai commenti che mi lascia Snowdog sui recenti sgomberi degli insediamenti rom in Italia. La scommessa, è cercare una via d'uscita. Forse, al di là dell'ideologia e della polemica, la risposta è sempre guardare in faccia il tuo nemico, e avere il coraggio di lavorarci assieme. E, naturalmente, rimboccarsi le maniche, perché c'è sempre qualcosa da fare.A volte, è possibile. Ripesco un vecchio post dall'archivio di Pirori:Mercoledi 28 Aprile 2004 ore 22:58:1231 dicembre 2003 - riporto da La Repubblica: Distrutta la nuova sede alla Barona: svastiche e croci celtiche come firma Assalto all´Opera Nomadi - "Qui non vi vogliamo" - I locali sono del Comune. Sorgerà un centro documentazione degli orrori nazisti. La cronaca è riassunta qui:
Ripuliti i locali dai danni + grossi, la sede era rimasta praticamente disabitata sino a settimana scorsa. Nel frattempo si era ventilata l'ipotesi di cercare un posto "+ sicuro". Invece, la sede si farà, come pure il Centro documentazione, proprio lì. Sono contento per due ragioni: 1) La sede si trova alla periferia estrema, un blocco di palazzoni popolari, ed è proprio lì che la gente normale hanno bisogno di vedere, di partecipare alla vita associativa - per reagire al clima di abbandono delle autorità e alla violenza che comanda. 2) Per una volta, il nome dei Rom non è stato associato a chi viene cacciato con la violenza. Che diamine! Questa volta si ritorna e si rimettono assieme i cocci. C'è voluto un po' di tempo per maturare la decisione, e lo capisco, ma penso che la loro sia stata la decisione giusta.
Così, mi sono offerto volontario per aiutarli a risistemare il materiale del Centro documentazione. Arrivo lì la mattina presto, son da solo e apro tutte le porte e finestre per segnalare la mia presenza. Giacché ci sono, metto musica balcanica a palla, che poi cambio in ray algerino, per vedere se almeno si affaccia qualche nordafricano.
A metà mattina si fanno vivi i volontari di altre associazioni che operano lì vicino: un centro per ragazzi e una chiesa evangelica. Sono contenti che si sia scelto di tornare e mi informano sulle loro attività. Molto preso nel ruolo di "ambasciatore" che mi sono auto appioppato, ricambio e visito le loro sedi. Dopo i saluti di rito, entrambi si sono interessati alla nuova porta blindata montata dall'Opera Nomadi. Credo che anche per loro la vita sia movimentata. Rispondo che vedrò di fornirgli dei preventivi, ma come esterno, al momento non so dire di +.
Visito il bar, ma a parte il caffé (discreto), non rubo molte informazioni in + sul quartiere.
Di pomeriggio, si presenta una piccolo gruppo di giovani in motorino. Un sociologo li catalogherebbe come la classica banda di periferia, Scambiamo 2 chiacchiere, sono curiosi. Spiego loro cosa è successo, chi è Opera Nomadi, cosa si vuole fare. Mi dicono che sono con noi, che anche loro ce l'hanno con chi di notte sfascia il quartiere. Se avessi potuto, li avrei presi come vigilantes!
Più tardi, con un timido buongiorno, è il turno dei bambini. Mi guardano e scappano, poi tornano, alla fine entrano coi monopattini e le bici (portate a mano). Per fortuna, 7 anni come animatore al campo di via Idro mi hanno insegnato come cavarmela. Si parla e si scherza per mezz'ora, poi, rotto il ghiaccio, dico loro che mi aspetta una montagna di libri da catalogare e devo tornare al computer. Mi salutano e mi augurano buon lavoro.
Dimenticavo, oggi non sono state solo chiacchiere: catalogati 310 tra libri, documenti, audio e videocassette. Me ne mancano una cinquantina. Quando il catalogo sarà pronto, ve lo farò sapere.
Di Fabrizio (del 08/11/2005 @ 10:42:52, in Europa, visitato 1955 volte)
By Rafal Pankowski - © I CARE News http://www.icare.to
4/11/2005 - Un caso di incredibile discriminazione razziale è stato portato alla luce da un'associazione Rom di Wroclaw. L'hotel Park Plaza (4 stelle) rifiuta di accogliere quanti abbiano l'aspetto di Rom, e anche al ristorante i camerieri rifiutano le loro ordinazioni. Un giornalista del posto ha svolto un semplice esperimento: presentandosi al ristorante in compagnia di un Rom e senza. Nel primo caso i camerieri hanno detto che non c'era posto. Questa discriminazione verso quanti siano di pelle più scura, prosegue da mesi. Alcuni dipendenti hanno ammesso di aver ricevuto istruzioni in proposito dalla direzione, perché in passato alcuni Rom non avevano pagato il conto, ma la direzione smentisce. Park Plaza è un hotel di lusso nel centro cittadino ed appartiene alla catena Best Eastern Plaza Hotels, di proprietà dell'Organizzazione Turistica Polacca, una compartecipata statale. Tomasz Droszcz, direttore marketing della catena, ha spiegato ai giornalisti di aver sentito di... problemi preecedenti creati da ckienti Rom al Park Plaza (sic). "Dev'essere successo sicuramente qualcosa, se la direzione ha preso questa decisione" - afferma Droszcz a mezza bocca. Per aggiungere beffa alle offese, nel febbraio di quest'anno l'hotel ha ospitato una conferenza internazionale organizzata dal governo regionale, dal titolo: "Contro la discriminazione - i Rom - amministrazione - polizia". Nell'attuale situazione politica, il clima sociale per le minoranze etniche in Polonia sta pehggiorando visibilmente. La Commissione Europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (un corpo del Consiglio d'Europa) vuole richiedere quanto prima una "tavola rotonda" per discutere la situazione nel paese. Sarà l'ennesima retorica ufficiale contro la discriminazione, o si affronterà l'ipocrisia delle pseudo politiche anti-discriminatorie?
Di Fabrizio (del 09/11/2005 @ 10:18:55, in Europa, visitato 2962 volte)
sull'argomento, leggere anche http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=256
By Karin Waringo - 3 Novembre 2005, 4:00pm
Il 21 ottobre si sono incontrate a Varsavia le principali organizzazioni impegnate a promuovere la prima conferenza europea sullì'antiziganismo.
Una donna strofina un bambino, che ha gli occhi e la pelle scure. D'improvviso, qualcuno le porge un fustino del detersivo in polvere ARIEL. Dopo un ulteriore tentativo, dalla schiuma appare un bambino di carnagione chiara e dagli occhi azzurri.
Si può trovare su un sito slovacco. Anche se si tratta solo di pubblicità, nondimeno esprime un pensiero reale: che si tratti di "Gypsies", "Gitanos" o "Zigeuner", come sono comunemente chiamati, sono persone sporche di cui sbarazzarci. Non è un caso che gli autori di questo "scherzo" abbiano scelto ARIEL per combattere lo "sporco", ARIEL suona molto simile ad "Ariano" ed "Arianizzazione". Quest'estate, il proprietario di un campeggio austriaco avvertiva di non gradire clienti Rom (QUI ndr). A settembre, per reazione all'insediamento di 140 roulottes e caravans [di Gente di Viaggio] sul terreno comunale, il sindaco di Emerainville scrisse ai suoi abitanti che il comune non doveva diventare la discarica del dipartimento Seine-et-Marne.
Circa due terzi degli Europei concordano con simili affermazioni: non vogliono i Rom come vicini. Grossomodo la stessa percentuale di persone ha chiesto la separazione totale dei Rom dal resto della popolazione, in paesi come Slovenia e Romania. In un referendum tenutosi nel 1996 nella Repubblica Ceca, circa la metà degli intervistati è d'accordo che i Rom dovrebbero essere allontanati dal paese. Dalla Croazia alla Grecia, l'opposizione dei genitori non-Rom impedisce la condivisione dell'insegnamento e incoraggia le autorità a segregare i figli dei Rom in classi speciali dove ricevono un insegnamento sotto gli standard previsti - cosa che, a sua volta, perpetra il pregiudizio che i Rom non siano portati allo studio.
Per rispondere alle crescenti pressioni delle OnG dei Rom, l'Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), il Consiglio d'Europa e l'European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia di Vienna, hanno organizzato a Varsavia la prima conferenza internazionale specifica sull'antiziganismo (argomento che era inizialmente previsto come secondario all'ordine del giorno). E' stata la prima volta che se ne discuteva in maniera approfondita tra le diverse organizzazioni, sotto l'egida europea.
Vi hanno preso parte circa 170 persone [...] La maggior parte dai paesi dell'Europa dell'Est, dove risiede la maggior parte dei Rom.
Per oltre 10 anni, la situazione dei Rom nell'Est Europa ha richiamato l'attenzione della comunità internazionale. Nel 1993, i capi di stato e i governi europei indicarono il rispetto dei diritti umani e delle minoranze come criteri per l'ingresso nell'Unione Europea. Da allora, sono stati adottati diversi piani d'azione e misure politiche. Il panorama legale si è significativamente sviluppato con l'adozione nel 1995 della Convenzione Quadro del Consiglio d'Europa sulle Minoranze Nazionali, e le direttive del pari trattamento nel campo dell'impiego e dell'antidiscriminazione, sulle basi della cosiddetta Direttiva Razziale del 2000.
La Corte Europea dei Diritti Umani è diventata l'istanza suprema a cui rivolgersi per le violazioni dei diritti dei Rom, secondo le parole usate da Lauri Sivonen, membro dell'Ufficio della Commissione per i Diritti Umani, durante la sua presentazione. A dire il vero, molte delle violazioni sono commesse dalle stesse autorità. Nota Christian Stohal, ambasciatore OSCE, che i ritardi del piano per lo sviluppo dei Rom, sono dovuti soprattutto alla persistenza dei pregiudizi degli amministratori pubblici.
L'antiziganismo è il problema
Alcuni rappresentanti delle organizzazioni internazionali, come Henry Scicluna del Consiglio d'Europa, soo andati oltre, affermando che l'antiziganismo è la radice dei problemi, comunemente conosciuti come "i problemi dei Rom", come ad esempio la discriminazione e l'emarginazione nella scuola, nella casa, nel lavoro e nella salute. Sivonen aggiunge che l'antiziganismo costituisce un pericolo per l'intera società, impedendo ai Rom di prenderne parte.
Anche quando viene adoperato il termine "antiziganismo", molti tra i componenti dei poteri pubblici disgiungono loro stessi dal termine, confinandolo nel terreno dell'attivismo politico. Apparso la prima volta negli anni '80, "antiziganismo" copre un amplio raggio di pregiudizi e di azioni contro i Rom, Sinti e le comunità loro collegate.
Ma, la designazione di un nuovo termine necessita di un motivo. Perché non adoperare "razzismo", si dice. Qualcuno si lamenta che non è un termine scientifico. Altri sono preoccupati per la proliferazione dei termini. Altri ancora osservano che "Zigano" stesso è un costrutto negativo, che non dovrebbe essere adoperato nel descrivere uno specifico razzismo anti Rom.
Tra gli attivisti dei diritti Rom non ci sono divisioni. Il fatto è che il pregiudizio la discriminazione anti-Zingari sono così pervasivi - in tutti i paesi, così tenaci e adattabili nei secoli, e che l'antiziganismo non sia stato toccato dal medesimo tabù ideologico dell'antisemitismo dopo la II guerra mondiale, sono tutti punti che giustificano il bisogno di un termine speciale.
Isil Gachet della Commissione Europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (ECRI),
una sezione indipendente del Consiglio d'Europa, sottolinea durante la
conferenza che l'antiziganismo è un tipo di razzismo che sovente è
accompagnato da atti concreti di ostilità. Aggiunge che [...] spesso è
legittimato sulla base di pregiudizi. Inoltre, su 43 casi di razzismo segnalati
da ECRI dal 2002 a oggi nei paesi membri del Consiglio d0Europa, 32 riguardano
specificamente i Rom, inclusi 16 giudicati di "particolare
preoccupazione".
L'esigenza delle statistiche
Uno studio condotto nel 2000 dal National Roma Congress (RNC),
una tra le più grandi organizzazioni internazionali dei Rom, elenca 4.500
attacchi razzisti contro i Rom nell'Europa dell'Est e 5.800 negli stati membri,
nel periodo tra il 1990 e il 1998, durante i quali 1.756 Rom sono stati uccisi e
3.500 feriti. RNC nota che lo studio contiene soltanto i casi portati alla sua
attenzione - non esistendo un controllo e una elenco sistematici.
Il nuovo rapporto del Commissario per i Diritti Umani del
Consiglio d'Europa sulla situazione dei Rom nel continente, effettuato
all'inizio dell'anno, riporta solamente un dato del 2002: 109 attacchi razzisti
registrati in Slovacchia nel 2002. Un precedente rapporto [...] sulla violenza
razziale, l'espressione più estrema di antiziganismo, citava solo incidenti
isolati.
Capita, che i rappresentanti delle organizzazioni internazionali (come Beate
Winkler, direttore dell'Osservatorio di Vienna) motivino la carenza di dati con
la riluttanza nelle comunità Rom a rispondere alle domande, sulla base del
ricordo degli esperimenti nazisti, che furono preceduti da sondaggi sulle loro
abitudini e costumi.
E' una spiegazione che in parte libera la società dalle proprie
responsabilità. C'è necessità di monitorare l'antiziganismo. Per esempio, i
comunicati stampa della polizia, accennano di frequente all'origine rom reale o
presunta, quando si tratta di un colpevole o di un sospetto. Quando i Rom sono
vittime della violenza razzista la loro origine è citata di rado. Invece le
indagini su brutali atti di razzismo, avvenute in Slovacchia senza il consenso
delle interessate e che ha interessato centinaia di donne, sono violentemente
ostacolate dalle autorità pubbliche.
Il riconoscimento di un rinnovato pericolo di antisemitismo, due anni fa, è
dovuto principalmente al fatto che le organizzazioni ebraiche condussero
ricerche in proprio e le resero pubbliche. Ai Rom mancano storicamente la
volontà e i fondi per condurre un simile lavoro e non appaiono donatori
all'orizzonte. Il risultato sarebbe dimostrare che l'emarginazione sociale dei
Rom è principalmente radicata nelle pratiche volte alla loro esclusione.
La maggior parte dei convenuti a Varsavia si è impegnata a presentare questi
programmi alle proprie istituzioni. E' evidente la distanza tra la prospettiva
dei Rom, che insistono [sull'importanza] della partecipazione e dei pari
diritti, e le ben intenzionate, ma talvolta limitate, vedute dei non-Rom.
Differenze di punti di vista, che talvolta si sono tradotte in comici dialoghi
tra sordi - ad esempio quando il rappresentante del governo tedesco insisteva
nel giustificare la deportazione di Rom, Askali ed Egizi kosovari verso Serbia e
Montenegro (Kosovo incluso), come rispettosa del diritto tedesco ed
internazionale. O invece in momenti più seri e complicati, quando l'uso della
parola "Olocausto" da parte di un Rom della Repubblica Ceca, per
descrivere le pulizie etniche in Kosovo, ha sollevato le proteste di un
rappresentante non-Rom à che si era dimenticato, o semplicemente ignorava che i
Rom, come gli Ebrei, furono vittime del genocidio nazionalsocialista.
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