Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/10/2008 @ 20:30:19, in Italia, visitato 1607 volte)
LE LEGGI RAZZIALI DELLA LEGA NORD: OFFESE ALLA DIGNITA' DEGLI SCOLARESCHI
IMMIGRATI, RONDE E DISCRIMINAZIONI DEGLI AMMALATI STRANIERI.
Foggia, 20 Ottobre 2008. Nell'ambito della discussione in Senato del cosiddetto
"Pacchetto Sicurezza", in commissione congiunta Giustizia ed Affari
Costituzionali, e' stato depositato dalla Lega Nord un emendamento che mina
radicalmente la garanzia d'accessibilita' ai servizi per i cittadini stranieri
irregolari cosiddetti clandestini.
Cominciamo dal comma 5, la cui cancellazione e' di estrema gravita':esso infatti
attualmente prevede che l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello
straniero "clandestino" non puo' comportare alcun tipo di segnalazione all'autorita',salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto,a parita' di
condizioni con il cittadino italiano.
L'ACSI ritiene pertanto inutile e dannoso il provvedimento in quanto:
- spingera' all'incistamento sociale, rendendo invisibile una popolazione che
sfuggira' ad ogni forma di tutela sanitaria e di contatto sociale legittimo;
- Potra' produrre percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie parallele al di
fuori del sistema di controllo ( rischio d'aborti clandestini, gravidanze non
tutelate, minori non assistiti etc)
- Avra' ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione
d'eventuali focolai di malattie trasmissibili;
- produrra' un aumento dei costi in quanto comunque le prestazioni di pronto
soccorso dovranno essere garantite e le condizioni di arrivo saranno
significativamente piu' gravi e necessiteranno di interventi piu' complessi e
prolungati.
L'ACSI chiede a chi di dovere ed in particolare ai Senatori e Deputati della
provincia di Foggia in particolare, ed a quelli della Puglia; in generale; di
avviare un serrato dibattito perche' sia ritirato l'emendamento razzista della
Lega Nord.
IL PRESIDENTE: Habib SGHAIER.
Associazione Comunita' Straniere in Italia ( A.C.S.I.)
Via Federico Spera,95 71100 FOGGIA
Fax 0881200015 Mobile 3497239108
E.mail com.stran@yahoo.it
acsi.h@libero.it
"Io non condivido le tue idee, ma lottero' con tutte le mie forze perche'
tu, come me, possa liberamente esprimere il tuo pensiero". (Voltaire)
Di Fabrizio (del 21/10/2008 @ 08:58:18, in Italia, visitato 2024 volte)
Un lungo ed interessante articolo del 19 ottobre tratto da
CITYROM, lo stesso giorno e' apparso li' un altro post sul campo di via Idro, di cui purtroppo c'e' solo la fotografia aerea
Visita al villaggio solidale di Rho e conversazione con Maurizio Pagani di Opera Nomadi e alcune abitanti.
(@2008 google - Immagini @2008 digitalGlobe, Cnes/Spot image, GeoEye)
Il 29 novembre 2007, con alcuni studenti (1) e Maurizio Pagani dell'Opera Nomadi, abbiamo visitato il
"Villaggio solidale" di Rho.Situato alla periferia della cittadina, nei pressi dell'area industriale, il villaggio
e' costituito da un�undici casette-container, ciascuna con un proprio spazio all'aperto,
sistemato a orto o giardino e il posto-auto, spesso occupato da roulotte
utilizzate come dependance della casa. In un edificio di lamiera realizzato da Opera Nomadi e utilizzato come spazio comune e laboratorio, abbiamo incontrato alcune donne, intente a cucinare, a cucire delle borse di tela e a realizzare della bigiotteria artigianale. Abbiamo rivolto a loro e a Maurizio Pagani alcune domande sulla storia del villaggio e sulle loro condizioni di vita.
Maurizio Pagani: Questo e' un campo nomadi comunale realizzato nell'aprile di quest'anno dopo una lunga trattativa che ha contrapposto l'amministrazione comunale, anzi le amministrazioni comunali precedenti, e una parte della comunita' rom che da oltre dieci anni abita in questo comune. Sono rom di etnia Kanjaria provenienti dalla Serbia e in parte dalla Croazia. Rom che avevano acquistato dei terreni agricoli su cui avevano poi costruito delle abitazioni ,cominciando un lungo contenzioso amministrativo con il Comune. Comune che pero'
che nel corso di questi ultimi 10 anni ha cercato anche di favorire l'integrazione sociale di questa comunita' agendo sopratutto sul versante scolastico. Si
e' infatti partiti da una condizione iniziale in cui i bambini andavano poco e per poco tempo a scuola alla situazione attuale in cui moltissimi bambini sono iscritti alla scuola materna, alla scuola elementare ed alcuni stanno per licenziarsi alla scuola media. Una situazione che tende a ribaltare i dati statistici a livello nazionale. Normalmente a scuola i bambini dei campi rom ci vanno per poco tempo
e nell'ordine del 20-30% della popolazione complessiva. Qui invece abbiamo un altissimo livello di scolarizzazione.
Hanno lasciato i loro terreni, famiglia per famiglia...
Abitante: Erano terreni privati! Comprati con i nostri soldi! Poi non so cosa ha fatto il
Comune... loro dicono che quei terreni erano agricoli ma noi non lo sapevamo. Noi li abbiamo comprati per abitarci e per non vivere sempre sotto la minaccia degli sgomberi. Abbiamo venduto la casa a Zagabria per comprare il terreno qui in Italia.
Maurizio Pagani: Hanno pagato dei terreni agricoli ad un prezzo dieci volte superiore al loro
valore...
Abitante: Ho pagato 150 milioni di lire. E adesso il Comune cosa mi ha dato? Questa casa per me e mio figlio con un'unica stanza e il bagno. Per questo motivo ho costruito questo spazio in piu', dove possiamo mangiare..
Prima di arrivare qui dove abitavate?
Abitante: Eravamo a Muggiano
Quando siete partiti da Zagabria?
Abitante: Siamo partiti tanti anni fa, era ancora vivo mio marito. Sono passati ventisette anni da quando mio marito ha avuto un incidente a Zagabria ed
e'
morto. La mia figlia maggiore oggi ha trentasei anni, quando siamo venuti in Italia aveva sei mesi.
Avete lasciato Zagabria trentasei anni fa?
Abitante: Non l'abbiamo lasciata del tutto. A Zagabria abbiamo ancora le case. Quando mio marito
e' morto io sono tornata a Zagabria a vivere con i miei figli. I due figli maschi andavano a scuola e le figlie femmine erano con me a casa. Quando i miei bambini sono cresciuti sono tornata in Italia. Qui c'erano tutti i miei parenti, a Zagabria ero sola con i miei bambini. All'inizio vendevamo i fiori e le pentole. Noi siamo dei Kalderasha... Eravamo sempre in giro. Poi abbiamo deciso di comprare dei terreni. Per nove anni siamo rimasti sui nostri terreni. I bambini andavano a scuola e tutto era tranquillo. Poi
e' venuto il Comune e' ci ha cacciati. Adesso anche da qui vogliono cacciarci! Il Comune non ci ha pagato il terreno. Ci ha dato in cambio solo questa casa con un po' di giardino e basta.
Maurizio Pagani: Il Comune ha requisito il terreno ripristinandolo all'uso iniziale, agricolo. Il terreno
e' stato sequestrato ed e' passato di proprieta' del Comune. Sui terreni c'era un abuso edilizio conclamato, che non era possibile sanare e di fatto secondo l'attuale legislazione
e' stato possibile espropriarlo al legittimo proprietario.
Nel progetto originario, questo insediamento - che adesso e' stato attrezzato con dei container che sono dignitosi ma insufficienti - prevedeva delle casette di tipo rurale, molto piu' ampie, con una superficie di 80/100mq, che avrebbero consentito a loro di vivere meglio.
Perche' i campi vengono costruiti in questo modo, con container, come se fossero una soluzione temporanea d'emergenza?
Maurizio Pagani: Per ragioni politiche certamente, ma sopratutto perche' costano poco. Sistemare delle persone in luoghi come questo costa molto, ma molto di meno che sistemarli in qualunque altra situazione: casa popolare, ecc.
Abitante: Noi non vogliamo che i nostri figli seguano la nostra strada. Per questo abbiamo comprato i terreni. Io devo sistemare i miei nipoti, i miei figli. Loro lavorano, vanno a scuola, studiano. Io non riesco a capire perche' ci vogliono mandare via. Tutti i giorni ci vengono a controllare. Non ci aiutano in niente. Hanno detto che ci avrebbero aiutato a trovare lavoro, ma nulla. Anche la Caritas non ci ha
aiutato... Tutti vogliamo lavorare. Io ho 65 anni e anch'io, se mi dessero un lavoro, andrei a lavorare. Noi siamo nomadi Kanjaria, da piu' di trent'anni siamo in Italia. Fino a quando non sono arrivati gli albanesi, i rumeni, i bulgari, noi eravamo ritenuti bravi. Noi non siamo tutti come veniamo percepiti. I nomadi non sono tutti uguali!
Maurizio Pagani: C'e' una difficolta' oggettiva. La loro immigrazione e' iniziata circa trent'anni fa. La maggior parte dei ragazzi, anche quelli maggiorenni che a loro volta hanno avuto dei figli, sono nati in
Italia ma non sono cittadini italiani e nemmeno cittadini stranieri. Non hanno i documenti e questo
e' uno dei motivi per cui quando un ragazzo decide di andare a lavorare non ha la possibilita' di farlo in regola. Non ha una carta
d'identita', un passaporto e non ha neanche il riconoscimento di apolide. Non ha
un'identita'. All'interno della loro condizione che e' gia' tanto difficile per diversi motivi, ci sono tanti problemi che riguardano la cittadinanza che sono aumentati e si sono complicati nel corso del tempo.
Una delle cose che gli abitanti di questo campo stanno facendo oggi - e non e'
l'unica - e' quella di partire dalle proprie competenze, (per es. sapere cucire, lavorare con le mani, ecc.) per inventarsi un lavoro. In qualsiasi parte del mondo questo sarebbe visto come qualcosa di dignitoso, noi invece tendiamo a disprezzarlo e a non riconoscerlo come lavoro.
Le politiche sociali stanno cambiando e gli zingari che vivono all'interno di questo campo comunale, dovrebbero oggi dimostrare di essere dei bravi cittadini perche' mandano i bambini a scuola, lavorano, osservano le leggi.
E' quello che tutti noi siamo tenuti a fare perche' siamo sottoposti alle leggi su cui si fonda la coesione sociale. Ma per noi
e' scontato e per loro no. In quanto appartenenti ad una minoranza che noi guardiamo con sospetto e con allarme, devono in qualche modo dimostrare attraverso l'osservanza di regolamenti particolari di essere davvero dei buoni cittadini.
A nessuno poi interessa vedere che la mattina stipano i bambini sui mezzi che hanno e li portano a scuola, perche' evidentemente lo avvertono come qualcosa di importante per i loro figli. E fino a qualche anno fa non era cosi', la scuola veniva guardata con sospetto. Qui siamo di fronte a persone che hanno un problema concreto: come faccio io a portare i bambini a scuola? Che hanno bisogno di un bene strumentale e che sono capaci di organizzarsi. Mentre noi ci ostiniamo a pensare che abbiano bisogno d'altro. Diverso
e' il problema per esempio di Giuliana e Jessica che vanno alla scuola media. Ci sono difficolta'
che queste ragazze incontrano: vivere in un contesto in cui hai i genitori che non sono andati a scuola e che quindi non riescono ad aiutarti, oppure tornare a casa e non avere un posto dove mettersi a studiare. Loro studiano qui (nel locale comune realizzato da Opera Nomadi) allo stesso tavolo dove Federica lavora e le altre donne cucinano. Per loro
c'e' bisogno di un aiuto in piu' che per altri non e' necessario, per stare meglio a scuola e imparare come gli altri.
E' una forma di intervento rispettosa che noi cerchiamo di offrire: fare insieme alle persone quello che serve alle persone ma senza avere la presunzione che quello che tu decidi di fare sia la cosa giusta.
Abitante: Una volta i bambini non andavano a scuola perche' eravamo sempre in giro. E poi gli anziani e le nostre madri non ci lasciavano andare perche' avevano paura che incontrassimo i
ragazzi...
Maurizio Pagani: E' vero. C'era anche paura e diffidenza
Abitante: Non solo, c'erano tanti motivi. Gli italiani guardavano con
molta differenza i nostri bambini. Anche oggi ci sono molti problemi. Ancora
oggi succede che i nostri bambini vengono discriminati. I nostri bambini si
sentono diversi e anche se vorrebbero integrarsi non ne hanno la possibilita' perche' vengono sempre attaccati.
Maurizio Pagani: Per esempio Erica ha seguito quest'anno un corso per mediatrici culturali rom. A Milano da tanti anni ci sono una quindicina di donne che vivono in questi insediamenti e lavorano come mediatrici culturali; che hanno iniziato a studiare e che attualmente svolgono la loro professione all'interno delle scuole, dei servizi sanitari. Queste esperienze sono pero' pochissime. Purtroppo normalmente nessuno investe per fare in modo che tante persone abbiano la possibilita' di maturare un esperienza professionale e culturale stando qua dentro. Perche', se il medico, l'assistente sanitaria viene qua e fa la propria lezione, dice come ci si dovrebbe comportare ma non
c'e' nessuno all'interno del campo che raccoglie quello che e' stato detto e discutendo e vivendo insieme alla gente, lo traduce, magari modificandolo secondo le sue esigenze, quegli insegnamenti non hanno nessun valore e nessun senso. Questa
e' la funzione piu'
importante che hanno i mediatori culturali. Eppure dopo tanti anni, dopo tante iniziative, quasi mai si costruiscono percorsi di sviluppo per le comunita' e questo
e' un grande handicap.
Che tipo di relazioni avete con il territorio di Rho?
Abitante: Portiamo i bambini a scuola, andiamo a fare la spesa, chi non ha lavoro va a
mendicare...
Avete rapporti con altri genitori?
Abitante: Si, i bambini hanno amici e amiche. Ci sono tante maestre che vengono a trovarci e ad aiutarci.
Maurizio Pagani: Da due anni a questa parte si e' formato un piccolo gruppo musicale che sia chiama
"I musicanti", composto da ragazzi che abitano a Rho e da un musicista che abita qui al campo.
(1) dei corsi di "Urban Design Workshop" della Laurea specialistica in Architettura/Master of Science in Architecture del Politecnico di Milano e di Urbanistica della Laurea in Scienze Umane dell�Ambiente, del Territorio e del Paesaggio, dell�Universita' Statale di Milano.
Di Fabrizio (del 22/10/2008 @ 05:02:31, in Italia, visitato 1470 volte)
A Milano giovedi' 23 ottobre, in Camera del Lavoro, corso di Porta Vittoria 43, salone Di Vittorio "IL ROSSO INTERROGA IL GIALLO", riflessioni sulla Milano dopo i fatti di Opera del dicembre 2006. Intervengono tra gli altri Rosati, Biondillo, Dazieri e Colaprico. L'ho sentito ieri su Radio Popolare, non ho trovato altre informazioni.
Di Fabrizio (del 24/10/2008 @ 09:05:04, in Italia, visitato 2000 volte)
Ricevo da
Tom Welschen
Protesta pubblica della comunità sinta di Rovereto.
Mercoledì 22 ottobre ore 17 nuovo appuntamento in piazza a fianco della comunità
sinta
Domenica sera Samo e Mirko - due ragazzi della comunità sinta di Rovereto -
hanno raccontato, durante la
seconda
giornata di Costruire Autonomia, la loro incredibile situazione. Da
20 anni rinchiusi in un campo che loro stessi definiscono lager, con servizi
fatiscenti e condizioni igieniche assolutamente inaccettabili.
Hanno spiegato anche la forma di protesta che da mesi stanno conducendo nella
città di Rovereto: usciti dal campo sosta hanno cominciato a parcheggiare i loro
camper e le loro roulotte ai lati delle strade e nei parcheggi, venendo subito
multati dalla polizia municipale e costretti di nuovo a spostarsi.
Nel frattempo la loro proposta di superamento del campo sosta e la costruzione
di una serie di microaree attrezzate non è mai stata presa in considerazione
dall’amministrazione comunale, rimanendo una semplice promessa non mantenuta.
Ascolta il racconto di Samo sulla vita nei campi nomadi.
[
audio ]
Ascolta la proposta di realizzare una microarea: secondo Gianluca Magagni dell’AIZO
e secondo Samo una possibilità di una vita dignitosa per i Sinti.
[
audio ]
Mercoledì 8 ottobre alle ore 9.30 una trentina di sinti - armati di camper e
cartelli di protesta - hanno presidiato la sede dei servizi sociali del Comune
di Rovereto fino ad ottenere l’incontro con uno dei dirigenti del servizio. In
risposta alla loro richiesta di microaree, che andassero a sostituire il campo
sosta esistente, è stato promessa l’installazione di un nuovo contenitore per i
rifiuti all’interno del campo.
A questo punto la decisione da parte di tutto il gruppo di sinti è stata quella
di ripresentarsi - nel pomeriggio - sotto le finestre del Comune reclamando un
incontro immediato con il Sindaco.
Di fronte ad una proposta civile - che voleva portare all’attenzione della
popolazione la situazione inaccettabile del campo - si è contrapposta
l’arroganza della politica, arroccata nelle proprie stanze ed incapace anche
solo di comunicare ai sinti la concessione o la negazione di un incontro
ufficiale.
Dopo un’ora di attesa i sinti, esasperati, hanno deciso di occupare
pacificamente la strada: davanti alla richiesta di dignità e alla rabbia di un
gruppo di cittadini roveretani - perchè tali sono i sinti del campo - si è
contrapposto il silenzio di tutta quella società civile che non ha mosso un dito
per aiutarli.
Verso le 17, dopo quasi due ore dall’inizio del blocco e senza l’ufficialità che
nessuno membro del Comune di Rovereto è riuscito a dare in nessuna forma, si è
venuti a conoscenza di un appuntamento fissato per mercoledì 22 ottobre alle
ore 17.00.
In questa giornata la comunità sinta ha voluto portare in piazza, nel centro di
Rovereto, la battaglia per le microaree e per la dignità.
Il 22 ottobre, certamente, saranno in tanti al loro fianco.
http://www.globalproject.info/art-17185.html
Di Fabrizio (del 24/10/2008 @ 09:18:50, in Italia, visitato 1425 volte)
Da
rassegna.it
"Noi non rappresentiamo i nomadi, ogni famiglia si rappresenta da sé: ma la
tutela delle minoranze è compito di tutti, quindi anche della nostra
confederazione, che dell'accoglienza dei più svantaggiati fa un punto di
programma". È quanto ha affermato il segretario della Cgil di Brescia Marco
Fenaroli che questa mattina, insieme a diversi funzionari e delegati del
sindacato, ha visitato il campo nomadi di via Orzinuovi a Brescia.
"Siamo venuti in visita al campo nomadi di via Orzinuovi mossi dalla
preoccupazione che la gestione del suo superamento prenda i caratteri della
smobilitazione manu militari - ha spiegato Fenaroli -. Noi sosteniamo
che, invece, vada seguita la via del dialogo tra il Comune (governato dal
centrodestra, ndr) e le famiglie qui residenti, per cercare soluzioni condivise
e superare sia la logica del campo nomadi sia quella del non riconoscimento
delle particolarità delle minoranze etniche rom e sinti".
Fenaroli si è detto poi preoccupato dalle "celebrazioni per
l’abbattimento di strutture di piccoli campi rom che riportano alla memoria
tragici periodi della storia d'Italia" (il riferimento è a un manifesto murale
della Lega Nord attaccato in questi giorni con la scritta "Uno di meno"),
affermando che "non è con lo spettacolo che si mette riparo a situazioni che
pretendono invece risposte efficaci su abitazione, lavoro dignitoso, istruzione,
assistenza".
Così conclude il sindacalista: "I sinti che abbiamo incontrato in questi
mesi dimostrano interesse alla regolarizzazione di tutte le pendenze con
pubblica amministrazione e anche delle loro attività produttive e commerciali. È
una disposizione positiva che andrebbe colta in tempo, ponendola a base della
discussione su cosa fare".
Di Fabrizio (del 25/10/2008 @ 08:51:47, in Italia, visitato 2012 volte)
Da QuiBrescia.it
Sergio Suffer: immagine tratta da Sucar Drom (la foto è di Giorgio Maione, assessore ai Servizi sociali del comune di Brescia)
giovedì 23 ottobre 2008 (fr.zam) "Abbiamo cercato di procurarci la vernice per diventare invisibili, ma purtroppo non l'abbiamo ancora trovata". Ci scherza sopra Sergio Suffer, dell'associazione Nevo Gipen (Nuova vita) che aderisce alla rete nazionale "Federazione rom e sinti insieme". Nel campo di via Orzinuovi la Camera del Lavoro ha incontrato la stampa per ribadire che "c'è la necessità di una discussione tra l'amministrazione e le famiglie, se un incontro è andato male non bisogna chiudere la porta ma aprirne un'altra".
Secondo il segretario della Cgil bresciana, Marco Fenaroli, "le basi del dialogo dovrebbero iniziare con la fine delle stigmatizzazioni: bisogna smetterla di parlare male dei nomadi, dei rom e dei sinti, altrimenti il confronto non può nemmeno iniziare. Come dialogare", ha aggiunto Fenaroli, "con chi affigge sui muri i manifesti della demolizione del campo di via Girelli, e ci scrive - Uno in meno - ?".
L'amministrazione comunale vuole il superamento dei campi nomadi, e in questo anche le famiglie sono d'accordo, "ma il superamento non può arrivare manu militari". La Cgil non vuole essere portavoce dei nomadi, ha continuato Fenaroli, "perché ogni famiglia si rappresenta da sé"; e questo rende la situazione più complicata perché l'assessore ai Servizi sociali Giorgio Maione "vorrebbe parlare con una sola persona, ma qua non c'é un rappresentante unico e allora bisogna parlare con tutti". A raccontare le loro storie ci sono alcuni sinti di Brescia. Sergio Suffer si chiede dove possono andare: "Hanno detto no a tutto e ora, con la nuova ordinanza, anche ai parcheggi. Verrebbe da dire che ci vogliono in mezzo alla strada ma anche in mezzo alla strada non possiamo più stare. L'ho detto, non siamo ancora riusciti a diventare invisibili".
C'erano delle bambine, nel campo, in età scolare, nonostante fosse mattina e avrebbero dovuto essere a scuola. Si sono giustificate con un "abbiamo perso l'autobus".
"Ma di sicuro non riusciremo a mandare i bambini a scuola stando in mezzo ad una strada", ha aggiunto Suffer. La soluzione, secondo i sinti, potrebbe essere quella di trovare micro aree dove lasciare le famiglie; un'ipotesi che pare essere già stata scartata dall'amministrazione. Nel campo ora abitano due o tre famiglie allargate, il che significa circa centoventi persone, anche se il numero preciso nessuno è sembrato in grado di darlo. Francesco Held ha raccontato la sua storia: "Mio padre era nomade, quindi io sono nomade, se fosse stato avvocato non sarei stato qui". Di lavoro è giostraio, e un po' di tempo fa si era comprato un'area agricola in via Serenissima, a Buffalora, "per dare stabilità e un futuro a mia figlia. Un'area edificabile non potevo permettermela, così ho messo su la mia casetta in un'area non autorizzata. A quel punto è arrivata questa lettera, mi hanno sequestrato il terreno, mi hanno detto di portare via la mia casa, ma come faccio? Addirittura han detto che la casa la demoliscono e io devo pagare la demolizione!" Come vivono i sinti del campo? Secondo Suffer, "la maggior parte si occupano della raccolta del ferro"; proprio in quel momento un furgone stava entrando. "Quell'uomo ha settant'anni e da quaranta raccoglie il ferro. Poi c'è la solidarietà delle famiglie, che aiutano i loro parenti più in difficoltà. Noi qui siamo controllati in continuazione", ha concluso poi, con amarezza, indicando le telecamere all'entrata, "c'è il Grande Fratello, ma nessuno di noi diventa famoso".
Di Fabrizio (del 25/10/2008 @ 22:11:58, in Italia, visitato 1837 volte)
Il Vurdon
segnala l'uscita de IL POPOLO ROM Quaderno a cura dell'Ufficio Pastorale
Migranti a cura di Fredo Olivero.
E' possibile scaricarne una copia (formato pdf, 25 pagine) da
QUI
Di Fabrizio (del 27/10/2008 @ 09:27:10, in Italia, visitato 1726 volte)
Ricevo da
Eugenio Viceconte
Festa Anti Razzista: E’ una festa di autofinanziamento.
Siete invitati e potete invitare chi desiderate…
è giovedì 30 ottobre alla Locanda Atlantide in via dei Lucani 22
(San Lorenzo, Roma).
Dalle 19.30 invitiamo a cena con un menu multi etnico, il costo è di 15 euro e
comprende il concerto con i Pura Utopia e The Sessiosn Voices, durante la serata
proietteremo video e foto della manifestazione. Se invece vuoi venire dopo cena
e goderti il concerto il biglietto è di 5 euro.
Importante: comunicare il numero delle persone che verranno a cena al più
presto.
Per segnalare le adesioni
stoprazzismo@libero.it
Di Fabrizio (del 28/10/2008 @ 09:23:12, in Italia, visitato 2921 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte
(speriamo in bene, sin dai tempi di Roberto Costa, quando scrivo di Opera Nomadi
diventano tutti nervosi...)
Da
Tarantolati Sud Magazine
L’Opera Nomadi nazionale nasce nel 1966 per la tutela dei diritti civili e la
salva-guardia della cultura dei Rom/Sinti, da una evoluzione dell’Opera Nomadi
di Bolzano nata nel 1963. Riconosciuta "Ente Morale" con Decreto Presidenziale
nel 1970 l’Opera Nomadi è presente su tutto il territorio nazionale con 30
sezioni o gruppi collaboratori da Bolzano alla Sicilia con oltre 500 soci.
L’Ente è un’organizzazione democratica che ha il fine di salvaguardare e
valorizzare con ogni possibile forma d’intervento, diretto o indiretto, il
patrimonio sociale e culturale delle popolazioni rom, sinte e camminanti,
comunemente – e spesso dispregiativamente - denominate zingare, nomadi e
viaggianti, nonché di fornire concreti strumenti di sostegno a favore delle
stesse popolazioni. L’Ente per il perseguimento dei suoi scopi sociali assume
come metodo la partecipazione diretta dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti a
tutti i livelli. L’Ente è aconfessionale, apartitico e non ha fini di lucro: è
una organizzazione non lucrativa di utilità sociale.
I Rom, Sinti e Camminanti in Italia sono oltre 170.000, vale a dire la
percentuale più bassa – rispetto al complesso della popolazione gagì –
dell’intera Europa. I gruppi più numerosi sono i Rom Rumeni, i Sinti Giostrai ed
ex-Giostrai di antico insediamento, i Rom dalla Jugoslavia, i Rom
Centro-meridionali di antico insediamento.
> "In primo luogo occorre un "PATTO DI RICONCILIAZIONE NAZIONALE"
con la minoranza più discriminata d’Europa che preveda degli ammortizzatori
sociali per facilitarne l’integrazione. E quindi il riconoscimento dei Rom/Sinti
come minoranza etnica e linguistica (come i 30.000 Ladini, o i 1000 "Catalani"
di Sardegna, per esempio). Da qui occorre creare un ‘Tavolo di lavoro
Interministeriale con il Governo italiano per il popolo dei Rom/Sinti’ che
istituisca un Ufficio Governativo che si avvalga indispensabilmente di mediatori
Rom/Sinti, che valuti, coordini, orienti le politiche ed i finanziamenti
pubblici, per conoscere le esigenze verso l’integrazione sociale e la completa
autonomia dei Rom/Sinti. Rispetto al resto d’Europa abbiamo pochissimi veri
mediatori culturali Rom e Sinti riconosciuti anche dalle loro comunità.
> In secondo luogo la questione LAVORO.
Occorre attuare un censimento qualitativo delle presenze, delle esigenze, e
delle politiche attuabili nei diversi territori. Un rapporto che deve precisare
anche quali mestieri svolgono o che intendano intraprendere i Rom/Sinti, ed in
quale habitat si trovano o intendano vivere. Nelle maggiori città, al minimo in
tutti i Capoluoghi di Provincia, va attivato uno sportello di avviamento al
lavoro per Rom e Sinti, in quanto la difesa dei vecchi mestieri da rilanciare
realisticamente sul mercato e soprattutto l’avviamento al lavoro (in primis :
favorire la legalizzazione del commercio ambulante, legalizzare ovunque il nuovo
mestiere di raccolta differenziata dei rifiuti ingombranti, legalizzare tutti i
musicisti di strada) costituiscono la strada maestra per prevenire la sempre più
dilagante devianza nelle Comunità dei Rom/Sinti e Camminanti in Italia.
> In terzo luogo SCUOLA ed ISTRUZIONE ADULTI
bisogna attuare il Protocollo sulla Scolarizzazione, firmato il 26 giugno 2005 a
Roma tra Ministero dell’Istruzione e Opera Nomadi (in via di rinnovo), per
favorire l’inserimento scolastico dei bambini come momento . Occorre investire
sui bambini perché sono gli uomini e le donne (i Rom/Sinti e le Romnià/Rumrià)
di quella generazione che dovrà farsi parte dirigente del proprio popolo senza
scorciatoie demagogiche o buonismi. La rappresentanza politico-sociale autonoma
dei Rom/Sinti resta l’obiettivo di fondo dell’Opera Nomadi.
> In quarto luogo la questione HABITAT.
Noi chiediamo che i grandi concentramenti di Rom e Sinti vengano superati,
sostituendoli con l’assegnazione di case o con le microaree residenziali (anche
auto-costruite) a seconda delle specifiche esigenze dei Rom/Sinti. Soltanto in
Italia esistono "campi-nomadi". La nostra politica rifiuta i dannosissimi "campi
nomadi" che si trasformano in sacche di emarginazione, in veri e propri centri
di separazione sociale, spesso produttori di devianza e criminalità. Occorre
quindi attuare una politica della casa (per le Comunità dei Rom/Sinti che la
desiderano) che deve tenere conto di una redistribuzione sul territorio e
soggetta ad un patto sociale (i Rom/Sinti con le Istituzioni) che preveda regole
precise per i Rom/Sinti ed una parallela politica di avviamento al lavoro
prioritaria rispetto a qualsiasi altro contenuto".
Queste questioni costituiscono tutte un percorso parallelo, per un intervento
efficace, per favorire l’integrazione sociale di questi gruppi e per imparare a
conoscere e conoscersi.
I ns. indirizzi: Opera Nomadi Nazionale - via di Porta Labicana n° 59 – 00185
Roma tel. 06/44704749 fax. 06/49388168
Posta elettronica:
operanomadinazionale@virgilio.it
i ns. siti: www.romlavoro.it
Di Fabrizio (del 31/10/2008 @ 12:22:13, in Italia, visitato 2239 volte)
31 Ottobre 2008, 08:00 - Pur nella canea razzista e anti-tsigana,
esiste una buona base di consenso per investire in politiche sociali e
culturali. Senza farsi schiacciare dall’emergenza. [...].
Come ragionare sulle politiche locali per i rom di recente immigrazione?
La ricerca empirica sulle dinamiche dell’opinione pubblica mostra come il 94%
della popolazione italiana non sappia stimare nemmeno con una certa
approssimazione il numero di rom e sinti in Italia, tendendo a sovrastimarlo di
molto; il 76% degli italiani non sa che circa il 50% dei rom e dei sinti hanno
la cittadinanza italiana; l’84% degli italiani non è consapevole che la
stragrande maggioranza dei rom non sono più itineranti (nomadi non lo sono mai
stati); solo il 37% degli italiani sa che i rom non sono un popolo omogeneo per
cultura e religione, ma semmai una sorta di "galassia di minoranze". Prendendo
per buoni i dati dei sondaggi, solo un italiano su mille ha un’informazione
soddisfacente sulle popolazioni tsigane.
In questo quadro si aprono enormi possibilità di intervento per politiche
sociali e culturali da implementare per ridurre i pregiudizi, creare spazi di
incontro, favorire l’interazione costruttiva e rispettosa, rendere esigibili i
diritti fondamentali anche per rom e sinti. Per altro, seppure in un clima di
forte ostilità anti-tsigana, diffusa e radicata, se è vero che in prima battuta
un italiano su due pensa che la condizione degli "zingari" in Italia migliorerà
solo quando rispetteranno le "nostre" leggi e smetteranno di chiedere
l’elemosina, il 68% degli italiani propone soprattutto (il 30%) o anche e
parimenti (il 38%) politiche di pubblica responsabilità per l’inclusione
scolastica, abitativa e lavorativa. In altri termini, anche nella canea razzista
e anti-tsigana del 2007, una buona base di consenso per investire in politiche
sociali e culturali, era già presente.
Vi sarebbero, perciò, le condizioni per estendere l’orizzonte temporale delle
politiche per i rom e i sinti e darsi degli obiettivi ambiziosi di medio
periodo, senza rimanere schiacciati dalle emergenze e resistendo all’attrazione
sempre esercitata sul ceto politico dal ciclo degli sgomberi.
Tuttavia, le politiche locali rivolte verso i rom e i sinti sembrano
indifferenti alla ricerca di strade praticabili per migliorare le condizioni di
vita di queste popolazioni, invertire le traiettorie di degrado, ridurre la
conflittualità diffusa e contrastare effettivamente pratiche devianti di
microcriminalità e piccola delinquenza.
Sono politiche demagogiche. Istituiscono un contesto di ostilità e avversione,
in cui anche le alleanze fra attori anti-razzisti sono difficili e poco
praticate (sia le coalizioni fra associazioni e movimenti solidaristici con i
sindacati, sia le alleanze più ampie con alcune categorie socio-professionali
quali operatori sociali, insegnanti, artisti, avvocati e non ultimo operatori
della polizia locale e giornalisti).
Analizzando i casi di successo sperimentati in Europa, tre sono le principali
linee di politica su cui le città possono sviluppare una politica complessa ed
efficace.
In primo luogo, un disegno incrementale di politiche sociali e politiche
culturali: politiche integrate che sostengano le capacità di abitare, lavorare e
socializzare di queste persone. Politiche non specialistiche, semplicemente
politiche sociali e culturali ordinarie, ma che si aprono e coinvolgono anche le
popolazioni tsigane, senza immaginare una regolazione ad hoc, specializzata,
sempre pericolosa. Nelle esperienze europee di maggiore successo, il punto di
partenza, intorno a cui vengono integrate e articolate altre politiche, è il
sostegno alla capacità di abitare.
Preziose sono le considerazioni-metodo sviluppate a proposito da Antonio Tosi
(2008): "Si tratta anzitutto di offrire una gamma differenziata di possibilità
abitative-insediative: la pluralizzazione delle formule comporta il rifiuto
dell’idea (che non trova applicazione per altre popolazioni e che è un segno del
carattere strumentale dell’approccio al problema) che una popolazione possa
essere ‘assegnata’ ad una particolare formula abitativa".
Data l’eterogeneità delle popolazioni tsigane, e le grande varietà di percorsi,
competenze, sensibilità, vocazioni e progetti dei singoli individui, "occorre
ammettere che qualunque formula è in linea di principio applicabile, nessuna è
generalizzabile" (ibidem). In questo senso non c’è tipologia che possa essere
esclusa, in linea di principio, dalla gamma delle soluzioni: (1) abitazioni
ordinarie, di produzione pubblica (affiancate da brevi periodi di mediazione
all’inizio); (2) abitazioni ordinarie, di produzione privata (con formule si
sostegno per l’accesso al mutuo e meccanismi di sostegno alla reputazione di
singoli nuclei familiari rom); (3) autocostruzioni accompagnate dal movimento
cooperativo; (4) aree attrezzate in funzione residenziale (di proprietà o in
affitto) per gruppi (solitamente non superiori alle 60 persone) che scelgono di
vivere insieme (sulla base di legami familiari o di affinità); (5) interventi
non specialistici a bassa soglia per l’emergenza abitativa temporanea (come
nella formula dei villaggi solidali); (6) aree di sosta per quanti esercitano
ancora mestieri itineranti; (7) upgrading (miglioramenti infrastrutturali) delle
baraccopoli, non per intrappolarvi a vita le persone ma come strategia di
riduzione del danno e cura incrementale della qualità della vita di chi è
momentaneamente costretto risiedervi.
In secondo luogo, diviene importante anche quella che potremmo definire una
strategia "repubblicana", di controllo da parte di autorità terze sull’operato
delle amministrazioni locali. E’ il ruolo di denuncia e di sostegno che, ad
esempio, può esercitare l’UNAR (l’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni
Razziali) istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità.
A diversa scala, sono molte le agenzie preposte a monitorare (e, in alcuni casi,
anche a sanzionare) il rispetto dei diritti fondamentali e lo stato di
discriminazione delle minoranze. A titolo di esempio, si pensi al CERD (Comitato
per l’eliminazione della discriminazione razziale), alla FRA (Agenzia per i
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea), all’OHCHR (Alto Commissariato per i
Diritti umani delle Nazioni Unite), o all’ECRI (Commissione Europea per la lotta
contro il razzismo e l’intolleranza).
Queste agenzie raccomandano e denunciano, e, perciò, se valorizzate dagli attori
locali, possono contribuire ad attirare e indirizzare l’attenzione dei media.
Possono, cioè, essere valorizzate per contribuire a orientare in senso non
xenofobo le dinamiche dell’opinione pubblica. Inoltre, queste agenzie forniscono
spesso supporto informativo e formativo ad attivisti e amministratori locali
interessati a implementare politiche di contrasto all’esclusione delle
popolazioni rom e sinte.
In terzo luogo, ma non per questo meno importante, in un clima in cui
l’opposizione razzista all’insediarsi di rom e sinti è così dura, dovrebbe
essere dedicata molta intelligenza a negoziare e mediare con la popolazione
maggioritaria residente le ragioni e le condizioni dell’accoglienza e degli
insediamenti. Niente è impossibile: le politiche, quando implementate con cura e
attenzione, sono capaci di invertire sentimenti di ostilità.
La ricerca ci aiuta e conforta in questa strada, dando prova di casi di successo
sperimentati, e delle avvertenze metodologiche da adottare in questi processi di
negoziazione e riconoscimento incrementale. Si tratta di avviare una vera e
propria strategia deliberativa, capace di preparare un contesto positivo per il
dibattito ed orientare la percezione dei gruppi tsigani fra gli abitanti e nei
media locali. Questo richiede di creare occasioni di incontro, di conoscenza e
di socialità in comune, facendo leva sullo sport e sulla musica, creando cioè
non solo occasioni di conoscenza e informazione, ma anche di sguardo reciproco e
mutuale, di dialogo esperito.
Uno strumento importante può essere quello di mostrare casi di buona
(auto)gestione dei siti in cui già vivono dei gruppi tsigani. Certamente delle
politiche volte a una buona comunicazione, in grado di creare chiari e semplici
criteri per la selezione dei luoghi in cui insediare i gruppi rom e sinti sono
importanti per promuovere reazioni positive alle proposte, mentre al contrario
una discussione poco gestita può minare i progetti di attribuzione.
Una strategia di promozione di occasioni deliberative richiede che la leadership
politico-amministrativa (assessori, ma anche dirigenti della polizia, dei
servizi scolastici e sanitari) investa per mediare i conflitti e non per
"soffiare sulla cenere" e incrementare polarizzazioni e lacerazioni. Fermo
restando che qualsiasi pratica negoziale e deliberativa che non abbia come
soggetti di interlocuzione e negoziazione i rom stessi, nelle forme di
rappresentanza che questi si danno in autonomia, non può avere efficacia.
Tommaso Vitale
Ricercatore di Sociologia generale presso il Dipartimento di Sociologia e
ricerca sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove insegna
Programmazione sociale e Sviluppo Locale e coordina il Gruppo di studio e
ricerca sulle politiche locali per i rom e i sinti in Europa all’interno del
Laboratorio di Sociologia dell’azione pubblica "Sui generis".
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