Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Da
British_Roma
Sono estremamente dispiaciuto nell'informarvi che la nostra cara amica
Sylvia Dunn è passata a miglior vita, dopo una lunga malattia. Voce grande e
forte del movimento Zigano e Traveller. Fondatrice dell'Associazione delle Donne
Zingare in GB, ha portato la situazione di Dale Farm nel cuore delle cronache
mondiali, combattendo per i diritti dei nostri bambini e delle nostre donne.
Onestamente, assieme a Len Smith, fu guida saggia e materna, una delle più forti
nostre sostenitrici in Europa. Si candidò contro Michael Howard alle elezioni
nazionali. Per questo e molto altro, Grazie Sylvia, per la tua guida e il tuo
spirito.
Joe Jones
Gypsy Council
International Gypsy & Traveller Affairs
Traveller Law Research Unit (Cardiff University)
European Romany and Traveller Forum
National Federation of Romany Gypsies & Irish Travellers
Moate farm, Stodmarsh Road, Canterbury, Kent, CT3 4AP
01227 789652/07765 174141
[...]
Di Fabrizio (del 23/09/2008 @ 09:25:40, in Italia, visitato 1670 volte)
Da
Roma_Italia
L'Alleanza Civica Rom chiede al ministro degli affari esteri di far
pressione sulle autorità italiane perché forniscano informazioni sulle
indagini condotte riguardo gli eventi dell'agosto 2007 quando in un campo a
Livorno morirono quattro bambini Rom in un incendio.
"Il 14 settembre abbiamo commemorato un anno dalla sepoltura dei
quattro bambini Rom che morirono la notte tra il 10 e l'11 agosto, in un
incendio nel campo alla periferia di Livorno [...]. Diversi giorno dopo,
l'incendio fu rivendicato da un gruppo estremista italiano chiamato "Gruppo
Armato per la Pulizia Etnica" (GAPE), dichiara Iulian Stoina, direttore
esecutivo dell'Alleanza Civica Rom di Romania (ACCR), all'inizio di una lettera
spedita a Lazar Comanescu, ministro degli affari esteri e riportata da Mediafax.
La lettera indica che, anche se le indagini condotte dalla polizia
italiana sono durate circa un mese, [...] dopo un anno dal "tragico evento"
non ci sono risposte ufficiali riguardo i risultati di queste indagini.
"Inoltre, le attività e l'atteggiamento delle autorità italiane sinora
indicano un maggior interesse nel cacciare i Rom dal paese, piuttosto che
nell'assicurare alla giustizia i colpevoli dell'uccisione. Adesso, un anno dopo
i funerali dei quattro bambini Rom, richiediamo all'istituzione che lei
conduce di far pressione perché siano rese pubbliche le informazioni sui
risultati dell'indagine nell'indicare i responsabili dell'incidente," dice la
lettera.
L'Alleanza Civica Rom di Romania chiede al ministro degli affari esteri
"di coinvolgersi attivamente nel risolvere questo tragico caso".
La notte tra il 10 e l'11 agosto 2007, quattro bambini Rom perirono in un
incendio in un campo improvvisato situato sotto il ponte di un'autostrada
nell'area industriale di Livorno. I loro genitori furono arrestati per
aver abbandonato i minori e non aver fornito assistenza, ma si sono proclamati
innocenti. Le autorità hanno tentato di capire se il fuoco è stato causato da un
incidente o da un atto criminale.
Il gruppo estremista GAPE mandò una lettera ai giornali Il Tirreno e La
Nazione, rivendicando la responsabilità dell'incidente dell'11 agosto e
minacciando altri eventi simili nel caso i Rom non avessero lasciato il
territorio italiano. (DIVERS –
www.divers.ro)
Di Fabrizio (del 23/09/2008 @ 09:47:25, in Italia, visitato 1531 volte)
Da
FEDERAZIONE "ROM SINTI INSIEME"
Il 16 Settembre 2008 i delegati della Federazione
Demir Mustafà, Davide Casadio e Nazzareno Guarnieri
hanno incontrato a Roma il Sottosegretario di stato del ministero dell'interno,
Michelino Davico,
per porre all'attenzione la questione Rom e Sinta. Le politiche per Rom e Sinti
in Italia hanno posto in evidenza una persistente assenza di conoscenza
delle nostre minoranze, percepibile nella definizione degli strumenti utilizzati
per tradurre in azioni concrete le scelte politiche e nella totale assenza di
partecipazione attiva di Rom/Sinti, conducendo al fallimento gran parte delle
politiche. Le scelte politiche "differenziate", "dall'assistenzialismo
culturale" alla "segregazione culturale", con la ignobile politica abitativa dei
campi nomadi, sostenute con l'intento di promuovere e valorizzare la cultura Rom
e Sinta e realizzate sulla base di una interpretazione culturale del mondo Rom e
Sinto, hanno portato le persone di queste minoranze verso:
1. l'esclusione dal contesto sociale, culturale e politico del paese,
2. lo sviluppo di una "mentalità assistenziale",
3. l'utilizzo strumentale della partecipazione attiva,
4. una violenta discriminazione razziale,
Viene da chiedersi: a chi non conviene la normalità per Rom e Sinti?
Un'analisi della realtà e dei bisogni delle nostre minoranze, esclusivamente
interpretative per l'assenza di un ruolo attivo a Rom e Sinti, l'assenza di dati
certi sulla presenza di Rom e Sinti, non hanno permesso di programmare adeguate
politiche di interazione culturale con Rom e Sinti, le quali sono erroneamente
concepite lontane dalla società nel tempo e nel luogo, trattati dalla politica e
dai media come rifiuti umani, da relegare nell'estrema periferia delle città, là
dove la comunità urbana colloca idealmente e materialmente i rifiuti.
Sono i monumenti moderni della segregazione, che da diversi decenni la politica
Italiana, senza distinzione di colore, ha realizzato senza cercare una diversa
soluzione.
Eppure le minoranze Rom e Sinte sono un esempio di "interazione culturale" che
non riesce ad assumere il carattere "interculturale", per uno "scambio
culturale" soffocato dal "compromesso sociale" per la sopravvivenza, e dalla
presenza di "filtri" culturali. Come mai non ha fine l'opera di "filtri"
culturali? Non si capisce come mai non si promuova la partecipazione attiva di
Rom e Sinti.
E' necessario un radicale cambiamento di metodo per uscire dalle politiche
"differenziate" e programmare politiche "normali" di interazione culturale, di
riconoscimento culturale, di responsabilizzazione delle professionalità Rom e
Sinte, per coinvolgere attivamente le nostre minoranze nella programmazione e
condivisione delle scelte politiche.
Radicale cambiamento di metodo che porti tutto il Paese ad una maggiore e
migliore conoscenza della cultura rom e sinta, per eliminare ogni forma di
discriminazione, per costruire un dialogo diretto. La costituzione della
federazione Rom e Sinti Insieme, che attualmente rappresenta ventidue
associazioni rom e sinte presenti in dodici regioni italiane, rende visibile il
radicalmente cambiamento di metodo in atto nelle nostre minoranze proponendo una
l'idea di reagire in modo unitario e propositivo per costruire un dialogo
diretto e strutturale con il Governo e con le Istituzioni, per affermare la
cultura della legalità ed il contrasto agli abusi di potere, per promuovere una
società aperta e multiculturale.
Cambiamento di metodo utile a tutti o cittadini presenti in Italia e che porti
tutto il Paese ad una maggiore e migliore conoscenza della cultura rom e sinta,
per eliminare ogni forma di discriminazione.
La federazione Rom e Sinti Insieme chiede al Governo Italiano il riconoscimento
dello status di minoranza linguistica a Rom e Sinti e di avviare un radicale
cambiamento di metodo nelle politiche per le minoranze rom e sinte avviando un
dialogo diretto e strutturale con Rom e Sinti per costruire un adeguato
programma di politiche di interazione culturale e per utilizzare con successo,
chiarezza e trasparenza le risorse destinate a Rom e Sinti.
La federazione Rom e Sinti Insieme chiede al Ministro dell'Interno un dialogo
diretto con Rom e Sinti e propone la costituzione di Uffici Regionali ed un
ufficio nazionale per le minoranze rom e sinte con la presenza strutturale,
attiva e propositiva delle organizzazioni rom e sinte e di esperti delle nostre
minoranze.
Uffici Regionali per monitorare a livello locale la realtà ed i bisogni di Rom e
Sinti e rilevare dati certi sulla presenza numerica, un ufficio nazionale per
sistematizzare i dati, ad oggi inesistenti.
I delegati della Federazione sottopongono all'attenzione del Ministro
dell'Interno la grave questione dei "terreni agricoli" dove diverse famiglie rom
e sinte hanno costruito una propria abitazione, e sollecitano il Ministero a
ricercare soluzioni che evitino a queste famiglie di tornare in mezzo alla
strada.
I delegati della Federazione hanno consegnato al Sottosegretario di stato,
Michelino Davico, una copia del
programma politico della federazione.
L'incontro della federazione con il Sottosegretario di stato termina con la
manifestazione di volontà reciproca a rivedersi ed approfondire le proposte.
Di Fabrizio (del 24/09/2008 @ 09:27:33, in Europa, visitato 1684 volte)
Da
Roma_Francais
La tribune du Blogueur de la semaine - Questa settimana la parola a Jean-Pierre Dacheux : "Sapere infine chi sono i Rrom*"
Jean-Pierre Dacheux - Photo : D.R Per ulteriori informazioni, consultate
il sito dell'associazione
Romeurope.
Il summit di Bruxelles sui Rrom avrà avuto questo vantaggio: far parlare di
un popolo sconosciuto: Quanto ai risultati positivi, si dovrà attendere. La
creazione di una "piattaforma sull'inclusione dei Rrom, annunciata da José
Manuel Barroso, non apporta niente di nuovo, quando si vuole sotterrare una
domanda imbarazzante, si crea una commissione.
Diversi testi sui Rrom, molto positivi, sono stati votati dal Parlamento
Europeo, sin dal 2005. Restano senza effetti sulle politiche degli Stati! La più
numerosa tra tutte le minoranze culturali (oltre dieci milioni di persone) non
vede riconosciuta la sua dimensione europea. Le idee ricevute continuano a
propagarsi, soprattutto questa: i Rrom sarebbero nomadi! Tuttavia, in Europa
sono sedentarizzati oltre il 90%. Anche in Francia dove l'abitazione mobile è
utilizzata più che altrove, meno della metà dei circa 400.000 zigani francesi si
muovono in carovane (e non tutto l'anno)!
La confusione tra gli Zigani di Francia e gli Zigani in Francia è costante. Gli
Zigani francesi vogliono essere interamente dei francesi (con carta d'identità
nazionale, poter votare dopo sei mesi dall'installazione e non dopo tre anni,
avendo, se viaggiano, il diritto di fermarsi come quello di risiedere, potendo
usufruire dell' indennità d'alloggio se pagano una tassa d' abitazione, ecc.).
Gli Zigani stranieri, soprattutto i rumeni, poco numerosi in Francia (meno di
10.000 persone) vogliono, loro, essere completamente europei. Presenti in Europa
dal XIV secolo, i Rrom non possono essere considerati come degli immigrati! La
presa delle loro impronte, in Francia come in Italia, costituirebbe un atto di
antropometria razzista. Vaclav Havel diceva che si riconosce il livello di
democrazia di un popolo da come tratta i Rom, uomini tra gli uomini. La loro
sorte e la nostra sono ben legate.
* "Rrom" è una parola della lingua rromanì; vuol dire "uomo". "Rom
è il termine politicamente corretto in uso nelle istanze europee.
"Zigano" è un termine d'uso corrente preso gli etnologi (è
peggiorativo nell'Europa dell'Est). "Gens du voyage" è un'espressione
amministrativa che esiste solo in Francia.
Jean-Pierre Dacheux, è membro dell'associazione Romeurope ed autore di una tesi
di dottorato in filosofia su "Les interpellations tsiganes de la
philosophie des Lumières".
Di Sucar Drom (del 24/09/2008 @ 11:21:08, in blog, visitato 2611 volte)
Nonantola (MO), a Villa Emma le voci inascoltate di Sinti e di Rom
Da secoli Rom e Sinti sono popolazioni europee. Vivono a contatto della cultura
maggioritaria. A noi vicine, troppe volte temute, quasi mai conosciute. I loro
contorni annegano in stereotipi difficili da scalfire, rimandando a immaginari
resistenti e devastanti: nomadi inaffidabili e sporchi...
Mantova, la MEZ invita tutti a partecipare
A Mantova, in viale Learco Guerra, è iniziato il convegno religioso della
Missione Evangelica Zigana. Il convegno si chiuderà il 30 di ottobre. I Pastori
evangelici sinti invitano tutti. I culti si terranno ogni sera dalle ore 20.30 e
la domenica mattina dalle ore 10.00...
Bussolengo (VR), rissa in Senato
Rissa in Senato sulla questione Rom: nel corso di un'audizione, la deputata
olandese della Commissione per le libertà civili, giustizia e interni, Elly
de Groen Kouwenhoven, del gruppo Verde ha accusato i carabinier...
Schifani, Barrot e la tolleranza
In materia di immigrazione “le politiche del governo italiano non sono né
discriminatorie né reazionarie”. Lo ha affermato il presidente del Senato,
Renato Schifani rispondendo, in visita ufficial...
I 10.000 Rom e Sinti svaniti sono un'invenzione
Il Giornale da alcuni giorni e ora anche TgCom affermano che almeno 10.000 Rom e
Sinti sono svaniti in pochi giorni dopo i controlli nei campi delle grandi
città, voluti dal ministro dell'Interno, Roberto...
Sucar Drom, si al dialogo ma senza inchinarsi
Le dichiarazioni del Presidente del Senato, Renato Schifani, sul caso di
Bussolengo (VR) sono gravissime. Di fatto un colpo di spugna a qualsiasi azione
della Procura della Repubblica e delle altre istituzioni preposte ad accertare
la verità...
Maroni amico dei Rom?
Arrivano i parlamentari europei e Roberto Maroni diventa amico dei rom. Niente
aggravante di clandestinità per i cittadini comunitari, nessuno sgombero dei
“campi nomadi” senza una soluzione alternativa e niente schedatura su base
etnica o religiosa come è successo qualche tempo fa nei “campi nomadi”
napoletani. Questi...
Deprez: "non ci sono parole per descrivere quello che ho visto: una situazione
che insulta la dignità umana"
Se le finalità del censimento dei Sinti e dei Rom sono state di tipo sociale, “a
due mesi dalla decretata situazione di emergenza non sono state prese decisioni
per migliorare le condizioni di vita della popolazione Rom”...
Chi specula davvero sui Rom
La visita a Roma di una commissione d’inchiesta del Parlamento europeo per
verificare la situazione nei campi nomadi italiani ha suscitato polemiche.
Eppure, secondo i dati resi noti dalla Croce Rossa Italiana e dallo stesso
governo nella lettera inviata alla C...
Caritas, un povero vale più del decoro di un marciapiede
Mentre negli Usa, Barack Obama, candidato presidente, è ormai il “simbolo
meticcio della contemporaneità”, noi italiani “siamo impegnati a erigere il
patetico muro di Lampedusa”: è la sconfortante constatazione che apre
l’editoriale del direttore della Caritas itali...
Storia alla rovescia semiseria nella nuova Roma
Dopo che il ministro della Difesa, l’8 settembre ha ricordato l’eroismo dei
repubblichini di Salò, che soli hanno cercato di fermare l’avanzata angloamerica;
dopo che il 20 settembre a Porta Pia si sono commemorati i caduti papalini, la
serie di ricorre...
Lamezia Terme (CZ), nessun rom in classe
Nessun bambino rom quest’anno a scuola. Alle mamme e ai papà di Scordovillo non
importa se i loro figli imparano a leggere, scrivere, il teorema di Pitagora o
dove si trovano Romania e Slovenia...
Cuneo, alla Carovana della Pace sono stati applauditi i Sinti
Erano circa un migliaio i partecipanti alla 10ª Carovana della Pace che si è
svolta nel pomeriggio di ieri da Cuneo a Boves dedicata ai due preti, don
Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, uccisi dai tedeschi il 19 settembre
1943...
Rom, il governo dimentica i soldi per l'integrazione
«Una situazione che insulta la dignità umana». Così il Presidente della
Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo
Gerard Deprez, ha commentato lo stato di degrado in cui versava il “campo
nomadi” del Casilin...
Lega Nord, i Rom sono degli ospiti in Europa
La Lega Nord, presente all’assemblea parlamentare dell’Osce (organizzazione per
la sicurezza e la cooperazione in Europa) riunitasi a Toronto per il dibattito
su immigrazione e sicurezza, esprime la sua opinione per bocca di Claudio
D’Amico. “I rom – ha detto l’esponente leghista - per essere...
Bussolengo (VR), Sonia Campos esce dal carcere
Ancora un rinvio. Ancora una settimana di carcere per Angelo Campos e Denis
Rossetto. Sonia Campos, invece, è stata scarcerata. L’udienza di martedì 23 nel
tribunale di Verona si è conclusa con l’ordinanza di scarcerazione, emessa dal
giudice perché, a suo parere, non sussiste più, per Sonia Campos il risch...
Roma, vengono fotografati e schedati anche i neonati
Non più impronte digitali ma foto segnaletiche. E’ così che a Roma sta
procedendo il “censimento”, attuato dalla Croce rossa Italiana in collaborazione
con la Prefettura della Capitale. Certo il “censimento” non è obbligatorio ma se
non vieni censito il rischio di essere sbatt...
Di Fabrizio (del 25/09/2008 @ 09:24:55, in Europa, visitato 1632 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
18 settembre (STA) - A Begunje na Gorenjskem, Slovenia settentrionale,
giovedì è stato inaugurato un monumento che commemora i membri della comunità
Sinti in Slovenia, che furono giustiziati durante la II guerra mondiale, per
iniziativa dell'Associazione Sinti di Slovenia.
Altre informazioni su
STA.SI
(solo per gli abbonati)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
The Boston Globe Facendo rivivere una cultura, un accordo alla volta
By Andrew Gilbert, Globe Correspondent - (Photo Mike Bowring)
19 settembre 2008 - La banda zingara serba Kal è in missione per salvare la
cultura romanì dal kitsch,
dalla discriminazione e dall'assimilazione. Oltre alla maestria stupefacente, le
armi primarie del combo di sette componenti nella lotta alla
marginalizzazione sono l'attitudine al rock 'n' roll e la resistenza accanita
alla ghettizzazione stilistica.
"Sento fortemente la mia identità nazionale, quella è la mia origine," dice
il fondatore di Kal, il chitarrista e voce solista Dragan Ristic, parlando dalla
sua casa di Belgrado. "Ma vivo anche nel XXI secolo. Rigetto fortemente lo
stereotipo della musica Rom, che dev'essere per forza tradizionale. C'è un'altra
strada su cui la musica Rom si può sviluppare, un posto per la nuova cultura Rom
nell'Europa contemporanea."
Ristic lanciò la banda nel 2004 assieme al fratello Dushan, che si è
trasferito in California ma continua a condurre la Scuola Estiva
Amala, un'organizzazione
culturale nel loro villaggio natale di Valjevo, in Serbia. Almeno la quarta
generazione musicale nella famiglia Ristic, i fratelli sono stati svezzati
all'orgoglio zingaro dal padre, un pioniere dell'istruzione dei Rom. Ma hanno
anche assorbito molta musica contemporanea, da Leonard Cohen a Iggy Pop da Manu Chao
a B.B. King.
Nel fondare Kal, i Ristic hanno cercato un cast disparato di musicisti,
incluso il fisarmonicista Dragan Mitrovic, il violinista Djordje Belkic, il bassista Branko Isakovic,
i percussionisti Neat Junuzi e Vladimir Stojkovic, e Vladan Mitrovic alla
fisarmonica e alla voce. Al posto di radicarsi nelle cadenze rom balcaniche, la
band disegna uno spettro internazionale di stili, incorporando arpeggi
chitarristici flamenchi, ritmi mediorientali, passi di rock ed acuti clarinetti
turchi.
"Siamo in parte musicisti Rom dei sobborghi di Belgrado, e in parte
suonatori professionisti di diverse bande di rock 'n' roll a Belgrado," dice
Ristic. "Sono due mondi differenti che non si sarebbero incontrati se non ci
fosse stata Kal."
La banda ebbe la prima notorietà nel 2006, quando il suo album omonimo
prodotto dall'etichetta tedesca
Asphalt Tango
raggiunse la cima delle classifiche europee della world-music, un avvenimento
senza precedenti per un ensemble Rom balcanico. Molto del fascino di Kal
proviene dalle su e performance ad alta energia e dal loro atteggiamento sul
palco. [...]
In diverse maniere, Kal è un'estensione dell'amore di Ristic per il teatro.
Produttore rispettato, lasciò Belgrado per Budapest nel 1999 e fondò la premiata
compagnia teatrale indipendente Vareso Aver (Qualcos'Altro).
Nel 2004 si attenuava l'isolamento politico della Serbia, e Ristic ritornò a
Belgrado per trovare un rinascimento culturale sotterraneo della città, con la
caduta di
Slobodan Milosevic. Invece di continuare la carriera teatrale, Ristic decise che
la musica forniva un megafono molto più potente al suo messaggio. E l'enorme
popolarità di Kal manda un potente segnale al pubblico più desiderato da Ristic,
giovani Rom che si stanno allontanando dalla loro cultura.
"Nei nostri concerti per l'Europa vedo tanta gente Rom, e questa è una delle
mete più importanti," dice Ristic. "Siamo capaci di mostrare a questa nuova
generazione una nuova maniera per esprimersi com Rom."
La situazione per i Rom nei Balcani continua ad essere precaria. Affrontano
una discriminazione diffusa nell'alloggio, impiego ed istruzione, sono oggetto
di stereotipi e miti senza fine. Dalle loro origini nell'India settentrionale, i
Rom iniziarono a disperdersi attraverso l'Europa e il Mediterraneo nell'XI
secolo [...]
Come nota Isabel Fonseca nel suo inestimabile libro del 1995, "Seppellitemi
in Piedi: gli Zingari e il Loro Viaggio", l'immagine romanticizzata dello
Zingaro nomade è in forte contrasto con la realtà di secoli di schiavitù in
Romania, schiavitù che durò sino alla fine del XIX secolo.
L'organizzazione che cura il tour nordamericano di Kal,
Voice of Roma, è una
delle OnG che lavora far affrontare la difficile situazione dei Rom, colpiti
dalla caduta del comunismo e dalle guerre seguite alla disgregazione della
Yugoslavia.
Fondata da Sani Rifati, un Rom di Pristina - la capitale del Kosovo, e dalla
sua moglie americana, Carol Bloom, Voice of Roma ha lasciato il segno nei
circoli musicali producendo nel 2004 il tour americano della leggendaria
cantante Rom macedone Esma Redzepova. Rifati vede Kal come un benvenuto sviluppo
nella cultura Rom.
"Quello che stupisce è un giovane gruppo dalla Serbia che suona musica
tradizionale romanì assieme al beat urbano," dice Rifati dal suo ufficio a
Petaluma, in California. "Sono rockabilly, rock, jazz, blues e latini, ma
mantengono le loro radici. Nei paesi balcanici, c'è questo turbo-folk con donne
mezze nude, spazzatura senza niente musicalmente. Ma Kal ha attirato una vasta
gamma di pubblico, specialmente tra i giovani, con un nuovo suono che è romanì
senza ombra di dubbio."
© Copyright 2008 Globe Newspaper Company.
Sono passati circa dieci anni (giorno più, giorno meno)
dalla dipartita di Carlo Cuomo, figura chiave nella vita politica e associativa
milanese e anche nazionale. Ho ritrovato questo articolo sul vecchio sito
dell'Opera Nomadi Milano (da lui presieduta per anni), incredibile come dieci
anni dopo sia ancora attuale. Da rileggere con attenzione.
Zingari, cioè Rom di Carlo Cuomo
Per l'italiano medio, "normale", anche se democratico e di sinistra, la parola
"zingaro", la vista nel proprio quartiere di una famiglia di zingari (la
roulotte, i moltissimi bambini, le donne con le gonne lunghe) provocano
inquietudine, diffidenza, qualche ribrezzo.
Nessun'altra minoranza etnica suscita un così forte e totale sentimento di
"sgradevolezza", nessuna è altrettanto misconosciuta, ignorata. Noi, i "gagé" -
i non zingari - non sappiamo niente di queste comunità, di questo piccolo popolo
che vive tra di noi da più di cinque secoli. Ma crediamo di sapere. Al posto
della conoscenza mettiamo un mito e crediamo che il mito sia conoscenza.
"Sono molti, moltissimi - pensano i "gagé" -, dilagano, ci invadono; sono
vagabondi senza arte né parte, nomadi disordinati; sono pigri e ladri;
maltrattano e sfruttano i loro bambini; non sono una realtà etnica, sono una
realtà malavitosa; sono infidi, violenti, pericolosi; sono - come recitava il
titolo di un vecchio film sui borgatari romani - "sporchi, brutti e cattivi".
Nel nostro immaginario collettivo questo mito negativo convive, a sprazzi -
complice un po' di mediocre cinema e mediocrissima letteratura e tanti ambigui
nostri desideri -, con un mito diverso, opposto, che esprime fascinazione: "Sono
liberi, "figli del vento"; sono musicisti straordinari; le loro donne sono
voluttuose e i loro uomini fieramente virili; non si piegano alle false lusinghe
della civiltà e del progresso; loro sì, che sono felici!" La diversità basta non
vederla com'è, basta esorcizzarla nei sogni delle nostre nevrosi, delle nostre
paure, dei nostri ambigui desideri.
Prevale, comunque, fortemente, il primo mito, quello negativo. Ogni fatto di
cronaca viene accolto se conferma il mito, rimosso se lo contraddice. Se
Brambilla ruba, conferma semplicemente che ci sono i ladri; se uno zingaro ruba,
conferma che gli zingari sono tutti ladri; se un bambino viene stuprato in una
famiglia borghese di Milano o venduto a Napoli o prostituito ad Amsterdam c'è
allarme per la sorte e il destino dell'infanzia; se un bambino zingaro viene
"ceduto" per svaligiare appartamenti, si rafforza la nostra certezza che gli
zingari maltrattano e sfruttano i loro bambini. Eccetera. Non bisogna stupirsi.
Già nell'Ottocento (e ancora oggi...) quanta parte dell'opinione pubblica
rimuoveva il funzionamento strutturale della finanza e dell'industria
capitalistica per vedere solo il finanziere ebreo o, nella Francia cattolica, la
"banque protestante"? E Lenin definiva l'antisemitismo "il socialismo degli
imbecilli"... Non si tratta, badate bene, di un mito negativo passivo. Esso
viene agito. Questo nostro "sguardo" sulla realtà zingara ha drammatiche
conseguenze pratiche su di loro.
Sulla localizzazione delle loro comunità, per esempio. I campi attrezzati dai
Comuni (pochi, bruttissimi) bisogna cercarli lungo le ferrovie, le tangenziali,
i canali, le periferie più abbandonate, lontani dalle linee di trasporto, dai
servizi, dai negozi, dalle scuole. Lontani dai luoghi della "gente per bene".
Gli stessi zingari, per i loro insediamenti spontanei, scelgono di sfuggire al
nostro "sguardo" e di stare lontani e nascosti. "Popoli delle discariche",
scrive Leonardo Piascre. Popoli che le nostre sinistre paure collocano nelle
nostre discariche. Di fatto, per gli zingari vige l'apartheid.
Non solo per gli insediamenti. Certo, nessuna legge vieta loro di prendere i
mezzi di trasporto, di entrare nei negozi e nei bar, di andare a scuola, di
frequentare i servizi sanitari. Ma entrare in un negozio o in un bar è entrare
nel territorio del sospetto, della fretta di servirti per vederti uscire; a
volte, non ti servono. Se prendi un tram, la gente si scansa. Ci sono medici di
base che rifiutano l'iscrizione di zingari o che, come ripiego, chiedono loro di
frequentare l'ambulatorio solo determinati giorni, per "non disturbare la gente
normale". Ci sono stati scioperi di genitori perché gli zingarelli non
frequentassero la scuola e scuole che ne scoraggiano l'iscrizione; nelle scuole,
quando va bene, c'è assistenzialismo paternalistico e solo in pochi casi c'è
accoglienza vera, intelligente e rispettosa. Se uno zingaro cerca lavoro deve
nascondere la propria appartenenza etnica, camuffarsi, mentire; se no, il lavoro
offerto scompare d'incanto. Un bambino zingaro cresce così, sotto questo
sguardo, in queste condizioni, in questo clima di fastidio, diffidenza,
disprezzo. Nell'apartheid. Ed è questo che partorisce, fra gli zingari presenti
in Italia, tassi di morbilità, di mortalità, di analfabetismo, di disoccupazione
che sono a livello boliviano o honduregno. Ed è questo che partorisce anomia.
Le cose cambiano? Sì, un po', lentamente, faticosamente. Ma la realtà, guardata
dal punto di vista degli zingari, è essenzialmente quella: il fastidio, la
diffidenza, il disprezzo, l'apartheid. Immobili, permanenti, pesantissimi.
Minoranza misconosciuta, dicevamo, ignorata. Ormai sappiamo nominare gli
esseri del sud e del nord, i ceceni, i turchi gagauzi, gli armeni e gli azeri,
gli abkhazi, i musulmani della Bosnia, gli albanesi del Kosovo e della
Macedonia, gli ungheresi della Voivodina e della Transilvania, le comunità
etniche di Los Angeles una per una - ma non sappiamo riconoscere e nominare
quell'arcipelago di comunità che formano, fra di noi, il popolo zingaro. Gli si
nega l'identità socio-economica, etnica, linguistica, storica. Sappiamo tante
cose sulla natalità e mortalità nel mondo, sulla fame, le malattie; ma ignoriamo
quei pochi drammatici dati socioeconomici che riguardano donne, uomini,
pochissimi anziani e moltissimi bambini che da cinque secoli vivono fra di noi.
Pensiamo alla Spagna del 1492 e per noi significa scoperta dell'America,
cacciata degli Ebrei e dei Mori; e rimuoviamo il bando antizingaro del 1499.
Parliamo di Maria Teresa d'Austria ma non sappiamo niente del suo tentativo di
etnocidio culturale degli zingari. Parliamo dell'Olocausto ma cancelliamo il
loro Olocausto: 500.000 morti nei lager. Celebriamo la Resistenza ma rimuoviamo
la loro partecipazione alla lotta armata. Da anni, inchiodati davanti alle
nostre TV, ci indigniamo per gli eccidi nell'ex Jugoslavia; ma non ci
interroghiamo mai sulla sorte degli zingari jugoslavi, su cosa significhi,
nell'orrore generalizzato, l'essere zingaro musulmano, oggi, nella Bosnia o
nell'Erzegovina (e quando, per sfuggire all'orrore, arrivano tra di noi, devono
- per scansare la nostra ostilità nascondersi nelle discariche delle nostre
periferie più degradate dove i loro bambini muoiono di freddo o nei roghi di
fuochi improvvisati e da dove ordinanze sindacali e prefettizie li sgomberano
brutalmente). L'apartheid, quindi, non è solo territoriale, comportamentale; è
anche apartheid cognitivo: segreghiamo gli zingari nelle periferie oscure della
nostra ignoranza per farli riaffiorare nei luoghi mitologici delle nostre paure.
Con questo numero del Calendario del Popolo vorremmo dare un contributo al
passaggio dal mito alla conoscenza della realtà zingara e, quindi, dalle
ricadute pesanti e discriminatorie del mito negativo all'azione consapevole e
rispettosa che può nascere da una conoscenza razionale. Precisiamo, quindi, in
apertura, alcune semplici verità.
- Gli zingari non sono "molti, moltissimi", non dilagano, non ci invadono.
Sono, in un Paese di circa 56 milioni di abitanti, 100/110.000 (circa il due
per mille della popolazione italiana...) di cui 70/80.000 cittadini italiani
e 20/30.000 cittadini stranieri provenienti, per l'essenziale, da varie
parti dell'ex Jugoslavia. Sono pochi, pochissimi quindi e non tendono a
concentrarsi in specifiche parti del territorio. Le loro scelte insediative
si basano piuttosto su strategie di dispersione territoriale. Quasi metà di
questo piccolo popolo ha meno di 15 anni, meno del 3% supera i 60 anni.
Isolati nelle nostre periferie più degradate, gli zingari muoiono giovani. I
tassi di morbilità e di mortalità sono alti fra gli adulti, altissimi fra i
bambini. La scolarizzazione è bassa e irregolare, l'analfabetismo diretto o
di ritorno diffusissimo; la disoccupazione, generalizzata. Nessun paragone è
possibile con la struttura demografica, le condizioni di salute, la
scolarizzazione, l'inserimento al lavoro del resto della popolazione.
- Sono arrivati nel nostro Paese in momenti diversi: i sinti dal Nord, via
terra, nei primi anni del Quattrocento; i rom nell'Italia meridionale, via
mare, provenienti dalle zone grecofone del morente Impero bizantino, nella
seconda metà del Quattrocento; gli harvati, dall'est, con le modifiche
territoriali della prima guerra mondiale e (già allora!) con le tragedie che
la seconda guerra mondiale aveva creato in Slovenia, Croazia, Istria,
Dalmazia. Più recentemente, a partire dagli anni '60, la crisi economica
jugoslava ha prodotto una ripresa di movimenti dall'est verso l'Italia e,
infine, il precipitare della guerra, delle pulizie etniche e dei massacri un
arrivo massiccio a partire dal 1991.
- Definirli "nomadi" è sbagliato e fuorviante. Il nomadismo, con certe
forme e certe sue regole, è uno dei modi di essere delle comunità zingare;
sono numerosissimi invece - nel tempo storico e nello spazio geografico - i
gruppi semi sedentari o compiutamente sedentarizzati, per esempio
nell'Italia centrale e meridionale, in Spagna, in Ungheria, in molte parti
dell'ex Jugoslavia, nell'impero bizantino e in quello ottomano, a Bassora
sin dal VII secolo. Meglio definirli ("nominarli", come dicevamo sopra)
zingari, come vuole una tradizione "gagé" consolidata, o, meglio, con i
sostantivi Rom e Sinti, come si autodefiniscono, seguiti, volta per volta,
da un aggettivo specificativo (harvati, kalderaš, xoraxané, abruzzesi,
eccetera). Sono - in Italia come nel resto del mondo - un popolo, composto
di tante comunità distinte. Ed è come tali che vanno riconosciuti, nominati,
individuandone le diversità specifiche, comunità per comunità, e i tratti
comuni.
- Parlando di zingari, occorre tenere distinti gli aspetti giuridici da
quelli antropologici. Giuridicamente, con tutte le conseguenze pratiche che
ciò comporta sul piano dei diritti formali, si possono distinguere gli
zingari presenti in Italia sulla base della cittadinanza: cittadini italiani
(la maggioranza), cittadini della Comunità europea (francesi, spagnoli,
ecc.), cittadini extracomunitari (soprattutto ex jugoslavi).
Antropologicamente, però, è molto più significativo sul piano scientifico e
più rispettoso della soggettività delle comunità zingare distinguere per
aggregazioni e comunità etnico-linguistiche: vedi la tradizionale
distinzione rom/sinti, indipendente dalla cittadinanza; i lovara, di origine
ungherese-rumena ma spesso, nelle stesse comunità presenti in Italia, con
cittadinanza o italiana o francese o spagnola; l'intensità di rapporti tra
rom harvati, cittadini italiani, e rom sloveni, croati, istriani, dalmati,
cittadini ex jugoslavi, confrontata con la freddezza di rapporti tra rom
harvati e rom abruzzesi, cittadini italiani gli uni e gli altri.
- Gli zingari sono quindi un popolo articolato in comunità, plasmato dalla
sua storia - storia della difesa orgogliosa della propria identità e storia
delle proprie strategie di adattamento al mutare delle situazioni,
interagendo con le culture ospiti - e dalla nostra secolare ostilità, dal
suo modo di rispondere, per secoli, alla storia delle nostre persecuzioni.
Un popolo portatore di tradizioni e di culture: modi specifici di
rapportarsi al cibo, al sesso, agli anziani e ai bambini, di definire e
vivere le regole della comunità. Un popolo che parla una lingua neo-indiana,
divisa in dialetti frutto dei modi diversi in cui questa lingua ha
interagito, nel tempo storico e nello spazio geografico, con le parlate dei
popoli incontrati e dei paesi attraversati - ma con un robusto fondo comune
lessicale, morfologico, sintattico. Sono - qui e oggi - un certo modo,
contraddittorio e lacerante, di tenere insieme, in un equilibrio instabile,
valori e modelli di vita tradizionali con i valori e modelli che la TV, in
ogni sgangherata roulotte, propone loro quotidianamente. Sono il prodotto
del nostro disprezzo di oggi, che li accompagna dalla culla alla tomba;
della segregazione nei nostri meschini e mediocri campi comunali; dei
brutali e continui sgomberi notturni che sbattono gli "abusivi" da una
discarica all'altra. E della loro resistenza-adattamento a tutto questo.
di Carlo Cuomo - tratto da "Il calendario del Popolo"
Di Fabrizio (del 27/09/2008 @ 08:50:20, in scuola, visitato 1743 volte)
Da
Bulgarian_Roma
17 settembre 2008 COMUNICATO STAMPA
Sofia, Bulgaria. Il 15 settembre segna l'inizio di un nuovo anno
scolastico in Bulgaria e la fine della segregazione scolastica per circa 200
studenti Rom a Blagoevgrad. Gli studenti, che frequentavano la scuola
elementare speciale N° 1 a Blagoevgrad, saranno spostati in diverse scuole
cittadine dove avranno una migliore istruzione e per i primi tempi impareranno
in un ambiente integrato con i loro pari di altri gruppi etnici.
Gli sforzi di desegregazione scolastica furono lanciati un anno fa a
Blagoevgrad attraverso un progetto, appoggiato dal Fondo Educazione Rom che
pilotò l'integrazione di cinquanta studenti Rom in scuole miste cittadine e
sollevarono il fine della segregazione. L'iniziativa portò alla decisione
municipale di chiudere la scuola elementare segregata N° 1 nel marzo
2008, che fu approvata a maggio dal Ministro dell'Istruzione. Secondo il vice
sindaco di Blagoevgrad, Dr. Valentin Vasilev, "la bassa qualità dell'istruzione
nella scuola e l'alto livello di assenteismo sono state tra le principali
ragioni della decisione".
Il comune ha già presentato con successo un progetto per l'integrazione
istruttiva dei bambini Rom, tramite i Fondi Strutturali UE. Secondo il vice
sindaco, il progetto creerà opportunità d'impiego per alcuni degli insegnanti
della scuola segregata che sarà chiusa.
Tobian Linden, il nuovo direttore del Fondo Educazione Rom ha accolto con
favore questa iniziativa del comune e si è impegnato a continuare a fornire
supporto agli sforzi desegrazionisti a Blagoevgrad e nel resto della Bulgaria.
"Educazione integrata significa migliore istruzione per tutti i bambini", ha
detto.
For additional information about this press release, please contact Toni Tashev,
Country Facilitator for the Roma Education Fund, at tel. +359886797272 or via
email at tashev@romaeducationfund.org.
Di Fabrizio (del 27/09/2008 @ 09:47:44, in Italia, visitato 2229 volte)
Sinora non ho scritto niente sulla morte del rom quattordicenne a Sesto, per
un incendio nell'area ex Falk. Più che altro per incapacità di esprimere
qualcosa che non fosse già stato scritto, che si traduce - in parole povere - in
un sentimento di "pietas" per questa giovane morte, un'analisi sommaria dei
traffici di persone che portano giovani rumeni a perdersi nelle nostre aree
abbandonate... Oppure, visto dall'altra parte, pensare che in fondo era solo un
vagabondo in meno, e che a vivere "borderline" è normale finire così.
Ripeto: niente che non sia già stato scritto. Quante segnalazioni simili,
soprattutto nel periodo invernale, potete trovare nell'archivio degli articoli che ho scritto in precedenza? Cambia qualcosa? Anche sul caso di
Livorno dell'anno scorso, uno dei tanti dove la causa potrebbe essere
dolosa, la magistratura tace. Passata la dovuta commozione, resta solo un senso
di sconfitta e di già visto...
Ritorno adesso sull'argomento, adesso che la memoria pian piano cancella questo
ENNESIMO morto, con un articolo preso dal blog
ilKuda,
che ha questa novità rispetto a tutto quello che si è scritto: vede la notizia
da vicino, probabilmente non è un attivista o un esperto delle cronache Rom, ma
mantiene la capacità di interrogarsi. Di questi tempi non è poco.
Quanto spazio merita un 14enne bruciato?
Poco, direi. Perché se mercoledì mattina in un rogo all'interno delle ex-Falk
è morto carbonizzato un ragazzo di 14 anni, già ieri la notizia era fuori
dalle home page dei principali quotidiani on-line e credo che oggi non ne parli
più nessuno.
Vittima del degrado, vittima della povertà, vittima delle occupazioni abusive.
Un po' se l'è anche cercata, come Abdul, se invece di starsene tra le rovine di
una ex fabbrica fosse andato in albergo queste cose non sarebbero successe, o
meglio ancora, perché non è rimasto in Romania?
Qualcuno ha aggiunto qualcosa all’esistenza di Daniele. Chiedeva l’elemosina ai
semafori, probabilmente sfruttato da qualche banda. Molti, ragazzi come lui, si
prostituiscono. Nessuna scuola, nessun aiuto, nessuna assistenza. La sua
giornata era un provare a cavarsela nella minor sofferenza possibile. Sempre
sofferenza era. Nel suo giaciglio tra la sporcizia, in mezzo ad altri come lui,
provava a darsi pace, a sentire attorno a sè il senso della normalità. Hanno
raccontato che l’incendio è nato dalla fiammella di una candela, unica luce
possibile nella notte tra le rovine della Falck, in una palazzina che di uomini
donne bambini ne ospitava, si dice, altri trenta.
Forza Italia di Sesto non ha perso tempo e ha fatto uscire un bel comunicato:
"non possono fare altro che ribadire quanto più volte chiesto in consiglio
comunale e cioè un controllo del territorio massimo attraverso le forze di
polizia - magari impiegando anche l'esercito nel pattugliamento (...) Quanto
accaduto è il risultato di una situazione di degrado urbano e sociale voluta dal
Sindaco e dalla Sinistra a Sesto San Giovanni. E' ormai tempo di cambiare.
Occorre il pugno di ferro nei controlli del territorio. Giusto ieri sera grazie
al consigliere di quartiere Michele Izzi che ha richiesto l'intervento delle
forze dell'ordine in via Molino Tuono sono stati fermati tre cittadini romeni e
sgomberate le baracche provvisorie e fatti allontanare i furgoni accampati in
violazione dell'ordinanza sindacale esistente in materia."
Forse ai solerti consiglieri forzaitalioti bisogna chiarire un paio di cose:
- l'area ex-Falk non è pubblica ma privata, di proprietà del ben noto
Caltagirone, amico di Berlusconi e suocero di Casini, per intenderci;
- l'amico Caltagirone non ha permesso che gli educatori di strada entrassero
nelle aree ex-Falk impedendo di fatto ogni intervento del comune sul territorio;
- ogni giorno passo per via Trento per andare al lavoro, spesso i carabinieri
stazionano all'ingresso delle zone abbandonate, spesso vedo persone che si
fermano, parlano con loro, presentano i documenti ed entrano nell'area. Sono le
persone che lì vivono perché in Italia non siamo in grado di dar loro
accoglienza migliore, salvo essere i primi ad andare a comprare i loro bancali o
cercare di sfruttarli nei cantieri facendoli lavorare in nero e senza sicurezza;
- se anche mandassero l'esercito in giro per l'ex Falk (cosa che dubito piacerà
a Caltagirone) l'unico risultato sarebbe che le persone che lì vivono si
sposterebbero da un'altra parte. Proprio come è successo dopo gli sgomberi di
Milano.
Ma queste cose sul comunicato di Forza Italia stonavano. E poi tanto oggi già
nessuno parla del ragazzino bruciato. Probabilmente nessuno vuole l'esercito, ma
basta fare un po' di demagogia spiccia.
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