Innamorato di una zingara e di una campagna che gli ricorda i
romanzi del diciannovesimo secolo, lo scrittore e giornalista britannico
William Blacker passa metà dell'anno tra i contadini della Transilvania.
Ritratto di un uomo a cavallo tra due mondi.
In un villaggio della Transilvania, vicino a Sighisoara, la gente si
riunisce ogni sera nella sola osteria del posto, in attesa del ritorno del
bestiame al pascolo. Una maggioranza di romeni, qualche sassone e diversi
zingari si rilassano seduti su cassette vuote di birra. Qualche giovane
zingaro balla su una melodia lontana. Improvvisamente i bambini smettono di
giocare e corrono verso un uomo che si avvicina in bicicletta: "Signor Uigliammm, signor Uigliammm!" L'uomo, che porta un cappello bianco e
occhiali rotondi, sorride ai bimbi. Gli abitanti del posto dicono sottovoce:
"L'inglese è tornato per vedere la sua zingara". Il nome del nuovo arrivato
è William Blacker, nato 46 anni fa in qualche parte dell'Inghilterra
meridionale e trapiantato in Transilvania, dov'è arrivato per caso. Vive qui
da nove anni e ha un bambino di 3 anni è mezzo, frutto di una storia d'amore
con una giovane zingara del villaggio.
Da molto tempo quest'uomo è diventato parte integrante del posto. Un giorno
della sua vita in campagna non assomiglia affatto a quella dei suoi amici in
Inghilterra: lavora i campi tra gli zingari, taglia l'erba con la falce,
ripara i muri di calce delle vecchie case sassoni e la sera gioca a scacchi
con i vecchi del villaggio. A volte Blacker fa visita alla sua ex ragazza,
Marishka, la piccola zingara per la quale si è trasferito qui: "Al ritorno
da un viaggio in Inghilterra l'ho trovata incinta. All'inizio non pensavo di
essere io il padre, ma come vede ci assomigliamo come due gocce d'acqua",
dice William, e abbraccia Costantin, che ha ereditato il suo sorriso e i
suoi occhi blu. Il piccolo vive con la madre insieme alla sua famiglia di
zingari musicisti, a pochi minuti dalla casa di Blacker.
Da Berlino a Satu Mare
"Ho messo per la prima volta piede in Romania pochi giorno dopo la
rivoluzione del dicembre 1989. Avevo lasciato l'Inghilterra con l'intenzione
di visitare Berlino, il Muro era appena caduto", racconta l'inglese. Le
notizie in televisione sulla rivoluzione romena e la lettura di alcuni
articoli sulla bellezza dei monasteri locali lo hanno spinto più a est. Così
è passato per la Cecoslovacchia e l'Ungheria ed è entrato in Romania; ha
dormito a Satu Mare in un albergo senza elettricità. Il giorno dopo è
rimasto a bocca aperta: "Nella piazza centrale della città c'erano solo
cavalli e carretti. Ho pensato che il mondo dovrebbe assomigliare a qualcosa
del genere". Blacker aveva già visto l'India e diversi paesi dell'America
latina, ma la Romania lo ha affascinato più di qualunque altro posto. "Avevo
letto i romanzi di Thomas Hardy e Tolstoj e quando sono arrivato in Romania
mi sono detto: 'Incredibile, adesso posso vedere con i miei occhi le cose
che descrivevano'".
Nel 1996 Blacker, non volendo più solo limitarsi a vedere la vita di questi
contadini ma vivere come uno di loro, si è trasferito vicino a Satu Mare,
"prima dell'arrivo dell'Occidente". Nei quattro anni di vita in mezzo ai
contadini di Maramures, questo inglese ha partecipato ai matrimoni, ai
funerali, alle feste, all'uccisione del maiale: "Ho sofferto, ho pianto, ho
riso". Blacker è sempre stato attratto dalla vita degli zingari della
Transilvania. Nel suo libro, appena pubblicato in Inghilterra, Along the
Enchanted Way: A Romanian Story, descrive gli zingari come un popolo
posseduto dal principio del "dolce far niente". Gente che sa cantare e
ballare in modo meraviglioso e che ritiene la vita troppo breve per passarla
a sfacchinare.
Per un bel po' l'inglese ha fatto numerosi viaggi su è giù tra Maramures e
il villaggio della Transilvania dove vive oggi. La sua vita nel villaggio di
Halma (il nome fittizio utilizzato nel libro) ha degli aspetti romanzeschi.
Ha scritto un articolo sulla drammatica situazione delle case sassoni
abbandonate dalla popolazione di origine tedesca, emigrata negli anni
Novanta, e ha ottenuto dei contributi per il loro restauro. All'epoca
Blacker guidava la fondazione Mihai Eminescu, finanziata dal principe Carlo.
Solo più tardi ha conosciuto Marishka, e hanno deciso di trasferirsi in una
casa sassone. Non gl'importava che Marishka avesse solo la quinta elementare
e lui una laurea in una prestigiosa università inglese. Blacker la ha
persuasa a leggere. "Le ho dato una copia in romeno di Orgoglio e
pregiudizio di Jane Austen. Dopo qualche giorno Marishka faceva già dei
commenti: 'Ma questo Darcy è così arrogante!'. Tuttavia mentre leggeva mi
sono reso conto che il volume diventava sempre più sottile. Dopo un po' ho
scoperto che utilizzava le pagine lette per accendere il fuoco!» Anche se
non si sono mai sposati, Marishka e William si sono scontrati con la
cattiveria di alcuni abitanti del villaggio romeno, che hanno cercato di
allontanarlo dalla "feccia della società". Adesso quei giorni sembrano
dimenticati, gli animi si sono calmati e tutti parlano bene di lui. "È un
uomo meraviglioso. Non ha mai diffidato degli zingari", ha detto Marishka.
Vent'anni dopo aver scelto di vivere in un paese ex comunista, la sua
decisione non sembra più tanto eccentrica. A volte Blacker si chiede quale
sarà la vita di suo figlio fra gli zingari: "Mio figlio è per metà zingaro e
per metà inglese. Per ora sono felice che viva qui". E si ricorda della
reazione dei suoi genitori: "Non erano molto contenti. Avevo 30 anni e
volevano che avessi un lavoro rispettabile. In diverse occasioni ho dovuto
spiegare loro che qui stavo bene. Era il posto giusto per me. La mia
infanzia nel sud dell'Inghilterra, in campagna, potrebbe essere una
spiegazione. Volevo vivere di nuovo in un bel posto". ( Fonte: europresse.eu)
Diana e Arthur Hughes, nonni e Rom, per quattro volte non sono riusciti
ad ottenere i permessi per la loro casa, ogni volta che hanno fatto appello è
stato rigettato. Il motivo risiede nella mancanza di valutazione del rischio di
inondazione da cui il rifiuto da parte del consiglio, anche se non risulta che
l'area sia mai stata inondata. Alcuni dei loro nipoti frequentano la scuola
primaria a Tintinhull e a Stanchester, il più giovane ha 3 settimane, e il
più grande 21 anni ma è mentalmente handicappato, avendo l'età mentale di 4 anni
e necessitando di assistenza costante. Alla famiglia è stato comunicato che gli
Hughes potrebbero andare in prigione se non obbedissero all'ingiunzione
dell'Alta corte. I bambini hanno bisogno di istruzione se vogliono avere una
possibilità di avere lavoro quando saranno più grandi. Diana e Arthur Hughes si
rendono conto dell'importanza di stabilità e della scolarizzazione per i loro 10
nipoti.
Di Fabrizio (del 27/08/2009 @ 09:44:22, in Regole, visitato 2283 volte)
Ricevo da Federazione Romanì
Comunicato 26 Agosto 2009
Due ristoranti di Silvi Marina rifiutano di far pranzare nel loro esercizio
pubblico un gruppo di 14 alunni di Roma e 5 accompagnatori, perché sono di etnia
Rom (vedi
QUI ndr).
La denuncia pubblica della Federazione romanì per la grave discriminazione
razziale subita a Silvi Marina dagli alunni rom di Roma in visita guidata in
Abruzzo con il progetto scolarizzazione, attivato da XI° Dipartimento del comune
di Roma e gestito da Casa dei Diritti sociali in collaborazione con
l’associazione Romà onlus, aveva la finalità il sollecitare una reazione
dell’opinione pubblica e della politica contro ogni forma di discriminazione
razziale e razzismo, infatti tanti cittadini residenti e ospiti presenti in
città hanno incontrato i ragazzi rom per manifestare la loro solidarietà, gesto
che i ragazzi rom e tutto il gruppo Romano hanno molto apprezzato.
La denuncia pubblica di questo fatto era doveroso per la sua gravità in una
città sempre accogliente e tollerante, per storia e cultura, come Silvi Marina,
in cui vivono 32 diverse etnie, più di 1300 persone di cultura diversa (circa
10% della popolazione totale residente), compresi una decina di famiglie rom
Italiani, comunitari ed immigrati.
Spiazza il silenzio dell’amministrazione comunale e di tutte le forze politiche
di Silvi a fronte di un atto di discriminazione razziale tanto grave. Un
silenzio preoccupante che dimostra l’assenza di una volontà politica a percepire
i cambiamenti in atto e programmare la sicurezza sociale, culturale ed economica
di tutti i cittadini.
Quella sicurezza tanto "propagandata" dalla politica nazionale e locale per
contrastare la "paura" dei cittadini, la "paura" che è diventata lo strumento
della politica per ricercare il potere e molto pericolosamente per la
cancellazione di reazioni umanitarie.
Se la politica oggi non è LIBERA di esprimere pubblicamente la propria
indignazione a fronte di gravi atti di discriminazione razziale e di razzismo
(negare di un pasto caldo ad innocenti bambini, perché di etnia rom, è crudele)
allora significa che la "fabbrica della paura" può produrre nelle persone solo
la morte sociale e culturale.
Ma … non è mai troppo tardi per sperare in un intervento pubblico degli
amministratori e delle forze politiche di Silvi Marina per condannare la grave
discriminazione razziale subita dai bambini rom ed esprimere loro la solidarietà
Il presidente Nazzareno Guarnieri
FEDERAZIONE ROMANI' Sede legale e segreteria: Via Altavilla Irpinia n. 34 - 00177 Roma
Codice fiscale 97322590585 – Email:
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Di Sucar Drom (del 27/08/2009 @ 12:39:18, in blog, visitato 2063 volte)
Roma, "Noi Rom respinti al parco acquatico"
Sono arrivati a Roma, da Pescara, per trascorrere una giornata al parco
acquatico di via Casal Lumbroso. Ma quando hanno cercato di acquistare il
biglietto di ingresso, sono stati allontanati "perché rom"...
La voce della Chiesa cattolica
"La chiesa non può tacere, deve far sentire a sua voce..." sono espressioni
arcinote della comunicazione ecclesiastica. A chi è attento a questa voce, non
sfugge, però, il suo andamento discontinuo, ora assordante ora fievole. Anche la
voce ecclesiastica subisce le variazioni d...
Bankitalia: immigrati in aumento ma non tolgono lavoro agli italiani
La crescita della presenza straniera in Italia ''non si è riflessa in minori
opportunità occupazionali per gli italiani''. E' quanto rileva uno studio di
Bankitalia dedicato alle economie regionali che evidenzia in particolare
l'esistenza di ''complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti
e le ...
Bolzano, è finanziato il progetto Sintengre Avarpen (il lavoro dei Sinti)
Duecentoventiduemila euro per supportare delle famiglie sinte a diventare
imprenditori. Più specificatamente, dovrebbero aprire un chiosco nel parco del
quartiere Firmian. Il progetto, finanziato dal Fondo sociale europeo, è di
quelli destinati a far discutere. Tanto che c'è già chi fa il confronto con i
fondi ...
U Velto: 500.000 volte grazie
In questi giorni U Velto, ha raggiunto la meta delle 500.000 pagine visitate,
siamo orgogliosi di questo successo e per questo vogliamo ringraziarvi.
L’associazione Sucar Drom ha creato questo spazio web quattro anni fa (per
l’esattezza: quattro anni, tre mesi, una sett...
Schio (VI), I cappuccini: «Non dobbiamo chiedere permessi per aiutare chi
soffre»
La residenza al convento dei Cappuccini di due donne della comunità sinta
vicentina desta perplessità tra la comunità. L'altra sera, nel sagrato del
convento dei Cappuccini, i frati hanno deciso di indire un'assemblea pubblica a
fronte delle lamentele di alcuni residenti del qu...
I Sinti, culture e lingue dal Sindh all'Europa
Fare una ricerca su internet per saperne di più sui Sinti è un impresa non
facile e qualche volta si scopre anche poco veritiera; questo perchè è chiaro a
tutti che su internet si può aggiungere tutto quello che si pen...
La Serbia conta
Una pubblicazione Nomos/Samizdat per sostenere che un rapido percorso di
integrazione europea è la soluzione migliore non solo per Belgrado, ma anche per
i Balcani e l'Europa. Con contributi di Florian Bieber, Vladimir Gligorov, Tim
Judah, Ivan Krastev, Wolfgang Petrit...
Il mare restituisce i corpi delle vittime, quando saranno individuate le
responsabilità?
L’ASGI esprime il proprio sconcerto per le posizioni assunte dal Governo
italiano, a seguito della tragedia che ha visto la morte di circa 80 persone nel
canale di Sicilia. Invece di esprimere cordoglio per le vittime e sollecitare
una inchiesta, anche in sede UE, sull’efficienza e la tempestività dei ...
Castel di Lama (AP), nessun perdono per chi ha ucciso mio fratello
La famiglia di Antonio Di Meo (in foto), di Castel di Lama presso Ascoli Piceno,
non può umanamente concedere alcun tipo di perdono o comprensione per i giovani
che hanno ucciso brutalmente il giovane studente-cameriere presso...
Venezia, pronte per essere consegnate le case ai sinti
Entro dieci giorni sarà firmato il verbale di ultimazione dei lavori di
costruzione del villaggio sinti. Tutto è pronto in via Vallenari e gli operai
della ditta che si occupa di realizzare le nuove abitazioni dei sinti si sono
riposati solo qualche giorno per Ferragosto. I pannelli solari...
I veri eroi della Padania
Mirko ha 11 anni. Nel dicembre del 2006 subì un'aggressione razziale da parte di
una ronda padana a Opera (Milano). Sua madre fu spinta a terra e umiliata. Il
suo fratellino, più piccolo di due anni, da quel giorno ha problemi con il
linguaggio. Lui non ha mai dimenticato. "Quando sarò grande," dice con il viso
ros...
Ritorno a Berlino, i grandi ideali dell'atletica e l'omaggio al mito di Jesse
Owen
Sono terminate le Olimpiadi di Berlino nell’insegna di Usain Bolt, l’atleta
giamaicano che ha vinto i 100 ed i 200 metri, stracciando i record del mondo,
nonché la staffetta 4x100. Il pensiero di molti andrà sicuramente alle Olimpiadi
di Berlino del 1936 anche perc...
La vergogna!
“La vita umana non è mai stata trattata alla stregua di merce deperibile e vile
quanto in questa nostra epoca di opprimente empietà”(Gabriel Marcel) Con le navi
dei poveri del m...
Immigrati, il Vaticano contro Calderoli: ''Inaccettabili e offensive le sue
parole''
"E' inaccettabile e offensivo, quasi che io sia responsabile della morte di
tanti poveri esseri umani, inghiottiti dalle acque del Mediterraneo". E’ dura la
replica di monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio
per i Migranti, al ministro per la Semplificazione Norma...
Milano, continua il furore razzista contro le famiglie rom
Secondo un nuovo monitoraggio (ma quanto spendono per fare tutti questi
censimenti?) effettuato in questi giorni dalla Polizia municipale, i Rom stimati
in campi non autorizzati, baraccopoli, edifici o aree dismesse oggi sono circa
1400. Solo il 31 marzo, quindi cinque mesi fa, erano sta...
Un anno, 4 mesi e 21 giorni: viaggio dalla morte all'Italia
Italia? È una stanza bianca e blu, la numero 1703, pneumologia 1, primo piano
dell'ospedale "Cervello". Un tavolino con quattro sedie, due donne coi capelli
bianchi negli altri due letti, dalla finestra aperta le case chiare del
quartiere Cruillas, le montagne di Altofonte Monreale, il caldo d'ag...
I veri clandestini? Sono i leghisti
I veri clandestini in Italia sono i leghisti, e il più clandestino è il loro
capo l’Umberto detto Bossoli, perché sono fuori dalla storia e dalla cultura
delle nostra nazione: l’Italia. Vogliamo per una volta dir...
Fini: "No alle politiche razziste"
È un Gianfranco Fini a tutto campo quello che sceglie la festa del Pd di Genova
per il rientro sulla scena politica dopo la pausa estiva, un Fini che decide di
«spogliarsi dei panni del presidente della Camera» e...
Pagnacco (Ud), la Chiesa cattolica e le minoranze sinte e rom
“Le minoranze: dinamiche per la società e per la Chiesa”. Questo il tema del
convegno nazionale della Pastorale dei Rom e Sinti della Fondazione Migrantes
che si svolgerà a Pagnacco (Ud) da oggi pomeriggio (fino al 30 agosto). “Spesso
le minoranze - spiegano i promotori - non hanno ...
Torino, svastiche contro i Rom
Nel clima razzista contro le minoranze sinte e rom che attraversa l’Italia da
diversi mesi, si deve registrare l’ennesimo episodio, questa volta a Torino.
Ieri nella notte alcune persone hanno attaccato uno striscione all’entrata del
“campo nomadi” in strada dell'Aeroporto a Torino...
Casilino900documentarioIl percorso di reportage, video e fotografico,
intrapreso da quattro giovani ragazzi italiani: Davide Falcioni, Ermelinda
Coccia, Andrea Cottini e Anna Peretti.
MOTIVAZIONI
Quattro ragazzi che dividono un appartamento a Roma, nel quartiere Centocelle
hanno deciso di imbattersi nella realtà del vicino campo Rom Casilino 900.
La loro unica motivazione è stata quella di conoscere una comunità
apparentemente marginale che invece si colloca da decenni nel cuore di una delle
zone periferiche più popolari della capitale.
Essendo entrati a contatto con il rappresentante del campo, Najo Adzovic
dell’Associazione Nuova Vita, si è subito creata una sintonia che ha permesso
loro di conoscere alcune famiglie Rom delle varie etnie presenti nell’area.
Proprio dalla conoscenza e dalla frequentazione con queste persone è nata l’idea
di girare un documentario (unitamente ad un reportage fotografico), sfruttando
le proprie competenze nel campo dell’audiovisivo.
Data l’immediata vicinanza dell’appartamento dei quattro ragazzi con una realtà
così “lontana” il titolo (provvisorio) del documentario è “Sottocasa”.
CONTENUTI e TEMATICHE
Durante i mesi di frequentazione del Casilino 900 sono state effettuate riprese
per un totale di circa 10 ore di girato. E’ stata data particolare importanza
alle interviste sia alle persone che vivono nel campo Rom sia agli abitanti del
quartiere per capire diversi punti di vista su una problematica sociale che
ricade sul VII e VIII Municipio.
Non sono poi mancate scene di vita quotidiana del campo, popolato principalmente
da bambini e adolescenti, e sequenze inerenti le tradizioni della cultura Rom
come l’artigianato del rame ed i balli folkloristici.
Attraverso l’obiettivo della telecamera sono emerse varie tematiche legate alle
aspettative, ai sogni e ai desideri, alle paure della gente che popola il
Casilino 900: la realizzazione professionale, il possesso del permesso di
soggiorno, la povertà, l’arte di arrangiarsi.
Non mancano ovviamente alcuni aspetti critici che evidenziano le contraddizioni
di questo popolo, soprattutto testimoniati pubblicamente dagli abitanti del
quartiere Centocelle al prefetto Pecoraro durante un incontro presso il cinema
Broadway: il problema dei fumi tossici, la microcriminalità, il degrado.
Attualmente il documentario è in fase di post-produzione.
RICHIESTE E FINALITA’
E’ intenzione di tutti coloro che hanno partecipato attivamente al documentario
mostrarlo (così come il reportage fotografico) presso associazioni culturali,
emittenti televisive e scuole, con l’obiettivo di promuovere la cultura
dell’integrazione e il dibattito, specie tra i più giovani.
Per raggiungere questa finalità si richiede un supporto sottoforma di
finanziamento economico o altro in modo da garantire all’opera (completamente
autoprodotta) un’adeguata distribuzione e divulgazione.
Hanno collaborato alla realizzazione del documentario:
Per il soggetto e la regia:
E. Coccia, A. Cottini, D. Falcioni, A. Peretti
Per le riprese:
E. Coccia
Per l’assistenza alle riprese e Backstage:
D. Danila
Per le interviste e il montaggio:
A. Cottini
Per le traduzioni:
N. Adzovic
Per il reportage fotografico:
D. Falcioni
Per le musiche:
G. Campioni, RossoPiceno folkrock band
Il film completamente nuovo di un regista ben conosciuto, Tony Gatlif,
intitolato LIBERTÉ sarà presentato in prima mondiale, venerdì 28 agosto dalle
19.00 al Teatro Maisonneuve. Questa pellicola, che riguarda il destino di una
famiglia zigana nella Francia occupata del 1943, mette in mostra Marc Lavoine,
Marie-Josée Croze e James Thierrée nei ruoli principali.
Il destino di Taloche e degli Zigani
Inspirato da personaggi reali, LIBERTÉ racconta il destino tragico degli
Zigani in Francia. E' anche una storia d'amore e d'amicizia tra due Giusti che
fino alla fine tentarono di proteggere un bambino abbandonato ed una famiglia di
Rom. "Ho voluto dare loro un'altra immagine di quella forgiata dal timore e
l'odio, che ha condotto direttamente alle camere a gas i gitani, i manouches ed
i bohémiens, popolo nomade e libero" dice il regista Tony Gatlif. LIBERTÉ ci
porta sulla scia di una famiglia Zigana con il suo capo clan ed i suoi eroi,
Taloche, (James Thiérrée), un bohémien fantastico ed ancora bambino nella sua
testa. Nel loro periplo, saranno aiutati da due Giusti, personaggi realmente
esistiti come Théodore, sindaco di un villaggio (Marc Lavoine), e Mlle Lundi,
insegnante e impiegata del sindaco (Marie-Josée Croze).
Una storia da raccontare
È a seguito di molte domande dei Rom che ha incontrato, della sua
partecipazione ad un congresso internazionale dei Rom a Strasburgo ed alla
lettura di un lavoro di Jacques Sigot, che Tony Gatlif ha concretizzato il suo
grande desiderio di girare un film su questo popolo e dire la storia della loro
deportazione. Questa pellicola riveste un carattere particolare per il regista
che si interessa al questo soggetto da anni e che voleva testimoniare questo
lato di storia dimenticata nei testi di storia o sui manuali scolastici.
Su Tony Gatlif
La filmografia di Tony Gatlif comprende molte pellicole che hanno ricevuto
numerosi premi o che si sono distinte in occasione dei festival: Transylvania
(Cannes 2006, selezione ufficiale), Exils (Cannes 2004, prezzo della messa in
scena), Swing (Berlino 2002, selezione ufficiale), Vengo e Gadjo Dilo (Leopardo
d'argento a Locarno nel 1997), e Latcho Drom per nominarne soltanto alcuni.
Scénario original, mise en scène et réalisation : Tony Gatlif
Avec : Marc Lavoine, Marie-Josée Croze, James Thierrée et Mathias Laliberté
Image: Julien Hirsch
Son: Philippe Welsh
Montage: Monique Dartonne
Production : Princes Productions, France 3 Cinéma, Rhônes Alpes Cinéma
Productrice exécutive : Delphine Mantoulet
Distribution : TFM
Ventes internationales : TF1 International
Festival des films du monde de Montréal
Marc Lavoine, Marie-Josée Croze et James Thierrée
dans LIBERTÉ, un film de Tony Gatlif
Il concerto di Madonna a Bucarest è stato segnato da un incidente: il
pubblico rumeno ha fischiato la star americana che si era pronunciata contro la
discriminazione verso i Rom. Madonna non ha reagito [in calce link al
video]
"Sono molto contenta di essere qui," ha dichiarato Madonna ai suoi fan rumeni
mercoledì sera al Parco Izvor di Bucarest. Sino allora, tutto era andato
bene. Invece quando ha interrotto il suo concerto di due ore per un piccolo
spot sulla non-discriminazione, i fan hanno apprezzato di meno.
"Il fatto che esista ancora molta discriminazione verso gli Zigani in Europa
orientale ha attirato la mia attenzione. Ciò mi rattrista," ha confidato la
cantante, accompagnata da un gruppo di musicisti zigani (vedi
QUI ndr).
"Siamo tutti uguali," ha proseguito, "non bisogna discriminare ne i Rom ne le
minoranze sessuali." Tra il pubblico, 60.000 persone, molti hanno allora
iniziato a fischiare e urlare, altri hanno applaudito. Madonna ha resistito
stoicamente e ha intonato il suo pezzo "You must love me".
Ufficialmente ci sono mezzo milione di Rom in Romania,ma in realtà ce ne sono
senza dubbio di più.
Di Fabrizio (del 29/08/2009 @ 09:29:02, in casa, visitato 2123 volte)
Elisabetta segnala tre articoli sulla situazione a Pavia. Mi
rimane la curiosità di sentire il parere di Rom e Sinti
Il secolo dei "campi" è finito Pavia è città dell'eterno ritorno, dell'eterno errore. Essendo un meccanismo
archetipico non conosce colore politico. Siamo ancora qui a discutere di "campo
nomadi", di ghetti progettati congiuntamente e
con il consenso dei ghettizzati a spese di tutti i cittadini. Nella città dei
Saperi non si riesce a concepire altro che lo stereotipo, il ritorno ossessivo
degli stessi concetti, degli stessi errori. La giunta (Pdl) lo vuole fare, ma
non sa dove; le voci citano qualche quartiere e questi per voce di esponenti del
Pd fanno sapere che "no pasaran". Lo spettacolo è deprimente, i pensieri tristi,
lo spettacolo di infima qualità. Eppure basterebbe ragionare sulle parole e
conferire ai Sinti e Rom lo status di cittadini, come si fa per qualsiasi altro
cittadino. Ma parlare di "nomadi" è troppo attraente, fa sentire tutti
competenti: tu sei nomade e io ho invece le radici. E' differenza che di per sé
basta a marcare un abisso e la costrizione in un ruolo blindato di centinaia di
concittadini. Nel febbraio scorso ho scritto una lettera al quotidiano locale;
ho espresso ciò che penso: nomadi non ce ne sono. Mi sembra che nulla sia
cambiato da allora; gli stessi equivoci, le stesse misere parole, la stessa
politica che non sa essere altro che il portavoce della medietà senza coscienza,
senza preparazione e senza linguaggio significativo e aderente alla storia e
alla memoria. Una medietà antropologica più che politica: questa dimensione
sembra perduta (per sempre?). In questa città non ci devono essere nemici (che
devi farti amico) - o nodi d'incaglio - che non siano i "nomadi" (anche se
nomadi non sono), i quali, servendo perfettamente l'incapacità della politica
d'essere protagonista e illuminata, devono persistere ad essere artatamente
tali. Di seguito è l'articolo che "La Provincia pavese" dedica oggi, 27 agosto
2009, al tema "campo nomadi") e a seguire il mio intervento del
28 febbraio 2009. Irene Campari
Il Pd: «No i nomadi al Vallone» PAVIA. Da un lato il vicesindaco Gian Mario Centinaio - Lega - ha ribadito
che una soluzione per i 450 sinti bisogna trovarla, «perché comunque sono
cittadini pavesi anche loro». Dall'altro lato Tullio Baruffi, presidente del
circolo di Pavia nord est del Partito Democratico è pronto a dare voce ai
residente del Vallone che non vogliono il campo vicino sotto casa.
Prima lettura: Sinistra e Destra, nell'eterna divisione pro-stranieri una, contro-stranieri l'altra, si stanno
scambiando i ruoli.
Seconda lettura: nella più recente divisione tra il
partito radicato sul territorio - la Lega - e quello assente - la generica
Sinistra, inizia a farsi sentire chi non vuole essere etichettato come assente,
perché la voce dei cittadini è pronto ad ascoltarla.
E poi c'è la terza
lettura, che in fondo mette d'accordo tutti: prima di prendere qualsiasi
decisione in merito al campo nomadi servirà il confronto con la città.
Tullio
Baruffi ha raccolto il malumore del Vallone. «C'è chi sottolinea che il valore
degli immobili crollerà - spiega Baruffi - chi ha paura. Il fatto è che non si
può mandare tutto al Vallone. Hanno detto che li metteranno o al Carrefour o al
Bivio Vela, ma comunque graviteranno dalle nostre parti. Hanno detto che si
rivolgeranno ai quartieri - continua Baruffi - ma se non ci sono più con chi
parleranno? Prima di prendere decisioni chiediamo che vengano a parlare con la
gente. Se un 'assemblea non la faranno loro, la faremo noi». Quel «loro» si
riferisce a maggioranza e opposizione.
«E' una questione delicata quella del
campo nomadi - sottolinea Matteo Mognaschi, consigliere della Lega Nord - su
cui dobbiamo ancora parlare al nostro interno. E' un problema che l'amministrazione di centro sinistra non ha affrontato per anni». E la posizione
del circolo Pd del Vallone? «E' strano che il Pd sia così vicino alle esigenze
del territorio - dice Mognaschi - è una posizione singolare. Ma sicuramente
serve un confronto con i cittadini». Ed è quello che dice anche Antonio Maria
Ricci, segretario cittadino del Pd. «Una sistemazione per il campo nomadi deve
essere trovata - sottolinea - tanto è vero che è nel programma che abbiamo
presentato per sostenere Albergati. Indipendentemente dal colore politico,
bisogna parlare con i cittadini della zona dove lo si vuole insediare. Come i
nomadi hanno la necessità di trovare una collocazione adeguata, i cittadini dei
quartiere devono essere incontrati. Bisognerebbe aprire un tavolo con queste
comunità, associazioni, amministratori e le forze politiche - aggiunge Ricci -
per evitare di creare divisioni». Marianna Bruschi , "La Provincia pavese", 27
agosto 2009
Nomadi o no? Decidiamo sui Sinti di Irene Campari Il tema del
campo nomadi sarebbe stato argomento da affrontare nel passato entro i termini
di un contesto civile che si propone una reale integrazione di gruppi solo
apparentemente "diversi" da quelli radicati. Le direttive europee prevedono
l'accoglimento di comunità di passaggio in luoghi attrezzati con servizi
adeguati per la tutela della salute e dei diritti fondamentali. Tuttavia, le
amministrazioni civiche dovrebbero decidere come considerare le comunità Sinti:
sono "nomadi" o non lo sono? Quali stili di vita definiscono i cittadini "nomadi"? E' sufficiente un'autocertificazione? Il rispetto delle consuetudini
delle culture e gli atteggiamenti antidiscriminatori passano tramite la
chiarezza su quel punto, che deve darsi senza infingimenti o opportunismi. Una
comunità che risiede in città da più di quarant'anni non può plausibilmente
dirsi "nomade". Basta voler vivere in roulotte per confermarsi tali? Non mi
pare altrettanto plausibile. Negli ultimi anni ho osservato piuttosto un gioco
delle parti tra istituzioni locali e comunità Sinti tendente a dar per scontato
quel carattere accettando la soluzione del "campo" come scontata e senza
alternative. E' probabile che ci fosse una reciprocità conveniente, che però
non ha fatto altro che alimentare sentimenti negativi dei cittadini pavesi "stanziali" nei confronti dei cittadini pavesi
"nomadi". Da sempre presentati
così, hanno attirato su di sé il pregiudizio della diversità antelitteram,
quella fondata sulla proprietà della terra. Per chi è stanziale questa
struttura l'habitus; chi è nomade apparterrebbe invece ad una cultura altra e
sfuggente, che appare nell'immaginario antropologico come quella che minaccia i
"radicati" proprietari in virtù della propria libertà dai vincoli del bene
fondiario. Sarebbe ora di affrontare fino in fondo questo nodo. L'Amministrazione comunale uscente aveva stanziato 90 mila euro per un progetto
di nuovo campo per i Sinti. Non ha mai specificato dove l'avrebbe collocato.
Tantomeno lo faranno in campagna elettorale; è tema che toglie consenso. Ma
rimane lì come idea territorialmente vaga, per accontentare da una parte i
Sinti e dall'altra non inibirsi il favore dell'elettorato. Circa 35 mila euro
sarebbero andati ad associazioni per "mediare" e fare accettare la comunità
Sinti "nomade" da quella radicata. E' un circolo vizioso da interrompere. Se
risiedono a Pavia da tanti anni, i figli hanno studiato qui, lavorano qui, qual
è la necessità che spinge a dichiararne il "nomadismo"? I diritti sono diritti,
e si realizzano anche nello spazio. I campi hanno da sempre richiamato qualche
tratto più o meno marcato di "extraterritorialità", o, nei peggiori contesti, i
"ghetti". Ritengo che a Pavia non si debbano più sperimentare né i primi né i
secondi, come all'ex Snia. Se bisogno ci sarà di accogliere comunità indigenti
di cittadini europei, saranno necessarie aree attrezzate e regolamentate per
una sosta breve in attesa di soluzioni a lungo termine, per evitare che le aree
dismesse diventino specchio della nostra vergogna ed incapacità di gestire l'umanità, e ciò valga anche per i rapporti tra cittadini Sinti e cittadini Rom.
Per le comunità residenti finora nei campi cittadini vedo la proposta del
Prefetto Buffoni - distribuire gli insediamenti in piccole e distribuite aree -
come temporanea. I cittadini europei di origine Sinti dovrebbero accedere ad
abitazioni reperibili sul libero mercato. Il "nomadismo" autentico temo che si
esprima con altre modalità da quelle fin qui mostrate dai nostri concittadini
europei di origine Sinti. Una posizione come quella espressa disinnescherebbe
anche l'uso strumentale che dei campi per le comunità Sinti potrebbe essere
agevolmente fatto nell'imminente campagna elettorale. Irene Campari, Circolo
Pasolini Pavia
"La Provincia pavese", 28 febbraio 2009
NRC HandelsbladLe uccisioni dei Rom mettono in mostra le tensioni
sociali in Ungheria 26 agosto 2009 10:41
Parenti di Maria Balogh, colpita a morte il 3 agosto
scorso, confortano sua madre durante i funerali a Kisleta. Photo AP
Quattro neonazisti ungheresi arrestati per la grande quantità di orribili
omicidi di zingari. La minoranza rom organizza la propria difesa. By Marloes de Koning in Gyöngyöspata
Gli uomini della comunità rom di Gyöngyöspata si alternano nel pattugliare il
loro quartiere. Ogni sera alle 18 girano per il villaggio in due macchine,
guidando molto lentamente attraverso le strade tortuose dove vivono i Rom.
"Le case senza recinti sono le più vulnerabili" dice Tamás Bangó, un uomo
grosso e ciarliero che fa parte del gruppo vigilante a Gyöngyöspata, guidando
per il villaggio. "Da alla gente un senso di sicurezza sapere che siamo qua
intorno."
Nove attacchi
Tra i sedili anteriori ha un bastone metallico telescopico ed un coltello.
"Non li ho mai dovuti usare, ma sono pronto," dice Bangó. Sottolinea come il suo
gruppo stia nei limiti della legge. L'arma più potente del gruppo è il telefono
mobile.
In apparenza, qui ci sembra ci sia poco da giustificare una simile vigilanza.
Nella penombra, le case isolate ai limiti del sonnolento villaggio, ad un'ora di
strada a nord est di Budapest, sembra più pacifico che mai.
Ma la comunità rom in Ungheria è terrorizzata dopo la recente serie di
uccisioni. Da novembre sei Rom sono stati uccisi in nove attacchi.
L'ultimo incidente è successo il agosto, quando una donna rom, Maria
Balogh, è stata uccisa nel sonno e sua figlia di 13 anni seriamente ferita,
nella città di Kisleta, nell'Ungheria Orientale.
A febbraio, un padre e suo figlio di 5 anni furono colpiti a morte mentre
correvano fuori dalla loro casa a cui era stato dato fuoco, a Tatarszentgyörgy
nell'Ungheria Centrale.
Venerdì scorso [21 agosto ndr] la polizia ha arrestato quattro
sospettati di essere dietro alle uccisioni dei Rom. Giovedì la polizia aveva
detto di aver trovato il DNA di due degli uomini in diversi posti luogo di
omicidi. Ha detto che gli assassinii erano motivati razzialmente e accuratamente
pianificati. Secondo i media ungheresi avevano svastiche tatuate ed erano
conosciuti per il loro odio verso i Rom.
Gli attacchi hanno messo in mostra e alimentato le crescenti tensioni sociali
dentro l'Ungheria.
Segregazione crescente
Nella cucina della casa di János Farkas, capo dell'Autogoverno rom nella
regione, un gruppo di uomini stava discutendo animatamente. "L'Ungheria sembra
pacifica," diceva Farkas, un piccol uomo con baffi ispidi ed una maglietta Puma
senza maniche. "Ma nel frattempo dei bambini sono stati brutalmente uccisi.
Dobbiamo organizzare la nostra difesa."
Nonostante la mancanza di statistiche credibili ci sono molti segni che la
divisione tra Rom e non-Rom in Ungheria si stia ampliando.
"La segregazione sta aumentando," ha detto János Ladányi dell'Università
Corvinus di Budapest, esperto di Rom. Sotto il comunismo tutti in Ungheria
avevano un lavoro e le differenze sociali erano sensibili. Ma dagli anni '90
molti occupati con bassa professionalità sono stati espulsi dalle città verso i
cosiddetti "villaggi ghetto", riducendo inoltre le loro possibilità di trovare
lavoro. In questa categoria gli anziani ed i Rom sono sovra-presenti.
Mentre la popolazione ungherese sta invecchiando ed assottigliandosi, la
giovane popolazione rom è in crescita, dice Ladányi. In cima ai problemi
strutturali viene la discriminazione e la rapida ricerca di un capro espiatorio.
La crisi economica serve soltanto ad aumentare il problema.
Nelle elezioni parlamentari europei di giugno, il partito Jobbik di estrema
destra ha sfiorato il15% del voto ungherese. La sua campagna elettorale si è
incentrata su un duro approccio verso la "criminalità zingara".
La Magyar Garda, un gruppo paramilitare collegato Jobbik, recentemente
vietato, marcia regolarmente nei quartieri rom nelle sue uniformi bianche e
nere. Secondo l'European Roma Rights Centre il gruppo sta agendo anche in alcune
zone della Romania, dove la minoranza ungherese sta avendo problemi coi Rumeni (vedi
QUI ndr).
"Sono inarrestabili," ha detto Tomás Polgár aka Tomcat. Polgár è l'anima di
Bombagyar (fabbrica della bomba), il blog più popolare di Ungheria. Si guadagna
da vivere stampando, tra l'altro, t-shirt. L'ultima commissione era della Magyar
Garda. Mostra una t-shirt nera con un grande leone d'argento, mentre dei giovani
dalle spalle ampie e coi capelli corti vagano per l'ufficio.
"Gli zingari devono solo rimproverare se stessi," dice Polgár. "Sono
criminali e sono una minaccia per noi, la maggioranza. Fanno più bambini, ci
stanno superando."
Polgár dice che non vede nell'uccidere la risposta. Gli Ungheresi che sono
superiori devono prendere i Rom per mano come bambini ed "insegnargli come
comportarsi". Ma nel breve termine vede più violenza, con incidenti da ambo le
parti. "E' una guerra," dice.
Viktória Mohácsi, Rom ungherese e sino a giugno membro del parlamento
europeo, concorda. "Mi sento come se fossi in guerra," ha detto con le lacrime
agli occhi. Proprio quella mattina aveva ricevuto un'altra minaccia di morte.
"Ricevo più di mille lettere di minacce ogni giorno."
I Rom si stanno auto-organizzando, dice Mohácsi, e stanno usando le veglie
per le vittime morte per farlo. "I leader rom mi chiamano e dicono di volersi
organizzare contro i neonazisti. Ma cosa ci si aspetta da me: una donna di 40
kg. senza armi o denaro?"
Anche se, ammette, non ci sono molte scelte. "Possiamo o armarci o scappare."
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