Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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\\ Mahalla : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 21/05/2013 @ 09:00:56, in Kumpanija, visitato 1430 volte)

[..] Ebbene: in tal senso io sono come un negro in una società razzista che ha voluto gratificarsi di uno spirito tollerante. Sono, cioè, un "tollerato".

La tolleranza, sappilo, è solo e sempre puramente nominale. Non conosco un solo esempio o caso di tolleranza reale. E questo perché una "tolleranza reale" sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si "tolleri" qualcuno è lo stesso che lo si "condanni". La tolleranza è anzi una forma i condanna più raffinata. Infatti al "tollerato" - mettiamo al negro che abbiamo preso ad esempio - si dice i far quello che abbiamo preso ad esempio - si dice i far quello che vuole, che egli ha il pieno diritto di seguire la propria natura, che il suo appartenere a una minoranza non significa affatto inferiorità eccetera eccetera. Ma la sua "diversità" - o meglio la sua "colpa di essere diverso" - resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla. Nessuna maggioranza potrà mai abolire dalla propria coscienza il  sentimento della "diversità" elle minoranze. L'avrà sempre, eternamente, fatalmente presente. Quindi - certo - il negro potrà essere negro, cioè potrà vivere liberamente la propria diversità, anche fuori - certo - dal "ghetto" fisico, materiale che, in tempi di repressione, gli era stato assegnato.

Tuttavia la figura mentale del ghetto sopravvive invincibile. Il negro sarà libero, potrà vivere nominalmente senza ostacoli la sua diversità eccetera eccetera, ma egli resterà sempre dentro un"ghetto mentale", e guai se uscirà a lì.

Egli può uscire a lì solo a patto i adottare l'angolo visuale e la mentalità di chi vive fuori dal ghetto, cioè della maggioranza.

Nessun suo sentimento, nessun suo gesto, nessuna sua parola può essere "tinta" dall'esperienza particolare che viene vissuta a chi è rinchiuso idealmente entro i limiti assegnati a una minoranza (il ghetto mentale). Egli deve rinnegare tutto se stesso, e fingere che alle sue spalle l'esperienza sia un'esperienza normale, cioè maggioritaria.

[...]

Perché non parlo di fascisti. Parlo di "illuminati", di "progressisti". Parlo di persone "tolleranti". Dunque, ecco provato quanto ti dicevo: fin che il "diverso" vive la sua "diversità" in silenzio, chiuso nel ghetto mentale che gli viene assegnato, tutto va bene: e tutti si sentono gratificati della tolleranza che gli concedono. Ma se appena egli dice una parola sulla propria esperienza di "diverso", oppure, semplicemente, osa pronunciare delle parole "tinte" dal sentimento della sua esperienza di "diverso", si scatena il linciaggio, come nei più tenebrosi tempi clerico-fascisti. Lo scherno più volgare, il lazzo più goliardico, l'incomprensione più feroce lo gettano nella degradazione e nella vergogna.

[...]

Pier Paolo Pasolini: GENNARIELLO in Lettere Luterane - L'Unità Einaudi (pagg. 23-26)

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Di Sucar Drom (del 20/05/2013 @ 09:04:07, in blog, visitato 1451 volte)

Razzismo, il Ministro Josefa Idem commenta episodio San Siro
"Ancora una volta uno stadio italiano è al centro delle cronache non per un evento sportivo, ma purtroppo per episodi vergognosi di cui 'sedicenti' tifosi si sono resi...

WEB, il libertario della rete
Quando il Libertario della Rete sente parlare oggi di leggi che dovrebbero cercare di regolamentare il web e magari normare la diffusione di materiali pericolosi attraverso di esso, il Libertario della Rete insorge, subito, gridando all...

L'infamia perdente della campagna leghista contro la Kyenge
Invano Maroni ha cercato di limitare i danni. I gazebo che nel fine settimana la Lega dissemina sul territorio lombardo in difesa di un reato di clandestinità rivelatosi clamorosamente inutile dal punto di vista della dissuasione...

La ribellione ad Auschwitz-Birkenau
Sessantanove anni fa, il 16 maggio 1944, il nuovo Comandante, Josef Kramer, di Auschwitz II da l'ordine di liquidare il Familienzigeunerlager, il "campo per famiglie zingare". Il 16 maggio 1944 erano più di 4.500 i sinti e rom ancora vivi a Birkenau e succede qualcosa di inaspettato: una ribellione...

Django la tua musica vive ancora
Sessant'anni fa, il 16 maggio 1953, moriva Django Reinhardt a Samois-sur-Seine nel Nord della Francia. La sua musica immortale vive ancora. Ascoltala su U Velto Radio...

Razzismo in Italia

Piacenza, apriamo un dialogo con i sinti
"Carluccioooooo, gli Zingariiiiii!!!" urlava mia madre sporgendosi dal terrazzo della nostra casa che si affacciava sul torrente Nure. Io stavo nel letto del torrente insieme ai miei amici dedicato a qualche gioco sulla sabbia o a pescare con le mani quei pesci che poi gustavamo...

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Di Fabrizio (del 19/05/2013 @ 09:03:52, in Italia, visitato 1440 volte)

Un recente fatto di cronaca nella mia città ha rinfocolato una mai sopita sequela di luoghi comuni. Difficile seguire tutti i rivoli di un dibattito che è diventato SOCIAL (come si dice adesso), e dove il problema non è tanto la supposta ignoranza della lingua italiana dei leghisti-razzisti ecc. (che magari, salvo qualche eccezione, parlano quasi come fosse la madrelingua), quanto l'uso disinvolto (o ideologico) di concetti attribuiti al vocabolario italiano.

Vediamone alcuni:

CLANDESTINO

A cercare su internet, quasi non si trova più il significato originario della parola. Letteralmente: "sprovvisto di documenti". Il prefisso "CLAN" aggiunto al misterioso "DESTINO" evoca comunque, al di là delle interpretazioni di legge, l'immagine di una banda segreta con oscuri scopi. A partire dall'inizio degli anni '90, che corrispondono ai primi picchi di emigrazione di massa verso l'Occidente, le varie leggi europee si conformano sanzionando una condizione temporanea (la mancanza di documenti) come un reato che può portare ad un isolamento penale anche di anni. Dato che una gran parte degli immigrati presente in occidente dalla prima metà degli anni '90, è arrivata come clandestina e si è poi regolarizzata (senza dare fastidio alcuno), ecco che per la legge (del contrappasso) un altra buona parte che vive da anni con noi, diventa clandestina in caso di perdita di lavoro; per non parlare delle cosiddette II generazioni, che italiane sino a 17 anni e passa, possono diventarlo al compimento dei 18 anni.

CACCIA ALL'IMMIGRATO

Ci fu un sindaco a 3VISO, credo che gli piacesse il soprannome di sceriffo, che propose di travestire gli immigrati (regolari o meno per lui non faceva differenza) da leprotti, per sollazzare i cacciatori locali. Non credo che le leggi nostrane possano permetterlo, ma qualche "pazzo" che prende sul serio le parole di un sindaco lo si trova sempre. Uno di questi si chiama(va) Carreri e stava a Firenze. Pazzo, così dicono; ha agito da solo, anche se era da anni legato a movimenti politici inquietanti. Se un Ghanese, probabilmente con un concetto personale del termine integrarsi (un concetto, questi sì, pazzoide), agisce (da solo) con modalità simili, la responsabilità smette di essere personale, per trasferirsi in automatico a clandestini o a ghanesi (a scelta).

NON POSSIAMO ACCOGLIERLI TUTTI

Non so quale sia il concetto di ACCOGLIENZA a casa vostra... ma umanamente (da New York alle comunità beduine) quando si accoglie qualcuno gli si offre quanto si ha a disposizione, come se fosse un fratello; sarà poi l'ospite a sdebitarsi e contraccambiare. NOI NON ABBIAMO ACCOLTO NESSUNO (chiedo scusa per la generalizzazione): abbiamo cercato braccia a basso costo da racchiudere in baracche, cantine, ghetti, magazzini, quando non erano produttive. E poi abbiamo fatto dell'accoglienza, della carità, del soccorso, un business per arricchirci ulteriormente.

PERIFERIE (NON CE LA FACCIAMO +)

Certamente, le contraddizioni sono nelle periferie, perché è lì che si (con)vive, che si lavora. Insomma, si accumulano i problemi non risolti. E lo capisco che ad un certo punto le contraddizioni diventino insopportabili. Ma, proviamo (per chi non ci vive) ad immaginarcela questa periferia, senza alberi, file di palazzoni identici... Come pretendiamo che possano integrarsi gli altri, quando siamo noi per primi a non amarle? Al posto di rimpiangere un tempo mai esistito in cui le cose andavano tutte bene, non sarebbe il caso di cercare aiuto, solidarietà, forza, anche dai nuovi arrivati (che siano benvoluti o meno)?

NOI e VOI

Citavo di recente "... rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando, di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese." e mi rimangono i dubbi di settimana scorsa: DI CHI è compito? Quella "Repubblica" fisicamente da chi è composta? Ecco, i dibattiti di questi giorni mi hanno risollevato il problema anche dal punto di vista linguistico: folle che usano il NOI di continuo, ma non osano mettersi in gioco, sottintendendo che quel NOI significa QUALCUNO, BASTA CHE NON SIA IO. Gli altri, i tanto bistrattati altri, sono quelli che devono darsi fare, attorniati da spettatori che non aspettano altro che un errore per ripartire con le medesime litanie.

Termino qua questo piccolo dizionario, sperando che qualcuno si diverta a continuarlo.

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Di Sucar Drom (del 18/05/2013 @ 09:03:50, in Regole, visitato 1271 volte)

ALTO ADIGE

14 MAGGIO 2013 Nella sua videolettera da Roma il senatore altoatesino Pd-Svp Francesco Palermo annuncia di voler presentare due disegni di legge. Il primo per il "riconoscimento di Rom e Sinti come minoranze nazionali", il secondo per garantire il diritto di voto anche agli studenti universitari fuori sede all'estero.

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Di Fabrizio (del 17/05/2013 @ 09:06:44, in Italia, visitato 1257 volte)

Piacenzasera

Si è appena conclusa l'adunata festosa degli alpini, e c'è già chi si preoccupa dell'arrivo, in città, di numerosi zingari sinti nell'ultima settimana di maggio. a questo proposito ecco quanto scrive il sindaco di Piacenza Paolo Dosi sul proprio profilo Facebook.

Le leggende metropolitane sono inaffondabili. Da qualche settimana si é sparsa la voce che, alla fine del mese, Piacenza ospiterà un grande raduno di Sinti. Mi arrivano messaggi del tipo: "Bene gli alpini, ma i sinti...". Oppure: "Ma dove li metterete i 10.000 zingari del raduno? Li farete arrivare in città? Rinforzate il servizio di polizia?"
Ho già avuto diverse occasioni per chiarire di che cosa stiamo parlando, ma ci provo ancora, nella speranza di essere chiaro.

Il raduno é organizzato da una Chiesa Evangelica, una delle tante del mondo protestante, che da otto anni organizza un incontro di preghiera nella nostra città.
Come mai nei sette anni precedenti nessuno si é mai accorto di nulla? Perché non é mai successo niente. Il numero oscilla tra le 400 e le 500 unità, il luogo dell'incontro é in un parcheggio periferico della zona del Montale. Gli organizzatori hanno versato, come sempre, una cauzione di 5.000 euro e il comune non dá nessun contributo. Fintanto che riusciremo a vivere in uno stato di diritto, proveremo a garantire il libero esercizio di un diritto semplice e fondamentale: quello di riunirsi.

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Di Fabrizio (del 16/05/2013 @ 09:09:16, in blog, visitato 20549 volte)

Visualizza Europa in una mappa di dimensioni maggiori

Un lavoraccio! Ho risistemato la rete virtuale della Mahalla, così, tanto per non perdersi... Ho cercato di localizzare le redazioni, i collaboratori e i lettori che creano i nodi da cui arrivano notizie e comunicazioni.

Davvero tanti, così ho dovuto preparare tre diverse mappe: Italia, Europa e Resto del Mondo. Indicativamente, in blu sono i singoli, in verde le associazioni, in rosso i centri informativi, ma con qualche sorpresa.

Visualizza Italia in una mappa di dimensioni maggiori

Magari manca ancora qualcosa, oppure ci sono degli errori. Se vi capita, fatemi sapere

Visualizza Extra Europa in una mappa di dimensioni maggiori

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Di Sucar Drom (del 15/05/2013 @ 09:04:26, in Italia, visitato 1758 volte)

Da Sinti Italiani in viaggio per il Diritto e la Cultura

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL'EVENTO:
22 MAGGIO ALLE ORE 12.00 A PALAZZO MARINO

SALUTI ISTITUZIONALI, PRESENTAZIONE CAMPAGNA DOSTA! E PROIEZIONE DELLO SPOT: MODERA DAVID MESSINA. DIRETTORE GENERALE UNAR CONS. MARCO DE GIORGI - COMUNE DI MILANO ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI E CULTURA DELLA SALUTE PIER FRANCESCO MAIORINO - ASSESSORE ALLA SICUREZZA E COESIONE SOCIALE, POLIZIA LOCALE, PROTEZIONE CIVILE, VOLONTARIATO MARCO GRANELLI - PRESIDENTE PROV.LE ACLI MILANO PAOLO PETRACCA - DIRETTORE CARITAS AMBROSIANA MONS. ROBERTO D'AVANZO - INTERVENTI PRESIDENTI ASSOCIAZIONI E FEDERAZIONI ROM E SINTI ITALIANE: DAVIDE CASADIO E DIJANA PAVLOVIC FEDERAZIONE ROM E SINTI INSIEME - VOJKAN STOJANOVIC FEDERAZIONE ROMANI' - RADAMES GABRIELLI ASSOCIAZIONE NEVO DROM - SANTINO SPINELLI FEDERARTE ROM - OSPITI D'ECCEZIONE MARCO FERRADINI, MASSIMO PRIVIERO E IL REGISTA DEL FILM "MIRACOLO ALLA SCALA" CLAUDIO BERNIERI.

23 MAGGIO 2013 MATTINA
CAMPAGNA DOSTA! PRESSO OFFICINE CREATIVE ANSALDO.

  • ORE 10.30 - PRESENTAZIONE CAMPAGNA DOSTA! E PROIEZIONE DELLO SPOT. APERTURA ISTITUZIONALE EVENTO MODERA DAVID MESSINA: DIRETTORE GENERALE UNAR CONS. MARCO DE GIORGI - COMUNE DI MILANO ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI E CULTURA DELLA SALUTE PIER FRANCESCO MAIORINO - ASSESSORE ALLA SICUREZZA E COESIONE SOCIALE, POLIZIA LOCALE, PROTEZIONE CIVILE, VOLONTARIATO MARCO GRANELLI - PRESIDENTE PROV.LE ACLI MILANO PAOLO PETRACCA - DIRETTORE CARITAS AMBROSIANA MONS. ROBERTO D'AVANZO - INTERVENTI PRESIDENTI ASSOCIAZIONI E FEDERAZIONI ROM E SINTI ITALIANE: DAVIDE CASADIO E DIJANA PAVLOVIC FEDERAZIONE ROM E SINTI INSIEME - VOJKAN STOJANOVIC FEDERAZIONE ROMANI' - RADAMES GABRIELLI ASSOCIAZIONE NEVO DROM - SANTINO SPINELLI FEDERARTE ROM.
    - "MIRACOLO ALLA SCALA" CON MUSICHE DEL GRUPPO SINTO "THE GIPSYES VAGANES" - A SEGUIRE DIBATTITO CON GLI ALUNNI DELLE SCUOLE E GLI STUDENTI UNIVERSITARI PARTECIPANTI ALLA PRESENZA DEI SEGUENTI OSPITI PROTAGONISTI DEL FILM: IL REGISTA CLAUDIO BERNIERI; LA PROTAGONSITA DEL FILM LOREDANA BADEANU; DAVIDE PARENZO - CONDUTTORE DE "LA ZANZARA" RADIO 24 (da confermare); ROSSELLA CICERO - DELLA SCUOLA DI DANZA DI FLAMENCO DELLA SCALA DI MILANO; IL GRUPPO MUSICALE ROM "UNZA".
  • ORE 13.30 - CHIUSURA EVENTO

23 MAGGIO POMERIGGIO
CAMPAGNA DOSTA! PRESSO OFFICINE CREATIVE ANSALDO.

  • ORE 16.00 - PRESENTAZIONE CAMPAGNA DOSTA! E PROIEZIONE DELLO SPOT; INTERVENTI DI SALUTO DEI RAPPRESENTANTI DELLE ASSOCIAZIONI E FEDERAZIONI ROM E SINTI, MODERA MARCO LIVIA.
    ORE 1630 - APERTURA EVENTO MUSICALE A CURA DEL GRUPPO SINTO "THE GIPSYES VAGANES"
  • ORE 18.00 - SFILATA DI MODA ROM CON MUSICHE ROMANI' A CURA DI JOVICA JOVIC MAESTRO BAL VAL E LETTURE DI POESIE A CURA DI DIJANA PAVLOVIC.
  • ORE ORE 19.00 - APERIROM, APERITIVO A BUFFET CON PRODOTTI TIPICI DELLE COMUNITA' ROM E SINTI, INTERVENTI MUSICALI A CURA DI MARCO FERRADINI E MASSIMO PRIVIERO, IL VIOLINISTA EDUARD ION E JOVICA JOVIC PRESENTAZIONE DEL LIBRO "BUTTATI GIU' ZINGARO" DI ROGER REPPLINGER CON LA PRESENZA DELL'AUTORE E DEL PUGILE ROM MICHELE DI ROCCO. IL LIBRO RACCONTA LA STORIA DI JOHANN TROLLMANN, PUGILE SINTO, CHIAMATO IL PUGILE DANZANTE PER IL SUO STILE CHE VENNE PRIVATO DAI NAZISTI DEL TITOLO DI CAMPIONE E UCCISO IN UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO.
  • ORE 20.30 - CHIUSURA Campagna Dosta!
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Di Fabrizio (del 14/05/2013 @ 09:02:49, in lavoro, visitato 1095 volte)

Da Hungarian_Roma

Politics.hu - Orban guarda ai Rom come una "risorsa nascosta" per l'economia ungherese - by MTI (Magyar Tàvirati Iroda)

Martedì il primo ministro ha detto che il governo considera i Rom d'Ungheria una "risorsa nascosta" e non un problema.

Mentre la maggioranza dei partiti vede i Rom come fossero un problema, il governo vede la comunità come "un'opportunità", un potenziale inesplorato per l'economia del paese, ha detto Viktor Orban alla sessione del Consiglio degli Affari Rom a Budapest.

"Per cui, per noi non è soltanto una questione di diritti umani, come i Rom vivano in Ungheria, ma anche una sfida economica e sociale," ha detto.

Ha aggiunto che non devono considerarsi secondari né gli aspetti dei diritti umani, né quelli sociali o economici.

Orban ha definito molto importanti le opportunità d'impiego per i Rom, notando che lo schema di avviamento lavorativo del governo è più uno strumento che una meta. Parlando nel contesto del quadro strategico per i Rom europei, Orban ha notato che l'Ungheria si è impegnata a sollevare mezzo milione di persone dalla povertà e ha anche sottolineato l'accordo quadro siglato tra il governo e l'Auto-Governo Rom Nazionale (ORO), per creare 100.000 posti di lavoro per i Rom entro il 2015.

Ha detto che istruzione per i Rom, e permettere loro di preservare la propria cultura è ugualmente importante.

Ha sottolineato: "E' nostro desiderio, scopo e programma assicurare che i Rom di Ungheria possano trovare il loro posto nel futuro dell'Ungheria."

Rivolgendosi agli intervenuti,il ministro alle risorse umane, Zoltan Balog, ha notato che l'Ungheria ha incluso nella strategia rom la sicurezza pubblica e la cultura come aree ulteriori, accanto all'impiego, all'istruzione, all'assistenza sanitaria e all'alloggio. Tra i risultati raggiunti sinora, ha elencato l'impiego dei Rom nell'ambito del regime dei lavori pubblici, nuove borse di studio, formazione sull'applicazione delle leggi ed eliminazione delle baraccopoli.

Florian Farkas, capo dell'Auto-Governo Rom Nazionale, ha detto che sinora 54.000 Rom sono stati inclusi nello schema governativo di opere pubbliche.

Alla riunione hanno partecipato i ministri degli interni e dell'economia nazionale, ed anche il capo ufficio del primo ministro.

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Frontierenews | 10 MAGGIO 2013

E' notizia di questi giorni che la Corte Suprema della Cassazione ha sancito definitivamente la fine del periodo di "emergenza nomadi" che ha generato le schedature (anche dei minori), la costruzione di campi rom, gli sgomberi forzati ecc.

Abbiamo intervistato Emil Costache, romeno di origine rom che vive in uno dei campi della Capitale, per comprendere quali sono le conseguenze concrete di questa sentenza e approfondire la conoscenza della vita nei campi rom.

Emil, mediatore culturale ed educatore, potrebbe essere definito un "nomade" soltanto perché per diversi anni ha girato l'Europa in cerca di lavoro, prima di stabilirsi in Italia, 13 anni fa. In Romania e in altri Paesi dove è vissuto precedentemente, faceva una vita da stanziale, aveva un lavoro e una casa. Intervista di Simona Hristian

Cosa significa concretamente questa sentenza per i rom? Quale cambiamento porterà, secondo te?
Dichiarare lo stato d'emergenza in un Paese europeo nel XXI secolo dove vivono 150mila rom (dei quali più della metà lavora, abita in case e non fa parte di alcun programma di assistenza sociale) non ha portato nessun cambiamento né ai rom, né alle istituzioni e neanche agli Italiani. E' stata solamente una manovra politica che non ha fatto né bene, né male. Così come questa sentenza non porterà dei cambiamenti. Si continuerà a vivere da esclusi. Un decreto di emergenza viene emesso solo in caso di calamità naturale, di una malattia contagiosa ecc. invece l'emergenza rom esiste da mille anni e durerà per ancora molto tempo.

Tu vivi in un campo rom a Roma mentre i tuoi fratelli che abitano a Bologna, vivono in una casa. Come spieghi questa differenza tra le varie zone d'Italia?
A Roma, come in altre grandi città italiane, la politica che riguarda i rom è fondata sulla premessa che i rom siano nomadi, ma la realtà è diversa. Sia prima di arrivare in Italia che dopo aver avuto l'opportunità di uscire dal campo, i rom vivono da stanziali. A Roma ci sono famiglie che hanno affittato delle case, ma per poter fare questa scelta devi avere lavoro. Inoltre, devi rinunciare alla tua appartenenza e presentarti come romeno per non avere dei problemi. Devi rinunciare ad ascoltare la musica rom, di indossare i vestiti tradizionali e molte volte non basta. Ad esempio, anni fa quando avevo uno stipendio, ho trovato un appartamento, ma i vicini si sono opposti quando hanno saputo le nostre origini e siamo dovuti ritornare al campo. Invece, i miei fratelli vivono a Bologna, lavorano come autisti e abitano in appartamenti. Il Comune li ha sostenuti per un periodo per poter pagare l'affitto e poi sono stati messi in condizione di poter provvedere da soli. Nelle città più piccole, i comuni investono sull'inserimento dei rom nel tessuto sociale, mentre nelle grandi città, i fondi vengono dati alle associazioni che gestiscono i campi rom. Inoltre, i miei fratelli non hanno avuto problemi per trovare lavoro, nonostante la loro origine, perché a Bologna guardano soltanto la motivazione per il lavoro.

Come si vive in un campo rom? Quali sono gli aspetti positivi e quali quelli problematici?
Nel campo dove vivo manca l'acqua potabile da circa un anno, nonostante sia un campo autorizzato per il quale il Comune di Roma paga un affitto. Per il mio camper si spendono circa 1900 € e ogni mese io pago 50€ per l'elettricità al gestore che dovrebbe mettere a disposizione tutto il necessario. Succede invece che i ritardi nel pagamento da parte del Comune o altri problemi si ripercuotono sulle condizioni di vita degli abitanti del campo, di cui la maggioranza sono bambini. Con questi soldi si potrebbero pagare tre affitti: uno per la famiglia rom e due per le famiglie italiane. Sarebbe anche un modo di integrarsi, di socializzare con la popolazione italiana mentre adesso viviamo in un ghetto, isolati dal resto della società. Però non tutti i campi sono situati in zone marginali, così come la gestione è diversa da un campo all'altro. Alcuni gestori responsabilizzano i rom ospitati, coinvolgendoli nella gestione, ma esistono anche campi dove l'organizzazione e le condizioni non permettono l'autonomia e la responsabilizzazione dei rom. Per esempio, non possiamo portare personalmente i nostri figli a scuola. L'accompagnamento dei bambini a scuola con il bus toglie l'opportunità ai genitori di svolgere il loro ruolo e di relazionarsi con la scuola, con gli insegnanti, dato che sono gli operatori del campo a farlo al loro posto. Nei piccoli paesi e nelle cittadine dove i rom sono inseriti nel tessuto sociale, la situazione è diversa. Sono i genitori a curarsi degli aspetti pratici, burocratici ecc.

Tu li chiami ghetti ma la maggioranza delle persone pensa che siano luoghi adatti al modo di vivere rom.
Nel campo dove vivo non si può entrare senza una liberatoria del Comune di Roma e non c'è neanche la possibilità di ricevere visite (neanche i famigliari), mentre in alcuni campi ci sono degli orari quando è possibile ricevere ospiti. C'è un controllo all'ingresso del campo, dove l'ospite si presenta nell'orario di visita e chi lo ospita deve venire a firmare per conferma. La maggior parte dei rom vorrebbe uscire dal campo, ma ci sono anche dei rom a cui conviene vivere lì. Purtroppo per lasciare il campo devi avere un lavoro che ti permetta di pagare l'affitto.

Nell'immaginario collettivo, i rom stanno in questi campi sporchi che non puliscono, non lavorano, vanno a chiedere elemosina o a rubare. Come si svolge la tua giornata tipo?
Nei campi vivono tutti i tipi di persone, ci sono anche quelli che rubano o che non lavorano, ma la maggioranza dei rom lavora, svolgono soprattutto l'attività di raccolta del ferro vecchio. Ultimamente, è nato un problema burocratico dovuto al fatto che una direttiva europea impedisce la raccolta di ferro senza il permesso della Regione e senza avere una cooperativa. La licenza per la raccolta del ferro viene data soltanto a 20 persone all'anno. Io mi alzo alle 6 o alle 7, in base alla giornata e al programma che ho. Lavoro anche nel fine settimana perché il lavoro precario di mediatore non mi permette di mantenere la famiglia e, per arrotondare, lavoro come giardiniere.

Molti pensano che i rom non vogliono mandare i figli a scuola. Tu lavori nel progetto di scolarizzazione, qual è la tua opinione?
Il progetto è iniziato 25 anni fa e pochissimi ragazzi arrivano a fare le superiori, al massimo le scuole professionali. Come si fa a continuare un progetto quando i risultati sono questi?

Secondo te, a cosa è dovuto questo fallimento?
Il progetto è sbagliato. Ci sono gli operatori che fanno tutto, negando così la genitorialità. Le responsabilità sono attribuibili alle istituzioni che hanno sempre fatto dei progetti senza considerare i bisogni e le esigenze dei rom. Non c'è una progettazione a lungo termine. Non si considera la possibilità di formare i rom in modo di trovare un lavoro che gli permetta di lasciare il campo. Basterebbe aiutarli a trovare un lavoro perché dopo penserebbero da soli a trovare casa e a gestirsi da soli. Poi c'è il fatto che i bambini non hanno la possibilità di inserirsi a scuola, arrivando sempre in ritardo e uscendo prima, non hanno modo di socializzare con i compagni. Dopo la scuola stanno insieme agli altri rom, non possono uscire o giocare insieme ai loro compagni di scuola perché i campi sono lontani dai centri abitati. Non possono neanche fare i compiti con gli altri bambini del campo perché non si possono riunire in una roulotte dove vivono 8-10 persone. Ci sono tante difficoltà. Quindi sono visti come diversi, sono messi in fondo alla classe e abbandonati a loro stessi. Molti non sanno né leggere né scrivere; arrivano alle medie senza conoscere neanche le tabelline. I compagni quindi li emarginano e li temono. Alla fine rinunciano, finite le medie. Si disperdono perché non si sentono appoggiati e rinunciano. Inoltre, le donne si sposano presto.

Perché le donne si sposano presto?
Ti faccio l'esempio della mia famiglia: mia figlia grande - che è cresciuta in Romania e Francia - si è sposata tardi, invece la piccola - che è cresciuta nel campo - è scappata a 15 anni con un ragazzo, nonostante fosse brava a scuola e conoscesse tante lingue. Nel campo si subisce l'influenza della tradizione.

Quale sarebbe la soluzione?
Da una parte la cultura, l'educazione e dall'altra uscire dal campo, trovando la casa e il lavoro. Altre soluzioni non esistono. Con l'aiuto delle associazioni italiane e rom, prima o poi troveremo le soluzioni.

In futuro dove ti vedi?
In una casa, facendo una vita normale. Non rimarrò nel campo. Probabilmente tornerò in Romania, ma anche se rimarrò qui, starò in una casa e avrò un lavoro.

Grazie! Nais!

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Di Fabrizio (del 12/05/2013 @ 09:09:45, in blog, visitato 1938 volte)

Leggevo un articolo di Valeriu Nicolae (interessante come sempre, purtroppo non ho tempo per tradurlo). Tra la situazione rumena e quella italiana ci sono naturalmente grosse differenze, ma anche similitudini, che vale la pena di approfondire. Il pezzo inizia così:

    "Ritengo che l'effetto più perverso del razzismo non sia la disumanizzazione né la violenza (entrambe sono difatti punite dalle leggi di molti paesi), ma l'abbandono collettivo, a volte parziale e altre completo, delle nostre auto-percepite (superiori alla media) moralità ed etica in favore del pregiudizio"...

Pezzo interessante, dicevo, e da qua vorrei partire per ulteriori ragionamenti. Quello che noi "gagé antirazzisti" abbiamo sempre denunciato è il razzismo che percepiamo nel nostro intorno, il motivo della denuncia può essere morale, solidale, politico... fa parte comunque dei nostri codici.

L'esperienza mi ha insegnato, e possiamo trovarlo anche in molti casi descritti, è che il razzismo influisce sulla vittima (che non sempre condivide i nostri codici e la nostra cultura), non solo con la violenza diretta e indiretta, ma spesso (non sempre) anche nell'auto-percezione che la vittima ha di sé come persona e come parte di una comunità.

La persona volonterosa quindi, che faccia parte di una maggioranza o di una minoranza, quando intende operare in senso antirazzista, non può limitarsi a contrastare i razzisti, ma finisce per confrontarsi con gruppi discriminati, che finiscono per ritenere la discriminazione verso di loro come una cosa normale e perpetuabile. Così da parte di questi gruppi si mettono in moto meccanismi di difesa che per "la nostra cultura" sono deleteri o inaccettabili: dal giustificare il furto come una forma di rivalsa sociale, all'accettare di vivere di assistenza e carità.

C'è chi tra di noi accetta questo tipo di atteggiamenti, che non hanno niente di culturale o di immutabile, e chi li contrasta. In tutti e due i casi, il problema rimane quello del SUPERARLI, come precondizione perché la minoranza venga percepita come composta da cittadini come tutti gli altri, con PARI DIRITTI e DOVERI.

    (Mi rendo conto che sono ragionamenti "tagliati con l'accetta"... e pure teorici, cioè tutti da approfondire)

Il superamento non è mai facile ma, checché se ne dica, è altrettanto inevitabile. Sempre sulla base della mia esperienza, non ci sono casi immutabili. La questione, come in ogni ambito politico, è verso dove andrà questo superamento, e quale potrà essere la sintesi di voci e obiettivi che quasi mai concordano in partenza, nonostante tutte le dichiarazioni di buona volontà. Ad esempio: obiettivo di una maggioranza è l'INTEGRAZIONE della minoranza, che a sua volta cercherà di mantenere spazi di autonomia, che talvolta servono a ripetere i meccanismi di gestione e potere già propri della maggioranza. Il fatto è che il concetto stesso di INTEGRAZIONE presuppone un modello precedente a cui conformarsi (si presume, da parte dei più deboli), mentre lo scopo dovrebbe essere che le due parti lavorino, oltre che per l'ovvio loro interesse economico, per creare un equilibrio più avanzato rispetto ai modelli precedenti.

Per ottenere questo risultato, il lavoro comune i tutte le parti è INDISPENSABILE, altrimenti il massimo a cui si può aspirare è un'INTEGRAZIONE IMPOSTA. Ma, cosa significa operare ASSIEME, soprattutto quali meccanismi di delega e decisionali competono alla parte minoritaria, che non sempre è coesa o immune da meccanismi di sfruttamento tra gruppi? Basta coinvolgere alcuni settori, quelli probabilmente più disposti a collaborare e a cogliere gli effetti della collaborazione?

Si da il caso che questi settori siano anche quelli che hanno maggior istruzione, maggiore autonomia sociale ed economica, siano quindi già INTEGRATI o quasi. Ma che riconoscimento potranno avere nelle fasce più deprivate di quanti pretendono di rappresentare?

    (Notate come partendo dal razzismo, si arrivi a ragionare sui meccanismi che governano le maggioranze stesse?)

Allora: "... rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando, di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese.", cioè, nient'altro che la nostra storia e le nostre migliori tradizioni. Ma, a chi si riferisce quel testo glorioso? A noi, a un popolo singolo, o dobbiamo considerarlo come una MISSIONE universale? E, se così fosse, siamo missionari?

E qua, si torna al punto iniziale. C'è un filo che unisce il razzismo violento o disumanizzante, alla perdita dell'auto-percezione. Se il razzismo crea quel legame, l'antirazzista può brancolare nei miei confusi ragionamenti, oppure può scoprire che il razzismo crea le condizioni ottimali per fare dell'antirazzismo un'impresa: cioè limitarsi a fornire aiuto, assistenza, mantenendo comunque le cause e le condizioni dell'attuale disparità. Ovviamente, sarà più facile impostare un rapporto tra padrone-illuminato e sfruttato-senza storia, la comunicazione non potrà che essere unidirezionale. Il soggetto dell'aiuto potrà migliorare, ma non potrà mai trovarsi ad un livello paritario. Dal punto di vista economico: una specie di COLONIANISMO BUONO, con la controindicazione di avere (percentualmente) gli stessi costi, ma rendite assolutamente inferiori a quei tempi di schiavismi e cannoniere. Per cui, la MISSIONE si perde, rimane la giustificazione economica: chiedere soldi in nome di una carità che serve a pagare dipendenti, progetti, specialisti di ogni genere, affitti, spese di gestione... o al limite qualche comparsata sui media.

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