I Rom rimangono sotto-rappresentati nell'effettiva scolarizzazione
Praga - Le organizzazioni dei Rom europei hanno detto in una
conferenza tenutasi il 12 e 13 novembre a Praga che il governo ceco ha fallito
nell'impedire la segregazione dei bambini Rom nelle scuole primarie speciali per
bambini con ritardi mentali.
L'accusa, basata su di una ricerca condotta all'inizio di quest'anno, arriva
esattamente un anno dopo che la Corte Europea dei Diritti Umani aveva giudicato
che questa pratica rappresenta una discriminazione illegale delle leggi
internazionali. Nel caso sollevato, le famiglie di 18 bambini rom avevano
lamentato di essere stati messi in scuole speciali a causa della loro origine
etnica.
Le scuole speciali esistono ancora
Una legge scolastica effettiva dal 2005, che intendeva eliminare la
discriminazione dei Rom, abolì le scuole speciali sostituendole con le
cosiddette "scuole di pratica". La riforma introdusse anche classi
preparatorie e mediatori scolastici Rom nelle scuole primarie standard, per
facilitare l'integrazione dei bambini con un retroterra svantaggiato.
Nonostante la riforma e il giudizio del tribunale di Strasburgo, i bambini
rom rimangono sovra-rappresentati nelle ex scuole speciali, ora riettichettate
come scuole di pratica, dove sono istruiti secondo i curricula sotto gli
standard, disegnati per bambini con disabilità mentali.
Secondo ricerche condotte dall'European Roma Rights Centre (ERRC) e dal Fondo
Istruzione Rom (ERF), i bambini rom rappresentavano più della metà della
popolazione studentesca in 14 delle 19 scuole visitate dai ricercatori.
Le scuole di pratica ammazzano le possibilità dei Rom nel mercato del lavoro
"La cosa allarmante è che è i direttori scolastici, i genitori e gli
stessi studenti mettono sullo stesso piano "scuole di pratica" e "scuole per
Rom", dice Tara Bernard, che ha partecipato al progetto di ricerca.
Così, alcuni esperti cechi mettono in guardia contro la richiesta dei gruppi
rom di abolire le scuole di pratica, per integrare completamente i bambini rom
nel sistema scolastico. "Il nostro sistema educativo non è ancora pronto.
Espelleremmo soltanto quei bambini dalle scuole. Si limiterebbero ad
abbandonare. dice il sociologo
Ivan Gabal.
Decisioni affrettate
Le organizzazioni rom che sono dietro la ricerca, puntualizzano che i centri
di consiglio psicologici-pedagogici che decidono circa la disposizione dei
bambini nelle scuole di pratica, adoperano la medesima metodologia usata prima
del 2005. I ricercatori hanno trovato che la decisione riguardo un bambino rom
viene spesso presa in una singola sessione che dura dai 15 ai 30 minuti.
"La Repubblica Ceca non ha una legge che ordini di ripetere il giudizio che
pone i bambini nelle scuole di pratica," dice Bernard. Aggiunge poi che la
grande maggioranza di questi bambini non saranno mai in grado di continuare
nell'istruzione secondaria o superiore.
I rappresentanti dei centri di consiglio psicologici-pedagogici ribattono che
i bambini rom sono stati trasferiti nelle scuole di pratica su loro stessa
richiesta.
La ricerca ERRC-ERF lo conferma, ma i suoi autori puntualizzano che spesso i
loro genitori hanno agito così per essere andati loro in classi speciali
segregate, e perché non avevano abbastanza informazioni su cosa significasse per
i loro bambini andare alle scuole di pratica.
La mancanza di istruzione nella comunità Rom si traduce allora in alti tassi
di disoccupazione. Secondo una indagine della Banca Mondiale, la qualità
complessiva dell'istruzione tra i Rom è andata costantemente discendendo dal
1989.
I gruppi rom criticano anche la mancanza di statistiche. Soltanto di recente
il Ministero dell'Istruzione ha iniziato a raccogliere dati sulla nazionalità
degli studenti, la lingua che parlano a casa e il tipo e grado di scuola che
frequentano. Sinora sono state disponibili soltanto delle stime.
BRUXELLES, 13 novembre - Un'ideologia politica basata sul desiderio di
sterminare i Rom sta emergendo in diverse parti d'Europa, così dice una
conferenza tenutasi a Bruxelles
Dopo numerosi attacchi violenti a Rom da parte di skinhead ed altri
estremisti in Bulgaria, nell'agosto 2007 è stata annunciata la formazione
del partito di estrema destra Guardia Nazionale.
"L'anti-ziganismo" rivendicato dal suo leader Vladimir Rasate può essere
comparato all'anti-semitismo che negli anni '30 aiutò i nazisti a prendere il
potere in Germania, secondo Michael Stewart, professore di antropologia all'University
College di Londra. "Il partito di Guardia Nazionale vede l'eliminazione dei Rom
come base del rinnovamento nazionale," dice Stewart, che a lungo ha lavorato con
le comunità rom negli ex paesi comunisti. "E' un nuovo fenomeno in Europa, che
prima non esisteva. E' un pericolo reale."
I commenti di Stewart, rilasciati in un'audizione del Parlamento Europeo
il 13 novembre, riecheggiano i dati di un recente rapporto sui crimini contro i
Rom di Human Rights First. L'organizzazione con base a New York dichiara che per
i Rom in alcuni paesi "il rinnovato virulento anti-ziganismo è un ricordo strano
e lugubre del Porrajmos, l'Olocausto Romanì durante la II guerra mondiale, che
uccise più della metà della popolazione rom europea."
"Quando navigati leader politici europei discutono pubblicamente sulla
'soluzione' al 'problema Rom', invocando l'uso di dinamite, recinzioni
elettrificate, deportazioni, presa delle impronte a uomini, donne e bambini,
involontariamente vengono alla mente paralleli storici."
L'ostilità contro i Rom è diventata particolarmente acuta in Italia, dove i
partiti che formano la coalizione governativa del primo ministro Silvio
Berlusconi hanno tentato apertamente di dipingere tutti i Rom come criminali. A
maggio il governo italiano ha introdotto un "pacchetto sicurezza" che comprende
lo smantellamento dei campi rom e la deportazione automatica dei migranti che
non possono provare di avere un impiego regolare.
La discriminazione contro i Rom in Italia "non ha confronto con nessun altro
paese in Europa", dice Monica Rossi, ricercatrice all'Università di Roma,
spiegando che ai Rom viene negato lo status ufficiale di minoranza e non sono in
grado di richiedere la cittadinanza italiana. I programmi apparentemente volti
alla scolarizzazione dei bambini rom hanno fallito, dice. "Dopo 40 anni di
progetti scolastici, ci sono 20 ragazzi che vanno alle superiori. Questo su una
popolazione di 15.000."
Graziano Halilovic, Rom Xoraxane delle Federazione Rom d'Italia, descrive le
condizioni dei campi dove vive la sua gente come "abbastanza estrema".
"E' una vergogna per la nazione italiana lasciar vivere i Rom in condizioni
simili," aggiunge. "Quel che è peggio è che l'Italia è parte dell'Unione
Europea. La vergogna dell'Italia presto può diventare la vergogna dell'Unione
Europea."
A settembre la Commissioen Europea, braccio esecutivo della UE, ha ospitato
un summit Rom, che ha raccolto le richieste per lo sviluppo di una strategia UE
per l'inclusione dei Rom. La sua popolazione è stimata tra i 12 e 15 milioni, i
Rom sono spesso descritti come la più grande minoranza etnica in Europa, oltre 9
milioni di loro vivono nei 27 paesi UE.
Valeriu Nicolae, segretario generale dell'Organizzazione di Base Europea Rom,
ha detto che i Rom non vengono consultati in modo appropriato quando vengono
formulate le politiche che li riguardano. "Il corpo principale dell'Unione
Europea che agisce sulle tematiche Rom - la Commissione Europea - non impiega
nessun Rom o qualche politico Rom esperto," dice.
Jan Jarab, componente della Commissione riguardo le politiche sociali, dice
che l'esecutivo UE sta tentando di aumentare gli sforzi per agire sulla
difficile situazione dei Rom. Ma è riluttante, aggiunge, e semplicemente
"rinomina" leggi precedentemente introdotte contro la discriminazione
"mettendogli l'etichetta 'strategia'."
Al momento, le politiche sui Rom nei paesi UE sono spesso basate o
sull'approccio "laissez-faire" o sulla repressione, aggiunge. Cita la Spagna
come un paese dove si sono registrati successi nel fornire ai Rom case e lavori
decenti.
Marian Nedelica, insegnante nella città rumena di Craiova, dice che anche se
il suo paese ha promulgato una legge che garantisce l'accesso all'istruzione,
circa il 27% dei bambini rom non frequenta la scuola. Dovrebbero essere
introdotte misure contro le autorità scolastiche che permettono che ci sia
discriminazione, continua.
Livia Jaroka, membro ungherese del Parlamento Europeo di origine Rom,
dice che il suo popolo soffre di un "tipo di povertà estremo come nell'Africa
sub sahariana". Aggiunge che c'è bisogno di strumenti che puniscano i governi UE
che non applicano le leggi dell'Unione contro la discriminazione.
Gabriela Hrabanova, che lavora presso il ministero ceco del lavoro e degli
affari sociali, ha detto che c'è una "mancanza di coordinamento" tra gli stati
membri della UE sulle tematiche riguardanti i Rom. "In molti stati membri, non
c'è niente a livello locale, anche se sulla carta sembra che tutto stia andando
al meglio."
(END/2008)
Di Fabrizio (del 20/11/2008 @ 09:38:38, in Italia, visitato 1924 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir questo appello, apparso ieri
sul blog di
Sergio Bontempelli
Alla stampa cittadina e regionale Un "netto mutamento di clima". Una "brusca inversione di tendenza" per una
città da sempre solidale con gli immigrati e i Rom. Usano parole misurate ma
pesanti, i firmatari dell’"appello antirazzista pisano". E non si tratta di
persone qualunque. In calce all’appello, che esprime "profondo disagio e
disaccordo" con le recenti scelte dell’amministrazione, si leggono firme
prestigiose: dallo storico Adriano Prosperi, della Scuola Normale, a Michele
Luzzati, voce autorevole della comunità ebraica; dal teologo Don Roberto
Filippini alla medievista Chiara Frugoni (la cui biografia di S. Francesco ha
ispirato i lavori di Dario Fo), fino allo scrittore Luca Ricci, autore per
Einaudi del premiato libro L’amore e altre forme d’odio. Assieme a loro, tra gli
altri, la rappresentante dei Rom Marinela Nicolin.
Cosa ha spinto queste persone a prendere carta e penna? Nell’appello si parla di
"misure vessatorie nei confronti di persone provenienti da altri paesi". E si
citano in particolare due provvedimenti: la cosiddetta “ordinanza antiborsoni”,
annunciata dal Sindaco ma non ancora emanata, e gli sgomberi dei campi Rom.
L’"ordinanza antiborsoni" consentirebbe alla Polizia Municipale di multare
chiunque sosti con valige, fagotti e borse di grosse dimensioni in prossimità di
monumenti storici: il riferimento è ai “borsoni” dei venditori ambulanti
stranieri. Gli sgomberi dei campi Rom rappresentano – secondo i firmatari
dell’appello – una vera e propria svolta rispetto al passato: la precedente
amministrazione, infatti, aveva promosso un programma di accoglienza e
inserimento abitativo, denominato “Città Sottili”. Grazie a Città Sottili, agli
abitanti dei "campi nomadi" erano state assegnate delle vere e proprie case: e a
beneficiare di quel programma si erano trovati anche i familiari dei bambini
morti nel rogo di Livorno avvenuto nell’Agosto del 2007.
L’ordinanza anti-borsoni e gli sgomberi fanno parte di un programma più ampio,
un vero e proprio “Patto per la Sicurezza” (simile a quelli di Roma e Milano)
che la Giunta vorrebbe stipulare con la Prefettura e la Questura. Su questo
“patto” il Sindaco ha avuto il via libera dal consiglio comunale, con i voti sia
della maggioranza (PD, IdV, Socialisti e Liste Civiche), sia dell’opposizione di
centro destra.
I firmatari dell’appello criticano però la stessa filosofia di questi
provvedimenti: "Gli immigrati senza permesso di soggiorno, i Rom e i venditori
ambulanti stranieri", scrivono, "non rappresentano un pericolo, per una città
che ha sempre operato per l’accoglienza e l’integrazione". E la legalità
invocata dall’amministrazione comunale, aggiungono, "va difesa a partire dai
diritti civili e sociali di tutti".
Affermazioni che sembrano riecheggiare le recenti parole del Presidente della
Repubblica, in difesa del valore positivo dell’immigrazione. Anche in quel caso
c’era stata una convergenza con le autorità ecclesiastiche, come il presidente
del consiglio pontificio Iustitia et Pax, il Cardinale Renato Martino, che aveva
lodato con grande soddisfazione le frasi di Napolitano. Ma allora si trattava di
una reazione alle proposte legislative della Lega, non all’operato di
un’amministrazione di centrosinistra.
Il clima di razzismo e di intolleranza diffuso in tutto il paese, concludono i
firmatari dell’appello, "rischia di penetrare anche a Pisa". Una politica
"alta", a loro parere, "deve essere in grado di opporsi all’avanzata di falsi
stereotipi". Un compito non facile in questi tempi.
Appello pisano contro il razzismo Il netto mutamento di clima che si registra a Pisa da alcuni mesi a questa
parte suscita preoccupazioni e inquietudini diffuse. Nella nostra città, come
nel resto del paese, la politica sembra cedere oggi a facili tentazioni
securitarie, all'ansia di ordine pubblico, inteso peraltro nella sua accezione
più riduttiva, quella di mero intervento repressivo. Si tratta di scelte che, in
tutta Italia, hanno prodotto un terreno favorevole a inaccettabili episodi di
violenza a danno di persone straniere, come raccontano quotidianamente gli
organi di informazione. Chi vive a Pisa avverte tutta la novità di un simile
cambiamento di clima. Una svolta che rappresenta una brusca inversione di
tendenza per una città che, in anni recenti, si è spesso proposta ed è stata
percepita a livello nazionale come un laboratorio di sperimentazione sociale, un
luogo dove le istituzioni si riconoscevano in istanze di dialogo e di
integrazione. Oggi tutto questo scompare, per ragioni che sembrano rispondere
soprattutto alle opportunità del momento, alla ricerca di un facile consenso
politico, attraverso risposte ferme a un presunto 'allarme sicurezza' (pure
smentito da tutti i dati ufficiali a disposizione).
In un quadro che, dopo i recenti, gravissimi episodi di violenza a sfondo
razziale di Milano e di Castelvolturno, rischia di configurarsi nei termini di
un’inedita emergenza nazionale, si impone come necessario un appello al senso
civico di tutti gli abitanti della città di Pisa, al di là delle specifiche
appartenenze politiche, affinché venga ribadito con forza e nei fatti quanto
previsto dall’articolo 3 della Costituzione italiana, che afferma il principio
di pari dignità sociale e di uguaglianza davanti alla legge "senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali".
Negli ultimi anni la presenza dei lavoratori stranieri in Italia ha raggiunto i
livelli dei paesi europei con una più lunga storia di immigrazione. Sono gli
italiani di domani, che oggi chiedono solo di poter vivere con lavoro e dignità,
di vedere riconosciuto il loro status di 'esseri umani'. È una sfida contro il
razzismo che riguarda il futuro delle nostre città e del paese, il futuro di
tutti. Mentre dall'altro lato dell'oceano un afro-americano accede alla massima
carica dello Stato più influente del mondo, in Italia una quota elevata della
popolazione non può essere rappresentata, perché priva del diritto di voto. Il
'paese reale' rivela una distanza drammatica dal 'paese legale'.
In una città 'aperta' come Pisa, da sempre arricchita dall'arrivo degli studenti
da fuori, l'amministrazione locale, entro le sue competenze, deve essere pronta
a raccogliere l’odierna sfida dell’integrazione con capacità, intelligenza e
spirito propositivo. Da essa molti cittadini si attendono che dia un effettivo
contributo alla rimozione degli ostacoli che condizionano la vita degli
stranieri in Italia, e non il contrario. Continuare a ricorrere a misure
vessatorie nei confronti di persone provenienti da altri paesi, quali appaiono
la recente proposta di proibire i ‘borsoni’ degli ambulanti che lavorano nella
zona del Duomo, o quella di allontanare i Rom dai campi cosiddetti ‘abusivi’,
non è degno in una città che vanta tradizioni di apertura e di tolleranza verso
stranieri spesso costretti a fuggire dai propri luoghi di origine:
dall’accoglienza offerta agli esuli dalle dittature militari in Grecia e in Cile
negli anni settanta, alla costruzione di percorsi di integrazione con le
famiglie Rom immigrate negli anni novanta a causa delle guerre nella
ex-Jugoslavia. Pisa non deve disperdere il proprio patrimonio di impegno per una
società aperta e solidale, che veda nelle differenze una ricchezza e non una
minaccia.
Per queste ragioni, per il profondo disagio e disaccordo provocato dal tentativo
di colpire i più deboli in modo indiscriminato, per non dover più assistere a
una quotidiana e incomprensibile caccia all’uomo da parte delle forze di polizia
locale, si è reso inevitabile sollevare una voce contro i germi di un razzismo
strisciante che rischia di penetrare anche a Pisa. Una politica alta deve essere
in grado di opporsi all’avanzata di falsi stereotipi. Gli immigrati senza
permesso di soggiorno, i Rom che abitano nelle baracche e nei campi alla
periferia urbana, i venditori ambulanti stranieri non rappresentano un pericolo,
per una città che ha sempre operato – in modo corale – per l’accoglienza e
l’integrazione. La stessa legalità, di continuo invocata nel dibattito pubblico
di questi mesi, non è un principio neutro. Perché sia democratica occorre che
venga difesa a partire dai diritti civili e sociali di tutti.
Primi firmatari:
- Adriano Prosperi, docente Scuola Normale Superiore
- Chiara Frugoni, storica
- don Roberto Filippini, teologo, diocesi di Pisa
- Michele Luzzati, docente universitario Storia Medievale, Università di Pisa
- Luca Ricci, scrittore
- Marinela Nicolin, rappresentante Federazione Rom e Sinti Pisa
- Giorgio Gallo, Università di Pisa, corso di laurea in Scienze della Pace
- Paola Bora, docente universitaria Filosofia, Pisa
- Barbara del Bravo, medico, Pisa
Un cancello di ferro lavorato in via Iskar o Eksark Iosef, Sofia, Bulgaria,
autunno 1996. L'artefatto è tipico della fine del XIX secolo e dell'inizio del
XX secolo di edifici e città in Bulgaria. Molti artefatti simili erano opera di
fabbri ed artigiani Rom. La foto è stata ripresa con una macchina 35 mm Minox
G-series su Tri-X film. Combina l'atmosfera della Sofia autunnale con la
delicata rappresentazione e l'accurata geometria della Minox G.
[...]
Facendo cantare il ferro
Un secolo fa, i Rom erano relativamente bene integrati nel tessuto di molti
villaggi e città nei Balcani. Gli insediamenti urbani erano più piccoli e
compatti in quei giorni e le distanze etniche, religiose e di classe erano
minori. I Rom erano anche più integrati nelle economie urbane, le loro
tradizionali capacità come fabbri, oppure di trasportatori erano di centrale
importanza nei giorni in cui il metallo si sollevava e veniva piegato. Nei cento
anni a seguire, i Rom sono stati spinti nelle periferie delle città bulgare. Le
città sono state riprogettate e le minoranze disperse oltre i cordoni sanitari.
Le capacità lavorative valutate un secolo fa sono diventate periferiche e sempre
più spesso obsolete. Soprattutto, la solidificazione dell'identità nazionale
bulgara ha marginalizzato i gruppi minoritari. I componenti delle minoranze che
avevano l'opportunità e le risorse per lasciare la Bulgaria partirono. Oltre il
90% degli Ebrei del paese se ne andarono nel 1948. La popolazione turca e
musulmana fu periodicamente pressata verso esodi di massa, culminati con la
partenza di 300.000 di loro nell'estate del 1989. I Rom furono relegati in
blocchi edilizi isolati, l'equivalente bulgaro delle favelas e dei bantustan.
La frase "facendo cantare il ferro" coniuga l'abilità e la passione dei
fabbri e dei lavoratori del metallo di un'era passata. La prima volta ho sentito
la frase da un Bulgaro turco che era stato imprigionato all'inizio degli anni
'50 nell'isola Belane sul basso Danubio, il piccolo Arcipelago Gulag della
Bulgaria. Usava quella frase per descrivere la capacità di lavorare il metallo
di un compagno di prigionia, Shakir Mustafa Pashov. Pashov era un dirigente
comunista rom negli anni in cui l'appoggio ai gruppi minoritari veniva
sollecitato dai capi comunisti ed ancora ritenuto ideologicamente accettabile. A
seguito dei processi contro il cosmopolitanismo nell'Unione Sovietica ed il
processo Slansky nella Cecoslovacchia, i comunisti come Pashov caddero presto in
disgrazia. Molti, come lui, finirono in prigione. I caratteristici cancelli in
ferro lavorato di Sofia, rappresentano un silenzioso ricordo sia delle
generazioni di Sofioti che li attraversarono che del mondo svanito dei fabbri
Rom che presero parte alla loro creazione
Lavoratore del metallo, Quartiere di Stoliponovo, Plovdiv,
Bulgaria, 1997
Il ragazzo rom Misha Puntov rappresenterà la Russia a Children Eurovision il
22 novembre.
Ha 13 anni e in Russia si dice che abbia una voce angelica. Misha vive nel
villaggio di Nizhny Mamon vicino a Voronezh, è un bravo studente sia nella
scuola normale che in quella di musica. Suo padre guadagna da vivere col
commercio dei metalli.
QUANDO CADONO I MURI Perché un campo non sia più un campo, basta che tutti ci entrino... insieme ad artisti, studenti, artigiani, musicisti, poeti, scrittori,
clown e tanti altri
Affinché l'immaginario individuale si confronti con la realtà.
Affinché l'immaginario individuale si confonda con l'immaginario collettivo.
Affinché l'immaginario di un movimento si relazioni con l'immaginario di una
storia corale.
Affinché l'invisibile si trasformi in visibile.
Affinché gli ostaggi vengano liberati.
Affinché l'altrove sia un qui con noi.
Affinché specchi deformati ritrovino la loro reciproca specularità.
"Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior."
19 novembre 2008, BUDAPEST (Reuters) - L'uccisione di due Rom in un assalto
con granate nell'Ungheria meridionale mercoledì scorso ha dato luogo ad una
disputa tra l'ombudsman delle minoranze e la polizia, che dice che è prematuro
parlare di pregiudizio razziale.
L'attacco ha avuto luogo nella notte di martedì a Pecs, 250 km. a sud di
Budapest, quando una granata è stata gettata dentro una casa da una
finestra.
La polizia della contea di Baranya dice che sono stati uccisi un uomo e una
donna, ed i loro due figli hanno riportato lievi ferite.
"Escludiamo la possibilità che ci sia stato un movente razziale," ha detto
alla Reuters Peter Zsobrak, portavoce della polizia di Baranya.
"Non c'è nessuna indicazione che la famiglia fosse il bersaglio di un attacco
etnico," ha aggiunto, dicendo che un'unità speciale sta investigando, ma la
motivazione appare essere una vendetta.
Durante la conferenza stampa, Erno Kallai, ombudsman in carico ai diritti
delle minoranze etniche e nazionali, ha accusato la polizia di essere saltata
alle conclusioni.
"Non sappiamo se questo crimine abbia o no motivazioni razziali. Ma non è
compito della polizia passare alle conclusioni prima che siano terminate le
indagini," ha detto.
L'Ungheria ha una delle più vaste comunità Rom [...] nell'Europa dell'Est,
che compongono dal 5 al 7% dei 10 milioni di abitanti.
Kallai ha rilasciato una dichiarazione in cui dice che è allarmante la serie
di recenti attacchi verso i Rom ungheresi.
"L'etnia delle vittime ed il tipo di crimini ci portano a pensare che questi
attacchi non sono una coincidenza. I Rom, che vivono alla periferia della
società, che sono i più vulnerabili, che sono soggetti a pregiudizio, sono sotto
attacco," recita la dichiarazione.
All'inizio del mese due Rom erano stati colpiti a morte durante un attacco a
due case nel villaggio nord-orientale di Nagycsecs (VEDI
ndr), ma la polizia dice che non ci sono collegamenti tra quel fatto e
l'attacco di martedì.
A giugno, delle molotov erano state lanciate in tre case rom a Patka, a ovest
di Budapest, mentre a luglio erano stati sparati colpi contro tre case rom a
Galgagyork, vicino a Budapest. Non ci sono stati feriti.
Uno studio di ottobre, del Political Capital think tank, commissionato dalla
Fondazione Ungherese Anti-Razzismo, ha trovato che la forza crescente
dell'estrema destra ungherese coincide col pregiudizio crescente contro i Rom.
"Una... significativa minaccia è il rafforzamento del conflitto tra i Rom e
la società non-Rom, che è il conflitto sociale più importante del nostro paese,"
dice lo studio.
(Reporting by Krisztina Than and Balazs Koranyi; editing by
Michael Roddy)
Roma, 21 nov. (Apcom) - Non si possono dimenticare "quei bambini di età
fino a tre anni che vivono in carcere con le mamme detenute, e che
continuano a soffrire di questa inaccettabile situazione": lo afferma la
senatrice radicale (Pd) Donatella Poretti, all'indomani della
giornata dell'infanzia.
In una lettera aperta alla presidente della commissione bicamerale
dell'Infanzia, Alessandra Mussolini, Poretti ricorda che "secondo i dati
del Dipartimento di amministrazione penitenziaria riferiti al 30 giugno
2008, gli asili nido funzionanti nelle strutture carcerarie italiane
sono 16. Sono 58 le detenute madri con figli che vivono con loro dentro
l'istituto, quindi sono almeno 58 i bambini minori di tre anni che
trascorrono un tempo estremamente prezioso e delicato della loro vita in
galera. Alcuni possono accedere ai nidi pubblici, altri trascorrono
l'intera giornata dietro le sbarre".
L'auspicio dell'esponente radicale è che venga adottato "un
provvedimento finalmente risolutivo della situazione di questi bambini,
può e deve essere abbracciato anche dalla Commissione bicamerale per
l'infanzia da te presieduta, perché si stimoli la dovuta discussione del
Parlamento e si giunga alla più celere calendarizzazione in Parlamento
delle proposte esistenti per poter risolvere nel modo più opportuno tale
situazione".
Di Fabrizio (del 23/11/2008 @ 09:20:52, in Italia, visitato 1993 volte)
GIOVEDI’ 27 novembre
ore 21 presso il "Gabbiano" a Baggio – via Ceriani 3 MILANO
IN CHE MO(N)DO VIVI? spazio di confronto socio-politico
Incontro pubblico sul tema "Immigrazione e razzismo"
ROM E GAGE’ per capire bisogna conoscere
incontreremo Dijana Pavlovic rom serba, attrice teatrale e mediatore
culturale nelle scuole elementari
partecipa Fabrizio Casavola redattore di Mahalla - Rom e Sinti da tutto
il mondo
Un giorno, camminando in montagna, ho visto da lontano una bestia.
Avvicinandomi, mi sono accorto che era un uomo.
Giungendo di fronte a lui, ho visto che era mio fratello.
(Proverbio tibetano)
Alcuni dei dimostranti erano a volto coperto -
VIDEO
La polizia anti rivolta della città ceca di
Litvinov
ha ingaggiato una battaglia sanguinosa con i dimostranti di estrema destra che
cercavano di raggiungere il quartiere rom.
I poliziotti, alcuni a cavallo, hanno tentato di far retrocedere con i
manganelli e gas i circa 500 rivoltosi, che hanno risposto con lancio di pietre
e molotov.
Sette dimostranti e sette poliziotti sono rimasti feriti negli scontri.
La violenza è esplosa durante la marcia del Partito dei Lavoratori lunedì
scorso, festa pubblica nella Repubblica Ceca.
E' stato visto almeno un poliziotto ferito a terra con del sangue in faccia,
ed una macchina della polizia è stata data alle fiamme.
Circa 1.000 poliziotti sono stati dispiegati per controllare i manifestanti.
"La polizia ha cercato di far indietreggiare i dimostranti al percorso
prestabilito, ma questi hanno iniziato a lanciare bottiglie incendiarie," ha
detto Jarmila
Hrubesova, portavoce della polizia.
In seguito sono state arrestate circa 15 persone.
La grandemente impoverita popolazione Rom della Repubblica Ceca da tempo è
bersaglio dell'estrema destra e molti Rom in questo paese di 10 milioni di
persone lamentano un'endemica discriminazione razziale.
Dicono gli analisti che i gruppi di destra come il Partito dei Lavoratori non
sono riusciti ad attecchire nella politica nazionale nell'ultima decade.
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