C'è una vecchia officina di riparazione di locomotive, a Villeurbanne, alle porte di Lione. Strade ferrate arrugginite penetrano ancora nel deposito immenso aperto ai venti. Accanto, una struttura in legno, con belle tende. Un luogo ricco per la memoria operaia locale. Abitarlo, in compenso, è più duro. Però, più di 200 clandestini là da mesi. Alcuni hanno costruito capanne in legno e di cartone. Altri hanno teso dei teli o hanno posto materassi al suolo. Ed il seminario è diventato uno delle più grandi bidonvilles dell'agglomerato lionese (1).
Visti di turismo. Fra i Rom rumeni che vivono là, molti frequentano l'agglomerato lionese in punta di piedi. Ripartono ogni tre mesi, per rinnovare il loro visto di turismo. Una volta timbrato il passaporto, basta non essere indigente per muoversi legalmente tra la Romania e la Francia, ma senza potere lavorare nell'Esagono. Florin, sulla trentina, conduce dal 1996 questa vita pendolare, tra Lione ed Arad: "Oggi, i poliziotti rumeni non sono più duri di quelli della Francia, e le condizioni di vita, per noi, sono anche difficili qui che là. Ma per il lavoro, quando si è rom, anche lo stesso, qui c'è più possibilità."
Florin ha girato la maggior parte delle bidonvilles nell'agglomerato. Le enumera: "Gerland, Vaulx-en-Velin, Gorge-de-Loup, Vénissieux, Vaise, Saint-Priest, Villeurbanne." Terreni vaghi,industriali una volta, occupati alcuni mesi, quindi evacuati. Ogni volta, si sono movuono verso un'altra incertezza, in mancanza di alternativa.
Quattro anni fa, la città e lo Stato avevano finanziato per un anno l'alloggio di cittadini dell'ex Iugoslavia in baraccamenti prefabbricati su un terreno attrezzato. La struttura non era sufficiente, ed i materiali, non concepiti per abitarci, si sono rapidamente deteriorati. Una relazione dell'Associazione di Lione per l'inserimento alloggiativo (ALPIL) espone dettagliatamente il fallimento relativo. Propone altre esperienze, rafforzando l'accompagnamento, la mediazione con la vicinanza, e comperando caravan o case mobili d'occasione.
Sommier. Nella fabbrica di Villeurbanne, i Rom sono al riparo dalla pioggia, ma il pericolo è ovunque. Così, famiglie dormono in un lungo corridoio su assi appoggiate a volte sulle batterie delle automobili. Per l'intimità, teli o pannelli di cartone improvvisano dei letti a
baldacchino. Il corridoio è senza uscita. Un incendio notturno si trasformerebbe in dramma.
Nel vasto slargo dove cui si riparavano le locomotive, botole di calcestruzzo permettevano di scivolare sotto le macchine. I Rom vi hanno gettato ferraglia, vetro, rifiuti. Sopra cui i bambini giocano e saltano. Uno di loro ha sbagliato il suo slancio, alcune settimane fa. Se ne è uscito con alcuni punti di sutura.
Un odore sordo si libera di questi pozzi. Sono i resti di frutta, verdure, di formaggio, che marciscono. Le associazioni ripetono agli occupanti di non gettare là i rifiuti. Temono che i ratti si moltiplichino. Pena inutile in questa bidonville provvisoria, dove ci sono soltanto due pattumiere per 200 persone.
"Raccomandazione". In giugno, la prefettura ha riunito gli interessati da quest'occupazione. "Abbiamo proposto una sistemazione che garantisca un minimo di sicurezza e d'igiene all'interno", racconta André Gachet, responsabile dell'ALPIL. Il consiglio generale del Rodano, proprietario del terreno, era assente. Nessuno poteva impegnarsi per lavori su un terreno che presto sarà venduto. Médecins du monde ha allora suggerito un trasferimento verso una località attrezzata. I partecipanti si sono accontentati di una "raccomandazione alle persone".
La maggior parte di quest'attori agisce in loco. Médecins du monde segue gli adulti, il consiglio generale le campagne vaccinatorie, ALPIL gestisce la parte riguardo l'accesso ai diritti. Nel corso della riunione, la comunità urbana di Lione, in compenso, si era impegnata a far caricare i rifiuti e ad installare un contenitore. Non è stato mai fatto.
Da quattro anni, la grande Lione adotta la politica dell'immobilismo sulle bidonvilles roms. Il suo presidente, Gérard Collomb (PS), ripete che condizioni d'accoglienza troppo decenti creerebbero "una calamita" per le popolazioni roms. Può rassicurarsi. Il margine resta molto evidente.
(1) L'agglomerato conta cinque grandi bidonvilles ed una folla di baracche, per un totale di circa 1.200 persone.