Di Fabrizio (del 17/06/2010 @ 09:34:26, in lavoro, visitato 1800 volte)
Venerdì 18 giugno, alle ore 18 presso la Città dell’Altra Economia in Largo
Frisullo (portico della Pelanda) nell’ambito di Geografie Extravaganti –
Passaggi ad Ovest : luoghi di incontro con e tra donne
migranti,
il Laboratorio Manufatti Donne Rom presenterà
una relazione su Formazione, lavoro e integrazione tra donne
Rom e italiane (relatrice Cristina Rosselli Del Turco)
Gli interventi saranno accompagnati dalla lettura di poesie e testi tratti da:
"Passaggi a Ovest" a cura di Paola Splendore, "Il colore della solitudine" di
Sujata Bhatt, "Quelle voci dal vuoto" di Guido Tassinari e da cantiin lingua
madre
Di Fabrizio (del 20/06/2010 @ 09:44:33, in lavoro, visitato 1966 volte)
Strill.it di Anna Foti - Mercoledì 16 Giugno 2010 15:31
Volgerebbe al termine nel peggiore dei modi la vicenda della cooperativa Rom
1995, per la quale non è stata prevista la condizione di subappalto dello
smaltimento dei rifiuti ingombranti nell’ultimo bando del comune di Reggio
Calabria.
Solo rassicurazioni verbali e buoni propositi da parte delle istituzioni,
anche consacrate in atti ufficiali, ma nessun intervento concreto. Addirittura,
oggi arriva l’ufficialità dell’affidamento formale, oltre che sostanziale, del
servizio alla società Leonia che dunque non si occuperà più solo dello
smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Ma riferiamo un po’ di storia per
comprendere cosa significherebbe la fine della cooperativa Rom 1995 e che cosa
la città di Reggio Calabria stia realmente perdendo. Non solo licenziamenti, che
già di per sé sarebbero gravi, ma molto, molto di più.
Confiscato a Paolo Aquilino nel 1997, il fabbricato a due piani con cortile,
ubicato nella zona di Condera a Reggio Calabria, è stato destinato all’omonimo
Comune nel 1999 ed assegnato nel 2000 alla Cooperativa sociale Rom 1995, nata
dalla motivazione di giovani volontari dell’Opera Nomadi e presieduta da
Domenico Modafferi. Ristrutturato con il contributo della Regione Calabria,
l’immobile, il primo destinato all’amministrazione comunale di Reggio Calabria,
ospita quella che è stata fino ad alcuni mesi la virtuosa attività di raccolta
differenziata di rifiuti a domicilio e su strada e di deposito diretto degli
stessi, avendo la stessa gestito anche il servizio di spazzamento manuale
stradale nel comune di Melito Porto Salvo e quello di pulizia di servizi
igienici pubblici. La Cooperativa Rom 1995 impiegava quasi trenta persone, tra
cui la maggior parte di etnia Rom, di età compresa tra i 25 e i 30 anni, che
adesso potrebbero rimanere senza lavoro. Costoro erano stati formati e avviati
al lavoro grazie ad un corso di formazione intitolato “Lacio Grave” che in
lingua romanes significa “buona città”, curato proprio dalla cooperativa tra il
1999 e il 2000.
Positiva la risposta della cittadinanza che contattava la cooperativa per
richiedere il loro intervento, associando a questo servizio prezioso, serio e
puntuale, il volto spesso discriminato delle persone di etnia rom. Ma accanto a
questo anche una realtà formativa ed educativa sul riciclo, sull’integrazione e
sul rispetto dell’ambiente aperta costantemente alle scuole e alle giovani
generazioni.
Un’esperienza tanto positiva, quanto amaro è l’epilogo annunciato da mesi e
che oggi, dopo una lunga agonia, giunge a quel traguardo che avrebbe dovuto
essere evitato. Integrazione sul territorio della comunità Rom nel segno del
lavoro e della qualificazione e rispetto dell’ambiente attraverso la raccolta
differenziata dei rifiuti e l’avvio al loro corretto smaltimento, un binomio
pregno di senso civico che aveva anche il valore aggiunto di essere ubicato nel
primo bene confiscato alle ndrine destinato e riutilizzato a Reggio Calabria. Un
emblema le legalità ed un esempio su scala nazionale dell’uso sociale dei beni
parte di un patrimonio illecitamente accumulato adesso al servizio di quella
stessa collettività prima defraudata.
Un progetto che, come tale, guardava anche al futuro con iniziative che hanno
condotto all’istituzione dell’isola ecologica nel 2007 e più recentemente
all’avvio dei lavori per la costruzione della ricicleria al piano superiore. Ma
tutto questo adesso potrebbe essere passato. Forse, anzì sicuramente, avrà
seminato qualcosa di buono, ma perché accontentarsi di un rimpianto quando
avremmo ancora potuto vedere la cooperativa Rom 1995, segno di grande speranza
di cambiamento, crescere e operare a Reggio Calabria?
Tutto ha inizio da un vino un po' speciale... vino R.O.M. per l'appunto,
ovvero Rosso di Origine Migrante. Da qualche settimana i restauratori del
Consorzio hanno dei nuovi collaboratori: tre papà rom, il cui lavoro è stato
reso possibile grazie all'encomiabile impegno di un gruppo di genitori e maestre
di alcune scuole primarie di Zona Rubattino e della Comunità di Sant'Egidio di
Milano che hanno finanziato borse di avviamento al lavoro attraverso la vendita
del vino. Un'esperienza che per Sandu, Marco e Christian porta la speranza di
una vita diversa: la possibilità di avere una fissa dimora e di mandare
finalmente i propri figli a scuola
Il campo rom di Rubattino
Tutto ha inizio due anni fa nel campo rom di via Rubattino, una vera e
propria favela cresciuta ed rganizzatasi autonomamente negli spazi di in un ex
centrale Enel abbandonata. Le famiglie di rom romeni sono molte, moltissimi i
bambini in età scolare che non hanno accesso alla scuola.
Vista la stabilità del campo di Rubattino, la Comunità di Sant’Egidio prende
l’iniziativa ed iscrive una trentina di bambini in tre scuole primarie della
zona: Toti, Morante e Munari.
Per i bambini è la prima volta a stretto contatto tra i “gagè”, sconosciuti e
temuti. Anche per le famiglie italiane è il primo incontro con i bimbi rom e le
loro famiglie, altrettanto sconosciute e temute. Questa semplice esperienza da
subito sovverte i pregiudizi: i bambini rom ora hanno nomi, storie, sorrisi, si
sentono parte dell’esperienza scolastica, nasce un rapporto di amicizia con
maestre e compagni di classe.
Lo scorso novembre, poi, arriva lo sgombero. Per un mese oltre settanta bambini
sono costretti a vivere per strada con le rispettive famiglie, senza neanche più
il tetto di una baracca sulla testa: molti spariscono da scuola per intere
settimane.
Un gruppo di genitori italiani e di maestre affezionati ai piccoli alunni e
compagni di gioco dei figli prendono in mano la situazione, aprendo le loro case
e ospitando le famiglie rom per periodi più o meno lunghi.
Rosso di origine migrante
Negli ultimi mesi, lo stesso gruppo di genitori e maestre hanno fatto il
possibile per sostenere le famiglie dei bambini rom e permettere a questi ultimi
di tornare a scuola. Con l’appoggio di Gas Feltre e Intergas hanno progettato
un’iniziativa per raccoglie fondi e sostenere con borse di studio e lavoro le
famiglie rom. Un viticoltore toscano, che con i rom avevano in comune una storia
di sgombri, mette a disposizione del vino: da questa iniziativa il vino prende
il nome di "R.O.M.", Rosso di Origine Migrante. Il vino "R.O.M." ha raccolto la
solidarietà di tantissime persone, tanto che gli incassi hanno consentito di
approntare le prime borse-lavoro, grazie anche al supporto della Comunità di
Sant’Egidio e alla sua esperienza nell'ambito di percorsi di integrazione e di
autonomia per le persone rom senza tetto in Italia.
Le borse lavoro al Cantiere Cuccagna
Ed è proprio nel cantiere Cuccagna che da qualche settimana hanno iniziato a
lavorare due papà rom, un terzo invece arriverà a giugno. Si tratta di una
collaborazione lavorativa part time della durata di due mesi.
Se l'esperienza sarà positiva, il responsabile del restauro, Juan Carlos
Usellini, ha dato la disponibilità nel riconfermare la collaborazione in
cantiere.
Per Christian, Garofita e i loro tre bambini che da un anno sono ospiti di una
comunità, questo lavoro rappresenta un reale percorso verso l’autonomia. Per
Sandu, che insieme ad Alina - donna molto coraggiosa ed intelligente - ha
quattro figli, è l’inizio di una nuova vita. Pochi giorni fa ha firmato un
contratto per una casa a Truccazzano. Finalmente non dovranno più dormire per
strada: il lavoro gli permetterà di ottenere la residenza e di mandare i due
bimbi più piccoli a scuola l'anno prossimo. Per Marco l'esperienza in Cuccagna è
la speranza di una vita diversa: da anni vive per strada con moglie e figli,
costretti a frequenti sgomberi e con il dolore di una bambina di quattro anni
persa in una roggia di Chiaravalle.
01/07/2010 - "Sono molto arrabbiato," dice Milan Kováč, in visita agli uffici
dell'associazione Dženo.
"Devi impegnarti di più," lo prende sarcasticamente in giro una mia collega
d'ufficio e ridiamo tutti, ma la risata si tinge di un senso di delusione.
Kováč, con una laurea in economia, conosce cinque lingue e ha molti anni di
esperienza professionale in contesti che vanno dal non-profit al governo al
settore privato. Per esempio, ha lavorato come project manager sia al Ministero
della Gioventù e dello Sport sia nella non-profit Athinganoi, organizzazione
specializzata nel sostenere gli studenti romanì ad ottenere istruzione
secondaria e post-secondaria.
Da quando ha perso il lavoro otto mesi fa, sta cercando un'occupazione. Ha
fatto oltre sessanta domande ed è passato per una media di sette colloqui di
lavoro a settimana, senza alcun risultato.
Recentemente, ha fatto domanda per la posizione di Coordinatore Locale all'Agenzia
governativa per l'Inclusione Sociale nelle Località Rom, che su 25
dipendenti impiega un solo Rom. Col suo curriculum e Rom lui stesso, era
convinto che le sue possibilità fossero alte, specialmente considerando il fatto
che il ruolo dell'agenzia, tra l'altro, è di promuovere l'integrazione dei Rom
nelle regioni socialmente escluse dal mercato del lavoro.
Dopo avere completato con successo la prima fase delle interviste, Kováč
fu verbalmente invitato di nuovo. Ma venne presto a conoscenza di non essere
stato selezionato per il secondo turno di interviste.
L'esperienza di Kováč non è la sola. Uno
studio su
diversi paesi dell'European Roma
Rights Center, condotto in parte nella Repubblica Ceca, ha scoperto che questo
era il caso:
La maggiore incidenza della discriminazione nell'impiego contro i Rom è
nella fase della ricerca lavoro e nelle pratiche di assunzione applicate
dalle aziende. In pratica,una discriminazione diretta impedisce ai candidati
di raggiungere già la fase del colloquio. Molte compagnie hanno una politica
di esclusione totale riguardo l'impiego dei Rom e di distinzione assoluta
generale di pratica contro i candidati romanì. Come risultato, i Rom in
cerca di lavoro sono eliminati ed esclusi sin dall'inizio dal processo di
applicazione, a prescindere dall'istruzione, dalle qualifiche e dalle
competenze nel lavoro.
Nella sua lettera-appello, inviata nell'agenzia che l'ha rifiutato dopo il
primo turno di interviste, Kováč si chiede se le organizzazioni incaricate
di eliminare le barriere alla pari partecipazione nella società ceca affrontate
dai Rom, siano davvero [organizzazioni] "pro-Rom". Scrive:
L'Agenzia per l'Inclusione Sociale nelle Località Rom è stata fondata per
sostenere l'inclusione sociale dei Rom... Uno dei suoi ruoli è promuovere
l'inclusione dei Rom dalle comunità socialmente escluse nel mercato
lavorale. Ci sono anche tutta una serie di OnG ed organizzazioni non-profit
che si presentano come "pro-Rom". Si presentano con un atteggiamento aperto
da parte dei suoi operatori verso i Rom, con il generoso supporto del Fondo
Sociale Europeo. Queste stesse organizzazioni sono realmente aperte ad
impiegare Rom e stanno praticando nella realtà quanto predicano?
Quando venne criticato il fatto che non un solo Rom arrivò al secondo turno
delle interviste, Michael Kocáb, commissario ai diritti umani, che presiede il
Comitato di Controllo dell'Agenzia per l'Inclusione Sociale nelle Località Rom,
ha risposto di non essere a conoscenza che c'erano dei richiedenti rom tra gli
intervistati. Kocáb in passato aveva detto di essersi impegnato ad aumentare il
numero dei Rom impiegati nelle agenzie governative. Inoltre, a Kováč fu
promesso un appuntamento dove avrebbe potuto presentare il suo caso, ma questo
incontro non ha mai avuto luogo. Invece in passato, gli fu detto nella sala
dell'Ufficio del Governo gli fu detto dal direttore dell'agenzia che lui non era
stato scelto perché mancava delle qualificazioni necessarie, anche se prima era
stato chiaramente selezionato in quanto candidato promettente.
Molti studi, inclusa una
relazione del 2008 preparata congiuntamente dal Governo e dalla Banca
Mondiale, concludono che per i Rom le barriere nel mercato del lavoro sono
largamente dovute alla mancanza di capacità e qualificazione. Ma che dire dei
Rom che possiedono esperienze e competenze corrispondenti alla posizione
ricercata?
Il summenzionato
studio ERRC
del 2006, "Esclusione Sistematica dei Rom dall'Impiego", recita così:
La disoccupazione di massa dei Rom in età da lavoro è spesso percepita
come una questione riferita al mercato del lavoro, e l'alto livello di
disoccupazione è attribuito all'incapacità dei Rom a trovare un impiego, a
causa del loro basso livello di istruzione; capacità lavorative non
aggiornate e distacco dal mercato lavorale. Anche perché vasti segmenti
della comunità sono rimasti indietro durante la ristrutturazione economica
ed industriale avvenuta durante la transizione dal comunismo. Senza dubbio,
questi fattori creano barriere reali che riducono la possibilità di
occupazione ed escludono molti Rom dal lavoro, ma c'è un'altra dimensione -
la discriminazione - che aggrava significativamente la situazione e le cause
di esclusione sistematica dall'impiego per un gran numero di Rom in età da
lavoro.
Nella sua lettera, Kováč tocca la reale questione della discriminazione
anti-Rom:
Voglio che la società sappia che i Rom stanno continuando la loro
istruzione, crescendo le loro qualifiche, chiedendo un lavoro di qualità, ma
che esistono ancora barriere, fattori ed influenze che rendono impossibile
raggiungere il successo.
Disgraziatamente, tanto il clientelismo che il razzismo giocano ancora un
ruolo determinante nel processo decisionale in questo paese. Quelli con cui ho
parlato, che sono stati attivi per anni nella difesa dei diritti dei Rom,
confermano questa realtà, enumerata nello studio ERRC e illustrata da Kováč.
Un modo per combattere la discriminazione nella ricerca del lavoro e nella
fase di reclutamento, suggerisce l'ERRC, è dare mandato per la raccolta dei dati
disaggregati per etnia e di monitorare e rispondere, in maniera strutturale,
alle iniquità alla base di questi dati, per migliorare l'accesso al lavoro per i
richiedenti Rom qualificati. Questo ora non accade. Dichiara
ERRC:
Risulta evidente, dall'esperienza di paesi con le misure più efficaci nel
combattere la discriminazione razziale nell'impiego, che il monitoraggio
della forza lavoro, inclusa la raccolta di dati sull'etnia, è uno strumento
chiave per ottenere prove statistiche a sostenere le azioni positive per
affrontare la sotto-rappresentazione di gruppi etnici nei posti di lavoro e
più in generale, in professioni e settori specifici del mercato del lavoro.
Il monitoraggio, la registrazione, la notifica e la risposta alla
composizione etnica sul posto di lavoro sono fattori chiave che garantiscono
l'efficacia e l'efficienza delle politiche sulle pari opportunità. [...]
27/07/2010 - La recente introduzione di nuovi chioschi per venditori di fiori
sta agitando i venditori di fiori per le vie di Istanbul, un gruppo dove sono
predominanti i membri della comunità rom cittadina. I venditori si lamentano di
essere stati allontanati dalle loro bancarelle ed esprimono preoccupazione sui
prezzi regolamentati e sulle ore di lavoro nei nuovi chioschi.
I rom costituiscono una parte sostanziale dei venditori di strada di Istanbul
che vendono fiori. DAILY NEWS foto, Mehveş KONUK
Un'iniziativa municipale di introdurre nuovi chioschi perla vendita di
fiori, preoccupa i venditori di strada di Istanbul, la maggior parte membri
della comunità rom cittadina, per la perdita delle loro bancarelle o per la
paura di essere obbligati ad adottare pratiche nuove ed inaccettabili.
Il comune ha detto che i venditori di strada sono liberi di affittare i nuovi
chioschi o continuare a lavorare nei vecchi, ma i venditori lamentano che la
compagnia che sta installando questi chioschi obbliga chi li affitta ad
indossare abiti "adeguati" e anche "intende scoraggiare i venditori di strada".
I venditori lamentano di essere obbligati a lasciare le loro bancarelle nelle
strade, per le misure indirette prese dagli incaricati della ditta di consulenza
Birikim, che sta costruendo i chioschi di fiori dopo avere vinto la gara indetta
da Kültür A.Ş., una corporazione commerciale fondata nel 1989 all'interno della
Municipalità Metropolitana di Istanbul o İBB.
I funzionari della compagnia hanno rifiutato di commentare o fornire
qualsiasi informazione sulla questione.
Emine Çetinbaşlar, che vende fiori di fronte all'università Bahçeşehir,
ha detto ad Hürriyet Daily News & Economic Review che gli incaricati della
ditta hanno installato un chiosco proprio accanto al suo, dopo che lei aveva
detto di non volerne affittare uno dalla compagnia. Çetinbaşlar ha aggiunto
che l'università le aveva precedentemente rinnovato il permesso, cosicché non
aveva bisogno di affittare un chiosco.
Metin Salih Şentürk, a capo dell'Associazione Fioristi di Kuştepe
dell'omonimo quartiere di Istanbul, dice che sebbene i funzionari di İBB
avessero assicurato il gruppo che i chioschi sarebbero stati costruiti lontani
dalle bancarelle dei venditori di strada, circa 15 chioschi sono stati
recentemente installati vicino a dove i Rom vendono fiori.
I venditori dicono di essere riluttanti ad affittare questi chioschi, dato
che dovrebbero vendere fiori a prezzi regolamentati e non sarebbero in grado di
trattare con i compratori, una cosa che Çetinbaşlar dice far parte del suo
lavoro.
Dice: "Vendo fiori agli studenti. A volte non hanno abbastanza denaro, ed io
posso preparare fiori per due lire turche. A volte non hanno proprio soldi, ed
io do lo stesso dei fiori, che mi pagheranno quando avranno i soldi."
I venditori che affittassero i chioschi, dovrebbero anche prevedere ore di
lavoro obbligatorio, cosa che molti venditori di strada hanno contestato. Şentürk
ha detto al Daily News che nei chioschi costruiti da Birikim i venditori devono
lavorare dalle 7 del mattino sino a mezzanotte.
Secondo Şentürk, alcuni funzionari della ditta hanno invitato i
venditori rom di fiori e detto loro che le venditrici avrebbero dovuto indossare
minigonne e truccarsi, se volevano lavorare nei nuovi chioschi. "Siamo
estremamente disturbati da queste regole presentate ai fioristi," dice Şentürk.
"Una settantenne che ha detto ai funzionari di non poter accettare regole
simili, è stata allontanata dalla sala della riunione."
Il comune di Istanbul ha detto al Daily News con una dichiarazione scritta
che i venditori di strada sono stati informati sulle prassi dei nuovi chioschi,
incluso un codice di abbigliamento che prevede pantaloni neri, T-shirt bianca ed
un grembiule per le venditrici. "Essere truccate non è obbligatorio, ma ai
venditori è stato detto che sarebbe più opportuno un aspetto pulito, elegante e
ben curato," recita la dichiarazione, aggiungendo che gli affittuari dovrebbero
prestare attenzione anche alla pulizia dei chioschi.
Dice Şentürk che ci sono circa 400 banchi di fiori in tutta Istanbul, ed
i venditori pagano prezzi differenti per il posto su strada ai vari comuni
locali.
Il comune di Istanbul ha pianificato un'installazione iniziale di 56
chioschi, 40 dei quali sono pronti. Quanti hanno lavorato come venditori di
fiori nella stessa area per almeno cinque anni avranno la priorità
nell'affittare i nuovi chioschi, dichiara İBB, aggiungendo che gli affitti
per i chioschi saranno minori a quelli degli spazi alternativi.
Şentürk ha detto che i venditori di fiori non erano ancora stati
informati sugli affitti, ma che non erano a conoscenza delle altre condizioni.
Il circo famigliare zigano ROMANES a Parigi, è oggi parte del paesaggio
artistico europeo.
"Noi zigani, siamo accusati di tutto e soprattutto di mandare i nostri bambini a
mendicare e rubare, occorrerebbe una buona volta per tutte sapere cosa si
vuole: chiedo ai parlamentari francesi di non gettare i miei bambini per strada
e permettere loro di apprendere e di esercitare il mestiere che hanno scelto" Alexandre ROMANES
Al fine di permettere al Cirque ROMANES di continuare la sua attività, noi
membri di questo collettivo chiediamo alle autorità francesi:
di ridare ai musicisti rumeni del Cirque ROMANES i permessi di lavoro
che sono stati loro ingiustamente ritirati
di autorizzare il Cirque ROMANES ad impiegare gli artisti rumeni e
bulgari con cui lavorano da anni
di chiedere al Pubblico Ministero di abbandonare le accuse contro il
Circo ed i suoi dirigenti, per la partecipazione dei loro figli allo
spettacolo
di proporre ai parlamentari francesi di avere la gentilezza di non
proibire ai bambini del Circo di esercitare il più presto possibile uno dei
rari mestieri ancora apprezzati dalla gioventù
Riportano i giornali canadesi che dei Rom ungheresi sono stati trattati come
schiavi da una famiglia ungherese ad Hamilton, Ontario, e le autorità comunali
hanno emesso un mandato relativo a traffico di persone contro 10 membri della
famiglie.
I sospettati avrebbero attirato più di 16 persone da Pápa verso il Canada con
la promessa di una vita migliore e di opportunità di lavoro.
Al loro arrivo [le vittime] erano costrette a lavorare gratis e a lasciare i
loro benefici sociali. I sospetti aguzzini trattenevano i documenti delle
vittime, le chiudevano in uno scantinato e davano loro avanzi di cibo. Tutte le
vittime conosciute sono maschi.
E' il più grande reato di traffico di persone mai scoperto in Canada e gli
imputati potrebbero essere i primi nel paese ad essere condannati per questo
crimine. Ferenc Dömötör, Ferenc
Dömötör Jr., Gyöngyi Kolompár, Gizella Kolompár, Lajos Dömötör, Ferenc Kolompár,
Gizella Dömötör, Attila Kolompár, Gyula Dömötör e Zsanett Kolompár sono
ricercati dalla Polizia Canadese a Cavallo. Nove di loro sono accusati di
tratta.
Il caso è arrivato all'attenzione dicembre scorso quando uno dei Rom è
riuscito a protestare pubblicamente sul modo in cui erano trattati. Prima le
vittime non erano state in grado di rivolgersi alle autorità, perché erano
sorvegliati strettamente e non parlavano bene l'inglese.
Il Canada ha lanciato un'indagine e dopo 10 mesi ha emesso gli avvisi di
garanzia.
Le accuse a Ferenc Dömötörs e agli altri includono quella di aver insegnato
agli immigrati come truffare le autorità canadesi.
Altri due membri della famiglia sono accusati dello stesso reato. Il capo del
gruppo sembra essere Ferenc Dömötör senior, descritto dal procuratore della
corona Sandra Antoniani come il capo del gruppo criminoso di Rom ungheresi,
composto da parenti di vario grado. Durante un'audizione Ferenc Dömötör ha
negato le accuse, dicendo di essere stato minacciato dalla polizia e dalle
autorità canadesi, a causa della sua discendenza rom.
La maggior parte delle vittime sono ritornate in Ungheria.
Il ministro canadese dell'immigrazione, Jason Kenney, ha detto che il crimine
organizzato ha portato queste persone in Canada a rubare i loro benefici
sociali. Ha detto che molti cittadini ungheresi sono migrati nel paese, ma dei
2.500 che nel 2009 hanno richiesto asilo in Canada, solo tre l'hanno visto
accolto.
Nota dell'editore: Il Kyiv Post è un membro
fondante del New Europe
News Network, assieme ad altri giornali in lingua inglese. I media includono il Krakow Post in Polonia, The Budapest Times in
Ungheria, The Slovak Spectator di
Bratislava, Slovacchia, The Sofia Echo in Bulgaria e The Prague Post nella
Repubblica Ceca. In base ad un accordo informale, i giornali condividono
articoli nelle versioni stampate e online con gli altri membri del network.
Sono Rom e provengono dal medesimo povero villaggio in Romania. Ora sono a
Copenhagen suonando l'armonica per i passanti. Catalin Tudorache e Puiu Toader
fanno quello che possono per racimolare abbastanza soldi per le loro famiglie a
casa - By Simon Ankjaergaard
Come per molti altri Rom, la vita in Romania è sempre stata una lotta per
Catalin e Puiu. Uno stipendio medio non basta a sostenere una famiglia. In
quanto Rom, sei automaticamente al livello più basso nella gerarchia sociale. La
scelta tra un lavoro instabile per 3 o 4 sterline all'ora o il più basso assegno
sociale di circa 1,70 sterline, sono ben lontani da coprire le spese per cibo,
vestiti, gas ed elettricità. Non bastano neanche a pagare l'istruzione, cruciale
ai bambini rom per rompere la spirale negativa e costruire una vita migliore per
loro stessi.
Sei anni fa, Catalin e Puiu decisero di lasciare la povera casa nel
villaggio di Mârgineanu, 50 km. a nord-est di Bucarest, per tentare la fortuna
fuori dalla Romania. Con gli ultimi soldi comprarono un biglietto d'autobus,
destinazione Copenhagen.
Da allora, hanno viaggiato avanti e indietro tra la capitale danese e
Bucarest. Tre o quattro mesi in Danimarca, un mese in Romania. E non sono i
soli. L'autobus del ritorno è sempre pieno di Rom poveri. Qualcuno ha racimolato
solo i soldi per il biglietto. Altri hanno contratto debiti con usurai locali
con l'ordine di non mostrarsi in Romania fin quando non avranno guadagnato
abbastanza da cancellare il proprio debito.
Pagamenti illegali
"Per sei anni, abbiamo vissuto in questo modo, ma non è diventato più facile.
Ogni giorno è ancora una lotta", dice il trentenne Catalin, che ha lasciato in
Romania una moglie ed un figlio di tre anni.
Pone la sua armonica in grembo e si accende una sigaretta. Nella luce fioca
sotto il ponte della stazione Noerrebrola gente è come un flusso uniforme.
Inspira e sorride a più gente che può. Servizio Clienti. Forse gli getteranno
una o due monete nella giacca stesa a terra la prossima volta che passeranno.
Oggi ha guadagnato 55 corone (£6.20). Più in là in Frederikssundvej, dove il
quarantatreenne Puiu lascia che i brani di "Somewhere Over the Rainbow"
soddisfino i clienti del supermercato, il reddito della giornata è di 30 corone
(£3.40).
"Il nostro reddito dipende dal clima e dalla stagione", dice Puiu. "Quando
piove, guadagniamo quasi niente, perché la gente è troppo occupata a cercare di
evitare la pioggia." Suonare l'armonica è l'occupazione principale dei due
amici, che però sono più contenti quando ottengono qualche lavoro occasionale.
"Ci pagano illegalmente, così non posso dire per chi lavoro. Significherebbe
non lavorare più per lui," dice Puiu, che deve racimolare i soldi per sua moglie
e tre bambini. "Talvolta sono altri Rumeni che ci raccomandano. Altre volte,
sono i capi del commercio che ci trovano per strada e chiedono se vogliamo
aiutarli. A volte Danesi, altre volte stranieri", dice.
In quel momento, d'improvviso Puiu smette di parlare e si sbraccia
entusiasticamente verso un uomo in tuta da jogging all'altro lato della strada.
"E' l'Arabo", dice con un gran sorriso.
"E' mio amico. Ha assunto sia Catalin che me diverse volte. Abbiamo costruito
un muro per lui ed anche altre cose. A volte ci paga bene, perché sa che il
denaro va alle nostre famiglie. E mi ha dato questa. Gratis." Puiu indica
l'armonica.
L'Arabo zigzaga lungo la strada e stringe calorosamente la mano di Puiu. Puiu
lo interroga sulle prospettive di lavoro. L'uomo scruta pensieroso e sembra non
promettere troppo. Alla fine si stringe nelle spalle. "Forse. Ho il vostro
numero di cellulare, Puiu. Ti chiamerò."
"E' mio amico," ripete Puiu e lo segue con gli occhi mentre l'altro si
immerge nuovamente nella via trafficata. "E' per lui che possiamo prendere
l'autobus per Copenhagen e per tornare."
Oltre a lavorare come muratori, Catalin e Puiu hanno montato controsoffitti
in cartongesso e fatto lavori di pulizia. Il pagamento avviene sempre in
contanti. Non dispongono di conti bancari e i loro principali non intendono
informare le autorità fiscali. I salari variano da poche centinaia di corone a
qualche migliaia, dipende dalla quantità di lavoro. Sanno perfettamente di
essere scelti per un lavoro soltanto perché sono a buon mercato. Ma non importa:
anche uno stipendio ben al di sotto del minimo salariale danese può fare
meraviglie per le famiglie a Mârgineanu.
Puiu ripone l'armonica, accende un'altra sigaretta e ingoia una pillola per
l'ulcera. Agita lo sporco tubetto delle pillole. "Mi costano 500 corone (£56.20) al
mese. Devo prendere sei pillole al giorno. L'ulcera è peggio dei miei calcoli
renali," dice. Scuote le spalle e si avvia verso il rifugio di Catalin. Sono due
km. e mezzo di strada. Il biglietto dell'autobus è troppo caro.
Senza tetto
Catalin accoglie Puiu con un sorriso. Conosce la routine. Il lavoro ora, come
ogni giorno, è di immaginare dove andranno a passare la notte. La notte scorsa
hanno dormito da un amico rumeno, ma stanotte non c'è spazio. Sono tornati a
Copenhagen in 50 dal villaggio, e così hanno iniziato a telefonare e cercare di
trovare un tetto sopra la testa prima che scenda l'oscurità. Spesso la risposta
è negativa -come oggi. Altri sono arrivati prima di loro.
Puiu e Catalin restano insieme. Tendono a rimanere isolati dal resto della
popolazione rom il più possibile. Non vogliono unirsi al grande gruppo di Rom
che si accomodano nei campi o nelle fabbriche abbandonate. Hanno paura di finire
negli arresti di massa, come quello di Copenhagen lo scorso luglio, quando la
polizia ha sgomberato un campo e una fabbrica. 23 Rom sono stati deportati.
Invece si spostano verso l'area di Amager - in metropolitana, ma senza
biglietto. Risalgono e camminano in un parchetto. Qui è dove dormono se non
hanno la fortuna di trovare sistemazione da amici. Hanno scelto un boschetto,
nascosto lontano dalle panchine piene di graffiti e dai sentieri. Con le teste
appoggiate sulle loro piccole borse sportive, parlano tra loro con calma finché
non sono interrotti dalla vibrazione del cellulare di Catalin. Al telefono c'è
sua moglie. Ha bisogno urgente di soldi. Catalin deve deluderla. Ha soltanto 400
corone (£45), così ci vorrà molto tempo prima che possa tornare a casa. Ma Puiu
dovrà aspettare anche di più. Tira fuori 80 corone (£9) dalla tasca. Sono tutti
i suoi averi.
"Non possiamo tornare a casa finché non abbiamo almeno 2.000 corone (£225) in
contanti per la famiglia," dice Catalin con un sospiro. "Durante un buon mese,
possiamo guadagnare fino a 2.500 corone (£280), ma dobbiamo togliere 1.000
corone (£110) per cibo e sigarette. E dobbiamo considerare che il biglietto del
bus per il ritorno costa 1.000 corone."
Spesso ci vogliono tre o quattro mesi perché i due abbiano abbastanza soldi
per tornare a casa dalle loro famiglie. E dopo, occorre un altro mese per
guadagnare denaro per un nuovo viaggio in autobus sino a Copenhagen. Di solito
cercano di trovare lavoro come manovali, ma spesso i posti di lavoro sono presi
da manodopera a basso costo proveniente da paesi ancora più a est.
La soluzione finale è di affidarsi agli strozzini. E con loro, parte la
spirale del debito. "Ho avuto diverse volte in prestito i soldi del biglietto
del bus," dice Catalin. "Quel debito dev'essere pagato ed è per questo che devo
guadagnare di più quando sono in Danimarca. E poi ci vuole più tempo prima che
possa rivedere mio figlio e mia moglie," sospira.
Sente di trascurare la sua famiglia con le sue lunghe assenze, ma Puiu non è
d'accordo. Può darsi che il loro cuore appartenga a Mârgineanu, ma è la
necessità che li ha spinti in Danimarca. Puiu pone la domanda retorica:
"Cos'altro dovremmo fare? Non possiamo guadagnare abbastanza in Romania da
provvedere alle nostre famiglie e pagare l'istruzione dei figli. Non è
negligenza. E' una necessità."
Schiocca l'indice destro nel palmo della mano per sottolineare l'argomento.
"Se ne avessi la possibilità, certo che starei in Romania. Ma è impossibile.
Fintanto che la Romania rimarrà povera, viaggeremo verso i paesi più ricchi per
far soldi. E' così semplice."
La cucina è integrazione. Anche per un campo rom abusivo all'interno di uno
dei quartieri più pericolosi d'Italia: Scampia. La sfida è lanciata
dall'associazione "Chi rom chi no" con il progetto Kumpanìa, Percorsi
Gastronomici Interculturali. Nella baracca del campo rom dove ha sede
l'associazione la presentazione del progetto, che in lingua roman indica
l'insieme delle famiglie appartenenti allo stesso gruppo, è stata una festa a
cui ha partecipato come ospite d'onore anche un simbolo della legalità, il
prefetto Andrea De Martino
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