Un
recente fatto di cronaca nella mia città ha rinfocolato una mai sopita
sequela di luoghi comuni. Difficile seguire tutti i rivoli di un dibattito che è
diventato SOCIAL (come si dice adesso), e dove il problema non è tanto la
supposta ignoranza della lingua italiana dei leghisti-razzisti ecc. (che magari, salvo qualche
eccezione, parlano quasi come fosse la madrelingua),
quanto l'uso disinvolto (o ideologico) di concetti attribuiti al vocabolario italiano.
Vediamone alcuni:
CLANDESTINO
A cercare su internet, quasi non si trova più il significato originario della
parola. Letteralmente: "sprovvisto di documenti". Il prefisso "CLAN" aggiunto al
misterioso "DESTINO" evoca comunque, al di là delle interpretazioni di legge,
l'immagine di una banda segreta con oscuri scopi. A partire dall'inizio degli
anni '90, che corrispondono ai primi picchi di emigrazione di massa verso
l'Occidente, le varie leggi europee si conformano sanzionando una condizione
temporanea (la mancanza di documenti) come un reato che può portare ad un
isolamento penale anche di anni. Dato che una gran parte degli immigrati
presente in occidente dalla prima metà degli anni '90, è arrivata come
clandestina e si è poi regolarizzata (senza dare fastidio alcuno), ecco che
per la legge (del contrappasso) un altra buona parte che vive da anni con noi, diventa clandestina in
caso di perdita di lavoro; per non parlare delle cosiddette II generazioni, che
italiane sino a 17 anni e passa, possono diventarlo al compimento dei 18 anni.
CACCIA ALL'IMMIGRATO
Ci fu un sindaco a 3VISO, credo che gli piacesse il soprannome di sceriffo,
che propose di travestire gli immigrati (regolari o meno per lui non faceva
differenza) da leprotti, per sollazzare i cacciatori locali. Non credo che le
leggi nostrane possano permetterlo, ma qualche "pazzo" che prende sul serio le
parole di un sindaco lo si trova sempre. Uno di questi si chiama(va) Carreri e stava a
Firenze. Pazzo, così dicono; ha agito da solo,
anche se era da anni legato a movimenti politici inquietanti. Se un Ghanese,
probabilmente con un concetto personale del termine integrarsi (un concetto,
questi sì, pazzoide), agisce (da solo)
con modalità simili, la responsabilità smette di essere personale, per
trasferirsi in automatico a clandestini o a ghanesi (a scelta).
NON POSSIAMO ACCOGLIERLI TUTTI
Non so quale sia il concetto di ACCOGLIENZA a casa vostra... ma umanamente (da
New York alle comunità beduine) quando si accoglie qualcuno gli si offre
quanto si ha a disposizione, come se fosse un fratello; sarà poi l'ospite a
sdebitarsi e contraccambiare. NOI NON ABBIAMO ACCOLTO NESSUNO (chiedo scusa per
la generalizzazione): abbiamo cercato braccia a basso costo da racchiudere in
baracche, cantine, ghetti, magazzini, quando non erano produttive. E poi abbiamo fatto
dell'accoglienza, della carità, del soccorso, un business per arricchirci
ulteriormente.
PERIFERIE (NON CE LA FACCIAMO +)
Certamente, le contraddizioni sono nelle periferie, perché è lì che si
(con)vive, che si lavora. Insomma, si accumulano i problemi non risolti. E lo
capisco che ad un certo punto le contraddizioni diventino insopportabili. Ma,
proviamo (per chi non ci vive) ad immaginarcela questa periferia, senza alberi,
file di palazzoni identici... Come pretendiamo che possano integrarsi gli altri,
quando siamo noi per primi a non amarle? Al posto di rimpiangere un tempo mai
esistito in cui
le cose andavano tutte bene, non sarebbe il caso di cercare aiuto, solidarietà,
forza, anche dai nuovi arrivati (che siano benvoluti o meno)?
NOI e VOI
Citavo di
recente "... rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando, di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese." e
mi rimangono i dubbi di settimana scorsa: DI CHI è compito? Quella "Repubblica"
fisicamente da chi è composta? Ecco, i dibattiti di questi giorni mi hanno
risollevato il problema anche dal punto di vista linguistico: folle che usano il
NOI di continuo, ma non osano mettersi in gioco, sottintendendo che quel NOI
significa QUALCUNO, BASTA CHE NON SIA IO. Gli altri, i tanto bistrattati altri,
sono quelli che devono darsi fare, attorniati da spettatori che non aspettano
altro che un errore per ripartire con le medesime litanie.
Termino qua questo piccolo dizionario, sperando che qualcuno si diverta a
continuarlo.