Ricevo da Agostino Rota Martir questo appello, apparso ieri
sul blog di
Sergio Bontempelli
Alla stampa cittadina e regionale
Un "netto mutamento di clima". Una "brusca inversione di tendenza" per una
città da sempre solidale con gli immigrati e i Rom. Usano parole misurate ma
pesanti, i firmatari dell’"appello antirazzista pisano". E non si tratta di
persone qualunque. In calce all’appello, che esprime "profondo disagio e
disaccordo" con le recenti scelte dell’amministrazione, si leggono firme
prestigiose: dallo storico Adriano Prosperi, della Scuola Normale, a Michele
Luzzati, voce autorevole della comunità ebraica; dal teologo Don Roberto
Filippini alla medievista Chiara Frugoni (la cui biografia di S. Francesco ha
ispirato i lavori di Dario Fo), fino allo scrittore Luca Ricci, autore per
Einaudi del premiato libro L’amore e altre forme d’odio. Assieme a loro, tra gli
altri, la rappresentante dei Rom Marinela Nicolin.
Cosa ha spinto queste persone a prendere carta e penna? Nell’appello si parla di
"misure vessatorie nei confronti di persone provenienti da altri paesi". E si
citano in particolare due provvedimenti: la cosiddetta “ordinanza antiborsoni”,
annunciata dal Sindaco ma non ancora emanata, e gli sgomberi dei campi Rom.
L’"ordinanza antiborsoni" consentirebbe alla Polizia Municipale di multare
chiunque sosti con valige, fagotti e borse di grosse dimensioni in prossimità di
monumenti storici: il riferimento è ai “borsoni” dei venditori ambulanti
stranieri. Gli sgomberi dei campi Rom rappresentano – secondo i firmatari
dell’appello – una vera e propria svolta rispetto al passato: la precedente
amministrazione, infatti, aveva promosso un programma di accoglienza e
inserimento abitativo, denominato “Città Sottili”. Grazie a Città Sottili, agli
abitanti dei "campi nomadi" erano state assegnate delle vere e proprie case: e a
beneficiare di quel programma si erano trovati anche i familiari dei bambini
morti nel rogo di Livorno avvenuto nell’Agosto del 2007.
L’ordinanza anti-borsoni e gli sgomberi fanno parte di un programma più ampio,
un vero e proprio “Patto per la Sicurezza” (simile a quelli di Roma e Milano)
che la Giunta vorrebbe stipulare con la Prefettura e la Questura. Su questo
“patto” il Sindaco ha avuto il via libera dal consiglio comunale, con i voti sia
della maggioranza (PD, IdV, Socialisti e Liste Civiche), sia dell’opposizione di
centro destra.
I firmatari dell’appello criticano però la stessa filosofia di questi
provvedimenti: "Gli immigrati senza permesso di soggiorno, i Rom e i venditori
ambulanti stranieri", scrivono, "non rappresentano un pericolo, per una città
che ha sempre operato per l’accoglienza e l’integrazione". E la legalità
invocata dall’amministrazione comunale, aggiungono, "va difesa a partire dai
diritti civili e sociali di tutti".
Affermazioni che sembrano riecheggiare le recenti parole del Presidente della
Repubblica, in difesa del valore positivo dell’immigrazione. Anche in quel caso
c’era stata una convergenza con le autorità ecclesiastiche, come il presidente
del consiglio pontificio Iustitia et Pax, il Cardinale Renato Martino, che aveva
lodato con grande soddisfazione le frasi di Napolitano. Ma allora si trattava di
una reazione alle proposte legislative della Lega, non all’operato di
un’amministrazione di centrosinistra.
Il clima di razzismo e di intolleranza diffuso in tutto il paese, concludono i
firmatari dell’appello, "rischia di penetrare anche a Pisa". Una politica
"alta", a loro parere, "deve essere in grado di opporsi all’avanzata di falsi
stereotipi". Un compito non facile in questi tempi.
Appello pisano contro il razzismo
Il netto mutamento di clima che si registra a Pisa da alcuni mesi a questa
parte suscita preoccupazioni e inquietudini diffuse. Nella nostra città, come
nel resto del paese, la politica sembra cedere oggi a facili tentazioni
securitarie, all'ansia di ordine pubblico, inteso peraltro nella sua accezione
più riduttiva, quella di mero intervento repressivo. Si tratta di scelte che, in
tutta Italia, hanno prodotto un terreno favorevole a inaccettabili episodi di
violenza a danno di persone straniere, come raccontano quotidianamente gli
organi di informazione. Chi vive a Pisa avverte tutta la novità di un simile
cambiamento di clima. Una svolta che rappresenta una brusca inversione di
tendenza per una città che, in anni recenti, si è spesso proposta ed è stata
percepita a livello nazionale come un laboratorio di sperimentazione sociale, un
luogo dove le istituzioni si riconoscevano in istanze di dialogo e di
integrazione. Oggi tutto questo scompare, per ragioni che sembrano rispondere
soprattutto alle opportunità del momento, alla ricerca di un facile consenso
politico, attraverso risposte ferme a un presunto 'allarme sicurezza' (pure
smentito da tutti i dati ufficiali a disposizione).
In un quadro che, dopo i recenti, gravissimi episodi di violenza a sfondo
razziale di Milano e di Castelvolturno, rischia di configurarsi nei termini di
un’inedita emergenza nazionale, si impone come necessario un appello al senso
civico di tutti gli abitanti della città di Pisa, al di là delle specifiche
appartenenze politiche, affinché venga ribadito con forza e nei fatti quanto
previsto dall’articolo 3 della Costituzione italiana, che afferma il principio
di pari dignità sociale e di uguaglianza davanti alla legge "senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali".
Negli ultimi anni la presenza dei lavoratori stranieri in Italia ha raggiunto i
livelli dei paesi europei con una più lunga storia di immigrazione. Sono gli
italiani di domani, che oggi chiedono solo di poter vivere con lavoro e dignità,
di vedere riconosciuto il loro status di 'esseri umani'. È una sfida contro il
razzismo che riguarda il futuro delle nostre città e del paese, il futuro di
tutti. Mentre dall'altro lato dell'oceano un afro-americano accede alla massima
carica dello Stato più influente del mondo, in Italia una quota elevata della
popolazione non può essere rappresentata, perché priva del diritto di voto. Il
'paese reale' rivela una distanza drammatica dal 'paese legale'.
In una città 'aperta' come Pisa, da sempre arricchita dall'arrivo degli studenti
da fuori, l'amministrazione locale, entro le sue competenze, deve essere pronta
a raccogliere l’odierna sfida dell’integrazione con capacità, intelligenza e
spirito propositivo. Da essa molti cittadini si attendono che dia un effettivo
contributo alla rimozione degli ostacoli che condizionano la vita degli
stranieri in Italia, e non il contrario. Continuare a ricorrere a misure
vessatorie nei confronti di persone provenienti da altri paesi, quali appaiono
la recente proposta di proibire i ‘borsoni’ degli ambulanti che lavorano nella
zona del Duomo, o quella di allontanare i Rom dai campi cosiddetti ‘abusivi’,
non è degno in una città che vanta tradizioni di apertura e di tolleranza verso
stranieri spesso costretti a fuggire dai propri luoghi di origine:
dall’accoglienza offerta agli esuli dalle dittature militari in Grecia e in Cile
negli anni settanta, alla costruzione di percorsi di integrazione con le
famiglie Rom immigrate negli anni novanta a causa delle guerre nella
ex-Jugoslavia. Pisa non deve disperdere il proprio patrimonio di impegno per una
società aperta e solidale, che veda nelle differenze una ricchezza e non una
minaccia.
Per queste ragioni, per il profondo disagio e disaccordo provocato dal tentativo
di colpire i più deboli in modo indiscriminato, per non dover più assistere a
una quotidiana e incomprensibile caccia all’uomo da parte delle forze di polizia
locale, si è reso inevitabile sollevare una voce contro i germi di un razzismo
strisciante che rischia di penetrare anche a Pisa. Una politica alta deve essere
in grado di opporsi all’avanzata di falsi stereotipi. Gli immigrati senza
permesso di soggiorno, i Rom che abitano nelle baracche e nei campi alla
periferia urbana, i venditori ambulanti stranieri non rappresentano un pericolo,
per una città che ha sempre operato – in modo corale – per l’accoglienza e
l’integrazione. La stessa legalità, di continuo invocata nel dibattito pubblico
di questi mesi, non è un principio neutro. Perché sia democratica occorre che
venga difesa a partire dai diritti civili e sociali di tutti.
Primi firmatari:
- Adriano Prosperi, docente Scuola Normale Superiore
- Chiara Frugoni, storica
- don Roberto Filippini, teologo, diocesi di Pisa
- Michele Luzzati, docente universitario Storia Medievale, Università di Pisa
- Luca Ricci, scrittore
- Marinela Nicolin, rappresentante Federazione Rom e Sinti Pisa
- Giorgio Gallo, Università di Pisa, corso di laurea in Scienze della Pace
- Paola Bora, docente universitaria Filosofia, Pisa
- Barbara del Bravo, medico, Pisa