Qualche anno fa, mi scappò qualche
consiglio semiserio sulle cose da fare in campagna elettorale. Un fatto
recente può essere un buon bigino per studiare invece come si comporta in questi
casi, col massimo ritorno mediatico e la minima spesa, un potenziale candidato,
non importa quanto sia razzista o meno.
I fatti li conoscete, vedono protagonisti un sindaco, un allenatore di
calcio, ed il campanilismo tra due città: Chieti e Pescara (quindi in questo
caso, facciamo a meno di tirare in ballo la solita Lega).
La prima cosa che salta all'occhio, è che il ROM, lo ZINGARO, diviene una
mera scusa, una specie di categoria per sfottere l'avversario (neanche un
avversario politico in questo caso). Non c'è bisogno di inventarsi storie di
furti, maltrattamenti, percosse o altro... come diceva un vecchio Carosello:
BASTA LA PAROLA, ma difatti in quel caso si parlava di lassativi...
(a proposito di razzismo)
Razzismo come categoria, apro una parentesi: circa venti giorni fa apparve sul
Tempo di Roma un articolo (che si voleva ironico) sui napoletani. L'originale
non riesco a ritrovarlo, ma
qua ve ne fate un'idea. Chi scrisse quell'articolo venne sommersa di
mail di protesta di napoletani, alcune le davano della RAZZISTA, altre della
ZINGARA.
Comunque, MAX RESPECT per la risposta dell'allenatore: "Io rom? Non
capisco se è un'offesa nei miei confronti o del popolo rom..."
Ovviamente, al sindaco non può fregargliene di meno di continuare con l'allenatore, leggo infatti sul suo profilo facebook:
"Ok la battuta su zeman me la potevo risparmiare (ma sapete quanto m'importa
a me..." lunghissimo sfogo in sindachese, dove si scusa e rivendica di
tutto, ma l'argomento ROM è stranamente scomparso.
Poco più sotto, sempre lui ci concede un'altra commovente testimonianza: "Sono
stati intensificati i controlli per la repressione dell'accattonaggio molesto
che negli ultimi mesi sta registrando in Città un incremento preoccupante..."
(sabato h. 14.12) Però, poverino, assicura che tutti ce l'hanno con lui per
motivi elettorali...
E tra un zeman minuscolo ed una Città in maiuscolo, ferve il dibattito,
con ogni sfumatura possibile:
Sindaco Mi dicono che tutto questo polverone, ovviamente io avrei fatto bene a farmi i
fatti miei, l'ha alzato la Sclocco che nel confronto televisivo non ha detto
nulla ma poi ha riferito parzialmente la mia battuta alimentando questa inutile
polemica. Spero sia finita. Inviterò il boemo zeman....
Fioccano le risposte (ovviamente ho eliminato i nomi) Giusto!!
adesso dici "il boemo Zeman" invece dello " zingaro Zeman" ..da chietino mi
vergogno ...bada bene sono della tua stessa area politica ma non mi vergogno a
bacchettare che dice cazzate..
Quante persone seriose che invocano rigurgiti di razzismo o una scusa x
sfogare una repressa appartenenza politica ora Sindaco dopo la tua battuta puoi
far venire tutta la monnezza che non se ne accorge nessuno ! Mah
ottima pubblicità "negativa" per Chieti. Mi stupisco ancora della genialità che
riuscite a dimostrare per affondare la città
Certe battute da una persona che ricopre un ruolo simile andrebbero
evitate...contesto goliardico o meno è umiliante!! Mah, rimango sempre più
perplessa..grazie x il bell'esempio che la politica dà ogni giorno!
Che tristezza ancora ste menate su Chieti e Pescara...andate un
po'oltre...o è chiedere troppo? E chiudo qui visto che non ne vale la pena!
magari se Zeman viene scritto con la maiuscola .....
ONORE A TE SINDACO AVANTI COSI
non è una cazzata da calcio: è razzismo!..e io mi indigno.
non ne facciamo un dramma e che avra' detto Mai !!!tutto sto polverone
....stia sereno i problemi sono ben altri rispetto a queste cavolate.
Si vergogni fascistone
La chiusa, al sindaco nostro, ormai lanciato in volata: Stasera (lunedi ndr.) alle 18.30 rilascerò un'intervista a Radio 24 il Sole 24
ore
Solo la cultura permette di gettare un ponte tra mondi distanti.
A Genova il regista Marco Di Gerlando ha iniziato le riprese del cortometraggio
"SEO" su un soggetto di Sergio Cizmic.
Sergio Cizmic è l'unico mediatore culturale rom presente in Liguria. Si è
formato presso il corso di formazione che abbiamo tenuto a Genova tre anni fa
con la collaborazione della Comunità di Sant'Egidio e della Regione Liguria.
Sergio oltre al lavoro di mediatore, svolge anche quello di istruttore di nuoto
presso una delle principali società sportive di Genova.
Incontro Sergio e Marco in una pausa del loro lavoro.
- Sergio, di cosa parla il cortometraggio?
- E' la mia storia. La storia di un bambino rom il cui unico sogno era quello di
nuotare. Da piccolo volevo andare in piscina, ma il cassiere non mi faceva mai
entrare. Andavo con il mio soldo per fare il biglietto e lui mi diceva sempre
che la piscina era occupata. Sentiva il mio accento, mi riconosceva rom e mi
mandava via. Un giorno, poi, grazie a un istruttore di nuoto riuscii ad entrare
e la mia vita cambiò.
- In piscina, ora che sei istruttore, sanno che sei rom?
- Si, insegno nuoto ai bambini e alcuni genitori lo sanno. Mai avuto problemi
con loro e, anzi, spesso mi chiedono di raccontargli del mio popolo. Anche con
il personale della piscina non ho problemi. Lavoriamo insieme senza pregiudizi.
- Qual è l'obbiettivo del cortometraggio?
- Far conoscere ciò che la piazza non sa. Quanti rom onesti subiscono
discriminazioni per essere assimilati a uno stereotipo. Quanti sogni di bambini
si infrangono sui pregiudizi. Io non nego l'esistenza di rom che rubano, dico
solo che esistono anche rom onesti. Purtroppo noi rom non scendiamo mai in
piazza per difendere il diritto ad essere rispettati. Per fortuna ci sta
pensando la Comunità Europea a bacchettare l'Italia per le discriminazioni nei
confronti delle minoranze rom e sinte. E' notizia di questi giorni la
pubblicazione delle Osservazioni Conclusive sull'Italia del Comitato per
l'Eliminazione della Discriminazione Razziale, in cui si dice che permangono
serie preoccupazioni per quanto accade nel nostro Paese a proposito delle
discriminazioni istituzionali subite da rom e sinti. Purtroppo queste notizie
non vanno mai sui giornali. Come sui giornali non è mai andata la notizia che
anche noi rom di Genova siamo andati a spalare il fango per ripulire la città
dopo l'alluvione. Speriamo che Marco Doria, se diverrà nuovo sindaco, si ricordi
anche di noi rom e sinti.
Mi rivolgo a Marco Di Gerlando.
- Eri mai entrato in un campo nomadi?
- Mai. Avevo letto la sceneggiatura di Sergio e mi aveva emozionato subito.
Quando sono entrato per la prima volta nel campo, non mi aspettavo di vedere
nulla di simile. Ho provato un'emozione fortissima. In quella situazione
soffocante, ho trovato però uno straordinario spirito di gruppo tra i rom. Non è
facile conservarlo in situazioni estreme come quelle di un campo nomadi.
E' stata un'esperienza indimenticabile. Non avevo mai conosciuto rom prima di
allora. Avevo come tutti dei pregiudizi, ma è bastato entrare lì dentro per
capire tante cose. Il pregiudizio frena il nostro arricchimento culturale e
limita il pensiero.
Il nostro cortometraggio, ad ogni modo, non fa la morale a nessuno, vuole solo
raccontare una storia che vale la pena di essere raccontata.
Di Fabrizio (del 03/04/2012 @ 09:56:31, in sport, visitato 1610 volte)
Siamo una associazione sportiva di giovani rom nata sei mesi fa per riuscire
a fare sport per i giovani rom che vivono all' interno del campo rom di Pontina.
Nel più grande insediamento della capitale abitano tre comunità Rom, che
ospitano più di 1.250 persone, tra cui molti adolescenti, ragazzi rom che
vivono da anni nel campo di Pontina e non riescono ad uscire dalla
emarginazione e dal degrado sociale. Nel 2005 furono sistemati "temporaneamente"
nel parco di Decima-Malafede - Castel Romano - dall'amministrazione comunale
dall'ex sindaco Walter Veltroni.
Ma da più di 7 anni i ragazzi non sono mai riusciti a fare sport per stare
bene con altri ragazzi fuori dal campo. Il campo dove noi abitiamo è privo di
mezzi pubblici e situato in una zona che non ha transito ai pedoni. Infatti, per
prendere l'autobus bisogna andare 7 chilometri avanti, una fermata nei pressi
del bar di Monte d'oro e una a Tor dè Cenci, a 17 chilometri da dove abitiamo.
I ragazzi qualche volta giocano a calcio nel campo e a volte può succedere
che si facciano male. Questo perché non abbiamo un campo sportivo dove giocare
nel nostro campo. Ci sono più di 600 ragazzi e ragazze che non fanno sport, ma
più della metà vorrebbe farlo. Ma non riescono perché non hanno un mezzo per
andare a praticare qualche attività sportiva. Ecco perche abbiamo costituito
l'associazione Sporting Rom che vuole promuovere lo sport di
base,la democrazia sportiva e la partecipazione dei giovani rom nello sport,
così da riuscire ad integrasi con altri ragazzi nella società.
L'associazione Sporting Rom nella manifestazione podistica organizzata dall'UISP
il 15 aprile, Vivicittà, parteciperà come organizzatrice della gara non
competitiva di 4 chilometri. Parte del ricavato servirà per contribuire
all'acquisto di un pulmino a 9 posti per accompagnare i ragazzi a fare attività
sportive, visto che sono molti gli impianti sportivi comunali del XII municipio
che vogliono ospitarci.
Per noi rom sarebbe fondamentale avere un pulmino perché siamo convinti che
lo sport sia un importante forma di aggregazione e integrazione.
Today's ZamanNon ci sono diritti umani per i Rom - by
ORHAN KEMAL CENGİZ
Sono molto bravo a calcio balilla. L'ultima partita è stata negli USA durante un
viaggio. I miei concorrenti furono davvero sorpresi per il mio talento. Che ci
crediate o no, da giovane ero ancora meglio.
Quando andavo alle superiore, nella nostra scuola c'era uno studente rom.
All'inizio del corso, capii che nessuno voleva sedersi vicino ad Hasan. Ero
l'unico a condividere con lui una panca o un tavolo. Con gli anni diventammo
buoni amici. Suo padre aveva un negozio di biliardini e dopo un po' di tempo
iniziammo ad andare in negozio tutti i giorni. In quanto amico di Hasan, per me
giocare era gratis. Fu così che diventai un campione. In quell'anno, non solo
imparai a giocare a calcio balilla, ma divenni anche cosciente di ogni tipo di
vergognoso pregiudizio verso i Rom. Gli altri alunni mi sussurravano alle
orecchie ogni tipo di pregiudizio sui Rom, per disturbare la mia amicizia con
Hasan.
Mi sono ricordato di tutto ciò mentre leggevo l'eccellente rapporto di Thomas Hammarberg,
commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa (CoE), "Diritti umani di
Rom e Viaggianti in Europa", appena pubblicato. Quando l'ho letto, ho capito che
non è cambiato quasi niente dalla mia infanzia, riguardo ai pregiudizi sui Rom.
Come sottolinea Hammarberg nel suo rapporto, non ci sono miglioramenti nella
situazione complessiva in Europa, in cui "le discriminazioni e gli altri abusi
nei diritti umani contro i Rom... si sono aggravati e nessun governo europeo può
vantare risultati di successo..."
Vorrei anche condividere con voi alcune parti che sottolineerei nel rapporto di Hammarberg:
"I Rom sono stati collettivamente stigmatizzati come criminali, in dichiarazioni
sorprendentemente ampie, anche nei tempi recenti. Un esempio è la Francia, dove
il governo ha deciso di deportare i migranti rom..."
Richiama l'attenzione sui collegamenti tra dichiarazioni xenofobe ed attacchi
contro i Rom in Europa: "La disgraziata retorica di alcuni candidati nel corso
delle elezioni 2008 in Italia, è stata seguita da brutti incidenti di
violenza..." E naturalmente anche i media: "Anche gli stereotipi antizigani
continuano ad essere diffusi e perpetuati dai media di tutta Europa. Numerosi
giornali e media radiotelevisivi riportano dei Rom... soltanto in contesto di
problemi sociali e crimini."
Le discriminazioni nell'istruzione, nell'alloggio, nell'impiego e nella vita
quotidiana sollevano tutte grande preoccupazione: "Diverse migliaia di Rom in
tutta Europa non sono stati scolarizzati, in toto o in parte... politiche che
separano a scuola i bambini rom dagli altri in diversi stati membri del
Consiglio d'Europa (...) Discriminazioni nell'accesso all'alloggio riportate in
diversi stati membri, spesso prendendo forme come il diniego dell'accesso
all'affitto pubblico e privato su piani di parità, o persino il rifugio di
vendere case ai Rom (...) La discriminazione endemica combinata con l'istruzione
di bassa qualità, sembra vanificare gli effetti delle emergenti politiche
d'impiego rivolte ai Rom (...) Vengono segnalate discriminazioni nell'accesso ad
alberghi, discoteche, ristoranti, bar, piscine pubbliche ed altre strutture
ricreative..."
In questo rapporto, non solo
Hammarberg ci illustra i problemi dei Rom, ma sviluppa anche alcuni consigli
utili se non provocatori. Come questo: "Dovrebbero stabilirsi delle commissioni
inquirenti in diversi paesi europei, per stabilire la verità sulle atrocità di
massa contro i Rom. Idealmente, questo dovrebbe essere un impegno pan-europeo.
Un resoconto completo ed il riconoscimento di questi reati, potrebbero in
qualche modo ripristinare la fiducia dei Rom verso la società maggioritaria."
Raccomando a tutti i miei lettori di leggere e riflettere su questo rapporto.
Di Fabrizio (del 23/04/2012 @ 09:12:23, in sport, visitato 2236 volte)
Francesco Caladra, regista motivato e sognatore, ha girare un film sui rom e
con i rom del suo quartiere, "La palestra".
Non senza resistenze e ingenuità, Francesco si lascia trasportare nel mondo rom
e si ritrova nella palestra di pugilato del quartiere, gestita proprio dai rom.
Nella cornice di un film a tratti comico, sul ring de "La Palestra" l'incontro
tra due culture.
La Palestra è un progetto (fiction con inserimenti di sequenze
documentaristiche) che nasce dal lavoro di anni nel quartiere di periferia: San
Donato a Pescara.
L'esigenza dell'indagine sulle periferie è scaturita dalla volontà di opporsi a
una "letteratura" che mostra questi quartieri soltanto quali vivai di violenza e
illegalità, per mettere in risalto quanta risorsa si possa ancora trovare
nell'autenticità e genuinità della maggior parte dei cittadini che li abitano.
Il film che il regista aveva pensato e scritto rimane gli dà la possibilità di
mettere in ridicolo se stesso, il suo mondo di provenienza e la sua onniscienza.
Un film miracolosamente viene realizzato, ed è anche il frutto del contributo
artistico di diversi professionisti pescaresi e abruzzesi, dagli autori della
fotografia, alle maestranze, agli autori delle musiche.
"LA PALESTRA"un film di Maria Grazia Liguori e Francesco
Calandra con Enrico Di Rocco (tesoriere dell'associazione Centro studi Ciliclò),
Moreno Di Rocco e Samira Bacci.
Soggetto di F. Calandra, M.G. Liguori L. Raimondi S.
Santini
Sceneggiatura M.G. Liguori e F. Calandra
regia F. Calandra
Fotografia Alessio Tessitore
Operatore Lorenzo Gobeo
Sono presa diretta Pierpaolo Di Giulio
Scene e costumi Silvia Stellabotte assistente
Giorgia Grossi
Musiche originali M.A.T. Marcello Allulli Trio, Andrea
Moscianese, CUBA Kabbal, Arcangelo Spinelli, Germano Cesaroni
Segreteria di produzione Isabella Micati
Montaggio Valerio Spezzaferro Giuliano Panaccio
Francesco Calandra
Foto di scena Laura Angeloni – Studio ANNILUCE
Produzione esecutiva GarageLab
Girato in: HD, Super 16mm, miniDV Italia, 2012, 70'
Grosseto: Covava in silenzio i suoi propositi di vendetta sportiva da quattro
anni e mezzo, da quel match contro Giuseppe Lauri, ancora valevole per il titolo
dell'Unione Europea del quale era campione, dominato in sei riprese su sei e poi
perduto per un momento di incredibile confusione nel quale forse lui non è stato
l'unico colpevole. Stiamo parlando di Michele Di Rocco che stasera, sul ring di
Vicenza, accompagnato da Rosanna Conti Cavini, ha impiegato una manciata di
secondi per cancellare questa brutta macchia e per ritornare ai propositi di una
grande carriera che si erano interrotti a Livorno del 2007. Suo avversario
ancora quel Giuseppe Lauri che era l'unica macchia rossa nel suo curriculum dei
precedenti 34 match da professionista. Una vittoria che ha portato alle lacrime
in albergo, davanti alla tv, anche un "duro" della boxe italiana come Umberto
Cavini, che per uno stato di malessere non se l'é sentita di essere di persona a
bordo ring a vedere quello che è stato da sempre il pupillo dell'organizzazione
della moglie e il ragazzo per il quale lui e Rosanna Conti Cavini hanno fatto
mille sacrifici, intuendone le grandi potenzialità. E Michele Di Rocco ha
finalmente ripagato, o meglio dire iniziato a ripagare, i sacrifici dei suoi
promoter e della sua manager Monia Cavini. Per lui è adesso d'obbligo parlare di
match con il titolo Europeo vero e proprio in palio, ma non si escludono altre
strade per dare finalmente una svolta in senso grandioso alla carriera di questo
ragazzo.
Il match ha vissuto di poche ma significative battute. Presentatosi al massimo
della forma grazie allo strepitoso lavoro fatto in due mesi di sacrifici a Roma
sotto le cure del maestro Carlo Maggi, Di Rocco ha preso immediatamente
l'iniziativa e ha scosso con un gran destro Lauri, che si è rifugiato
all'angolo. Qui Di Rocco lo ha tempestato con una serie di dieci colpi al corpo
e al viso, prima di esplodere una poderosa combinazione gancio destro e gancio
sinistro che ha spento le lampadine all'avversario. All'arbitro Muratore non è
servito altro che decretare l'impossibilità di Lauri di combattere e designare
la vittoria per ko alla prima ripresa di Michele Di Rocco, che insieme alla
cintura di campione dell'Unione Europea dell'Unione Europea torna anche in
possesso della sicurezza che, adesso, il futuro non può far altro che
sorridergli.
I tifosi avversari lo chiamano così, pensando di insultarlo. Viene da una
famiglia che lavora i metalli secondo la tradizione Rom. E che nel tempo ha
creato un piccolo impero siderurgico. A cui anche lui si dedica appena esce dal
campo
(14 maggio 2012) "Andrea Pirlo resterà con noi e finirà la sua carriera al
Milan", disse Silvio Berlusconi nell'agosto 2009. Un impegno concreto, uno dei
tanti. Due anni dopo, il centrocampista italiano più forte dell'ultimo decennio
- non è un giudizio, è un'evidenza - è stato ceduto alla Juventus. A Torino è
stato decisivo per uno scudetto che chiude il periodo infernale per la Juve,
condannata per Calciopoli, privata del titolo del 2005 e del 2006, retrocessa in
serie B e reduce da due settimi posti indegni della tradizione gobba.
Un autogol di mercato così clamoroso non si vedeva dal 2001, quando l'Inter di
Massimo Moratti cedette al Milan il centrocampista italiano più forte del
decennio a venire. Cioè, sempre Pirlo. L'estate scorsa a Milanello dicevano che
il regista di Flero (Brescia) era vecchio, che era rotto e che costava caro. Non
più caro, rotto e vecchio di tanti altri rossoneri, come si è potuto notare. Di
sicuro, più orgoglioso di molti compagni e per ragioni che vanno oltre le righe
di un campo di calcio.
L'uomo chiave dello scudetto juventino non è solo un grande giocatore. E' anche
un industriale siderurgico di etnia politicamente scorretta e sospette simpatie
progressiste. Così, quando Adriano Galliani gli ha chiesto di ridursi lo
stipendio a 2 milioni di euro netti, Andrea metallurgico ferito nell'onore ha
fatto il borsone ed è partito alla volta dello Juventus stadium, dove un altro
Andrea, di cognome Agnelli, gli ha offerto il doppio dell'ingaggio: 4 milioni
netti più bonus legati ai risultati. Risultati che sono arrivati subito, prima
ancora di quanto lo stesso Agnelli pensasse. Tra industriali ci si intende,
fatte salve le proporzioni.
Il gruppo Pirlo è composto da una mezza dozzina di aziende tra Flero e Castel
Mella, dove inizia la Bassa bresciana, terra piatta e nebbiosa molto diversa
dalle valli dei tondinari a nord della città. La capogruppo, guidata dal padre
Luigi, si chiama Elg steel e, nell'insieme, tiene piuttosto bene in tempi di
recessione. I ricavi dalla produzione di tubi tondi e quadrati sono passati dai
41 milioni del 2004 ai 63 del 2010 con un picco di 72 milioni nel 2008. I
bilanci sono in equilibrio e le spese per il personale si aggirano intorno ai 4
milioni di euro, la metà di quello che la Juventus spende, a costi aziendali,
per il solo centrocampista con la maglia 21, stesso numero che porta in
Nazionale.
Nella società fondata dal padre trent'anni fa, Andrea ha una piccola quota
attraverso la sua holding personale Ap 10. Poteva limitarsi a quello e agli
investimenti in immobiliare che fanno tutti i calciatori. Che fa anche lui, del
resto. E che fa bene. Il patrimonio di Ap 10 supera i 15 milioni di euro, in
larga parte edifici a Brescia, una villa a Forte dei Marmi, un appartamento in
via Moscova a Milano e un intero edificio acquistato a marzo del 2011
nell'altrettanto pregiato corso Magenta al civico 10. Non poteva mancare
l'azienda vitivinicola, la Pratum Coller sempre nella bassa bresciana, dove
Pirlo si esibisce con uve marzemino, sangiovese e trebbiano messe in botte nelle
cantine di una cascina medievale.
Ma l'amore per la siderurgia è una passione fisica dominante. Non c'è altro modo
per spiegare quello che passa per la testa di un tizio che il 23 maggio 2007
vince la finale di Champions league contro il Liverpool ad Atene e meno di
quarantotto ore dopo, il 25 maggio 2007, sì e no il tempo di tornare dalla
Grecia, fonda a Brescia la Fidbon che di mestiere fucina, imbutisce (sic),
stampa e profila metalli per circa 3 milioni di euro di ricavi annuali.
La ragione profonda di questo attaccamento va al di là di una logica di
investimenti diversificati ed è legata alle origini della famiglia del
calciatore che, dal lato paterno, avrebbe discendenza sinti, una delle etnie
romanì, la stessa del chitarrista jazz Django Reinhardt. Il commercio e la
lavorazione dei metalli è uno dei mestieri tradizionali delle comunità romanì.
Negli stadi li chiamano zingari e, di solito, la definizione è seguita da
apprezzamenti razzisti. Il giocatore non ha mai voluto commentare la questione,
alquanto problematica in un ambiente dove ancora si lanciano le banane ai
giocatori africani e alcune curve espongono simboli nazifascisti. Senza
dimenticare il sindaco di Chieti che, lo scorso marzo, ha definito con disprezzo
"mezzo rom" l'allenatore boemo
Di Fabrizio (del 07/06/2012 @ 09:30:59, in sport, visitato 2032 volte)
"L'inchiesta"
era uscita da poco, sembra che l'interessato non abbia gradito. Non si capisce,
se a questo calciatore dia fastidio che qualcuno dica che sia Sinto, o che i
suoi (a differenza di tanti altri Sinti), sono riusciti ad affrancarsi
dalla miseria cronica. A me, che Sinto non sono, non darebbe fastidio
più di tanto quel che dicono gli altri, ma forse le star hanno altri problemi
(oppure preferiscono restare nel loro mondo dorato, senza rotture di scatole).
Ad uno come me, cresciuto con miti come Smith e Carlos, resta la nostalgia di
quando i campioni sapevano metterci la faccia (e
hanno mantenuto la dignità negli anni).
Juve, Pirlo sbotta contro l'Espresso: "Procederò per vie
legali! In Italia c'è grande invidia verso i calciatori" Il centrocampista della Juve si è confessato a Vanity Fair
A Vanity Fair, il metronomo bianconero Pirlo ha parlato di tutto e di più. A
partire dall'articolo apparso sull'Espresso che ha tirato fuori la sua presunta
ascendenza Sinti e i suoi investimenti nel siderurgico. "Sono anni che questa
storia circola e non ho mai capito chi l'abbia messa in giro, io come tutta la
famiglia sono di Brescia, l'articolo (Espresso) conteneva falsità, procederò per
vie legali. Sono affari miei, sono cose che abbiamo da diversi anni, sono cose
che non dovrebbero essere scritte. Può sembrare che abbiamo troppi soldi, che
abbiamo guadagnato troppo e a me non piace quando si parla di soldi. Se ho
guadagnato tanto e' perché me lo sono meritato, la gente non deve essere
invidiosa. L'Italia ha un problema di invidia quando si parla di soldi e verso
noi calciatori, sembra che tutto sia regalato".
Domenica scorsa, ero a spasso senza molta voglia di tornare in quella fornace
che è casa mia, a sentire urlare i vicini mentre seguivano la finale degli
Europei di calcio. Telefono agli amici in via Idro: anche se il calcio non
mi interessa, una cosa è passare la serata in una casa di ringhiera, senza
televisore e facendo altro, con il disturbo del tifo dei vicini. Altra far finta
di guardare la partita, ma godendosi
la buona
compagnia.
Così chiamo per accordarmi su quante birre - patatine - sigarette
devo portare per contribuire alla serata. Niente, mi rispondono, il
televisore non c'è più, ma tu passa lo stesso. Ripensandoci, c'è stato un
lutto il mese scorso, probabilmente è per questo che non guardano la
televisione.
Arrivo, ed invece tutte le famiglie si sono organizzate, con tavolate
all'aperto e un televisore in bella vista. Qualcuno sembra persino funzionare.
Del lutto non ne parla più nessuno e prima che inizi la partita, ci sono le
solite discussioni che mi ricordano dove sono: qualcuno ha paura di essere
sgomberato, qualcuno mi chiede cosa vuol fare il comune, ecc. Al solito, e li
rimprovero, nessuno si pone il problema di cosa vuol fare lui.
Finisco in una piazzola. In attesa della partita i bambini guardano i cartoni
animati, la madre cucina per tutti un piatto freddo e il padre innaffia prato e
cemento.
Parentesi: una vita fa, ci si allenava insieme quando dentro il campo s'era
formata una squadra di pallone. Lui attaccante e io difensore, puntualmente mi
stordiva con i suoi dribbling. Non riuscendo a fermarlo con le buone, spesso ci
provavo con qualche tackle assassino, ricevendo in cambio sonori calcioni,
perché lui non era la persona più indicata da trattare a scarpate.
Ora che tutti e due abbiamo 20 anni e parecchi dolori di più, guardare
assieme la partita è una scusa per scherzare su cosa è successo in tutto questo
tempo.
Fatalisti come sempre, già dal primo minuto di gioco i Rom dicono che gli
avversari son troppo forti, e che la partita è destinata a finir male. Da parte
mia, per rincarare la dose, tifo Spagna, più che altro perché Del Bosque visto
in TV sembra il mio ritratto sputato, anche se lui ha la cravatta.
Parentesi: una ragazza torna al campo dopo essere stata via un paio
di giorni. Sua sorellina (8 anni, una bambina allegra e solare come poche) scoppia
in lacrime dalla commozione, la abbraccia e non mollerà la presa per tutta la
partita. Persino suo padre, attaccato allo schermo e con nessuna voglia di
essere disturbato, si alza per provare a consolarla.
La partita sembra andare avanti a senso unico. Dall'altra parte del campo
arrivano in continuazione urla di gioia e suoni di trombette. Birra... liquida
la cosa il mio amico. Però mi ricordo che qualcuno di quel settore mi raccontava
con nostalgia di essere stato in Spagna, e di essersi trovato bene. Forse è per
quello.
Tutto finisce come sapete. Inaspettatamente, qualche macchina parte
verso la città, con i clacson e le bandierone italiane spiegate. Visto il
risultato, la scena è abbastanza surreale. Ci penso un po': probabilmente anche
a loro della partita non interessava niente, quello che non han mandato giù è che
non si potesse far festa come da tradizione (di via Idro).
Parentesi: mi racconta un'amica un episodio di tanti anni fa, quando
lì c'erano soltanto prati e roulotte. Alcuni di loro si erano procurati un
televisore per vedere una partita, come domenica scorsa. Ad un certo punto
il tifo aveva cominciato a crescere, al punto tale che gli altri, quelli che
erano già andati a dormire, erano scappati dalle loro roulotte a piedi nudi ed in mutande,
perché svegliati dal casino avevano pensato che nel campo fosse arrivata la
polizia.
Ormai sul tardi sono tornato su via Padova. Davanti ad un tabaccaio cinese
ancora aperto, alcuni sudamericani festeggiano la vittoria della Spagna. Credo
sarebbe inutile dire loro cosa hanno fatto gli spagnoli dalle loro parti...
probabilmente è solo un modo per rimarcare la loro identità. Mi immagino la
possibile rissa che potrebbe nascere, se incrociassero le macchine con la
bandiera italiana partite da via Idro. E mi immagino come potrebbero commentare
radiocronisti ed ascoltatori di RADIO PADANIA, che tutta sera hanno fatto un
tifo sfegatato per la Spagna.
Con questi pensieri, a mezzanotte mi concedo l'ultima granita (via Padova è
anche questo) e torno a casa.
Di Fabrizio (del 25/08/2012 @ 09:10:43, in sport, visitato 1835 volte)
Vergogna a misura olimpica per l'Irlanda razzistaby Peter
Mc Guire - 17 agosto 2012
Il razzismo era alle porte quando gli eroi olimpici della boxe vinsero oro e
argento a Londra. E' stato sconfortante, prevedibile ed ampiamente condiviso.
Settimana scorsa, la pugile venticinquenne Katie Taylor ha conquistato
l'Irlanda con una performance mozzafiato al primo torneo olimpico di boxe
femminile, contestato e voluto per introdurre i Giochi. Taylor, figura di
grande ispirazione per lo sport, le donne ed il popolo irlandese molto
meritatamente hanno ottenuto grande attenzione dai media con quella medaglia
d'oro.
Non sempre la
copertura è stata positiva. Il quotidiano australiano The Age ha
risposto al successo di Taylor con una serie di pigri stereotipi irlandesi
"bevitori-di -punch", "la Guinness e il whiskey hanno mandato gli Irlandesi
fuori di testa" e, alla perplessità di molti, "[Taylor] è circondata da gente
che preferisce un punch ad una patata." Il giornale Usa Today ha
adoperato un po' di luoghi comuni ed imprecisioni nel suo pezzo sulla vittoria
di Taylor: "Nell'isola verde smeraldo, scorrono libere pinte di Guinness, forse
abbastanza per riempire il mare d'Irlanda. Gli scommettitori fanno girare le
sterline come fossero caramelle" (Tanto per iniziare, l'Irlanda usa l'euro e non
la sterlina. Ma comunque... )
L'ambasciatore irlandese in Australia si è indignato ed ha spedito una
lettera infuocata a The Age, costringendo il giornale a scuse
imbarazzate. Nel contempo, la reazione contro Usa Today ha portato ad
una similare ritrattazione.
Ma il razzismo peggiore non è stato diretto a Taylor, né è arrivato da un
maleducato opportunista sotto forma di giornalista straniero. La vera bile
proviene direttamente dal cuore stesso dell'Irlanda, contro la medaglia
d'argento nella boxe di John Joe Nevin. Lui potrebbe essere un eroe olimpico, il
golden boy della boxe irlandese, ma è anche un Traveller irlandese. I
TRaveller, che conducono uno stile di vita semi nomade, sono la comunità
minoritaria più antica d'Irlanda ed una minoranza significativa anche in GB.
Tutti sanno che è bene odiarli.
Come molte polemiche odierne, è cominciato tutto su Twitter. Poco dopo
l'argento di Nevin, un popolare ristorante di Dublino ha inviato un tweet
di scherno dicendo che presto la famiglia di Nevin sarebbe venuta per il piombo
e il rame, chiamandoli ladri. Lo scherzo è stato ampiamente diffuso via SMS. Il
ristorante è stato messo alla berlina per il suo razzismo estemporaneo, e
rapidamente ha espresso le sue poco convinte scuse. Ma non è trascorso molto
tempo che sono apparsi altri messaggi su Twitter, chiedendo dove fosse il
problema. Non vi siete divertiti? Non avete senso dell'umorismo? Alcuni hanno
suggerito che nel commento vi fosse un briciolo di verità, perché si sa che i
Traveller sono "zingari, ladri", usando una tipica diceria irlandese di
uso quotidiano.
Mullingar, città natale di Nevin, aveva applaudito il ragazzo prodigio della
boxe locale durante i suoi assalti olimpici. Traveller e locali si sono
mischiati, fianco a fianco, con l'entusiasmo che circondava Nevin ad abbattere
le molte barriere che dividono le due comunità. Alcuni l'hanno guardato nei pub
locali, ma la famiglia di Nevin non era tra loro; come membri della comunità
Traveller, è stato loro rifiutato il servizio. Molti pensano che sia stato
giusto così: un Traveller tra i tanti che erano nei pub, sembra abbia assalito
un barman - quindi a nessun Traveller è stato consentito entrare nei pub locali
(ovviamente, nel frattempo il resto astemio della città pregava piamente e senza
nessun screzio tra gli abitanti...).
Per inciso, la famiglia di Nevin è stata poi servita al bar The Covert
e, secondo tutti i testimoni, l'atmosfera era elettrica.
Nevin ha espresso disappunto per il razzismo diretto contro la sua famiglia,
ma ha detto di essere rincuorato per l'ondata di sostegno nella sua città
natale, e di voler mettere l'incidente alle spalle. Spera che la sua vittoria
possa costruire un ponte tra Traveller e stanziali.
Il divieto ad entrare nei bar (negozi, alberghi, parrucchieri) è un problema
comune per la comunità Traveller irlandese, ma è l'ultima delle loro
preoccupazioni. Negli ultimi anni, i governi hanno selvaggiamente tagliato i
servizi educativi di base per migliaia di bambini traveller - bambini che non
hanno scelto di nascere in una comunità così insultata e diffamata. Ha così
chiuso la porta alla possibilità di una vita decente per molti, e non ci sono
voci di ripensamenti.
Ci sono circa 30.000 Traveller in Irlanda. I
dati mostrano che le donne traveller vivono 11,5 anni meno del resto della
popolazione, mentre per i maschi la differenza è di 15 anni. I Traveller sono
svantaggiati nell'accesso ai servizi sanitari. I suicidi sono sei volte maggiori
rispetto al resto della popolazione. Significativamente più alta anche la
mortalità infantile.
Sino agli anni '90, i Traveller sono stati segregati dal sistema scolastico
di massa, molte madri che hanno tentato prima di allora che i loro figli fossero
istruiti, non si sono trovate sostenute dallo stato. L'eredità dello svantaggio
educativo, come in molte comunità della working-class, e che se i
genitori sono analfabeti, i figli non ricevono lo stesso supporto dei loro
coetanei delle famiglie più agiate, e c'è poca o nessuna tradizione di
istruzione. L'analfabetismo tra i Traveller è ancora alto in Irlanda.
L'argomento che uno stile di vita nomade è incompatibile con l'educazione
standard è un non senso: molti paesi, inclusi
Kenya e
Mongolia, sono riusciti a fornire un sistema di istruzione per nomadi. Non
c'è ragione per cui l'Irlanda non possa usare un semplice sistema di centri
educativi in rete per bambini traveller.
In ogni caso la questione è del tutto discutibile, dato che effettivamente la
maggior parte dei Traveller è stata forzata a stanzializzarsi ed integrarsi.
Nevin è stanziale. Ma anche comportandosi al meglio, essere identificati di
provenienza traveller chiude le porte - come si è visto col trattamento
rimediato da Nevin. I Traveller sono obbligati in siti autorizzati, ma i servizi
di base sono regolarmente sotto gli standard richiesti. Spesso ci sono
commissioni e rapporti sulla questione, ma uno dei più recenti ha dovuto essere
rilanciato, due anni dopo la sua pubblicazione, causa il mancato interesse.
La disoccupazione è diffusa, sono in pochi che offrirebbero lavoro ad un
Traveller, ma i Traveller sono regolarmente etichettati come sfruttatori del
sussidio di disoccupazione. Comprensibilmente, forse, l'abuso di alcol è
superiore al resto della popolazione, Varrebbe la pena elencare il resto delle
statistiche, se importasse a qualcuno, ma nessuno lo fa.
In Irlanda la discussione è sempre a senso unico. Il grido sprezzante della "PC brigade"
- come se la correttezza politica fosse una maledetta seccatura che ci impedisce
di offendere le persone vulnerabili - risuona ogni volta che un "liberal dal
cuore tenero" sottolinea la discriminazione, la diffamazione e la povertà
sistematiche patite dai Traveller, e la conversazione cambia immediatamente in
quello che io Traveller dovrebbero fare per essere accettati dalla comunità
stanziale: essere immuni da ogni macchia di reato, la piccola minoranza di
Traveller benestanti deve pagare le tasse, devono finire i feudi delle bande
traveller, e deve ridursi il problema della violenza domestica. Tuttavia, che
sorpresa, gli stessi problemi si registrano anche nella comunità degli
stanziali, come in alcuni settori della comunità traveller.
Però, se un Traveller commette un reato, la comunità stanziale reclama che
l'intera comunità traveller sia in qualche modo collettivamente
responsabile. Ai Traveller viene detto che sono loro, piuttosto che la polizia,
a dover affrontare i crimini commessi dai Traveller, o trovarsi di fronte
all'obbrobrio della nazione, e vedersi allora ignorati legittimamente le loro
reali esigenze sociali di salute, istruzione ed alloggio. Anche se possono
provarci - la rottura dell'omertà non è impresa da poco per le migliaia di
Traveller rispettosi della legge e che stanno lottando per tenere assieme le
loro famiglie - questa lotta tende a togliere spazio ai focus group,
all'attivismo di comunità e all'auto-riflessione.
Generazioni di Traveller, incluso Johnny Doran, la ben nota famiglia Furey ed i
Keenans, hanno dato un grande contributo alla musica irlandese, mentre la famosa
tradizione dei contastorie irlandese probabilmente sarebbe da lungo tempo
estinta senza il contributo dei Traveller. Il loro contributo è stato vitale
all'essenza stessa dell'Irlanda, ma è talmente trascurato che gli stessi
Traveller spesso non ne sono a conoscenza. Anche quando uno di loro come Joe
John Nevin, ottiene un risultato spettacoilare e monumentale, viene subito
rimesso al suo posto. Qual è il messaggio mandato ai bambini traveller?
Perché dovrebbero mostrare una qualche lealtà ad una società che, anche
se vincono la medaglia olimpica, sembra odiarli, escluderli e vilipenderli?
Agli stessi stanziali che sarebbero inorriditi per il tentativo di dipingere
neri o gay come se fossero un tutt'unico, non importa, o preferiscono ignorare,
il fatto che la maggioranza dei Traveller siano cittadini decenti e rispettosi
della legge. Pensano che sia perfettamente normale - addirittura divertente -
scherzare alle spalle di una minoranza oppressa, e considerare "buonista"
chiunque lo contesti (e senza riconoscere che burlarsi da una posizione di
privilegio di un popolo oppresso, non è umorismo ma bullismo). A loro non
potrebbe importare di meno che un essere umano decente, che non ha commesso
reati, affronti regolarmente miseria ed umiliazioni se vuole entrare in un
negozio, soltanto perché Traveller. Le persone che altrimenti pretendono la
decenza, sono indifferenti alle sofferenze di un bambino che impara presto
quanto il mondo lo odi. Questa è la spaventosa mancanza di empatia conseguenza
della disumanizzazione del razzismo.
Raramente, se non mai, la comunità stanziale è interessata nell'affrontare le
cause della comunità traveller, o confrontarsi con i propri pregiudizi. E' più
facile riproporre i pigri stereotipi e scrivere dei Traveller, in massa, come
bugiardi, truffaldini, ladri, alcolizzati, truffatori del welfare, [...] che
godono di una vita magnifica a spese dei contribuenti - ignorando tutte le prove
che mostrano chiaramente il contrario. Le conversazioni nei social media sono
dominate dalla diffamazione dei Traveller, anche da parte di persone colte, che
occasionalmente possono tacitarsi riconoscendo che può esistere un Traveller
onesto, se solo non fosse ricoperto da una pila di reprobi.
Questi pregiudizi sono così radicati che, per assurdo, le
organizzazioni per i diritti dei Traveller ogni volta che i media riportano
di un crimine commesso dai Traveller, devono sempre ripetere di aborrire il
crimine e che non tutti i Traveller sono la stessa cosa. Ma nessuno dovrebbe
sorprendersi che gli stessi meccanismi psicologici che portano alcuni
Ebrei ad auto odiarsi o alcuni gay ad interiorizzare l'omofobia, possano
appartenere anche ai Traveller.
Sono in troppi in Irlanda a ritenere che i problemi che affliggono la comunità
traveller siano causati da qualcosa di intrinsecamente sbagliato nella loro
stessa cultura ("I Traveller hanno una cultura?" ci si chiede, ignorando i molti
contributi positivi culturali e linguistici all'Irlanda), e che se fossero un
poco più simili a noi, allora tutto sarebbe a posto. Una nozione simile
presuppone che noi abbiamo il diritto di guidare i Traveller, e conformare in
tal senso le politiche pubbliche: la definizione stessa di razzismo.
Parlando di Olimpiadi, Nevin non è stato il solo campione di boxe a subire il
razzismo dalle mani dei connazionali. Dopo che Muhammad Ali vinse l'oro per gli
Stati Uniti nel 1960, in un ristorante a Louisville gli venne detto: "Qui non
serviamo negri." Fu così che Ali gettò la sua medaglia nel fiume. Tanto Ali che
Nevin sono stati abbastanza bravi per vincere medaglie olimpiche per il loro
paese, ma non bravi abbastanza per essere serviti in un luogo pubblico. Fu una
vergogna per l'America. Questa lo è per l'Irlanda.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. In caso di utilizzo commerciale, contattare l'autore e richiedere l'autorizzazione. Ulteriori informazioni sono disponibili QUI
La redazione e gli autori non sono responsabili per quanto
pubblicato dai lettori nei commenti ai post.
Molte foto riportate sono state prese da Internet, quindi valutate di pubblico
dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla
pubblicazione, non hanno che da segnalarlo, scrivendo a info@sivola.net
Filo diretto sivola59 per Messenger Yahoo, Hotmail e Skype
Outsourcing Questo e' un blog sgarruppato e provvisorio, di chi non ha troppo tempo da dedicarci e molte cose da comunicare. Alcune risorse sono disponibili per i lettori piu' esigenti: