Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sui fatti di ieri in
Spagna, ricevo da Union Romani
Stimati amici,
In risposta agli orribili accadimenti di Castellar (Jaen), dove la
comunità gitana ha dovuto abbandonare le proprie case per paura delle
aggressioni di alcuni cittadini, vi rimettiamo un comunicato stampa in cui la
Unión Romaní spiega i fatti e le azioni che ha intrapreso.
Chiediamo la massima diffusione
Saluti
Silvia Rodríguez - responsabile stampa
OCCORRE PORRE FRENO A QUALSIASI MANIFESTAZIONE CHE COMPORTI PERICOLO PER
L'INTEGRITA' DELLA COMUNITA' GITANA
Il Presidente di Unión Romaní, Juan de Dios Ramírez-Heredia, a nome di tutta
la Giunta Direttiva della Federazione, ha inviato una petizione alla Delegazione
Governativa della Giunta Andalusa, perché si prendano tutte le misure necessarie
riguardo ai deplorevoli accadimenti che si stanno vivendo nella località jaense
di Castellar.
Nel documento citato, il Presidente di Unión Romaní vuole manifestare la
grave preoccupazione creatasi nella comunità gitana spagnola, per i fatti
accaduti nella città di Castellar, ampiamente diffusi dai mezzi di comunicazione
in tutta la Spagna, dove si mostra il confronto tra giovani "payos" e gitani,
che ha motivato la fuga massiva dei gitani residenti a Castellar.
Inoltre, si spiega nel testo che nessuno ha riportato che la Unión Romaní si
è messa in contatto con le autorità municipali di Castellar, in particolare col
sindaco, al fine di avere una conoscenza precisa dei fatti così ampliamente
diffusi.
Da questa conversazione col sindaco, Juan de Dios Ramírez-Heredia ha ricevuto
la più ferma rassicurazione che l'autorità non si farà influenzare da pretesi
estremisti di qualsiasi segno e che non ci sarà la più minima concessione dalla
sua ferma volontà di difendere i diritti costituzionali di tutti i cittadini di
Castellar, della cui popolazione i gitani formano parte indiscutibile ed
indivisibile.
Coscienti che il razzismo sia una ferita latente in buona parte della società
spagnola, e che in questi momenti sia come un appello a cui rispondere con
grande facilità, Unión Romaní manifesta la sua più ferma volontà a difesa della
comunità gitana, da sempre la parte più vulnerabile in questi tipi di conflitti.
Nello scritto inviato alla Giunta Andalusa, affermiamo, con la forza della
Legge e della Costituzione, che non si permetterà nessuna aggressione, da
qualsiasi parte arrivi, contro la popolazione gitana di Castellar e si esige che
le autorità civili e politiche garantiscano il ritorno in pace e sicurezza delle
famiglie gitane che, a causa di minacce o di legittima paura, si sono viste
obbligate ad abbandonare le loro residenze.
Su questa linea, l'organizzazione ha manifestato la più ferma volontà nel
richiedere tutta l'assistenza da parte delle Forze dell'Ordine Pubblico, a
difesa dell'integrità delle famiglie gitane oggi allontanate dai loro domicili.
In questa forma si è chiesto - per un elementare senso di prudenza ed in base
alla triste esperienza acquisita in circostanze molto simili - che venga
impedita o posposta qualsiasi manifestazione che sotto il motto di altre
rivendicazioni, possa sottintendere il pericolo che si incendino gli animi e,
una volta di più, siano i gitani le vittime dell'odio razzista e di azioni
incontrollate dei più violenti.
Per tutto questo, in conclusione, Unión Romaní ha sollecitato la Delegazione
Provinciale del Governo della Giunta Andalusa a ricevere un gruppo di persone
che a nome dell'organizzazione e capeggiato da don Antonio Torres Fernández,
presidente della Unión Romaní Andalucía e vicepresidente dell'Unión Romaní
Spagnola, al fine di manifestare apertamente la posizione dell'organizzazione e
concordare, appena possibile, le azioni da prendere a difesa dei diritti
costituzionali di tutti.
Barcelona y Castellar, 29 de octubre de 2008
JUAN DE DIOS RAMÍREZ-HEREDIA
UNION ROMANI
Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
Fax. +34 934127040
E-mail: u-romani@pangea.org
URL:
http://www.unionromani.org/index_es
Di Fabrizio (del 31/10/2008 @ 09:33:39, in casa, visitato 2979 volte)
Colombo (PD): "Quando la roulotte si ferma, di notte, i vigili picchiano
sulla roulotte e spaventano i bambini". La Lega smentisce
Roma – 30 ottobre 2008 - Attacco nell'Aula della Camera di Furio Colombo (Pd) in
difesa di una famiglia sinti. "Mentre noi stiamo parlando - ha detto Colombo
- una roulotte con una famiglia, madre, padre e cinque figli, viene tenuta dal
sindaco di Chiari, il senatore leghista Sandro Mazzatorta, in continuo
movimento. Si tratta di cittadini italiani sinti. Quando la roulotte si ferma,
di notte, i vigili picchiano sulla roulotte e spaventano i bambini".
La famiglia, fino al 2004, era legalmente residente in un'area sulla quale la
precedente amministrazione comunale (nel 2001) utilizzando un finanziamento
regionale aveva anche collocato cinque case. Ma, nel 2006, l'attuale
amministrazione ha consegnato l`ingiunzione di sgombero dal campo a questa e ad
altre quattro famiglie e il 25 settembre del 2007 il sindaco di Chiari ha
ordinato la cancellazione della residenza.
La Lega non tarda a rispondere, dichiarando che sulla vicenda Colombo sta
mentendo. "Non è vero che a Chiari i vigili vanno a picchiare la gente. Noi
chiediamo legalità". Claudio D'Amico (Lega) sostiene "che tre famiglie
risedevano in un piccolo campo nomadi, in modo abusivo, e quando il neo-sindaco
gli ha chiesto di regolarizzare la situazione gli hanno creato problemi".
La famiglia, dice D'Amico, "non ha rispettato" il nuovo regolamento comunale per
il funzionamento del campo nomadi e l'amministrazione "li ha sfrattati. Loro
hanno fatto ricorso al Tar che ha dato ragione all'amministrazione.
L'amministrazione ha offerto loro tre case che sono state rifiutate. Hanno
chiesto qualcosa per lasciare il campo. L'amministrazione gli ha dato 18mila
euro a fondo perduto ma ora quando tornano in luoghi non consentiti vengono
allontanati, non con i bastoni, non con la forza, ma in modo molto fermo".
Di Fabrizio (del 31/10/2008 @ 12:22:13, in Italia, visitato 2239 volte)
31 Ottobre 2008, 08:00 - Pur nella canea razzista e anti-tsigana,
esiste una buona base di consenso per investire in politiche sociali e
culturali. Senza farsi schiacciare dall’emergenza. [...].
Come ragionare sulle politiche locali per i rom di recente immigrazione?
La ricerca empirica sulle dinamiche dell’opinione pubblica mostra come il 94%
della popolazione italiana non sappia stimare nemmeno con una certa
approssimazione il numero di rom e sinti in Italia, tendendo a sovrastimarlo di
molto; il 76% degli italiani non sa che circa il 50% dei rom e dei sinti hanno
la cittadinanza italiana; l’84% degli italiani non è consapevole che la
stragrande maggioranza dei rom non sono più itineranti (nomadi non lo sono mai
stati); solo il 37% degli italiani sa che i rom non sono un popolo omogeneo per
cultura e religione, ma semmai una sorta di "galassia di minoranze". Prendendo
per buoni i dati dei sondaggi, solo un italiano su mille ha un’informazione
soddisfacente sulle popolazioni tsigane.
In questo quadro si aprono enormi possibilità di intervento per politiche
sociali e culturali da implementare per ridurre i pregiudizi, creare spazi di
incontro, favorire l’interazione costruttiva e rispettosa, rendere esigibili i
diritti fondamentali anche per rom e sinti. Per altro, seppure in un clima di
forte ostilità anti-tsigana, diffusa e radicata, se è vero che in prima battuta
un italiano su due pensa che la condizione degli "zingari" in Italia migliorerà
solo quando rispetteranno le "nostre" leggi e smetteranno di chiedere
l’elemosina, il 68% degli italiani propone soprattutto (il 30%) o anche e
parimenti (il 38%) politiche di pubblica responsabilità per l’inclusione
scolastica, abitativa e lavorativa. In altri termini, anche nella canea razzista
e anti-tsigana del 2007, una buona base di consenso per investire in politiche
sociali e culturali, era già presente.
Vi sarebbero, perciò, le condizioni per estendere l’orizzonte temporale delle
politiche per i rom e i sinti e darsi degli obiettivi ambiziosi di medio
periodo, senza rimanere schiacciati dalle emergenze e resistendo all’attrazione
sempre esercitata sul ceto politico dal ciclo degli sgomberi.
Tuttavia, le politiche locali rivolte verso i rom e i sinti sembrano
indifferenti alla ricerca di strade praticabili per migliorare le condizioni di
vita di queste popolazioni, invertire le traiettorie di degrado, ridurre la
conflittualità diffusa e contrastare effettivamente pratiche devianti di
microcriminalità e piccola delinquenza.
Sono politiche demagogiche. Istituiscono un contesto di ostilità e avversione,
in cui anche le alleanze fra attori anti-razzisti sono difficili e poco
praticate (sia le coalizioni fra associazioni e movimenti solidaristici con i
sindacati, sia le alleanze più ampie con alcune categorie socio-professionali
quali operatori sociali, insegnanti, artisti, avvocati e non ultimo operatori
della polizia locale e giornalisti).
Analizzando i casi di successo sperimentati in Europa, tre sono le principali
linee di politica su cui le città possono sviluppare una politica complessa ed
efficace.
In primo luogo, un disegno incrementale di politiche sociali e politiche
culturali: politiche integrate che sostengano le capacità di abitare, lavorare e
socializzare di queste persone. Politiche non specialistiche, semplicemente
politiche sociali e culturali ordinarie, ma che si aprono e coinvolgono anche le
popolazioni tsigane, senza immaginare una regolazione ad hoc, specializzata,
sempre pericolosa. Nelle esperienze europee di maggiore successo, il punto di
partenza, intorno a cui vengono integrate e articolate altre politiche, è il
sostegno alla capacità di abitare.
Preziose sono le considerazioni-metodo sviluppate a proposito da Antonio Tosi
(2008): "Si tratta anzitutto di offrire una gamma differenziata di possibilità
abitative-insediative: la pluralizzazione delle formule comporta il rifiuto
dell’idea (che non trova applicazione per altre popolazioni e che è un segno del
carattere strumentale dell’approccio al problema) che una popolazione possa
essere ‘assegnata’ ad una particolare formula abitativa".
Data l’eterogeneità delle popolazioni tsigane, e le grande varietà di percorsi,
competenze, sensibilità, vocazioni e progetti dei singoli individui, "occorre
ammettere che qualunque formula è in linea di principio applicabile, nessuna è
generalizzabile" (ibidem). In questo senso non c’è tipologia che possa essere
esclusa, in linea di principio, dalla gamma delle soluzioni: (1) abitazioni
ordinarie, di produzione pubblica (affiancate da brevi periodi di mediazione
all’inizio); (2) abitazioni ordinarie, di produzione privata (con formule si
sostegno per l’accesso al mutuo e meccanismi di sostegno alla reputazione di
singoli nuclei familiari rom); (3) autocostruzioni accompagnate dal movimento
cooperativo; (4) aree attrezzate in funzione residenziale (di proprietà o in
affitto) per gruppi (solitamente non superiori alle 60 persone) che scelgono di
vivere insieme (sulla base di legami familiari o di affinità); (5) interventi
non specialistici a bassa soglia per l’emergenza abitativa temporanea (come
nella formula dei villaggi solidali); (6) aree di sosta per quanti esercitano
ancora mestieri itineranti; (7) upgrading (miglioramenti infrastrutturali) delle
baraccopoli, non per intrappolarvi a vita le persone ma come strategia di
riduzione del danno e cura incrementale della qualità della vita di chi è
momentaneamente costretto risiedervi.
In secondo luogo, diviene importante anche quella che potremmo definire una
strategia "repubblicana", di controllo da parte di autorità terze sull’operato
delle amministrazioni locali. E’ il ruolo di denuncia e di sostegno che, ad
esempio, può esercitare l’UNAR (l’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni
Razziali) istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità.
A diversa scala, sono molte le agenzie preposte a monitorare (e, in alcuni casi,
anche a sanzionare) il rispetto dei diritti fondamentali e lo stato di
discriminazione delle minoranze. A titolo di esempio, si pensi al CERD (Comitato
per l’eliminazione della discriminazione razziale), alla FRA (Agenzia per i
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea), all’OHCHR (Alto Commissariato per i
Diritti umani delle Nazioni Unite), o all’ECRI (Commissione Europea per la lotta
contro il razzismo e l’intolleranza).
Queste agenzie raccomandano e denunciano, e, perciò, se valorizzate dagli attori
locali, possono contribuire ad attirare e indirizzare l’attenzione dei media.
Possono, cioè, essere valorizzate per contribuire a orientare in senso non
xenofobo le dinamiche dell’opinione pubblica. Inoltre, queste agenzie forniscono
spesso supporto informativo e formativo ad attivisti e amministratori locali
interessati a implementare politiche di contrasto all’esclusione delle
popolazioni rom e sinte.
In terzo luogo, ma non per questo meno importante, in un clima in cui
l’opposizione razzista all’insediarsi di rom e sinti è così dura, dovrebbe
essere dedicata molta intelligenza a negoziare e mediare con la popolazione
maggioritaria residente le ragioni e le condizioni dell’accoglienza e degli
insediamenti. Niente è impossibile: le politiche, quando implementate con cura e
attenzione, sono capaci di invertire sentimenti di ostilità.
La ricerca ci aiuta e conforta in questa strada, dando prova di casi di successo
sperimentati, e delle avvertenze metodologiche da adottare in questi processi di
negoziazione e riconoscimento incrementale. Si tratta di avviare una vera e
propria strategia deliberativa, capace di preparare un contesto positivo per il
dibattito ed orientare la percezione dei gruppi tsigani fra gli abitanti e nei
media locali. Questo richiede di creare occasioni di incontro, di conoscenza e
di socialità in comune, facendo leva sullo sport e sulla musica, creando cioè
non solo occasioni di conoscenza e informazione, ma anche di sguardo reciproco e
mutuale, di dialogo esperito.
Uno strumento importante può essere quello di mostrare casi di buona
(auto)gestione dei siti in cui già vivono dei gruppi tsigani. Certamente delle
politiche volte a una buona comunicazione, in grado di creare chiari e semplici
criteri per la selezione dei luoghi in cui insediare i gruppi rom e sinti sono
importanti per promuovere reazioni positive alle proposte, mentre al contrario
una discussione poco gestita può minare i progetti di attribuzione.
Una strategia di promozione di occasioni deliberative richiede che la leadership
politico-amministrativa (assessori, ma anche dirigenti della polizia, dei
servizi scolastici e sanitari) investa per mediare i conflitti e non per
"soffiare sulla cenere" e incrementare polarizzazioni e lacerazioni. Fermo
restando che qualsiasi pratica negoziale e deliberativa che non abbia come
soggetti di interlocuzione e negoziazione i rom stessi, nelle forme di
rappresentanza che questi si danno in autonomia, non può avere efficacia.
Tommaso Vitale
Ricercatore di Sociologia generale presso il Dipartimento di Sociologia e
ricerca sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove insegna
Programmazione sociale e Sviluppo Locale e coordina il Gruppo di studio e
ricerca sulle politiche locali per i rom e i sinti in Europa all’interno del
Laboratorio di Sociologia dell’azione pubblica "Sui generis".
Da
Roma_in_Americas
Il discorso di Hedina Sijercic a nome della Comunità Rom di Toronto, a
Zagabria - VII Congresso Mondiale dei Rom
Fratelli, sorelle e amici dell'Unione Romani Internazionale,
Vi siamo grati per questa opportunità di condividere ciò che noi Rom stiamo
facendo dall'altra parte dell'oceano. Dato che il Centro Comunitario Rom (RCC)
di Toronto è l'unico rappresentante della più vasta popolazione romanì arrivata
in Canada da tutta Europa, è la nostra sincera speranza di diventare
partecipanti attivi in conferenze, tavole rotonde, progetti di ricerca,
programmi ed opportunità educative di cui beneficiano molte delle organizzazioni
europee rappresentate nell'Unione Romani Internazionale.
La nostra presentazione odierna sarà in tre parti. Nelle prime due, offriremo
una breve storia del nostro Centro ed uno sguardo ai suoi compiti attuali. Dato
che entrambe possono essere letti come qualcosa di successo o celebrativo,
speriamo che sia la porzione finale a diventare il centro della discussione: le
nostre sfide ed i possibili insuccessi. Siamo qui oggi per iniziare la nostra
conversazione: come può la vostra esperienza nel contesto europeo renderci
capaci di indirizzare al meglio i bisogni ed i desideri della nostra, esistente
e prossima, comunità Romanì in Canada?
Gina Csanyi Mark Reczkiewicz - Co- President Co-President
I. Contesto Storico del RCC
Il Centro Comunitario Rom è un'organizzazione senza fine di lucro rivolta a
promuovere gli interessi e ad indirizzare i bisogni del popolo Romanì in Canada.
Quotidianamente, siamo coinvolti con Rom nati in Canada, Rom ex-Europei che sono
ora cittadini canadesi ed un numero crescente di rifugiati ed immigrati Rom
dall'Europa Centrale ed Orientale, arrivati per cercare rifugio in Canada nella
speranza di una vita libera dalla discriminazione e dalla persecuzione.
Il Centro Comunitario Rom è nato nel settembre 1997, dopo l'arrivo inatteso
di oltre 3.000 Rom cechi rifugiati in Canada.
Fu la prima volta nella storia dell'immigrazione canadese che un gran numero
di Rom richiedevano lo status di "Rifugiati" - dichiarandosi come Rom in fuga
dalle persecuzioni a causa della loro identità etnica. Antecedentemente la
caduta dei regimi comunisti nell'ex blocco sovietico, i rifugiati romanì che
arrivavano in Canada si identificavano sempre con la loro nazionalità di origine
in fuga dal comunismo. L'etnia romanì non era menzionata. Con l'arrivo dei
chiedenti asilo Rom cechi, altri Rom arrivarono da Ungheria, Romania, Bulgaria,
Polonia, Bosnia, Macedonia. Kosovo, Serbia ed altri paesi dell'Europa orientale,
dove i Rom affrontavano persecuzioni e discriminazione sistematica.
Il Centro Comunitario Rom iniziò a servire entrambe le esigenze di questo
nuovo gruppo etno-specifico di Rom cechi rifugiati, come pure tutti i Rom che
vivevano nell'area della Grande Toronto. Abbiamo creato la prima e unica
organizzazione romanì funzionante in Canada, dove assistiamo i rifugiati Rom da
tutta Europa sin quando si integrano nella società canadese. Abbiamo imparato
molto sull'immigrazione e sullo stabilirsi dei rifugiati, da quando abbiamo
iniziato il nostro lavoro nell'autunno del 1997.
Quella che segue è una breve cronologia e commentario sulle richieste d'asilo
dei Rom cechi ed ungheresi in Canada dal momento della nostra fondazione.
(1997 – 2008)
1996 – 1998
Circa 3.5000 Rom ungheresi arrivarono a Toronto. A dicembre 1997, quando il
Canada impose restrizioni ai visti dalla Repubblica Ceca, c'erano nell'area di
Toronto circa 5.000 Rom cechi richiedenti asilo. Tra il 1996 ed il 1998, il 90%
dei Rom cechi ed il 70% di quelli ungheresi vennero accettati come rifugiati.
Quasi tutti i Rom cechi vennero accettati dal Canada tra il 1997 ed il 1999,
per l'enorme evidenza che lo stato ceco non era in grado e/o non voleva
proteggere i Rom contro gli attacchi dei neonazisti e degli skinhead, con
pestaggi ed uccisioni. Il Tavolo sull'Immigrazione ed i Rifugiati (IRB) contò su un
concetto usato raramente di "discriminazione sistematica", per cui i richiedenti
non dovevano provare di aver personalmente sofferto serie istanze di
persecuzione. Tutti loro dovevano provare la loro identità Rom, e vennero
accettati perché "gli effetti cumulativi della discriminazione giungevano alla
persecuzione." (Ron Lee, pag. 17)
Questo approccio non venne applicato ai casi dei Rom ungheresi, dove ogni
richiedente doveva provare la propria personale persecuzione, per essere
accettato.
21 gennaio 1999, Caso Chiave:
Con l'aumentare del numero dei Rom ungheresi, e le voci di oltre 15.000 in
arrivo, il Tavolo sull'Immigrazione ed i Rifugiati organizzò un processo senza
precedenti per valutare i termini in Ungheria. Un comitato consistente in tre
ufficiali governativi ungheresi e due del Tavolo sull'Immigrazione ed i
Rifugiati rilasciò un rapporto il 21 gennaio 1999, che portava all'impatto
negativo per tutte le rimanenti e future richieste dei rifugiati Rom ungheresi.
Il comitato "investigativo" concludeva che i Rom in Ungheria non erano oggetto
di razzismo e discriminazione istituzionale.
Così, con quella decisione del 1999 il Tavolo sull'Immigrazione ed i
Rifugiati rifiutò la richiesta d'asilo di due famiglie e determinò che le
condizioni per i Rom in Ungheria non arrivavano alla persecuzione. Per quanto
fosse ingiusto, questo divenne un "caso chiave", il precedente per tutti gli
altri casi a seguire. La creazione di un "Caso Chiave" il 21 gennaio 1999, non
aveva precedenti nella storia canadese e portò infine ad una drammatica
diminuzione del tasso di accettazione per i Rom ungheresi, dal 70% nel 1998
all'8% nel periodo tra aprile e settembre 1999.
1999 – 2001
Nel 2001. gli Ungheresi erano il gruppo più grande tra i richiedenti asilo
con destinazione Canada, 3.895 casi per circa 10.000 individui. Come risultato,
nel dicembre 2001 il Canada impose il visto dall'Ungheria. Nel giugno 2002 entrò
in vigore la Nuova Legge sull'Immigrazione. Non veniva permessa una seconda
richiesta di asilo. Dato che l'appello al "Caso Chiave" è permesso dalla Corte
Federale, il tasso di accettazione dei Rom ungheresi salì dal 16% nel primo
quarto del 2000, al 45% nel secondo e terzo quarto, per scendere gradualmente
all'11% nel 2003.
2002 - 2005
Includendo le partenze volontarie, dal 1996 soltanto il 15% dei Rom ungheresi
hanno ottenuto lo status di rifugiati in Canada. Dei 15.000 Rom arrivati dal
1996, solo circa 3.000 rimanevano alla fine del 2005. Molte famiglie con figli
nati in Canada sono tornate in Ungheria. Tragicamente, in alcune circostanze,
alcune famiglie che avevano avuto sottratti i loro figli, messi sotto tutela del
governo, sono state costrette a ripartire senza di loro.
2006
Grande successo! Grazie all'assistenza legale ed alle dimostrazioni guidate
dal Centro Comunitario Rom, la Corte d'Appello dell'Ontario nel gennaio 2006
rovesciò la decisione del "Caso Chiave". La Corte Federale disse che quel caso
era mal elaborato e disegnato all'unico scopo di limitare il numero di Rom
ungheresi accettati come rifugiati in Canada e deprimere nuove richieste dai Rom
di Ungheria. La Corte d'Appello decise che la creazione, conduzione ed
esecuzione del Caso Chiave era istituzionalmente rivolta contro i Rom ungheresi.
Grazie alle obiezioni ed ai ripetuti appelli della Comunità Rom e dei suoi
avvocati, si è impedito al Tavolo dei Rifugiati dal condurre altri Casi Chiave
che avrebbero similarmente limitato l'accettazione di altri gruppi di rifugiati
"indesiderati" da varie regioni del mondo. Sfortunatamente, questo lungo lavoro
con esito positivo non aiutò tutti quei Rom ungheresi deportati nei 6 anni
precedenti.
2007 - 2008
Nel novembre 2007, sotto la pressione dei paesi dell'Europa Occidentale, il
Canada decise di cancellare l'obbligo di visto per i turisti dei nuovi paesi
dell'Unione Europea. In Canada iniziarono ad arrivare nuovi rifugiati Rom
dall'Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Nel 2008, i Rom cechi sono il gruppo più vasto -ad agosto 2008, ci sono circa
500 Cechi richiedenti asilo. 50 vengono dall'Ungheria, 60 dalla Slovacchia e 100
dalla Polonia.
Le nostre statistiche più aggiornate mostrano che ad agosto 2008, di 500
Cechi richiedenti asilo, sinora 17 sono stati accettati e 3 rifiutati. Sono
tassi ragionevoli, ma stiamo ancora aspettando il risultato finale. I tassi di
accettazione per gli altri paesi sono stati circa del 50%.
II. Oggi, al Centro Comunitario Rom
Speriamo che continui l'alto tasso di accettazione dei Rom cechi, nonostante
gli sforzi di quel governo nel convincere il Canada che i Rom sono soltanto
rifugiati economici in cerca di una vita più facile, piuttosto che una minoranza
perseguitata sistematicamente. Se continuerà questo trend, si potrà convincere
la Repubblica Ceca ad adottare nuove misure che migliorino la vita dei loro Rom.
Uno dei giudici canadesi è stato sincero senza mezzi termini quando recentemente
ha detto: "Nella Repubblica Ceca i Rom hanno così tante forme di
discriminazione, da arrivare alla persecuzione."
Tuttavia, i Rom accettati in Canada negli ultimi 10 anni vi si sono stabiliti
con successo. Gli uomini lavorano soprattutto nelle costruzioni e nel restauro
delle case. Ci sono anche Rom nel mondo degli affari ed in molti si sono
comperati la casa. Circa il 10% dipende ancora dall'assistenza sociale ed un
altro5% riceve pensioni di invalidità.
Così anche il Centro è cambiato. Abbiamo iniziato operando soprattutto nelle
aree dell'insediamento dei rifugiati e della pubblica istruzione/consapevolezza,
più tardi abbiamo ampliato le nostre attività attraverso programmi culturali ed
artistici, come pure con programmi rivolti ai giovani e alle donne. Abbiamo
dovuto adattarci ad una crescente comunità di Rom rifugiati che parlavano lingue
diverse, con grande differenza di bisogni, ed anche i Rom canadesi che si erano
stabiliti da tempo. L'assistenza all'insediamento ed all'immigrazione sono
attualmente lo scopo principale della nostra organizzazione. I Rom possono
ottenere assistenza nei campi dell'insediamento e dell'immigrazione, traduzione
e compilazione dei documenti, abbiamo dispense ed altro materiale scritto,
inoltre offriamo consulenza, riferimenti agli avvocati competenti, ecc.
Il Programma di Istruzione Pubblica e Consapevolezza è parte del nostro
lavoro di consulenza ed è rivolto tanto ai Rom stessi, che ai Canadesi in
generale. Siamo anche serviti come fonte di informazione sui Rom, fornendo
informazioni ed oratori per seminari, laboratori ed incontri, principalmente per
informare insegnanti, lavoratori sociali o squadre di aiuto, sui costumi, la
storia dei Rom e le circostanze che li hanno fatti fuggire.
Realizzazioni di successo del Centro Comunitario Rom
Una delle realizzazioni di maggior successo, come menzionato in precedenza,
fu quando il Centro Comunitario Rom riuscì a cambiare la sistematica
discriminazione verso i Rom da parte del Tavolo sull'Immigrazione ed i
Rifugiati.
Un altro successo fu la nostra campagna "Chiamateci Rom, non Zingari". Fu
una grande vittoria quando convincemmo la stampa ed i media canadesi ad usare il
termine Rom invece di Zingari. Ronald Lee, Direttore del RCC, condusse questa
campagna, parlandone e scrivendone pubblicamente.
Inoltre, durante i nostri primi due anni, buona parte del nostro programma fu
pubblicato dal nostro trimestrale, Romano Lil, scritto soprattutto per i Rom, ma
disponibile anche per i Canadesi, dato che era scritto tanto in romanès che in
inglese. La rivista raccolse molti commenti positivi. Hedina Sijercic non è
stata soltanto la creatrice di Romano Lil, ma anche la sua prima giornalista,
scrittrice e redattrice.
In aggiunta, Romane Mirikle, pubblicato da RCC, fu il primo libro canadese di
poesia romanì,e caratterizzo scrittori di tutto il Canada. Romane Mirikle fu
concepito e redatto da Hedina Sijercic.
Nel 2005, "Romano Drom" fu un simposio ed un festival culturale presentato
dal RCC in collaborazione all'Università di Toronto. Il simposio ebbe una
partecipazione internazionale con inclusa un'esibizione artistica e musicale
Rom. Fu un momento d'orgoglio per la Comunità Rom, ed un'opportunità per
istruire il pubblico canadese sul nostro popolo e sui magnifici aspetti della
nostra cultura.
Il Centro Comunitario Rom ha anche presentato con orgoglio progetti
artistici e presentazioni culturali, come "Loki Gili". "Loki Gili" era un
progetto artistico di donne e giovani Rom, e fu supportato dal Consiglio Arti
Canadesi e dell'Ontario. Furono creati due bei murales ed esposti nel Municipio
di Toronto nell'aprile 2005, ed in gallerie d'arte a Toronto ed Hamilton dal
2006 al 2007. Ancora una volta ritornarono nel Municipio di Toronto nel febbraio
2008 per la Mostra della Settimana dei Diritti del Rifugiato, organizzata da Gina Csanyi, co-presidente
del Centro Comunitario Rom. Comprendeva anche l'esposizione di foto in bianco e
nero della comunità Rom di Toronto, fatte dai bambini Rom all'interno del
progetto Loki Gili.
Più recentemente il Centro Comunitario Rom fu onorato di far parte di "Shukar
Lulugi", un progetto artistico che coinvolgeva ragazze rifugiate e donne
della nostra comunità e di altre parti del mondo. Il progetto iniziò nel 2007 e
fu completato nel 2008. Il risultato finale furono dipinti, poemi e fotografie,
con un catalogo sul progetto, i partecipanti e l'arte. Nel catalogo c'erano due
poesie di Hedina Sijercic. L'esposizione "Shukar
Lulugi" fu accolta con calore dal pubblico canadese e raccolse opinioni
favorevoli nei giornali locali di Toronto. Un membro del Centro Comunitario Rom, Lynn Hutchinson,
fu direttrice artistica di entrambe i progetti.
III Sfide Continuate... UNITA' nella Comunità
Le nostre preoccupazioni possono essere largamente definirsi in due aree
correlate: quella della comunità e quella della politica e del potere.
L'area dove non abbiamo avuto grandi successi è stata nel creare solidarietà
duratura tra i Rom di differenti paesi o gruppi linguistici. Abbiamo avuto
grandi difficoltà nell'organizzare un'efficace pressione politica, specialmente
quando volevamo che più Rom ungheresi ottenessero asilo in Canada.
Allo stesso modo, è stata una sfida incoraggiare i vari gruppi di Rom a
partecipare ad alcuni dei nostri programmi ed eventi. Quando lo fanno, spesso ci
sono reclami sul gruppo linguistico che noi incoraggeremmo di più. Per esempio,
lo scorso 8 aprile, celebrazione del Giorno Internazionale dei Rom, i Rom
ungheresi erano seduti da una parte della stanza e quelli cechi da un'altra. I
Rom ungheresi erano crescentemente delusi per il fatto che quella sera suonavano
soltanto i Rom cechi. Apparentemente, gli ungheresi non erano troppo felici del
fatto.
Un'altra sfida è portare la comunità rom al nostro centro una volta che si
sono stanziati a Toronto. Quando il processo di insediamento è competato, molti
Rom non richiedono più i nostri servizi, e così non si sforzano di restare uniti
alla comunità.
Inoltre, un'altra questione di attrito è stata la leadership e le ideologie
spesso differenti che contrappongono i membri più tradizionalisti della comunità
da quelli più giovani e moderni. Sfortunatamente, questo spesso si trasforma in
opposizione non solo politica, ma anche culturale ed intellettuale.
Un'altra sfida per il Centro Comunitario è la distruttiva tendenza contro le
donne che ha rialzato la testa negli anni, con serie conseguenze per RCC ed il
suo lavoro. Spesso i componenti maschili della comunità, come pure alcuni membri
del Direttivo, sono molto patriarcali nel loro atteggiamento e credenze, così
trovano spesso difficile condividere il potere con le donne, spesso le
zittiscono. Il Centro ha perso molte grandi donne che avevano cercato di
migliorare la comunità, a causa di abusi verbali ed emotivi a cui sono spesso
state assoggettate. La leadership attuale consiste ora in due co-presidenti - un
uomo e una donna che hanno molto chiaro che la discriminazione di genere, il
mancato rispetto o gli abusi di ogni tipo non saranno tollerati nel Centro.
Attualmente, abbiamo a che fare con una serie di comunità molto piccole e
scollegate, divise per linee nazionali e refrattarie ai rapporti sociali e
culturali, incluso le identità di classe, d'istruzione, di genere e di
generazione, come pure le identità linguistiche e religiose. Questo necessita
che la nostra direzione sia capace di parlare ai diversi segmenti che compongono
il mosaico della comunità Romani canadese.
Arriviamo ad oggi con l'intento di invitare ad un dialogo di grandi
proporzioni: siamo, dopotutto, un popolo globale in questo mondo globalizzato.
Ci aspettiamo di imparare molto da quanti di voi nel contesto europeo i cui
punti di vista e pratiche convergono con i nostri più di quanto si possa
pensare.
Grazie
Di Fabrizio (del 01/11/2008 @ 16:09:59, in Regole, visitato 1535 volte)
Da
Virgilio Notizie
Roma, 31 ott. (Apcom) - Con l'accusa di istigazione a delinquere l'attuale
sindaco leghista di Opera, in provincia di Milano, Ettore Fusco, dovrà
nuovamente essere giudicato dal gup del capoluogo lombardo che il 14 febbraio
scorso lo aveva prosciolto. Il verdetto favorevole è stato annullato con rinvio
dai giudici della prima sezione penale che hanno accolto le "obiezioni"
sollevate dalla procura della Repubblica. L'accusa contestata dai pm ambrosiani
si riferisce all'invito ad occupare il locale campo nomadi che Fusco, quando era
consigliere di opposizione al comune di Opera nel dicembre 2007 (sic 2006), rivolse al
pubblico che seguiva la seduta del consiglio comunale.
La sera stessa ci furono degli scontri e il campo, destinato ad ospitare
famiglie rom che erano state sfrattate da un'altra area, venne invaso dalla
cittadinanza che distrusse le tende allestite dalla Protezione civile.
All'udienza preliminare di febbraio scorso il giudice, accogliendo le tesi della
difesa, prosciolse Ettore Fusco affermando che "le azioni che aveva proposto non
erano violente ma avevano il solo scopo di tutelare gli interessi dei
cittadini". La zona sulla quale era stata realizzata la tendopoli infatti era
stata in precedenza destinata alla Croce Rossa. Contro il "non luogo a
procedere" deciso dal gup la procura ha presentato ricorso in Cassazione.
La sentenza 40684 depositata oggi annulla il proscioglimento e invita il
giudice a verificare, con una nuova udienza preliminare, "quale forza
suggestiva" potessero avere "le frasi pronunciate da Fusco". A questo proposito
i magistrati sottolineano che il reato di istigazione a delinquere si riferisce
"a quelle condotte che rappresentano azioni concrete che possono indurre altri a
commettere fatti delittuosi". In sostanza, secondo la Cassazione, non è
importante quale fosse l'intento dell'attuale sindaco se le sue parole
inducevano, di fatto, la cittadinanza a compiere azioni contro la legge. Una
decisione che ha "scavalcato" anche le conclusioni del sostituto procuratore
generale della Cassazione, Mauro Iacoviello, che invece aveva chiesto la
conferma del proscioglimento.
Il 9 novembre nella zona archeologica di Sesto San Giovanni (MI), al
ristorante "Il Maglio"
in via Granelli 1, alle ore 18:00, verrà presentato il dossier "Mamma li
zingari!".
L'evento è stato organizzato dalla rivista
Confronti, che ha pubblicato il dossier.
Sul dossier hanno scritto anche Franca Di Lecce, Alessia Passarelli, Rocco
Luigi Mangiavillano ed Emiliano Laurenzi. Le foto che illustrano le pagine
interne sono di Rocco Luigi Mangiavillano.
Il dossier documenta la cultura Rom e le persecuzioni di cui lo stato
italiano si sta rendendo responsabile verso una minoranza che in Europa conta
quasi 15 milioni di persone.
Alla presentazione saranno presenti, tra gli altri, Moni
Ovadia, Dijana Pavlovic e Santino Spinelli.
Di Fabrizio (del 02/11/2008 @ 12:33:51, in Italia, visitato 2365 volte)
La notizia è riportata anche da
Coopofficina
Un giovane rom massacrato di botte da tre inquilini nordafricani nel
residence del Comune in via Vincenzo Tineo a Tor Tre Teste
Da Il Messaggero del 1 novembre 2008, abbiamo appreso questa gravissima notizia
in un articolo di Mara Azzarelli che riportiamo più sotto. Nei giorni
precedenti, alcune famiglie del palazzo bruciato di via Leonardi a Cinecittà est
sfollate ed inviate presso lo stesso residence del Comune di via Vincenzo Tineo
a Tor Tre Teste, hanno rifiutato di rimanere lì a causa dell'ambiente che vi
hanno trovato. Chi comanda in via Tineo? Cosa succede in via Tineo? Lo chiediamo
al Comune e al Municipio.
«Ve ne dovete andare. Noi qui gli zingari non ce li vogliamo». Per fare in modo
che il messaggio fosse più chiaro ancora lo hanno massacrato di botte. In tre lo
hanno picchiato e minacciato con un coltello fino a lasciarlo privo di sensi sul
pianerottolo di casa. E’ successo la sera di giovedì 30 ottobre 2008 in un
residence di Tor Tre Teste. La vittima del pestaggio è un giovane rom. I suoi
aggressori: altri stranieri. Nordafricani.
Il ragazzo, R.J. vent’anni fra qualche giorno, si era trasferito nel quartiere
alla periferia di Roma con la famiglia - spostandosi da Ostia dove aveva vissuto
per dieci anni - dopo che il Comune gli aveva assegnato un alloggio in un
residence di via Vincenzo Tineo. Qui vivono altre famiglie di immigrati ma
evidentemente non tutti gli ospiti sono graditi allo stesso modo. A quanto pare
tra un’assegnazione e l’altra del Comune ci sono loro, altri inquilini, di altre
nazionalità, che decidono chi entra e chi invece deve rimanere fuori dallo
stabile. Già la settimana scorsa (sabato25 ottobre) quando la famiglia di
nomadi, di origine slava ma trapiantata in Italia da una ventina di anni, era
entrata nel residence c’erano state delle minacce. Sempre gli stessi
nordafricani avevano picchiato il giovane. ”Qui dentro gli zingari non ci devono
stare” gli avevano detto. E’ così che la famiglia di rom, abbandonato il
residence, si è vista costretta a chiedere aiuto al municipio di Ostia.
«Abbiamo provato a spiegare - racconta il padre del ragazzo aggredito - quello
che era successo e che lì non ci facevano rimanere. C’è stato detto che potevamo
stare tranquilli, che le cose si sarebbero risolte. Siamo tornati indietro ma se
la sono presa ancora una volta con mio figlio massacrandolo di botte».
Quando l’altra sera i tre stranieri hanno visto il ragazzo rientrare con i
fratelli e la madre nel residence lo hanno rincorso e picchiato, rompendogli il
setto nasale e minacciandolo con un coltello. A poco sono serviti i pianti dei
fratellini più piccoli come i tentativi del giovane rom di far valere i suoi
diritti e di spiegare le sue buone intenzioni. «Abbiamo vissuto a Ostia per
dieci anni - riprende il padre della vittima che fa l’operaio in un cantiere
navale del litorale romano - Mio figlio fa l’elettricista, io e mia moglie
lavoriamo dalla mattina alla sera». «Ci sono persone e persone - dice con un
filo di voce - Noi siamo gente onesta e quella casa l’aspettavamo da anni.
Adesso però in quel residence abbiamo paura di tornare. Se torniamo a Tor Tre
Teste mio figlio l’ammazzano». Per il momento, però, la famiglia è di nuovo
ospite da amici all’interno dell’ala occupata dell’ex colonia Vittorio Emanuele
a Ostia dove ha vissuto fino a prima dell’assegnazione.
Di Fabrizio (del 02/11/2008 @ 12:40:25, in media, visitato 2009 volte)
Ricevo da Dijana Pavlovic
Aria di elezioni a stelle e strisce a "Glob, l'Osceno del Villaggio", il
programma condotto da Enrico Bertolino, dedicato alla comunicazione e ai suoi
linguaggi, in onda domenica 2 alle 23.30 su Raitre. Alla vigilia delle
presidenziali americane si parla con Eugenio Finardi - nella sua veste di
cantante, ma soprattutto di "elettore" americano - dell'appoggio dato dagli
artisti ad Obama e McCain. Anche il consueto video di "Blob", inoltre, e'
dedicato alle elezioni statunitensi.
Gianfranco Fini, interpretato da Ubaldo Pantani, interviene ancora a "Glob" con
il suo nuovo ruolo di "comunicatore". E poi, ai Fichi d'India il compito di
parlare di comicita' infantile, di cosa fa ridere i bambini, mentre "Che fine
hanno fatto i Rom?" e' la domanda alla quale - sul filo dell'ironia - risponde
l'attrice e cabarettista Dijana Pavlovic. Torna, infine Lucia Vasini che, in
coppia con Enrico Bertolino, risponde alla domande "esistenziali" sollevate
dagli scritti di Francesco Alberoni.
Di Fabrizio (del 03/11/2008 @ 08:47:01, in Italia, visitato 1552 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Il nuovo villaggio Rom è lì che cresce lentamente, silenzioso ed indifferente
a quanto succede ai Rom in questi giorni.
Visto dai Rom che abitano a soli pochi metri, oggi appare come una minaccia
incombente su di loro, la causa di tanta paura mai vista fin'ora: due realtà
così vicine e legate tra loro, ma mai così distanti ed opposte.
Il villaggio ancora senza vita, freddo mentre la comunità Rom di Coltano vive
momenti di disperazione e di paura, perché si sente abbandonata a se stessa, con
un futuro insicuro ed incerto.
In un mese ci sono stati ben tre controlli da parte della Questura di
Pisa, con decreti di espulsioni, prese di impronte e foto, accompagnamenti ai
Centri di identificazione e espulsioni: non un controllo, bensì tre,
praticamente uno ogni 10 giorni! E ogni volta con 5, 7 vittime che si aggiungono
alla lista, colpevoli solo di essere Rom e di abitare a Pisa da 10 o 15 anni da
irregolari, perché ottenere un Permesso di Soggiorno e mantenerlo è un miraggio,
un impresa a volte impossibile. Ci tocca vivere nella paura pensando a chi
toccherà al prossimo controllo... come pedine manovrate da misteriosi giocatori
in una battaglia navale, che sanno di dover essere sacrificate per la "vittoria
finale", una vittoria che ora fa paura!
Solo a Pisa avvengono questi continui controlli e con sgomberi di accampamenti
Rom, in nessuna altra città italiana i Rom sono minacciati con questa intensità,
nell'indifferenza totale, nemmeno nei comuni amministrati dalla Lega!
Complimenti sig. Sindaco per il disprezzo che mostra per la vita di questi suoi
cittadini!
Tutto questo avviene nel massimo silenzio della cittadinanza, come il silenzio
del villaggio vicino, vite parallele che sembrano ignorarsi vicendevolmente:
corpi estranei l'uno all'altro.
Da questa parte la vita è espulsa per fare spazio al nuovo villaggio, una vita
controllata in continuazione, setacciata, minacciata.. in silenzio, nessuna
notizia sui giornali, nessuna presa di posizione, nessun richiamo, nessuna
associazione che osi affacciarsi per vedere o per capire cosa stia succedendo.
Il comune di Pisa finge di non sapere, operatori sordi che alzano le spalle di
fronte al grido di rabbia e disperazione dei parenti che hanno avuto genitori,
figli espulsi: non spetta loro richiamare l'operato della Questura, il loro
compito per ora è quello di aspettare, silenziosamente che tutto finisca per poi
assegnare ai pochi fortunati superstiti le cosi dette "case minime" del
villaggio (ora si chiamano così), per poi forse, chiamare a raccolta stampa e TV
per raccontare a voce alta il successo del villaggio.
Meglio lasciare estirpare silenziosamente le vite di troppo (esuberi), la colpa
si sa, mica è nostra: noi ci stiamo dando da fare per integrare e si sa, a tutto
c'è un prezzo da pagare.
Mentre le piazze italiane si riempiono di manifestanti, grida alte di protesta
contro i tagli alla scuola pubblica, le preoccupazioni per la crisi finanziaria
mondiale..contemporaneamente la scure delle espulsioni dei Rom Pisani lavora
celermente in un silenzio assordante e surreale!
Nessuno sente il bisogno di alzare la voce per far conoscere il proprio sdegno,
per dire basta in nome della civiltà e per la difesa dei diritti umani di cui
sono portatori anche i Rom, nonostante tutto: tuttavia è preoccupante questo
silenzio Pisano che grida il decadimento della coscienza civile ed umana.
Intanto è ormai prossimo il Convegno: "Pisa città della Pace e per i diritti
umani" alla sua terza edizione, ma riuscirà a rompere questa cappa di silenzio
complice?
Con la paura che ci stringe il cuore osserviamo il villaggio che lentamente
avanza... domani ci sarà un altro controllo della Questura? A chi toccherà
piangere?
Don Agostino Rota Martir
Campo nomadi di Coltano (PI)
2 Novembre 2008
Di Fabrizio (del 03/11/2008 @ 08:49:27, in media, visitato 2043 volte)
Ricevo da Valery Novoselsky
Open Society Institute (OSI) e l'Archivio OSA annunciano Chachipe Youth, un
concorso internazionale di fotografia per giovani di età compresa tra i 12 e i
25 anni. Il concorso segue quello tenuto nel 2007. (Chachipe significa verità,
realtà o diritto in romanes).
Chachipe Youth invita i giovani ad adoperare la fotografia per presentare
come vedono i Rom e le loro vite. Il concorso ha tre categorie: "La Mia Strada,
il Mio Quartiere","La Mia Vita Variopinta" e "Cosa c'è di Sbagliato?" Una giuria
internazionale consegnerà un premio di 1.000 €u ai vincitori nei tre gruppi di
età: dai 12 ai 15 anni, dai 16 ai 19 anni e dai 20 ai 25 anni per ognuna
categoria.
Le foto inviate al concorso devono essere state prese dall'inizio del 2005 in
uno o più dei paesi partecipanti al Decennio dell'Inclusione Rom (http://www.romadecade.org):
Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia,
Montenegro, Romania, Serbia, Slovacchia e Spagna.
Chachipe Youth è un concorso fotografico online. Le foto possono
essere inviate a
http://photo.romadecade.org/, dove si può trovare le regole del concorso,
dal 30 ottobre al 15 dicembre 2008. I risultati del concorso verranno pubblicati
a gennaio 2009.
Una selezione delle migliori foto inviate a Chachipe Youth verrà
esibita nella Galleria Centrale di Budapest all'inizio del 2009. Durante il
2009, OSI e e l'Archivio OSA intendono anche mostrare questa selezione dei
lavori in altri paesi partecipanti al Decennio dell'Inclusione Rom.
Ulteriori informazioni:
Melinda Jusztin
E-mail: photo@romadecade.org
Tel: +36-30-250-2635
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