Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di Zuzanna Krasnopolska in
Società Italiana delle Lettere|
Bronisława Wajs - detta Papusza, poetessa dimenticata, incompresa e sconosciuta,
è stata riscoperta nel 2013 grazie alla pubblicazione della sua storia scritta
dalla giornalista Angelika Kuzhniak e intitolata Papusza. In più il film scritto
e diretto da Joanna Kos-Krauze e di Krzysztof Krauze "Papusza" (i coniugi-autori
del premiato "Nikifor" del 2004) ha fatto riscoprire l'eccezionalità di
quest'artista così insolita.
Bronisława Wajs nasce... non si sa quando. Gli zingari non prendono nota delle
date sul calendario, regolano il passare del tempo in base al ritmo della
natura. Bronisława nacque nel giorno in cui gli agricoltori terminarono la
mietitura del grano, metà agosto del 1910 (o 1908 o 1909, secondo le diverse
testimonianze). Il padre rimane una figura sconosciuta, la madre è una zingara
galiziana. La ragazza cresce in mezzo alla natura, osserva attentamente gli
alberi, i fiori, gli uccelli. Di sera siede al ruscello e canta. Sa anche
ballare bene. Conosce il potere magico delle erbe. E' bellissima, la chiamano "Papusza",
cioè "Bambola".
Zingarella povera, giovane,
bella come un mirtillo,
denti bianchi come perle,
occhi brillanti come l'oro vero.
Gli orecchini fatti di foglie, eccoli
Come oro genuino son belli (frammento di "Orecchino di foglia", p. 57)
Impara a leggere e a scrivere da sola, comprando (e pagando con galline rubate)
qualche minuto di lezione dai ragazzi che frequentano le scuole e da una
commessa ebrea. Conosce Jerzy Ficowski (1924-2006) - poeta, critico, scrittore,
traduttore, studioso di Bruno Schulz e della cultura zingara ed ebrea - che dopo
aver letto le sue poesie, s'impegna a promuoverla, a tradurla in polacco
(mantenendo l'asprezza dello stile), a farla pubblicare (e dunque guadagnare) e
a iscriverla all'Associazione dei Letterati Polacchi con tutti i privilegi che
ne derivano, inclusa la pensione. Grazie a Ficowski incontra Julian Tuwim
(1894-1953) - uno dei fondatori del movimento poetico "Skamander", forse uno dei
più grandi poeti polacchi - che trova le poesie della Wajs piene d'innocenza e
di onestà, virtù che lui stesso cerca di trasmettere. Le creazioni di Papusza
sono apprezzate anche da altri, tra cui Wisława Szymborska.
Fino a questo punto la vita di Papusza sembra una favola. La realtà però non è
il mondo delle fiabe e così ben presto arriva un'ombra che offusca e distrugge
questo mondo idilliaco.
Prima la seconda guerra mondiale, con la persecuzione e la strage degli zingari
(il numero totale degli zingari ammazzati in Europa Orientale rimane
sconosciuto). L'esistenza ridotta al minimo: la fame attenuata con qualche
corteccia, le notti passate fra le canne con le gambe in acqua gelata, il tifo,
la morte delle persone care. Dopo il massacro arriva il nuovo regime, nuove
regole, nuove persecuzioni. E' sterile, adotta un bambino (che chiama Tarzan,
affascinata dall'immagine di un ragazzo selvaggio seduto su un ramo accanto a
una fanciulla), figlio di uno zingaro e una gagi. Dopo la pubblicazione di
qualche articolo sulla cultura zingara di Ficowski e qualche poesia di Papusza,
gli zingari smettono di fidarsi di lei, cominciano a trattarla come una spia,
traditrice dei loro segreti. La Wajs è costretta a fuggire con il figlio e il
marito arpista (in effetti suo zio, fratello del patrigno, molto più grande di
lei), ma le persecuzioni continueranno per tutta la vita e la porteranno
all'esaurimento nervoso. Bronisława Wajs muore... questa volta la data è certa -
l'8 febbraio 1987. Le infermiere diranno che poco prima di morire, Papusza si
toccava le orecchie in cerca dei suoi orecchini preferiti, fatti con le galle di
quercia:
Dov'è il mio orecchino preferito?
Si sarà nascosto nel bosco selvatico?
Quanto mancano agli occhi neri
Questi miei orecchini cari! (frammento di "Orecchino di foglia", p. 56).
Papusza è considerata la più grande poetessa zingara polacca. Zingara, sì, e
fiera di esserlo, addirittura rideva quando si sentiva chiamare con quella
parola politicamente corretta e artificiale "rom". Zingara polacca, anche se
spesso si sentiva dire di tornare "nel suo paese". Le poesie trasmettono un
senso di pace, anche quando descrivono le persecuzioni più atroci. Saranno i
suoi occhi da bambina, meravigliata di fronte allo spettacolo del creato, a
diffondere questa unica sensazione di quiete. Proprio come una bambina chiede
alle stelle di rendere ciechi i nemici:
Ah, tu, la mia buona stellina! [...]
Acceca gli occhi ai tedeschi!
Torci le loro vie!
Non mostrargli la strada giusta!
Conducili per il sentiero infido,
perché sopravviva il bambino ebreo e zingaro. (frammento di "Lacrime di sangue -
cosa abbiamo vissuto al tempo dei nazisti in Volinia nel '43 e '44", p. 68).
E come una bambina non tratta seriamente i propri versi, anzi, si stupisce ogni
volta che qualcuno la considera una persona importante: "Son venuti a parlare
con me? Ci sono poeti, ci sono poesie belle, favole meravigliose, ma io son
niente. Non possiedo nessuna istruzione, nessuna scuola. Cosa può dire una
vecchia Zingara che assomiglia ad un porcino dimenticato nel bosco di autunno?
Sono una ragazza povera, vivo sotto il cespuglio. Nervosa, ho un'anima
piccolissima. Sono una persona ordinaria, forse peggiore degli altri" (p. 20).
Ovvero: "[Dicono che scrivo] poesie, ma non sono poesie. Canzoni. Le poesie son
roba diversa. Ci vogliono le rime, la canzone è semplice. La canzone è
inferiore. E la poesia è in alto, ci vuole gente istruita. Ci vuole l'università
ed io non ho finito neanche una classe. Non posso scrivere poesie". (p. 70).
Come una bambina commette molti errori di ortografia, di sintassi, di
interpunzione. Nelle lettere indirizzate a Ficowski o a Tuwim si scusa della
calligrafia che considera racchia. Ma è proprio grazie a questo suo modo di
scrivere unico che il lettore riesce a vedere meglio il mondo descritto, riesce
anch'egli a diventare bambino.
Quello che scrive rimane sempre legato alla sua identità, al suo essere zingara,
che la porta a delle considerazioni sorprendenti: "Oggi se una Zingara è brava,
sa leggere meglio il futuro, se è scema non sa più farlo. Dice qualsiasi cosa
per guadagnare e andare avanti. Io per esempio leggo il futuro in modo psichico:
riconosco se una persona non è di umore giusto e quando è amata e innamorata,
riconosco dalla sua fronte che tipo di persona può essere; se è buona o cattiva,
se saggia o stupida, se caratterizzata da una forte volontà oppure debole.
Quando leggo le carte assumo un'espressione seria e leggo il futuro con la
serietà. Lo stesso fa un poeta, penso. Ci deve essere qualche spirito, qualche
respiro e subito si sa tutto". (p. 65). La capacità di osservazione e lo spirito
di curiosità la portano alla riflessione sull'origine, sul significato e sul
senso della parola: "La mia canzone è silenziosa come una lacrima. Io canto a me
stessa, non a qualcuno. Da quando ero bambina qualcosa in me non andava bene.
Avevo paura perché non sapevo da dove provenivano le parole, chi me le ha
insegnate. Diciamo "foglia", "uccello", "prato", ma è vero quello che diciamo?
Forse Dio ha fatto sì che noi ci siamo accordati a parlare così?". (p. 82).
Dopo molti anni,
ma forse molto prima, tra poco,
le tue mani troveranno la mia canzone.
Da dove è venuta?
Nel giorno o nel sonno?
E mi ricorderai, mi penserai -
era una favola
o vero era?
E ti scorderai
delle mie canzoni
e di tutto. ("Canzone", p. 83).
Il 2013 è stato l'anno di Papusza in Polonia. Il libro di Angelika Kuzhniak è una
forma di reportage dove i frammenti degli scritti della Wajs, le trascrizioni
delle vecchie interviste e il racconto della Kuzhniak si intrecciano senza un
particolare ordine cronologico, ma con la tenerezza di qualcuno che vuole bene
al soggetto che sta cercando di ritrarre. Il film di Joanna Kos-Krauze e
Krzysztof Krauze, assolutamente fenomenale e girato in bianco e nero, si
concentra sull'eccezionalità della figura di Papusza, una donna straordinaria
che ha avuto il coraggio di essere se stessa. La pellicola è stata già
apprezzata durante il Festival internazionale del cinema di Karlovy Vary.
***
- Tutte le citazioni provengono da Papusza di Angelika Kuzhniak (ed. Czarne,
Wołowiec 2013).
- Le poesie provengono dalla raccolta Lesie, ojcze moj [Bosco, padre mio] di Papusza (ed. Nisza, Warszawa 2013).
- Trailer del film
Papusza (diretto da Joanna Kos-Krauze, Krzysztof Krauze, 2013):
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LM n.82, Papusza, poesia |
Può esistere un'immagine più "irrispettosa" di questa,
riguardo il GIORNO DELLA MEMORIA? Cosa ci fa qua e perché, lo scoprirete leggendo
questo post...
di Jovica Jovic - Cari amici, c'è una cosa che da tempo mi fa stare
molto male, soprattutto di questo periodo. E non è la salute, non sono i
soldi... è quella parola: PORRAJMOS.
Ogni anno, l'ultima settimana di gennaio ci incontriamo, voi a sentirmi e io
a suonare, per la Giornata della Memoria, e quella parola ritorna puntuale.
Voi, magari, la dite perché l'avete sentita da qualcuno istruito e, come noi
Rom, la ripetete perché quello che è accaduto allora fu di una tale violenza,
che dopo tutti cercarono un termine per descriverlo. Gli Ebrei trovarono la
parola Shoa, tra i Rom cominciò a diffondersi "porrajmos".
Quello che molti di voi non immaginano, è che la parola nella mia lingua
significa STUPRO (si può usare solo per gli organi sessuali), quindi è estremamente violenta, ma del tutto inadatta ed
offensiva ad essere pronunciata per descrivere gli stermini della seconda guerra
mondiale. Può andare bene per qualcuno di voi, ma io non potrò mai dirla di
fronte alle mie figlie, di fronte a una qualsiasi famiglia rom.
Ecco, parlerò a qualcuno di voi, sperando che mi capiate. Tenterò di essere
calmo e comprensibile, e per questo devo spiegarvi alcuni termini della mia
lingua (i termini in lingua romanés sono stati adattati alla grafia
italiana, ndr.) :
- PORADJOS: donna, apri le gambe.
- PORAVESLES tu
- PORAVASLES noi
- PORAJMOS in tanti, assieme, come fare un'ammucchiata.
Per essere completi, esiste nella nostra lingua anche (due parole staccate) PO RAJMOS,
che si può tradurre con "la signorilità", ma è ovvio che questo non ha alcuna
relazione con l'uso che si dovrebbe fare della parola.
Quello che ho detto vale per la maggioranza dei Rom e dei Sinti - non pensate che il mio sia un capriccio: ho 60 anni, e sono figlio di una
famiglia che ha partecipato alla II guerra mondiale, lì sono morti mio nonno,
mio zio e poco dopo mio fratello che aveva contratto il tifo. La storia è
raccontata nel libro
Niente è più intatto di un cuore spezzato. Per me ricordare oggi quegli
anni, usando quella parola, è come mancare di rispetto a loro e ucciderli
nuovamente.
Tra i Rom, c'è chi non parla più il romanés, e altri che lo parlano per
sentito dire, magari adattandolo alla lingua del paese dove vivono. Anche loro
parlano allora di "porajmos" senza sapere di cosa si tratti. A loro non posso
rimproverare molto. Ma quando ho parlato di questi miei sentimenti a Rom
influenti e di cultura, mi è stato risposto pressappoco così: "Jovica, tu
hai ragione. Ma ormai è tardi, è una parola che sta circolando da tempo e quello
che tu chiedi non ha un valore pratico, anzi sarebbe anche impopolare".
Avrà poco valore e sarà impopolare forse per loro, per me è una questione di
rispetto per me e per l'affetto alla mia famiglia.
Con voi gagé le cose non sono andate molto diversamente. Ho scritto a molte
persone di cultura, a molti che vivono nel mondo dell'informazione e della
divulgazione. Le stesse persone che mi chiamano a suonare. Non ho avuto
risposta. Durante i concerti, chiedo che se ne parli, ma non c'è mai il tempo
pratico per farlo. Solo Moni Ovadia, durante la presentazione milanese
del libro "La meravigliosa vita di Jovica Jovic", che ha scritto con Marco
Rovelli, ha rotto infine il muro del silenzio.
Allora che termine usare, mi chiederete? Ultimamente, ho sentito adoperare
SAMUDARIPEN, viene dalla parlata dei Rom Khorakhané, significa "totale
omicidio". Anche i Rom Abruzzesi hanno un termine simile: MUNDARIPE'. Il termine
esatto da adoperare sarebbe BARO MUNDARIMOS LE MANUCHENGO, cioè:
- BARO = grande
- MUNDARIMOS = omicidio totale
- LE MANUCHENGO = dell'umanità.
Si sarebbe potuto dire LE RROMENGO, ma in questo caso si sarebbe reso omaggio
solo alle vittime rom, con MANUCHENGO invece io ricordo anche gli Ebrei, gli
omosessuali, i Testimoni di Geova...
Questo è tutto. Non mi importa di quanti sono stati zitti sinora, io andrò
avanti finché campo a difendere le mie idee e i miei ricordi. Se volete, se
avete capito, datemi una mano a far circolare questi pensieri, anche sulla
stampa, anche su Facebook, dovunque. E forse, riusciremo assieme a fare un po'
di luce, su tutti i defunti uccisi dal razzismo e dal fascismo
Grazie.
Nota del redattore: Sembra destino che sul Giorno della
Memoria io debba incrociare la strada di Jovica: è successo nel
2011 e poi nel
2012 fu lui a stimolare le mie riflessioni. Come mai?
- Jovica, valente musicista, è un amico che rispetto.
Conoscendolo, trovo che quell'etichetta "musicista" sia
limitativa per una persona intelligente e di grande senso morale
come lui.
- Non ha importanza (anzi, ne ha molta, ma non intendo
scrivere di questo) se quanto Jovica ha affermato sopra possa
essere condivisibile o di vostro gradimento. La cosa importante,
per me, è che possa esprimersi sulla storia della sua famiglia,
sui suoi valori, e questo non possiamo portarglielo via, come se
fosse un campo o un documento.
Non so neanche dove arriveranno le sue parole, la strada è lunga e
affollata da gente che ruba idee e frammenti di vita ai Rom, e tenta poi di
spacciarli come se fossero una loro invenzione. In mezzo a tante grida, Jovica ha
salvato la sua fisarmonica. E' ora che si salvino anche le sue idee.
Anche questo video, per terminare, potrà sembrare irrispettoso, ma almeno è
allegro. Perché, ricordando questa giornata, le giovani generazioni e la loro
gioia sono il nostro solo comune futuro.
Segnalazione di
9 mesi fa
Vol 3, article posted August 2013
- Rifugiati siriani ignorati: gli zingari by Kemal Vural Tarlan,
Documentary Photographer
Il 17 dicembre 2010, in Tunisia un giovane laureato, venditore ambulante, diede
inizio a quella che è conosciuta comunemente come "Primavera Araba". Questa
rivolta partita da una strada araba si diffuso poi in tutto il Medio Oriente.
Come risultato, diversi regimi dittatoriali nel Medio Oriente, al potere da
quasi mezzo secolo, persero uno a uno il potere. Quando i disordini arrivarono
nel 2011 in Siria, si ipotizzava che anche il regime Baas sarebbe caduto
rapidamente. Al contrario, il regime siriano è tuttora in piedi, dati alcuni
motivi come la religione, la diversità etnica della Siria, la posizione
geografica, i collegamenti politici tra i diversi gruppi sotto il regime Baas e
la stabilità internazionale.
Il conflitto è ora al terzo anno ed ha causato oltre 70.000 morti in Siria.
Milioni tra i vari gruppi etnici hanno dovuto lasciare le proprie case e città.
Oltre un milione di Siriani hanno lasciato il paese per fuggire nelle nazioni
limitrofe, e alcune sono stati obbligati ad immigrare in città relativamente più
sicure fuori dalla Siria. Oggi, stanno cercando di sopravvivere in campi e
appartamenti nei paesi vicini. Per oltre un anno, ho condotto un documentario
fotografico riguardo ai Siriani conosciuti come "ospiti" in città vicine ai
confini siriani, e come rifugiati o richiedenti asilo dalla legge
internazionale. Li ho fotografati mentre lavoravano nelle fattorie o mentre
sudavano dalla paura attraversando quotidianamente i campi minati, nelle loro
tende o in lacrime in un appartamento. Più recentemente, ho provato a
fotografare ogni momento della loro vita, come testimonianza di una storia. La
realtà del popolo siriano in questa stessa regione, assieme e divisi in diverse
etnie, fedi e culture.
In mezzo a questi popoli e comunità, c'è un antico gruppo che non solo vive qui
dal Medio Evo, ma anche diffuso in tutto il mondo. Ci sono centinaia di migliaia
di zingari, conosciuti come Dom, Dummi, Nawwar, Kurbet e Zott, capaci di parlare
diverse tra le lingue locali, oltre al curdo, il domari, il turco e l'arabo.
Questi gruppi zingari vivono nomadicamente in tutta la Siria e si sono
stabiliti, insediati ed integrati con le popolazioni locali. All'inizio del
secolo scorso, furono divisi da confini artificiali tra le nazioni. Anche
vivendo in paesi diversi, sono rimasti in comunicazione per via parentale, e tra
parenti ci sono stati anche matrimoni. Con lo scoppio della recente guerra
civile, sono stai esposti a discriminazione da parte delle altre popolazioni e
hanno cercato di scappare nelle città dove vivevano altri parenti. C'è una
semplice realtà per loro, anche se vivono in paesi diversi; condividono il
medesimo destino. Hanno una bassa qualità di vita, sono umiliati, disprezzati,
discriminati e ostracizzati sul lavoro da gruppi predominanti rispetto agli
zingari.
Gli zingari che hanno vissuto in Siria negli ultimi due anni, si sono trovati in
una guerra dove non avevano un lato in cui schierarsi. In un'area abbandonata,
una stazione dalle parti di Gaziantep, ho incrociato un gruppo che cercava di
vivere in tende di teloni e plastica. Il campo è abitato principalmente da donne
e bambini. Gli uomini si sono spostati più vicino alla città, nella speranza di
un lavoro. I bambini corrono all'interno delle tende, al cui interno ci sono
solo alcune coperte, con un pezzo di pane secco in mano. Vengono da Aleppo. "I
ribelli erano entrati in città. L'esercito ci disse che aeroplani da guerra
stavano per bombardare le nostre case e che dovevamo andarcene. Così abbiamo
abbandonato le nostre case e i nostri averi e siamo partiti. Le notizie arrivate
sinora dicono che adesso è tutto bombardato. Non abbiamo più una casa." dice la
ragazza, tatuata sul volto e sulle mani. Poi ho chiesto: "Con quale fazione
stavate?" Risponde: "Per noi non faceva alcuna differenza. Le nostre case sono
bombardate, eravamo tristi e miserabili, ed ora tutti siamo senza cibo."
Ho discusso con un uomo di nome Hasan sui Dom della Siria. Hasan ha 17 anni, è
sposato e ha 2 figli. Ha piazzato la tenda in una quartiere di Nizip dove vivono
i Dom. Lo hanno aiutato a piantare la tenda. Dentro vivono in 9 in tutto,
inclusi suo suocero, sorelle e fratelli. Hasan parla fluentemente domari, curdo
e arabo. Ammette di essere un Domari. Gli zingari venuti dalla Siria non possono
parlare turco. Si presentano come Turchi e quelli che parlano il turco sono
soprattutto Curdi e zingari del Turkmenistan. Indica un'altra tenda e dice: "Non
credergli, dicono di essere Curdi, ma sono parenti miei e vivevano per strada
dietro la mia casa ad Aleppo." Abbiamo continuato a parlare dei suoi parenti
dentro e fuori la Siria.
Da Hasan e da altre persone con cui ho parlato, ho ottenuto queste informazioni:
Latakia è dove gli zingari lottano per sopravvivere, ci sono attacchi aerei
regolari. Dicono che la gente emigra nelle città della Siria Occidentale, come
Sham, o in città controllate dalla comunità-società curda, come Afrin, Kobani o Qamishli.
Quanti di loro sono artigiani come dentisti, fabbri, circoncisori, intessitoti
di setacci, musici e lattonieri, non riescono ad esercitare i loro mestieri per
l'industrializzazione, la modernizzazione della produzione e le leggi. Hasan in
Siria lavorava nelle costruzioni, se c'era bisogno di lui per lavorare in
Turchia ci andava. "I lavoratori turchi prendono 80 lire (1 lira turca
= 0,33 euro, ndr.), però noi lavoravamo
per 40, anche se per noi non c'era molto lavoro. Di solito lavoriamo una volta
alla settimana. Presto, la mia famiglia si trasferirà a Mersin, dove i bambini e
gli adulti raccoglieranno le fragole. Sembra che questa guerra non debba finire
mai e, quando lo farà, andrò ad Aleppo."
Un affollato gruppo di richiedenti asilo, sotto un mandorlo appena fiorito ai
bordi del deserto, si irrita quando mi vedono dietro all'imam Keskin della zona
di Urfa. Non dicono che poche parole, anche se sono sicuri che non sono un
dipendente pubblico. Le anziane lanciano maledizioni contro quanti ritengono
abbiano causato "la loro situazione attuale" [...]. Mentre sto per andarmene,
una di loro mi urla contro di "non fare sapere dove sono loro, scattando foto."
Due giorni prima le tende degli zingari sono state date alle fiamme nel vicino
distretto di Yenice, dalla polizia che agiva in seguito alle lamentele dei
residenti. Nelle cronache non ci sono stati riferimenti agli zingari, solo un
accenno sulla stampa nazionale a "bruciate le tende dei Siriani". I richiedenti
è da due giorni che stanno cercando di scappare dalla polizia. Le autorità
locali hanno impedito loro di fermarsi con le tende nel distretto, sia per i
pregiudizi, che per le lamentele e l'inquinamento visivo.
Ultimamente, gli zingari in cerca di asilo che dalla Siria fuggono nel nostro
paese, cercano rifugio in appartamenti non rifiniti, capannoni e nei quartieri
poveri. I loro parenti, che vivono qui, hanno piantato delle tende vicino alle
mura delle loro case, anche se non hanno pane da condividere. Assieme vanno per
le strade a raccogliere cartoni, beni fatiscenti e un pezzo di pane. Ma molti di
loro sono ancora accampati in tende di emergenza, vicino a città, paesi e
villaggi lungo il confine tra Mardin e Antakya.
Sono stati accusati di furti e immoralità, discriminati dagli Arabi, Curdi e
Turchi che risiedono nei campi, anche se riescono a mimetizzarsi in quegli
stessi campi per la loro capacità di parlare quelle lingue, dopo essersi
inseriti regolarmente. D'altra parte sono discriminati ed esposti ai medesimi
pregiudizi da chi gestisce i campi, fin quando questi ultimi non riescono a
demotivarli a sostare lì.
La maggior parte di loro è fuori dai campi ed è tornata nuovamente ad uno stile
di vita nomade, per non essere umiliati dai "gagé" e non essere rinchiusi dietro
il filo spinato. Partiranno per lavorare come joppers (braccianti o manovali
senza qualificazione, ndr.)
nelle regioni mediterranee ed interne anatoliche, come forza lavoro a buon
mercato, quando le temperature si alzeranno. Si dice che lavorino in queste aree
per 5 lire turche a testa per giorno.
Concludendo, gli zingari sono state le vittime della "guerra civile" iniziata
tra diversi gruppi etnici che avevano convissuto. Gli zingari nei Balcani hanno
patito particolarmente la disintegrazione dei paesi del blocco comunista. In
Iraq, migliaia di zingari sono stati obbligati all'immigrazione dalle bande
armate degli sciiti radicali, per "la loro insufficiente fede nell'islam".
Allora, molti si rifugiarono in Siria. Durante le rivolte in Medio Oriente,
entrate ora nel terzo anno, gli zingari si sono ritrovati nel mezzo dei
conflitti, ripetendosi la storia. Le notizie provenienti dalla stampa
riferiscono che le loro condizioni di vita stanno diventando sempre più
problematiche.
Le nuove autorità di questi paesi hanno intrapreso una nuova strategia di fronte
a queste rivolte: solo promesse evasive a minoranze etniche e religiose, zingari
compresi. Finché queste tematiche verranno trascurate dai politici, e verranno
trascurate l'uguaglianza religiosa ed etnica, oltre alla pace, la struttura
multiculturale del Medio Oriente continuerà a deteriorarsi.
Di Fabrizio (del 18/01/2014 @ 09:01:12, in Italia, visitato 1661 volte)
Incontro con Alexian Santino Spinelli. Musicista, scrittore e docente
universitario - di Donato Savria
Il razzismo non ci appartiene, ma gli zingari se ne devono andare a casa loro.
Quante volte abbiamo sentito quest'affermazione? Politici, semplici cittadini,
vecchi, giovani.. troppo spesso la non informazione è peggiore di
un'informazione sbagliata. Il pregiudizio regna sovrano e noi, popolo del XXI
secolo, siamo così pigri da non voler cercare altre risposte, prendiamo per
buono ciò che ci dicono Tv, radio, giornali. Ascoltiamo una sola "campana", non
ci interessa altro.
E' arrivato il momento di aprire gli occhi, andare controcorrente; vogliamo
ricordare le persecuzioni che gli zingari hanno subìto nel corso della loro
storia millenaria e non vogliamo nascondere sotto il tappeto, com'è stato fatto
fino ad ora, le torture che hanno subìto in Germania e in Svizzera, storie
scomode per qualcuno. Distinguersi dalla massa e schierarsi con un popolo che
non è stato mai difeso da nessuno. L'uomo non nasce mendicante, ma lo diventa, e
se lo è diventato cerchiamo di capirne il motivo. Un popolo porta con sé
tradizioni che non devono assolutamente cadere nell'oblìo: proprio per questo
abbiamo raggiunto telefonicamente l'ambasciatore per la cultura romanì nel
mondo, Santino Spinelli, detto Alexian. Musicista compositore, cantautore,
insegnante, poeta, saggista. Ha due lauree: una in Lingue e Letterature
Straniere Moderne e l'altra in Musicologia, entrambe conseguite all'Università
degli Studi di Bologna. Insegna lingua e Cultura Romanì all'Università di
Chieti. Con il suo gruppo, l' "Alexian Group", tiene numerosi concerti di musica
romanì in Italia e all'estero.
Entriamo in un mondo completamente nuovo, la musica romanì. Se ne parla troppo
poco, e spesso non si da il giusto valore ed il giusto tributo. Quali sono le
caratteristiche?
Domanda difficile. Ci sono molti stili e molti contributi da parte delle diverse
comunità, ad esempio in Spagna il "flamenco", in Ungheria la "ciarda" e così
via. I rom hanno dato uno sviluppo notevole alla musica in ogni zona in cui si
sono stanziati. La musica romanì comprende tantissimi stili diversi, i quali
hanno arricchito l'arte e la cultura europea. I rom hanno introdotto, in Europa,
anche due nuovi strumenti, la "zurla" (oboe in legno di albicocco, formato con
profilo conico sia interno sia esterno, con padiglione svasato, munito di ancia
doppia montata su un cannello metallico con disco appoggia labbra) e Il "cimbalom"
(detto anche cembalo ungherese), uno strumento musicale a corde battute o
pizzicate, strumento che possiamo considerare antenato del pianoforte.
I grandi compositori europei hanno sempre dato una certa importanza alla musica
rom, soprattutto nei Paesi dell'est, come Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia,
etc.; queste nazioni, sotto il controllo asburgico in epoche passate, guardavano
il popolo e la cultura rom con occhi diversi, cercavano la libertà e vedevano in
loro il simbolo della libertà. La musica rom è diventata in questo modo musica
nazionale, è stata tenuta in considerazione da grandi compositori, da Johannes
Brahms, a Franz Peter Schubert, fino ai giorni nostri con Goran Bregovic'; una
schiera vastissima di autori e compositori che non hanno, però, riconosciuto
l'apporto che il nostro popolo ha dato alla musica.
L'"Alexian Group" da anni gira l'Italia, varcando spesso anche i confini
nazionali, portando la musica e la cultura romanì in giro per piazze, palazzetti
e teatri. E' stato difficile affermarsi e imporsi nel mondo musicale?
Il successo non è arrivato subito. E' arrivato con l'impegno, il lavoro, la
ricerca, la valorizzazione di un patrimonio artistico culturale, poi messo in
musica. Abbiamo cercato di creare una musica "rom europea"; stiamo lavorando per
pubblicare un nuovo cd, "ROMANO' DIVES" prodotto con la collaborazione de "L'orchestra Europea per la Pace" e dell'attore Silvio Orlando. Abbiamo avuto la
fortuna di suonare davanti al Papa emerito Benedetto XVI, in occasione della
festa della famiglia, in mondovisione con diretta anche su RAI 1, abbiamo avuto
l'onore di collaborare con tantissimi artisti provenienti da tutto il mondo;
avvenimenti che lasciano qualcosa di profondo dentro ma cerchiamo sempre di non
perdere di vista il nostro obiettivo: diffondere l'arte rom, la cultura e la
voce del nostro popolo. Europa unita e senza discriminazione, questo è quello
che vogliamo.
Molte sono le opere pubblicate dal suo gruppo, l'ultima uscirà a breve; dove
trovate l'ispirazione per andare avanti e continuare a produrre testi e canzoni?
L'ispirazione si può trovare in qualsiasi cosa. Noi, popolo da sempre
discriminato e sottovalutato vogliamo far conoscere la nostra cultura e la
nostra arte. Sicuramente sia la cultura, sia le emozioni profonde vissute
quotidianamente donano ispirazione per nuove opere.
Cosa vuol dire, oggi, essere rom in Italia?
Significa essere portatori di una cultura diversa, cultura che nasce intorno
all'anno 1000, una cultura che trova la sua patria in India, o meglio nelle
regioni a nord- ovest dell'India; rappresentiamo noi oggi un popolo che è stato
costretto a una migrazione forzata. La prima tappa è stata l'Europa e dopo,
attraverso le deportazioni, siamo arrivati in America, Australia e Africa. Oggi
con oltre sedici milioni di persone, i "rom", "sinti", "kalè", "manouches", "romaniche" (cinque gruppi, cinque etnie con origini simili, che noi chiamiamo
zingari), sono presenti con le loro comunità in tutti i continenti. In Italia
vivono circa 170.000 persone di etnia rom, di cui il 70% sono cittadini
italiani, residenti in Italia e vivono nelle case. Esempio pratico: italiano
campano, italiano rom. Sono due cose identiche.
In Italia spesso il pregiudizio prende il sopravvento sulla razionalità e sulla
conoscenza diretta di un determinato argomento. L'Italia è un Paese razzista?
Gli italiani non sono razzisti per cultura, lo sono diventati ultimamente per
indottrinamento. Una buona parte del popolo italiano si è fatta pilotare e
aggirare da movimenti xenofobi e razzisti. La politica ha sfruttato e sfrutta,
troppo spesso, questo tema per fomentare la folla, per creare consenso. Tutto
questo porta a discriminare, non solo i rom, ma tutte le etnie diverse. Oggi la
società ha bisogno di scaricare le colpe, trovare un capro espiatorio, e come
sempre i più deboli subiscono una maggiore repressione, una maggiore forma di
discriminazione.
Integrazione, un tema molto attuale e discusso; negli ultimi dieci anni c'è
stato un cambiamento culturale nei confronti di persone di etnia rom?
Stiamo peggiorando giorno dopo giorno. L'Italia ha ignorato e continua a
ignorare le direttive indicate dall'Unione Europea; il nostro Paese sta
continuando ad adottare misure orrende di segregazione razziale, i campi nomadi.
Nel corso degli ultimi anni sono nate moltissime associazioni, ma il loro unico
obiettivo è speculare il denaro pubblico in maniera privata. Il rom oggi serve
per far girare questi soldi in teoria pubblici. La cultura sta morendo ogni
giorno, si sfrutta una cultura, la nostra, per spicciole politiche e giochi di
potere.
Campi nomadi come "campi d'internamento". Moltissimi comuni italiani oggi stanno
adottando provvedimenti noti sotto il nome di "Piano Nomadi". L'informazione ce
ne parla come un problema, arrivano notizie unilaterali, vuole dare una risposta
di contro-informazione?
I rom devono essere un problema per coloro i quali devono speculare sulla loro
pelle. Sono stanziati milioni e milioni di euro per queste persone, ma alla fine
non arriva assolutamente nulla. Le associazioni che si occupano di rom fanno
sparire questo denaro con progetti fasulli, senza alcun risultato.
Piano Nomadi. Cerchiamo di fare chiarezza in modo definitivo, i rom NON SONO
NOMADI PER CULTURA, quindi già l'approccio dello Stato italiano è sbagliato.
Perché bisogna creare campi nomadi e precludere la libertà di moltissime
persone? Questi esseri umani (non zingari, non rom, non nomadi, ma persone),
provengono dalle case, soprattutto dall'ex - Jugoslavia o dalla Romania.
Sedentari a tutti gli effetti in uno Stato, nomadi in un altro. Non ha senso.
Non siamo nomadi, ma migranti forzati. I rom sono costretti a vivere in
condizioni disumane, schiavizzati nei "lager moderni", spesso anche illegali.
Giorno dopo giorno non ci avviciniamo verso nessun miglioramento, anzi stiamo
indietreggiando. Questa segregazione contribuisce a creare il malcontento anche
della cittadinanza ubicata nei dintorni di questi pseudo-ghetti odierni. Non
possiamo parlare d'integrazione se al popolo italiano, i media, mostrano
solamente la desolazione e il degrado dei posti dove sono costretti a vivere i
rom. La cultura rom non è fatta di baracche fatiscenti, accattonaggio, fame e
miseria; ha radici profonde che proviamo a far splendere attraverso
l'informazione e l'arte.
Ai vari governi che si sono susseguiti fino ad oggi non interessa risolvere la
questione rom, non interessa dare dignità a persone normali, l'unico scopo è
fare voti attraverso propagande razziali e xenofobe e sfruttare il denaro
pubblico spettante a queste popolazioni. Non c'è nessuna differenza, Destra,
Sinistra, Centro, tutti hanno adottato la politica della discriminazione, tutti
egualmente corresponsabili.
Cultura romanì. Invece di restare chiusi nel nostro mondo, cosa dovremmo
apprendere e imparare?
Prima di tutto, il rispetto per le persone oltre gli stereotipi negativi;
conoscere prima di giudicare; avvicinarsi all'arte, la cultura, la letteratura e
la lingua rom poiché rappresentano un patrimonio per l'intera umanità, ma troppe
persone non sanno nemmeno che esiste tutto ciò. Gli stereotipi vedono sempre il
rom ai margini della società, quindi anche la nostra arte è declassata . E' come
accostare all'Italia solamente il fattore "mafia", eludendo la conoscenza di
Leopardi, Dante, Verdi, Puccini, etc. sono due piani completamente diversi e
vanno giudicati in modo completamente diverso. Troppo spesso si arriva a
generalizzare fino a un punto che sfiora l'assurdo, la cronaca diventa cultura.
La cultura rom vivrà solo se anche gli altri, i non rom, la terranno in vita.
Bisogna valorizzare e diffondere il genere rom affinchè non scompaia.
Un ringraziamento speciale ad Alexian Santino Spinelli. Trattare argomenti così
poco conosciuti e così delicati credo serva per migliorare, ognuno nel proprio
piccolo. Appena conclusa l'intervista, ripensando all'ultima dichiarazione
rilasciata mi è balzata alla mente una poesia di Vladimir Majakovskij, "Non
rinchiuderti Partito nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada";
certo, va inserita e adattata nel giusto contesto. Non possiamo isolarci e
prendere per buono tutto ciò che dice la televisione, non possiamo aver paura
degli "zingari" solo perché non li conosciamo, non possiamo giudicarli senza
averci mai parlato.
L'Alexian Group da anni si batte a favore dell'Intercultura; l'ultima notte del
2013 il gruppo si è esibito in terra sarda per un concerto in lingua rom in
collaborazione con l'artista italo-brasiliana, Pamela D'Amico, anche lei
impegnata da anni nel suo progetto: portare la cultura brasiliana nel nostro
Paese in maniera tale da non farci limitare a pensare al Brasile come terra di
calciatori o ballerine. C'è anche altro, basta solo informarsi e avere "fame" di
conoscenza.
L'anima e il cervello non hanno etnìe, facciamo tesoro di ciò che disse Vittorio
Arrigoni (eroe contemporaneo, morto per la libertà del popolo palestinese): "non
credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti,
indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia,
che è la famiglia umana".
Integrazione, cittadinanza attiva e partecipazione; non lasciamo che restino
solamente belle parole da sventolare nei momenti opportuni, facciamole diventare
realtà attraverso l'impegno e la conoscenza. Impariamo a rispettare popolazioni
con etnìe diverse e cerchiamo di coglierne i lati positivi, cerchiamo di
migliorarci e parliamo di "pregiudizio" solo come una piaga degli anni scorsi.
Solo su questi binari possiamo aspettarci un futuro più giusto, luminoso.
Di Sucar Drom (del 17/01/2014 @ 09:04:50, in blog, visitato 1861 volte)
Roma, la Questura si dissocia
Il 28 dicembre scorso sul profilo Facebook e Twitter della Questura di Roma è
stato postato il seguente comunicato: "In relazione al tweet apparso sul profilo
della Questura di Roma nella giornata del 26 di...
Bolzano, il Porrajmos e la memoria
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Il 18 gennaio a Milano, dalle ore 9.00 a Palazzo Reale in Piazza Duomo, saranno
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Lombardia, smonta lo stereotipo e abbatti le discriminazioni
Concorso a premi per manifesti artistici "SMONTA LO STEREOTIPO, COSTRUISCI LA
CONOSCENZA" rivolto alle scuole secondarie di primo e secondo grado della
Regione Lombardia.
Jesi (AN), il Porrajmos con Santino Spinelli
Roma, memorie dallo sterminio di sinti e rom
In occasione della Giornata della Memoria, in cui si commemorano tutte le
vittime delle persecuzioni nazifasciste, Associazione 21 luglio e Associazione
Sucar Drom organizzano l’evento “Samudaripen. Tutti morti...
Di Fabrizio (del 16/01/2014 @ 09:01:25, in Italia, visitato 1402 volte)
Posted on 10 gennaio 2014 di associazione21luglio su
La voce degli attivisti rom e sinti
Ma perché se una bimba rom è bionda e chiara di carnagione, deve per forza
essere stata rubata? In molti purtroppo la pensano così. Di Sabrina Milanovic
Voglio raccontare, brevemente, l'esperienza di una mamma rom che ha vissuto
attimi di vera paura e di ansia quando l'hanno accusata di aver rubato
Fatima... sua figlia!
Conosco Fatima (2 anni, nella foto) e sua mamma personalmente ed è proprio
quest'ultima ad avermi dato l'input per parlare della sua storia e farla
conoscere all'esterno.
Il tutto è successo al porto di Olbia sei mesi fa all'incirca. Le autorità
portuali si sono allarmate dando della bugiarda alla ragazza riguardo la vera
identità della bimba, che secondo loro era stata rubata dalla stessa.
Una volta fatti tutti gli accertamenti del caso si son dovuti ricredere...
Ma
che paura!
La stessa mamma con la sua bambina, dopo un po' di tempo, si è ritrovata ad un
supermercato. Una signora quasi incredula di vedere questa bimba bionda con una
rom si è allarmata, ha chiamato i carabinieri e anche loro hanno dubitato del
legame di sangue tra la donna e la piccola.
Fatti gli accertamenti dovuti, si son scusati.
Insomma, a volte le mamme rom hanno paura di uscire con i propri figli o
affrontare un viaggio. E questo perché? Perché i loro figli sono semplicemente
biondi.
In molti pensano che i rom rubino i bambini. Eppure è un falso mito,
privo di ogni fondamento, come dimostrano anche recenti studi scientifici, come
la ricerca "La zingara rapitrice" condotta dall'Università di Verona.
E' vero: la maggior parte dei rom ha famiglie numerose. Ma è proprio per questo
che io dico: ma con tutti i figli che già si hanno mica si va a rubare quelli
degli altri!! O no?
Lo dico molto spesso alla gente che me lo chiede di persona. Sperando che un
giorno, finalmente, di questi stereotipi non si parlerà davvero più!
Di Fabrizio (del 15/01/2014 @ 09:03:36, in Italia, visitato 1590 volte)
La situazione un anno e mezzo fa
A TUTTI COLORO CHE HANNO A CUORE LE SORTI E IL DESTINO DEGLI ESSERI UMANI IN
QUANTO TALI, AL DI LA' DEL COLORE, DELLA RELIGIONE, DELLA FEDINA PENALE....
A nome di alcuni insegnanti della scuola primaria di Via Russo, Milano,
scriviamo quanto segue:
Il giorno 2 gennaio 2014 due insegnanti della scuola di cui sopra si sono recate
a Mezzana Bigli, in provincia di Pavia, per salutare le famiglie rom, ma
soprattutto i bambini, che dal campo di Via Idro si sono trasferite in questa
località, dopo aver contratto un mutuo per l'acquisto di alcune vecchie cascine
e stalle. Tali famiglie sono state aiutate con un fondo (Piano Maroni?!)
elargito dallo stato attraverso la Casa della Carità con la promessa che
sarebbero stati aiutati nella fase di sistemazione delle "case" e di inserimento
nel tessuto sociale attraverso la ricerca di un lavoro.
Prima di recarci a Mezzana due famiglie in particolare ci hanno chiesto cibo e
vestiti e noi, grazie anche all'aiuto di alcune persone e alla colletta che
abbiamo fatto, abbiamo potuto portare un po' di scorte alimentari, indumenti e
alcuni giochi.
La situazione che abbiamo trovato è la seguente:
- una famiglia composta da 4 persone vive in una piccolissima
roulotte con una stufa a legna dove cucina, scalda l'acqua per
lavare e lavarsi. La loro abitazione ( 2 stanze) è inagibile: il
pavimento e i muri trasudano umidità, occorrerebbe sollevare le
piastrelle per collocare il "vespaio" in modo tale da areare il
tutto. Per fare questa modifica e anche tutte le altre occorrono
soldi! Non c'è l'elettricità;
- le case di altre due famiglie sono state sistemate
all'interno in modo abbastanza civile, tenendo conto che invece
dei vetri delle finestre sono stati messi dei lastroni di
plastica e che sul lettone di una delle due ci piove sopra in
caso di maltempo;
- un'altra famiglia che vive nella roulotte, di notte, dopo
aver scaldato per tutto il giorno una piccola stanza, si reca lì
per dormire;
- la legna per le stufe viene raccolta nei dintorni;
- la scuola di Mezzana è stata chiusa per mancanza di alunni e
quella più vicina è molto lontana, occorre portare i bambini in
macchina e per portarli occorre la benzina e quindi i soldi;
- tutte le abitazioni sarebbero comunque inagibili;
- c'è un unico bagno per tutti
Al di là di ogni considerazione politica sulle scelte fatte in precedenza e
che hanno portato delle persone a peggiorare il loro stile di vita ci chiediamo
se il Comune di Milano, la Casa della Carità, i Padri Somaschi, altri enti no
profit o volontari a qualunque titolo vogliono fare qualcosa.
I bambini non vanno a scuola, hanno freddo e fame. Le conseguenze di una simile
situazione potrebbero essere gravissime e controproducenti per coloro che hanno
invogliato tali famiglie a trasferirsi.
Noi continueremo, nei limiti delle nostre forze, a sostenerli ma non possiamo
certo sostituirci allo stato, al comune e a chi per esso opera nel sociale.
Un'altra cosa che possiamo fare come insegnanti e cittadini è dare voce al
disagio e alla sofferenza che abitano in quel di Mezzana Bigli chiedendovi delle
risposte certe che vadano ad alleviare la loro fatica di vivere.
Gennaio 2014
Seguono le firme di 16 insegnanti della scuola primaria di Via Russo 27
Di Fabrizio (del 14/01/2014 @ 09:04:24, in Italia, visitato 1718 volte)
07-01-2014 / POLITICA / IACOPO LAZZARESCHI CERVELLI
LUCCA, 7 gennaio - Consiglio comunale straordinario dedicato alla questione
campo nomadi e al progetto 'casette' depennato a mera 'ipotesi' e poi bocciato
dal sindaco Alessandro Tambellini con un
comunicato stampa diffuso prima della
fine dell'anno.
La seduta è iniziata con l'intervento di Marco Martinelli che ha illustrato i
punti dei due ordini del giorno depositati in Consiglio dal gruppo Forza Italia.
Il primo che chiedeva conto del progetto 'casette' e della spesa do 70mila euro
da parte dell'amministrazione e di altri 25mila euro della conferenza zonale dei
sindaci proponendo che fossero spesi in aiuto delle famiglie lucchesi bisognose;
l'altro richiedente l'impegno dell'amministrazione per la realizzazione di nuovi
strumenti urbanistici e di uno studio di fattibilità per riqualificare tutta la
zona ingrandendo le strutture sportive esistenti e restituzione a verde della
zona che ha gravi problemi di sicurezza in caso di alluvione.
L'assessore Ilaria Vietina ha preso la parola per ricostruire i fatti
sottolineando come la questione impropriamente definita "costruzione delle
casette" per il campo nomadi di via delle Tagliate, si sia basata non su
documentazione e dati forniti dall'amministrazione quanto su ricostruzioni
giornalistiche. "A fronte di un problema, in questa fase storica si è
proceduto a una campagna di stampa volta a disconoscere i risultati raggiunti
dalle commissioni" ha accusato. In pratica è sì esistita un proposta per le
strutture abitative "nessuno usa questa terminologia" ha sottolineato, ma è stato superata
come espresso nel
comunicato stampa del 28 dicembre.
L'assessore ha ripercorso i documenti consiliari dell'amministrazione Favilla
riprendendo un ordine del giorno approvato del 13novembre 2008 a firma Fava,
Martinelli, che invoca il superamento delle annose questioni del campo di via
della scogliera. Sempre durante il mandato Favilla il 12 gennaio 2012 poi veniva
approvato un ordine del giorno a firma Ramacciotti, Martinelli Baudone che
dichiarava l'esistenza di una situazione non sostenibile al campo di via delle
Tagliate con altissimi consumi di acqua a carico del Comune e impegnava
l'amministrazione controllo proposta urbanistica di smantellamento o adeguamento
o prevedere sito più idoneo. Ma l'unica azione valutata fu quella per
risparmiare acqua con l'istallazione impianti singoli con un preventivo di
78mila euro.
In continuità con quelle decisione l'attuale amministrazione ha realizzato i
lavori per l'istallazione di contatori dell'acqua (26 in tutto e rispettivi
allacciamenti) per 70mila euro di cui 61mila dai fondi di bilancio e 13mila euro
di finanziamento regionale campi nomadi. Questa soluzione ha garantito il
risparmio di 1/3 sulla bolletta Geal.
I 25mila euro della Conferenza zonale sono serviti per completare lo spostamento
del campo , la costruzione di una fognatura e la dotazione per ogni piazzola di
un estintore. L'assessore Vietina ha rigettato la proposta di destinare questi
fondi alle famiglie lucchesi in quanto impropria e discriminatoria "per
quanto riguarda politiche sociali non possono fare dei sistemi di selezione in
base all'origine. Tutte le famiglie hanno gli stessi diritti, e approvando una
risoluzione del genere il Comune di Lucca potrebbe infrangere le leggi
antidiscriminatorie" ha precisato.
Quanto al piano urbanistico di riqualificazione della zona l'assessore si è
augurato che il Consiglio dia delle direttive e studi delle soluzioni per la
riqualificazione considerando però che non si possono eliminare 150 persone, che
hanno bisogno di un processo di integrazione non attraverso l'assistenzialismo
ma attraverso la responsabilità.
Il consigliere ed ex sindaco di Lucca Pietro Fazzi (Liberi e Responsabili) ha
chiesto ironicamente se la questione delle casette se la fossero inventata i
giornalisti e ha criticano l'assessore e l'amministrazione per i toni tenuti
"come se le politiche sociali e l'inclusione fossero un'esclusiva della
maggioranza". Fazzi ha ricordato come durante la sua amministrazione siano stati
collocati i contatori e come abbia previsto che in ciascuna utoe fosse possibile
inserire un insediamento di un campo per avviare un'azione di smantellamento di
una zona golenale dove lasciare i nomadi significa accettare che possano andare
sott'acqua.
Lido Fava (Liberi e Responsabili) ha ricostruito la storia del progetto delle
casette partito dalla scoperta di fondi regionali e che avrebbe definitivamente
trasformato l'insediamento delle Tagliate da di passaggio a campo stanziale.
Fava ha definito la maggioranza "pasticciona, inconcludente e confusionaria".
E' a questo punto che ha fatto ingresso in aula uno striscione portato da alcuni
rappresentanti di Giovane Italia con la scritta: "Case ai rom, e ai lucchesi
contribuenti?" subito requisito dai commessi.
La seduta è proseguita con la difesa della linea dell'amministrazione attraverso
gli interventi di Valentina Mercanti che ha sottolineato l'inutilità del
Consiglio quando tutta la polemica si sarebbe potuta fermare in commissione a
novembre e invece si è portata avanti fino ad ora con ordini del giorno
vagamente razzisti, e quelli di Alessandro Berolucci e Erica Picchi (PD) e
Diana Curione e Claudio Cantini (Lucca Civica) basati sull'importanza
dell'integrazione nei confronti di Rom e Sinti.
Angelo Monticelli (Insieme per Favilla sindaco) ex assessore al sociale ha
difeso l'operato della precedente amministrazione ed ha criticato l'approccio
dell'assessore Vietina che ha invitato ad abituarsi a collaborare con
sensibilità diverse non parlando ex-cattedra.
Ma un duro affondo nei confronti dell'amministrazione Tambellini è venuto dal
consigliere Roberto Lenzi (IdV) che ha accusato la giunta di scarsa trasparenza
sul progetto scoperto dai consiglieri attraverso gli organi di stampa:
"L'assessore ha cercato di trasformare un'evidente sconfitta in una vittoria
dopo la smentita dal sindaco con comunicato stampa". Il progetto secondo Lenzi è
venuto fuori dalla scoperta casuale di una linea di credito della Regione
Toscana che andava sfruttata, non da una progettualità meditata.
In un intervento di replica Marco Martinelli ha accusato l'assessore Vietina di
un sconcertante tentativo di mascherare il fatto di essere stata sconfessata
nell'azione politica dal sindaco. "In questi mesi - ha affermato il
capogruppo di Forza Italia - l'assessore Vietina ha strizzato l'occhio alle
frange più estreme della sinistra, nei casi dell'occupazione di Agorà e Madonne
Bianche, ed è stata sconfessata nella sua linea politica della volontà di
portare avanti i progetti delle casette per i nomadi", il consigliere ha ripercorso la linea
ricostruita da alcuni quotidiani sul progetto casette confermato anche
dall'assessore regionale. Giorgio Mura (Noi per Lucca al Centro) ha sottolineato
come "invece di cercare le cose che ci accomunano si cercano quelle che ci
dividono".
Francesco Battistini (PD) ha polemizzato durante la replica di Martinelli ma che
alla fine si è augurato di poter mettere le basi con un gruppo di lavoro a delle
azioni reali e non a delle promesse enunciate solo in ordini del giorno come ha
fatto l'amministrazione Favilla.
Nel passaggio finale il sindaco Alessandro Tambellini ha ripercorso la storia
dei campi nomadi lucchesi, una realtà da più di mezzo secolo aggravata dal
flusso migratorio nato dalla fine della Guerra fredda. Tambellini ha dichiarato
di essere sindaco di tutti quanti risiedono nel Comune
"La verà lucchesità, voglio ricordare che questa è una città che nel Medioevo ha
accolto gli Ebrei che di qui sono passati per poi diffondersi in Europa. Siamo
una città che ha saputo accogliere e che ancora deve sapere accogliere senza
pregiudizi e prevenzioni. Crediamo che la vera lucchesità risieda in questi
valori e in questa forza". Il sindaco ha rilevato come la questione casette
abbia avuto una rilevanza mediatica impropria e si è augurato l'impegno da parte
di tutti per stabilire insieme percorsi per soluzioni concrete. Alla fine della
seduta i due ordini del giorno Martinelli - Macera sono stati bocciati assieme a
quello presentato da Laura Giorgi assente alla seduta che comunque inviato un
intervento scritto.
"Fondamentale è premettere che tutte le persone hanno pari diritti, pari
doveri e pari dignità e che questa sera siamo stati chiamati a discutere,
attraverso un consiglio straordinario richiesto dalla minoranza sul progetto
delle "casette di legno", un progetto che era una delle ipotesi al vaglio
dell'amministrazione per risolvere la questione dei "sinti, rom e camminanti",
ma non più oggetto di discussione dell'amministrazione stessa.
Mi permetto di estendere il tema della discussione considerato che gli argomenti
sociali raramente vengono trattati in Consiglio Comunale.
La crisi economica e sociale ha acutizzato e reso palese un fenomeno in corso da
almeno venti anni e cioè lo sviluppo di nuove vulnerabilità sociali e la nascita
di recenti categorie di persone in difficoltà (giovani, donne, persone che
perdono il posto del lavoro e che non riescono più ad accedervi) con gravi danni
sulla salute delle persone stesse e sul tessuto economico e sociale.
In generale l'ampliamento delle vulnerabilità sociali è un fenomeno complesso
che si inserisce in alcuni grandi passaggi della nostra società (invecchiamento
della popolazione, frammentazione delle famiglie, precarizzazione della
condizione di vita-lavoro) ed allarga e ristruttura l'area del disagio.
La discussione iniziata stasera ci fa riflettere sul fatto che la struttura dei
servizi di welfare che abbiamo conosciuto a partire dagli anni '70 non sembra
più adeguata a comprendere e gestire le nuove problematiche che attraversano i
cittadini.
Le complicazioni di questi servizi non derivano da un loro cattivo
funzionamento, ma in particolar modo dal mutamento del loro oggetto di lavoro:
se la società cambia velocemente, i servizi di welfare, occupandosi dei problemi
che le persone incontrano nel vivere quotidiano, dovranno necessariamente
rielaborare profondamente il loro modo di lavorare e di incidere in termini di
efficacia, efficienza ed economicità nei confronti della società.
"Dobbiamo quindi pensare di creare le condizioni per accompagnare chi per vari
motivi si trova in un momento di difficoltà e questo fa sì che chi potrebbe
avere le potenzialità per condurre una vita dignitosa, attualmente rischia di
non poter accedere a nessun tipo di ammortizzatore momentaneo e che diventi
quindi a sua volta un "nuovo povero".
La trasformazione epocale che stiamo attraversando segnala un'emergenza che si
propone come terreno particolarmente adatto allo sviluppo di nuove sinergie tra
politiche e servizi di welfare da una parte e la necessità di vivere ripensare i
servizi di welfare dall'altra parte.
Colgo l'occasione del dibattito per chiedere all'amministrazione di affrontare
in senso ampio il tema del sociale, impegnando le persone in una modalità che
richiami il binomio "diritto-doveri", facendo emergere eventuali fenomeni di "assistenzialismo cronico", sviluppando le autonomie, le responsabilità e le
potenziali capacità di ogni persona.
Importante sarebbe comparare i bilanci preventivi e consuntivi degli ultimi
anni, anche per verificare in modo analitico l'effettiva rispondenza alle
priorità dell'amministrazione e soprattutto alla realizzazione concreta di
politiche rispondenti alle esigenze reali di tutta la popolazione.
Auspico che venga prestata massima attenzione al tema di politiche di educazione
civica in ottica di prevenzione e promozione di salute (salute inteso come
benessere fisico, sociale ed economico) di attuazione di politiche per la "non
autosufficienze", per la disabilità, per i giovani e per gli anziani,
confrontandosi con istituzioni che hanno già attuato buone pratiche e
coordinandosi con i comuni della piana, ottimizzando i servizi sociali e
coinvolgendo il fondamentale operato del terzo settore.
Sollecito l'amministrazione a considerare l'emergenza lavoro come priorità
trasversale per le attività dell'amministrazione ed attuare le azioni possibili,
collaborando con tutti gli enti competenti e prevedendo politiche di sviluppo
economico che possano rilanciare l'economia del nostro territorio ed a tal
proposito i consiglieri di Lucca Civica in data 12 dicembre hanno presentato due
documenti da discutere in consiglio comunale quanto prima.
Parlando dei rom, sinti e camminanti non possiamo comunque ignorare il fatto che
è necessario poter individuare soluzioni che permettano a tutte le persone di
poter vivere in modo dignitoso, avendo la possibilità di poter accedere alle
opportunità necessarie per partecipare appieno alla vita economica, sociale e
culturale, come espresso dalla Commissione Europea nel 2004 per definire il
concetto di inclusione sociale.
Occorre delineare metodologie nuove tese a superare la connotazione emergenziale
dei tradizionali interventi nei confronti delle popolazioni Rom e Sinte al fine
di intervenire in maniera strutturata nell'ambito dell'istruzione, della salute,
dei servizi sociali, della formazione, della promozione dell'accesso al lavoro e
delle soluzioni abitative.
A mio avviso solo una ricerca sul campo rigorosa e che utilizza una pluralità di
fonti (la conoscenza diretta dei rom e sinti di riferimento, l' ascolto delle
loro istanze, la conoscenza dei luoghi di vita, l'analisi delle politiche
locali, l'eventuale terzo settore coinvolto ecc.) può offrire un quadro su cui
iniziare ad individuare le criticità e le priorità sulle quali lavorare con
progetti a lungo termine".
Diana Curione, Consigliera Comunale Lucca Civica
Campo nomadi, dibattito lungo e complesso ieri in consiglio comunale. Fra gli
interventi più legati al tema dell'inclusione e della lotta alla marginalità
quello di Alessandro Bertolucci del Partito Democratico. Ve lo proponiamo
integralmente. "Vorrei dire per prima cosa che se siamo qua a discutere
parzialmente di marginalità, non è per nostro volere. Noi consideriamo tutte le
marginalità sullo stesso piano. Naturalmente non ci sottraiamo ma dispiace
dirlo, anche i media, su questo tema, non hanno aiutato a fare chiarezza. Però
dimostrano una loro forza politica. Forse è anche merito loro se abbiamo questo
Consiglio. Tutto questo dibattito innescato, poteva essere l'occasione per fare
un pò di chiarezza sul mondo Rom e invece si è preferito parlare alla pancia.
Chiarezza sulla loro storia, sulla loro cultura, sulle loro tradizioni. Errori e
comportamenti personali finiscono spesso per identificare la cultura di
un'intera popolazione, ma sono fatti che vanno perseguiti con le normali misure
di legge. Quelle che valgono per tutti. Si tende così ad emarginare e condannare
senza capire. Si ha la percezione di un fenomeno molto esteso ed invece siamo di
fronte ad un qualcosa di molto limitato. Si creano quei circoli viziosi che si
autoalimentano e tutto fanno tranne quello di contribuire ad affrontare le
situazioni con razionalità. Come amministratori pubblici abbiamo il dovere di
occuparci delle marginalità, della loro inclusione, perché questa diventa
condizione determinante e qualificante per una società che vuole dare a tutti
gli individui che ne fanno parte, le stesse opportunità di diventare parte
attiva ed essere considerati "normali".
"I percorsi di inclusione non sono mai assoluti, anzi, sono efficaci solo
quando si adattano al contesto. Tutti gli studi, comunque, mettono la condizione
abitativa come presupposto essenziale per l'ottenimento dei maggiori risultati
da tutti gli altri aspetti caratterizzanti l'inclusione, quali la formazione
scolastica, la possibilità di accedere al mondo del lavoro e a quello dei
servizi. La scuola, ancora una volta si conferma baluardo di integrazione. Lo è
anche per noi, sia chiaro, che però, visto che ne abbiamo la possibilità,
dobbiamo vigilare e pretendere una formazione all'altezza dei tempi e invece in
questi anni abbiamo assistito all'eliminazione dell'insegnamento dell'educazione
civica e la riduzione di ore di materie altrettanto importanti. Lo è per le
seconde generazioni di immigrati così come per Rom, Sinti e Camminanti. Deve
anzi preoccuparci che tra le giovani generazioni di questi ultimi, ci sia una
percentuale intorno al 10% che non sa leggere e scrivere. Non addentriamoci poi
nell'ottenimento di un titolo di studio dove si raggiungono percentuali molto
più alte, segno dell'abbandono scolastico precoce. Con l'abbandono scolastico si
crea di conseguenza il non ottenimento di un titolo di studio che a sua volta è
conseguenza dell'opportunità di trovare o meno lavoro. E' facile capire come
tutto si lega. Se degrada la condizione abitativa, vale per tutti, ma ripeto,
stasera il nostro campo è un po' ristretto, quindi campi non autorizzati,
condizioni interne del campo, posizione rispetto ai servizi, ecc., se degrada la
condizione abitativa, vengono meno, in maniera proporzionale, tutte le altre
condizioni per una piena integrazione. Queste brevi considerazioni generali ci
aiutano senz'altro a capire la situazione locale nostra. Ma cominciamo a mettere
qualche punto fermo. Ci troviamo davanti a tre vie che potremmo anche chiamare
soluzioni, ma è una parola che non voglio usare. Troppo evocativa. Passiamo alla
seconda strada: potrebbe essere quella di continuare a far finta di nulla, che
poi non è nemmeno vero, perché come abbiamo visto, basta che uno pensi, dico
basta che uno pensi, a possibili alternative, che si scatena il putiferio.
Sicuramente è quello che preferisce fare il gruppo consiliare di Forza Italia
autore dell'ordine del giorno e richiedente questo Consiglio straordinario. Lo
vogliamo dire che per risalire a qualcuno che ha pensato a questo problema prima
di questa amministrazione, occorre andare indietro nel tempo fino alla giunta
Lazzarini negli anni novanta! Vogliamo dirlo che chi adesso si agita perché
sempre questa amministrazione ha speso alcune migliaia di euro per dotare di
singoli contatori per l'acqua le piazzole, sono gli stessi che hanno permesso
un'erogazione indifferenziata e incontrollata, anonima e fonte di spreco a
totale carico dell'amministrazione. per di più, se non ricordo male, lasciataci
in eredità dal punto di vista economico. Terza via: dare quel minimo di dignità,
mi fermo qui. Certo non posso dire che la condizione abitativa non sia
importante. Chi sta nei campi, adesso non gode certo di condizioni adeguate, ma
fortunatamente c'è una collocazione spaziale tutt'altro che ghettizzante,
essendo vicino alla città e ai servizi, che ne attenua un po' la gravità.
Dobbiamo pensare alle esperienze di quelle città che hanno preferito non vedere,
allontanando a dismisura i campi con costi economici enormi e costi sociali
altissimi. Abbiamo detto che la condizione abitativa che non può essere scissa
da quella spaziale, sono condizioni indispensabili affinché i servizi erogati
dal servizio sociale, possano raggiungere la piena efficienza. Mi riferisco
all'inclusione scolastica, compreso il contrasto all'abbandono, a quella
lavorativa, su cui anche altri Enti pubblici con più specifiche competenze
avrebbero, a mio parere, dovere di intervenire, a quella sociale rispetto al
welfare. Non meno importante che effetti positivi vengano ottenuti anche dal
punto di vista economico in termini di rapporto favorevole tra risorse impiegate
e benefici per la collettività come dimostrato in tutti gli studi compiuti sul
tema. Perché su questo punto in particolare e stata focalizzata l'attenzione dei
detrattori. Ma direi che ci sono i presupposti per pensare a qualcosa oltre il
campo. Viene naturale pensare a collocazioni stabili, case popolari, housing
sociale, riutilizzo e sistemazione, anche da parte degli stessi interessati di
strutture abbandonate e dismesse dove anche le relazioni possono slegarsi dal
gruppo di riferimento. Non bisogna nasconderci che sono progetti ambiziosi e
necessitano di tempi importanti. Fare questo, tantomeno pensarci, non significa
essere buonisti o scordarci dei problemi dei lucchesi, come ci ricorda
Martinelli in quel pessimo odg che trasuda di luoghi comuni e discriminazione.
Significa altresì ragionare con la testa, dando forza ai valori che dovrebbero
essere alla base di una convivenza civile, moderna e allo stesso tempo radicata
nella cultura di un paese, ma vorrei dire di una città, che ha fatto
dell'accoglienza e della solidarietà, la propria bandiera. Dicevo di un
ragionamento complesso che appunto tiene insieme ideali e valori al pragmatismo,
perché è ormai letteratura che investire in inclusione, socializzare, ha costi
enormemente inferiori a quelli di interventi tampone". Purtroppo la bandiera,
quella della solidarietà, quella dell'accoglienza, è un po' sbiadita. Lo dico
con rammarico perché di questo hanno colpa soprattutto le Istituzioni, chi ne è
rappresentante. La politica stessa. Non c'è più l'autorevolezza, quella che
nasce da sentirsi interpreti veri della società in grado di prendersi
responsabilità importanti. Indicare la strada. Tutto, oggi, sembra invece essere
legato al consenso fine a se stesso. All'attenzione dei media, alla loro
capacità di modificare le percezioni. Il referendum, per esempio, lo richiede la
Giorgi per il M5S nel suo odg, è uno strumento importante che non può diventare
surrogato della democrazia dei luoghi deputati ed elettivi. Così si sminuiscono
le Istituzioni, il valore del mandato ricevuto dagli elettori. E scusate se mi
permetto, ma non facciamo il bene delle Istituzioni nemmeno confezionando
Consigli speciali più o meno aperti su argomenti che possono trovare
collocazione tradizionale e che nella maggior parte dei casi non sono
frequentati dagli stessi richiedenti. Ho la convinzione che nel nostro impegno
da amministratori, abbiamo il dovere, in alcuni casi, per così dire, di tapparci
le orecchie, di isolarci quel tanto che basta quantomeno a provare a pensare,
senza condizionamenti esterni. Magari arriveremo alle stesse conclusioni, ma a
quel punto forse avremo più chiaro quali siano i valori e gli ideali che ci
muovono. Io ho una domanda da fare. Se mi devo attenere a come sono stati
impostati gli odg presentati dalle opposizioni, ho già la risposta, ma
piacerebbe sentirlo dalle parole dei proponenti e da tutti gli altri che hanno
mostrato una linea simile. Vorrei capire se pensano comunque, magari avete un
concetto diverso dal mio, che l'inclusione sia passaggio necessario e
fondamentale. Se così fosse sarebbe possibile un minimo di ragionamento. Si
potrebbero mettere in campo esperti che studiano il fenomeno. A proposito,
immagino che ne abbiate consultati di autorevoli per il deliberato finale,
quello dove chiedete di destinare le risorse esclusivamente ai lucchesi.
Sappiano Martinelli e gli altri che è già così. Sappiano che anche loro da
sempre hanno destinato risorse, magari malvolentieri, magari non seguendone la
reale destinazione e i conseguenti risultati, a Rom, Sinti, Camminanti e
immigrati. Risorse molto esigue rispetto al totale della spesa sociale del
Comune ( come ha detto l'Amministrazione). E comunque deve essere chiaro che
fare integrazione costa. L'importante è farla bene per ottenere risultati. Anche
se non immediati. Tutti conosciamo le condizioni dei due campi principali:
quello di via della Scogliera e quello di via delle Tagliate. Vado alla
conclusione e ne approfitto per un parziale riepilogo. Sappiamo delle
problematiche igienico sanitarie e di sicurezza. Sappiamo che molti nuclei
familiari hanno fatto richiesta di assegnazione di alloggi di edilizia popolare.
Almeno noi sappiamo che questa è sicuramente l'opportunità maggiore che può
essere data per realizzare un inclusione stabile, ma sappiamo anche che questa
possibilità ha bisogno di tempi molto lunghi per essere attuata. Sappiamo che
molti degli abitanti dei campi sono lucchesi, quantomeno per residenza, da molto
tempo. Si è saputo della possibilità di un finanziamento dedicato che però aveva
scadenze a breve e che non ci ha permesso di valutare appieno un progetto che vi
si adattasse. Sapete che quel poco tempo non ha permesso di fare alcuni passi
tecnici e urbanistici abbastanza complessi. Sapete di quanto comunicato dal
Sindaco in merito ad un progetto mai arrivato sul tavolo di una commissione e
nemmeno sul tavolo di una redazione, luogo quanto mai preferito in questi ultimi
tempi. Sapete che nonostante il soprassedere da uno studio, da un'opportunità
che si era aperta, è stato ribadito e ricordato quanto il tema, la sua
drammaticità, sia all'ordine del giorno e che una soluzione prima o poi andrà
trovata. Per tutto questo giudico negativo, e anche pericoloso, di questo me ne
assumo la responsabilità personale, L'odg presentato da Martinelli a nome del
gruppo Forza Italia. Pericoloso non tanto per il contenuto strumentale, quanto
per il messaggio che contiene. Un messaggio di esclusione, di occultamento, di
denigrazione, di isolamento. Una condizione mentale che influenza qualsiasi
ragionamento. Anche lontano dal tema che stiamo trattando stasera. Un messaggio
deleterio soprattutto per le nuove generazioni, per i nostri figli che più di
noi dovranno confrontarsi con situazioni simili e in crescendo. Stesso pensiero
per quanto riguarda l'odg presentato dalla Consigliera Giorgi di cui credo aver
già dato un giudizio nella parte iniziale e centrale dell'intervento. Credo che
si debba fare tutt'altro. Non possiamo e non vogliamo nascondere la polvere
sotto il tappeto. Semmai rilanciare l'impegno a trovare soluzioni adeguate con
il minor costo possibile per la collettività, e vorrei che si intendesse che i
costi non sono sempre da riferire al conto economico. Chiaramente senza nulla
togliere ad altri e semmai rafforzando gli altri fronti di intervento possibili
con la costituzione di un patto che unisca gruppi marginali, enti, associazioni
e cittadini, in un percorso di conoscenza e approfondimento per la ricerca delle
soluzioni più efficaci, affinché si giunga anche ad un sentire più condiviso di
diritti e doveri reciproci. Termino veramente, ma è necessario ricordare che
l'Europa ci guarda, e non è uno sguardo benevolo. Continuiamo ad applicare
alcuni aspetti del Decreto emergenza Rom decaduto nel 2011, non è stata
distrutta la banca dati su base etnica creata in occasione del censimento dei
Rom, vengono fatti ulteriori tagli al personale dell'ufficio nazionale
antidiscriminazione razziale (Unar) che è l'organo nazionale di tutela
dell'uguaglianza che ha il compito di attuare la strategia nazionale
d'inclusione Rom Sinti e Camminanti. Lo dico, perché non abbiamo battuto ciglio
nell'inserire nella nostra Costituzione il pareggio di bilancio, di fatto
mettendo in secondo piano il lavoro, nonostante questo sia protagonista
dell'articolo 1. Non è un bell'andare per i diritti, figuriamoci per i doveri.
Di Fabrizio (del 13/01/2014 @ 09:04:54, in Regole, visitato 2216 volte)
I fatti
del 2012
Pubblicato il 7 gennaio 2014 16.09 | di
Redazione Blitz
FIRENZE - Il proprietario e speaker di Radio Studio 54, Guido Gheri, e un suo
collaboratore, Salvatore Buono, hanno avuto 9 e 6 mesi di condanna per
diffamazione e istigazione all'odio razziale. Dovranno risarcire 5mila euro al
Comune di Firenze e 3mila euro al presidente di una casa del Popolo di Empoli.
Il processo affrontava episodi diversi, riuniti in un solo procedimento, su
affermazioni fatte dai microfoni di Radio Studio 54, storica emittente
fiorentina di taglio popolare. Fra gli episodi, diffamazione e istigazione
all'odio razziale sono accuse relative ai commenti di Gheri e Buono sulla
gestione del maxi-parcheggio a pagamento dell'ospedale di Careggi, da dove
alcuni ascoltatori avevano segnalato presenza di extracomunitari e di rom e
vandalismi.
Nelle loro affermazioni, i condannati tirarono in causa anche il Comune di
Firenze dicendo la colpa era "di Matteo Renzi e della sua giunta che non fanno
un c..." e sostenendo che nella vicina Prato, con la giunta di centrodestra, tali
problemi non si verificano, anche perché nella città laniera ci sarebbe "gente
che la mazzetta non la prende". Una frase che indusse il sindaco Matteo Renzi,
ritenutosi offeso insieme con il Comune di Firenze, a querelare Gheri e Buono e
a far costituire il Comune parte civile.
La condanna odierna per diffamazione riguarda, inoltre, anche frasi pronunciate
a proposito di un ex collaboratore della radio, esperto in sicurezza sul lavoro,
ingiuriato pesantemente in numerose trasmissioni. Il pm Christine von Borries
aveva chiesto la condanna per i due a una sanzione pecuniaria. L'avvocato Paolo Florio, difensore di Gheri, ha definito sorprendente la sentenza e con il collega
Guglielmo Mossuto, difensore di Buono, ha preannunciato appello.
Da quando, 25 anni fa, cominciai a frequentare i campi rom, il numero di
volontari che si occupa-preoccupa-straoccupa di loro è aumentato notevolmente.
Volontari che spesso hanno studiato per operare in quest'area, ma che a volte
vengono "paracadutati in zona operativa" senza sapere cosa li aspetta.
Rispetto a loro di sicuro io sono ignorante come una capra, ma credo di poter
essere utile dando qualche suggerimento su (alcune, non tutte) tipologie umane
che potrebbero incontrare. Stereotipi? Forse, ma chi vuole essere "operatore di
strada" potrà correggerli in corso d'opera.
- The big boss
Ne ha viste di tutti i colori, ha l'occhio sveglio e una sua
opinione su ogni cosa. Il suo cervello è una centrale nucleare
di rivendicazioni, progetti, richieste. Come ogni centrale
nucleare che si rispetti, ha qualche guaio all'impianto di
raffreddamento. Per cui, quando con immensa fatica sarete
riusciti ad organizzare assieme qualcosa, e ci sarebbe bisogno
della sua presenza fisica (e mentale), puntualmente lo troverete
a russare sotto il tavolo, circondato da qualche decina di
bottiglie di birra vuote.
- Giacomino
Esiste in versione Balkan: carnagione scura e baffoni;
o Urban Warrior: testa rapata e ricoperto di tatuaggi.
Alto 1 metro e novanta per circa 120 chili, qualche cicatrice
sparsa qua e là, in realtà è tenero e mansueto come un
agnellino. Tendenzialmente inoffensivo, nonostante l'aspetto,
anche lui ogni tanto va in tilt e spacca ogni cosa abbia a
portata di mano... iniziate a correre prima che sia troppo
tardi!
- Poveriiino
Può essere un poverino o una poverina. Tono di voce (indipendentemente
dall'età) da pensionato con la minima, è circondato/a da uno
stuolo di parenti nelle medesime condizioni. Quando vi vede
inizia a snocciolare la litania di problemi e cose di cui
avrebbe bisogno.
Arriverà il momento in cui vi telefonerà disperato/a perché la
nonna deve essere ricoverata d'urgenza e voi dovete
accompagnarla in ospedale. Quando arriverete trafelati al campo,
si starà guardando la partita in tv con tutta la calma del caso,
la macchina bella lucida parcheggiata di fronte alla baracca.
- Il diffidente
Sguardo smorto, fa sempre finta di non parlare la vostra lingua
e di non capire. Ascolta ma non risponde, al limite sorride. Poi
un giorno improvvisamente si scioglie, per proporvi qualche
affare improbabile, che descriverà in ogni particolare. Se
mostrate dei dubbi, si offende perché penserà che volete
fregarlo.
- La nonna
Anche per lei esistono due versioni:
La Matrona, vive circondata e accudita da figlie, nuore
e nipoti, trattata come una regina;
L'Highlander, che invece si occupa personalmente di:
cucinare, guidare il camion, pulire, spaccare la legna ecc. Sul
tinello la foto di quando battè Mike Tyson ai punti.
Tutte e due sono una miniera di conoscenze e consigli, che però
snocciolano con grande parsimonia e solo in caso di bisogno
estremo. Sono loro a suggerire come trattare col prete o col
poliziotto, come riparare l'impianto elettrico, o a spiegare
all'avvocato il suo mestiere. O come curare le malattie con le
erbe, come lanciare una maledizione, come cucinare per 20
persone spendendo 10 euro...
E' capace di citare a memoria una legge, un manuale di
idraulica, una leggenda; ma nel contempo di cadere in ingenuità
pazzesche, cosa che vi darà l'idea di cosa significhi
confrontarsi con una cultura diversa.
Appoggiato accanto alla stufa sta suo marito. E' la sintesi
serena di tutti i caratteri sinora elencati. Di solito sta dormendo,
dopo una vita di stenti e avventure.
- I bambini
E' normale che avendo a che fare con un simile manicomio, si
possa avere la tentazione di mollare tutto e andare nella
Legione Straniera. I Rom lo sanno e hanno inventato un'arma
formidabile: i bambini.
Innumerevoli e debordanti, dispettosi come animali selvatici, e
nel contempo affettuosi e appiccicosi come orsetti di pelouche,
sono intelligenti, vivaci, affamati di ogni cosa e ogni idea,
come qualsiasi loro coetaneo. Pochi sanno resistere al loro
fascino e al loro amore per cui, nonostante fatiche e
disillusioni, continuerete a tornare al campo.
Avrete comunque uno schock personale e culturale, perché lo
stesso bambino quando compirà 10 anni, comincerà a comportarsi, pensare (e agire, soprattutto) da adulto, pretendendo di essere trattato come tale.
PS: a proposito di stereotipi...
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