Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sei una tale palla di lardo, che se tu rubassi qualcosa ti beccherebbero dopo 10
metri. Non sai fare il ladro, non hai mai lavorato, sei l'inutilità assoluta
col microfono incorporato [Red.]
Corriere della Sera - Annachiara Sacchi - 23 aprile 2013 | 9:04
Lo sgombero del campo in via Dione Cassio (Newpress)
Iniziativa di Pd e Sel. La Lega: la gente è esasperata
Insulti, minacce. Messaggi violenti comparsi insistentemente sulle pagine
Facebook del Comune e del sindaco Giuliano Pisapia. Beceri inni all'odio
razziale. Ne sono comparsi a centinaia dopo lo sgombero del campo rom di via Dione Cassio. Attacchi ai nomadi e all'amministrazione. Sono reati: circa
duecento persone saranno denunciate alla polizia postale. Promotore
dell'iniziativa, il consigliere comunale pd Gabriele Ghezzi. Con l'assistenza
legale dell'avvocato e consigliere di Sel, Mirko Mazzali.
SU FACEBOOK - L'annuncio è arrivato in consiglio comunale: "Su Facebook - ha
spiegato Ghezzi - sono apparse violenze di ogni genere. Non è stato possibile
individuare tutti i responsabili. Presenterò denuncia per istigazione a
delinquere, alla violenza razziale e xenofoba, apologia del fascismo". Come
consigliere comunale e ufficiale di polizia, Ghezzi lo ha definito un "segnale
necessario", soprattutto alla vigilia del 25 Aprile, invitando i colleghi del
centrodestra "a un maggior senso di responsabilità nelle dichiarazioni su temi
come questo".
Applausi in aula. E le inevitabili polemiche dell'opposizione che dal 9 aprile -
con Riccardo De Corato, come un ariete, in pole position - chiede di convocare
le commissioni Sicurezza e Welfare per discutere il piano rom e l'uso dei sei
milioni di euro previsti dalla convenzione tra Comune e Prefettura proprio per i
nomadi (Mazzali ha rassicurato: "Appena possibile le commissioni congiunte
verranno convocate, non c'è nulla da vergognarsi in relazione all'operato
dell'amministrazione sulla questione rom").
SCONTRO POLITICO - Ecco allora l'affondo del capogruppo del Carroccio,
Alessandro Morelli: "Già che c'è, Ghezzi aggiunga alla sua denuncia un esposto
per sperpero di denaro pubblico motivato dall'acquisto delle venti casette per i
rom a fronte delle ventimila famiglie che restano in attesa di una casa
popolare" (è del 3 aprile scorso il bando di Palazzo Marino per la fornitura di
venti case mobili per il campo rom autorizzato di via Martirano, a Muggiano, con
un budget totale di circa 650 mila euro). Quanto poi alla questione razzista, ha
aggiunto Morelli, "sacrosanta la denuncia su duecento "pirla" che usano Facebook
per diffondere messaggi di violenza, ma bisogna anche pensare alle ragioni di
tali comportamenti: fino a due mesi fa queste cose non succedevano e sulla
pagina Facebook del sindaco certe frasi non comparivano".
LE "CASETTE" - Scontro di visioni. Un tentativo di mediazione è arrivato ieri in
aula dall'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. Ma prima,
una punzecchiatura alla Lega: "Il consigliere Morelli dovrebbe essere cauto: le
casette furono una decisione della giunta Moratti. La querela per sperpero di
denaro pubblico, dunque, dovrebbe essere diretta alla passata amministrazione".
Replica di Morelli: "Ma non erano destinate solo ai rom, e non dovevano finire
in via Martirano". Infine l'apertura dell'assessore: "Se invece vogliamo pensare
a soluzioni pragmatiche, possiamo tentare di cominciare a costruire insieme un
progetto nella commissione che riuniremo, come ho già garantito, nella prima
metà di maggio".
Di Fabrizio (del 25/04/2013 @ 09:07:24, in Italia, visitato 1562 volte)
direfarebaciare - luogo di sconfinamenti di Giovanni Giovannetti
Il nuovo fascismo di chi A Pavia ha creato ad arte una emergenza umanitaria
all'unico scopo di favorire una speculazione immobiliare. Affaristi senza
scrupoli e alcuni politicanti loro lacché, irresponsabilmente volti a manipolare
l'etica pubblica al punto da elevare a cultura prevalente il nuovo fascismo e il
suo portato di razzismo e xenofobia che ormai - senza più ostacoli o freni
inibitori - a Pavia come nel resto d'Italia ha contaminato il senso comune.
Il nuovo fascismo di chi ha spacciato per interesse collettivo il tornaconto
illecito dei loro sodali immobiliaristi e faccendieri, come se la «minaccia al
decoro urbano» fossero i mendicanti invece dei rapaci speculatori che, benedetti
dalla malapolitica, sistematicamente andavano violentando delicati equilibri
urbani e ambientali nonché la stabilità sociale di città e campagne.
Il nuovo fascismo di chi ha mantenuto e mantiene esseri umani nel degrado più
assoluto sopra terreni che si vogliono rendere edificabili, o in edifici
vincolati che si desidera abbattere. Quel triste copione che l'ex sindaco di Pioltello Mario De Gaspari (centrosinistra) ha acutamente definito la «finanziarizzazione
degli zingari».
Il nuovo fascismo nascosto dietro leggi come la "Bossi-Fini", la "Fini-Giovanardi",
la "ex-Cirielli". Sono leggi che criminalizzano la povertà, la precarietà, la
marginalità; leggi populiste volte a eludere problemi sociali - come le
tossicodipendenze - da affrontare fuori dalle aule dei tribunali, o dinamiche
mondiali come la globalizzazione degli umani (l'80 per cento dei detenuti
mantiene un basso indice di pericolosità).
Il nuovo fascismo di chi ha fatto della cattiveria una rendita economica, e lo
sanno bene i Governi che, negli ultimi vent'anni, hanno sostenuto l'ascesa del
loro Prodotto interno lordo con le spese militari e con l'indebitamento di
milioni di famiglie attratte dal miraggio della New Economy - la truffa del
secolo - mentre intanto i profitti migravano dall'industria verso il sistema
finanziario e lorsignori drenavano il denaro dei piccoli risparmiatori, indotti
a indebitarsi.
Il nuovo fascismo di chi ha fatto della cattiveria soprattutto una rendita
politica, e lo sa bene la Lega nord, che - ha scritto Ilvo Diamanti - raccoglie
le paure degli uomini spaventati e le moltiplica. Capta la xenofobia e la
riproduce.
Il nuovo fascismo di chi sulla cattiveria ha costruito rendite elettorali e
fortune politiche. E lo sa bene il sistema dei partiti, di destra e di pseudosinistra, sempre più attratti dalle semplificazioni del populismo e della
demagogia - queste sì "antipolitiche" - scorciatoie che ignorano la verità.
Il nuovo fascismo delle mafie sociali politiche e finanziarie che, dismesse
coppola e lupara, oggi operano in Borsa: sommerso e mafie sommati fanno un fiume
di denaro - circa il 40 per cento del Pil - che preme sull'economia legale e
condiziona il libero mercato. Le mafie fatturano 175 miliardi di euro - l'11,1
per cento del Pil - frutto di attività criminali, denaro che viene reinvestito
nell'edilizia e nelle attività commerciali, o in operazioni finanziarie
attraverso banche compiacenti. Nelle sole regioni del Nord, oltre 8.000 negozi
sono gestiti direttamente dalle mafie inabissate dei colletti bianchi. In
Italia, una moltitudine di esercizi commerciali è sottoposta all'usura, con
tassi di interesse in media del 270 per cento: un movimento di denaro di 12,6
miliardi che va ad aggiungersi al ricavato delle estorsioni (circa 250 milioni
di euro), della droga (59 miliardi di euro), delle armi (5,8 miliardi), della
contraffazione (6,3 miliardi), dei rifiuti (16 miliardi), dell'edilizia pubblica
e privata (6,5 miliardi) delle sale gioco e scommesse (2,4 miliardi), della
compravendita di immobili, della ristorazione, dei locali notturni, ecc. Uomini
cerniera mantengono i collegamenti con il mondo dell'economia, della politica e
della finanza. Le mafie condizionano l'intera filiera agroalimentare (7,5
miliardi) interagendo con segmenti della grande distribuzione.
Il nuovo fascismo celato dietro le "morti bianche" sul lavoro, una vera
emergenza: nel 2007 in Italia se ne sono avute 1.170 di cui 170 sono immigrati:
una strage. Nel 2008 i morti sul lavoro sono stati "solo" 1.120, uno ogni otto
ore, quasi il doppio della media europea.
Il nuovo fascismo delle false bonifiche - quelle in danno della salute dei
cittadini - e dei veri bonifici sui conti cifrati esteri di persone già ricche
eppure ostinatamente venali.
Il nuovo fascismo criminale di chi lascia morire esseri umani, come è ormai
norma al largo di Lampedusa.
Il nuovo fascismo dei cementificatori, degli asfaltatori e di chi - mafie e
speculatori - non smette di speculare sul consumo del territorio vergine, che è
un bene non riproducibile.
Il nuovo fascismo di chi vuole trasformare l'acqua in una merce su cui lucrare,
con rincari fino a cinque volte il prezzo attuale.
Il nuovo fascismo dei "cattolici senza fede", digiuni dei Vangeli che esibiscono
una croce senza più Cristo né carità.
Il nuovo fascismo di chi... (continua tu)
Il nuovo fascismo di chi non dà da mangiare nelle mense delle scuole elementari
ai bambini più bisognosi provenienti da famiglie indigenti. (Lorella
Pelizzoni)
Il nuovo fascismo di chi devia il denaro pubblico verso la scuola privata
distruggendo il concetto di scuola stabilito dall'art.33 della Costituzione. (Lorella
Pelizzoni)
CORRIEREIMMIGRAZIONE 22 aprile 2013 | di Stefania Ragusa
La deportazione dei rom dalla Germania al Kosovo: chi se la ricorda più? Eppure
è un fatto di pochi anni fa. Un bellissimo libro di poesie ci aiuta a non
dimenticare.
Dei saggi non noiosi si dice spesso che si leggano come romanzi. In questo caso
ci troviamo, invece, di fronte a una raccolta poetica che ha l'effetto di una
narrazione giornalistica di alto livello, capace di unire la precisione storica
dei fatti con i vissuti dei protagonisti. Ne Il pianto degli zingari
Paul Polansky, intellettuale controverso ma imprescindibile per chiunque sia
interessato al tema rom, ci parla di una vicenda assi incresciosa, vicina nel
tempo e nello spazio, ma finita in uno spesso e ovattato dimenticatoio: la
deportazione dei rom, dalla Germania al Kosovo, in campi pesantemente inquinati
dal piombo, nel 2010.
In molti casi, ad essere deportati, sono stati bambini nati e cresciuti in
Germania, che non conoscevano altra lingua che il tedesco ed erano assolutamente
impreparati alla vita nei campi. Si trattava dei figli dei profughi arrivati
soprattutto in Germania, ma anche in altri Paesi europei, in seguito alla guerra
dei Balcani del 1999. I rom erano stati considerati dalla maggioranza albanese
collaborazionisti dei serbi, le loro case bruciate e distrutte. Per questo, a
più riprese, erano fuggiti all'estero. Ma alla nascita del Kosovo, grazie a
sbrigativi e discutibili accordi con Pristina, e nonostante segnali evidenti che
davano a pensare circa la loro effettiva sicurezza, sono stati rimandati
indietro.
Il racconto è affidato a Danica, una bambina molto intelligente, che frequenta
la scuola a Monaco, prendendo ottimi voti, e sogna di fare il medico o
l'insegnante. Danica ricostruisce la vicenda in poche, calibrate parole. A
partire dalla notte in cui arrivarono gli albanesi a bruciare la loro casa: "I
nostri vicini Albanesi non ci violentarono/ Soltanto, continuarono ad urlare/
che avevamo soltanto due minuti/ per salvarci la vita/ Erano le quattro/ quella
mattina/ quando scappammo/ ancora in pigiama ...". Poi ci fu l'arrivo e l'incontro
con le cugine nate in Germania e che non parlavano romanés, figlie dello zio
scappato anni prima: "Alla fine della giornata/ stavano insegnandomi/ una nuova
lingua/ dissero che dovevo dimenticare/ di essere una zingara". Poi, la nuova
vita, la scuola, la vicina affettuosa, l'avvocato rassicurante ma certamente non
in grado di ipotecare il futuro e il padre che non voleva diventare un tedesco
ma che si trova a ricredersi in pochi istanti di fronte alla possibilità di lavorare. E poi, ancora, l'epilogo inaccettabile con i poliziotti che, come gli
Albanesi, arrivano la mattina presto "ed erano come la Gestapo nelle storie di
papà". Ma Danica anche all'interno del campo avvelenato dal piombo, mette in
atto la sua resistenza. Insegna il tedesco agli altri bambini. Prova a
incontrare il mondo fuori. E progetta il ritorno in Germania.
In appendice un testo firmato da Rainer Schulze, docente di Storia moderna
Europea all'università di Essex, tratteggia un quadro di riferimento che permette
di inquadrare meglio la vicenda. Il pianto degli zingari, che è stato tradotto
da Fabrizio Casavola, grande conoscitore del mondo rom e ideatore del blog
Mahalla, illustrato da Stephane Torossian e pubblicato da Volo Press, è un testo
che si presta a molti livelli di lettura. Anche per questo sembra fatto apposta
per essere proposto nelle scuole. Noi ci auguriamo che lo sia, che non si perda
diventando una piccola perla riservata agli addetti ai lavori. Perché di questa
informazione e di questa memoria oggi c'è bisogno come il pane. Soprattutto tra
i più giovani.
Di Fabrizio (del 27/04/2013 @ 09:07:16, in scuola, visitato 1958 volte)
A singhiozzo
Un caso di alto profilo in tribunale, genitori arrabbiati davanti alla
porta della scuola e sforzi, calmi e persistenti, che raccontano la storia
dell'integrazione dei Rom nell'istruzione croata.
Story and photos
by
Barbara Matejcic, a freelance journalist in Zagreb
-
27 marzo 2013
MEDJIMURJE COUNTY, Croazia | Tre anni dopo una sentenza a proposito
dell'appena iniziata integrazione scolastica, uno dei protagonisti di successo,
ora giovane uomo, dice che i Rom vanno meglio a scuola. Ma la sua fatica
nell'esprimersi in croato la dice lunga sulla scarsa istruzione disponibile a
molti Rom in uno stato in procinto di entrare nell'Unione Europea.
La Croazia iniziò a cercare l'integrazione scolastica, ben prima che il caso
Orsus e altri vs. Croazia arrivasse alla Corte Europea sui Diritti Umani nel
2003. I lenti progressi in quegli sforzi - e gli ostacoli che si opposero
all'accettazione della piccola minoranza romanì - vennero sottolineati l'autunno
scorso, quando i Croati gridavano slogan razzisti tentando di impedire ai dei
giovani rom di frequentare il prescuola nella regione di Medjimurje.
la scuola primaria Drzimurec-Strelec.
Dejan Orsus, uno dei 14 querelanti nel caso che prende il suo nome, si iscrisse
alla prima a Macinec, villaggio nella regione settentrionale di Medjimurje, nel
1999. In questa parte della Croazia, la maggior parte dei Rom vive in
insediamenti separati alla periferia dei villaggi a maggioranza croata, e a casa
parlano romanés. Dejan non parlava croato quando iniziò ad andare a scuola. Fu
messo in una scuola di soli alunni romanì, e lì rimase finché non lasciò la
scuola, nel 2006 quando aveva 15 anni, dopo aver completato la terza classe.
Dieci anni fa, quando Dejan andava ancora a scuola, il suo caso venne
sottoposto al tribunale dei diritti umani di Strasburgo, dopo che i ricorrenti
avevano perso a tutti i livelli del sistema giudiziario croato. Il 16 marzo
2010, il tribunale decise che la pratica di sistemare i Rom in classi separate,
equivaleva a discriminazione etnica.
Gli imputati - quattro scuole elementari, il ministero dell'istruzione, e la
regione di Medjimurje - sostenevano che la separazione degli alunni romanì era
giustificata a causa della loro scarsa conoscenza del croato, come stabilito da
perizie prima dell'iscrizione. Ma alcuni dei ricorrenti lamentavano di aver
passato l'intera vita scolastica in classi separate e che la loro competenza
linguistica non era stata testata regolarmente per determinare se potessero
essere inseriti in classi normali.
Quando ho incontrato Orsus a Parag, il più grande insediamento romanì in
Croazia, teneva in braccio un bambino. Ora ha 21 anni e dice che sta
frequentando il sesto grado in una scuola comunitaria - istituzione dove molti
adulti, soprattutto romanì. ricevono dal governo 210 euro al mese per continuare
la loro istruzione elementare, purché frequentino con regolarità. Gli ho chiesto
se fosse migliorato qualcosa nella scuola, a tre anni dalla sentenza del
tribunale. Mi ha guardato, incerto sull'aver compreso bene la domanda, così l'ho
ripetuta. Dejan ha annuito, dicendo: "Meglio, va meglio."
Si possono fare solo stime approssimative sul tasso di promozione degli
studenti romanì nella scuola primaria e secondaria, a causa dell'incertezza sul
numero reale dei Rom in Croazia e del fatto che il ministero dell'istruzione ha
iniziato a monitorare il rendimento scolastico dei Rom solo nel 2005. Nella
regione di Medjimurje, che ospita più Rom di qualsiasi altra regione croata,
sembra che pochi di loro vadano alle superiori o oltre. Di 1.589 scolari che
frequentano le scuole primarie della regione, dal primo all'ottavo grado,
soltanto 92 hanno raggiunto l'ottavo grado. Secondo il dipartimento regionale
per l'istruzione, la cultura e lo sport, solo 123 Rom frequentano le superiori.
Ogni anno si diplomano alle superiori circa 20 Rom.
L'elementare dr. Ivan Novak di Macinec, accusata a suo tempo di segregazione
scolastica, è frequentata da 465 bambini, 110 dei quali di etnia croata. I
bambini rom si concentrano nelle classi inferiori, sono i sette ottavi dei
primini, mentre i croati superano i Rom di cinque a uno nell'ottavo grado.
Bozena Dogsa
Quelle cifre mostrano non solo che la maggior parte dei Rom non riescono a
completare la scuola dell'obbligo, ma anche che il rapporto tra Rom e Croati
nelle scuole locali sta cambiando. La direttrice Bozena Dogsa, da 20 anni nel
mondo della scuola, dice che quando iniziò ad insegnare in loco solo un terzo
degli alunni era Rom, rispetto ai tre quarti di oggi.
Mentre in Croazia declina il tasso di natalità complessivo, quello tra i Rom
è aumentato negli ultimi 20 anni, cosa che molti pensano dipenda dalle politiche
governative negli anni '90, con be3nefici sociali ai genitori per arrestare il
declino della popolazione.
A differenza del censimento 2011 che contava 16.975 Rom - lo 0,4% della
popolazione - valutazioni più realiste stimano i Rom in 30.000, di cui forse
6.000 nella regione di Medjimurje. Classi di soli Rom esistono ancora a Macinec,
ed in altre scuole distrettuali di aree con molti Rom. Ci sono ancora bambini
che passano l'intero ciclo della loro istruzione, senza aver condiviso la
presenza di un Croato in classe, insegnante escluso. Non è necessariamente un
segno di deliberata segregazione,insistono alcuni educatori locali.
"Non abbiamo nessuna classe segregata. Come possono essere segregati i
bambini rom in una scuola dove sono la maggioranza? Non possiamo formare classi
per evitare la creazione di classi per soli rom. Chi integreremo con loro se non
ci sono bambini croati?" si chiede Dogsa. Puntualizza che gli insegnanti
passano i giorni prima dell'apertura della scuola a discutere sulle conseguenze
della composizione annuale delle classi, tenendo a mente il livello accademico
dei bambini, le amicizie, il rapporto tra bambini e bambine e altri fattori.
Dice: "Abbiamo 25 bambini rom in seconda e solo otto croati. Per noi
educatori non sarebbe accettabile separare quei quattro studenti in classi
differenti, dato che sono amici e vogliono rimanere assieme. Non penso che
dovremmo attenerci alle formalità solo per mostrare al mondo che stiamo facendo
un buon lavoro."
Ufficiosamente, gli insegnanti a Medjimurje ammettono che i bambini croati
sono tipicamente assegnati a classi con alunni romanì più capaci e, come dicono
spesso, "più civili", per essere3 sicuri che in un posto simile apprendano
meglio. Un insegnante nella scuola elementare di Kursanec, a predominanza Rom e
che fu anche tra quelle accusate nel caso Orsus, dice che i bambini nelle classi
di soli rom non si lamentano di essere segregati, perché in classi simili gli
standard sono più bassi. Gli alunni possono cavarsela con meno sforzo, al costo
di imparare meno. Anche dopo diversi anni di scuola, alcuni hanno scarse
capacità di lettura e scrittura, dice l'insegnante, che ci ha parlato a
condizione di non rivelare il suo nome. Aggiunge che per loro sarebbe più
efficace imparare a leggere e scrivere in romanes, cosa che li aiuterebbe a
cogliere più facilmente il concetto di apprendimento linguistico.
Dice l'insegnante, che tre anni fa i Croati per una settimana boicottarono
la scuola, dopo che vennero introdotte le cassi miste. Negli ultimi dieci anni
c'erano già state altre
proteste contro le scuole integrate. All'inizio dell'anno scolastico
2012-13, i residenti del vicino villaggio di Gornji Hrascan rifiutarono di
lasciare che un gruppo di giovani rom iniziasse il pre-scuola nella scuola del
villaggio che era composta da quasi solo Croati, sostenendo che non si potevano
accogliere nuovi alunni. Dopo uno stallo durato due giorni, i Croati cedettero
ed i Rom poterono da allora frequentare la scuola.
Le scuole materne sono state tra le maggiori beneficiarie degli schemi di
integrazione nei tre anni seguenti la decisione sul caso Orsus.. Anche se la
sentenza non obbligava la Croazia a prendere provvedimenti verso le scuole
segregate, il governo ha introdotto due nuovi programmi per dare ai Rom un
appoggio prima di iniziare la scuola primaria e per aiutarli una volta che la
frequentino.
Scuole materne per bambini che non abbiano fluidità nel croato operano oggi
nell'arco di tutto l'anno scolastico, invece che per soli tre mesi come in
precedenza. Molti genitori rom hanno afferrato questa opportunità per i loro
ragazzi, di trascorrere cinque ore al giorno a scuola, con trasporto verso e
dalla scuola e due pasti al giorno, tutto pagato dallo stato. Gli incaricati
della scuola di Gornji Hrascan dicono che il 90% dei bambini in età prescolare
ora frequentano, nonostante gli sforzi dei Croati all'inizio dell'anno
d'impedire l'ingresso ai Rom nella "loro" scuola.
Mantenendo aperti gli asili più a lungo durante tutto l'anno, gli educatori
sperano di inculcare l'abitudine alla frequenza scolastica nei più giovani e di
dare a chi parla romanes un vantaggio nell'imparare il croato, e ritengono che
il programma stia già dando risultati. Dogsa dice che soltanto un allievo nella
sua scuola è stata bocciata in prima, a fronte di una media di cinque prima
dell'apertura delle scuole materne.
Dogsa e altri presidi nell'area sostengono che il prossimo passo sarà di
rendere obbligatoria per tre anni la scuola materna, per rafforzare
ulteriormente i benefici della prima scolarità.
L'altra misura di integrazione ispirata dal caso Orsus è il programma di
doposcuola nelle elementari. Programmi simili esistono in molte scuole, qui a Medjimurje
lo scopo principale è di aiutare gli studenti rom con lezioni di lingua croata.
La scuola
Drzimurec-Strelec nel villaggio di Drzimurec partecipa al programma di
doposcuola, ma sinora sono inclusi soltanto i primini, causa la mancanza di
fondi, dice il direttore Djurdja Horvat. C'è ragione per credere che il
programma possa fare la differenza: con un simile progetto pilota tre anni fa
erano coinvolti gli studenti di quinta, nove dei 15 Rom che vi parteciparono
completarono tutti gli otto gradi della scuola primaria, aggiunge Horvat. Prima,
un solo studente rom all'anno completava il ciclo di studi. Aprire questo
programma a più allievi, come estendere la materna a tre anni, potrebbe
migliorare significativamente le prestazioni accademiche dei bambini rom, dice.
Comunque stiano le cose, la sua scuola sta cercando un metodo proprio. Dice:
"Quest'anno abbiamo circa 30 primini, la metà dei quali si trattiene. Quanti
partecipano difficilmente falliscono, perché acquisiscono fondamenta più solide.
Così ha provato di essere un buon metodo."
Radovan Balog, a capo del consiglio del villaggio di Parag, ha quattro
bambini a scuola. Ha riflettuto sulla risposta del suo vicino Dejan Orsus
riguardo la domanda su cosa sia cambiato dopo la sentenza della Corte Europea
dei Diritti Umani.
Dice: "Va meglio di prima, soprattutto perché quasi tutti i bambini ora vanno
alle materne."
"E poi, le scuole stanno coinvolgendo sempre più i genitori nell'istruzione
dei figli. Tuttavia, il problema è che anche quelli che si diplomano non
riescono a trovare lavoro, e questo genera la perdita di motivazione nel
continuare gli studi. La maggior parte lascia in quinta elementare o prima
media, o quando hanno 15 anni. E' l'età in cui ci si sposa e si hanno figli.
Così possono almeno avere gli assegni sociali che li aiutano a tirare avanti."
Balog dice che qui la segregazione è radicata: "Semplicemente, ci sono troppi
Rom e pochi Croati perché ci siano tutte classi miste."
L'insegnate di Kursanec ripropone un'idea nata dai movimenti per i diritti
civili negli Stati Uniti, che si è tentata di diffondere in un paio di posti in
Romania, come in altri luoghi in Europa dell'Est. Se i bambini rom venissero
portati con autobus nelle scuole a predominanza croata, a pochi chilometri di
distanza, si formerebbero classi di otto Croati e quattro Rom, così che
potrebbero imparare a ritmo più sostenuto.
Dice: "Sarebbe una spesa aggiuntiva, ma è più costoso non educare bambini che
un giorno potrebbero diventare utili membri della società, che trasformali in
casi da welfare."
- Errata corrige: la scuola della regione di Medjimurje
riportata nel secondo paragrafo è una materna e non un asilo,
come da didascalia originale.
Di Sucar Drom (del 28/04/2013 @ 09:03:55, in blog, visitato 1549 volte)
COMMISSIONE EUROPEA: Impiego, Affari Sociali e Inclusione 15/04/2013
© 2013 GeoBasis-DE/BKG, Google
La Commissione Europea ha preparato una
mappa interattiva di regioni, città e
comuni impegnati ad integrare la loro popolazione rom e che hanno iniziative di
rete create per sostenerli nel raggiungimento del loro obiettivo.
L'inclusione sociale dei rom è una responsabilità comune delle istituzioni
europee e degli Stati Membri ma, includere le autorità locali risulta cruciale
per mettere a punto misure volte a cambiare la vita delle comunità rom.
Diverse iniziative stanno supportando le autorità locali nel pianificare ed
implementare le strategie perl'inclusione dei rom e per richiedere finanziamenti
europei fornendo loro l'expertise e le opportunità per imparare tra di loro e
condividere esperienze:
- Il sito
Network dei sindaci che ricevono il maggior numero di fondi europei per
l'inclusione dei rom (MERI) dell'Open Society Fundation riunisce comuni dalla
Bulgaria, dall'Ungheria, dalla Romania e della Slovacchia e, in un secondo
momento includerà anche comuni dalla Macedonia, dalla Croazia, dalla Serbia e
dalla Repubblica Ceca, al fine di scambiare buone pratiche, di creare servizi
rivolti ai rom e di usare al meglio i fondi europei dati alle comunità locali.
- La
task force per l'inclusione dei rom di EUROCITIES promuove lo scambio di
buone pratiche, la crescita di consapevolezza sulla prospettiva cittadina sulla
mobilità europea e l'inclusione dei rom e l'accesso ai fondi per le politiche
locali volte all'inclusione dei rom. MERI ed EUROCITIES forniscono supporto
anche ad un programma di scambi est-ovest per trasferire buoni esempi di
inclusione e accessibilità dei servizi locali dall'Europa occidentale a quella
orientale e per migliorare i servizi rivolti ai rom conducenti uno stile di vita
nomade.
- L'Alleanza Europea delle Città e delle Regioni per l'Inclusione dei Rom fornisce
supporto alle autorità locali e regionali nel campo dello scambio di esperienze
e di pratiche, organizza workshop tematici, corsi e visite sul campo e scambia
informazioni sulle politiche e sulle fonti di finanziamento.
- ROMED (Mediazione interculturale per i rom) è un programma comune del Consiglio
d'Europa e della Commissione Europea per migliorare l'interazione tra le
istituzioni pubbliche locali e le autorità e le comunità rom e, allo stesso
tempo, assicurare l'accesso dei rom ai loro diritti. È implementato in 22 Paesi
europei.
- Il
Forum dei Sindaci per l'Inclusione dei Rom è un'iniziativa del Fondo
Internazionale Visegrad nel quale i sindaci della Repubblica Ceca,
dell'Ungheria, della Polonia e della Slovacchia si scambiano esperienze e buone
pratiche per l'integrazione della popolazione rom.
- Il
Progetto di Rete Urbana Rom è costituito da una partnership di nove città
europee volte ad informare e a fornirsi supporto reciproco per lo sviluppo di
piani d'azione locali per l'inclusione sociale dei giovani rom e la loro
transizione a cittadini adulti attivi.
CORRIEREIMMIGRAZIONE 28 aprile 2013 | di Clelia Bartoli
Le forme del razzismo sono tante e diverse: ve ne sono di chiassose e sfacciate,
ma anche di pudicamente ipocrite, alcune utilizzano la forza bruta, altre si
avvalgano dell'insulto o del semplice sguardo, altre ancora impiegano strumenti
di oppressione più subdoli e sottili.
Tra i razzismi che amano mascherarsi, a mio avviso, va annoverato
l'assistenzialismo: tale agire appare generoso, benevolo, preoccupato di
soddisfare i bisogni dei deboli, ma esso in realtà è offensivo, dannoso e
perfino razzista.
È razzista perché ripropone il mito coloniale del buon selvaggio, del quale
l'uomo bianco deve "prendersi cura", senza che il selvaggio venga però invitato
al tavolo delle decisioni che riguardano la sua vita. L'assistenzialismo dunque
infantilizza l'assistito: lo reputa minore, lo tratta da minore, lo abitua alla
minorità. E ciò, come spiega Kant, reca vantaggio al narcisismo degli aspiranti
tutori e foraggia l'inclinazione umana alla pigrizia e alla delega. Una perfetta
rappresentazione iconografica dell'assistenzialismo l'ha fatta il regista che ha
firmato uno spot (...) per un programma di solidarietà verso le donne
africane Un mese per la vita, promosso dalla fondazione Rita Levi-Montalcini
insieme all'acqua Lete.
Lo spot – alquanto discutibile a sostegno di un progetto probabilmente meritorio
– mostra la mano di una donna nera che iniziava a scrivere con un gesso su una
lavagna la parola "futuro", quando arrivava la mano di un'anziana donna bianca a
guidarla nella scrittura di tale parola. La donna africana è così paragonata ad
una bambina di scuola elementare che l'insegnante europea deve guidare dirigendo
la progettazione del futuro dell'assistita. Viene ad istaurarsi un rapporto
fortemente asimmetrico tra chi guida e chi è guidato, tra chi è autore del
proprio futuro e chi è eterodiretto nel proprio progetto di vita.
L'assistenzialismo ha inoltre un elevato costo per l'intera comunità e questo fa
sì che i "beneficiati", visti come parassiti, non attirino su di sé troppe
simpatie. Ma ciò non sarebbe un vero problema se davvero soggetti svantaggiati
acquisissero un vantaggio e dunque una maggiore uguaglianza. Il problema è che
l'assistenzialismo (cosa diversa da una giusta solidarietà sociale) non reca
grandi benefici ai "beneficiati". Dijana Pavlovic, in un articolo dal titolo
appunto Dall'assistenza alla responsabilità apparso sull'ultimo numero di "Near"
(p. 27), scrive:
"Il mio amico attivista rom Giorgio Bezzecchi mi racconta che nel suo villaggio
di 50 persone (una famiglia allargata) non ci sono particolari problemi. Tutti
sono autonomi e si occupano di se stessi da anni. Lavorano, sono cittadini
italiani, accedono ai servizi come tutti gli altri. Da qualche anno quel campo è
affidato in gestione a una cooperativa. Ci sono alcuni operatori che vengono al
campo per "assistere" le persone. La conseguenza è che i rom che hanno bisogno
di fare una fotocopia o andare in un ufficio per compilare un modulo adesso si
fanno accompagnare dagli operatori. Oltre ai costi materiali di questa
operazione da non sottovalutare e che pesano su tutti i cittadini, il costo più
grande lo pagherà per intero quella comunità rom: sempre più deresponsabilizzata
e sempre meno autonoma".
L'assistenzialismo è una forma di aiuto che tarpa le ali, che non cede potere,
che parte dall'assunto dell'incapacità del debole di risolvere le cose da sé,
che anchilosa la forza e le abilità, che abitua alla dipendenza e alla
deresponsabilizzazione, che produce apatia e fatalismo, che foraggia
l'autocompiacimento di chi vuole controllare per mezzo di un aiuto interessato.
Esso umilia obbligando ad una gratitudine che facilmente si converte in rabbia
verso il solerte salvatore. La rabbia, infatti, si scatena puntualmente verso
quei genitori, insegnanti, operatori sociali, ecc. che "dandoci" in realtà "ci
rubano" la possibilità di essere autori delle nostre vite.
Di Fabrizio (del 01/05/2013 @ 09:08:13, in lavoro, visitato 1596 volte)
Circa un mese fa, ero in giro col computer portatile. Freddo e pioggia di una
primavera che non arriva. Mi ero seduto nella sala d'aspetto di una stazione
per sfruttare il WiFi e terminare una traduzione (e magari scorrere qualche
inserzione di lavoro). Studenti e famigliole in partenza per il ponte pasquale.
Una signora seduta accanto a me avvisa la sua vicina, una vecchietta malmessa,
di fare attenzione al borsellino, perché ha visto una zingara che si aggira tra
la sala d'aspetto e le macchinette delle bibite.
Esco a fumare, il bar è chiuso. La zingara mi chiede qualche moneta. Le
rispondo in romanes che non ho un soldo. Quella mi guarda curiosa, sorride, e tempo un
minuto ne saltano fuori altri quattro, e mi circondano per vedere uno che parla la loro lingua. Mi
chiedono se sono rom e facciamo le presentazioni.
Loro sono rom rumeni, arrivati da poco dalla Spagna. Mi informo su dove siano
stati e sulla situazione in Spagna. Non c'è più lavoro per nessuno, mi dicono. E
si continua a parlare sul cosa fare, in un misto italiano-spagnolo-romanes. Dato
che il lavoro sembra un tasto dolente per tutti, su youtube cerco qualche brano
musicale rom e rumeno. Si mettono a ballare sul marciapiede, tra i passeggeri che aspettano il
treno. Arriva un loro amico, credo un facchino siciliano.
Poi salta la connessione e ci si saluta.
Di Fabrizio (del 02/05/2013 @ 09:03:46, in media, visitato 1534 volte)
Commenti: Come produrre disinformazione sui media cechi -
Prague, 8.4.2013 20:48, (ROMEA)
Zdenek Ryshavy, translated by Gwendolyn Albert
"Spiacenti, ci siamo bevuti una bufala..." - un famoso titolo dal
giornale britannico The Daily Mirror.
"-Quando crescerò, voglio avere l'assistenza sociale- si augura un
povero bambino dai ghetti romanì". Così recita il titolo di un particolare
articolo pubblicato sul news server iDNES.cz qui in Repubblica Ceca alcuni
giorni fa.
Il pezzo entra immediatamente nei dettagli. "Cosa vorrebbero fare i
bambini dei ghetti romanì a Liberec, una volta cresciuti? L'assegno di
disoccupazione o l'assistenza sociale, hanno risposto in molti durante un
recente sondaggio di People in Need (Clovek v tisni).
Va di male in peggio nella città in cui sono in 100.000 a vivere nei ghetti,
soprattutto a causa della loro estrema povertà e mancanza di istruzione, secondo
una ricerca di un gruppo speciale del municipio di Liberec, guidato dal
consigliere David Vaclavik."
Poi l'articolo continua con una descrizione piuttosto precisa della vita
negli ostelli residenziali. Con l'aiuto degli inquilini poveri (la cui maggior
parte sono romanì) i proprietari di questi posti imboscano ogni mese migliaia di
corone a spese dei contribuenti, attraverso i sussidi agli alloggi erogati a
favore di chi si trova in difficoltà materiali. Tuttavia, titolo e inizio
dell'articolo sono completamente estranei al resto del contenuto.
L'informazione di base fornita dai primi due capitoli dell'articolo in
questione è la seguente: C'è stato un sondaggio dell'organizzazione People in
Need che ha stabilito che l'x % dei bambini nei ghetti romanì in futuro vuole
campare di welfare, esiste anche un rapporto del municipio di Liberec condotto
dal consigliere comunale David Vaclavik.
Ho iniziato a cercare questi materiali, dato che sono davvero interessato sui
dati concreti dei desideri dei bambini nei ghetti romanì. Cosa ho trovato?
Non esiste nessun sondaggio di People in Need a riguardo. C'è
solo il rapporto del gruppo del consigliere
David Vaclavik, che non menziona niente su tale indagine. Titolo e parte
introduttiva dell'articolo sono, quindi, disinformazione e menzogna.
In che maniera queste informazioni, menzognere e fuorvianti, diventano
notizia? E' facile.
L'autore ha ricevuto, come "velina" per il suo articolo, un rapporto dal
comune di Liberec sugli ostelli residenziali. Tale rapporto li descrive in
maniera similare a come vengono illustrati in un recente rapporto di Life
Together sulla insostenibile situazione degli ostelli a Ostrava.
Alla fine di queste tre pagine, l'autore ha letto quanto segue: "Un segno
tipico dei luoghi coperti da questo rapporto, è la mancata scolarizzazione dei
residenti. Non dobbiamo sorprendercene, date le condizioni in cui vivono. Questa
gente deve affrontare situazioni di base riguardo i propri bisogni e
l'istruzione è tra queste. Il valore dell'istruzione in queste località è molto
basso. La gente che vive lì basa le decisioni sulla propria esperienza che,
sfortunatamente, è quella dei loro vicini che non lavora o non trova lavoro.
L'opinione generale è che se anche i loro figli raggiungessero un determinato
livello di scolarità, non troverebbero comunque lavoro. Un altro problema è che
l'ambiente in località simili non ispira, per esempio, neanche le famiglie i cui
figli dovrebbero frequentare le scuole primarie e secondarie. I bambini in
questo ambiente spesso non riescono, non tanto per ragioni intellettuali, quanto
a causa dell'influenza ambientale in cui vivono. Sono da considerare anche le
influenze spaziali, dato che la maggior parte non ha un posto proprio dove
studiare. Quando studiano, devono farlo nelle aree comuni, come la cucina."
L'autore dell'articolo non era pigro - prese il telefono e chiamò la sezione
a Liberec di People in Need, da cui apprese, tra l'altro, che i bambini poveri
mancavano di modelli positivi nel loro quartiere, che vedevano la gente attorno
a loro dipendere dal welfare e che l'impressione che potevano ricevere da tutto
ciò era che vivere di assistenza fosse normale. E' chiaro che alcuni bambini
allora dicano che una volta cresciuti, vogliono l'assistenza. Personalmente, li
ho sentiti anch'io. Tuttavia, niente di tutto questo può essere definito
un "sondaggio"!
Com'è consuetudine in internet, questa disinformazione, questo titolo, questa
voce ed i due capitoli d'apertura si stanno diffondendo a valanga. Una blogstar
su iDNES.cz, Bretislav Olsher, ha scritto un post dal titolo: "Conoscono il
significato della vita, Per vivere, come i loro padri, di assistenza." (Maji svuj smysl
zhivota; zhit jako jejich otcové ze socialnich davek)
Il pezzo di Olsher spinge un passo oltre l'originale. Non si tratta più
soltanto del ghetto a Liberec, ma dei bambini romanì in tutta la Repubblica
Ceca. "Raramente vanno a scuola, non si lavano quasi mai, la maggior parte
di loro sono analfabeti, e l'unica cosa che sentono e vedono attorno a loro è
parlare di assistenza e di come imbrogliare i burocrati. Cosa vorranno diventare
una volta cresciuti, questi bambini dei ghetti di Chanov, Janov, Liberec,
Ostrava, Varnsdorf o Vsetin? Diventeranno percettori di assistenza...,"
scrive Olsher.
Un altro blogger su iDNES.cz, Martin Pipek, ha scritto un articolo con un
titolo simile: "Piccoli romanì: Voglio essere come papà! Pigro, mai
lavorare, vivere di welfare!" (Mali Romové: "Chci byt jako tata! Linej, nemakat,
zhit z
davek!"). In questo pezzo traboccante d'odio, Pipek dichiara nel
secondo paragrafo quanto segue: "Non so quanti di voi si siano persi il
rapporto di People in Need sui ghetti romanì e vi abbiano trovato ciò che si
aspettavano. I bambini romanì locali hanno confessato che una volta cresciuti
vogliono campare di assistenza. Da che aktro posto avrebbero preso ispirazione?
Se fossero sinceri, cosa ci aspettiamo da questa minoranza?"
Il rating "karma" del post di Pipek su iDNES.cz, che arriva ad un massimo di
50, indica una valutazione di 40,99 quando l'ho controllato l'ultima volta.
Oltre 2.500 persone l'hanno letto.
Ancora una volta: Non esiste nessuna ricerca di People in Need.
Interessa a qualcuno? Disinformazioni e menzogne continuano a diffondersi.
Il codice dei blogger su iDNES.cz recita quanto segue: "Al blogger non è
permesso pubblicare informazioni che siano incomplete, false o non verificabili,
specialmente se così facendo si possano danneggiare gruppi o individui." I
lettosi giudichino da sé, allora, cosa fare dell'autore dell'articolo originale
e dei blogger su iDNES.cz.
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