Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/05/2009 @ 09:43:47, in Europa, visitato 2320 volte)
Da
Roma_Daily_News
The Prague Post
La destra è tornata in Europa Centrale, ora con moderne tecniche di
pubbliche relazioni
14 maggio 2009 | By Jaroslaw Adamowski, For the Post
Courtesy Photo
Mentre i mezzi d'informazione cechi sempre più riportano di incidenti a
sfondo nazionalista o razziale, anche gli osservatori più passivi iniziano a
chiedersi: E' cambiato qualcosa nella società ceca? Col crescere
dell'intolleranza verso la minoranza rom, manifestazioni neonaziste e leader
stranieri di organizzazioni suprematiste bianche invitati a tenere letture alle
università, sono soltanto tentativi di gruppi marginali per ottenere attenzione,
o c'è qualcos'altro? La società ceca è l'unica a confrontarsi con questi
problemi?
L'aumentata attività dei movimenti di estrema destra è parte di una tendenza
nell'intera regione. In quasi tutti i paesi dell'Europa centrale - Repubblica
Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia - politici nazionalisti e di estrema destra
stanno preparando un grande ritorno. Stavolta, hanno imparato la lezione dalle
sconfitte precedenti e, come risultato, hanno ammorbidito la loro immagine. Ora,
la questione è: Perché e come sono tornati?
Non è una coincidenza che, come l'economia globale ha smesso di scendere e la
recessione ha colpito duro l'Europa centrale, i partiti di estrema destra si
sono rafforzati. Quando i politici, di destra o sinistra, offrono poche
soluzioni dirette per superare la crisi, c'è sempre il rischio che la gente voti
di getto per qualcuno che offre soluzioni semplici a problemi complicati.
Ungheria
In Ungheria, ad esempio, Jobbik, il Movimento per un'Ungheria Migliore, è un
partito di estrema destra con un'agenda che include la reintroduzione della pena
di morte, "l'indipendenza economica", e di mandare tutti i cittadini di origine
rom fuori dal paese. Potrebbero entrare nel Parlamento Europeo con le elezioni
di giugno. Il partito si nutre con le paure della società ungherese: un'economia
nazionale in arretramento che ha sofferto della stagnazione molto prima del
tracollo globale, la crescita della disoccupazione, del crimine ed una minoranza
rom che rimane non integrata. Jobbik ha approfittato dell'incapacità della
classe politica dirigente o della mancanza di volontà di affrontare quelle
paure. I sondaggi dicono che Jobbik potrebbe avere un base tra il 4 e il 5%, che
è abbastanza per passare la soglia per ottenere seggi in Parlamento.
Formatosi nel 2002 come organizzazione giovanile del partito di di destra
Fidesz - la più grande opposizione parlamentare e probabile vincitore delle
prossime elezioni - Jobbik si è trasformato in un partito autonomo un anno dopo
e da allora si è ritagliato una posizione propria con discorsi d'odio e violenza
contro i Rom, gli Ebrei e le "elite liberali e di sinistra". Nell'agosto 2007,
un gruppo di 56 indossando uniformi bianche e nere ed i distintivi cappelli
Bocksai del periodo tra le due guerre, si sono riuniti a Budapest presso la
famosa Budai Var, la Collina del Castello, accanto al Palazzo Presidenziale. Il
leader di Jobbik, il trentunenne Gabor Vola, prestò giuramento di lottare per
"una nazione, una religione e una patria". Politici del Fidesz ed il primo
ministro della difesa del post comunismo, Lajos Fur, parteciparono alla
cerimonia. Il numero degli aderenti alla Magyar Garda - un gruppo paramilitare
associato a Jobbik, è cresciuto a circa 2.000. Sono stati senza successo i
tentativi giudiziari di mettere fuorilegge il gruppo, registrato da Jobbik come
"associazione culturale". La forza del gruppo, secondo Vona, è di "proteggere la
nazione ungherese".
Anche se le inclinazioni di destra per le uniformi e per l'arte militare non
sono cambiate dagli anni '30, questi gruppi hanno provato a modificare la loro
immagine negli anni. I moderni nazionalisti non hanno niente dei loro
predecessori negli anni '90, che sembravano vivere soprattutto nel passato.
Vestito con abiti di buon taglio e sorridente, Vona assomiglia ad un uomo
d'affari, piuttosto che ad un leader dell'auto proclamato "partito cristiano
patriottico radicale". Laureato in storia e psicologia ed ex insegnante, Vona
pesa le sue parole quando risponde alle domande dei giornalisti. Al posto di
invocare slogan razzisti, parla della "situazione irrisolta della sempre
crescente popolazione zingara". Al posto della retorica anti UE, dice che il suo
partito "appoggia la cooperazione europea, ma non l'attuale alleanza burocratica
tra stati".
Il giovane leader di Jobbik sa che, per accogliere un più ampio spettro di
votanti, deve comunicare contenuti estremi con una confezione moderata. E' per
questo che il partito ha scelto Krisztina Morvai, professoressa dell'Università
di Budapest, come capolista alle elezioni europee. La sua eloquenza, stile e
curriculum, che include il lavoro per le Nazioni Unite, fanno di lei un perfetto
candidato per Jobbik che sta tentando di migliorare la propria immagine. I nuovi
nazionalisti sanno che un altoparlante ed un gruppo di militanti violenti non
basta per ottenere un seggio al Parlamento. Stanno provando ad espandere la loro
influenza oltre i tradizionali steccati politici entrando nei media o
convincendo imprenditori stranieri a sponsorizzare le loro attività, come nel
caso della Polonia, dove l'estrema destra si è infiltrata nei media pubblici.
Polonia
Anche se i due maggiori partiti nazionalisti - LPR, o Lega delle Famiglie
Polacche, e Samoobrona, o Auto-Difesa - dal 2007 non hanno seggi in Parlamento,
i loro aderenti hanno mantenuto i posti in vari corpi influenti, come il tavolo
di supervisione della televisione pubblica. Nel dicembre 2008, Piotr Farfal, ex
membro della LPR e neonazista in gioventù, divenne il presidente delle
trasmissioni della televisione pubblica.
Dopo la sconfitta elettorale della LPR nel 2007, Farfal e i suoi seguaci di
estrema destra cominciarono ad organizzare la branca polacca del movimento
pan-europeo Libertas, fondato dal multimilionario irlandese Declan
Ganley, sperando che un nuovo marchio straniero con un ricco investitore - come
nel commercio ordinario - possa sostenere le loro probabilità nelle elezioni
europee. Anche se Ganley assicura che il suo partito è de facto pro-europeo, i
candidati di Libertas in Polonio offrono un'impressione differente. Tutte le
figure chiavi erano precedentemente associate a movimenti anti-UE,
fondamentalisti cristiani e nazionalisti, che spingevano per radicalizzare la
legislazione polacca contro l'aborto (che è già una delle più severe in Europa),
proibire la prostituzione, reintrodurre la pena di morte e rendere
economicamente la Polonia del tutto autosufficiente. Ironicamente, la stessa
globalizzazione che loro così disprezzano, ha permesso ai nazionalisti polacchi
di ricevere supporto finanziario da un milionario irlandese.
Mentre Farfal non si è unito al nuovo partito, le sue simpatie politiche si
fanno sempre più evidenti con l'avvicinarsi delle elezioni del 7 giugno. Ad una
prima occhiata, i contenuti televisivi non sembrano essere cambiati
significativamente, ma sono i dettagli che importano. Quando Ganley ha visitato
la Polonia il 20 marzo, la televisione pubblica ha interrotto la normale
programmazione per trasmettere la sua conferenza stampa. Il giorno stesso,
un'intervista speciale con Ganley è andata in onda subito dopo un popolare
programma di informazione, un conduttore che originariamente doveva condurre
l'intervista ma rifiutò di farlo venne sospeso poche settimane dopo. Dato che la
manipolazione politica è sempre stata un tema caldo nella televisione pubblica
polacca, "adattare" i suoi programmi ai bisogni di un partito valutato meno
dell'1% nei sondaggi pre-elezione, ha causato abbastanza agitazione. Un certo
numero di importanti figure pubbliche ha protestato contro i colleghi
nazionalisti di Farfal, assumendo la direzione delle trasmissioni pubbliche e
rimpiazzando i manager ed i giornalisti con altri provenienti dai loro ranghi.
Slovacchia
In Slovacchia, gli estremisti hanno similarmente appreso a valutare più il
pragmatismo dell'idealismo. L'SNS di estrema destra, o Partito Nazionale
Slovacco, è parte della bizzarra coalizione socialdemocratica e
nazional-populista del Primo Ministro Robert Fico, che ha governato dal 2006.
L'SNS accusa i giornali slovacchi di favorire l'opposizione, ma non esita a sua
volta nell'usarli strumentalmente. Il suo talento nel manipolare i media si è
mostrato pienamente lo scorso 5 aprile, quando il presidente Ivan
Gašparovič si assicurò il suo secondo termine di governo con l'approvazione
della coalizione in carica. Il suo principale oppositore, la liberale Iveta Radičová,
doveva la sconfitta soprattutto alla campagna negativa lanciata dall'SNS. Mentre
si avvicinava il giorno delle elezioni, i nazionalisti slovacchi pagarono una
pagina intera di pubblicità con false accuse a
Radičová di promettere l'autonomia alla minoranza ungherese. In un paese
dove la disoccupazione supera l'11% ed il governo offre poche soluzioni alla
crisi finanziaria, la tentazione di incolpare Ungheresi e Rom durante la
campagna è cresciuta e ha trovato un elettorato attento.
Le moderne tecniche di pubbliche relazioni hanno fornito utili attrezzi
all'estrema destra. Sfortunatamente, questo va crescendo e non è l'eccezione. I
politici estremisti ne stanno diventando adepti e si auto dipingono come
alternative ragionevoli; questo è forse più preoccupante dei messaggi stessi.
- The author is is a Polish freelance writer who divides his time between
Warsaw and Istanbul. He writes about Central Europe for the Journal of Turkish
Weekly.
Jaroslaw Adamowski can be reached at
features@praguepost.com
Di Fabrizio (del 21/05/2009 @ 09:41:06, in Europa, visitato 1843 volte)
Da
Roma_Daily_News
VITA.europe
by Rose Hackman -14 maggio 2009
David Mark risponde su domande sulla situazione dei Rom in Europa, mettendo
in luce le attuali dorme di discriminazione e le minacce per il futuro.
"Questo tipo di clima antizigano è simile a quello che vedevamo in Europa
prima dell'inizio della II guerra mondiale. La storia è là a ricordarci quali
sono i pericoli concreti."
Parole forti da David Mark, 26 anni, che segue le Iniziative Rom per l'Open
Society Institute, ed è coordinatore per la Coalizione Politiche Rom Europei (ERPC).
Parla della situazione dei Rom in Europa, della responsabilità UE come pure dei
governi nazionali e dei rischi per il futuro.
Come ti sei coinvolto alla causa rom?
Io stesso sono Rom e sono cresciuto in Romania. Quando ero cresciuto, mia
madre iniziò con una OnG sui Rom nella mia città. Poi quando studiavo in
Ungheria, sono stato attivista in programmi educazionali, campi estivi, ecc. In
estate torno ancora in Romania e lavoro su questi programmi. E' parte di ciò che
sono. Non è soltanto fare ciò che credo sia giusto o sbagliato, ma anche la mia
cultura e la mia identità. Sono un vero attivista rom.
Hai mai trovato discriminazione nei tuoi confronti?
In un certo senso. Quando dico che sono Rom, è comune notare un cambiamento
nell'attitudine verso di me. Ma mi sono circondato con persone che non sono
così. La reazione comune della gente significa anche che posso evitare di
parlare della mia identità culturale per evitare problemi. Benché abbia
assistito alla discriminazione contro altri Rom. Per esempio, essere in un bar
per una normale consumazione e vedere un gruppo di Rom più "tradizionale"
entrare, e a loro dicono che non possono ordinare perché è in corso una festa
privata. Io so che non c'è nessuna festa privata. Di sicuro non sono stato
invitato lì da nessuno. Questo tipo di cose mi fa molto arrabbiare.
Com'è partita la Coalizione?
E' un'iniziativa davvero nuova, perché l'abbiamo messa a punto due anni fa.
Siamo una coalizione di dieci OnG, che combinano le organizzazioni specifiche
con quelle di organizzazioni internazionali più grandi: Amnesty International, Minority Rights Group International,
European Roma Grassroots Organisation, ecc. Ci siamo uniti quando abbiamo
compreso che c'era una seria mancanza di attenzione da parte dell'Unione Europea
verso le tematiche rom. Sentivamo che dopo l'apertura dell'Unione Europea verso
est, fosse cruciale per i governi di tutta Europa di coinvolgersi
nell'affrontarne le conseguenze. La responsabilità UE in ciò è enorme.
In termine di singoli paesi, ci sono dei modelli europei che possono
essere seguiti?
Sì. Penso che il modo migliore di trarre interessanti conclusioni sia di
comparare due paesi con situazioni simili dovute all'influsso rom: Spagna e
Italia.
Questi paesi stanno agendo in maniera completamente differente. In Spagna,
abbiamo visto uno sforzo di integrare con strumenti come l'istruzione, strategie
d'impiego, e aiuto per le case, che hanno avuto molto successo. In Italia, c'è
una totale mancanza di volontà politica di accettare la questione ed affrontarla
pragmaticamente. Invece di progettare integrazione e soluzioni concrete, stiamo
vedendo misure di esclusione estrema e discorsi grondanti odio sviluppati dagli
stessi politici per guadagnare popolarità. Non si affrontano assolutamente le
questioni.
Vorresti dire che questo aiuto pragmatico che arriva dalla Spagna, come
pure dai gruppi indipendenti, ha aiutato la reale inclusione ed accettazione
sociale?
Sì. Penso davvero che questo aiuti immensamente. Quando i gruppi non sono
rifiutati ma accettati, aiuta il dialogo sociale e lo scambio interculturale. Tu
sai che i Rom sono un gruppo molto giovane, c'è un grande potenziale che può
essere sfruttato socio-economicamente. La gente deve solo rendersene conto.
Quali diresti sarebbero i rischi se l'Europa non si confrontasse con
questi temi?
Penso che se i paesi europei continueranno in questo modo, andremo incontro
ad un quadro molto torvo.
L'esclusione sociale viaggia. I Rom non spariranno. Se vengono espulsi o
rigettati da un paese, andranno in un altro, e poi probabilmente in un altro
ancora, sempre più alienati e diventeranno come paria ei paesi in cui si
stabiliscono. Ma alla fine dove andranno? Cosa possono fare? Si stimano 8-10
milioni di Rom in Europa oggi. Troppi per essere ignorati, specialmente in un
clima simile, dobbiamo soltanto guardare la storia per ricordare - l'antiziganismo
sta crescendo da molto tempo. Questo tipo di clima è simile a quello che
vedevamo in Europa prima dell'inizio della II guerra mondiale. La storia è lì a
ricordarci quali sono i concreti pericoli.
Così vorresti dire che l'Europa è xenofoba, o piuttosto razzista?
Sì. E penso che questi sentimenti stanno crescendo ad un ritmo davvero
preoccupante. Ci sono già stati eventi luttuosi in Ungheria. Dove i prossimi?
Cosa si può fare?
Noi dell'Open Society Institute stiamo facendo una campagna per un rinnovato
impegno e rispetto dei maggiori partiti europei verso la Carta dei Partiti
Europei per una Società Non Razzista, che originariamente è stata firmata nel
1998 dalla maggior parte dei partiti dell'Europa orientale. Però sinora abbiamo
ricevuto poche risposte.
Abbiamo anche bisogno di un approccio pragmatico dei governi nazionali che
diminuiscono l'attenzione invece di aumentarla. Sfortunatamente, i politici
spesso usano l'odio contro i Rom per fini politici, specialmente durante le loro
campagne. Questo fa solo peggiorare le cose.
Guardando al futuro, cosa possiamo tentare d'ottenere? Un Rom-Obama come
Presidente della UE?
Forse non un Presidente Rom, ma almeno un Commissario. Sarebbe bello.
www.romapolicy.eu
Di Fabrizio (del 23/05/2009 @ 09:21:05, in Europa, visitato 1573 volte)
Da
Roma_Francais
Gli "Zigani" ritrovano pezzi di memoria
Swissinfo.ch par Isabelle Eichenberger
Passaporto svizzero di Thedo ed Anna B. annullato nel 1931
e mai rinnovato (Archivi federali svizzeri)
La Svizzera non è mai stata tenera con la "sua" gens du voyage e s'è
superata durante la II Guerra per liquidare il problema degli Zigani che
scappavano dallo sterminio nazista. Un libro infine chiarisce questa zona
d'ombra della politica dei rifugiati.
Primo caso illustrato: l'attuale presidente dell'associazione yéniche di
Svizzera, Robert Huber, è stato internato nel penitenziario di Bellechasse a 17
anni, in mezzo ai criminali, giusto perché faceva parte di questa minoranza di
"asociali".
Secondo caso: Anton Reinhard, giovane Sinto tedesco rifugiato in Svizzera,
espulso nel 1944 verso la Germania, dove fu ucciso nel 1945.
"Perseguitati già sotto l'Ancien Régime, gli Yénich e gli altri
"Zigani" hanno sofferto molto nel XX secolo. Con l'arrivo del nazismo, la
discriminazione s'è mutata in persecuzione". Thomas Huonker è uno dei migliori
specialisti della gens du voyage in questo paese.
Assieme a Regula Ludi, ha scritto "Roms, Sintis et Yéniches – La 'politique
tsigane' suisse à l'époque du national-socialisme", per la Commissione
indipendente di esperti "Svizzera - II Guerra mondiale" (CIE).
Alla pubblicazione del rapporto finale nel 2002, la CIE aveva
rinunciato a tradurre i suoi studi in francese ed italiano. Ora è cosa fatta
grazie alle Edizioni Pace Deux.
Fonti rare
Le pubblicazioni su questa popolazione sono rare come le fonti ufficiali,
perché gli "Zigani" hanno una tradizione orale ed erano registrati solamente sui
registri della polizia (che sono segreti). Questo statuto giuridico particolare
fa sì che gli storici lavorano soprattutto con le testimonianze. Inoltre, le
famiglie spesso sono state separate e le tradizioni familiari perdute. Bisogna
quindi rendere omaggio alla pazienza dei due storici.
A differenza dei Rom e dei Sinti di origine indiana, gli Yénich sono una
minoranza autoctona dalla notte dei tempi e si stima che il 10% sia ancora
nomade. "Sono cittadini svizzeri dal 1851, ma sono rimasti una sospetta" spiega
Thomas Huonker. E poi "dal 1926 c'è stata quell'azione Enfants de la Route de
Pro Juventute per neutralizzare gli Yénich e sterilizzarli, separare le
famiglie ed affidare i bambini a famiglie o case d'accoglienza".
Thomas Huonker, storico e specialista degli Yénich
(swissinfo)
"Razze straniere"
Quanto ai Sinti e ai Rom, sono stati ugualmente sospetti ed indesiderabili.
"Sono stati sistematicamente cacciati dalla Svizzera, tranne tra il 1848 e il
1888," prosegue lo storico. "Dal 1906, la frontiera per loro si è chiusa e non
avevano il diritto di viaggiare in treno. Le autorità non volevano questo gruppo
culturale nel paese. Questa terribile tradizione è durata sino al 1972 e non si
è interrotta neanche durante l'Olocausto."
Questa gente è stata assimilata alle "razze straniere" della dottrina ariana
dei nazisti. Le autorità svizzere erano informate delle persecuzioni, ma non
hanno lo stesso accordato l'asilo alla gens du voyage. Hanno continuato
ad espellerle e sterilizzarle.
"Erano sottoposti ad una procedura di registrazione," prosegue Thomas Huonker.
"Gli uomini erano internati per mesi nei penitenziari (a Witzwil, Bellechasse,
ecc.) o in clinica psichiatrica e la loro famiglia nelle case dell'Armée du Salut
o della Caritas. Li si riuniva solo per espellerli."
Un'antica maledizione
Perché questo accanimento? Per Thomas Huonker, è il problema classico delle
minoranze, un'antica maledizione, come quella degli ebrei o degli indigeni nei
paesi colonizzati. "Una volta rinchiusi nello stereotipo della minoranza senza
voce, è molto difficile uscirne perché i pregiudizi persistono, la maggioranza
insiste nel trattarli da stranieri." Questi meccanismi sociologici perseguitano
la gens du voyage.
Le cose hanno cominciato a cambiare negli anni '70, dopo la denuncia dello
scandalo di Enfants de la route. Ma è occorso tempo. Solo nel 1987 il presidente
della Confederazione, Alfons Egli, ha presentato scuse ufficiali alla gens du voyage.
Adesso resta loro da ritrovare il loro passato sparpagliato ai quattro venti.
"Gli Yénich hanno domandato ricerche ufficiali dal 1975. Si sono dovuti
attendere vent'anni perché cominciassero. In effetti ci sono state resistenze ad
aprire gli archivi, soprattutto da parte della Pro Juventute, delle
polizie cantonali e delle istituzioni psichiatriche", racconta lo storico.
Lo yénich è stato riconosciuto come una lingua nazionale ma, politicamente,
questa minoranza è assente dal paesaggio. "Provano a fare parlare di loro per
difendere la loro perpetua ricerca di terreni d'accampamento (vedi
QUI ndr), ma non sono rappresentati nelle istanze politiche, come gli
Uranais o gli Appenzellois. Ce ne sono uno o due nei Grigioni che
hanno responsabilità comunali, ma si definiscono come grisoni, non come yéniche",
spiega ancora Thomas Huonker.
Di Fabrizio (del 25/05/2009 @ 09:10:16, in Europa, visitato 1610 volte)
Da
Nordic_Roma
Helsingin Sanomat
First published in print 16.5.2009 Il sindaco Pajunen vuole una nuova legge per proibire
l'accattonaggio By Jussi Pajunen (sindaco di Helsinki) Un libro
di Kimmo Oksanen pone il fenomeno nel contesto europeo
Un nuovo libro del giornalista Kimmo Oksanen, Kerjäläisten valtakunta – Totuus
kerjäävistä romaneista... ja muita valheita (Il Regno dei Mendicanti - la
Verità dei Rom Mendicanti e Altre Bugie) è un libro di mio gradimento.
Non è una proclamazione. Non contiene alcuna singola verità.
Pone un fenomeno che esiste di fronte ai nostri occhi nel quadro europeo di
riferimento. E, soprattutto, racconta dei Rom che mendicano, che sono tra noi.
Sta al lettore tirare le conclusioni. Il testo si divide in due parti: Finlandia
ed estero.
Per me, gli eventi ad Helsinki ed in Finlandia sono riportati circa nella
stessa maniera che ho sperimentato nel mio ruolo di Sindaco di Helsinki.
Gli eventi partono dall'inizio del 2007, quando Romania e Bulgaria diventano
membri della UE. Un gruppo di Rom mendicanti dalla Romania ha fatto sbarco ad
Helsinki.
Nelle nostre strade siamo costretti a testimoniare ad un fenomeno estero.
Qualcosa che è familiare a chi ha viaggiato, ma nel contempo è strano vederlo
sui nostri marciapiedi.
Molti sentono che è un affronto alla società del welfare che noi
apprezziamo così tanto. "Qui nessuno deve mendicare."
Oksanen da una faccia ai mendicanti Rom. Sono persone proprio come noi. Persone
che hanno sviluppato il loro proprio modello per sopravvivere nei secoli.
Mendicare è la loro professione. Mendicare non è illegale in Finlandia.
Non tutti i Rom sono mendicanti. La maggior parte di loro sono cittadini
ordinari che soffrono povertà e discriminazione.
Questo appare nella parte del libro che riguarda la Romania. Ci sono anche
gruppi di Rom che commettono crimini.
Secondo Oksanen, non ci sono segni di una più vasta invasione di crimine Rom. In
altri paesi europei è norma.
Una parte interessante del libro riguarda un paragone tra le nostre
azioni e la realtà di certi paesi europei. Si stima che ci siano circa 200
mendicanti Rom in Finlandia. In Italia, le stime parlano di 70.000 Rom dalla
sola Romania.
Paura e fenomeni razzisti contro gli immigrati scuotono le fondamenta della
democrazia in quel paese. Qui in Finlandia, e ad Helsinki, siamo molto lontani
[da quei fenomeni].
I mendicanti nelle nostre strade sono una parte minima rispetto all'Italia.
Fortunatamente per noi.
Il libro dettaglia la storia dei mendicanti nelle nostre strade. Da una
parte, la storia della gente che mendica e dall'altra, le reazioni ufficiali a
questo fenomeno.
I diversi dipartimenti della Città di Helsinki sono perciò in una posizione
chiave. Posso dire di provare un tiepido senso di orgoglio che molti incaricati
cittadini hanno reagito prontamente alla forte crescita della popolazione
migrante nella nostra città.
E' una buona idea di essere proattivi. Così agendo, possiamo essere preparati a
confrontarci con un aumento dei crimini. D'altra parte, tenere la questione in
forte considerazione può avere un effetto diretto nel prevenire l'aumento
ulteriore del fenomeno dell'accattonaggio.
Oksanen descrive le reazioni dei vari gruppi ai mendicanti che arrivano
nel nostro paese. Da molti quartieri inaspettati arrivano resistenze.
Il fatto che loro stessi non vogliano avvalersi dei nostri servizi di welfare,
per molti è duro da capire.
Ho smesso di pensare quanto del nostro modello di welfare si è inavvertitamente
mutato dall'essere un benefattore ad essere sistema chiuso.
Kimmo Oksanen offre una vasta considerazione nel suo libro alla domanda
su come aiutare i Rom nel loro paese. E' facile concordare col suo pensiero. Il
Consiglio Cittadino di Helsinki recentemente ha approvato la strategia per
l'attuale termine elettorale, richiedendo la progettazione di una responsabilità
globale della città.
Il mio personale punto di vista sull'accattonaggio per strada è chiaro.
Non voglio che questo tipo di professione si radichi qui. Non è parte della
nostra cultura.
Sarebbe bene se l'accattonaggio fosse contro la legge. Sfortunatamente non
abbiamo cercato e testato le ordinanze cittadine a nostra disposizione .
Sarebbero uno strumento più flessibile. "Non si può mendicare o sollecitare".
Ma... ogni mendicante Rom deve avere lo stesso valore di ogni altro essere
umano. Potrebbe essere uno di noi. Ognuno di noi potrebbe essere uno di loro.
Di Fabrizio (del 27/05/2009 @ 09:06:21, in Europa, visitato 2269 volte)
Da
Roma_Francais
PARIGI (AFP) - La morte di un ragazzino sabato in occasione dell'incendio di
un deposito abbandonato a Bobigny (Seine-saint-Denis), dove s'erano installati
un centinaio di membri della comunità della gens du voyage, illustra le
difficoltà di alloggio e di vita quotidiana di questa comunità in Francia.
"Questo dramma spaventoso era prevedibile, è un incendio della precarietà e
dell'indifferenza", ha dichiarato domenica ad AFP Malik Salemkour, vice
presidente della Lega dei Diritti dell'Uomo ed uno degli animatori del
collettivo Rom-Europe.
Ha ricordato che un incendio sempre a Seine-saint-Denis, nel settembre 2008,
aveva fatto due feriti leggeri tra gli 80 occupanti di un campo rom situato
sotto l'autostrada A86 a Saint-Denis.
Il corpo del piccolo Diego, 7 anni, è stato ritrovato sabato tra i resti del
deposito dai pompieri, che si erano mobilitati in un centinaio per venire a capo
del sinistro.
Ci sono da 2.000 a 2.500 Rom rumeni e bulgari a Seine-saint-Denis, dove le
espulsioni dalle occupazioni abusive si moltiplicano, ha precisato Salemkour.
"Abbiamo domandato, con altre associazioni, che il problema dell'alloggio dei
Rom sia trattato a livello regionale", ha detto il vice presidente della LDH che
auspica d'altra parte che siano regolate le condizioni d'accesso al lavoro di
questi Rom rumeni e bulgari perché "si sa che vogliono lavorare".
Sabato, il sindaco (PCF) di Bobigny, Catherine Peyge, aveva espresso la sua
"collera" di fronte ad una situazione che "non poteva che finir male".
"Sono stati respinti da una città all'altra per terminare in questo hangar, a
volte soltanto per guadagnare soltanto qualche centinaio di metri su non si sa
che", aveva poi aggiunto.
"Ho scritto mercoledì al prefetto per allertarlo sulla situazione e chiedere
una tavola rotonda per mettere in atto tutte le soluzioni umani e materiali,
sono sempre in attesa di una risposta", aveva affermato.
Dall'inizio di aprile, l'Alta Autorità di Lotta contro le Discriminazioni e
per l'Eguaglianza (HALDE) aveva lamentato che le sue raccomandazioni sulle
discriminazioni, come l'alloggio, riguardando le circa 400.000 persone recensite
come "gens du voyage e rom" in Francia "non hanno ancora avuto effetto".
A febbraio, la Difensora dell'Infanzia, Dominique Versini, aveva denunciato
le condizioni di habitat e di scolarizzazione dei rom e della gens du voyage, in
un rapporto di valutazione dell'applicazione della Convenzione Internazionale
dei Diritti dell'Infanzia (CIDE). Versini aveva allora rilevato che "come le
carovane non sono assimilate ad un alloggio, i loro genitori non accedono agli
aiuti per l'alloggio".
Questi migranti vengono da Romania e Bulgaria, paesi membri dell'Unione
Europea, per fuggire dalla miseria. In Francia, sei ore di accattonaggio
fruttano 15 euro, quattro volte di più di quanto possano sperare di guadagnare
in una giornata in Romania.
I Rom sarebbero circa 10 milioni in Europa, ossia la più grande minoranza. La
comunità conterebbe più di 2 milioni di persone in Romania, 800.000 in Bulgaria
ed altrettanti in Spagna, secondo le cifre più recenti.
[...]
Di Fabrizio (del 28/05/2009 @ 09:14:27, in Europa, visitato 3462 volte)
Ricevo da Dijana Pavlovic
Sono una romni, nata in Serbia nel 1976, cittadina italiana, di professione
faccio l’attrice di teatro. Impegnata per il riconoscimento dei diritti
fondamentali del mio popolo, ho partecipato alla costituzione della Federazione
Rom e Sinti Insieme, sviluppando in particolare l’iniziativa culturale con
spettacoli teatrali, traduzioni della letteratura rom, collaborando a l’Unità.
Ho costituito l’associazione culturale Uprè Roma, che in lingua romanès
significa “alzatevi uomini” in ricordo di come un Rom in un congresso
internazionale chiuse il suo discorso: “Seppellitemi in piedi, per tutta la vita
sono stato in ginocchio.” Adesso in ginocchio non sono solo i Rom ma la vita
democratica del Paese. La destra che governa mette sì in ginocchio un intero
popolo, quello Rom e Sinto, con leggi razziste, ma criminalizza gli immigrati,
nega diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e dal diritto
internazionale, dallo studio, alla salute, alla libertà di culto, mentre su un
altro versante attacca i diritti del lavoro e precarizza la vita di intere
generazioni.
Ho iniziato l’impegno politico come candidata alle elezioni comunali 2006 nella
lista di Dario Fo, poi alle politiche 2008 con la sinistra Arcobaleno, mi
candido ora con il PRC convinta che compito dell’Europa sia difendere i diritti
degli ultimi per difendere i diritti di tutti.
Di Fabrizio (del 30/05/2009 @ 09:43:39, in Europa, visitato 2627 volte)
Situazione complicata e contraddittoria per le minoranze ed
i Rom in Kosovo. Mentre molti rifugiati all'estero vengono rimpatriati a forza
(se n'era scritto negli anni scorsi), le minoranze lì presenti vengono forzate a
lasciare il paese.
Da
Roma_ex_Yugoslavia, come al solito, la questione delle minoranze si
intreccia a tanti temi diversi.
27
maggio 2009, By Fatos Bytyci
PRISTINA (Reuters) - Dice un rapporto di mercoledì scorso che la mancanza di
volontà della leadership kosovara di etnia albanese nell'assicurare i diritti
alle minoranze, ha allontanato molti Bosniaci, Turchi, Rom ed altre minoranze
non-Serbe.
La maggioranza albanese ha dichiarato l'indipendenza nel febbraio dell'anno
scorso, nove anni dopo che la NATO aveva eseguito una campagna di
bombardamento durata 78 giorni, per cacciare le forze serbe dal Kosovo.
Da allora, si sono approfondite le divisioni etniche tra i due milioni di
Albanesi e i 120.000 Serbi rimasti nel paese, con 14.000 peacekeeper NATO e la
missione di 2.000 componenti dell'Unione Europea che sovrintendono ad una
fragile pace.
Il rapporto del Gruppo Internazionale sui Diritti delle Minoranze (MGI) dice
che Bosniaci, Croati, Gorani, Rom, Askali, Egizi e Turchi, che sono il 5% della
popolazione, affrontano discriminazioni e molti di loro da allora hanno lasciato
il paese.
"C'è mancanza di volontà politica e di investimenti sostanziali nello
sviluppo effettivo dei diritti delle minoranze tra la maggioranza albanese,"
dice. "Assieme ad una cattiva economia, queste condizioni significano che molti
componenti delle comunità minoritarie stanno lasciando definitivamente il nuovo
stato del Kosovo.
Il rapporto dice che il povero trattamento delle minoranze è stato dovuto
alla percezione che siano state alleate all'ex regime serbo negli anni '90, o
che abbiano fatto poco per opporvisi.
L'uomo forte della Serbia, Slobodan Milosevic, fu accusato dal tribunale per
i crimini di guerra delle Nazioni Unite per aver ucciso componenti dell'etnia
albanese in Kosovo, ma morì prima che il suo processo all'Aia fosse completato.
Le minoranze non-serbe in Kosovo hanno criticato la comunità internazionale
per dare troppa attenzione alle relazioni albanesi-serbe ed ignorare gli altri
gruppi.
"La priorità della comunità internazionale dovrebbe essere di assicurare che
ci sia qualche tipo di meccanismo dei diritti umani internazionali a cui le
minoranze in Kosovo possano appellarsi," ha detto in un'intervista Mark Lattimer,
direttore di MGI.
Il gruppo ha detto che assicurare la protezione delle minoranze aiuterebbe il
Kosovo nel cammino verso l'Unione Europea.
Il Kosovo è l'unico paese dei Balcani occidentali senza una chiara
prospettiva di unirsi al blocco, dato che alcuni stati membri incluse Spagna e
Grecia non l'hanno riconoscito. La Serbia guarda ancora al Kosovo come parte del
suo territorio storico, e ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia
dell'Aia di giudicare sulla legalità della secessione.
Sempre da
Roma_ex_Yugoslavia uno dei tanti casi di rimpatrio forzato
28 maggio 2009 - Secondo informazioni del suo avvocato (vedi
comunicato stampa, pdf in tedesco ndr), la polizia ha arrestato il
ventiseienne Elvis A., lunedì 26 maggio 2009 attorno a mezzanotte, presso la sua
casa a Fuldatal, dove viveva con la sua compagnia e i loro due bambini, di un
anno e mezzo e di tre settimane, per essere rimandato in Kosovo, dove non ha
altri familiari. Secondo la stessa fonte, Elvis A. arrivò in Germania, nel
settembre 1999, con i genitori e altri fratelli, a seguito del conflitto in
Kosovo.
Invece di ricevere asilo, a Elvis A. venne garantito soltanto uno "status di
tollerato" ("Duldung"), che offre una protezione limitata contro
l'espulsione. Non solo, in questo modo Elvis A. non poteva ricevere una
formazione professionale o avere un lavoro regolare. Arrivato in Germania 82
giorni troppo tardi, ha perso l'opportunità che il suo caso fosse considerato
dalla cosiddetta "Härtefallkommission" che tratta i casi di particolare
sofferenza tra i richiedenti asilo.
Un mese fa Elvis A. ricevette una lettera, che gli chiedeva di lasciare la
Germania su "base volontaria". Riferendosi alla sua situazione familiare e
integrazione sociale, il suo avvocato richiese un permesso di residenza. Non ci
fu nessuna risposta, sino alla deportazione in Kosovo. Secondo il suo avvocato,
non c'è stato il tempo per fare ricorso legale.
Il governo federale tedesco ha recentemente concluso un
accordo di riammissione con le autorità kosovare che permette il rimpatrio
forzato di persone originarie del Kosovo, indipendentemente dal loro retroterra
etnica. Questo accordo è in contrasto e viola de facto la
posizione UNHCR sui bisogni di protezione internazionale continuata degli
individui del Kosovo, secondo cui i Rom ed i Serbi kosovari continuano ad
essere a rischio di persecuzione e a cui dovrebbe essere garantito l'asilo o
protezione sussidiaria.
La deportazione di Elvis A. coincide con la pubblicazione da parte del Gruppo
Internazionale sui Diritti delle Minoranze di un
rapporto che evidenzia la continuata discriminazione delle minoranze
etniche, che porta alla loro dipartita dal Kosovo. Il giorno stesso, la
Commissione contro il Razzismo e l'Intolleranza del Consiglio d'Europa, ECRI, ha
emesso il suo quarto
rapporto nazionale sulla Germania, in cui esprime le proprie critiche
riguardo le politiche restrittive del paese verso i richiedenti asilo.
In questo rapporto, l'ECRI dedica un'intera sezione alla situazione di chi è
stato ammesso in Germania sulla base dello "status di tollerato". Mentre si
elogiano gli sforzi della Germania per fornire una condizione provvisoria di
residenza a chi è in Germania da diversi anni, a cui ci si riferisce come "Bleiberechtsregelung",
fornendo loro adempimento a determinate condizioni, l'ECRI incoraggia le
autorità tedesche "a lavorare verso una soluzione che sia umana e pienamente
rispettosa dei diritti umani di tutte le persone, incluse quelle che non
beneficeranno delle disposizioni attuali, che hanno vissuto in Germania in
status di tolleranza per lungo tempo ed hanno sviluppato stretti legami con la
Germania." Elvis A. sarebbe certamente ricaduto in questa categoria.
Chachipe a.s.b.l.
B.p. 97
L - 7201 Béreldange
e-mail: chachipe.info@gmail.com
www.romarights.wordpress.com
Di Fabrizio (del 31/05/2009 @ 09:32:44, in Europa, visitato 2068 volte)
Segnalato da La Voix des Rroms
Le Parisien.fr
Orly - Sucy
Ambiente: tre giovani Rom hanno prevalso
Originari della Romania, hanno moltiplicato le operazioni di pulizia degli
argini della Senna o della Marna. Sono stati selezionati nel quadro di un
prestigioso premio internazionale 30.05.2009, 07h00
Ieri è stato un gran giorno per Madalina, Ancuta e Mugurel. Questi tre
giovani Rom rumeni, che vivono negli accampamenti precari a Sucy-en-Brie e ad
Orly, sono stati ricevuti nell'ambasciata di Svezia a Parigi per ritirare un
premio per un'operazione esemplare di educazione all'ambiente.
Selezionati nel quadro del prestigioso Stockholm Junior Water Prize 2009,
hanno ricevuto il 1° premio Azione terreno per aver pulito i bordi della Senna a
più riprese con l'associazione Ose (Organo di salvataggio ecologico). Dal 1990,
Ose organizza vaste operazioni di raccolta sugli argini della regione parigina,
ripescando tonnellate di rifiuti, del carrello di supermercato alla carcassa
d'automobile.
"Siamo molto fieri di partecipare a tutto questo", reagisce semplicemente
Madalina, dall'alto dei suoi 13 anni. Se non sono stati scelti per il grande
finale in Svezia, il mese prossimo, hanno ricevuto un assegno di 1.000 €.
"Compreremo del materiale scolastico, delle matite." Interviene sua madre: "Ed
anche dei vestiti!"
Un "colpo al cuore"
Incredibile avventura per i tre adolescenti arrivati in Francia da quattro
anni. Un po' intimiditi nell'elegante VII arrondissement e poco abituati ai
pasticcini, sono tuttavia stati oggetto di una valanga di complimenti. "Avete
messo il vostro talento a profitto di questa grande causa che è l'ambiente", li
ha ringraziati la giuria. Il suo presidente, Patrick Lavarde, che è anche
direttore generale dell'Ufficio nazionale dell'acqua e degli ambienti acquatici
(Onema), ha parlato di un "colpo al cuore" per un "dossier un po' particolare".
In effetti, gli altri premi sono usciti soprattutto dai licei tecnici. "Queste
popolazioni rom vivono senz'acqua, senza elettricità, talvolta accanto alla più
grande officina di trattamento dell'acqua nella regione parigina, a Orly. I
ragazzi scolarizzati sono anche degli ambasciatori vicini ai loro compagni
francesi. Separano i rifiuti, hanno tessuto legami con i comuni. C'è ugualmente
una dimensione artistica. I giovani hanno concepito delle sculture realizzate
con bottiglie di plastica, ferraglie, e le hanno esposte." Ma la loro situazione
resta precaria. Il 3 giugno, la giustizia deve esaminare la domanda d'espulsione
depositata dalla sindaca di Orly.
"Vorrei che fossero presi in maggior considerazione dai poteri pubblici",
commenta Edouard Feinstein, fondatore dell'Ose. "Ma questo premio, a cui nessuno
credeva quando si sono iscritti al concorso, è stata una grossa sorpresa." Sono
quasi due anni che ha spinto i Rom della Valle della Marna a pulire gli accessi
dei loro accampamenti.
Si è cominciato a Vitry, in un campo ormai sgomberato. Non è più finita.
"Siamo andati, il mese scorso, con gli adolescenti a pulire un sito sinistrato
nel parco naturale regionale dei vulcani dell'Avernia", riporta Edouard Feinstein.
Quest'estate, progettano di andare a pulire una montagna sulle alture di Nizza.
E domenica, Ose organizza una grande operazione di pulizia degli argini della
Senna e della Marna." Aperta a tutti.
Di Fabrizio (del 01/06/2009 @ 09:27:09, in Europa, visitato 1871 volte)
Ricevo da un amico il testo che segue, col permesso di
pubblicarlo (ho eliminato tutti i riferimenti personali per rispetto alla
privacy). Lascio a lui la parola:
Cari amici,
Questa volta vorrei chiedervi dei consigli per un caso personale che mi ha
colpito all'improvviso, ma che probabilmente non è unico...
Il caso sembra un esempio del tipo "americano"=salute come bene di consumo,
non diritto del cittadino, che si sta diffondendo nell'Occidente, in parole
semplici: paga o crepa!!, che probabilmente non è l'unico...
Un mese fa ho ripreso un contatto con una donna, Rom Romena, che ho conosciuto
circa un anno fa. Ci siamo dichiarati finalmente in modo chiaro e lei stava
arrivando a Milano quando è colpita da un altro attacco dei reni che l'ha
portata in ospedale a Bucarest. La hanno cominciato a curare e ricercare:
risultava di essere necessario urgentemente un intervento; visto che è Rom
volevano un pagamento in anticipo... se no, non c'era niente da fare che
mandarla a casa...
Ho pagato io. Il risultato dell'intervento (più pesante del previsto): un rene
"seccato" (fuori servizio), l'altra funziona al massimo per 50%. L'unica
soluzione secondo l'ospedale è un trapianto, da pagare in anticipo (e qua
parliamo di almeno 6-7000 mille euro che non ho)
Vorrei chiedervi dei consigli sul caso; finalmente so che sta nell'ospedale "Judetian
Spital" a Bucarest (almeno so in quale ospedale sta... non riesco a trovare i
dati adatti per prendere contatto con l'ospedale... ne avete mai sentito
parlare!??)
Vi racconto un attimo come l'ho sentita oggi (29 maggio ndr):
Stava male, il medico aveva chiesto di nuovo dei soldi per le cure, cosa che
crea ovviamente una tensione enorme (come 'compenso' le danno ogni sera dei
calmanti, così dorme). Io vorrei che la non disturbassero con le domande
finanziarie: sembra quasi un ricatto, giocando con la sua salute, e che facciano
le domande direttamente a me.
Non è che ho ancora molti soldi, però almeno lei può stare più tranquilla e io
posso innervosirmi per la ricerca dei soldi...
Pensate che sia possibile di liberarle almeno di quello peso finanziario!??
La dirò stasera che voglio parlare con un medico che sta facendo la terapia,
chiederò un madrelingua romeno ad assistermi quando chiamo. Devono mandarmi le
carte ecc.
Non so... vedo nero... portarla nel suo stato attuale in Italia sarà difficile
(ma meglio se prendiamo in considerazione che qua ci sono io, i suoi genitori e
un altro fratello e non sarà sicuramente essere trattata peggio di là...). Sarò
molto contento ad effettuare il matrimonio che vogliamo tutti e due
Ho chiamato la Caritas [magari hanno qualche contatto in Bucarest] ma sono già
chiusi..
Parlerò con una amica che lavora nell'ospedale San Paolo e con la gente
dell'Ambulatorio popolare
Lunedì avrò tutta la giornata ad impegnarmi, mercoledì comincerò a fare un
tirocinio per il corso che sto facendo...
Magari vi viene qualche altra idea..
Saluti!!!!
Chi avesse suggerimenti o potesse fornire aiuto, può
rispondere nei commenti o inviarmi una mail a
info@sivola.net
Di Fabrizio (del 04/06/2009 @ 09:30:21, in Europa, visitato 1622 volte)
Comunicato stampa in occasione delle elezioni al Parlamento Europeo
"I Rom devono votare per contrastare la crescita dei partiti xenofobi e
razzisti"
Bruxelles, 2 giugno 2009 - ERIO, Ufficio d'Informazione dei Rom Europei, in
occasione delle elezioni per il Parlamento Europeo, invita i Rom di tutti gli
Stati Membri UE a partecipare ed usare il loro voto in difesa dei propri diritti
umani.
Il Direttore Esecutivo di ERIO, Ivan Ivanov, ha dichiarato: "Nell'ultimo paio
di anni, l'Europa ha visto il sorgere drammatico di partiti di estrema destra,
razzisti e xenofobi. Le elezioni del Parlamento Europeo offrono
l'opportunità di contrastare questo allarmante fenomeno con il nostro voto. Se
il popolo Rom non parteciperà a questo importante esercizio di democrazia,
lascerà uno spazio più ampio ai politici xenofobi e razzisti di accedere
all'arena politica dell'Unione Europea. Questo può svantaggiare seriamente le
attività di consulenza rom a livello UE: se le forze politiche xenofobe
potessero riunire un numero significativo di rappresentanti nel Parlamento
Europeo (potrebbe realmente succedere), la questione rom sarebbe costretta
all'angolo dell'agenda politica europea."
Inoltre, i Rom dovrebbero avvantaggiarsi con queste elezioni per rinforzare
la loro partecipazione politica. Se ognuno dei 10 milioni di Rom in Europa
votassero, la loro influenza politica sarebbe molto più rilevante agli occhi dei
principali partiti.
Per questo ERIO incoraggia i Rom ad uscire e votare, dando la loro preferenza
ai partiti che si sono esposti a difendere i diritti umani e delle minoranze nei
loro programmi politici.
Per ulteriori chiarimenti, potete contattare il Direttore Esecutivo di
ERIO, +32 473 82 38 87
The European Roma Information Office (ERIO) is a human rights advocacy
organisation promoting the rights of Roma communities throughout Europe. ERIO
lobbies European institutions, national governments and international
organisations in order to bring about improvements in policies concerning Roma
communities. ERIO cooperates intensively with Roma organisations and supports
them in establishing their concerns and demands to European and national
decision-makers. The ultimate goal of ERIO is to contribute to the eradication
of racism, discrimination and social exclusion faced by the majority of Roma in
Europe.
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