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Di Fabrizio (del 21/01/2014 @ 09:04:25, in musica e parole, visitato 1837 volte)

di Zuzanna Krasnopolska in Società Italiana delle Lettere|

Bronisława Wajs - detta Papusza, poetessa dimenticata, incompresa e sconosciuta, è stata riscoperta nel 2013 grazie alla pubblicazione della sua storia scritta dalla giornalista Angelika Kuzhniak e intitolata Papusza. In più il film scritto e diretto da Joanna Kos-Krauze e di Krzysztof Krauze "Papusza" (i coniugi-autori del premiato "Nikifor" del 2004) ha fatto riscoprire l'eccezionalità di quest'artista così insolita.

Bronisława Wajs nasce... non si sa quando. Gli zingari non prendono nota delle date sul calendario, regolano il passare del tempo in base al ritmo della natura. Bronisława nacque nel giorno in cui gli agricoltori terminarono la mietitura del grano, metà agosto del 1910 (o 1908 o 1909, secondo le diverse testimonianze). Il padre rimane una figura sconosciuta, la madre è una zingara galiziana. La ragazza cresce in mezzo alla natura, osserva attentamente gli alberi, i fiori, gli uccelli. Di sera siede al ruscello e canta. Sa anche ballare bene. Conosce il potere magico delle erbe. E' bellissima, la chiamano "Papusza", cioè "Bambola".

Zingarella povera, giovane,
bella come un mirtillo,
denti bianchi come perle,
occhi brillanti come l'oro vero.
Gli orecchini fatti di foglie, eccoli
Come oro genuino son belli
(frammento di "Orecchino di foglia", p. 57)

Impara a leggere e a scrivere da sola, comprando (e pagando con galline rubate) qualche minuto di lezione dai ragazzi che frequentano le scuole e da una commessa ebrea. Conosce Jerzy Ficowski (1924-2006) - poeta, critico, scrittore, traduttore, studioso di Bruno Schulz e della cultura zingara ed ebrea - che dopo aver letto le sue poesie, s'impegna a promuoverla, a tradurla in polacco (mantenendo l'asprezza dello stile), a farla pubblicare (e dunque guadagnare) e a iscriverla all'Associazione dei Letterati Polacchi con tutti i privilegi che ne derivano, inclusa la pensione. Grazie a Ficowski incontra Julian Tuwim (1894-1953) - uno dei fondatori del movimento poetico "Skamander", forse uno dei più grandi poeti polacchi - che trova le poesie della Wajs piene d'innocenza e di onestà, virtù che lui stesso cerca di trasmettere. Le creazioni di Papusza sono apprezzate anche da altri, tra cui Wisława Szymborska.

Fino a questo punto la vita di Papusza sembra una favola. La realtà però non è il mondo delle fiabe e così ben presto arriva un'ombra che offusca e distrugge questo mondo idilliaco.

Prima la seconda guerra mondiale, con la persecuzione e la strage degli zingari (il numero totale degli zingari ammazzati in Europa Orientale rimane sconosciuto). L'esistenza ridotta al minimo: la fame attenuata con qualche corteccia, le notti passate fra le canne con le gambe in acqua gelata, il tifo, la morte delle persone care. Dopo il massacro arriva il nuovo regime, nuove regole, nuove persecuzioni. E' sterile, adotta un bambino (che chiama Tarzan, affascinata dall'immagine di un ragazzo selvaggio seduto su un ramo accanto a una fanciulla), figlio di uno zingaro e una gagi. Dopo la pubblicazione di qualche articolo sulla cultura zingara di Ficowski e qualche poesia di Papusza, gli zingari smettono di fidarsi di lei, cominciano a trattarla come una spia, traditrice dei loro segreti. La Wajs è costretta a fuggire con il figlio e il marito arpista (in effetti suo zio, fratello del patrigno, molto più grande di lei), ma le persecuzioni continueranno per tutta la vita e la porteranno all'esaurimento nervoso. Bronisława Wajs muore... questa volta la data è certa - l'8 febbraio 1987. Le infermiere diranno che poco prima di morire, Papusza si toccava le orecchie in cerca dei suoi orecchini preferiti, fatti con le galle di quercia:

Dov'è il mio orecchino preferito?
Si sarà nascosto nel bosco selvatico?
Quanto mancano agli occhi neri
Questi miei orecchini cari!
(frammento di "Orecchino di foglia", p. 56).

Papusza è considerata la più grande poetessa zingara polacca. Zingara, sì, e fiera di esserlo, addirittura rideva quando si sentiva chiamare con quella parola politicamente corretta e artificiale "rom". Zingara polacca, anche se spesso si sentiva dire di tornare "nel suo paese". Le poesie trasmettono un senso di pace, anche quando descrivono le persecuzioni più atroci. Saranno i suoi occhi da bambina, meravigliata di fronte allo spettacolo del creato, a diffondere questa unica sensazione di quiete. Proprio come una bambina chiede alle stelle di rendere ciechi i nemici:

Ah, tu, la mia buona stellina! [...]
Acceca gli occhi ai tedeschi!
Torci le loro vie!
Non mostrargli la strada giusta!
Conducili per il sentiero infido,
perché sopravviva il bambino ebreo e zingaro.
(frammento di "Lacrime di sangue - cosa abbiamo vissuto al tempo dei nazisti in Volinia nel '43 e '44", p. 68).

E come una bambina non tratta seriamente i propri versi, anzi, si stupisce ogni volta che qualcuno la considera una persona importante: "Son venuti a parlare con me? Ci sono poeti, ci sono poesie belle, favole meravigliose, ma io son niente. Non possiedo nessuna istruzione, nessuna scuola. Cosa può dire una vecchia Zingara che assomiglia ad un porcino dimenticato nel bosco di autunno? Sono una ragazza povera, vivo sotto il cespuglio. Nervosa, ho un'anima piccolissima. Sono una persona ordinaria, forse peggiore degli altri" (p. 20). Ovvero: "[Dicono che scrivo] poesie, ma non sono poesie. Canzoni. Le poesie son roba diversa. Ci vogliono le rime, la canzone è semplice. La canzone è inferiore. E la poesia è in alto, ci vuole gente istruita. Ci vuole l'università ed io non ho finito neanche una classe. Non posso scrivere poesie". (p. 70). Come una bambina commette molti errori di ortografia, di sintassi, di interpunzione. Nelle lettere indirizzate a Ficowski o a Tuwim si scusa della calligrafia che considera racchia. Ma è proprio grazie a questo suo modo di scrivere unico che il lettore riesce a vedere meglio il mondo descritto, riesce anch'egli a diventare bambino.

Quello che scrive rimane sempre legato alla sua identità, al suo essere zingara, che la porta a delle considerazioni sorprendenti: "Oggi se una Zingara è brava, sa leggere meglio il futuro, se è scema non sa più farlo. Dice qualsiasi cosa per guadagnare e andare avanti. Io per esempio leggo il futuro in modo psichico: riconosco se una persona non è di umore giusto e quando è amata e innamorata, riconosco dalla sua fronte che tipo di persona può essere; se è buona o cattiva, se saggia o stupida, se caratterizzata da una forte volontà oppure debole. Quando leggo le carte assumo un'espressione seria e leggo il futuro con la serietà. Lo stesso fa un poeta, penso. Ci deve essere qualche spirito, qualche respiro e subito si sa tutto". (p. 65). La capacità di osservazione e lo spirito di curiosità la portano alla riflessione sull'origine, sul significato e sul senso della parola: "La mia canzone è silenziosa come una lacrima. Io canto a me stessa, non a qualcuno. Da quando ero bambina qualcosa in me non andava bene. Avevo paura perché non sapevo da dove provenivano le parole, chi me le ha insegnate. Diciamo "foglia", "uccello", "prato", ma è vero quello che diciamo? Forse Dio ha fatto sì che noi ci siamo accordati a parlare così?". (p. 82).

Dopo molti anni,
ma forse molto prima, tra poco,
le tue mani troveranno la mia canzone.
Da dove è venuta?
Nel giorno o nel sonno?
E mi ricorderai, mi penserai -
era una favola
o vero era?
E ti scorderai
delle mie canzoni
e di tutto
. ("Canzone", p. 83).

Il 2013 è stato l'anno di Papusza in Polonia. Il libro di Angelika Kuzhniak è una forma di reportage dove i frammenti degli scritti della Wajs, le trascrizioni delle vecchie interviste e il racconto della Kuzhniak si intrecciano senza un particolare ordine cronologico, ma con la tenerezza di qualcuno che vuole bene al soggetto che sta cercando di ritrarre. Il film di Joanna Kos-Krauze e Krzysztof Krauze, assolutamente fenomenale e girato in bianco e nero, si concentra sull'eccezionalità della figura di Papusza, una donna straordinaria che ha avuto il coraggio di essere se stessa. La pellicola è stata già apprezzata durante il Festival internazionale del cinema di Karlovy Vary.

***

  • Tutte le citazioni provengono da Papusza di Angelika Kuzhniak (ed. Czarne, Wołowiec 2013).
  • Le poesie provengono dalla raccolta Lesie, ojcze moj [Bosco, padre mio] di Papusza (ed. Nisza, Warszawa 2013).
  • Trailer del film Papusza (diretto da Joanna Kos-Krauze, Krzysztof Krauze, 2013):
  • Tagged LM n.82, Papusza, poesia |
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Di Fabrizio (del 20/01/2014 @ 09:08:23, in Kumpanija, visitato 3543 volte)
Può esistere un'immagine più "irrispettosa" di questa, riguardo il GIORNO DELLA MEMORIA? Cosa ci fa qua e perché, lo scoprirete leggendo questo post...

di Jovica Jovic - Cari amici, c'è una cosa che da tempo mi fa stare molto male, soprattutto di questo periodo. E non è la salute, non sono i soldi... è quella parola: PORRAJMOS.

Ogni anno, l'ultima settimana di gennaio ci incontriamo, voi a sentirmi e io a suonare, per la Giornata della Memoria, e quella parola ritorna puntuale. Voi, magari, la dite perché l'avete sentita da qualcuno istruito e, come noi Rom, la ripetete perché quello che è accaduto allora fu di una tale violenza, che dopo tutti cercarono un termine per descriverlo. Gli Ebrei trovarono la parola Shoa, tra i Rom cominciò a diffondersi "porrajmos".

Quello che molti di voi non immaginano, è che la parola nella mia lingua significa STUPRO (si può usare solo per gli organi sessuali), quindi è estremamente violenta, ma del tutto inadatta ed offensiva ad essere pronunciata per descrivere gli stermini della seconda guerra mondiale. Può andare bene per qualcuno di voi, ma io non potrò mai dirla di fronte alle mie figlie, di fronte a una qualsiasi famiglia rom.

Ecco, parlerò a qualcuno di voi, sperando che mi capiate. Tenterò di essere calmo e comprensibile, e per questo devo spiegarvi alcuni termini della mia lingua (i termini in lingua romanés sono stati adattati alla grafia italiana, ndr.) :

  • PORADJOS: donna, apri le gambe.
  • PORAVESLES tu
  • PORAVASLES noi
  • PORAJMOS in tanti, assieme, come fare un'ammucchiata.

Per essere completi, esiste nella nostra lingua anche (due parole staccate) PO RAJMOS, che si può tradurre con "la signorilità", ma è ovvio che questo non ha alcuna relazione con l'uso che si dovrebbe fare della parola.

Quello che ho detto vale per la maggioranza dei Rom e dei Sinti - non pensate che il mio sia un capriccio: ho 60 anni, e sono figlio di una famiglia che ha partecipato alla II guerra mondiale, lì sono morti mio nonno, mio zio e poco dopo mio fratello che aveva contratto il tifo. La storia è raccontata nel libro Niente è più intatto di un cuore spezzato. Per me ricordare oggi quegli anni, usando quella parola, è come mancare di rispetto a loro e ucciderli nuovamente.

Tra i Rom, c'è chi non parla più il romanés, e altri che lo parlano per sentito dire, magari adattandolo alla lingua del paese dove vivono. Anche loro parlano allora di "porajmos" senza sapere di cosa si tratti. A loro non posso rimproverare molto. Ma quando ho parlato di questi miei sentimenti a Rom influenti e di cultura, mi è stato risposto pressappoco così: "Jovica, tu hai ragione. Ma ormai è tardi, è una parola che sta circolando da tempo e quello che tu chiedi non ha un valore pratico, anzi sarebbe anche impopolare". Avrà poco valore e sarà impopolare forse per loro, per me è una questione di rispetto per me e per l'affetto alla mia famiglia.

Con voi gagé le cose non sono andate molto diversamente. Ho scritto a molte persone di cultura, a molti che vivono nel mondo dell'informazione e della divulgazione. Le stesse persone che mi chiamano a suonare. Non ho avuto risposta. Durante i concerti, chiedo che se ne parli, ma non c'è mai il tempo pratico per farlo. Solo Moni Ovadia, durante la presentazione milanese del libro "La meravigliosa vita di Jovica Jovic", che ha scritto con Marco Rovelli, ha rotto infine il muro del silenzio.

Allora che termine usare, mi chiederete? Ultimamente, ho sentito adoperare SAMUDARIPEN, viene dalla parlata dei Rom Khorakhané, significa "totale omicidio". Anche i Rom Abruzzesi hanno un termine simile: MUNDARIPE'. Il termine esatto da adoperare sarebbe BARO MUNDARIMOS LE MANUCHENGO, cioè:

  • BARO = grande
  • MUNDARIMOS = omicidio totale
  • LE MANUCHENGO = dell'umanità.

Si sarebbe potuto dire LE RROMENGO, ma in questo caso si sarebbe reso omaggio solo alle vittime rom, con MANUCHENGO invece io ricordo anche gli Ebrei, gli omosessuali, i Testimoni di Geova...

Questo è tutto. Non mi importa di quanti sono stati zitti sinora, io andrò avanti finché campo a difendere le mie idee e i miei ricordi. Se volete, se avete capito, datemi una mano a far circolare questi pensieri, anche sulla stampa, anche su Facebook, dovunque. E forse, riusciremo assieme a fare un po' di luce, su tutti i defunti uccisi dal razzismo e dal fascismo

Grazie.

Nota del redattore: Sembra destino che sul Giorno della Memoria io debba incrociare la strada di Jovica: è successo nel 2011 e poi nel 2012 fu lui a stimolare le mie riflessioni. Come mai?

  1. Jovica, valente musicista, è un amico che rispetto. Conoscendolo, trovo che quell'etichetta "musicista" sia limitativa per una persona intelligente e di grande senso morale come lui.
  2. Non ha importanza (anzi, ne ha molta, ma non intendo scrivere di questo) se quanto Jovica ha affermato sopra possa essere condivisibile o di vostro gradimento. La cosa importante, per me, è che possa esprimersi sulla storia della sua famiglia, sui suoi valori, e questo non possiamo portarglielo via, come se fosse un campo o un documento.

Non so neanche dove arriveranno le sue parole, la strada è lunga e affollata da gente che ruba idee e frammenti di vita ai Rom, e tenta poi di spacciarli come se fossero una loro invenzione. In mezzo a tante grida, Jovica ha salvato la sua fisarmonica. E' ora che si salvino anche le sue idee.

Anche questo video, per terminare, potrà sembrare irrispettoso, ma almeno è allegro. Perché, ricordando questa giornata, le giovani generazioni e la loro gioia sono il nostro solo comune futuro.

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Di Fabrizio (del 19/01/2014 @ 09:06:40, in conflitti, visitato 2409 volte)

Segnalazione di 9 mesi fa

  Vol 3, article posted August 2013 - Rifugiati siriani ignorati: gli zingari by Kemal Vural Tarlan, Documentary Photographer

Il 17 dicembre 2010, in Tunisia un giovane laureato, venditore ambulante, diede inizio a quella che è conosciuta comunemente come "Primavera Araba". Questa rivolta partita da una strada araba si diffuso poi in tutto il Medio Oriente. Come risultato, diversi regimi dittatoriali nel Medio Oriente, al potere da quasi mezzo secolo, persero uno a uno il potere. Quando i disordini arrivarono nel 2011 in Siria, si ipotizzava che anche il regime Baas sarebbe caduto rapidamente. Al contrario, il regime siriano è tuttora in piedi, dati alcuni motivi come la religione, la diversità etnica della Siria, la posizione geografica, i collegamenti politici tra i diversi gruppi sotto il regime Baas e la stabilità internazionale.

Il conflitto è ora al terzo anno ed ha causato oltre 70.000 morti in Siria. Milioni tra i vari gruppi etnici hanno dovuto lasciare le proprie case e città. Oltre un milione di Siriani hanno lasciato il paese per fuggire nelle nazioni limitrofe, e alcune sono stati obbligati ad immigrare in città relativamente più sicure fuori dalla Siria. Oggi, stanno cercando di sopravvivere in campi e appartamenti nei paesi vicini. Per oltre un anno, ho condotto un documentario fotografico riguardo ai Siriani conosciuti come "ospiti" in città vicine ai confini siriani, e come rifugiati o richiedenti asilo dalla legge internazionale. Li ho fotografati mentre lavoravano nelle fattorie o mentre sudavano dalla paura attraversando quotidianamente i campi minati, nelle loro tende o in lacrime in un appartamento. Più recentemente, ho provato a fotografare ogni momento della loro vita, come testimonianza di una storia. La realtà del popolo siriano in questa stessa regione, assieme e divisi in diverse etnie, fedi e culture.

In mezzo a questi popoli e comunità, c'è un antico gruppo che non solo vive qui dal Medio Evo, ma anche diffuso in tutto il mondo. Ci sono centinaia di migliaia di zingari, conosciuti come Dom, Dummi, Nawwar, Kurbet e Zott, capaci di parlare diverse tra le lingue locali, oltre al curdo, il domari, il turco e l'arabo. Questi gruppi zingari vivono nomadicamente in tutta la Siria e si sono stabiliti, insediati ed integrati con le popolazioni locali. All'inizio del secolo scorso, furono divisi da confini artificiali tra le nazioni. Anche vivendo in paesi diversi, sono rimasti in comunicazione per via parentale, e tra parenti ci sono stati anche matrimoni. Con lo scoppio della recente guerra civile, sono stai esposti a discriminazione da parte delle altre popolazioni e hanno cercato di scappare nelle città dove vivevano altri parenti. C'è una semplice realtà per loro, anche se vivono in paesi diversi; condividono il medesimo destino. Hanno una bassa qualità di vita, sono umiliati, disprezzati, discriminati e ostracizzati sul lavoro da gruppi predominanti rispetto agli zingari.

Gli zingari che hanno vissuto in Siria negli ultimi due anni, si sono trovati in una guerra dove non avevano un lato in cui schierarsi. In un'area abbandonata, una stazione dalle parti di Gaziantep, ho incrociato un gruppo che cercava di vivere in tende di teloni e plastica. Il campo è abitato principalmente da donne e bambini. Gli uomini si sono spostati più vicino alla città, nella speranza di un lavoro. I bambini corrono all'interno delle tende, al cui interno ci sono solo alcune coperte, con un pezzo di pane secco in mano. Vengono da Aleppo. "I ribelli erano entrati in città. L'esercito ci disse che aeroplani da guerra stavano per bombardare le nostre case e che dovevamo andarcene. Così abbiamo abbandonato le nostre case e i nostri averi e siamo partiti. Le notizie arrivate sinora dicono che adesso è tutto bombardato. Non abbiamo più una casa." dice la ragazza, tatuata sul volto e sulle mani. Poi ho chiesto: "Con quale fazione stavate?" Risponde: "Per noi non faceva alcuna differenza. Le nostre case sono bombardate, eravamo tristi e miserabili, ed ora tutti siamo senza cibo."

Ho discusso con un uomo di nome Hasan sui Dom della Siria. Hasan ha 17 anni, è sposato e ha 2 figli. Ha piazzato la tenda in una quartiere di Nizip dove vivono i Dom. Lo hanno aiutato a piantare la tenda. Dentro vivono in 9 in tutto, inclusi suo suocero, sorelle e fratelli. Hasan parla fluentemente domari, curdo e arabo. Ammette di essere un Domari. Gli zingari venuti dalla Siria non possono parlare turco. Si presentano come Turchi e quelli che parlano il turco sono soprattutto Curdi e zingari del Turkmenistan. Indica un'altra tenda e dice: "Non credergli, dicono di essere Curdi, ma sono parenti miei e vivevano per strada dietro la mia casa ad Aleppo." Abbiamo continuato a parlare dei suoi parenti dentro e fuori la Siria.

Da Hasan e da altre persone con cui ho parlato, ho ottenuto queste informazioni: Latakia è dove gli zingari lottano per sopravvivere, ci sono attacchi aerei regolari. Dicono che la gente emigra nelle città della Siria Occidentale, come Sham, o in città controllate dalla comunità-società curda, come Afrin, Kobani o Qamishli. Quanti di loro sono artigiani come dentisti, fabbri, circoncisori, intessitoti di setacci, musici e lattonieri, non riescono ad esercitare i loro mestieri per l'industrializzazione, la modernizzazione della produzione e le leggi. Hasan in Siria lavorava nelle costruzioni, se c'era bisogno di lui per lavorare in Turchia ci andava. "I lavoratori turchi prendono 80 lire (1 lira turca = 0,33 euro, ndr.), però noi lavoravamo per 40, anche se per noi non c'era molto lavoro. Di solito lavoriamo una volta alla settimana. Presto, la mia famiglia si trasferirà a Mersin, dove i bambini e gli adulti raccoglieranno le fragole. Sembra che questa guerra non debba finire mai e, quando lo farà, andrò ad Aleppo."

Un affollato gruppo di richiedenti asilo, sotto un mandorlo appena fiorito ai bordi del deserto, si irrita quando mi vedono dietro all'imam Keskin della zona di Urfa. Non dicono che poche parole, anche se sono sicuri che non sono un dipendente pubblico. Le anziane lanciano maledizioni contro quanti ritengono abbiano causato "la loro situazione attuale" [...]. Mentre sto per andarmene, una di loro mi urla contro di "non fare sapere dove sono loro, scattando foto." Due giorni prima le tende degli zingari sono state date alle fiamme nel vicino distretto di Yenice, dalla polizia che agiva in seguito alle lamentele dei residenti. Nelle cronache non ci sono stati riferimenti agli zingari, solo un accenno sulla stampa nazionale a "bruciate le tende dei Siriani". I richiedenti è da due giorni che stanno cercando di scappare dalla polizia. Le autorità locali hanno impedito loro di fermarsi con le tende nel distretto, sia per i pregiudizi, che per le lamentele e l'inquinamento visivo.

Ultimamente, gli zingari in cerca di asilo che dalla Siria fuggono nel nostro paese, cercano rifugio in appartamenti non rifiniti, capannoni e nei quartieri poveri. I loro parenti, che vivono qui, hanno piantato delle tende vicino alle mura delle loro case, anche se non hanno pane da condividere. Assieme vanno per le strade a raccogliere cartoni, beni fatiscenti e un pezzo di pane. Ma molti di loro sono ancora accampati in tende di emergenza, vicino a città, paesi e villaggi lungo il confine tra Mardin e Antakya.

Sono stati accusati di furti e immoralità, discriminati dagli Arabi, Curdi e Turchi che risiedono nei campi, anche se riescono a mimetizzarsi in quegli stessi campi per la loro capacità di parlare quelle lingue, dopo essersi inseriti regolarmente. D'altra parte sono discriminati ed esposti ai medesimi pregiudizi da chi gestisce i campi, fin quando questi ultimi non riescono a demotivarli a sostare lì.

La maggior parte di loro è fuori dai campi ed è tornata nuovamente ad uno stile di vita nomade, per non essere umiliati dai "gagé" e non essere rinchiusi dietro il filo spinato. Partiranno per lavorare come joppers (braccianti o manovali senza qualificazione, ndr.) nelle regioni mediterranee ed interne anatoliche, come forza lavoro a buon mercato, quando le temperature si alzeranno. Si dice che lavorino in queste aree per 5 lire turche a testa per giorno.

Concludendo, gli zingari sono state le vittime della "guerra civile" iniziata tra diversi gruppi etnici che avevano convissuto. Gli zingari nei Balcani hanno patito particolarmente la disintegrazione dei paesi del blocco comunista. In Iraq, migliaia di zingari sono stati obbligati all'immigrazione dalle bande armate degli sciiti radicali, per "la loro insufficiente fede nell'islam". Allora, molti si rifugiarono in Siria. Durante le rivolte in Medio Oriente, entrate ora nel terzo anno, gli zingari si sono ritrovati nel mezzo dei conflitti, ripetendosi la storia. Le notizie provenienti dalla stampa riferiscono che le loro condizioni di vita stanno diventando sempre più problematiche.

Le nuove autorità di questi paesi hanno intrapreso una nuova strategia di fronte a queste rivolte: solo promesse evasive a minoranze etniche e religiose, zingari compresi. Finché queste tematiche verranno trascurate dai politici, e verranno trascurate l'uguaglianza religiosa ed etnica, oltre alla pace, la struttura multiculturale del Medio Oriente continuerà a deteriorarsi.

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Di Fabrizio (del 18/01/2014 @ 09:01:12, in Italia, visitato 1661 volte)
Incontro con Alexian Santino Spinelli. Musicista, scrittore e docente universitario - di Donato Savria

Il razzismo non ci appartiene, ma gli zingari se ne devono andare a casa loro. Quante volte abbiamo sentito quest'affermazione? Politici, semplici cittadini, vecchi, giovani.. troppo spesso la non informazione è peggiore di un'informazione sbagliata. Il pregiudizio regna sovrano e noi, popolo del XXI secolo, siamo così pigri da non voler cercare altre risposte, prendiamo per buono ciò che ci dicono Tv, radio, giornali. Ascoltiamo una sola "campana", non ci interessa altro.

E' arrivato il momento di aprire gli occhi, andare controcorrente; vogliamo ricordare le persecuzioni che gli zingari hanno subìto nel corso della loro storia millenaria e non vogliamo nascondere sotto il tappeto, com'è stato fatto fino ad ora, le torture che hanno subìto in Germania e in Svizzera, storie scomode per qualcuno. Distinguersi dalla massa e schierarsi con un popolo che non è stato mai difeso da nessuno. L'uomo non nasce mendicante, ma lo diventa, e se lo è diventato cerchiamo di capirne il motivo. Un popolo porta con sé tradizioni che non devono assolutamente cadere nell'oblìo: proprio per questo abbiamo raggiunto telefonicamente l'ambasciatore per la cultura romanì nel mondo, Santino Spinelli, detto Alexian. Musicista compositore, cantautore, insegnante, poeta, saggista. Ha due lauree: una in Lingue e Letterature Straniere Moderne e l'altra in Musicologia, entrambe conseguite all'Università degli Studi di Bologna. Insegna lingua e Cultura Romanì all'Università di Chieti. Con il suo gruppo, l' "Alexian Group", tiene numerosi concerti di musica romanì in Italia e all'estero.

Entriamo in un mondo completamente nuovo, la musica romanì. Se ne parla troppo poco, e spesso non si da il giusto valore ed il giusto tributo. Quali sono le caratteristiche?

Domanda difficile. Ci sono molti stili e molti contributi da parte delle diverse comunità, ad esempio in Spagna il "flamenco", in Ungheria la "ciarda" e così via. I rom hanno dato uno sviluppo notevole alla musica in ogni zona in cui si sono stanziati. La musica romanì comprende tantissimi stili diversi, i quali hanno arricchito l'arte e la cultura europea. I rom hanno introdotto, in Europa, anche due nuovi strumenti, la "zurla" (oboe in legno di albicocco, formato con profilo conico sia interno sia esterno, con padiglione svasato, munito di ancia doppia montata su un cannello metallico con disco appoggia labbra) e Il "cimbalom" (detto anche cembalo ungherese), uno strumento musicale a corde battute o pizzicate, strumento che possiamo considerare antenato del pianoforte.

I grandi compositori europei hanno sempre dato una certa importanza alla musica rom, soprattutto nei Paesi dell'est, come Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, etc.; queste nazioni, sotto il controllo asburgico in epoche passate, guardavano il popolo e la cultura rom con occhi diversi, cercavano la libertà e vedevano in loro il simbolo della libertà. La musica rom è diventata in questo modo musica nazionale, è stata tenuta in considerazione da grandi compositori, da Johannes Brahms, a Franz Peter Schubert, fino ai giorni nostri con Goran Bregovic'; una schiera vastissima di autori e compositori che non hanno, però, riconosciuto l'apporto che il nostro popolo ha dato alla musica.

L'"Alexian Group" da anni gira l'Italia, varcando spesso anche i confini nazionali, portando la musica e la cultura romanì in giro per piazze, palazzetti e teatri. E' stato difficile affermarsi e imporsi nel mondo musicale?

Il successo non è arrivato subito. E' arrivato con l'impegno, il lavoro, la ricerca, la valorizzazione di un patrimonio artistico culturale, poi messo in musica. Abbiamo cercato di creare una musica "rom europea"; stiamo lavorando per pubblicare un nuovo cd, "ROMANO' DIVES" prodotto con la collaborazione de "L'orchestra Europea per la Pace" e dell'attore Silvio Orlando. Abbiamo avuto la fortuna di suonare davanti al Papa emerito Benedetto XVI, in occasione della festa della famiglia, in mondovisione con diretta anche su RAI 1, abbiamo avuto l'onore di collaborare con tantissimi artisti provenienti da tutto il mondo; avvenimenti che lasciano qualcosa di profondo dentro ma cerchiamo sempre di non perdere di vista il nostro obiettivo: diffondere l'arte rom, la cultura e la voce del nostro popolo. Europa unita e senza discriminazione, questo è quello che vogliamo.

Molte sono le opere pubblicate dal suo gruppo, l'ultima uscirà a breve; dove trovate l'ispirazione per andare avanti e continuare a produrre testi e canzoni?

L'ispirazione si può trovare in qualsiasi cosa. Noi, popolo da sempre discriminato e sottovalutato vogliamo far conoscere la nostra cultura e la nostra arte. Sicuramente sia la cultura, sia le emozioni profonde vissute quotidianamente donano ispirazione per nuove opere.

Cosa vuol dire, oggi, essere rom in Italia?

Significa essere portatori di una cultura diversa, cultura che nasce intorno all'anno 1000, una cultura che trova la sua patria in India, o meglio nelle regioni a nord- ovest dell'India; rappresentiamo noi oggi un popolo che è stato costretto a una migrazione forzata. La prima tappa è stata l'Europa e dopo, attraverso le deportazioni, siamo arrivati in America, Australia e Africa. Oggi con oltre sedici milioni di persone, i "rom", "sinti", "kalè", "manouches", "romaniche" (cinque gruppi, cinque etnie con origini simili, che noi chiamiamo zingari), sono presenti con le loro comunità in tutti i continenti. In Italia vivono circa 170.000 persone di etnia rom, di cui il 70% sono cittadini italiani, residenti in Italia e vivono nelle case. Esempio pratico: italiano campano, italiano rom. Sono due cose identiche.

In Italia spesso il pregiudizio prende il sopravvento sulla razionalità e sulla conoscenza diretta di un determinato argomento. L'Italia è un Paese razzista?

Gli italiani non sono razzisti per cultura, lo sono diventati ultimamente per indottrinamento. Una buona parte del popolo italiano si è fatta pilotare e aggirare da movimenti xenofobi e razzisti. La politica ha sfruttato e sfrutta, troppo spesso, questo tema per fomentare la folla, per creare consenso. Tutto questo porta a discriminare, non solo i rom, ma tutte le etnie diverse. Oggi la società ha bisogno di scaricare le colpe, trovare un capro espiatorio, e come sempre i più deboli subiscono una maggiore repressione, una maggiore forma di discriminazione.

Integrazione, un tema molto attuale e discusso; negli ultimi dieci anni c'è stato un cambiamento culturale nei confronti di persone di etnia rom?

Stiamo peggiorando giorno dopo giorno. L'Italia ha ignorato e continua a ignorare le direttive indicate dall'Unione Europea; il nostro Paese sta continuando ad adottare misure orrende di segregazione razziale, i campi nomadi. Nel corso degli ultimi anni sono nate moltissime associazioni, ma il loro unico obiettivo è speculare il denaro pubblico in maniera privata. Il rom oggi serve per far girare questi soldi in teoria pubblici. La cultura sta morendo ogni giorno, si sfrutta una cultura, la nostra, per spicciole politiche e giochi di potere.

Campi nomadi come "campi d'internamento". Moltissimi comuni italiani oggi stanno adottando provvedimenti noti sotto il nome di "Piano Nomadi". L'informazione ce ne parla come un problema, arrivano notizie unilaterali, vuole dare una risposta di contro-informazione?

I rom devono essere un problema per coloro i quali devono speculare sulla loro pelle. Sono stanziati milioni e milioni di euro per queste persone, ma alla fine non arriva assolutamente nulla. Le associazioni che si occupano di rom fanno sparire questo denaro con progetti fasulli, senza alcun risultato.

Piano Nomadi. Cerchiamo di fare chiarezza in modo definitivo, i rom NON SONO NOMADI PER CULTURA, quindi già l'approccio dello Stato italiano è sbagliato. Perché bisogna creare campi nomadi e precludere la libertà di moltissime persone? Questi esseri umani (non zingari, non rom, non nomadi, ma persone), provengono dalle case, soprattutto dall'ex - Jugoslavia o dalla Romania. Sedentari a tutti gli effetti in uno Stato, nomadi in un altro. Non ha senso. Non siamo nomadi, ma migranti forzati. I rom sono costretti a vivere in condizioni disumane, schiavizzati nei "lager moderni", spesso anche illegali. Giorno dopo giorno non ci avviciniamo verso nessun miglioramento, anzi stiamo indietreggiando. Questa segregazione contribuisce a creare il malcontento anche della cittadinanza ubicata nei dintorni di questi pseudo-ghetti odierni. Non possiamo parlare d'integrazione se al popolo italiano, i media, mostrano solamente la desolazione e il degrado dei posti dove sono costretti a vivere i rom. La cultura rom non è fatta di baracche fatiscenti, accattonaggio, fame e miseria; ha radici profonde che proviamo a far splendere attraverso l'informazione e l'arte.

Ai vari governi che si sono susseguiti fino ad oggi non interessa risolvere la questione rom, non interessa dare dignità a persone normali, l'unico scopo è fare voti attraverso propagande razziali e xenofobe e sfruttare il denaro pubblico spettante a queste popolazioni. Non c'è nessuna differenza, Destra, Sinistra, Centro, tutti hanno adottato la politica della discriminazione, tutti egualmente corresponsabili.

Cultura romanì. Invece di restare chiusi nel nostro mondo, cosa dovremmo apprendere e imparare?

Prima di tutto, il rispetto per le persone oltre gli stereotipi negativi; conoscere prima di giudicare; avvicinarsi all'arte, la cultura, la letteratura e la lingua rom poiché rappresentano un patrimonio per l'intera umanità, ma troppe persone non sanno nemmeno che esiste tutto ciò. Gli stereotipi vedono sempre il rom ai margini della società, quindi anche la nostra arte è declassata . E' come accostare all'Italia solamente il fattore "mafia", eludendo la conoscenza di Leopardi, Dante, Verdi, Puccini, etc. sono due piani completamente diversi e vanno giudicati in modo completamente diverso. Troppo spesso si arriva a generalizzare fino a un punto che sfiora l'assurdo, la cronaca diventa cultura. La cultura rom vivrà solo se anche gli altri, i non rom, la terranno in vita. Bisogna valorizzare e diffondere il genere rom affinchè non scompaia.


Un ringraziamento speciale ad Alexian Santino Spinelli. Trattare argomenti così poco conosciuti e così delicati credo serva per migliorare, ognuno nel proprio piccolo. Appena conclusa l'intervista, ripensando all'ultima dichiarazione rilasciata mi è balzata alla mente una poesia di Vladimir Majakovskij, "Non rinchiuderti Partito nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada"; certo, va inserita e adattata nel giusto contesto. Non possiamo isolarci e prendere per buono tutto ciò che dice la televisione, non possiamo aver paura degli "zingari" solo perché non li conosciamo, non possiamo giudicarli senza averci mai parlato.

L'Alexian Group da anni si batte a favore dell'Intercultura; l'ultima notte del 2013 il gruppo si è esibito in terra sarda per un concerto in lingua rom in collaborazione con l'artista italo-brasiliana, Pamela D'Amico, anche lei impegnata da anni nel suo progetto: portare la cultura brasiliana nel nostro Paese in maniera tale da non farci limitare a pensare al Brasile come terra di calciatori o ballerine. C'è anche altro, basta solo informarsi e avere "fame" di conoscenza.

L'anima e il cervello non hanno etnìe, facciamo tesoro di ciò che disse Vittorio Arrigoni (eroe contemporaneo, morto per la libertà del popolo palestinese): "non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana".

Integrazione, cittadinanza attiva e partecipazione; non lasciamo che restino solamente belle parole da sventolare nei momenti opportuni, facciamole diventare realtà attraverso l'impegno e la conoscenza. Impariamo a rispettare popolazioni con etnìe diverse e cerchiamo di coglierne i lati positivi, cerchiamo di migliorarci e parliamo di "pregiudizio" solo come una piaga degli anni scorsi.

Solo su questi binari possiamo aspettarci un futuro più giusto, luminoso.

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Di Sucar Drom (del 17/01/2014 @ 09:04:50, in blog, visitato 1861 volte)

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Di Fabrizio (del 16/01/2014 @ 09:01:25, in Italia, visitato 1402 volte)

Posted on 10 gennaio 2014 di associazione21luglio su La voce degli attivisti rom e sinti

Ma perché se una bimba rom è bionda e chiara di carnagione, deve per forza essere stata rubata? In molti purtroppo la pensano così. Di Sabrina Milanovic

Voglio raccontare, brevemente, l'esperienza di una mamma rom che ha vissuto attimi di vera paura e di ansia quando l'hanno accusata di aver rubato Fatima... sua figlia!

Conosco Fatima (2 anni, nella foto) e sua mamma personalmente ed è proprio quest'ultima ad avermi dato l'input per parlare della sua storia e farla conoscere all'esterno.

Il tutto è successo al porto di Olbia sei mesi fa all'incirca. Le autorità portuali si sono allarmate dando della bugiarda alla ragazza riguardo la vera identità della bimba, che secondo loro era stata rubata dalla stessa.

Una volta fatti tutti gli accertamenti del caso si son dovuti ricredere... Ma che paura!

La stessa mamma con la sua bambina, dopo un po' di tempo, si è ritrovata ad un supermercato. Una signora quasi incredula di vedere questa bimba bionda con una rom si è allarmata, ha chiamato i carabinieri e anche loro hanno dubitato del legame di sangue tra la donna e la piccola.

Fatti gli accertamenti dovuti, si son scusati.

Insomma, a volte le mamme rom hanno paura di uscire con i propri figli o affrontare un viaggio. E questo perché? Perché i loro figli sono semplicemente biondi.

In molti pensano che i rom rubino i bambini. Eppure è un falso mito, privo di ogni fondamento, come dimostrano anche recenti studi scientifici, come la ricerca "La zingara rapitrice" condotta dall'Università di Verona.

E' vero: la maggior parte dei rom ha famiglie numerose. Ma è proprio per questo che io dico: ma con tutti i figli che già si hanno mica si va a rubare quelli degli altri!! O no?

Lo dico molto spesso alla gente che me lo chiede di persona. Sperando che un giorno, finalmente, di questi stereotipi non si parlerà davvero più!

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Di Fabrizio (del 15/01/2014 @ 09:03:36, in Italia, visitato 1590 volte)

La situazione un anno e mezzo fa

A TUTTI COLORO CHE HANNO A CUORE LE SORTI E IL DESTINO DEGLI ESSERI UMANI IN QUANTO TALI, AL DI LA' DEL COLORE, DELLA RELIGIONE, DELLA FEDINA PENALE....

A nome di alcuni insegnanti della scuola primaria di Via Russo, Milano, scriviamo quanto segue:

Il giorno 2 gennaio 2014 due insegnanti della scuola di cui sopra si sono recate a Mezzana Bigli, in provincia di Pavia, per salutare le famiglie rom, ma soprattutto i bambini, che dal campo di Via Idro si sono trasferite in questa località, dopo aver contratto un mutuo per l'acquisto di alcune vecchie cascine e stalle. Tali famiglie sono state aiutate con un fondo (Piano Maroni?!) elargito dallo stato attraverso la Casa della Carità con la promessa che sarebbero stati aiutati nella fase di sistemazione delle "case" e di inserimento nel tessuto sociale attraverso la ricerca di un lavoro.
Prima di recarci a Mezzana due famiglie in particolare ci hanno chiesto cibo e vestiti e noi, grazie anche all'aiuto di alcune persone e alla colletta che abbiamo fatto, abbiamo potuto portare un po' di scorte alimentari, indumenti e alcuni giochi.
La situazione che abbiamo trovato è la seguente:

  • una famiglia composta da 4 persone vive in una piccolissima roulotte con una stufa a legna dove cucina, scalda l'acqua per lavare e lavarsi. La loro abitazione ( 2 stanze) è inagibile: il pavimento e i muri trasudano umidità, occorrerebbe sollevare le piastrelle per collocare il "vespaio" in modo tale da areare il tutto. Per fare questa modifica e anche tutte le altre occorrono soldi! Non c'è l'elettricità;
  • le case di altre due famiglie sono state sistemate all'interno in modo abbastanza civile, tenendo conto che invece dei vetri delle finestre sono stati messi dei lastroni di plastica e che sul lettone di una delle due ci piove sopra in caso di maltempo;
  • un'altra famiglia che vive nella roulotte, di notte, dopo aver scaldato per tutto il giorno una piccola stanza, si reca lì per dormire;
  • la legna per le stufe viene raccolta nei dintorni;
  • la scuola di Mezzana è stata chiusa per mancanza di alunni e quella più vicina è molto lontana, occorre portare i bambini in macchina e per portarli occorre la benzina e quindi i soldi;
  • tutte le abitazioni sarebbero comunque inagibili;
  • c'è un unico bagno per tutti

Al di là di ogni considerazione politica sulle scelte fatte in precedenza e che hanno portato delle persone a peggiorare il loro stile di vita ci chiediamo se il Comune di Milano, la Casa della Carità, i Padri Somaschi, altri enti no profit o volontari a qualunque titolo vogliono fare qualcosa.
I bambini non vanno a scuola, hanno freddo e fame. Le conseguenze di una simile situazione potrebbero essere gravissime e controproducenti per coloro che hanno invogliato tali famiglie a trasferirsi.
Noi continueremo, nei limiti delle nostre forze, a sostenerli ma non possiamo certo sostituirci allo stato, al comune e a chi per esso opera nel sociale.
Un'altra cosa che possiamo fare come insegnanti e cittadini è dare voce al disagio e alla sofferenza che abitano in quel di Mezzana Bigli chiedendovi delle risposte certe che vadano ad alleviare la loro fatica di vivere.

Gennaio 2014
Seguono le firme di 16 insegnanti della scuola primaria di Via Russo 27

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Di Fabrizio (del 14/01/2014 @ 09:04:24, in Italia, visitato 1718 volte)

07-01-2014 / POLITICA / IACOPO LAZZARESCHI CERVELLI

LUCCA, 7 gennaio - Consiglio comunale straordinario dedicato alla questione campo nomadi e al progetto 'casette' depennato a mera 'ipotesi' e poi bocciato dal sindaco Alessandro Tambellini con un comunicato stampa diffuso prima della fine dell'anno.

La seduta è iniziata con l'intervento di Marco Martinelli che ha illustrato i punti dei due ordini del giorno depositati in Consiglio dal gruppo Forza Italia. Il primo che chiedeva conto del progetto 'casette' e della spesa do 70mila euro da parte dell'amministrazione e di altri 25mila euro della conferenza zonale dei sindaci proponendo che fossero spesi in aiuto delle famiglie lucchesi bisognose; l'altro richiedente l'impegno dell'amministrazione per la realizzazione di nuovi strumenti urbanistici e di uno studio di fattibilità per riqualificare tutta la zona ingrandendo le strutture sportive esistenti e restituzione a verde della zona che ha gravi problemi di sicurezza in caso di alluvione.

L'assessore Ilaria Vietina ha preso la parola per ricostruire i fatti sottolineando come la questione impropriamente definita "costruzione delle casette" per il campo nomadi di via delle Tagliate, si sia basata non su documentazione e dati forniti dall'amministrazione quanto su ricostruzioni giornalistiche. "A fronte di un problema, in questa fase storica si è proceduto a una campagna di stampa volta a disconoscere i risultati raggiunti dalle commissioni" ha accusato. In pratica è sì esistita un proposta per le strutture abitative "nessuno usa questa terminologia" ha sottolineato, ma è stato superata come espresso nel comunicato stampa del 28 dicembre.

L'assessore ha ripercorso i documenti consiliari dell'amministrazione Favilla riprendendo un ordine del giorno approvato del 13novembre 2008 a firma Fava, Martinelli, che invoca il superamento delle annose questioni del campo di via della scogliera. Sempre durante il mandato Favilla il 12 gennaio 2012 poi veniva approvato un ordine del giorno a firma Ramacciotti, Martinelli Baudone che dichiarava l'esistenza di una situazione non sostenibile al campo di via delle Tagliate con altissimi consumi di acqua a carico del Comune e impegnava l'amministrazione controllo proposta urbanistica di smantellamento o adeguamento o prevedere sito più idoneo. Ma l'unica azione valutata fu quella per risparmiare acqua con l'istallazione impianti singoli con un preventivo di 78mila euro.

In continuità con quelle decisione l'attuale amministrazione ha realizzato i lavori per l'istallazione di contatori dell'acqua (26 in tutto e rispettivi allacciamenti) per 70mila euro di cui 61mila dai fondi di bilancio e 13mila euro di finanziamento regionale campi nomadi. Questa soluzione ha garantito il risparmio di 1/3 sulla bolletta Geal.

I 25mila euro della Conferenza zonale sono serviti per completare lo spostamento del campo , la costruzione di una fognatura e la dotazione per ogni piazzola di un estintore. L'assessore Vietina ha rigettato la proposta di destinare questi fondi alle famiglie lucchesi in quanto impropria e discriminatoria "per quanto riguarda politiche sociali non possono fare dei sistemi di selezione in base all'origine. Tutte le famiglie hanno gli stessi diritti, e approvando una risoluzione del genere il Comune di Lucca potrebbe infrangere le leggi antidiscriminatorie" ha precisato.

Quanto al piano urbanistico di riqualificazione della zona l'assessore si è augurato che il Consiglio dia delle direttive e studi delle soluzioni per la riqualificazione considerando però che non si possono eliminare 150 persone, che hanno bisogno di un processo di integrazione non attraverso l'assistenzialismo ma attraverso la responsabilità.

Il consigliere ed ex sindaco di Lucca Pietro Fazzi (Liberi e Responsabili) ha chiesto ironicamente se la questione delle casette se la fossero inventata i giornalisti e ha criticano l'assessore e l'amministrazione per i toni tenuti "come se le politiche sociali e l'inclusione fossero un'esclusiva della maggioranza". Fazzi ha ricordato come durante la sua amministrazione siano stati collocati i contatori e come abbia previsto che in ciascuna utoe fosse possibile inserire un insediamento di un campo per avviare un'azione di smantellamento di una zona golenale dove lasciare i nomadi significa accettare che possano andare sott'acqua.

Lido Fava (Liberi e Responsabili) ha ricostruito la storia del progetto delle casette partito dalla scoperta di fondi regionali e che avrebbe definitivamente trasformato l'insediamento delle Tagliate da di passaggio a campo stanziale. Fava ha definito la maggioranza "pasticciona, inconcludente e confusionaria".

E' a questo punto che ha fatto ingresso in aula uno striscione portato da alcuni rappresentanti di Giovane Italia con la scritta: "Case ai rom, e ai lucchesi contribuenti?" subito requisito dai commessi.

La seduta è proseguita con la difesa della linea dell'amministrazione attraverso gli interventi di Valentina Mercanti che ha sottolineato l'inutilità del Consiglio quando tutta la polemica si sarebbe potuta fermare in commissione a novembre e invece si è portata avanti fino ad ora con ordini del giorno vagamente razzisti, e quelli di Alessandro Berolucci e Erica Picchi (PD) e Diana Curione e Claudio Cantini (Lucca Civica) basati sull'importanza dell'integrazione nei confronti di Rom e Sinti.

Angelo Monticelli (Insieme per Favilla sindaco) ex assessore al sociale ha difeso l'operato della precedente amministrazione ed ha criticato l'approccio dell'assessore Vietina che ha invitato ad abituarsi a collaborare con sensibilità diverse non parlando ex-cattedra.

Ma un duro affondo nei confronti dell'amministrazione Tambellini è venuto dal consigliere Roberto Lenzi (IdV) che ha accusato la giunta di scarsa trasparenza sul progetto scoperto dai consiglieri attraverso gli organi di stampa: "L'assessore ha cercato di trasformare un'evidente sconfitta in una vittoria dopo la smentita dal sindaco con comunicato stampa". Il progetto secondo Lenzi è venuto fuori dalla scoperta casuale di una linea di credito della Regione Toscana che andava sfruttata, non da una progettualità meditata.

In un intervento di replica Marco Martinelli ha accusato l'assessore Vietina di un sconcertante tentativo di mascherare il fatto di essere stata sconfessata nell'azione politica dal sindaco. "In questi mesi - ha affermato il capogruppo di Forza Italia - l'assessore Vietina ha strizzato l'occhio alle frange più estreme della sinistra, nei casi dell'occupazione di Agorà e Madonne Bianche, ed è stata sconfessata nella sua linea politica della volontà di portare avanti i progetti delle casette per i nomadi", il consigliere ha ripercorso la linea ricostruita da alcuni quotidiani sul progetto casette confermato anche dall'assessore regionale. Giorgio Mura (Noi per Lucca al Centro) ha sottolineato come "invece di cercare le cose che ci accomunano si cercano quelle che ci dividono".

Francesco Battistini (PD) ha polemizzato durante la replica di Martinelli ma che alla fine si è augurato di poter mettere le basi con un gruppo di lavoro a delle azioni reali e non a delle promesse enunciate solo in ordini del giorno come ha fatto l'amministrazione Favilla.

Nel passaggio finale il sindaco Alessandro Tambellini ha ripercorso la storia dei campi nomadi lucchesi, una realtà da più di mezzo secolo aggravata dal flusso migratorio nato dalla fine della Guerra fredda. Tambellini ha dichiarato di essere sindaco di tutti quanti risiedono nel Comune

"La verà lucchesità, voglio ricordare che questa è una città che nel Medioevo ha accolto gli Ebrei che di qui sono passati per poi diffondersi in Europa. Siamo una città che ha saputo accogliere e che ancora deve sapere accogliere senza pregiudizi e prevenzioni. Crediamo che la vera lucchesità risieda in questi valori e in questa forza". Il sindaco ha rilevato come la questione casette abbia avuto una rilevanza mediatica impropria e si è augurato l'impegno da parte di tutti per stabilire insieme percorsi per soluzioni concrete. Alla fine della seduta i due ordini del giorno Martinelli - Macera sono stati bocciati assieme a quello presentato da Laura Giorgi assente alla seduta che comunque inviato un intervento scritto.


"Fondamentale è premettere che tutte le persone hanno pari diritti, pari doveri e pari dignità e che questa sera siamo stati chiamati a discutere, attraverso un consiglio straordinario richiesto dalla minoranza sul progetto delle "casette di legno", un progetto che era una delle ipotesi al vaglio dell'amministrazione per risolvere la questione dei "sinti, rom e camminanti", ma non più oggetto di discussione dell'amministrazione stessa.

Mi permetto di estendere il tema della discussione considerato che gli argomenti sociali raramente vengono trattati in Consiglio Comunale.

La crisi economica e sociale ha acutizzato e reso palese un fenomeno in corso da almeno venti anni e cioè lo sviluppo di nuove vulnerabilità sociali e la nascita di recenti categorie di persone in difficoltà (giovani, donne, persone che perdono il posto del lavoro e che non riescono più ad accedervi) con gravi danni sulla salute delle persone stesse e sul tessuto economico e sociale.

In generale l'ampliamento delle vulnerabilità sociali è un fenomeno complesso che si inserisce in alcuni grandi passaggi della nostra società (invecchiamento della popolazione, frammentazione delle famiglie, precarizzazione della condizione di vita-lavoro) ed allarga e ristruttura l'area del disagio.

La discussione iniziata stasera ci fa riflettere sul fatto che la struttura dei servizi di welfare che abbiamo conosciuto a partire dagli anni '70 non sembra più adeguata a comprendere e gestire le nuove problematiche che attraversano i cittadini.

Le complicazioni di questi servizi non derivano da un loro cattivo funzionamento, ma in particolar modo dal mutamento del loro oggetto di lavoro: se la società cambia velocemente, i servizi di welfare, occupandosi dei problemi che le persone incontrano nel vivere quotidiano, dovranno necessariamente rielaborare profondamente il loro modo di lavorare e di incidere in termini di efficacia, efficienza ed economicità nei confronti della società.

"Dobbiamo quindi pensare di creare le condizioni per accompagnare chi per vari motivi si trova in un momento di difficoltà e questo fa sì che chi potrebbe avere le potenzialità per condurre una vita dignitosa, attualmente rischia di non poter accedere a nessun tipo di ammortizzatore momentaneo e che diventi quindi a sua volta un "nuovo povero".

La trasformazione epocale che stiamo attraversando segnala un'emergenza che si propone come terreno particolarmente adatto allo sviluppo di nuove sinergie tra politiche e servizi di welfare da una parte e la necessità di vivere ripensare i servizi di welfare dall'altra parte.

Colgo l'occasione del dibattito per chiedere all'amministrazione di affrontare in senso ampio il tema del sociale, impegnando le persone in una modalità che richiami il binomio "diritto-doveri", facendo emergere eventuali fenomeni di "assistenzialismo cronico", sviluppando le autonomie, le responsabilità e le potenziali capacità di ogni persona.

Importante sarebbe comparare i bilanci preventivi e consuntivi degli ultimi anni, anche per verificare in modo analitico l'effettiva rispondenza alle priorità dell'amministrazione e soprattutto alla realizzazione concreta di politiche rispondenti alle esigenze reali di tutta la popolazione.

Auspico che venga prestata massima attenzione al tema di politiche di educazione civica in ottica di prevenzione e promozione di salute (salute inteso come benessere fisico, sociale ed economico) di attuazione di politiche per la "non autosufficienze", per la disabilità, per i giovani e per gli anziani, confrontandosi con istituzioni che hanno già attuato buone pratiche e coordinandosi con i comuni della piana, ottimizzando i servizi sociali e coinvolgendo il fondamentale operato del terzo settore.

Sollecito l'amministrazione a considerare l'emergenza lavoro come priorità trasversale per le attività dell'amministrazione ed attuare le azioni possibili, collaborando con tutti gli enti competenti e prevedendo politiche di sviluppo economico che possano rilanciare l'economia del nostro territorio ed a tal proposito i consiglieri di Lucca Civica in data 12 dicembre hanno presentato due documenti da discutere in consiglio comunale quanto prima.

Parlando dei rom, sinti e camminanti non possiamo comunque ignorare il fatto che è necessario poter individuare soluzioni che permettano a tutte le persone di poter vivere in modo dignitoso, avendo la possibilità di poter accedere alle opportunità necessarie per partecipare appieno alla vita economica, sociale e culturale, come espresso dalla Commissione Europea nel 2004 per definire il concetto di inclusione sociale.

Occorre delineare metodologie nuove tese a superare la connotazione emergenziale dei tradizionali interventi nei confronti delle popolazioni Rom e Sinte al fine di intervenire in maniera strutturata nell'ambito dell'istruzione, della salute, dei servizi sociali, della formazione, della promozione dell'accesso al lavoro e delle soluzioni abitative.

A mio avviso solo una ricerca sul campo rigorosa e che utilizza una pluralità di fonti (la conoscenza diretta dei rom e sinti di riferimento, l' ascolto delle loro istanze, la conoscenza dei luoghi di vita, l'analisi delle politiche locali, l'eventuale terzo settore coinvolto ecc.) può offrire un quadro su cui iniziare ad individuare le criticità e le priorità sulle quali lavorare con progetti a lungo termine".

Diana Curione, Consigliera Comunale Lucca Civica


Campo nomadi, dibattito lungo e complesso ieri in consiglio comunale. Fra gli interventi più legati al tema dell'inclusione e della lotta alla marginalità quello di Alessandro Bertolucci del Partito Democratico. Ve lo proponiamo integralmente. "Vorrei dire per prima cosa che se siamo qua a discutere parzialmente di marginalità, non è per nostro volere. Noi consideriamo tutte le marginalità sullo stesso piano. Naturalmente non ci sottraiamo ma dispiace dirlo, anche i media, su questo tema, non hanno aiutato a fare chiarezza. Però dimostrano una loro forza politica. Forse è anche merito loro se abbiamo questo Consiglio. Tutto questo dibattito innescato, poteva essere l'occasione per fare un pò di chiarezza sul mondo Rom e invece si è preferito parlare alla pancia. Chiarezza sulla loro storia, sulla loro cultura, sulle loro tradizioni. Errori e comportamenti personali finiscono spesso per identificare la cultura di un'intera popolazione, ma sono fatti che vanno perseguiti con le normali misure di legge. Quelle che valgono per tutti. Si tende così ad emarginare e condannare senza capire. Si ha la percezione di un fenomeno molto esteso ed invece siamo di fronte ad un qualcosa di molto limitato. Si creano quei circoli viziosi che si autoalimentano e tutto fanno tranne quello di contribuire ad affrontare le situazioni con razionalità. Come amministratori pubblici abbiamo il dovere di occuparci delle marginalità, della loro inclusione, perché questa diventa condizione determinante e qualificante per una società che vuole dare a tutti gli individui che ne fanno parte, le stesse opportunità di diventare parte attiva ed essere considerati "normali".

"I percorsi di inclusione non sono mai assoluti, anzi, sono efficaci solo quando si adattano al contesto. Tutti gli studi, comunque, mettono la condizione abitativa come presupposto essenziale per l'ottenimento dei maggiori risultati da tutti gli altri aspetti caratterizzanti l'inclusione, quali la formazione scolastica, la possibilità di accedere al mondo del lavoro e a quello dei servizi. La scuola, ancora una volta si conferma baluardo di integrazione. Lo è anche per noi, sia chiaro, che però, visto che ne abbiamo la possibilità, dobbiamo vigilare e pretendere una formazione all'altezza dei tempi e invece in questi anni abbiamo assistito all'eliminazione dell'insegnamento dell'educazione civica e la riduzione di ore di materie altrettanto importanti. Lo è per le seconde generazioni di immigrati così come per Rom, Sinti e Camminanti. Deve anzi preoccuparci che tra le giovani generazioni di questi ultimi, ci sia una percentuale intorno al 10% che non sa leggere e scrivere. Non addentriamoci poi nell'ottenimento di un titolo di studio dove si raggiungono percentuali molto più alte, segno dell'abbandono scolastico precoce. Con l'abbandono scolastico si crea di conseguenza il non ottenimento di un titolo di studio che a sua volta è conseguenza dell'opportunità di trovare o meno lavoro. E' facile capire come tutto si lega. Se degrada la condizione abitativa, vale per tutti, ma ripeto, stasera il nostro campo è un po' ristretto, quindi campi non autorizzati, condizioni interne del campo, posizione rispetto ai servizi, ecc., se degrada la condizione abitativa, vengono meno, in maniera proporzionale, tutte le altre condizioni per una piena integrazione. Queste brevi considerazioni generali ci aiutano senz'altro a capire la situazione locale nostra. Ma cominciamo a mettere qualche punto fermo. Ci troviamo davanti a tre vie che potremmo anche chiamare soluzioni, ma è una parola che non voglio usare. Troppo evocativa. Passiamo alla seconda strada: potrebbe essere quella di continuare a far finta di nulla, che poi non è nemmeno vero, perché come abbiamo visto, basta che uno pensi, dico basta che uno pensi, a possibili alternative, che si scatena il putiferio. Sicuramente è quello che preferisce fare il gruppo consiliare di Forza Italia autore dell'ordine del giorno e richiedente questo Consiglio straordinario. Lo vogliamo dire che per risalire a qualcuno che ha pensato a questo problema prima di questa amministrazione, occorre andare indietro nel tempo fino alla giunta Lazzarini negli anni novanta! Vogliamo dirlo che chi adesso si agita perché sempre questa amministrazione ha speso alcune migliaia di euro per dotare di singoli contatori per l'acqua le piazzole, sono gli stessi che hanno permesso un'erogazione indifferenziata e incontrollata, anonima e fonte di spreco a totale carico dell'amministrazione. per di più, se non ricordo male, lasciataci in eredità dal punto di vista economico. Terza via: dare quel minimo di dignità, mi fermo qui. Certo non posso dire che la condizione abitativa non sia importante. Chi sta nei campi, adesso non gode certo di condizioni adeguate, ma fortunatamente c'è una collocazione spaziale tutt'altro che ghettizzante, essendo vicino alla città e ai servizi, che ne attenua un po' la gravità. Dobbiamo pensare alle esperienze di quelle città che hanno preferito non vedere, allontanando a dismisura i campi con costi economici enormi e costi sociali altissimi. Abbiamo detto che la condizione abitativa che non può essere scissa da quella spaziale, sono condizioni indispensabili affinché i servizi erogati dal servizio sociale, possano raggiungere la piena efficienza. Mi riferisco all'inclusione scolastica, compreso il contrasto all'abbandono, a quella lavorativa, su cui anche altri Enti pubblici con più specifiche competenze avrebbero, a mio parere, dovere di intervenire, a quella sociale rispetto al welfare. Non meno importante che effetti positivi vengano ottenuti anche dal punto di vista economico in termini di rapporto favorevole tra risorse impiegate e benefici per la collettività come dimostrato in tutti gli studi compiuti sul tema. Perché su questo punto in particolare e stata focalizzata l'attenzione dei detrattori. Ma direi che ci sono i presupposti per pensare a qualcosa oltre il campo. Viene naturale pensare a collocazioni stabili, case popolari, housing sociale, riutilizzo e sistemazione, anche da parte degli stessi interessati di strutture abbandonate e dismesse dove anche le relazioni possono slegarsi dal gruppo di riferimento. Non bisogna nasconderci che sono progetti ambiziosi e necessitano di tempi importanti. Fare questo, tantomeno pensarci, non significa essere buonisti o scordarci dei problemi dei lucchesi, come ci ricorda Martinelli in quel pessimo odg che trasuda di luoghi comuni e discriminazione. Significa altresì ragionare con la testa, dando forza ai valori che dovrebbero essere alla base di una convivenza civile, moderna e allo stesso tempo radicata nella cultura di un paese, ma vorrei dire di una città, che ha fatto dell'accoglienza e della solidarietà, la propria bandiera. Dicevo di un ragionamento complesso che appunto tiene insieme ideali e valori al pragmatismo, perché è ormai letteratura che investire in inclusione, socializzare, ha costi enormemente inferiori a quelli di interventi tampone". Purtroppo la bandiera, quella della solidarietà, quella dell'accoglienza, è un po' sbiadita. Lo dico con rammarico perché di questo hanno colpa soprattutto le Istituzioni, chi ne è rappresentante. La politica stessa. Non c'è più l'autorevolezza, quella che nasce da sentirsi interpreti veri della società in grado di prendersi responsabilità importanti. Indicare la strada. Tutto, oggi, sembra invece essere legato al consenso fine a se stesso. All'attenzione dei media, alla loro capacità di modificare le percezioni. Il referendum, per esempio, lo richiede la Giorgi per il M5S nel suo odg, è uno strumento importante che non può diventare surrogato della democrazia dei luoghi deputati ed elettivi. Così si sminuiscono le Istituzioni, il valore del mandato ricevuto dagli elettori. E scusate se mi permetto, ma non facciamo il bene delle Istituzioni nemmeno confezionando Consigli speciali più o meno aperti su argomenti che possono trovare collocazione tradizionale e che nella maggior parte dei casi non sono frequentati dagli stessi richiedenti. Ho la convinzione che nel nostro impegno da amministratori, abbiamo il dovere, in alcuni casi, per così dire, di tapparci le orecchie, di isolarci quel tanto che basta quantomeno a provare a pensare, senza condizionamenti esterni. Magari arriveremo alle stesse conclusioni, ma a quel punto forse avremo più chiaro quali siano i valori e gli ideali che ci muovono. Io ho una domanda da fare. Se mi devo attenere a come sono stati impostati gli odg presentati dalle opposizioni, ho già la risposta, ma piacerebbe sentirlo dalle parole dei proponenti e da tutti gli altri che hanno mostrato una linea simile. Vorrei capire se pensano comunque, magari avete un concetto diverso dal mio, che l'inclusione sia passaggio necessario e fondamentale. Se così fosse sarebbe possibile un minimo di ragionamento. Si potrebbero mettere in campo esperti che studiano il fenomeno. A proposito, immagino che ne abbiate consultati di autorevoli per il deliberato finale, quello dove chiedete di destinare le risorse esclusivamente ai lucchesi. Sappiano Martinelli e gli altri che è già così. Sappiano che anche loro da sempre hanno destinato risorse, magari malvolentieri, magari non seguendone la reale destinazione e i conseguenti risultati, a Rom, Sinti, Camminanti e immigrati. Risorse molto esigue rispetto al totale della spesa sociale del Comune ( come ha detto l'Amministrazione). E comunque deve essere chiaro che fare integrazione costa. L'importante è farla bene per ottenere risultati. Anche se non immediati. Tutti conosciamo le condizioni dei due campi principali: quello di via della Scogliera e quello di via delle Tagliate. Vado alla conclusione e ne approfitto per un parziale riepilogo. Sappiamo delle problematiche igienico sanitarie e di sicurezza. Sappiamo che molti nuclei familiari hanno fatto richiesta di assegnazione di alloggi di edilizia popolare. Almeno noi sappiamo che questa è sicuramente l'opportunità maggiore che può essere data per realizzare un inclusione stabile, ma sappiamo anche che questa possibilità ha bisogno di tempi molto lunghi per essere attuata. Sappiamo che molti degli abitanti dei campi sono lucchesi, quantomeno per residenza, da molto tempo. Si è saputo della possibilità di un finanziamento dedicato che però aveva scadenze a breve e che non ci ha permesso di valutare appieno un progetto che vi si adattasse. Sapete che quel poco tempo non ha permesso di fare alcuni passi tecnici e urbanistici abbastanza complessi. Sapete di quanto comunicato dal Sindaco in merito ad un progetto mai arrivato sul tavolo di una commissione e nemmeno sul tavolo di una redazione, luogo quanto mai preferito in questi ultimi tempi. Sapete che nonostante il soprassedere da uno studio, da un'opportunità che si era aperta, è stato ribadito e ricordato quanto il tema, la sua drammaticità, sia all'ordine del giorno e che una soluzione prima o poi andrà trovata. Per tutto questo giudico negativo, e anche pericoloso, di questo me ne assumo la responsabilità personale, L'odg presentato da Martinelli a nome del gruppo Forza Italia. Pericoloso non tanto per il contenuto strumentale, quanto per il messaggio che contiene. Un messaggio di esclusione, di occultamento, di denigrazione, di isolamento. Una condizione mentale che influenza qualsiasi ragionamento. Anche lontano dal tema che stiamo trattando stasera. Un messaggio deleterio soprattutto per le nuove generazioni, per i nostri figli che più di noi dovranno confrontarsi con situazioni simili e in crescendo. Stesso pensiero per quanto riguarda l'odg presentato dalla Consigliera Giorgi di cui credo aver già dato un giudizio nella parte iniziale e centrale dell'intervento. Credo che si debba fare tutt'altro. Non possiamo e non vogliamo nascondere la polvere sotto il tappeto. Semmai rilanciare l'impegno a trovare soluzioni adeguate con il minor costo possibile per la collettività, e vorrei che si intendesse che i costi non sono sempre da riferire al conto economico. Chiaramente senza nulla togliere ad altri e semmai rafforzando gli altri fronti di intervento possibili con la costituzione di un patto che unisca gruppi marginali, enti, associazioni e cittadini, in un percorso di conoscenza e approfondimento per la ricerca delle soluzioni più efficaci, affinché si giunga anche ad un sentire più condiviso di diritti e doveri reciproci. Termino veramente, ma è necessario ricordare che l'Europa ci guarda, e non è uno sguardo benevolo. Continuiamo ad applicare alcuni aspetti del Decreto emergenza Rom decaduto nel 2011, non è stata distrutta la banca dati su base etnica creata in occasione del censimento dei Rom, vengono fatti ulteriori tagli al personale dell'ufficio nazionale antidiscriminazione razziale (Unar) che è l'organo nazionale di tutela dell'uguaglianza che ha il compito di attuare la strategia nazionale d'inclusione Rom Sinti e Camminanti. Lo dico, perché non abbiamo battuto ciglio nell'inserire nella nostra Costituzione il pareggio di bilancio, di fatto mettendo in secondo piano il lavoro, nonostante questo sia protagonista dell'articolo 1. Non è un bell'andare per i diritti, figuriamoci per i doveri.

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Di Fabrizio (del 13/01/2014 @ 09:04:54, in Regole, visitato 2216 volte)

I fatti del 2012

Pubblicato il 7 gennaio 2014 16.09 | di Redazione Blitz

FIRENZE - Il proprietario e speaker di Radio Studio 54, Guido Gheri, e un suo collaboratore, Salvatore Buono, hanno avuto 9 e 6 mesi di condanna per diffamazione e istigazione all'odio razziale. Dovranno risarcire 5mila euro al Comune di Firenze e 3mila euro al presidente di una casa del Popolo di Empoli.

Il processo affrontava episodi diversi, riuniti in un solo procedimento, su affermazioni fatte dai microfoni di Radio Studio 54, storica emittente fiorentina di taglio popolare. Fra gli episodi, diffamazione e istigazione all'odio razziale sono accuse relative ai commenti di Gheri e Buono sulla gestione del maxi-parcheggio a pagamento dell'ospedale di Careggi, da dove alcuni ascoltatori avevano segnalato presenza di extracomunitari e di rom e vandalismi.

Nelle loro affermazioni, i condannati tirarono in causa anche il Comune di Firenze dicendo la colpa era "di Matteo Renzi e della sua giunta che non fanno un c..." e sostenendo che nella vicina Prato, con la giunta di centrodestra, tali problemi non si verificano, anche perché nella città laniera ci sarebbe "gente che la mazzetta non la prende". Una frase che indusse il sindaco Matteo Renzi, ritenutosi offeso insieme con il Comune di Firenze, a querelare Gheri e Buono e a far costituire il Comune parte civile.

La condanna odierna per diffamazione riguarda, inoltre, anche frasi pronunciate a proposito di un ex collaboratore della radio, esperto in sicurezza sul lavoro, ingiuriato pesantemente in numerose trasmissioni. Il pm Christine von Borries aveva chiesto la condanna per i due a una sanzione pecuniaria. L'avvocato Paolo Florio, difensore di Gheri, ha definito sorprendente la sentenza e con il collega Guglielmo Mossuto, difensore di Buono, ha preannunciato appello.

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Di Fabrizio (del 12/01/2014 @ 09:04:16, in Kumpanija, visitato 1521 volte)



Da quando, 25 anni fa, cominciai a frequentare i campi rom, il numero di volontari che si occupa-preoccupa-straoccupa di loro è aumentato notevolmente. Volontari che spesso hanno studiato per operare in quest'area, ma che a volte vengono "paracadutati in zona operativa" senza sapere cosa li aspetta.
Rispetto a loro di sicuro io sono ignorante come una capra, ma credo di poter essere utile dando qualche suggerimento su (alcune, non tutte) tipologie umane che potrebbero incontrare. Stereotipi? Forse, ma chi vuole essere "operatore di strada" potrà correggerli in corso d'opera.

  • The big boss
    Ne ha viste di tutti i colori, ha l'occhio sveglio e una sua opinione su ogni cosa. Il suo cervello è una centrale nucleare di rivendicazioni, progetti, richieste. Come ogni centrale nucleare che si rispetti, ha qualche guaio all'impianto di raffreddamento. Per cui, quando con immensa fatica sarete riusciti ad organizzare assieme qualcosa, e ci sarebbe bisogno della sua presenza fisica (e mentale), puntualmente lo troverete a russare sotto il tavolo, circondato da qualche decina di bottiglie di birra vuote.
  • Giacomino
    Esiste in versione Balkan: carnagione scura e baffoni; o Urban Warrior: testa rapata e ricoperto di tatuaggi.
    Alto 1 metro e novanta per circa 120 chili, qualche cicatrice sparsa qua e là, in realtà è tenero e mansueto come un agnellino. Tendenzialmente inoffensivo, nonostante l'aspetto, anche lui ogni tanto va in tilt e spacca ogni cosa abbia a portata di mano... iniziate a correre prima che sia troppo tardi!
  • Poveriiino
    Può essere un poverino o una poverina. Tono di voce (indipendentemente dall'età) da pensionato con la minima, è circondato/a da uno stuolo di parenti nelle medesime condizioni. Quando vi vede inizia a snocciolare la litania di problemi e cose di cui avrebbe bisogno.
    Arriverà il momento in cui vi telefonerà disperato/a perché la nonna deve essere ricoverata d'urgenza e voi dovete accompagnarla in ospedale. Quando arriverete trafelati al campo, si starà guardando la partita in tv con tutta la calma del caso, la macchina bella lucida parcheggiata di fronte alla baracca.
  • Il diffidente
    Sguardo smorto, fa sempre finta di non parlare la vostra lingua e di non capire. Ascolta ma non risponde, al limite sorride. Poi un giorno improvvisamente si scioglie, per proporvi qualche affare improbabile, che descriverà in ogni particolare. Se mostrate dei dubbi, si offende perché penserà che volete fregarlo.
  • La nonna
    Anche per lei esistono due versioni:
    La Matrona, vive circondata e accudita da figlie, nuore e nipoti, trattata come una regina;
    L'Highlander, che invece si occupa personalmente di: cucinare, guidare il camion, pulire, spaccare la legna ecc. Sul tinello la foto di quando battè Mike Tyson ai punti.
    Tutte e due sono una miniera di conoscenze e consigli, che però snocciolano con grande parsimonia e solo in caso di bisogno estremo. Sono loro a suggerire come trattare col prete o col poliziotto, come riparare l'impianto elettrico, o a spiegare all'avvocato il suo mestiere. O come curare le malattie con le erbe, come lanciare una maledizione, come cucinare per 20 persone spendendo 10 euro...
    E' capace di citare a memoria una legge, un manuale di idraulica, una leggenda; ma nel contempo di cadere in ingenuità pazzesche, cosa che vi darà l'idea di cosa significhi confrontarsi con una cultura diversa.
    Appoggiato accanto alla stufa sta suo marito. E' la sintesi serena di tutti i caratteri sinora elencati. Di solito sta dormendo, dopo una vita di stenti e avventure.
  • I bambini
    E' normale che avendo a che fare con un simile manicomio, si possa avere la tentazione di mollare tutto e andare nella Legione Straniera. I Rom lo sanno e hanno inventato un'arma formidabile: i bambini.
    Innumerevoli e debordanti, dispettosi come animali selvatici, e nel contempo affettuosi e appiccicosi come orsetti di pelouche, sono intelligenti, vivaci, affamati di ogni cosa e ogni idea, come qualsiasi loro coetaneo. Pochi sanno resistere al loro fascino e al loro amore per cui, nonostante fatiche e disillusioni, continuerete a tornare al campo.
    Avrete comunque uno schock personale e culturale, perché lo stesso bambino quando compirà 10 anni, comincerà a comportarsi, pensare (e agire, soprattutto) da adulto, pretendendo di essere trattato come tale.

PS: a proposito di stereotipi...

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