Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 03/02/2006 @ 10:15:05, in Europa, visitato 1885 volte)
Il Consiglio Comunale di LEEDS ha speso
circa 1 milione di sterline negli ultimi due anni per pulire le aree
occupate da nomadi e viaggianti.
I fondi sono stati spesi in attesa
delle linee guida del Governo su come affrontare il problema. Il
conto per i contribuenti non mostra di voler scendere. Le stime del
periodo 2004-05 indicano che il comune ha dovuto affrontare la spesa
di £. 360.000 per 60 aree non autorizzate. Nel primi due mesi
dell'anno finanziario 2005-06, il conto per il comune è di £.
500.000 per 56 aree non autorizzate. Il comune ha predisposto
un'area di sosta regolare a Cottingley Springs. Sono state stanziate
£. 369.000 per miglioramenti dell'area, e non esistono piani
per installare altri spazi di sosta.
Il Race Equality Advisory Forum
e il Gipsies and Travellers Working Group hanno richiesto
altre cinque aree di sosta permanenti e cinque di transito, per
affrontare il problema degli insediamenti illegali. Assieme
richiedono un ente di controllo sulle aree che hanno visto in
precedenza insediamenti abusivi, e suggeriscono di fornire gli
accampamenti illegali di servizi igienici portatili e predisporre la
raccolta dei rifiuti, al fine di ridurre i costi.
Il comune intenderebbe predisporre un
assessorato che si occupi di questi temi, ma per farlo è in
attesa delle linee guida del governo, che però sono in ritardo
di nove mesi rispetto al previsto.
Solo tre tra i cinque comuni dello West
Yorkshire - Leeds, Bradford e Wakefield - hanno aree di sosta
ufficiali.
Coun Les Carter, consigliere con delega
alle comunità nomadi e viaggianti, conferma che nel West
Yorkshire nessun comune si sbilancerà su nuove aree di sosta,
prima di un pronunciamento del governo.
Poi sintetizza: “Anche se
Leeds ha approntato un ampio sito permanente, il comune soffre
grandemente della presenza di accampamenti non-autorizzati, che non
rappresentano una soluzione permanente e pesano sulle tasche dei
contribuenti.
Il Governo non ha mantenuto quanto
aveva promesso. Più continua a rimandare, maggiore sarà
il costo per i contribuenti. Spero che le linee guida vengano
espresse al più presto, perché le autorità
locali senza queste indicazioni non intendono sbilanciarsi [...] Una
legislazione più forte e decisa sugli insediamenti non
autorizzati, ci aiuterà a prevenire costi enormi”.
david.marsh@ypn.co.uk
- Source: Yorkshire Post 26 January 2006
Di Fabrizio (del 04/02/2006 @ 09:35:34, in Europa, visitato 2386 volte)
Questo articolo è parte del
rapporto che accompagna il programma di Media Diversity Institute
(Londra) e BETA news agency: “Vedere i Rom senza pregiudizi”,
nel quadro del Decennio dell'Inclusione Rom.
By Zoran Kosanovic
“Zingara schifosa, guarda
cos'hai combinato!” l'infermiera urlava contro Olgica
Jasarevic, una Romnì al nono mese di gravidanza. La signora
Jasarevic era nell'ospedale di Nis in attesa di controlli, sdraiata
su un letto in preda ad un'emorragia.
“Avevo paura e così non
ho detto niente, ma quando è arrivato il dottore gli ho
raccontato cos'era successo. Si è scusato e ha detto che non
sarebbe più accaduto.” La signora Jasarevic ha
descritto l'infermiera come una donna dai capelli rossi e corti, ma
nessuna azione è stata presa.
La spiacevole esperienza di questa
donna, è una delle conferme delle discriminazioni contro i Rom
del servizio sanitario. I dati riportano anche che la percentuale di
mortalità tra i Rom tra i 30 e i 40 anni, è del 24%
superiore a quella cittadina.
“Il personale medico ha
diversi tipi di approccio verso i pazienti Rom. Molti li insultano o
rifiutano di fornire assistenza medica,” conferma Marija
Demic, ricercatrice del Centro Diritti delle Minoranze, che ha
compilato un rapporto sui Rom e l'accesso ai servizi sanitari di Nis.
Osman Balic, attivista Rom del locale
centro Yorum, ha un'opinione differente: riconosce che il sistema
sanitario di Nis discrimina i Rom nei confronti degli altri abitanti,
ma ritiene che il vero problema siano le misere condizioni di vita:
“La situazione degli insediamenti rom è un pericolo
costante per loro stessi e per gli altri cittadini. Occorre che lo
stato intervenga”.
Demic a sua volta conferma le cattive
condizioni di partenza come una delle cause, ma insiste sul fatto che
i Rom non siano coperti dal servizio sanitario al pari del resto
della popolazione. Aggiungendo che sono i bambini e le donne incinte
quelle nella peggiore situazione. “In molti casi abbiamo
ragazze incinte a 16 anni, che trascorrono tutto il periodo di
gravidanza senza controlli medici. I partners raramente conoscono
qualcosa sulla contraccezione. Non sono a conoscenza delle malattie
trasmesse sessualmente, incluso l'HIV. I bambini non vengono visitati
e quindi neanche vaccinati.”, sempre secondo il rapporto
del Centro Diritti delle Minoranze.
Le Romnià che provano a cercare
soluzioni a questa situazione, sono malviste dalle stesse persone a
cui si rivolgono in cerca di aiuto. Quando Danijela Zekic, che aveva
già tre figli, andò in farnmacia per informarsi
sull'uso della pillola, la farmacista scoppiò in una risata.
“Sono andata in farmacia con un'amica. Non c'era nessuno,
solo noi due e la farmacista, una bella signora coi capelli scuri. Le
ho chiesto cosa cercavo e lei è sbottata: “Sai cos'è
la pillola contraccettiva? Da non credere. Pensavo che voi zingari
non sapeste niente di contraccezione.” Shoccata, non le
risposi. Presi le mie pillole ed uscii” ci dice.
“Discriminazione? Non è
proprio così. Conosco centinaia di casi dove gli infermieri
hanno fatto più del dovuto per un Rom. E' una parola troppo
grossa per il sistema sanitario. Critico piuttosto che le riforme che
dovrebbe permettere l'accesso a una fascia più ampia di
cittadini, progrediscano troppo lentamente”, dice Osman
Balic.
Commentando un evento menzionato dal
rapporto: un reclamo che dichiarava che il pronto soccorso si era
rifiutato di inviare personale paramedico all'accampamento di Crvena
Zvezda, dove un uomo era immobilizzato dal mal di schiena: “Il
rapporto non accenna al fatto che l'accampamento è a diverse
centinai di metri dal centro medico, e l'uomo avrebbe potuto cercare
assistenza per conto proprio.”
Non tutti i Rom di Nis sono dello
stesso avviso. I rifugiati dal Kosovo, come pure quelli rimpatriati a
forza dalla Germania, sono in una situazione ancora peggiore. “La
maggior parte di loro cerca sistemazione nei quattro campi
disponibili. Molti non sono registrati come residenti e quindi non
hanno diritto all'assistenza medica, oppure a rivolgersi all'ufficio
di collocamento o di mandare i figli a scuola.” dice Marija
Demic.
Lei ritiene che il governo locale
dovrebbe sviluppare un piano d'azione per far partire un servizio
sanitario destinato alle comunità rom, elencando i benefici.
“E' anche necessario munire ogni accampamento di un
coordinatore, perché i suoi abitanti esercitino il diritto
alla sanità”, e poi aggiunge che il gradino
successivo sarebbe la formazione del personale medico nel trattare
adeguatamente i pazienti Rom. Il censimento del 2002 indicava in
250.518 gli abitanti di Nis, tra cui 5.687 Rom. I Rom ritengono
invece che il loro numero sia vicino ai 20.000. Al Centro Diritti
delle Minoranze specificano che molti Rom evitano di indicare la
proprie etnia, per paura della discriminazione e dei pregiudizi. Sait
Balic, lui stesso Rom, dice che sono circa 2.000 quelli rimpatriati
forzatamente dalla Germania. A sua volta, Dragoljub Djordjevic,
docente di sociologia, afferma nel suo studio “Vivere con i
Rom”, che loro risiedono da secoli nell'area di Nis.
(BETA/MDI)e stresses.
Di Fabrizio (del 05/02/2006 @ 13:16:32, in Europa, visitato 1800 volte)
La Commissione Europea contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI) ha reso pubblico il proprio calendario di appuntamenti per il 2006. A novembre (data e località da decidere) è prevista una Tavola Rotonda in Italia.
Di Fabrizio (del 06/02/2006 @ 00:54:14, in Europa, visitato 1782 volte)
CENTRALNI OFIS ROMA KOSOVA I METOHIJE Ul.
Atanasija Pulje br 10 11080 Zemun - SCG Tel/fax: ++381 11 316
59 25 Mobile: ++381 64 26 37 621
Belgrado, 27 gennaio 2006: DICHIARAZIONE ALLA TANJUG
Bajram Haliti, Presidente dell'Ufficio Centrale dei Rom di
Kosovo/a e Metohija si è incontrato coi membri
dell'associazione civica che riunisce le famiglie dei Rom rapiti e
uccisi in Kosovo e Metohija. che da sei anni cercano la verità
sui loro famigliari.
I membri dell'associazione accusano il governo del Kosovo di non
fornire cooperazione nell'identificare i corpi ritrovati nelle fosse
comuni e chiesto alla comunità internazionale, all'UNMIK e
alla KFOR di fare pressione alle autorità del governo.
Durante l'incontro, Bajram Haliti ha sottolineato la necessità
di arrivare ad un'Unione di tutte le associazioni dei cittadini che
indagano sui parenti rapiti e scomparsi, perché la vicenda
assuma importanza presso l'opinione pubblica nazionale ed
internazionale e perché si arrivi a soluzioni efficaci. Haliti
ha poi ricordato la necessità di creare un database con le
informazioni su quanti Rom sano stati rapiti o siano spariti durante
il conflitto. Ha poi promesso che chiederà alle istituzioni di
pubblicare una lista di quanti il cui destino sia ignoto.
In un'intervista alla TANJUG, Bajram Haliti ha poi detto che si
incontrerà col presidente della Serbia, Boris Tadić, il
primo ministro serbo, Dr. Vojislav Koštunica, i ministri
Zoran Stanković e Dragan Jočić, il presidente del
centro di coordinamento, Dr. Sander Rašković-Ivić,
il capo dell'UNMIK, Soren Jesen-Peterssen, Karla Del Ponte, Javier
Solana e il capo dei negoziati Martti Ahtisaari.
Lo scopo è la stesura di una lista definitiva di quanti
siano i scomparsi e gli uccisi, civili, soldati e poliziotti di
origine Rom. Secondo Haliti, sono circa 150 i Rom uccisi. La lista
verrà poi consegnata a Karla Del Ponte e alle organizzazioni
nazionali e internazionali, perché siano identificati e puniti
i responsabili dei crimini di guerra.
Presidente: Bajram
Haliti
Fonte: Kosovo_Roma_News
Di Fabrizio (del 07/02/2006 @ 10:19:56, in Europa, visitato 2137 volte)
PANHELLENIC CONFEDERATION OF
GREEK ROMA (PACONGR) Address: Aiolou 2 & Eleftheriou
Venizelou St, GR-12351 Santa Barbara. Greece. Telephone &
Fax: (+30) 210.569.17.93 e-mail: romltd@ath.forthnet.gr
|
GREEK HELSINKI MONITOR
(GHM) Address: P.O. Box 60820, GR-15304 Glyka Nera.
Greece. Telephone: (+30) 210.347.22.59. Fax: (+30)
210.601.87.60. e-mail: office@greekhelsinki.gr
website: http://www.greekhelsinki.gr
|
___
COMUNICATO STAMPA, 30 gennaio
2006
Azione comune di PACONGR e GHM sul diritto alla
casa e alla scuola, e contro la discriminazione - comunità Rom
di Psari - Aspropyrgos
Le due associazioni hanno promosso uno sforzo comune in difesa dei
diritti dei Rom dopo la loro visita all'accampamento rom a Psari
Aspropyrgos (vicino Atene). Durante la visita, Vassilis
Dimitriou, presidente di PACONGR è stato intervistato
dalla BBC sui problemi dei Rom e sugli obiettivi del nuovo partito
“Circuito Indipendente dei Cittadini che si Autoidentificano in
ASPIDA ROM”. Seguiranno nuove visite negli altri accampamenti.
Nel corso della visita all'accampamento
di Psari, PACONGR e GHM hanno notato le condizioni di vita inumane e
degradanti, sono stati informati sulle condizioni del “ghetto
scolastico” segregazionista per soli Rom e su una serie di atti
discriminatori nei confronti dei Rom.
E' stato deciso di registrare le
inaccettabili condizioni di vita, tramite audiovisivi da far
circolare nella società greca, agenzie statali e i componenti
greci del Parlamento Europeo. E' stato inoltre deciso di condurre un
censimento di quanti vivano nella comunità, per poter
predisporre richieste appropriate sulle condizioni abitative e
scolastiche. Verrà fatta anche pressione verso le autorità
competenti perché si attivi una adeguata legislazione anti
discriminatoria [...]
Di Fabrizio (del 07/02/2006 @ 15:38:57, in Europa, visitato 1736 volte)
La risoluzione adottata dall'Assemblea Parlamentare del Consiglio
d'Europa (PACE) il 26 gennaio nel capitolo intitolato “Politica
del rimpatrio per chi non ha avuto accoglienza della domanda d'asilo
in Olanda”, compilato dal Comitato su Migranti e Rifugiati
dell'Assemblea, afferma che esistono preoccupazioni sulle politiche
di rimpatrio adottate dall'Olanda, ma anche dal Regno Unito e dalla
Svizzera.
La risoluzione chiede ai paesi membri di promuovere i ritorni
volontari nel caso di rifiuto della richiesta d'asilo, ma anche di
fare uso di amnistie e altri poteri discrezionali nel caso di
richieste che da troppo tempo siano in lista d'attesa, di postporre
il ritorno nel caso il paese di ritorno sia coinvolto in conflitti e
crisi umanitarie, e fornire tempi adeguati a preparare il ritorno.
Promuove anche l'adozione di programmi di consulenza e assistenza, il
monitoraggio delle decisioni detentive, l'accesso ai servizi sociali
sino al momento del rimpatrio e iniziative pubbliche tese ad
informare sulla situazione dei richiedenti asilo e dei loro paesi di
provenienza, per ovviare alla “distorsione informativa operata
da media e politici”.
La risoluzione
e il rapporto del comitato (in inglese)
Fonte: Roma_Benelux
Di Fabrizio (del 08/02/2006 @ 01:15:45, in Europa, visitato 2035 volte)
Slovenia: rigetto d'asilo
07.02.2006 Da Capodistria, scrive Franco Juri
Non più assistenza legale gratuita, nessun diritto di impiego e nessuna assistenza sociale. Approvata in Slovenia la nuova legge sul diritto d'asilo. La destra è compatta e si dice felice di "essersi adeguata a standard europei" mentre il centro sinistra balbetta. Critiche al governo da Amnesty International e UNHCR
In fuga
Con 46 voti a favore e 24 contrari la camera di stato slovena ha varato lunedì scorso la nuova legge sull'asilo che limita drasticamente alcuni dei diritti fino ad ora riconosciuti ai rifugiati rafforzando le competenze della polizia nell'accettare o meno le richieste di asilo. La nuova legge, già annunciata da Osservatorio sui Balcani qualche mese fa, toglie ai rifugiati in attesa del riconoscimento legale di tale status l'assistenza legale gratuita, il sostegno sociale e il diritto d'impiego. La polizia diventa inoltre l'istanza primaria e quindi decisiva nel riconoscimento del diritto d'asilo ai richiedenti. A favore della legge, contestata dalle organizzazioni per i diritti umani con Amnesty International in testa, dall'Ombudsman e dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati, hanno votato tutti i partiti della destra slovena; i governativi Partito democratico sloveno (SDS), Nuova Slovenia (NSI), Partito popolare sloveno (SLS) e naturalmente l'ultranazionalista Partito nazionale sloveno (SNS). Contro si sono schierati i due maggiori partiti dell'opposizione: i socialdemocratici (SD) e la liberaldemocrazia (LDS) nonchè il piccolo partito governativo dei pensionati (DESUS). Si tratta più o meno della stessa distribuzione partitica che divide il parlamento sul caso dei »cancellati«. Da una parte la destra nazionalista e xenofoba, sicura di sè e rafforzata nel suo agire da una lunga omertà europea sulla violazione dei diritti umani e civili avvenuta nel 1992 a danno di 18 mila residenti jugoslavi e riproposta senza imbarazzo quattordici anni dopo con l'annullamento di fatto delle sentenze costituzionali a favore dei cancellati. Dall'altra un centrosinistra insicuro e tentennante, sempre più solo. Governo e maggioranza parlamentare concordano nel considerare la nuova legge sul diritto di asilo necessaria ed in sintonia con le direttive e le norme comunitarie europee in materia di asilo. L'argomento reiteratamente impugnato dal ministro degli Interni Dragutin Mate è stato infatti quello dell'incombenza di una comune politica di sicurezza e prevenzione europea di fronte alle minacce del terrorismo e del crimine organizzato. Il governo invoca Schengen e senza dirlo ad alta voce trae ispirazione pure dalla nuova situazione in cui verrà a trovarsi la Slovenia dopo il 24 febbraio, data della partenza per Bagdad dei primi quattro istruttori militari Nato con insigne slovene. La radicalizzazione del conflitto tra l'Islam e l'Europa dopo la pubblicazione delle vignette danesi che raffigurano il profeta Maometto come terrorista, porta altra acqua al mulino del governo Janša sempre pronto a capitalizzare politicamente i sentimenti xenofobi di un'opinione pubblica sempre più preoccupata e a presentarli come squisitamente europei. E il presidente »disobbediente« ora tace E Janez Drnovšek, il presidente »ribelle« che parla di Darfur, diete macrobiotiche, filantropia e vibrazioni positive, che cosa ne pensa? Tra i colpi di scena con cui in questi ultimi giorni ha nuovamente vivacizzato la vita politica e mondana slovena c'è stata - in contemporanea alla costituzione del suo movimento on-line »Per la giustizia e lo sviluppo« - la sua plateale uscita dal partito liberaldemocratico che egli stesso guidò per dodici anni, poi la grazia a sorpresa concessa - senza consulto con il governo e la magistratura - a Danilo Kovačič, ex direttore del Casinò di Nova Gorica, condannato a 3 anni e 8 mesi di detenzione per abuso d'ufficio, illeciti e corruzione ma a fino ad ora a piede libero per questioni di salute. »Kovačič ha fatto del bene per Nova Gorica e nel suo calvario giudiziario ha già scontato la pena inflittagli« ha sostenuto candido il Presidente di fronte al dissenso generalizzato delle istituzioni di governo e della giustizia. Infine e' stata la volta della sua apparizione, in qualità di ospite, tra veline e un bizzarro pubblico selezionato, allo show televisivo satirico del popolare conduttore Sašo Hribar, dove ha definito inutili le farmacie classiche, dannosi i macellai ed ha appoggiato, con incredibile disinvoltura, l' invio dei quattro ufficiali sloveni in Iraq; »Di che cosa vi preoccupate? Tanto quelli vanno li volontariamente e sono pagati!«. Sulla questione dei cancellati Drnovšek appoggia la legge costituzionale proposta dal governo, come dire sorvoliamo le sentenze dei giudici costituzionali che danno ragione ai cancellati e ricominciamo da capo, ingiustizia non ci fu, o almeno noi non la vedemmo. Ora si salvi il salvabile senza sporcarsi troppo e senza farsi male. E in merito alla nuova legge sul diritto di asilo? Drnovšek tace, non se ne occupa, ha cose più importanti da fare. Ed il governo, grato per la sua comprensione, ma soprattutto per il terremoto da lui provocato nel centrosinistra, gli risponde offrendo ai suoi piani umanitari per il Darfur - tutti ancora da concretizzare in un futuro sempre più incerto - un'unità sanitaria mobile dell' esercito. E' contento il Presidente, si sente bene. Ora, dopo i primi malintesi e incidenti di percorso, può nuovamente ammiccare al suo vecchio amico premier.
Di Fabrizio (del 09/02/2006 @ 17:20:32, in Europa, visitato 1809 volte)
Da: Stranieri in Italia Abolite le sanzioni contro i "finti turisti" Non perderà più il passaporto chi si trattiene per più di 90 giorni nello spazio Schengen. Ma per l'Italia rimane un immigrato irregolare
BUCAREST - È tregua tra il governo di Bucarest e i "finti turisti": i cittadini romeni che senza aver chiesto un visto d'ingresso si tratterranno nello Spazio Schengen per più di 90 giorni, al ritorno in Romania non subiranno più la confisca del passaporto e il divieto ad uscire dal Paese per un periodo compreso tra uno e cinque anni. Chi negli scorsi mesi è già incorso in queste sanzioni (circa 50mila persone dal primo agosto a oggi) verrà "perdonato".
Ad abolire le contromisure adottate dal governo quest'estate, che avevano gettato nel panico migliaia di cittadini romeni sparsi per l'Europa, è stata la legge 248/2005 ("libera circolazione dei cittadini romeni all'estero"), entrata in vigore domenica scorsa.
I cittadini romeni possono entrare e circolare nell'area Schengen per turismo per 90 giorni ogni semestre, senza chiedere visti d'ingresso. Un'agevolazione sfruttata da un gran numero di persone che, passati i tre mesi, non rientrano in Romania, diventando degli "overstayers".
Secondo il capo dell'Ispettorato Generale della Polizia di Frontiera romena, Nelu Pop, il governo ha però preso atto che nel corso del 2005 "l'atteggiamento dei romeni all'estero è migliorato". "La maggior parte dei romeni che viaggiano all'estero - ha spiegato Pop - non creano problemi e questo è un fatto importante".
Controlli in uscita Rimangono comunque in vigore alcune norme per controllare chi lascia il Paese per entrare nello spazio Schengen.
Oltre che il passaporto, si dovranno esibire alla polizia di frontiera un'assicurazione medica che copra tutto il periodo del viaggio, il biglietto di andata e ritorno o la carte verde della macchina (se si viaggia in auto) o 150 euro, somma ritenuta sufficiente a pagare il viaggio. Bisogna inoltre dimostare di avere 30 euro per ogni giorno che si passerà nello spazio Schengen e in ogni caso non meno di 150 euro (la somma necessaria ad un soggiorno minimo di 5 giorni).
Chi esce dal Paese dovrà infine mostrare anche documenti che giustificano lo scopo e le condizioni del soggiorno all'estero, come ad esempio le prenotazione in alberghi (valgono anche quelle fatte via internet o i voucher rilasciati dalle agenzie di viaggio autorizzate) o un invito da parte di una persona che lo ospiterà.
Secondo la nuova legge, la limitazione o la sospensione del diritto dei cittadini romeni di viaggiare nello spazio Schengen non potrà più essere deciso dalla polizia di frontiera, ma servirà la sentenza di un giudice e potrà essere adottata solo se il cittadino romeno è stato rimandato a casa da uno stato Schengen in base ai accordi di rimpatrio dei clandestini, o se la permanenza del soggetto in uno Stato straniero porterebbe gravi danni agli interessi della Romania o alle relazioni bilaterali tra la Romania e quel Paese.
E in Italia? Il "rilassamento" delle norme sui viaggi all'estero, verrà probabilmente accolto con sollievo da molti cittadini romeni che si trovano irregolarmente in Italia e in questi mesi non sono tornati in patria proprio per non farsi sequestrare il passaporto.
È ovvio però che le norme entrate in vigore in Romania, non influiranno in nessun modo sulla legislazione italiana: un "finto turista" romeno, scaduti i 90 giorni, è comunque un immigrato irregolare.
"Anche i cittadini romeni, che possono entrare in Italia per turismo senza chiedere alcun visto, sono tenuti a presentarsi in Questura entro otto gironi dall'ingresso per chiedere un permesso di soggiorno per turismo" spiega la dott.ssa Ledia Miraka, esperta in immigrazione a Stranieri in Italia. "Alla scadenza del permesso di soggiorno, che per turismo dura al massimo novanta giorni, sono tenuti a lasciare l'Italia, pena l'espulsione e il divieto a rientrare anche per dieci anni in tutto lo spazio Schengen".
Scarica: LEGEA nr. 248 din 20 iulie 2005
(31 gennaio 2006)
Di Fabrizio (del 11/02/2006 @ 13:24:58, in Europa, visitato 2594 volte)
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TRANSITIONS ONLINE: Latvia: Walled Up by
Maija
Pukite 6 February 2006
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Cautela delle autorità lettoni nel finanziare le
organizzazioni romani.
“Ci fosse una Zingarolandia da qualche parte, molti di noi
probabilmente ci andrebbero. Ma non c'è,” racconta Vanda
Zamicka, l'unica avvocata rom della Lettonia. Per 500 anni questa terra
è stata la madrepatria dei Rom lettoni. Qui la loro cultura ha
messo radici, lo stesso per la lingua e lo stile di vita, conservando
molte virtù che i Lettoni invece hanno perso. I Rom nella
Lettonia oggi libera, spesso si sentono messi ai margini della
società e tendono a rinchiudersi in se stessi. La maggior
parte della gente ha conoscenza di questo popolo, peraltro fiero,
solo tramite i rapporti della polizia o l'attenzione dei media sul
disadattamento dei Rom.
Durante l'intervista, Vanda Zamicka fornisce prova dei suoi studi
mentre il suo sguardo rimane fermo e penetrante. Ha 26 anni, si è
laureata in legge e attualmente frequenta un master internazionale.
Nel suo parlare, mischia parole russe, inglese e romanì. Parla
quattro lingue e sta imparandone altre due: norvegese e francese.
Demolisce gli stereotipi sui Rom nella società lettone, anche
quelli dei suo colleghi, che rimangono di sasso apprendendo la sua
origine.
E' riuscita a combattere la sua battaglia contro un cordone di
preconcetti.
I PREGIUDIZI PROMUOVONO IL CRIMINE
“Gli stereotipi
sono forti,” ammette Zamicka. “Quelli che vogliono
mostrare di loro un lato migliore, sovente vanno a sbattere contro un
muro.”
Non è passato molto tempo da quando una romnì
scolarizzata e di buona famiglia non superò il colloquio di
lavoro a causa della sua origine. Dopo essersi diplomata aveva anche
frequentato con successo un corso professionale di decorazione
floreale a Mosca. Come molte romnià, ha un senso artistico
particolare. L'impiegato si era mostrato soddisfatto della prima
intervista telefonica e del CV, ma quando la segretaria del
principale se l'è trovata di fronte, ha improvvisamente
addotto motivi per cui il suo capo non poteva incontrarla, neanche
per un saluto di cortesia. Non è stato un caso isolato. Alla
fine la giovane per dar da mangiare ai suoi figli, ha ripreso a
spacciare droga.
Gli stessi Rom stanno iniziando a prendere le distanze dalla
società. [Pensano] stiamo tra di noi, non abbiamo bisogno di
integrarci,” aggiunge Zamicka . Anche i Rom che sono andati a
scuola hanno difficoltà a superare i preconcetti, mentre
quanti sono illetterati si trovano in una situazione insormontabile.
“La società che sta correndo il rischio di
marginalizzare questa nazionalità, spingendo i Rom al
margine,” spiega Irina Vinnik, direttrice dell'ufficio
minoranze presso il Ministero per l'Integrazione Sociale. Eppure i
sondaggi mostrano che i Lettoni sono tra i più tolleranti
verso i Rom rispetto ai popoli dell'Europa [Centrale ed Orientale]:
solo il 27% eviterebbe di aver un Rom come vicinodi casa, confrontato
col 77% in Slovacchia, il 63% in Lituania e il 69% in Ungheria.
Però, anche in Lettonia la situazione può
peggiorare.
LA LOTTA CONTRO L'INTOLLERANZA
“E' compito dello
stato combattere l'intolleranza ed è priorità del
nostro dipartimento, ma d'altra parte, gli stessi Rom devono curare
la loro immagine.” dice Vinnik. Il suo ufficio sta elaqborando
un piano nazionale sulla tolleranza e sta collaborando con la
comunità romanì in questo difficile compito. “Vorremmo
promuovere la discussione nella società e mostrare che [i Rom
sono] una nazione incredibile e da ammirare.”
Sicuramente, la comunità romanì necessita di
riguadagnare la fiducia presso una società più vasta.
Cinque anni fa, Normunds Rudevics aveva la possibilità di
farlo. “Possedeva autorità, notorietà e denaro.
Cosa si voleva di più? Ma ha perso tutto.” dice Irina
Vinnik. [nota di TOL: Normunds Rudevics (*)
era il più noto attivista tra i Rom di Lettonia. Nel
Parlamento dal 1998 al 2002, eletto nel partito di centro Via
Lettone. Non venne ricandidato e fu espulso dal partito con le
elezioni del 2002, accusato di abuso di privilegi parlamentari e di
malversazione personale di fondi destinati all'organizzazione che
dirigeva, la Società Socio-Culturale Rom.]
Sino a poco tempo fa, grazie ad una ritrovata unità,
sembrava che i Rom lettoni potessero raggiungere un certo livello di
autorappresentazione e di governance. Rudevics era il numero 8 della
lista elettorale di Via Lettone. Lui stesso ricorda: “Davanti a
me avevo solo l'ex primo ministro e i membri del governo”.
Eletto con 20.000 voti – cifra di tutto rispetto in un paese
con meno di 3 milioni d'abitanti – allora era pieno di
speranze, e pensava che persino i Rom potevano vivere felicemente.
Le stesse autorità avevano preso coscienza del numero di
problemi affrontati dai Rom e preso la decisione di destinare somme
ingenti per affrontare la questione, dedicando l'intera
responsabilità a Normunds Rudevics. Buone le idee e le
premesse, ma Rudevics tuttora non ha dato conto dei 95000 lats ($.
160.000) stanziati in cinque anni.
Irina Vinnik afferma di non conoscere ancora come Rudevics ha
impiegato i fondi destinati alla comunità romanì,
perché a differenza dei rappresentanti di altre minoranze
nazionali, non è arrivato alcun conto ufficiale sulle spese.
Rudevics insiste nel dire che ha inviato un resoconto alla ragioneria
di stato, ma Vinnik replica che se si fosse dimostrati che quei fondi
fossero stati spesi, l'organizzazione avrebbe potuto richiedere nuovi
finanziamenti.
DIVISIONE DELLA LEADERSHIP
“Sì, Rudevics ha amplificato l'immagine della
Lettonia quando fu eletto in parlamento. Eravamo fieri di avere un
deputato romanì ... ma è arduo rintracciare cosa ha
speso,” ancora Vinnik.
Da quando Ravenics è caduto in disgrazia, non è
emerso nessun altro leader nella comunità, anche se [...]
esistono diversi leader potenziali nelle organizzazioni.
Anatolijs Berezovskis, a capo della locale associazione romanì
di Tukums, infaticabile attivista che ha costruito collegamenti
tangibili tra i Rom e diverse autorità municipali. Sotto la
sua leadership, tutti i bambini rom di Tukums ora frequentano la
scuola. Onesto, rispettato nella comunità. Da alcuni viene
descritto come naif, ma è ritenuto una persona che sui diritti
umani potrebbe fare molto.
Savina Kolomenska, insegnante alle superiori di Bene, l'unica
accademica di storia in Lettonia di origine romanì, rispettata
ed intelligente. Eccezionali qualità di leadership, ma non
disposta a farsi carico del peso di diventare una leader
comunitaria.
Vanda Zamicka [Zamicka-Bergendale], presidente di
Ame Roma: giovane e talentuosa avvocato, con esperienza in diversi
progetti educativi, culturali e sociali. Ritiene che i Rom non
abbiano bisogno di un singolo leader, piuttosto debbano consolidare
una leadership più amplia attraverso la partecipazione ai
gruppi organizzati della società civile.
Leons Gindra, presidente di Gloss Romani: avrebbe l'ambizione del
leader, ma si mormora che non sia affidabile sui temi economici. Si
dice anche che non abbia la fiducia di molti Rom, per non aver
protetto la sua famiglua dal disonore di essere associata al traffico
di droga.
La parola allo stato, per bocca di Irina Vinnik: “Appoggeremo
i progetti di differenti organizzazioni romani se saranno fattibili e
se i conti [della Società
Socio-Culturale Rom] saranno disponibili”.
This
article originally appeared in the Riga weekly Kas Notiek, no.
17, 2005. The magazine has since ceased publication.
Translated
by Aris Jansons.
Di Fabrizio (del 13/02/2006 @ 01:47:11, in Europa, visitato 1773 volte)
Budapest, 10 febbraio (MTI) - Secondo quanto pubblicato venerdì
scorso dal quotidiano Nepszabadsag, i sentimenti anti-immigrati
rimangono sostanzialmente invariati in Ungheria, tendendo anzi a
diminuire rispetto all'anno precedente, ma cresce l'attitudine più
propriamente razzista.
Il 25% degli Ungheresi rifiuta del tutto che il paese accolga i
richiedenti-asilo, il 70% considererebbe ogni caso singolarmente e il
6% non opporrebbe alcun problema. Questi i dati emersi da un
sondaggio della società Tarki.
Nel merito di quanti valuterebbero singolarmente ogni richiesta,
l'83% non accetterebbe “Arabi”. Il 75% non accetterebbe
Cinesi, Zingari e Russi e due terzi non gradirebbe Rumeni.
La maggior parte degli intervistati ritiene sbagliato rifiutare
l'asilo, ma nella pratica rifiuterebbe qualsiasi richiesta
dall'estero – esclusi quanti di etnia ungherese, in altre
parole, dice la ricerca, la xenofobia aperta viene mascherata..
Le precedenti inchieste di Tarki, condotte annualmente, mostrano
che il sentimento anti-immigrati raggiunse il picco nel 1990,
decrescendo poi gradualmente sino al 2003.
Fonte: Hungarian_Roma
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