Di Fabrizio (del 29/07/2011 @ 09:43:09, in conflitti, visitato 1958 volte)
Un incendio doloso accaduto lunedì scorso, su cui sono ancora in corso le
indagini. Di seguito in ordine cronologico quello che sono riuscito a trovare in
rete.
25-07-2011 -
In Germania dato fuoco ad un condominio abitato da gitani
Abbiamo appena letto la notizia dall'agenzia EFE e ci ha invaso un sussulto di
orrore e preoccupazione. Ancora non si riesce a darsi ragione di quello che è
successo ad Oslo, che altri teppisti razzisti e codardi hanno dato fuoco ad un
intero edificio abitato da famiglie rom. L'agenzia stampa ha pubblicato la
notizia, affermando che un condominio abitato da famiglie rom è bruciato la
notte scorsa nella città di Leverkusen, sul fiume Reno a metà strada tra Düsseldorf e Colonia. Leverkusen è famosa anche per la sua squadra di
calcio Bayer-Leverkusen. La polizia non ha esitato ad affermare che la matrice
sarebbe razzista e xenofoba.
I poveri abitanti dell'edificio sono riusciti per tempo a mettersi in salvo,
però lo stabile è bruciato completamente e le fiamme hanno colpito anche gli
edifici vicini. Al momento non si conoscono ancora quante persone c'erano
all'interno quando scoppiò l'incendio. Grazie all'intervento dei pompieri si è
impedito che il fuoco si propagasse alle case vicine, che sono state coinvolte
solo superficialmente.
I testimoni riferiscono di aver visto almeno quattro persone che, dopo aver
lanciato ordigni incendiari, sono fuggiti su due auto. I sospetti erano vestiti
di nero e con la testa rasata, sempre secondo quanto riferito dai testimoni alla
polizia locale. La polizia sta indagando negli ambienti di destra estrema, e non
esclude il coinvolgimento di altri gruppi nazisti e violenti.
La Unión Romani ha preso contatti con i principali leader ed associazioni gitane
tedesche, nonché con i responsabili del FORUM EUROPEO DEI GITANI, che ha sede al
Consiglio d'Europa a Strasburgo, offrendosi di lavorare congiuntamente, se
necessario. Inoltre si è rivolta all'Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa, perché si facciano più pressioni possibili per un rapido
arresto dei criminali piromani e si prendano misure per porre freno all'ondata
di attentati razzisti che ultimamente stiamo patendo.
Uniamo il nostro dolore a quello dei familiari dei giovani vilmente assassinati
in Norvegia.Oggi, tristemente, ci sentiamo uniti nel dolore perché la bestia
razzista non conosce limiti umani né frontiere territoriali.
MANUEL GARCIA RONDON Secretario General de Unión Romani
UNION ROMANI Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
Fax. +34 934127040
E-mail: u-romani@pangea.org
URL: http://www.unionromani.org
Colonia - La polizia comunica che si è verificato un incendio doloso lunedì
mattina, in un appartamento vicino a Colonia abitato da famiglie rom e sinte.
"Non possiamo escludere un retroterra di estrema destra," ha detto un
portavoce della polizia.
Sconosciuti hanno gettato ordigni esplosivi in un appartamento al piano terra
nella città di Leverkusen. Secondo la polizia gli occupanti sono riusciti a
scappare illesi.
I testimoni parlano di quattro attentatori che sono fuggiti a bordo di una
macchina e di un minibus.
L'appartamento è stato distrutto dalle fiamme, ma i pompieri sono riusciti ad
impedirne la propagazione al resto dell'edificio.
Le indagini della polizia su un incendio doloso di un appartamento che
ospitava famiglie rom e sinte a Leverkusen continueranno martedì mattina per
dimostrare la possibilità che ci siano i neonazisti dietro questo attacco.
26/07/2011 - La polizia ed i pubblici ministeri della vicina Colonia nel Nord
Reno-Westfalia stanno indagando sui moventi xenofobi dell'attacco, durante il
quale nove persone hanno dovuto fuggire da un appartamento al piano terra, dopo
che gli assalitori hanno lanciato diverse molotov attraverso le finestre, alle
12.25 circa di lunedì.
Tutti i nove occupanti dell'appartamento sono scappati illesi, ma
l'appartamento è bruciato totalmente e solo l'intervento dei vigili del fuoco ha
fermato le fiamme dal distruggere il resto dell'edificio.
L'attacco è avvenuto nell'atmosfera tesa che circonda la violenza di estrema
destra seguita al massacro di almeno 76 persone venerdì scorso, da parte di un
nazionalista norvegese.
La polizia riferisce che i testimoni hanno visto due giovani vestiti di nero
fuggire dalla scena su una Volkwagen scura, probabilmente una Golf o una Polo,
con la targa della città di Neuss (Nord Reno-Westfalia). Bild riporta che
si sospetta fossero teste rasate.
Un portavoce della polizia ha confermato a martedì mattina a The Local che
gli inquirenti continuano a sondare la possibilità che dietro l'attacco ci siano
gli estremisti di destra, anche se le indagini proseguono in tutte le direzioni.
Sul caso stanno indagando ventuno ufficiali della polizia di Colonia, inclusi
membri della squadra per gli incendi dolosi.
Lettera aperta di
Paul Polanskyin risposta alla dichiarazione dell'ambasciatore Ian Kelly,
Missione USA c/o l'OCSE, riguardo al genocidio dei Rom [...] (QUI
la dichiarazione in inglese dell'ambasciatore, ndr)
31 luglio 2011, Spettabile Ambasciatore Kelly,
Mi congratulo per i suoi sforzi di portare l'attenzione sulla difficile
situazione degli zingari europei (Rom, Sinti, Kalè, Sinkali, Askali ed Egizi)
nel suo discorso commemorativo al Consiglio OCSE di Vienna lo scorso 28
luglio. Non dovrà mai essere dimenticato cosa accadde ai 2.897 Rom e Sinti
quella notte tra il 2 e il 3 agosto ad Auschwitz, e sempre dovrà essere
commemorato.
Tuttavia, enfatizzare cosa accadde agli zingari europei durante la II guerra
mondiale, come lei ha fatto durante il suo discorso, distrae dall'attuale
situazione. Nella maggior parte dell'Europa durante la II guerra mondiale gli
zingari non vennero sistematicamente messi all'indice come gli Ebrei (almeno,
non sul campo), per quanto non ci siano dubbi che la maggior parte degli zingari
soffrì aspre persecuzioni.
Così ho raccolto, filmato e pubblicato molte storie orali dai sopravvissuti
zingari della II guerra mondiale, che altri studiosi hanno messo insieme. Dalle
registrazioni dei censimenti prima e dopo della guerra, e soprattutto dalle
testimonianze dei sopravvissuti, risulta che il 90% degli zingari europei scampò
alla II guerra mondiale.
Ovviamente, lei non è il solo a dichiarare che centinaia di migliaia di
zingari furono liquidati durante la II guerra mondiale. Uno studioso romanì ha
addirittura pubblicato che oltre 3.000.000 di Rom (sic) furono uccisi tra il
1939 e il 1945. Censimenti, registrazioni locali e della polizia dimostrano che
non c'erano così tanti zingari in Europa prima della guerra. E la demografia
dimostra che non potrebbero esserci oggi in Europa tra i 10 e i 12 milioni di
zingari, se centinaia di migliaia fossero stati liquidati come lei ed altre
persone uniformate (ma in buona fede) suggerite.
Ho intervistati sopravvissuti zingari alla II guerra mondiale in 17 paesi,
inclusi sopravvissuti ad Auschwitz, Jasenovac, Lety, e tutti i campi di
concentramento nei Balcani. Non ci sono dubbi che alcune comunità zingare,
specialmente nell'Europa orientale, furono completamente sterminate (soprattutto
dai fascisti locali le cui comunità continuano oggi ad impegnarsi in attacchi
razzisti). Ma la maggior parte degli zingari sopravvisse alla II guerra
mondiale, mentre nessuno dei loro vicini ebrei ritornò.
Per esempio, prima della II guerra mondiale la città di Bitola aveva le più
grandi comunità ebree e zingare della Macedonia. Durante la guerra tutti gli
ebrei vennero uccisi, mentre nessuno zingaro perse la sua vita per mano degli
occupanti.
A Nish, Serbia, dove i tedeschi costruirono il loro primo campo di
concentramento nei Balcani, tutti gli ebrei eccetto uno vennero ammazzati
durante la guerra. Dopo la guerra, c'erano ancora circa 4.500 zingari su di una
popolazione pre-bellica di circa 5.000.
Ciò che successe a Nish è tipico di cosa accadde in tutta l'Europa orientale
(eccetto alcune tragiche eccezioni). Ai giovani idonei al lavoro venne chiesto
di lavorare volontariamente nelle fabbriche in Germania, quanti rifiutarono
vennero in seguito trasportati nei campi di lavoro forzato, dove molti
sopravvissero alla guerra. I più anziani, considerati non abili al lavoro,
vennero trattenuti come ostaggi (assieme ai locali serbi), e fucilati 100 alla
volta quando un soldato tedesco veniva ucciso dalla resistenza del posto. Dato
che nei quartieri zingari erano rimasti pochi uomini adulti, i soldati tedeschi
ubriachi spesso vi si avventuravano di notte in cerca di donne da violentare. Le
storie su come le donne zingare salvarono se stesse e protessero le loro figlie,
rivelano come le comunità zingare sopravvissero contro ogni previsione.
Prima della guerra, specialmente nei Balcani, molte case di ebrei avevano
almeno una donna zingara che vi lavorava come domestica a tempo pieno. Molte
donne zingare si trovavano in case ebree quando i tedeschi vennero a
rastrellarli. Devo ancora sentire da qualche sopravvissuto che una donne delle
pulizie, una cuoca o una lavandaia zingare fossero state portate via assieme
alle loro famiglie ebree.
Gli studiosi che hanno seriamente indagato sull'"Olocausto zingaro" della II
guerra mondiale non riescono a provare oltre 125.000 morti. Naturalmente, le
cifre non significano niente di fronte alle tragedie e persecuzioni patite dagli
zingari.
Nelle mie interviste sulla storia orale, ho sempre chiesto ai sopravvissuti
quando avessero sofferto di più durante la loro vita: prima o dopo la guerra, o
sotto il comunismo? Quasi senza eccezione i sopravvissuti alla II guerra
mondiale hanno dichiarato che il peggior periodo della loro vita è adesso. E che
con ciò non intendono solo per loro, ma anche per figli e nipoti.
Questa è la vera tragedia. Dopo 66 anni la più grande minoranza europea si
sente ancora perseguitata con poche speranze di un futuro migliore.
Ambasciatore Kelly, è molto ironico (almeno per me) che lei abbia dato il suo
discorso commemorativo davanti all'OCSE, che così spesso ha chiuso gli occhi
sulle sofferenze degli zingari nell'Europa dell'est. All'OCSE piace far
rimbombare dai tamburi della propaganda, che loro stanno insegnando tolleranza e
cittadinanza agli zingari (si suppone per salvarli dalla loro situazione) e
stanno tenendo conferenze su di loro. Ma in verità, spesso l'OCSE demonizza gli
zingari (almeno in Kosovo).
Non è un caso che il nuovo segretario generale dell'OCSE, Lamberto Zannier,
ex governatore ONU del Kosovo (vedi
QUI, ndr) rifiutò di ascoltare gli appelli dall'OMS, Human Rights Watch
ed innumerevoli altre organizzazioni internazionali di evacuare e curare
immediatamente centinaia di Rom e Askali nei campi rom costruiti su terreni
contaminati, dove ogni bimbo nasceva con danni irreversibili al cervello? Anche
se la stampa (BBC compresa) riportava che questi bambini Rom/Askali avevano i
più alti livelli di piombo nella storia della letteratura medica, Zannier ancora
rifiutò di evacuare, per quanto ci fossero precedenti in Kosovo quando l'ONU
rimosse forzatamente Albanesi e Serbi dalle loro case, visto che si supponeva
che le loro vite fossero a rischio a causa di circostanze pericolose.
Dal 1999 sino ad oggi, l'OCSE in Kosovo ha rimproverato agli zingari di
essere colpevoli per la loro situazione, nonostante l'evidenza del contrario.
Thomas Hammarberg, commissario del consiglio d'Europa per i Diritti Umani, ha
pubblicamente dichiarato che quella dei Rom e gli Askali del Kosovo nei campi a
Mitrovica nord, è stata la peggior tragedia dei diritti umani in Europa
dell'ultimo decennio. L'OCSE pubblicamente è rimasta in silenzio su questa
tragedia. In privato, continuano a rimproverare i Rom della loro tragedia.
Come ambasciatore americano presso l'OCSE, spero che sarà parte della sua
missione instillare in quell'organizzazione il rispetto per i diritti umani, che
tutti gli americano hanno tanto caro. E che lei farà in modo che l'OCSE ed il
mondo sappiano cosa sta succedendo alla più grande minoranza d'Europa, invece di
nascondere le loro sofferenze e persecuzioni con la nebbia della II guerra
mondiale.
I ghetti cechi a rischio di disordini come in Inghilterra?
Praga, 13.8.2011 16:57, iDNES.cz, translated by Gwendolyn Albert
iDNES.cz riporta che mentre alcuni esperti o parti interessate ritengono che
violenze simili a quelle che ora affliggono le città in Inghilterra potrebbero
verificarsi nella Repubblica Ceca, altri non vedono la situazione così
disastrosa. "Qualcosa di simile potrebbe avvenire nella Repubblica Ceca. Qui la
situazione è di preoccupazione, paura e tensione. E' solo una questione di tempo
prima che esploda," dice Ivan Veselý, attivista romanì dell'associazione Dženo.
Secondo lui, violenze simili potrebbero essere innescate tanto dall'impatto
delle riforme governative che da attacchi a sfondo razziale.
Jitka Gjuričová, direttrice del dipartimento di prevenzione del crimine
presso il Ministero degli Interni, non esclude la possibilità di disordini.
Dice: "Se lo stato non sviluppa un intervento davvero massiccio per far uscire
la gente dalle località socialmente escluse e dar loro la possibilità di unirsi
alla società civile, allora potrebbe accadere."
Il sociologo Ivan Gabal, che ha guidato il team di ricercatori che cinque
anni fa mappò i ghetti, ammonisce che l'esclusione sociale nella repubblica Ceca
si sta intensificando e viene trasferita da generazione in generazione. Se lo
stato riducesse troppo severamente la rete di sicurezza sociale, potrebbe
esacerbare la situazione. Tuttavia, secondo lui è difficile prevedere rivolte.
Marie Gailová, direttrice dell'associazione Romodrom - che aiuta chi abita
nei ghetti, considera la riduzione del welfare un potenziale detonatore di
violenza. Dice: "Non credo che qui ci saranno eventi simili in larga scala, ma
se le donne non riuscissero a sfamare le loro famiglie, potrebbe succedere. Una
volta che la gente è messa in un angolo senza niente, sono gettati
nell'aggressività e nella depressione. Naturalmente, è anche colpa loro, ma
hanno bisogno d'aiuto."
Gailová considera un enorme problema che ora in località isolate una
generazione stia crescendo senza sapere cosa voglia dire un lavoro.
"Specialmente nei grandi ghetti della Boemia settentrionale e della Moravia,
osserviamo la prima generazione di ragazzi e ragazze che sono cresciuti in un
ambiente dove non hanno mai visto nessuno mantenere un lavoro," concorda Gabal.
Secondo lui, i politici hanno voltato le spalle a questi problemi.
D'altra parte, Monika Šimůnková, commissario del governo per i diritti
umani, non ritiene che lo scenario britannico possa ripetersi a breve nel paese,
o comunque non nella stessa misura. Dice: "Nondimeno, purtroppo è vero che molti
dei presupposti per la violenza che si sono incontrati in Bretagna, ci sono
anche in alcune località ceche socialmente escluse."
L'agenzia governativa per l'inclusione sociale nelle località rom, di cui
Šimůnková è responsabile, sta aiutando persone in 26 quartieri impoveriti
del paese, attraverso l'istruzione, l'impiego e l'alloggio. Tuttavia, il
commissario avverte che i problemi accumulatisi nel corso dei decenni, non si
possono risolvere dall'oggi al domani.
Jan Černý, direttore del programma d'integrazione sociale Gente nel
Bisogno, non prevede il verificarsi di violenze. "Basterebbero pochi eccessi e
l'alveare inizierebbe a ronzare, ma non credo che le api pungeranno qualcuno,"
dice. Tuttavia, aggiunge che la minoranza romanì è connesso tramite un forte
sentimento di mutua solidarietà, e che i membri della comunità sono molto
sensibili ad ogni ingiustizia, anche se accadesse dall'altro capo del paese.
Di Fabrizio (del 05/09/2011 @ 09:00:32, in conflitti, visitato 1536 volte)
Premessa: negli anni recenti la Repubblica Ceca ha visto una
crescita notevole di violenze, incendi, attentati rivolti contro la minoranza
rom, raccontate in diversi articoli su Mahalla. A fine agosto nella città di
Rumburk (11.000 abitanti), circa 18-20 Rom hanno attaccato altri 6 cittadini
cechi seduti ad un pub; tuttora si sta indagando se il motivo sia stato di
rivalsa razziale o semplicemente gli assalitori fossero ubriachi o teppisti. Con
una celerità che non si era vista nei precedenti assalti a sfondo razziale
contro la minoranza rom,
alcuni partiti, supportati da frange delle teste rasate, hanno convocato
nella cittadina una manifestazione di protesta venerdì 26 agosto. Ecco due cronache della
giornata, raccolte da
Czech_Roma.
Lunghetto, leggete il tutto con calma, anche a puntate.
29.8.2011 17:19 Commento: cittadini ordinari a Rumburk volevano una Notte dei
Cristalli -
Ivan Motýl, translated by Gwendolyn Albert Le opinioni pubblicate nella sezione Commenti non riflettono necessariamente
il punto di vista o le opinioni dei giornalisti del server news Romea.cz o
dell'associazione civica ROMEA
Il vergognoso fallimento della cosiddetta [manifestazione dei] cittadini
pacifici a cui ho assistito venerdì a Rumburk, è stato agghiacciante. E' con
incontri simili che nel 1938 dev'essere iniziata la Notte dei Cristalli.
Probabilmente così ebbe luogo il massacro degli Ebrei nella cittadina polacca di Jedwabne
nel 1941.
Durante la manifestazione di venerdì a Rumburk, ho osservato un uomo che
teneva per mano suo figlio, che probabilmente aveva soltanto 11 anni. Ho visto
una madre con una carrozzina, ragazzi della scuola locale, ragazzine truccate,
pensionati, un meccanico, membri del consigli cittadino ed imprenditori. In
breve, i cosiddetti cittadini "comuni" della città. C'erano in piazza almeno
1.200 persone ad ascoltare il sindaco Jaroslav
Sykáčeked il deputato Jaroslav Foldyn (entrambi eletti tra i
socialdemocratici cechi -vedi
QUI ndr-).
"Non nascondiamo la testa nella sabbia, vogliamo che le leggi cambino,"
diceva Foldyna alla folla. "Vogliamo regolare l'afflusso degli inadattabili e
avere la possibilità di vietare loro la residenza," diceva Sykáček.
"Mandiamo via gli zingari e ci sarà pace," concordavano i cittadini.
Poi le cose sono diventate anche peggiori. I socialdemocratici hanno dato il
microfono a
Josef Mašín, leader di una sedicente cellula locale dell'estremista "Resistenza
Civica" (Občanský odpor). Anche se il sindaco aveva proibito la
manifestazione anti-Rom organizzata inizialmente da Mašín, alla fine l'ha
invitato sul podio. Mašín ha dato una dimostrazione di discorso xenofobo in cui,
tra l'altro, ha chiamato i cittadini ad "agire il prima possibile" per mandar
via gli "inadattabili" da Rumburk. Qualcun altro ha detto che era un peccato che
la folla non fosse venuta armata di forconi.
Dopo il discorso di Mašín, la folla di gente "normale" si è trasformata in
una squadra di vigilantes, pronta a partire con un corteo attraverso la città,
durato quasi tre ore. "Dove siete, porci neri?" urlavano i più coraggiosi, di
fronte alle finestre degli appartamenti dei Rom nel quartiere vicino alla
piazza. Erano quelle parole sufficienti alla polizia per fermare la marcia e
disperderla. Non l'hanno fatto e le forze della "giustizia di strada" hanno
proseguito un'altra casa romanì, stavolta quella dei genitori di uno fra coloro
che avevano partecipato all'assalto commesso da un gruppo di Rom contro altri
Cechi, domenica 21 agosto presso la discoteca "Modrá
hvězda".
"Venite fuori!" urlava la folla. Qualcuno ha gettato una tavola attraverso la
finestra, dal recinto che era stato appena demolito dai "pacifici cittadini".
L'edificio era sorvegliato da un cordone di poliziotti antisommossa, e qui
l'eccitazione ha raggiunto il culmine. "State proteggendoli. Amici dei neri,"
commentava disgustato un piccolo gruppo di quindicenni sulla presenza della
polizia. Avevano deciso di movimentare un noioso giorno di vacanza in piscina,
partecipando alla marcia. "Mamma, non ti preoccupare, va tutto bene," diceva un
altro ragazzo al cellulare, assicurandola che l'azione stava avendo successo.
Se la polizia non avesse protetto la casa, come minimo la massa fanatica ne
avrebbe rotto tutte le finestre. In quel momento, come ex insegnante di storia,
ho pensato alla Notte dei Cristalli, novembre 1938, quando la folla da ordinata
passò a saccheggiare e bruciare le sinagoghe ebree (a proposito, allora
distrussero anche la sala di preghiera di Rumburk). Si trattò di manipolare
adeguatamente la folla e mostrarle chi fosse il nemico, che succhiava soldi e
lavoro degli onesti cittadini. Il deputato Foldyna ha anche convinto le proprie
pecore sulla piazza di Rumburk che come a Šluknov (vedi
QUI testo in inglese - ndr) nessuno potesse vivere con i Rom o con gente
"senza soldi ed istruzione".
Anche se fortunatamente il pogrom non è stato completato a Rumburk, mentre
guardavo quella casa circondata pensavo al libro di Jan Tomasz Gross, "Vicini".
Suggestivamente la pubblicazione descrive come i residenti polacchi della
piccola città di
Jedwabne organizzarono nel 1941 una "battuta di caccia" contro i loro vicini
ebrei, uccidendone 340 e dando loro fuoco. "Persone assolutamente normali
condussero l'attacco - posatori di tubi, sarti, contadini, il sindaco, tutti,"
scrive Gross. I soldati tedeschi osservarono il massacro con sorpresa.
Quattro giorni dopo, cosa penseranno ora tutti quei ragazzi e ragazze, mamme
e papà normali che venerdì circondavano la casa dei "nemici di Rumburk"? Provano
almeno un po' di vergogna? O hanno la sensazione di aver finalmente trovato la
corretta soluzione per affrontare i loro vicini rom? Ho paura che in una città
dove indirettamente il sindaco chiama ad una nuova Notte dei Cristalli, saranno
in pochi a rimpiangere ciò che hanno fatto.
29.8.2011 16:24 Patrik Banga da Rumburk - translated by Gwendolyn Albert (Patrik Banga è un giornalista ceco di etnia rom. Collabora stabilmente con
Romea.cz e con iDNES.cz - ndr)
"Non preoccupatevi, andrà tutto bene," dicevo ai miei colleghi prendendo il tram a
Praga venerdì scorso. Più tardi, ripetei la stessa cosa al corrispondente Radek Horváth
quando lo caricai a Děčín.
Alle 10.30 di venerdì eravamo seduti in un ristorante alla periferia di
Rumburk. Horváth e io dovevamo incontrare altre persone interessate al programma
del raduno per quel pomeriggio. Robert Ferenc dell'associazione Čačipen
si presentò e ci avviammo.
"Andate a riprendere da qualche altra parte, qui non voglio problemi!" ci
disse una Romnì, mandandoci via mentre altri Rom guardavano con curiosità dalle
finestre. Aveva ovviamente paura, lamentandosi per la nostra presenza, gridando
mentre cercava di tenerci il più lontano possibile da dove viveva la sua
famiglia. Compresi la sua paura. In città si rincorrevano le voci che centinaia
di nazisti stessero arrivando lì dalla Germania.
Attorno all'ora di pranzo, tutto era ancora tranquillo. La città non sembrava
stesse preparandosi ad una manifestazione. Tutto ciò che notammo fu un gran
numero di poliziotti per strada, ma potevano essere lì in conseguenza dei
violenti disordini accaduti solo qualche giorno prima, e non un segno degli
eventi a venire. Decidemmo di parlare con i locali sulla situazione.
Provammo a chiedere loro dettagli sull'omicidio avvenuto qualche giorno
prima, ed anche sui responsabili dei disordini di domenica scorsa. Raccogliemmo
solo pezzetti di informazione. Nessuno voleva parlare.
Ci spostammo poi a Nový Bor [in una sala da gioco dove aveva avuto luogo un
assalto a colpi di machete] per studiare gli sviluppi in loco. Per strada non
abbiamo notato pattuglie di polizia, solo qualche loro camionetta diretta a
Rumburk.
A Nový Bor si respirava la stessa atmosfera di tensione di Rumburk. Ero
preparato ad una situazione come ai tempi di Radek ed ho filmato la nostra
trasmissione sui morosi d'affitto in sciopero della fame. Non avevamo molto
tempo, così abbiamo approfittato dell'ora di pranzo per parlare con i residenti
ed andare a trovare Štefan Gorol [della locale associazione romanì]. A Nový Bor
rimaneva la medesima tensione. Tutti avevano qualcosa da dire, ma nessuno aveva
fatto niente contro gli assalitori e tutti erano d'accordo che dovessero essere
puniti.
Alle 15.30 circa stavamo tornando a Rumburk. In breve arrivammo. Nella piazza
cittadina non c'era ancora niente che indicasse che presto da lì sarebbe partito
un comizio. I pompieri stavano annaffiando lo spazio ed attorno c'erano solo
poche persone. I giornalisti erano riuniti lì vicino in una gelateria. Però
siamo riusciti a notare dei ragazzi il cui aspetto [da manifestanti di estrema
destra] ci ricordò di Krupka o Nový Bydžov [all'inizio di quest'anno]. Più
tardi, nella piazza venne montato un piccolo podio e solo verso le 17.00 la
gente cominciò ad arrivare. I giornalisti si spostarono verso il podio. Scattai
qualche foto, guardandomi attorno. C'erano sì un paio di ragazzini con la testa
rasata e la t-shirt "Everlast", ma la gente che si era radunata sembrava più
essere formata da cittadini insoddisfatti, che non da estremisti.
Il comizio iniziò col discorso del deputato Foldyna (Socialdemocratico - ČSSD).
La folla era molto fredda nei suoi confronti, tranne rare eccezioni. Il sindaco Sykáček (ČSSD)
venne fischiato ed i commenti nei suoi confronti non sono riferibili.
A quel punto un nerboruto ragazzo ha afferrato il microfono per presentare Josef Mašín.
Ha affermato due volte di non essere un estremista, raccogliendo con ciò tutto
l'appoggio possibile dagli estremisti presenti tra la folla. Il gruppo
Resistenza Civile (Občanský odpor)
a cui appartiene, aveva originariamente convocato la manifestazione, stesso
orario - stesso luogo, ma l'evento non aveva avuto il permesso da parte della
giunta cittadina, per il timore del comportamento degli estremisti legati al
gruppo. I socialdemocratici locali hanno risolto la questione ospitando loro
stessi l'evento, come si dice: hanno fatto la torta e se la sono pure mangiata.
Il discorso appassionato di Mašín ha ottenuto più applausi di tutti.
Qualche minuto dopo il comizio è terminato e la folla si è dispersa. Anche
noi siamo andati, ad inviare alcune foto e brevi messaggi in redazione. Poco
dopo, le cose sono cambiate nuovamente. Il nostro corrispondente che era rimasto
sulla scena ci ha chiamato, dicendoci che stava per partire un corteo.
Apparentemente la folla gridava che stava muovendosi contro gli "zingari".
Poco più tardi, siamo riusciti a raggiungere i dimostranti. Diverse centinaia
di persone stavano marciando attraverso la città, lanciando slogan razzisti.
Invano ho cercato traccia della polizia. Evidentemente, pensavano che una
squadra di tre in tenuta anti-conflitto fosse sufficiente per quella folla, che
ho stimato di 600-800 persone. Da nessuna parte, vigili o poliziotti
antisommossa.
La folla ha raggiunto l'edificio dove vivevano i presunti partecipanti alla
rissa, distruggendone la staccionata verso la strada. La polizia sulla scena
impediva alla folla di irrompere nell'appartamento, mentre il suo proprietario
assisteva alla scena. Comunque, gli inquilini non erano in casa. Avevano già
abbandonatola città, perché i loro vicini avevano minacciato di linciarli. Molti
di loro non avevano niente a che fare con la recente rissa.
Alla fine abbiamo girato dall'altra parte dell'edificio. La polizia aveva
bloccato gli accessi. Da distante, vedevamo la polizia antisommossa in azione,
così siamo corsi nella loro direzione per registrare cosa stesse accadendo. Era
in corso un intervento assolutamente banale: l'arresto di un manifestante che
non aveva obbedito alle istruzioni della polizia. Ho scattato una foto al
manifestante che si ribellava alla polizia. Tutto quel che so, è che in seguito
a ciò sono stato arrestato con i miei colleghi. Siamo poi stati rilasciati senza
nessuna spiegazione (vedi
QUI testo in inglese - ndr).
A quel punto ci è sembrato che i disordini per strada fossero terminati.
Siamo tornati in sala stampa dove c'era il portavoce della polizia.
Poco più tardi abbiamo appreso che la famiglia rom dell'appartamento
circondato, stava passando la notte a 14 km. da lì, presso dei parenti. Abbiamo
guidato sino lì, filmandoli ed intervistandoli per Romea.cz.
Gli organizzatori a Rumburk si sono lasciati sfuggire completamente di mano
la situazione. Quel che è successo, non può assolutamente definirsi una
"manifestazione pacifica". I dimostranti lanciavano slogan razzisti, all'unico
scopo di terrorizzare i residenti rom ed espellerli dalla città. Alla fine, come
sempre, quanti non hanno fatto niente di male sono coloro che hanno sofferto
maggiormente.
La scorsa notte un uomo che affermava di lavorare per Altek Security assieme
agli ufficiali giudiziari di
Constant & Co. nell'operazione volta allo sgombero di Dale Farm, ha contattato Richard
Sheridan, presidente del Gypsy Council, apparentemente per informazioni mancanti
sullo sgombero. Ha detto che lo sgombero sarebbe iniziato alle 8.00 di lunedì e
che il consiglio di Basildon aveva mentito sulla data di inizio. Questa
persona è stata riconosciuta dai Traveller sgomberati l'anno scorso a Hovefields,
che hanno confermato come avesse allora lavorato per
Constant & Co. Lui ha spronato i Traveller ad adoperare la violenza ed i
sostenitori a salire sulle barricate ed ad agire lanciandosi da queste
strutture. Ha suggerito di contattare i media nazionali con urgenza. I residenti
di Dale Farm hanno registrato l'incontro.
I residenti, già in allerta e profondamente segnati, sono corsi nel panico a
lanciare l'allarme. I bambini terrorizzati non sono stati in grado di prendere
sonno, e volevano sapere se sarebbero stati allontanati con la forza dalle loro
case e dalla scuola. Molte donne piangevano.
Sostenitori e residenti radunati assieme, hanno bloccato gli ingressi e
cercato di riportare la calma mentre la storia dell'uomo veniva smontata. Alle
8.30 non si era presentato nessun ufficiale giudiziario, nondimeno i residenti
hanno passato una notte di minaccia e paura.
Sembra che l'operazione di rimozione dei residenti da Dale Farm abbia
raggiunto un nuovo livello di doppiezza. Gli anziani, i malati e anche i bambini
stanno soffrendo molto.
Pare stiano arrivando le attrezzature per costruire una sala stampa adiacente
a Dale Farm. Ci sono preoccupazioni che l'accesso al sito venga controllato
dalla polizia. I residenti temono che il mancato accesso dei media incrementi
possibili incidenti, come si è verificato negli sgomberi passati a causa delle
brutalità di polizia ed ufficiali giudiziari, in mancanza di testimoni.
Aggiornamenti dalla rete dei solidali:
Il Gipsy Council raccomanda di mantenere la calma - non è stata ricevuta
alcuna comunicazione scritta sull'arrivo degli ufficiali giudiziari, ma ci
sono prove che qualcuno stia rimestando nel torbido. Verrete tenuti
informati, sconsigliamo da ora in avanti l'ingresso del sito a chiunque non
abbia seguito una formazione da osservatore legale o da attivista dei
diritti umani. Attualmente la fase attiva dello sgombero risulta ancora
programmata per lunedì 19 settembre, ma non si escludono operazioni
preparatorie durante questa settimana da parte della polizia e di
Constant & Co. nei dintorni del sito.
Il prossimo appuntamento importante è programmato per mercoledì 14
settembre, con una conferenza stampa congiunta tra Nazioni Unite e Gipsy
Council, durante la quale verrà presentata la
petizione contro lo sgombero e le firme raccolte.
Su richiesta dei residenti, i giornalisti e gli operatori radio-TV sono pregati di limitare le
loro visite negli orari 11.00-12.00 e 15.00-16.00, a meno di
appuntamento concordato in precedenza. Per appuntamenti, tel. 07583
761462
Ultima cosa, ma mi sembra importante anche questa, da Camp Costant
comunicano che ci sono le ciambelle
Di Fabrizio (del 20/09/2011 @ 03:32:44, in conflitti, visitato 3323 volte)
Scrivevo
alla fine del mese scorso, che la mia presenza al
BIG
WEEKEND nasceva sì dal voler portare solidarietà alla lunga lotta dei
Traveller inglesi e irlandesi, e pure dalla curiosità di conoscere persone con
cui corrispondevo da circa 10 anni, ma che c'era alla base un'esigenza più
pratica:
se c'era in giro un posto dove imparare "sul campo" qualcosa contro gli
sgomberi, era quello, con la presenza di Traveller e attivisti che resistono
da decenni, e di un comitato di solidali arrivati da tutta Europa. Non nel
solito convegno, ma tra l'erba e le kampine di un insediamento sperso nella
campagna inglese, a vivere, discutere, incontrare gli altri cittadini, bere e
mangiare assieme per 4 giorni, dove 400 Traveller erano a minaccia di sgombero.
In quei giorni, lottando col mio inglese arrugginito, ho seguito diversi
seminari ed incontri: tra gli altri mi ha interessato molto quello dedicato alla
figura dell'Osservatore Legale (Legal
Observer in inglese), quasi sconosciuta in Italia, ma attiva in Gran
Bretagna e, mi dicono, forse
anche in Spagna.
Si tratta praticamente di un gruppo di persone, addestrate e coordinate, il
cui scopo è raccogliere testimonianze di prima mano su quanto avvenga durante
uno sgombero (in questo caso), ma anche in occasione di manifestazioni o scontri
con le forze dell'ordine. Le informazioni raccolte vengono poi inviate ad un
"centro di collegamento legale", non per venire girate ai mezzi d'informazione,
ma per essere conservate ed adoperate nel caso di processi e strascichi legali.
Non so se la mia spiegazione sia stata chiara, ma chi fosse interessato
può capirne di più. Ho difatti riportato in Italia un documento: Legal
Observer Training Pack, che poi ho tradotto in italiano
con la dovuta calma. In sintesi si tratta di un testo pratico e preciso di facile comprensione ed attuazione. Senza nessuna
retorica: puro pragmatismo anglosassone, con molte ripetizioni ed attenzione
anche alle ovvietà. Un documento di studio e lavoro, insomma, non di analisi
o propaganda. Come anticipavo, l'Osservatore Legale non agisce da solo, e necessita di un lavoro organizzato di squadra, ma
il documento contiene
informazioni utili ed applicabili anche ai singoli. Credo comunque che il
testo
sia tratto da altri manuali su esperienze in città, ed adattato al caso di uno
sgombero di massa in un'area rurale come
Dale Farm. Al testo in italiano ho aggiunto poche note esplicative,
soprattutto su alcune differenze legislative e penali tra Gran Bretagna ed Italia, e
sui
diversi soggetti coinvolti.
Troverete tutto
QUI, è un PDF scaricabile di 10 pagine e 162 kb. Disponibili (in
caso di motivata richiesta,
scrivetemi e la valuterò) copie di lavoro in formato .doc e .odt,
per attivisti dei diritti umani e associazioni di protezione legale, che
volessero adattare il documento alle loro esigenze.
PS:
Proprio ieri, a Dale Farm polizia e ufficiali giudiziari hanno tentato lo
sgombero (leggete il post, ma anche il commento seguente con la cronaca e il
lieto fine!). Gli è andata malema torneranno... Prendetelo come
un piccolo omaggio ad una lunga lotta per i diritti DI TUTTI, e a quanti si sono
mobilitati da tutta Europa e dagli USA, chi fisicamente e chi facendo circolare
le informazioni.
PPS:Questo è il secondo "prodotto editoriale" della Mahalla. Il
primo fu la traduzione di
un volumetto, introvabile da noi, di Paul Polansky. Che in questi giorni
sarà nuovamente in Italia. Il 22 spero di avere le date definitive. Se contate
di partecipare ad uno dei suoi READING, vi consiglio caldamente di leggerlo.
Di Fabrizio (del 23/09/2011 @ 10:30:43, in conflitti, visitato 2374 volte)
Questo post verrà aggiornato (nel limite degli altri impegni) col susseguirsi
degli eventi di questo venerdì. Non assicuro di riuscire a seguire tutto, quindi
chi può mi dia una mano con le segnalazioni.
CRONACA (gli eventi, salvo diversamente indicato, vengono riportati
col fuso orario italiano) - ANTEFATTI
ore 17.45 circa Finora avevano parlato solo le donne traveller, finalmente
un maschio ha detto come la pensava, durante un'intervista a Sky. (da
Camp Costant Dale Farm) Intanto
tutto è tranquillo, Basildon per la seconda volta ha dovuto rimandare i suoi
propositi bellicosi. Si riprenderà lunedì a metà pomeriggio (ma non
sarò in grado di seguire gli eventi come oggi).La diretta finisce qua,
grazie a tutti per l'attenzione.
ore 16.30 circa Il giudice dice che qualsiasi ponteggio, tenda o
proprietà sul terreno non può essere rimossa. Quindi Camp Costant non può
essere mandato via (vedi QUI ndr) (da
Twitter)
ore 16.00 circa Ora tutto sembra calmo a Dale Farm: i bambini
giocano, il sole splende. Sembra l'inizio di un normale fine settimana. (da
Camp Costant Dale Farm) In
onda su News24 (da
Camp Costant Dale Farm)
ore 15.45 circa Dicono gli avvocati di Dale Farm che se l'oggetto
da rimuovere non è una roulotte, non può essere spostato senza il consenso
del suo proprietario (da
Twitter)
ore 15.30 circa Il tribunale ha stabilito che fu il
consiglio di Basildon a cementificare l'area di Dale Farm (VEDI
ndr), che di conseguenza non va più considerata Green Belt (fascia
verde di rispetto ndr.) (da
Twitter) Articolo
su
FRONTIEREnews.it (segnalazione di Francesca Barile)
ore 15.00 circa Tony Ball (leader conservatore ndr) dice
che le ruspe e gli altri macchinari sono già stati affittati (vedi
QUI ndr), e non possono ridarli indietro o
riottenere la somma versata (da
Twitter) Alla
faccia dei solidali di Camp Costant che perseverano con la cucina vegana
(niente male, comunque ndr), i residenti stanno organizzando una mega salsicciata di fronte all'ingresso di Dale Farm (da
Camp Costant Dale Farm)
ore 14.45 circa La BBC sta ora riprendendo le proteste dei
sostenitori di Tony Ball (da
Camp Costant Dale Farm) La
seduta è stata sospesa per il pranzo (da
Gipsy Council) (così mi preparo un caffè ndr)
ore 14.30 circa BEN FATTO PER TUTTI QUANTI SONO COINVOLTI
(E VI INVITO A COMPRARE UNA PINTA PER IL GIUDICE). Non è ancora finita, ma
oggi di sicuro si sono fatti dei passi in avanti (da
Camp Costant Dale Farm)
ore 14.15 circa Il giudice dice che occorreranno giorni e non
settimane per pronunciarsi sul caso. Basildon ha ammesso che
non esistono piazzole legali a sufficienza per i residenti di Dale Farm,
come affermato anche da quei parlamentari che richiedono soluzioni
alternative. Tony Ball è seduto di fronte a
me, la testa fra le mani; Nora, una residente alla mia sinistra, agita e
bacia il suo rosario per la gioia (da
Twitter)
ore 14.00 circa Corre voce che il caso sia aggiornato a lunedì
(da
British_Roma)
ore 13.45 circa L'Alta Corte ha deciso di ascoltare due ulteriori
elementi legali, prima di decidere se lo sgombero debba proseguire (da
Camp Costant Dale Farm) Il
giudice ha mostrato una foto aerea che dimostra come Dale Farm fosse
precedentemente una discarica, che quindi i Traveller non possono essere
rimossi legalmente, avendo comprato allora il terreno che poi hanno
bonificato (da
Twitter)
ore 13.30 circa A Dale Farm sono euforici, sembra che il giudice
si sia espresso a loro favore (da
Camp Costant Dale Farm).
(Non ho notizie certe su cosa si sia dicendo in tribunale ndr.)
ore 13.00 circa Il giudice dice che i Traveller hanno diritto
alla dignità, come qualsiasi altro cittadino. L'approccio degli ufficiali
giudiziari viene descritto come carente e violento. Lo sgombero deve causare
meno allarme ed angoscia possibili ai bambini e a tutti gli altri. (da
Twitter) Dalla
newsletter Dale Farm Solidarity: La campagna di difesa legale ha bisogno
di sottoscrizioni:
QUI con Paypal.
Inoltre il Comitato di Solidarietà, rispondendo ad alcune polemiche apparse
sulla stampa inglese, ribadisce di essere a Dale Farm su richiesta degli
stessi abitanti, e che saranno questi a stabilire quanto debba durare la
presenza del Comitato. A sua volta in tribunale l'avvocato della contea
di Basildon ha definito i solidali come degli "intrusi", completamente al di
fuori della realtà. (da
Twitter) C'è
anche chi li accusa di essere lì per soldi (da
TwitLonger)
ore 12.30 circa Mi sento un po' perso. Ora siamo in una
scacchiera legale. Le autorità non vogliono guai con la televisione. La
sentenza del tribunale può andare contro, ma io non vedo arrivare gli
ufficiali giudiziari. Mezzanotte?? Sabato? Se vinciamo, come dice Tony ciò
vorrebbe dire pianificare l'anarchia. La mia previsione è che nulla sarà
deciso oggi, forse sarà dato più tempo per trovare un altro sito. Per
ottenere permessi retroattivi di pianificazione potremmo avere bisogno
dell'intervento dell'ONU - perché non cercarlo? Speriamo che il nuovo
giudice usi il suo potere per prendersi cura dei Travellers. (da
Camp Costant Dale Farm) Articolo sul
Daily Mail.
ore 12.00 circa Per oggi buona fortuna a tutti. Mantenete la
forza, mantenete la calma, mantenetevi sani e salvi ****** (da
Camp Costant Dale Farm) Ci stiamo preparando (da
Camp Costant Dale Farm) Articolo della
BBC
Per iniziare, voglio mettervi nei panni degli abitanti di Dale Farm,
a poche ore dal termine imposto dal tribunale durante il
tentativo di sgombero di lunedì scorso. A parte l'evidente stanchezza per
una situazione di precarietà che si trascina da anni, c'è il terrore per le
esperienze che alcuni di loro hanno vissuto di persona durante sgomberi
precedenti, riassunti nel
video
qui sopra (attenzione, è molto crudo anche per chi abbia assistito a scene
simili in Italia!).
Le riprese sono del 2004, e quel ricordo permane tra tutti Traveller,
regolari o meno. Proprio per evitare il ripetersi di quelle scene, in Gran
Bretagna è emersa la figura dell'Osservatore
Legale, cito dal
Pacchetto Formativo: "Gli osservatori legali [...] ricordano agli
ufficiali giudiziari che le loro azioni sono monitorate. Con la loro presenza
aiutano a mantenere protette le persone in quanto deterrente dei mal
comportamenti della polizia e se ci fossero incidenti, raccolgono informazioni che possano in
seguito essere utili nei procedimenti in tribunale."
Se lo sgombero dovesse iniziare, potremo forse saperlo nel primo pomeriggio (la
riunione del tribunale è prevista alle 11.30 ora di Londra).
Questo invece una recente dichiarazione di chi in anni di lotta per i diritti
dei Traveller ne ha viste tante: "E' comunque strano che mentre la Bretagna e
la Francia hanno protestato con indignazione quando c'era la pulizia etnica in
Kosovo, nessuno nei governi, nei media e nemmeno l'ONU sembra protestare
efficacemente su Sarkozy e la pulizia etnica a Dale Farm." Ronald Lee
Nel frattempo, i gruppi FB di appoggio a Dale Farm, sono in fibrillazione
da ieri sera.
Aggiungo una considerazione personale su quanto potrebbe succedere oggi:
Per la gioia dei contribuenti inglesi, l'amministrazione avrebbe dovuto
spendere 18 milioni di sterline per lo sgombero di lunedì scorso (oltre ad
altri 5 di spese legali), ma ovviamente se Basildon dovesse tornare alla
carica (oggi o chissà quando), dovrà spenderne ulteriormente. Inoltre la
tariffa degli ufficiali giudiziari aumenta dopo le 20.00 se, come previsto,
non riuscisse a terminare il suo "lavoro" e dovesse lavorare anche di notte.
Se è questo il concetto di contenimento della spesa pubblica che hanno i
conservatori quando sono al governo...
Infine, per chi ha chiesto un riassunto completo che abbracci gli eventi
degli ultimi decenni,
QUI
(in inglese)
Un uomo della tribù degli Awá, una delle ultime tribù di
cacciatori-raccoglitori nomadi rimaste in Brasile, è stato brutalmente attaccato
dai taglialegna che hanno invaso la sua terra.
Stando ai racconti, l’uomo stava cacciando nella foresta quando i taglialegna lo
hanno legato e bendato, picchiato con violenza e poi hanno tentato di
decapitarlo. Quando la moglie è accorsa per portargli aiuto, le hanno sparato,
fortunatamente senza colpirla.
Nel corso delle ultime settimane, gli Awá hanno subito una serie di minacce da
parte dei taglialegna, che intimano agli indiani di non entrare nella loro
stessa foresta, pena la morte.
Tra i vari attacchi, uno è stato sferrato contro la sede del gruppo locale della
Ong CIMI (il Consiglio Missionario Indigeno), che è stata svaligiata.
Le violenze sono state compiute per ritorsione contro l’intervento del governo,
che ha chiuso le segherie dove viene lavorato il legno tagliato nella terra
degli Awá. Nel corso dell’operazione sono stati arrestati due taglialegna.
Nella terra degli Awá si sono insediati illegalmente anche coloni e allevatori
di bestiame, che contribuiscono a distruggere ulteriormente la foresta.
Uno dei territori degli Awá è già stato deforestato per oltre il 30%.
Per gli Awá sta diventando sempre più difficile trovare selvaggina da cacciare.
“Presto soffriremo tutti la fame” ha dichiarato a Survival Pirei Ma’a Awá. “I
bambini avranno fame, mia figlia avrà fame e avrò fame anch’io. Non ci sarà più
nulla nella foresta… I taglialegna arrivano con i loro camion e portano via
tutti gli alberi.”
Survival ha scritto alle autorità brasiliane, evidenziando il pericolo di
attacchi violenti e ribadendo la necessità urgente di allontanare gli invasori e
di proteggere la terra della tribù, senza cui gli Awá non potranno sopravvivere.
Di Fabrizio (del 28/09/2011 @ 09:32:49, in conflitti, visitato 2932 volte)
Fonti varie
Su
Youtube da Euronews (20" in inglese ndr.)
QUI in italiano.
Da domenica scorsa sono in corso violenti scontri a carattere etnico in tutto
il paese.
Tutto è iniziato quando nel villaggio di Kanunitsa (160 Km. a sud di Sofia) un
uomo è stato investito (decedendo in seguito) da un furgone guidato da un
appartenente ad una famiglia rom molto ricca ed in vista nel paese.
Come succede spesso in casi simili, si dice che la fortuna della famiglia sia
collegata ad attività fuorilegge: in questo caso il commercio illegale di
alcool.
L'investitore è poi fuggito. Gli abitanti del villaggio hanno immediatamente
pensato che si fosse trattato di un'azione deliberata, a causa di minacce
precedenti subite dalla vittima, ed hanno assalito la villa della famiglia rom.
Durante questo assalto, ci sono stati 5 feriti, tra cui 3 poliziotti, ed un
giovane è caduto in coma, morendo durante il trasporto in ospedale. La polizia
ha operato 127 arresti ed è riuscita ad arrestare l'investitore, mentre cercava
di oltrepassare il confine con la Turchia.
Nonostante gli appello alla calma delle autorità, dello stesso primo ministro (e di converso, del capo dell'opposizione), di diverse organizzazioni,
tra cui quelli di esponenti della minoranza turca e di altre associazioni civili
e politiche, gli incidenti si sono subito propagati in tutto il paese, tanto nei
piccoli villaggi che nelle grandi città, vedendo tra gli assalitori diversi fan
ultrà delle squadre di calcio ed i soliti gruppi neonazisti; un dato significativo e preoccupante indicherebbe che un terzo di chi sta manifestando contro i Rom sia minorenne. Tra le città coinvolte Plovdiv (350.000 abitanti,
ospita il quartiere di Stolipinovo, dove abitano 40.000 Rom), la capitale
Sofia (con una manifestazione di migliaia di persone davanti al Parlamento),
la città marittima di Varna (corteo di 200 persone verso la mahala rom di
Maksuda), ed inoltre a Pleven e Burgas, con diversi incidenti che hanno
coinvolto membri della comunità rom, le loro macchine e negozi.
Attualmente a causa dei timori, molti bambini sono tenuti a casa da scuola ed i loro padri non si stanno presentando al lavoro.
Si vocifera di possibili manifestazioni della comunità rom, per
esprimere solidarietà e vicinanza alle famiglie dei morti e preoccupazioni per i
disordini che sono succeduti, ma ovviamente il clima molto teso invita anche
alla prudenza estrema prima di esporsi. Nel contempo, circolano anche voci (preoccupanti ma da verificare) che i Rom asserragliati nei loro ghetti, si stiano armando per resistere.
Sono in corso riunioni, tanto a livello
locale che nazionale, sia nella polizia, che nel governo e nelle amministrazioni
decentrate, che tra le associazioni della società civile, nel tentativo di porre
freno alla catena di violenze che attualmente non si sono ancora fermate.
Nel contempo, la
situazione rimane molto tesa anche in
Repubblica Ceca, soprattutto nelle regioni confinanti con Polonia e
Germania, nonostante l'azione repressiva della polizia.
Di Fabrizio (del 08/10/2011 @ 09:04:33, in conflitti, visitato 1365 volte)
FRONTIEREnews.itTesto di Srdjan Jovkovic, fotografie di Ippolita
Franciosi (segnalazione di Marco Brazzoduro)
Passeggiando per Obilic, una delle città più inquinate dei Balcani, si
possono vedere alcune case rosse costruite in mezzo a un campo polveroso. Si
trovano nella zona di Subotic, vicino a due centrali termoelettriche a carbonedalle cui ciminiere esce costantemente fumo grigio. Qui i bambini non giocano
nei cortili e le donne non curano il giardino, come invece accade in qualsiasi
città del Kosovo.
Sono le case costruite dall'Unchr per i profughi ashkali da poco rimpatriati
dalla Macedonia, nelle terre da dove furono espulsi dalla maggioranza albanese,
dopo la guerra del 1999. Rispetto agli altri rom del Kosovo gli ashkali hanno
un'unica, fondamentale, differenza: al posto del romanes, hanno scelto
l'albanese come lingua.
Il quartiere rom di Subotic, Obilic: la casa è bruciata ad agosto
Dopo aver tentato invano di trovare qualcuno con cui parlare, incontriamo fuori
dalla prima casa rossa Hajriz Rizvani, un ragazzo ashkali di 25 anni. Vuole
spiegarci cosa è successo così ci invita ad entrare in casa, aggiungendo che è
troppo spaventato per parlare fuori. Hajriz è tornato in Kosovo insieme alla sua
famiglia da due mesi e mezzo, dopo un esilio in Macedonia durato 12 anni.
Due settimane fa la casa a fianco alla sua, quella dello zio Halim, è stata
bruciata nella notte, ultimo di una serie di atti provocatori, come il lancio di
pietre contro l'abitazione e vari colpi di pistola. Fortunatamente la notte
dell'incendio la famiglia Rizvani non era in casa: preoccupati, avevano deciso
di dormire da parenti. Dopo l'incidente hanno fissato delle barre di metallo su
ogni finestra della casa e hanno preparato i bagagli, pronti a partire in caso
di una nuova minaccia.
Dopo ogni singolo attacco Hajriz ha chiamato la polizia, che si è presentata
ogni volta, senza però risolvere niente: “Vengono, danno uno sguardo alla casa,
osservano le finestre rotte, scrivono qualcosa, ci dicono che tutto andrà bene e
se ne vanno”. Ma le minacce e le violenze continuano.
Hajriz ci racconta che in seguito all'incendio è impossibile dormire, i bambini
hanno visto la casa in fiamme e tutte le notti sono terrorizzati. Di giorno non
si sentono al sicuro: evitano di andare a giocare, anche nel bel mezzo di
un'assolata giornata d'estate. La famiglia Rizvani ha ricevuto anche le visite
di rappresentanti dell'UNHCR e dell'OSCE, che si sono limitati a esprimere
compassione e ad augurarsi che qualcosa del genere non succeda mai più.
Nessuna misura effettiva è stata presa né tanto meno è stata avviata una
qualsivoglia indagine. Per le organizzazioni internazionali questa è una
violenza difficile da riconoscere e sulla quale lavorare, perché è in chiara
contraddizione con la politica adottata dall'UNHCR, che incoraggia i rifugiati a
tornare in Kosovo dalla Macedonia, tagliando i supporti in maniera graduale.
Hajriz è inevitabilmente triste: nella sua giovane vita ha sperimentato la
guerra, è diventato un rifugiato e ora non riesce a vedere alcun futuro nel
Kosovo odierno. Il suo ritorno ha provocato una forte reazione dalla maggioranza
della popolazione albanese. E qualcuno si è spinto oltre la disapprovazione,
rompendo tutte le finestre della sua casa, proprio ora che sta ricominciando una
nuova vita.
Il desiderio di Hajriz è trovare un lavoro per sostenere la sua famiglia: in
Macedonia, essendo rifugiato, per legge non poteva lavorare. Ha deciso di
tornare in Kosovo con la speranza che la legge e le istituzioni garantissero un
ambiente sicuro per lui e per la sua famiglia. Ma chiaramente non è così.
L'incendio delle case è esattamente lo stesso tipo di intimidazione e violenza
che i rom hanno subito prima e durante la guerra del Kosovo, dodici anni fa,
quando la retorica dell'indipendenza trionfava e la violenza tra compaesani
portava molte famiglie (più di 60.000) a lasciare il Kosovo perdendo tutto. Il
futuro assomiglia troppo al passato violento del Kosovo, perché alla fine ogni
speranza del paese, come quella di Hajriz, sembra svanire nel fumo nero delle
case bruciate, ancora una volta.
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