I rom e l’azione pubblica a cura di Giorgio Bezzecchi, Maurizio Pagani e Tommaso Vitale
Pagine: 288
Prezzo: Euro 20
ISBN: 978-88-7039-0377
Teti Editore
I gruppi zigani sono molti e differenti. Abitano da secoli il tessuto urbano
d’Europa. Sono parte integrante della storia italiana, soggetti in uno stato
di diritto. Spesso, tuttavia, le politiche nei loro confronti assumono tratti
marcatamente discriminanti e di frequente gli enti locali adottano vere e
proprie forme di razzismo istituzionale. Altre volte, politiche e provvedimenti
ben intenzionati falliscono per le proteste e le mobilitazioni locali, ma anche
per il mancato ascolto e coinvolgimento dei diretti interessati, i rom e i sinti.
Il volume tenta di fornire idee e appigli per uscire da questo senso di
impotenza: i diversi contributi che lo compongono mostrano strade concretamente
percorribili nell’azione pubblica.
Guardando alla sfida di una politica democratica e partecipata, questo libro
racconta una pluralità di casi empirici che aiutano a capire come è possibile
rispettare i diritti fondamentali delle minoranze, moltiplicando il consenso
sulle politiche necessarie per una migliore convivenza.
Il volume contiene saggi di Alberto Giasanti, Amoun Sleem, Antonio Tosi,
Carlo Cuomo, Elisabetta Vivaldi, Giorgio Bezzecchi, János Ladányi, Joanna
Richardson, Laura Boschetti, Maurizio Pagani, Paola Pessina, Tommaso Vitale,
Zoran Lapov.
Giorgio Bezzecchi, presidente della cooperativa Romano Drom, è un Rom
Harvato, esperto di processi e politiche di mediazione culturale. Da molti anni
è uno dei massimi dirigenti dell’Opera Nomadi. Vive e lavora a Milano.
Maurizio Pagani, dirigente dell’Opera Nomadi, da molti anni è attivamente
impegnato in azioni di promozione sociale delle comunità zingare e studio delle
politiche pubbliche. Vive e lavora a Milano.
Tommaso Vitale, ricercatore di Sociologia, insegna sia Sviluppo locale
che Programmazione sociale all’Università degli Studi di Milano Bicocca ed è
membro della redazione di Partecipazione e conflitto - Rivista di studi politici
e sociali.
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intestato a: Nicola Teti Editore srl - Milano. Per pagamento in contrassegno
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SPETTACOLI & CULTURA PASSAPAROLA/Parla Pina Varriale, autrice di un romanzo su una bambina Rom, tema scomodo e di grande attualità di SILVANA MAZZOCCHI
Pina Varriale
Sevla, bambina rom alle soglie dell'adolescenza si sente invisibile. Ignorata dai suoi coetanei, attira su di sé la diffidenza e il sospetto che circonda gli zingari, e sono l'unica forma di attenzione che conosce. Un giorno incontra Vanda, una donna rude e solitaria che finalmente la fa sentire una ragazzina come tutte le altre. Ma una notte alcuni uomini circondano il campo dove vive e a Sevla toccherà fare i conti con la sopraffazione e con la violenza imposte da chi non riconosce dignità ai diversi e non sa guardare al di là dei pregiudizi...
I bambini invisibili, di Pina Varriale, dal 21 ottobre in libreria per Piemme, racconta una storia inventata che è un pezzo di cronaca contemporanea e che apre una finestra su una realtà che pochi conoscono e che tutti giudicano con gli occhi della paura, spesso generata dall'ignoranza. Napoletana, Pina Varriale ha al suo attivo vari libri con protagonisti adolescenti, tutti molto letti dagli adulti ed è già autrice di Ragazzi di camorra, scritto sulla base di un'esperienza sul campo. Con I bambini invisibili affronta ancora una volta un tema scomodo e di grande attualità, con un linguaggio diretto e frugale che coinvolge e appassiona.
Sevla è rom e non viene accettata dai suoi compagni perché percepita come diversa? Inizialmente Sevla non è accettata dai suoi compagni perché è percepita come "diversa", in quanto appartenente a una cultura di cui sia i ragazzi che gli adulti sanno ben poco. Basta fare qualche domanda per accorgersi di quanta confusione e ambiguità ci sia sul termine "Rom" che i più ritengono una abbreviazione di "romeno". Sono davvero pochi quelli che sanno che la parola "Rom" significa in realtà "Uomo", nel senso di essere appartenente alla specie umana. I Rom sono arrivati nel nostro Paese da moltissimo tempo, sono stati a lungo artigiani e fabbri, giostrai e allevatori di cavalli. L'industrializzazione e la rapida evoluzione della nostra società li ha portati inevitabilmente a essere degli esclusi, anche dal punto di vista lavorativo, non avendo più ragione d'essere il tipo di attività da loro praticato per vivere. Un destino, quello dei Rom, originari della lontana India e non della Romania, comune a tutte le culture "chiuse", che difendono la propria identità come unico fattore di appartenenza al proprio popolo. Sevla è orgogliosa di essere una Rom, lei per prima, in classe tende a isolarsi dai "gagé" perché, come le hanno insegnato i genitori e i parenti, gli "altri", in questo caso noi, sono sciocchi, superstiziosi e irascibili. La diffidenza e il "razzismo" non si trova su un unico fronte e se è vero che i compagni di classe non accettano Sevla e anche vero che Sevla fa altrettanto. Le cose cambiano soltanto con la conoscenza reciproca ed è esattamente questo che sperimenteranno Sevla e gli altri ragazzi.
I pregiudizi sono degli adulti prima che dei ragazzini, dei genitori prima che dei figli. A chi è rivolto il tuo libro? Innanzitutto ai ragazzi e utilizza di proposito un linguaggio semplice e scorrevole che vuole essere accattivante e, al tempo stesso, di stimolo alla lettura. I bambini invisibili tuttavia, così come è accaduto per altri testi che ho scritto, si rivolge anche agli adulti e, in particolar modo ai genitori e agli educatori. Non si può infatti pensare di chiarire, spiegare, facilitare i rapporti con le culture "altre" se, noi per primi, ignoriamo la storia e le tradizioni di popoli diversi dal nostro e, in questo caso, dei Rom che al pari dei Sinti, sono presenti sul nostro territorio da almeno due secoli. L'intolleranza, la xenofobia, il razzismo affondano le loro radici proprio nell'ignoranza e, se il sostrato su cui devono contare i nostri figli è costituito dal pregiudizio e dalla paura del confronto con esperienze e culture differenti, è ovvio che i ragazzi manifesteranno diffidenza e timore nei confronti di coloro che sono stati indicati non solo come diversi ma potenzialmente pericolosi. Sevla, nel libro, non si fida dei gagé, i non Rom, li considera degli esseri strani e cattivi, scopre presto che sono anche dei bugiardi e che non bisogna fidarsi delle loro promesse. Sarà invece un problema comune sia ai Rom che ai gagé ad accomunare i compagni di classe di Sevla, ma non c'è da meravigliarsi perché i ragazzi, a differenza degli adulti, quasi sempre sanno mettere da parte i preconcetti e ragionare con la propria testa.
Ragazzi di camorra conteneva tracce di storie vere, e I bambini invisibili? In tutte le storie che racconto c'è sempre una traccia di vero. In Ragazzi di camorra sono partita da un'esperienza personale vissuta con dei ragazzini a rischio per i quali, insieme a pochi volontari, mettemmo su un laboratorio che, in realtà, era solo un pretesto per strapparli alla strada proponendo qualcosa a cui non erano abituati: uno spazio e un tempo solo per... essere dei ragazzi. Nel caso di quest'ultimo romanzo I bambini invisibili non sarà difficile, anche al lettore più distratto, ravvisare episodi di cui, purtroppo, la cronaca di questi ultimi mesi ci ha messo a conoscenza. I roghi nei campi Rom, soprattutto nella zona del napoletano, hanno riempito le pagine dei quotidiani nazionali e gli episodi di intolleranza e di xenofobia hanno segnato una pagina non solo triste, ma senz'altro vergognosa della nostra cosiddetta "civiltà".
Il romanzo, non a caso, è dedicato a Cristina e a Violetta, due piccole Rom annegate questa estate nel mare di Torregaveta, tra l'indifferenza e l'evidente fastidio dei bagnanti "costretti" a prendere il sole coi due corpicini abbandonati sulla sabbia. Le foto di quell'episodio, per il quale non trovo parole adeguate per descrivere lo sdegno e l'orrore, hanno fatto il giro del mondo, ma di certo non hanno restituito alle famiglie le loro due bambine. Questo libro non è dedicato soltanto a loro, ma a tutte quelle migliaia di bambini "invisibili" che piangono, soffrono e muoiono, ogni giorno, tra l'indifferenza di un mondo che sembra non dare più alcun valore alla vita umana.
Pina Varriale, I bambini invisibili Piemme - Pag 192, euro 12,50.
Una segnalazione di Tommaso Vitale da
ADN Kronos. Nota personale: una buona iniziativa (soprattutto di questi
tempi), mi spiace invece che tutto lo spazio della notizia sia lasciato a Piero Pelù e venga fatto
solo di sfuggita il nome dello "storico gruppo gitano" che l'accompagnerà.
Ma forse
è
meglio così...
Roma, 21 ott. - (Ign) - ''Non credo al censimento dei rom: sono tutte
operazioni di marketing''. Piero Pelù (nella foto) parlando a
IGN, testata on line del gruppo Adnkronos, critica le scelte del governo per la
regolarizzazione dei campi nomadi, anche se, precisa, ''non sono qui per far
polemica, ma per dare spazio alla loro musica, alle sonorità gitane''.
Domenica prossima l'artista toscano presenterà con un concerto (alle
22, Festival della Creatività alla Fortezza da Basso a Firenze) la sua nuova
produzione musicale 'Lacio Drom: Buon Viaggio' realizzato con il gruppo
gitano ‘Acquaragia Drom’. Un progetto che, spiega, ''nasce in un momento in
cui i rom sono sempre più al centro di incomprensioni e difficoltà''. Un
lavoro ambizioso che ''vuole raccontare un popolo senza fissa dimora: un po’
come tutti noi artisti''.
Durante il concerto verranno suonati brani provenienti dalla tradizione
manouche e alcuni stralci dal suo ultimo lavoro ‘Fenomeni’. Dietro al palco
la proiezione del videoclip ‘un viaggio’, girato a S. Maries de la Mer in
Francia, durante il raduno dei gitani di mezza Europa. ''È stata
un’esperienza indimenticabile - dice l'ex leader dei Litfiba -. Quando si
lavora con due registri di linguaggio, due musiche differenti, bisogna avere
molta pazienza e sperimentare in continuazione''. Non è semplice anche perché,
spiega Pelù, ''la cultura rom non è scritta, ma orale'' e quindi ''non ci sono
spartiti, bisogna affidarsi completamente alla memoria''.
''È un po’ come quando ci si ritrova d’estate con gli amici in spiaggia e si
canta attorno a un fuoco. Le canzoni non sono mai le stesse, ma cambiano, si
evolvono. Così è per la musica rom, ogni volta è una scoperta per il pubblico e,
lo confesso, un po’ anche per me''.
ALEXIAN AND INTERNATIONAL FRIENDS Un Trasguardo Musicale Internazionale -
15° edizione - Sabato 15 Novembre 2008
Lanciano, Teatro Fedele Fenaroli ore 21.30
L' associazione culturale Thèm Romanò organizza, nell'ambito della stagione
teatrale 2008-2009 del Comune di Lanciano, in collaborazione con l'
Istituzione Deputazione Teatrale a partire dalle ore 21.30 di sabato 15
novembre a Lanciano presso il Teatro Fedele Fenaroli la quindicesima edizione
del Festival Alexian and International Friends un appuntamento artistico e
musicale di grande rilevanza internazionale. La kermesse che vanta un cast di
assoluto prestigio, è un incontro artistico e culturale di diversi generi
musicali e sarà presentata dalla bella e bravissima conduttrice di Domenica
in ( Rai uno) Lorena Bianchetti già presente in alcune delle passate
edizione e dal simpatico e istrionico Paolo Brosio.
Il festival è un trasguardo artistico aperto ai diversi generi musicali:
dall'etnico alla musica classica passando per il jazz e la musica leggera per
una reale interazione di grande suggestione artistico e culturale. Alexian
sarà il cuore pulsante dell'evento interagendo con tutti gli artisti e
presenterà il suo nuovo lavoro discografico dal titolo "Me pase ko Murdevele -
Io ac-Canto a Dio" prodotto e distribuito a livello internazionale dalla
Compagnia Nuove Indye (CNI). Presente L'Arcivescovo di Lanciano e Ortona
Carlo Ghidelli che ha curato la presentazione del Cd e l'importante
produttore della Casa Discografica CNI Paolo Dossena. Sarà inoltre
presentata la raccolta di partiture musicali Rom per Orchestra Sinfonica
Romano Drom - Carovana Romanì di Alexian Santino Spinelli edito dalla
prestigiosissima casa editrice di Bologna Ut Orpheus Edizioni che pubblica e
divulga a livello internazionale musica classica, presente l'editore Roberto
De Caro, una personalità di grande rilievo culturale. L'evento è inserito
nell'ambito dell'Anno Europeo del Dialogo Interculturale. Nel cast artistico
della quindicesima edizione oltre all' Alexian Group di Santino Spinelli
sono presenti nomi eccellenti come Eugenio Bennato, che ha partecipato
all'ultimo festival di S. Remo, il formidabile duo Jalisse, vincitori del
festival di S. Remo del 1997, Moni Ovadia celebre per il suo grande
carisma e attesissimo il suo duetto con Alexian, la Ozen Orchestra che
eseguirà musica ebraica (ozen significa "orecchio" in ebraico), i Magadis
che eseguiranno musica classica ispirata al mondo Rom, non mancherà il jazz con
Swing de Bois, un gruppo di jazz manouche che farà un omaggio al grande
Djando Reihnardt precursore del jazz europeo. Protagonista anche il pianista
biscegliese Nico Arcieri che si esibirà con Alexian in una composizione
scritta a quattro mani dai due artisti. Il festival vedrà la partecipazione
straordinaria del regista e attore Leonardo Pieraccioni, del grande
musicista gitano Paco Suarez dalla Spagna. Nelle passate edizioni il
festival di Alexian ha ospitato artisti di fama nazionale ed internazionale come
i Tazenda, Rossana Casale, Francesco Baccini, Linda, Enrico Beruschi, Sageer
Khan dall'India, i Rajko dall'Ungheria, Ternipè dalla
Slovacchia, la Kadrievi Orkestar dalla Macedonia e tantissimi altri.
Saranno inoltre presenti i giornalisti scrittori Furio Colombo e Gian
Antonio Stella che riceveranno il prestigioso premio Phralipé
(fratellanza e solidarietà) nell'ambito della cerimonia di premiazione del
Concorso Artistico Internazionale "Amico Rom" che si svolgerà nel pomeriggio al
teatro Fenaroli a partire dalle ore 15 con ingresso libero. Un appuntamento
intenso da non mancare!
Il 9 novembre nella zona archeologica di Sesto San Giovanni (MI), al
ristorante "Il Maglio"
in via Granelli 1, alle ore 18:00, verrà presentato il dossier "Mamma li
zingari!".
L'evento è stato organizzato dalla rivista
Confronti, che ha pubblicato il dossier.
Sul dossier hanno scritto anche Franca Di Lecce, Alessia Passarelli, Rocco
Luigi Mangiavillano ed Emiliano Laurenzi. Le foto che illustrano le pagine
interne sono di Rocco Luigi Mangiavillano.
Il dossier documenta la cultura Rom e le persecuzioni di cui lo stato
italiano si sta rendendo responsabile verso una minoranza che in Europa conta
quasi 15 milioni di persone.
Alla presentazione saranno presenti, tra gli altri, Moni
Ovadia, Dijana Pavlovic e Santino Spinelli.
Venerdì 7 novembre 2008 - alle 21.45 Locanda Atlantide, via Lucani 22, san Lorenzo ROMA
Concerto gitano di musica rom, gypsy e, manouche
Czarde e canti tzigani, macedoni, bulgari ed internazionali.
Sirbe, turceasche, hore. Sonorità rom e balcaniche
Cristina Barzi, voce Marian Serban, cymbalon Albert Florian Mihai, fisarmonica Sandu “Sandokhan” Gruia, contrabbasso a tre corde Luca Pagliani, chitarra
GUESTS: Marian Balog, voce Augusto Creni, Pepe di Cicco e Francesco di Cicco, chitarre manouche.
Il progetto musicale di Officina Nomade e Gypsyliana (Cristina
Barzi), ha come obiettivo la sperimentazione di diverse sonorità appartenenti
alla storia contemporanea di una metropoli italiana come Roma.
Albert Florian Mihai, Marian Serban, Sandokhan Gruia e Marian
Balog come ospite, sono i migliori musicisti Rom che possiamo trovare
attualmente in Italia e provengono dalle regioni dell'est europeo,
(Romania e Slovakia).
Il trio Creni di Cicco è formato da tre indiavolate chitarre manouche suonate da
Augusto Creni, Pepe di Cicco e Frncesco di Cicco, bravi musicisti romani che da
anni interpretano con energia ed eleganza, propria dello swing manouche, il
favoloso gypsy jazz di Django Reinhardt.
A seguire selezioni musicali Dj Resident
C'è uno spettacolo che racconta di uno zingaro. Oggi che gli zingari
vengono più che mai dileggiati. E' uno spettacolo che parla di campi di
concentramento. Oggi che si vuole negare persino la memoria di quei momenti bui.
C'è uno spettacolo che grida il suo stupore.
C'è una domanda. Ha salvato più bambini rumeni un teatrante che li ha
strappati dalle fogne di Bucarest o la polizia di stato? C'è una seconda
domanda: è più forte il teatro o la repressione? Le domande sono retoriche, le
risposte no.
Facciamo girare lo spettacolo "La farfala sucullo", perché insieme agli
altri costituisca in questo momento oscuro un appiglio a chi ha voglia di
credere che il razzismo non è mai una buona opinione.
"Farfala sucullo" ha vinto il premio Teatro e Shoà 2007. Sul sito
www.teatrogruppopopolare.it c'è qualche informazione in più. Per altre
informazioni contattateci.
TeatroGruppo Popolare via Cardano, 29 – 22100 Como
tel. 031 401072
c.f. 95096490131 LA FARFALA SUCULLO Premio Teatro e Shoà 2007
Non tutti sanno che oltre ai sei milioni di ebrei i nazisti sterminarono nei
campi di concentramento migliaia di dissidenti politici, di minorati psichici e
fisici, di omosessuali e di zingari.
La storia ufficiale si è occupata poco delle sofferenze di questi ultimi,
probabilmente perché non ha trovato tra di loro chi avesse sufficiente voce e
volontà di grido.
Il teatro, come a volte succede, corre in soccorso dei meno potenti, ed è questo
il motivo de la farfala sucullo.
La storia Durante un rastrellamento in un campo di nomadi un ragazzo zingaro viene
salvato dalla madre che lo affida a un medico nazista, mettendolo al suo
servizio e prospettando al medico la possibilità di fare su di lui – zoppo –
esperimenti che gli consentano la notorietà. Il medico lo porta con sé, di là
della rete di un lager in cui sono racchiusi migliaia di ebrei.
Il ragazzo ha la capacità di fare racconti in grado di affascinare chiunque.
Perseguitati e aguzzini vengono richiamati intorno alle sue narrazioni con la
stessa intensità, in una sorta di sospensione del tempo.
Tra gli ebrei c’è un bambino che fungerà da tramite tra lo zingaro e Miriam,
anch’essa internata, di cui lo zingaro si innamorerà e di cui cercherà la
salvezza con ostinazione e pervicacia.
Il ragazzo si divincolerà dal sentimento di gratitudine verso il medico, che lo
ha risparmiato dalla morte ma la diffonde a piene mani intorno a sé, e alla
fine...
Il metodo In scena due narratori che con il contributo di canzoni originali
alterneranno parola e musica. Impersoneranno due zingari che al suono della
fisarmonica cercano elemosina, con ironia e imprevedibilità. Davanti a un
pubblico riottoso giocheranno la sfida di raccontarsi in cambio di una moneta,
disvelando “i segreti del mestiere” e le peripezie di una dinastia che ha come
segno distintivo un grosso neo a forma di farfalla, simbolo di una libertà che
non vogliono cedere.
Con: Giuseppe Adduci, Giambattista Galli
Testo e regia: Giuseppe Adduci
Canzoni: Giuseppe Adduci, Giambattista Galli. Arr. Sulutumana
L' associazione culturale Thèm Romanò organizza, nell'ambito della stagione
teatrale 2008-2009 del Comune di Lanciano, in collaborazione con l'
Istituzione Deputazione Teatrale a partire dalle ore 21.30 di sabato 15
novembre a Lanciano presso il Teatro Fedele Fenaroli la quindicesima edizione
del...
L'attore-autore ha lavorato 5 anni al libro 'Non chiamarmi zingaro'. Indagine
e incontro con un mondo tenuto ai margini. Al Ducale il 13 novembre - di
Laura
Santini GENOVA, 08 NOVEMBRE 2008
"Ho cercato un po' nelle librerie, poi trovando poco o niente ho deciso di
mettermi in viaggio", spiega Pino Petruzzelli, attore e drammaturgo ma
anche direttore artistico del Centro Teatro Ipotesi, raccontando di un
pellegrinaggio non solo verso l'Est europeo ma anche in Svizzera e Francia
per capire e far capire chi sono quelli che noi chiamiamo zingari, ma che più
correttamente si dovrebbero indicare come
Rom e Sinti,
popoli nomadi secolarmente vittime di persecuzioni: "per capire una realtà
che mi sembra sconosciuta o meglio disconosciuta".
Del libro che ne è emerso, Non chiamarmi zingaro, uscito a giugno
per la casa editrice Chiarelettere, si parlerà giovedì 13 novembre
in un incontro a Palazzo Ducale (Sala del Minor Consiglio, ore 17), dove
interverranno Luca Borzani, la comunità di Sant'Egidio (che organizza
l'appuntamento) e alcuni Rom e Sinti. Quindi anche loro prenderanno la
parola? "Non credo - continua Petruzzelli - preferiscono non parlare
per paura di essere messi in mezzo". Una paura che si rivolge all'interno
verso altri della loro comunità o all'esterno verso la società? "L'esterno
ovviamente, anche perché basta dire di essere zingari che tutti i rapporti di
lavoro o di altro tipo cadono e rientrano nell'ambito del sospetto. Per molti di
loro, già inseriti nella società - che studiano, lavorano, hanno una casa in
affitto - sarebbe gravissimo esporsi, proprio perché inseriti benissimo tra noi
senza aver rivelato le loro origini. E spesso i più integrati sono quelli più
legati alle loro tradizioni e che parlano meglio la loro lingua, il romanes o
romané - con radici sanscrite e trasversale a Rom e Sinti".
Pino Petruzzelli si dice di parte, dichiaratamente di parte: "felice di
esserlo e di restarlo", ma dalle sue parole emerge soprattutto l'incredulità, la
sorpresa non certo verso quello che ha scoperto e capito ma verso quello che
molti di noi ancora non si domandano e non comprendono. Chi sono e come
vivono? Qui e altrove? "I campi nomadi sono una realtà tutta italiana,
'soluzione' drammatica e inaccettabile che colloca queste comunità ai margini
della città e della società magari vicino a discariche o in roulotte desuete e
strasfruttate eredità del terremoto in Irpinia, altro che antiquariato. Fa
eccezione l'Abruzzo dove vivono con/dentro la società, mescolati agli altri
in abitazioni normali". Anche qui la storia era partita dai campi nomadi, scelti
solo come soluzione temporanea e poi abbandonati per dare a queste persone la
possibilità di vivere in vere e proprie case i cosiddetti "campi verticali, non
baracche, ma edifici, come accade per altro in tutta Europa".
Possiamo una volta per tutte affrontare la storia che circola di bocca in bocca
da tempi immemori ("le comunità Rom e Sinti sono in Italia dal 1400") secondo la
quale loro vivono nei campi nomadi per scelta perché non vogliono integrarsi,
perché nella loro cultura il lavoro non è un valore, anzi lo sarebbe il suo
contrario, e che non sono puliti e che rubano i bambini, e che e che... Puoi
finalmente dirci perché più che una storiella è una bugia dalla gambe lunghe che
fa passi grandi per nutrire a piene mani l'incalzante e comoda ignoranza, ma che
non si può, come sempre, fare di tutta l'erba un solo fascio?
"Tendiamo a vedere solo quelli che stanno per strada, ma Rom e Sinti,
come dicevo, in altri stati europei e anche in Abruzzo, convivono nella
società e tra loro ci sono laureati e gente che lavora come noi in vari ambiti.
Persino a Genova c'è un ragazzo che installa sistemi di sicurezza nelle banche.
Sì, un Rom che mette in sicurezza i nostri soldi, da non credere eppure è
vero e per anni ha lavorato tornando poi la sera al campo nomadi, appunto".
Parlando di cultura e tradizioni, Petruzzelli spiega alcune differenze
importanti su cui nessuno mai o troppo pochi troppo raramente si sono
soffermati. "L'eredità che per noi è un fatto naturale, cioè quando i
nostri cari muoiono lasciano a figli e congiunti i loro averi; per loro è una
pratica inconcepibile, perché hanno una visione molto diversa di ciò che
è puro e di ciò che è impuro. Trarre profitto è impuro e quindi tutti i beni
vanno seppelliti con chi muore. La droga è qualcosa di impuro e non va
neanche toccata, tantomeno consumata. È ovvio poi che, essendo in contatto con
la nostra società, in alcuni campi nomadi il fenomeno droga ha creato disastri
come per esempio a Firenze". E qui Petruzzelli apre un'ampia parentesi
ricordando che i campi nomadi italiani nascono come 'soluzione' temporanea e di
emergenza, pensati per un numero specifico di famiglie e per un arco di tempo
definito. "Ma poi restano in piedi per 20 anni o più e delle dieci famiglie
originali ce ne vivono 60 perché nel frattempo i giovani si sono sposati e
hanno fatti figli, insomma le comunità sono cresciute, ma lo spazio è diventato
totalmente inadeguato (vedi legge regionale ligure per cui il campo di Bolzaneto
dovrebbe garantire 100mq a famiglia". I lavori principali per tradizione sono
quelli che ci immaginiamo legati all'artigianato - ovviamente poco
praticabili nel nostro contemporaneo - all'allevamento di cavalli, alle
attività circensi, alle giostre "e non è facile per molti riciclarsi".
E a proposito degli zingari che rubano i bambini? "Ti ringrazio per
questa domanda, perché proprio uno studio dell'Università di Verona ha
verificato che negli ultimi vent'anni non un solo Rom o Sinto, facendo
un'indagine in tutte le procure d'Italia, è stato condannato per questo reato.
Voglio invece ricordare che in Svizzera (fino al '72) si rapivano i bimbi Rom e
Sinti per strapparli alla loro cultura in un progetto di azzeramento di quelle
culture con danni gravissimi sui bambini e le famiglie ovviamente".
A proposito delle donne e della loro emancipazione, mi sa che occorre
fare un passo indietro, o no? "Certo, c'è un maschilismo molto forte,
però anche in questo caso bisogna approfondire. Perché se superficialmente
all'interno della famiglia la donna serve a tavola, è anche vero che ha un forte
ruolo di leader interno ed esterno per cui l'uomo esegue quello che lei ha
deciso. E poi la portavoce italiana è una donna Sinta. Mentre se passiamo al
matrimonio, è l'amore a vincere: se due ragazzini consenzienti scappano
insieme, sta poi al Kris - tribunale degli anziani - far smuovere le
famiglie che magari avevano combinato diversamente, per organizzare subito il
matrimonio nel nome appunto dell'amore".
Dillo come sai
Intanto il lavoro di Pino Petruzzelli è tornato a rivolgersi al teatro,
dove però ha fatto tesoro dell'esperienza recente e ha costruito il progetto Dillo come sai (in collaborazione con la comunità di Sant'Egidio, il
consorzio Agorà e il supporto dell'assessore regionale Massimiliano Costa) un
corso di formazione professionale per Rom e Sinti genovesi per formare
una compagnia teatrale in tutte le sue componenti: attori/trici, cantanti,
ma anche ufficio stampa, organizzazione. «Non vuole essere una ghettizzazione,
ma dargli l'opportunità di creare in autonomia una compagnia e partire quindi
con un rapporto di parità: pari mezzi, pari accesso». Sono nove in tutto le
persone selezionate, di età molto diverse dai 15 ai 42 anni, uomini e donne
avvisati tramite volantini e manifesti nei campi nomadi. C'è Marianna,
virtuosa di fisarmonica, lo stesso maestro Gianluca Campi è rimasto colpito dal
talento; Jan, anche lui alla fisarmonica; Carlotta e Sergio che
recitano e fanno danza, seguita anche da Isetta e Ismeta; poi
Ismet segue il corso da organizzatore teatrale. E il Teatro Stabile e
l'Archivolto hanno regalato a tutta la compagnia l'ingresso ai teatri per
tutta la stagione, in serate a loro scelta.
Il ragazzo rom Misha Puntov rappresenterà la Russia a Children Eurovision il
22 novembre.
Ha 13 anni e in Russia si dice che abbia una voce angelica. Misha vive nel
villaggio di Nizhny Mamon vicino a Voronezh, è un bravo studente sia nella
scuola normale che in quella di musica. Suo padre guadagna da vivere col
commercio dei metalli.
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