Rom e Sinti da tutto il mondo

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 16/02/2014 @ 09:05:12, in Regole, visitato 1701 volte)

12 febbraio 2014 - Corriere delle migrazioni

Asgi, Fondazione Romanì e Associazione 21 Luglio lanciano "Out of Limbo", una campagna per i diritti dei rom privi di cittadinanza

"Apolide" è colui che nessun paese del mondo riconosce come proprio cittadino. Provate per un istante a immaginare cosa vuol dire. Significa, per esempio, non poter avere mai documenti di identità: i documenti vengono rilasciati per definizione dagli Stati di appartenenza, e gli apolidi - appunto - non "appartengono" a nessun paese. Significa non avere un passaporto, che è condizione necessaria per ottenere, all'estero, un permesso di soggiorno. Significa non poter accedere a molti servizi essenziali, che di norma vengono garantiti ai cittadini (o, al più, agli stranieri regolari).

L'apolide è, potremmo dire, un "fantasma giuridico". I primi a sperimentare questa condizione di annullamento furono gli ebrei, ai quali il Terzo Reich revocò la cittadinanza tedesca: un vero e proprio atto di persecuzione propedeutico allo sterminio. Anche a seguito di quella tragica vicenda, la Comunità Internazionale adottò nel 1954 la Convenzione di New York, che garantiva protezione agli apolidi. Oggi, lo straniero che sia riconosciuto privo di cittadinanza ha diritto ad avere un permesso di soggiorno nello Stato ospitante.

Il riconoscimento dell'apolidia

Fate caso alle parole. Si è detto che, ai sensi della Convenzione di New York, ha diritto alla protezione chiunque sia riconosciuto come apolide. Ma come si fa ad essere riconosciuti, cioè ad ottenere lo status di apolide?

Qui, come si suol dire, casca l'asino. Perché, certo, in Italia gli apolidi godono di pieni diritti, hanno un regolare permesso di soggiorno, e quando vanno in Questura si vedono rilasciare persino una specie di passaporto. Ma tutto questo accade, appunto, agli apolidi riconosciuti come tali. Il problema vero è come si diventa apolidi, cioè come si fa a dimostrare la propria condizione di "persona senza cittadinanza".

La procedura di accesso allo status è disciplinata da un vecchio regolamento di attuazione sulla cittadinanza (il DPR 572/93, per essere precisi). All'art. 17, questo decreto prevede che l'aspirante apolide esibisca un certificato di regolare residenza in Italia. Ora per avere la residenza bisogna avere un permesso di soggiorno, e per avere un permesso di soggiorno bisogna munirsi di un passaporto: solo che, come abbiamo visto, il passaporto si richiede al proprio paese, e gli apolidi non hanno un "proprio paese"…

Siamo di fronte, insomma, a un "circolo vizioso" infernale: per essere riconosciuti come apolidi bisogna produrre dei documenti che un apolide non può avere, se non in casi molto rari. E' anche grazie a questa vera e propria diavoleria burocratica che, in Italia, i titolari dello status sono pochissimi: meno di mille, secondo alcune stime recenti (ne abbiamo parlato qui).

I rom e l'apolidia

Anche se non esistono dati precisi, è noto che molti apolidi provengono dalle minoranze rom della ex-Jugoslavia. E proprio tra i rom esiste anche un esteso fenomeno di "apolidia sommersa": sono cioè molte le persone che non hanno alcuna cittadinanza, e che tuttavia non riescono a farsi riconoscere lo "status" in modo ufficiale. Secondo una recente stima dell'Associazione 21 Luglio, vi sarebbero almeno 15.000 bambini rom senza cittadinanza, o comunque esposti alla perdita della nazionalità originaria.

I motivi di questa situazione sono vari. In primo luogo, molti rom nascono in Italia, e spesso i genitori hanno difficoltà a registrarli al paese di origine. In secondo luogo, le norme in materia di cittadinanza nei paesi balcanici sono complicate e restrittive: può così accadere che un bambino nato in Italia non riesca a ottenere né la cittadinanza dei genitori, né quella italiana (come noto, nel nostro paese vige un sistema di jus sanguinis, e la nascita sul territorio nazionale non dà diritto ad essere cittadini).

Di fronte a queste difficoltà, i rom si rivolgono agli avvocati: ma, di solito, un legale conosce solo la legge italiana, mentre qui bisogna districarsi tra le norme di paesi differenti.

Fuori dal limbo

E' proprio per affrontare questi nodi che ha preso forma in questi giorni il progetto "Out of Limbo", promosso da Associazione 21 Luglio, Asgi e Fondazione Romanì, e finanziato da Open Society Foundations. La scorsa settimana si è tenuta la prima giornata del corso di formazione che dà il via al progetto.

"Obiettivo del corso", dicono i promotori, "è quello di rafforzare le competenze legali degli operatori che lavorano con le comunità rom, in modo che possano svolgere il ruolo di "paralegali di comunità" e promuovere l'accesso allo status delle persone rom senza documenti e apolidi".

I partecipanti, tra cui figurano anche 14 attivisti rom e sinti, dovranno individuare tre casi di migranti rom privi di documenti, e dovranno assisterli nel loro accesso a uno status legale. L'obiettivo finale del progetto è quello di promuovere vere e proprie vertenze: "i casi individuati di particolare rilevanza", proseguono i promotori dell'iniziativa, "daranno luogo ad azioni legali strategiche portate avanti dagli operatori legali di ASGI e Associazione 21 luglio". L'obiettivo, insomma, è quello di trasformare gli "apolidi sommersi" in "apolidi riconosciuti". E magari anche quello di cambiare le leggi italiane, con i loro assurdi "circoli viziosi"

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Di Fabrizio (del 17/02/2014 @ 09:08:12, in Italia, visitato 1463 volte)

NapoliToday, 7 Febbraio 2014

Il parroco di Caivano: "400 persone, tra cui tanti bambini, costretti a respirare da mattina a sera i miasmi puzzolentissimi e velenosi che si sprigionano da quei terreni avvelenati"

Don Maurizio Patriciello torna a fare un appello per la gente che vive nel cuore della Terra dei Fuochi, questa volta il parroco "anti-roghi tossici" di Caivano chiede un aiuto anche per le circa 400 persone che abitano il campo Rom di Giugliano, quello che insiste proprio accanto alla ex discarica Resit.

In una lettera indirizzata a Marco Tarquinio, direttore del quotidiano "Avvenire" (e pubblicata anche su facebook), Don Maurizio scrive: "Il Commissario della Resit, il dottor Mario De Biase, ebbe modo di affermare pochi mesi or sono che lo scempio è tale da non farlo dormire di notte e che – secondo lui – la situazione è paragonabile solo al disastro di Chernobyl. La cosa più grave, di cui si parla tanto poco e tanto male, è che a ridosso della Resit sorge un campo rom con una popolazione di circa 400 persone di cui la maggior parte bambini, adolescenti o giovani mamme.

È qualcosa di inconcepibile, credimi. Queste persone sono costrette a respirare da mattina a sera i miasmi puzzolentissimi e velenosi che si sprigionano da quei terreni avvelenati. Noi, gente amante della vita, abbiamo il dovere di liberare questo popolo e di aiutarlo a trovare una sistemazione più dignitosa e sicura".

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Di Fabrizio (del 18/02/2014 @ 09:02:07, in Kumpanija, visitato 2109 volte)

Segnalato e tradotto da Lia Didero e Anita Silviano, da Una antropologa en la luna

Non parola di Gitano ma Gitane con Parole.

"Ci sono tanti stereotipi da dovere abbattere, molta mitologia e la tendenza dei non-gitani europei a considerarsi l'unico modello, le uniche libertà. Le nostre dinamiche sono diverse, vogliamo emanciparci a modo nostro. Perché non può esistere la diversità?"
Rosa Jimenez, direttore dell'associazione Romi Sinti.

A tutti costa molto sapere chi si è. Cos'è essere gitani? Spagnoli? Europei? Cos'è essere donna? O uomo? L'identità è qualcosa sulla quale tutt* devono lavorare, riflette Araceli Cañadas, dottoranda presso l'Università di Alcalá, dove insegna "Gitani di Spagna, storia e cultura". "La differenza tra l'identità Romì e le altre, è che se tu volessi approfondire la tua identità non-gitana, trovi argomenti, libri, documenti, professori, ecc, ma se voi voleste approfondire la vostra identità gitana, manchereste di un corpus bibliografico o documentale, manchereste di una tradizione accademica... Per ora, devi riferirti a questi schemi fissi e stereotipati, o questo o nulla.

L' ultimo rapporto della Fundación Secretariado Gitano in collaborazione con il Centro Nacional de Innovación e Investigación Educativa (CNIIE), dà alcuni dati scoraggianti: "Solo il 62,7% ha completato al massimo istruzione primaria, il 24,8% ha conseguito la licenza della scuola secondaria obbligatoria (ESO) e solo il 7,4 % ha raggiunto l'istruzione secondaria superiore completa (liceo e formazione professionale)".

Il primo documento finora conosciuto, in cui si parla dell'arrivo dei gitani in Spagna, risale al 1425 - cioè, stiamo parlando del XV secolo - spiega Canadas." Stiamo forse dicendo che, in sei secoli, la comunità gitana, si è dedicata solo a leggere la mano e a delinquere? E' assurdo. Ci sarà stata una parte della popolazione gitana, che è stata all'università, però i gitani sono invisibili, perché non si vuole mostrare questa realtà".
"Ho visto in alcune classi come i /le professor* trattano i bambini e le bambine gitane, dicendo che dormono, che non leggono... perché questa è l'immagine che si ha del popolo gitano. Come se fossero sempre la causa dei problemi in classe, quando in realtà non è così," dice Gina, una studentessa di Lavoro Sociale.
"Questo è chiamato effetto Pigmalione", dice Patricia Caro, studente di psicologia e membro dell'Associazione femminista per la diversità zingara.
"E' fascismo. Al sistema è utile che i gitani siano una frangia sociale dalla quale non si può uscire - afferma Pepi Fernandez, lavoratrice sociale.
Soraya Giménez, che lavora presso l'Istituto di Cultura Gitana, rileva l'importanza di apprezzare e lavorare quanto è stato realizzato: "Se i media ci stereotipizzano e ridono di noi [...] realizziamo mezzi di comunicazione gitani e lottiamo. E' davvero un problema di autostima".

Isabel Jiménez, Responsabile territoriale FSG in Aragona, sottolinea: "I programmi televisivi ci hanno recato molto danno. Mostrano la parte più folclorica e lontana dalla realtà ",osserva inoltre che "gli atti come nozze e rituali che insegna la televisione, hanno fatto il loro tempo per la maggior parte delle famiglie, che preferiscono come tutte le altre, qualcosa di più discreto".
Celia Gabarri, tecnica nella FSG, è la quinta di sei figli e l'unica che ha deciso di studiare. "Una è libera se può scegliere. Non si può dire che si sceglie liberamente, se si conosce un solo percorso e la formazione è la strada per le pari opportunità". "Il cammino tradizionale, era sposarsi a 16 anni, diventando donna, senza un processo di maturazione emotiva. Adesso, questo è cambiato. Le madri vogliono che le loro figlie scelgano, vedano il mondo e studino".

... "Ho udito un professore dire a una bambina: "Ma tu, perché sei qui, se puoi vendere al mercato? Non sprecare tempo", se si demoralizza una bambina, ciò si unisce alle sue paure di essere diversa tra i non-gitani" afferma Rosa Jiménez, direttora dell'associazione Sinti Romí.

Uno dei temi ricorrenti quando si parla di sessismo nella comunità romì è il fazzoletto: un simbolo che raffigura la verginità della sposa il giorno delle nozze. Soraya Motos, anch'essa dell'associazione sostiene che è una questione culturale. "Anche le cattoliche si vestono di bianco per andare all'altare, simbolo della purezza. Non c'è molta differenza. Le cose sono molto più evolute e modernizzate rispetto a ciò che tutti pensano Preserviamo le cose buone che ha la nostra cultura e lasciamo alle spalle quelle che non ci piacciono, che erano negative e limitavano le libertà".

Jiménez si lamenta delle "scemenze" che si dicono sulle gitane. "C'è bisogno di contestualizzare. Il machismo è ovunque, non solo tra il popolo zingaro. Quello che accade è che esso è più stereotipato nella nostra cultura. Ci vedono girare in pantofole a casa e ci assegnano l'emarginazione in alcuni o molti casi può anche essere, ma è anche vero che non si rendono visibili altre forme di essere gitane".
"Ci seguono nei negozi, al momento di affittarci un appartamento, danno per scontato che lo distruggerai, se vai a cercarti un lavoro, ti guardano in cagnesco, se chiediamo una sovvenzione, siamo indicati come migranti... racconta ridendo. "Quando sento gli stereotipi, mi chiedo dov'è il rispetto della differenza, perché non si può essere diversi, perché per integrarmi, devo diventare te, Nonostante abbia studiato, conquistato spazi, sia uscita da casa, partecipo alla vita pubblica. Non voglio smettere di essere gitana, perché sono orgogliosa di esserlo".
"Siamo sempre più visibili, vedono i nostri volti l'8 marzo, lottiamo mano nella mano con le altre donne. "Ci sono tanti stereotipi da dovere abbattere, molta mitologia e la tendenza dei non -gitani europei a considerarsi l'unico modello, le uniche libertà. Le nostre dinamiche sono diverse, vogliamo emanciparci a modo nostro. Perché non può esistere la diversità?"
"Vogliamo che capiscano la formazione delle donne come qualcosa di buono per la famiglia e la comunità. Vogliamo che gli uomini ci accompagnino in questo percorso di lotta. Andiamo lentamente, ma arriveremo" (Nelle nostre dinamiche) prevale la collettività sull'individualismo. Intendiamo la libertà in modo diverso".
"E ' un patrimonio impressionante che non si apprezza, che non è valorizzato. E' bello il fatto dell'identità, la famiglia, i riti sui defunti, il rispetto tra i gruppi di età, l'amore per i bambini. Ci sono tantissime cose importanti", afferma Ana Giménez Adelantado, gitana kalé e Dottora in Antropologia.- . "Un essere umano è in primo luogo, la sua cultura e le sue esperienze. Probabilmente l'antropologia mi aiuta a capire meglio il mio mondo gitano, in cui io vivo e posso analizzare la famiglia, i bambini, la scuola, le relazioni o la quotidiana realtà. Essere, però, una zingara è una condizione assolutamente differente. Viviamo in una società pluralistica e multiculturale in molti sensi. A questo proposito, l'astrazione che facciamo della donna zingara è falsa, è teorica, perché non ha nulla a che fare con la vita quotidiana di molte donne. C'è da fare quest'astrazione, ma deve essere spiegata attraverso le esperienze di differenti donne e permettere che esse la spieghino".

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Di Sucar Drom (del 19/02/2014 @ 09:05:52, in blog, visitato 1509 volte)

Il Giorno della Memoria, il Porrajmos a Mantova
Il Giorno della Memoria 2014 vedrà le Comunità sinte e rom mantovane, insieme all'Istituto di Cultura Sinta e all'Associazione Sucar Drom, protagoniste in tre appuntamenti a Mantova, a p...

Porrajmos
Era arrivata la primavera e dalla montagna c'eravamo spostati più in giù per la Valle dell'Adige, accampandoci in un vigneto vicino al fiume...

Roma, le autorità devono porre fine agli sgomberi forzati dei rom
Amnesty International si è detta preoccupata per le recenti notizie di sgomberi forzati che hanno colpito le comunità rom di Roma. La mattina del 29 gennaio circa 60 cittadini rumeni di etnia rom, com...

Mantova, il Porrajmos in Italia
Venerdì 14 febbraio, alle ore 18.00, presso la Sala delle Colonne alla Biblioteca Baratta sarà presentato dagli autori Luca Bravi e Matteo Bassoli il libro "Il Porrajmos in Italia". Il volume ricostruisce, per la prim...

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Di Fabrizio (del 20/02/2014 @ 09:04:36, in casa, visitato 1874 volte)

Di Martina Lucchin su VicenzaPiù | Martedi 18 Febbraio alle 15:22

Dopo alcuni mesi di polemiche rimbalzate da una parte all'altra della città, la decisione è stata presa: le famiglie Sinti e Rom verranno trasferite in via Muggia durante i lavori di riqualificazione del campo di via Cricoli, dove risiedono attualmente. Scartate via Zamenhof per i possibili rischi di inquinamento della vicina oasi di Casale e via Carpaneda perché soggetta ad allagamenti, l'ex caserma di via Muggia si prepara ad ospitare provvisoriamente, sottolinea più volte il sindaco Achille Variati nell'odierno dopo giunta, le ottanta persone del campo Cricoli.

La struttura, data al Comune dalla Provincia in comodato d'uso per le situazioni di emergenza abitativa e sociale, verrà sistemata con i fondi ministeriali (80 mila euro) e ospiterà le famiglie di sinti e rom, mentre solo alcune roulotte verranno portate nel parcheggio della caserma. Le altre roulotte verranno parcheggiate in tutta probabilità nel park Cricoli. Una volta terminati i lavori di riqualificazione del campo di via Cricoli, i luoghi dell'ex caserma verranno utilizzati per il co-housing e per le esigenze abitative.

Polemiche finite? Molto probabilmente no, e ne è ben consapevole Variati che risponde a tono alle tante critiche arrivategli in questi giorni. "Non mi spaventano gli insulti sul web, sono anziano e ho imparato a sopportare queste cose", afferma il primo cittadino, per poi bacchettare i cittadini, che hanno utilizzato toni eccessivi o razzisti, e il sindaco di Creazzo, da cui si sarebbe aspettato una "maggiore collaborazione". Al consigliere Claudio Cicero, che aveva sollevato dei dubbi sulla conformità dell'area di via Cricoli, Variati non solo risponde con l'elenco delle autorizzazioni giunte dal Genio Civile, dalla Sovraintendenza e dagli uffici comunali, ma annuncia anche che verrà portata presto in consiglio comunale una delibera per trasformare l'area di via Cricoli da agricola a "a servizi" e per approvare il progetto della futura disposizione delle piazzole. Infine il sindaco Variati rimarca il cambio di rotta intrapreso da qualche giorno, dopo lo scivolone "mediatico" sul pagamento delle bollette ad alcune famiglie del campo di via Cricoli che ha portato a Vicenza anche un inviato delle Iene, in merito agli aiuti elargiti dal Comune: "deve cambiare l'atteggiamento di chi ha bisogno d'aiuto, il Comune non intende più dare alcuna forma di assistenzialismo a chi non sarà disponibile a corrispondere in cambio delle attività lavorative".

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Di Fabrizio (del 21/02/2014 @ 09:02:08, in media, visitato 1590 volte)

Di SANREMONEWS me ne ero occupato un paio di anni fa, per un articolo francamente stupido e scorretto. Ci furono altri articoli di quella testata sullo stesso tono, ma mi ero stancato di segnalarli, non sono un Osservatorio, non ancora... ; - ) Ieri uno dei soliti lettori di quel portale ha scritto cose intelligenti e (a parte qualche piccola caduta di stile) quasi condivisibili. Visto che non mi piacciono le guerre, riporto integralmente il suo scritto:

Sanremo: bivacco e pic-nic sul nuovo prato di Santa Tecla, il commento di un nostro lettore

Un nostro lettore, Francesco Rossi, ci ha scritto per commentare il nostro articolo sui clochard oggi presenti sul prato di fronte a Santa Tecla:

"Ho letto giusto ieri una mail di protesta e quest'oggi l'articolo che documenta il pic nic di un gruppo di zingari sul nuovissimo prato di santa Tecla. Dato per scontato che eventuali deiezioni canine non raccolte dai rispettivi padroni,sporcizia e resti alimentari lasciati da zingari e non, bivacchi di clochard,ecc ecc sono fatti di inciviltà, nonchè reati che vanno repressi e puniti dalle forze dell'ordine preposte (non solo alle contravvenzioni delle auto in divieto...), mi chiedo a cosa dovrebbe servire un prato se non a calpestarlo, poterne cioè usufruire in modo civile. Già tutta Sanremo, che pure è dotata di parecchi parchi e giardini che costano centinaia di migliaia di euro di manutenzione, è ben poco godibile visto che ogni angolo di verde è recintato ed interdetto a tutto (a parte la vista), e solo San Romolo è dotata di un ampio prato su cui bambini, adulti ed animali possono giocare e rilassarsi. Mi sembra insomma che il problema, se esiste, è solo quello della mancanza di senso civico di alcuni cittadini (che non rispettano il bene comune) e dei tanti clochard, zingari e clandestini vari (che non rispettano niente e nessuno). Un prato, un parco, uno spazio aperto DEVE essere fruibile, e deve essere tenuto pulito, rispettato insomma. Sennò mettete una bella recinzione alta 3 metri, il prato rimarrà bello! Ed inutile".

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Di Fabrizio (del 22/02/2014 @ 12:21:11, in musica e parole, visitato 1582 volte)

E' stata una settimana impegnativa, e non ho avuto tempo per le segnalazioni.

Godetevi il video proposto dall'amico Ceda (@antanas82), dedicato, da parte mia, a chi crede che la mia musica rom sia solo balcanica, flamenco o jazz manouche.

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Di Fabrizio (del 23/02/2014 @ 09:07:36, in media, visitato 1784 volte)

Clicca sul televisore per vedere la puntata odierna. Volete collaborare ad ASSETTO VARIABILE? Inviate una mail.

Settimana scorsa c'è stato il NUMERO ZERO, adesso si fa sul serio (non mettetevi subito a ridere!) col primo numero, altri seguiranno.

L'intenzione è di realizzare una sorta di telegiornale sui fatti accaduti in settimana e quelli che accadranno. Troverete un riassunto delle cronache di MAHALLA, e poi la rassegna stampa dall'Italia e dall'estero, indicazioni su libri e opportunità varie, appuntamenti e qualche rubrica a cadenza irregolare. Il tutto sarà certamente più bello e interessante, se arriveranno vostri suggerimenti e, speriamo, brevi contributi video.

L'elenco delle puntate pubblicate lo trovate sulla MEDIATECA o nel canale dedicato YouTube.

Enjoy.

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Di Fabrizio (del 24/02/2014 @ 09:04:51, in Europa, visitato 1907 volte)

Pericolo dalla pelle scura - Transitions Online
by Barbara Frye · February 20, 2014 - Un libro da colorare edito dalla polizia, insegna ai bambini cechi una lezione sulle paure degli adulti

Che aspetto ha un pedofilo? Di solito è maschio, ma oltre ai tratti fisici è difficile da identificare.

E' probabile, dato che la Repubblica Ceca è un paese a predominanza bianca, che lo siano anche la maggior parte dei pedofili cechi.

Ciò non ha impedito alla polizia di distribuire un opuscolo da colorare, rivolto ai bambini, sulla prevenzione dei crimini, dove un pedofilo è descritto con pelle e capelli scuri. Nella figura, usa un lecca-lecca per adescare una bambina.

Non occorre specificare quale gruppo etnico possa richiamare alla mente (non quello cubano, nonostante ciò che volonterosamente il portavoce della polizia ipotizzava in risposta alla domanda di un giornalista). Anche se probabilmente sono di più, secondo l'ultimo censimento soltanto 13.150 - su di una popolazione di 10,4 milioni, si dichiara Rom. Sono cifre che suggeriscono come il signor Lecca-lecca è più probabile che sia un bianco.

Nel libro l'unica persona presente di pelle scura appare come pedofilo, viceversa il poliziotto è un uomo bianco, carino e simpatico sotto ogni aspetto.

Martin Simacek, direttore dell'agenzia governativa per l'inclusione sociale, ha detto al quotidiano Lidove noviny: "Non ha nessun senso. Di riflesso, si limita a trasmettere i pregiudizi ai bambini."

Dopo diverse contestazioni al libro, anche da parte di alcuni insegnanti, il giornale riferisce che la polizia sta lavorando ad una riprogettazione del libro.

Barbara Frye is TOL's managing editor.

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Di Fabrizio (del 25/02/2014 @ 09:08:31, in musica e parole, visitato 1717 volte)

Come ho già detto altre volte, non ho televisore e non so se il festival di San Remo sia già terminato. Mi è giunta voce che quest'anno era dedicato al cantautorato italiano. Rispetto al passato, ricordo alcune canzoni di 30-40 anni fa:

  • Prendi questa mano, zingara
  • Il cuore è uno zingaro
  • Ho visto anche gli zingari felici
  • Due zingari

che, con evidenti limiti, dovuti anche alla conoscenza di quei periodi, davano comunque un'immagine positiva degli zingari. Recentemente, non mi ricordo più chi, diceva che oggi scrivere pezzi simili sarebbe molto più difficile, perché, crisi dell'industria discografica a parte, è proprio l'argomento che da allora è diventato impopolare.

Voi, OGGI, sapreste scrivere il testo di una simile canzone?

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