Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Bordeaux: Un polemico clip rap mette in scena la vita dei manouches
- Publié le 13 décembre 2012 dans Actualités, Faits divers, Vidéo -
sur
INFO BORDEAUX
Una volta di più. il rapper Morsay (Mohamed Mehadji) potrebbe avere
oltrepassato i confini della legalità. Il clip girato presso Berdeaux, a Taillan-Médoc,
concentra un cocktail di numerosi crimini: uso di armi da fuoco, infrazioni al
codice della strada, insulti alle forze dell'ordine ("fanculo a tutti i
condé") e minacce ripetute (s'illumina il kalache(nikov)"):
Per Cyril Martinez (Alias), già
citato in giudizio a giugno 2011 per "incitamento alla violenza",
l'obiettivo era parlare della gens du voyage e della loro situazione: "E'
la prima volta che facciamo un video con dei manouches, Volevamo mostrare che i voyageurs
in Francia non sono dimenticati."
Nessun dubbio che riunendo tre rapper molto controversi (Morsay, Alias e Angelo),
questo video farà parlare di sé.
Fondatore del collettivo "Truand 2 La Galère", Mohamed Mehadji afferma qui di
"non dimenticare l'Algeria, paese da cui vengo." Alcuni commentatori su
Internet suggeriscono che un ritorno in questo paese "sarebbe un vantaggio
per tutti."
[cc] Infos Bordeaux, 2010-2012, Dépêches libres de copie et diffusion sous
réserve de mention de la source d´origine [http://www.infos-bordeaux.fr/].
Il Giorno della Memoria 2013 sarà ricco di appuntamenti organizzati
dall'associazione Sucar Drom e dall'Istituto di Cultura Sinta, in collaborazione
con i partner del
progetto europeo Memors e con altri partner. Gli appuntamenti
più significativi sono appunto quelli organizzati per Memors, in particolare per
l'inaugurazione del primo museo virtuale sulle persecuzioni subite da sinti e
rom durante il fascismo. Diversi anche
gli appuntamenti in Provincia di Mantova.
In ultimo è da evidenziare il confronto storico che si terrà a Milano dal
titolo: "Shoah e Porrajmos, un nuovo patto sulla memoria" che vedrà come
relatore, per la prima volta in Italia, il prof.
Ian Hancock dell'Università del
Texas.
Tutti gli appuntamenti
18 gennaio 2013
-
Mantova, Il dramma del Porrajmos, Liceo delle Scienze Umane "Isabella d’Este",
Aula Magna
Liceo "Isabella d’Este" - Conservatorio di Musica "L. Campiani".
20 gennaio 2013
- Castiglione delle Stiviere (MN), inaugurazione mostra "Porrajmos, altre tracce
sul sentiero per Auschwitz", ore 11.00, Biblioteca comunale.
- Palazzolo sull'Oglio (BS), inaugurazione mostra "Porrajmos, altre tracce sul
sentiero per Auschwitz", ore 16.00, ANPI Brescia.
26 gennaio 2013
- Rivergaro (PC), inaugurazione della mostra "Porrajmos, altre tracce sul
sentiero per Auschwitz", Biblioteca comunale.
- Mantova, E come potevamo noi cantare, lettura concerto per la Giornata della
Memoria. Musiche del repertorio popolare rom e yiddish, Ravel, Bloch, Mozart.
Testi di Sejdic, Kerim, Schopf,
Katzenelson, Liceo Musicale "Isabella d’Este".
- Tossicia (TE), commemorazione del Porrajmos con inaugurazione di una targa
dove sorgeva il campo di concentramento per sinti e rom, progetto Memors, ore
9.30
- Prignano sul Secchia (MO), Memorie del Porrajmos, conferenza con il prof. Ian
Hancock e i sopravvissuti al campo di concentramento, progetto Memors, ore 10.30
- Cerreto Guidi (FI), inaugurazione mostra "Porrajmos, altre tracce sul sentiero
per Auschwitz", ore 16.00, Mumeloc.
27 gennaio 2013
- Inaugurazione di: Porrajmos, il primo museo virtuale delle persecuzioni subite
da sinti e rom durante il fascismo in Italia.
- Roma, campagna dosta, inaugurazione della mostra "Porrajmos, altre tracce sul
sentiero per Auschwitz"
- Mantova, Porrajmos, commemorazione al Binario 1 della Stazione ferroviaria di
Mantova, ore 9.30.
- Mantova, Consiglio provinciale e comunale di Mantova aperti, prolusione
ufficiale del prof. Ian Hancock, ore 11.30, Teatro Bibiena.
- Solarolo (RA), Porrajmos, con Stefano Liuzzo, ore 16.30, Oratorio
dell'Annunziata.
- Milano, Shoah e Porrajmos, un nuovo patto sulla memoria, convegno storico con
il prof. Ian Hancock, ore 18.00, progetto Memors, Sala Ricci, Fondazione
culturale San Fedele, piazza San Fedele n. 4.
2 febbraio 2013
- Castiglione delle Stiviere (MN), il Porrajmos in Germania e in Italia: la
persecuzione
razziale dei Rom e dei Sinti, ore 17.00, Biblioteca comunale
9 febbraio 2013
- Rivergaro (PC), il Porrajmos in Italia e Germania, ore 17.00, Biblioteca
comunale.
Per rimanere informati sugli aggiornamenti e su tutti gli altri eventi in Italia
vai alla paginahttps://twitter.com/Porrajmos
Domenica scorsa se n'è tornato a discutere in
un gruppo su Facebook. Tutti vogliono (o vorrebbero? Non l'ho capito
bene...) denunciare per razzismo gli autori di quella immagine e il gruppo che
li ospita.
Rileggendo quella mia noticina di due mesi fa, vorrei sottolineare due cose
distinte che notavo allora:
quell'immagine è fatta da gente stupida o ignorante, perché
da la colpa ai Rom (che notoriamente hanno e hanno sempre avuto
un altissimo tenore di vita) della perdita del loro potere
d'acquisto. Ma, insegna l'economia di strada, gli stupidi
saranno sempre ottimi clienti (anche se poi fideizzarli è un
casino!)
dai Rom ho imparato a prendere in giro la gente (ma non ho
mai imparato a denunciarla). Quale occasione migliore di questa?
Soprattutto, partendo dalla loro stupidità iniziale, perché
perdere un'occasione simile per dimostrare che si è in grado di
insegnare loro qualcosa? Gli affari possono essere persino uno
scambio di natura intellettuale, se si riesce a centrare il
punto: "la perdita del loro potere d'acquisto".
E adesso... parliamo del business.
Chi sono questi stupidi (e pure anonimi) per insegnare a diventare Rom?
Che titolo hanno? Come si svolgono le loro lezioni? Se prendessimo sul
serio la loro "provocazione", sarebbero passibili di truffa.
E, sempre prendendo sul serio la provocazione, l'unico che ha qualche
speranza di insegnare come SI DIVENTA UN ROM, visto la lontananza tra i due
mondi, è solo chi è Rom. I quali Rom, ma anche i Sinti possono metterci del
loro, di fronte a questa RICHIESTA DEL MERCATO IN TEMPO DI CRISI, dovrebbero
proporre agli stessi clienti che cercano quella tessera, la propria consulenza (ovviamente:
a pagamento) e, se si fosse capaci
di ragionare in grande, al termine di un corso di formazione la possibilità di
aprire un FRANCHISING.
FRANCHISING, magari anche solo fornendo intermediazione su come acquistare
una roulotte scassata, come vestirsi alla meno peggio, o fornendo secchielli e
panni agli angoli degli incroci più trafficati. Insomma, lezioni pratiche su
come sopravvivono questi benedetti Rom.
Se questo è il primo livello di studi (dove qualsiasi Rom appena arrivato in
Italia potrebbe proporsi come docente), esiste anche un corso avanzato, che dev'essere
gestito da Rom di più lungo insediamento e che abbiano già ottenuto un minimo
di stabilità: come arrangiare la spesa per una famiglia numerosa, come costruire
e riparare di tutto, corsi di cucito (per le romnià che si cuciono ancora le
gonne da sole), piuttosto che di baysitteraggio (già da giovanissime si
impara a badare a fratelli e cugini più piccoli, altro che rapimenti infantili!
La prima baby sitter dei miei figli è stata una romnì). Roba
pratica, insomma, non cerco i soliti intellettuali da sbarco.
Il tutto, inframmezzato magari da cene comuni (a pagamento per il corsista),
balli, partite a pallone. Perché, e qua torno al cuore del mio articolo di
allora, c'è una dimensione sociale che resiste tra Rom e Sinti (ma non è una
loro esclusiva) che permette, anzi è necessaria, di affrontare le durezze della
vita. E questo, secondo me è il CORE BUSINESS (da una parte) e la domanda
profonda e irrisolta del mondo stupido esterno: non sapere più sorridere e non
sapersi rialzare.
L'altra domanda, più superficiale ma altrettanto reale, è: stiamo
diventando più poveri, a chi diamo la colpa? L'unica risposta che può
dare chi è ancora più povero di loro (e quindi, con la sua sola presenza, è una
minaccia visiva e forse reale) è: io sono povero da generazioni - posso
darti delle dritte per sfangarla. Oppure, quando sarai povero come me, dovrai
purtroppo misurarti con chi sarà molto più allenato di te.
Mi immagino la faccia di chi sta leggendo... si starà domandando se sono serio
o dilo. Rispondo solo che al momento sono piuttosto squattrinato, e chi
per caso pensa che sia serio, sappia che sto cercando capitali e soci.
Visto i Rom sono dappertutto (quasi come i napoletani), potremmo proporre un serio
franchising multinazionale.
Ieri, 11 gennaio 2013, ho passato la giornata con Mariella Mehr, scrittrice e
poetessa Jenisch, Svizzera.
Scriverò di seguito ciò di cui abbiamo parlato, della sua vita, il suo scrivere,
la sua storia.
La Consapevolezza che ho acquisito dopo questo preziosissimo incontro, mi ha
portata a farmi tante domande, domande difficili che mi hanno messa di fronte ad
una in particolare:
"Cosa ha veramente senso in questa vita?" .
Ha senso conservare la Storia e la Memoria, ha senso Comprendere che si può
essere italiani, svizzeri, spagnoli, rom, ebrei, ... ed essere una cosa sola:
Umani.
Con una storia comune, La Storia.
Ha senso impegnarmi per fare in modo che Mariella Mehr e tutte le marielle mehr
che hanno vissuto la Storia non vengano scordate ma assimilate per andare a
completare la Nostra Identità. La mia e la tua. E starci male, ma sentirsi
cresciuti, diversi, io così mi sento, ha senso assimilare tutto, Sapere e
conservare, per essere Persone con una Identità forte, forti di quello che
siamo.
Sapendo chi e cosa ci ha portati ad essere noi, oggi. Senza passare su questo
mondo come dei vestiti vuoti.
La Storia ci insegna che ci sono dei grandi fardelli da portare, Mariella Mehr
mi ha fatto partecipe del suo e io non voglio fare altro se non spartire questo
peso, un immenso dono, dono e fardello, fattomi da questa donna incredibile.
Le mie ricerche su di lei sono iniziate qualche mese fa, quando quasi
casualmente ho assistito ad uno spettacolo teatrale che parlava proprio della
sua vita.
Da allora ho letto le sue poesie, ho deciso di fare la mia tesi su di lei e sono
andata a conoscerla.
Mariella Mehr nei suoi libri denuncia ciò che è stato in Svizzera tra il 1926 e
il 1974: fu vittima dell'"Opera di soccorso dei bambini di strada", della Pro Juventute, passando 24 anni della sua vita, dai 5 anni (quando fu strappata alla
madre) in poi, in istituti psichiatrici, collegi, subendo elettroshock,
esperimenti medici e psichiatrici, violenze e abusi, un figlio preso e fatto
adottare da estranei e la sterilizzazione.
La Svizzera, neutrale alla guerra ma non all'eugenetica, ha cercato di estirpare
le 'razze inferiori' e purificare il sangue della nazione, esattamente come
altri paesi a tutti noti.
Mariella Mehr è sopravvissuta a tutto questo, è stata attivista politica e, da
sempre, scrittrice.
''Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l'anima mia si apre
in una lingua straniera.''
La figura del lupo torna molto spesso nelle poesie di Mariella Mehr. La
simbologia del lupo, comunemente usata, è il pericolo, una visione funesta. Ma
per Lei, cosa significa?
Il lupo è solo, è Solitudine, e tante solitudini fanno il suo branco e così io
mi sento.
Sola e accomunata nella solitudine con altre persone sole.
Il lupo aggredisce se è attaccato e cosi faccio io... in Cecoslovacchia ho avuto
degli incontri ravvicinati con questo animale e anche qui dove vivo adesso ci
sono lupi... per gli uomini non sono un problema... al contrario gli uomini sono
un guaio per loro... io ho paura della gente, ma di un lupo o delle bestie mai.
Questo sentire fa parte anche della sua 'diversità'? Come vive, oggi, la sua
identità di Donna Jenisch?
La mia famiglia viene dalla Polonia, dopo la Pro Juventute ho fatto ricerche con
uno storico per l'albero genealogico e i miei avi non si sa se siano Ebrei o
Rom... sono un essere umano, parlo 6 lingue correntemente, tra le quali il Romanes. Ma mi considero semplicemente un essere umano.
Nel corso del 1800 entrò molta gente in Svizzera: Ebrei, Rom, Polacchi, Lovari,
gente che voleva lavorare... questa gente è stata chiamata Jenisch dagli
svizzeri, ed è una parola che deriva dal greco e vuole dire 'doppia faccia",
come i doppiogiochisti e quindi anche questo è un termine dispregiativo e creato
da altri (come il termine 'zingari'), entrato in uso comune per indicare 'lo straniero'.
A quei tempi, durante i pogrom contro gli Ebrei, questi hanno cambiato i
documenti e comprato quelli dei Rom... viceversa i Rom hanno comprato documenti
Ebrei per entrare in Svizzera, cambiando identità per sopravvivere, a seconda
delle necessità del momento: questo è un piccolo esempio per far capire che
tutte le genti si sono mescolate... e Jenisch quindi sono semplicemente PERSONE
che hanno subito delle persecuzioni.
La cosa piu' grave dei Rom, che tengo molto a dire, è che sono suddivisi in clan
e a volte si fanno addirittura la lotta tra di loro... e così facendo non sopravviveranno a lungo... bisogna essere uniti perché siamo tutte persone, e il
nostro sangue si mescola continuamente. Questo per non categorizzare troppo, io
parlo di PERSONE, di UMANI, che hanno subito queste cose che io denuncio e
racconto nei miei libri.
Dopo l'uscita dei Suoi scritti, ha notato un maggiore interesse verso questi
argomenti? La gente vuole sapere questa parte di Storia? oppure in Svizzera è
come in Italia?
Nei libri di scuola ancora oggi, sia in Italia che in Svizzera, non è citato
alcun Rom perseguitato né omosessuale né malato di mente. Perchè queste persone
ancora oggi sono delle persone di serie B, persone che non si vogliono
considerare. E i miei libri purtroppo sono serviti a poco.
Oltre a Lei, altre persone sopravvissute hanno saputo impegnarsi per
l'informazione e la politica dei diritti?
Io ho subito a 5 anni elettroshock, a 9 cure di insulina, a 16 anni ancora
elettroshock, a 18 carcere perché avevo fatto un bambino con un uomo mezzo Rom e
mezzo Ebreo... non ho fatto mai niente di male per meritarmelo, ti giuro!
E gli altri che hanno subito queste cose sono praticamente tutti kaput,
morti... i pochi ancora vivi sono alcolisti, o gente che non é più capace di
vivere in questa società.
Bisogna sopravvivere sia fisicamente che mentalmente... per fortuna ho trovato la
Letteratura e le parole giuste per iniziare a scrivere, e questo mi ha salvata.
A 15 anni ho scritto la mia prima poesia, "L"uccello blu", (parlava di un
uccello che avevo avvistato, una specie che di solito vola sul mare e solo io lo
avevo visto) in quel periodo, come la maggior parte della mia vita, ero in una
casa psichiatrica.
Io ero un corpo per gli esperimenti, sai? non solo le menti erano soggette a
queste cose ma anche i corpi: io sono praticamente ceca a seguito di 5
interventi sperimentali effettuati da un medico non riconosciuto... la Pro Juventute ha lasciato molte tracce.
Ma in quegli anni ('26-'74), in Svizzera, la gente comune sapeva? i cittadini
erano a conoscenza di ciò che succedeva nelle loro città, nei vari istituti,
eccetera?
Naturalmente la gente sapeva.
Ma era stata fatta una enorme propaganda, la gente VUOLE credere nel bene, e la
Pro Juventute si vendeva come un'organizzazione che AIUTAVA i giovani... in
Svizzera non era così evidente come il fascismo in Italia o il nazismo in
Germania... ma la gente voleva credere nel bene e si autoconvinceva.
Come iniziò a leggere, per poi scrivere?
Quando ero piccola, a 12 anni ero in un istituto... in questo istituto le suore
avevano una enorme e fornitissima biblioteca ma era per loro, non per noi, e la
tenevano chiusa a chiave.
Allora io un giorno ho rubato questa chiave e sono andata in città a farne una
copia. E di notte andavo e prendevo una manciata di libri a caso, al buio, e
invece di dormire stavo sotto le coperte con la lampada a leggere... Goethe,
Sartre... .non ho capito niente, ero una bambina, ma tutto era stampato nella mia
testa, ho memorizzato nella mia mente e capito anni dopo.
Così ho iniziato a leggere leggere leggere, avevo Fame di Letteratura, ed era
più forte della fame normale. Questo mi ha fatto andare avanti, leggere. E poi
iniziare a trovare le parole giuste per scrivere, e sopravvivere a tutta quella
follìa.
A quei tempi, io non sapevo ancora CHI SONO, questo l'ho scoperto DOPO i
trattamenti della Pro Juventute.
Quando questi mi hanno detto 'vai a lavorare', a 16 anni, io sono
andata... 'o vai
a lavorare o ti aspetta il carcere', mi hanno detto e mi hanno mandata in una
città che io non conoscevo, a Lucerna, e girando in tutti gli alberghi e negozi,
nessuno voleva darmi un lavoro, ero troppo piccola. Poi per caso davanti ad un
bar ho incontrato un uomo che mi ha chiesto "Senti, ma che cerchi per strada?",
"Cerco un lavoro" e io avevo una faccia da ragazzo, maschio, (che ogni tanto
torna ancora oggi, quando sono arrabbiata), ho potuto lavorare come bar man ma
prima il capo mi ha portata dal parrucchiere per fare un taglio da uomo, poi al
negozio di vestiti mi ha comprato i pantaloni, il gilet, la camicia bianca da
lavoro e il giacchetto nero, naturalmente.
Poi mi ha detto: "Così puoi lavorare nel mio bar e ti chiamerai Mario'.
Ho lavorato lì un anno, poi un giorno è entrato nel bar questo uomo di 30 anni
più grande che mi ha chiesto un caffè ed è stato il primo uomo a guardarmi
davvero.
Dopo poco mi ha riconosciuta in quanto ragazza e io, presa dal panico, ho
iniziato a piangere, avevo paura che mi facesse perdere il lavoro, avevo paura
di finire in carcere...
Dopo avere scoperto della Pro Juventute questo uomo mi ha aiutata molto ed è lui
il padre del mio bambino... (è poi morto in un campo di concentramento tedesco,
era mezzo Rom e mezzo Ebreo)... lui mi ha aiutata molto...mi ha trovato un altro
lavoro, presso una famiglia, e insieme abbiamo deciso di fare un bambino.
Per la Pro Juventute se sei incinta sei un'adulta e libera di sposarti e fare
una vita e avere diritto ai servizi degli ospedali per la gestazione e il parto,
ma le autorità mi hanno segnalata e fatto una ricerca attraverso l'interpol
(pensa te!) trattandomi come una fuggitiva...
Un giorno alle 5 del mattino mi hanno arrestata presso la famiglia dove
lavoravo, mi hanno presa a Berna e messa in una cella con un cane lupo di
guardia... il cane era piu' amabile delle persone, è venuto da me senza paura e
aggressività e nel tempo del carcere è stato quel mezzo lupo a salvarmi la vita.
Io ero in carcere ma non sapevo perché...in tutta la mia infanzia io non ho mai
saputo chi ero né il motivo per cui mi venivano fatte queste cose...al carcere le
peggio criminali mi chiedevano perché ero lì ma io non lo sapevo..allora la mia
testa ha prodotto una fantasia di un qualche crimine che avessi potuto
commettere, per non impazzire..e senza passare per nessun giudice io finivo in
galera.
Il padre del bambino mi cercava, ma i carcerieri non mi hanno dato nessuna sua
notizia e impedivano a lui di avvicinarsi, inventando bugie.
Infine ho dato alla luce questo figlio in carcere.
Secondo la legge, avevo 3 anni di galera da scontare, ma un giorno mi hanno
detto "se dai tuo figlio in adozione sei libera subito, altrimenti il figlio te
lo prendiamo lo stesso ma tu resti qui fino a concludere i 3 anni di carcere".
Io ero disperata, amavo mio figlio ma non sopportavo più questo carcere, che era
il peggiore carcere femminile della Svizzera. Così ho firmato e sono uscita.
A Berna ho trovato un altro lavoro, ho pensato che se lavoravo la Pro Juventute
mi avrebbe restituito il figliolo, invece...così non è stato e la vita di questo
figlio è rovinata quanto la mia.
Mia madre è stata una delle prime donne alla quale la Pro Juventute ha strappato
i figli e a sua volta mio figlio è stato uno degli ultimi strappati alla
madre...tutta questa storia è un ORRORE e una VERGOGNA alla quale non si vuole
credere, quando io racconto queste cose la gente non crede, pensano che io sia
una folle che nel suo delirio si inventa le cose.
Eppure dopo diverse lotte gli archivi con i documenti della Pro Juentute sono
stati aperti, sono documenti visibili a tutti. Ma queste cose non si vogliono
sapere.
Io mi sono battuta per i diritti miei e di tutta questa gente, i diritti, non i
soldi, e l'aiuto per sopravvivere a tutto questo, ma gli Jenisch della
Svizzera invece volevano il silenzio su questa vergogna, volevano solo soldi,
per questo sono stata più volte aggredita, una delle quali sono stata gettata da
un treno in corsa...
I giornalisti volveano la Verità, qualche attivista di sinistra, qualche gente
di buon cuore, ma gli Jenisch no, pochissimi volevano che la Verità venisse
fuori e di conseguenza i diritti per queste donne e uomini devastati da questi
trattamenti.
Per 20 anni ho fatto politica, attivismo, ma è servito a poco se non a
niente... ora la gente non sa nulla di questi orrori, anche se le conseguenze ci
sono tutt'ora. Abbiamo ricevuto una cifra irrisoria come risarcimento morale,
due soldi in croce per una vita COMPLETAMENTE rovinata... per 24 anni vissuti
nell'orrore.
E' stata tutta una farsa enorme.
Poi abbiamo interrotto l'intervista e parlato d'altro, perché "altri cinque
minuti a parlare della Pro Juventute e cado a terra svenuta, mi fa troppo Male".
Mariella Mehr ha partecipato a vari festival di letteratura in Europa, vincendo
diversi premi e riconoscimenti, i suoi libri sono pubblicati in diverse lingue e
reperibili tramite ordine in qualsiasi libreria.
BIBLIOGRAFIA DI MARIELLA MEHR(in Italiano):
- "Steinzeit"
- "La Bambina"
- "Il Marchio"
- "Notizie dall'Esilo"
- "Accusata"
- "San Colombano e l'attesa"
Di Fabrizio (del 18/01/2013 @ 09:09:54, in lavoro, visitato 1479 volte)
Lei, Xx, abita in un "campo nomadi". Ha studiato anche dopo le medie ma, visti i tempi,
qualsiasi lavoro che trova va bene. E come i suoi coetanei, tenta di capire con
chi ce l'avesse la Fornero quando ha tirato fuori quel "choosy".
Lui, Zz, è un mio amico d'infanzia e mio vicino di casa, io e lui "rossi" da
sempre. Ha un figlio, quasi coetaneo di Xx. Un ragazzo che, come tanti, alterna una rabbia
sorda contro il mondo a slanci di tenerezza. Non è mai stato un cattivo ragazzo,
ma per un certo periodo era affascinato dalla destra estrema tipo Forza Nuova.
Si somigliano quei due, molto più di quanto non sembrerebbe a prima vista.
E poi c'è Yy e la sua libreria. A fine anno doveva fare l'inventario e mi ha
chiesto se l'aiutavo a cercare dei ragazzotti svegli che potessero dargli una
mano. Pagandoli, ovviamente.
Così, Xx e il figlio di Zz hanno lavorato assieme. Se si siano parlati,
confidati le rispettive paure, o mangiato assieme un panino durante la pausa,
non lo dico. Per il momento, basta così.
di Valentina Furlanetto dal 17 gennaio 2013 in libreria "Basta con la carità, c'è bisogno di giustizia... La liberazione viene sempre
dal basso, dai poveri, mai dai ricchi. Alex Zanotelli"
Questo libro racconta un mondo, quello della solidarietà, di cui non si sa
abbastanza. Tra sms che salvano, adozioni a distanza, partite del cuore,
campagne televisive, azalee e arance benefiche, quanti milioni di euro raccolti
arrivano a chi ha bisogno? La risposta che viene fuori dalle testimonianze di
cooperanti italiani e internazionali e dai più recenti dati di bilancio (quando
sono disponibili: in Italia non c'è l'obbligo di pubblicare un vero e proprio
bilancio economico-finanziario) è che tra profit e non profit c'è ormai poca
differenza. Migliaia di associazioni sono in lotta una contro l'altra per i
fondi, quelle più grandi spendono milioni per promuoversi e farsi conoscere,
intanto le più piccole sono schiacciate dalla concorrenza. Gli stipendi dei
manager del settore non profit sono ormai uguali a quelli delle multinazionali
(la buonuscita milionaria di Irene Khan, ex segretario generale di Amnesty
International, è solo la punta dell'iceberg). Ma i soldi non sono che una parte
della questione, c'è molto altro da sapere. Che fine fanno i vestiti che
lasciamo ai poveri? Come funziona il sistema delle adozioni internazionali? E il
commercio equo e solidale? La filantropia ha fatto cose importanti, ma è anche
il simbolo del fallimento della politica. Gli esseri umani non dovrebbero
dipendere dalla generosità di altri. Se poi questa generosità diventa un
business è importante raccontarlo per impedire che qualcuno si arricchisca sulla
buona fede dei donatori.
autore Valentina Furlanetto
collana Principio attivo
casa editrice CHIARE LETTERE
dettagli libro - cartonato con sovracoperta
Di Fabrizio (del 16/01/2013 @ 09:05:56, in media, visitato 1187 volte)
di Daniele Mezzana
Trasversale, inconsapevole, supponente: il razzismo verso i rom miete
vittime, ma sempre si professa innocente. Un libro, pubblicato solo on line, ci
aiuta a comprendere questo fenomeno e il suo intreccio "con le migliori
intenzioni".
Questo libro parla del nostro razzismo verso i rom. Quello che esplode dalla
rabbia repressa della gente comune, quello che trapela dalla voglia di scoop dei
giornalisti, quello che le buone intenzioni di tanti politici non riescono a
eliminare, perché è troppo radicato, troppo profondo per essere affrontato a
chiacchiere. Fabrizio Casavola, questa volta, non si sofferma sulle vittime, ma
su di noi, o meglio sul "razzismo fatto in casa", in un libro
pubblicato solo online
e disponibile gratuitamente. Un testo breve (41 pagine), scritto con intelletto
ed emozione, che produrrà sicuramente un forte impatto sui lettori.
Casavola è uno che parla con cognizione di causa, perché da oltre quindici anni
vive e opera insieme ai rom a Milano, in collegamento con associazioni e reti di
rom in tutta Europa. Cura un portale, Mahalla, che è
una miniera di informazioni e punti di vista critici sulla situazione delle
comunità rom e sinti europee. Insomma, è uno che queste cose le vive e le sa
capire. Ha già scritto
altri volumi, ma in questo approfondisce in particolare la genesi del
razzismo e la costruzione negativa dell'altro, anche a partire da fatti
apparentemente minimi; ad esempio, le parole usate nel discorso comune
("abusivi", "tollerati", ecc.): le parole qui pesano, misurano il grado di
dignità attribuita alle persone che indicano, influenzano negativamente l'azione
di una minoranza di esaltati e di una maggioranza che il più delle volte
preferisce non sapere, non vedere, o comunque non risolvere i problemi.
L'autore svolge questo suo approfondimento sulla base della propria personale
esperienza e di un'analisi attenta e appassionata dei resoconti e degli
strafalcioni dei media e degli intellettuali, in occasione di una serie di
eventi-chiave che hanno coinvolto specificamente la comunità rom e gli abitanti
di alcuni quartieri di città italiane come Torino, Milano, Vicenza, Roma,
Pescara. Come rileva Casavola, l'ignoranza e la sostanziale incapacità, o non
volontà, di capire la realtà dei rom sono un fenomeno trasversale rispetto alle
varie ideologie e ai diversi approcci politici. Questa non è una sorpresa per i
pochi che sul campo ci stanno quotidianamente, ma che si dica nero su bianco è
importante e istruttivo: quel che conta sono le persone, gli attori e la loro
volontà di fare.
L'autore mette in risalto la gigantesca dis-informazione rispetto alla
condizione dei rom, e i meccanismi profondi, direi psicoanalitici, su larga
scala, alla base di una discriminazione che si fa fatica a concepire,
soprattutto dopo le sofferenze e le trasformazioni che il nostro continente ha
vissuto nell'ultimo secolo, e che evidentemente non hanno insegnato abbastanza.
Cocci si legge tutto d'un fiato, anche se non è un testo facile.
Parlando in termini cinematografici, è un "corto" secco, duro, ellittico e a
tratti poco digeribile. Personalmente non sono riuscito a recepire, o a
cogliere, fino in fondo tutte le analisi, le proposte (o le invettive) di
Casavola, e forse questo capiterà anche ad altri lettori. Ma leggere questo
libro vale decisamente la pena, perché in poche, preziose, pagine si presentano
informazioni e giudizi da cui difficilmente si può prescindere per conoscere la
situazione dei rom nel nostro Paese, e per mettere sul tavolo qualche proposta
seria d'intervento. Come quelle di "tavoli-consulta", proposti dall'autore, che
vedano riunite, nelle varie città, tutte le parti in causa e tutti gli attori
locali interessati, per parlare (finalmente) e discutere di soluzioni concrete.
Gocce, forse, nell'oceano del pregiudizio, ma comunque passi avanti per produrre
una trasformazione silenziosa, magari lenta, ma sperabilmente efficace.
Prague, 26.12.2012 23:31, (Romano vod'i)
- Inka Jurková, translated by Gwendolyn Albert --ilustrační foto--
Roger Moreno Rathgeb è autodidatta, come molti musicisti rom, ma poco a poco
ha iniziato ad usare la partitura musicale e a comporre. Diversi anni fa decise
di comporre un requiem per le vittime del campo di sterminio di Auschwitz,
ma il suo lavoro fu interrotto da una visita che lo influenzò fortemente,
bloccando per diversi anni le sue capacità creative. L'impulso a completare il
lavoro arrivò sotto forma di richiesta da Albert Siebelink, che gli suggerì di
presentare il "Requiem for Auschwitz" all'International Gipsy Festival di Tilburg
e poi in altre città europee.
Compositore e polistrumentista (suona fisarmonica, violino, contrabbasso,
chitarra, piano e percussioni), Rathgeb è a Praga per la prima volta il suo
lavoro sinora più vasto, "Requiem per Auschwitz" (ulteriori notizie su
questo eccezionale evento su
Romea.cz). Abbiamo parlato assieme nel foyer del Rudolfinum durante le prove
generali, che potevamo udire dall'altra parte della parete. E' stato molto
bello.
Sei nato in Svizzera nel 1956, cioè 11 anni dopo la guerra. Anche se
la Svizzera era neutrale, hai patito le conseguenze della guerra?
In effetti in Svizzera non c'era la guerra, ma c'erano altri problemi. Ad
esempio, proprio in quel periodo una specifica organizzazione svizzera (la
Pro Juventute, ndr.) stava lavorando per sottrarre i bambini dalle famiglie
romanì subito dopo la nascita, per darli a coppie non-romanì che erano sterili.
E' durato sino al 1979. Si può dire che anche questa era una guerra, solo un po'
diversa.
Da dove provenivano i tuoi genitori?
Mio padre non era Rom, era uno Svizzero tedesco. Mia madre era Rom -
precisamente, era Sinti - ma anche lei era nata in Svizzera. All'epoca non
crebbi nell'ambiente romanì tradizionale. Con mia sorella frequentammo la
scuola normalmente. Sino ai 12 o 13 anni nemmeno seppi che mia madre era sinti.
Non solo a casa non parlavamo romanés, ma nemmeno sull'essere rom. Di fatto non
so come si conobbero i miei genitori. Mio nonno (cioè il padre di mia madre)
morì quando lei aveva sei anni, così de facto non conosceva la propria
cultura.
Però parli il romanés. L'hai imparato dopo?
Sicuro. Nel 1980 con la mia band eravamo in tour in Olanda, dove incontrai
parecchie famiglie di musicisti sinti. La band mi lasciò solo con loro [ride].
Parlavano solamente il sinto ed in mezzo a loro mi sentii subito a casa.
Quando eri con loro, sapevi già di essere un Sinto?
Sì. Da bambini i compagni di scuola ridevano di me e dicevano che ero uno
"zingaro", accusa da cui mi difendevo perché davvero non sapevo niente delle mie
origini. Dovevano aqverlo saputo in qualche modo. Una volta tornai a casa e mi
lamentai con mia madre, così lei mi rivelò che ero un Rom. Non fu facile per lei
dirmelo, si vergognava un po'. Poi, per molti anni, ho avuto problemi con la mia
identità. Dopo tutto, sono cresciuto solo come un "normale" Svizzero, proprio
come un gagio.
Oggi ti identifichi come Rom-Sinto?
Ho sempre avuto la sensazione di non essere come gli altri Svizzeri. Ero un
ribelle. Contestavo le leggi, la società svizzera, protestavo contro tutto. Gli
Svizzeri hanno una mentalità completamente differente. Sospettavo di non essere
uno svizzero, che non fosse vero. Doveva esserci qualcos'altro.
Quando hai deciso di dedicarti professionalmente alla musica? Cosa ti
ha portato a ciò?
Quando compii 10 anni, mia nonna (lato materno) mi regalò una chitarra. Avevo
scoperto che avevo talento musicale, anche se sono il solo in famiglia che si è
dedicato alla musica. In famiglia d'altra parte nessun altro ha mai avuto questa
passione.
Qual è la musica che ti piace di più? Sei qui a Praga per un concerto
di musica classica, o anche per la musica rom tradizionale?
Sì, la musica rom è sicuramente quella che mi piace di più. La strada per la
musica classica per me è stata davvero lunga, perché per molto tempo non
riuscivo nemmeno a leggere la musica.
Dove hai imparato la teoria musicale, che è così necessaria per
comporre un requiem?
Incontrai le prime scale musicali quando avevo 35 anni. Prendevo lezioni di
violino ed il mio insegnante era un Rom ungherese che suonava nell'orchestra
sinfonica di Maastricht. Fu il primo a mostrarmi la notazione musicale e così
facendo mi aprì un mondo intero davanti.
Oltre alla musica rom e a quella classica, che musica ascolti?
Di base amo tutta la musica. Una volta ho anche suonato la batteria in una
rock'n'roll band e sino ad oggi ho avuto belle sensazioni su questo stile
musicale, mi piace!
Tu hai collaborato con molti gruppi - di quali hai i ricordi migliori
e quali hanno più impattato sulla tua vita?
Direi la famiglia sinti con cui iniziai a suonare dopo il trasferimento in
Olanda [la Zigeunerorkest Nello Basily - nda]. Interpretavano la musica
tradizionale dei Rom di Ungheria, Romania e Russia. Imparai da loro, in
particolare dal suonatore di cimbalom, come distinguere le armonie ungheresi.
Sono i migliori per apprendere l'accompagnamento, perché sono in costante
evoluzione, e ciò rende più facile accompagnare anche canzoni che non si
conoscono. Sono giunto alla più grande profondità di comprensione con quel
gruppo.
Perché hai deciso di emigrare in Olanda?
Nel 1980 con la band eravamo in tour in Olanda, e la mentalità delle gente di
quel paese mi coinvolse da subito. Gli Olandesi sono liberi pensatori, a
differenza degli Svizzeri che sono terribilmente conservatori. La verità è che
agli Svizzeri i Rom non piacciono. Gli Olandesi sono aperti e tolleranti ed
hanno un paese meraviglioso. Fu una decisione molto rapida.
Hai scritto sceneggiature per diversi spettacoli teatrali - di che si
tratta?
Con la band abbiamo creato degli spettacoli teatrali. Il primo si chiamava
"Il Lungo Viaggio" e raccontava la storia della migrazione del popolo romanì
dall'India in Europa. Il secondo l'abbiamo chiamato "La Vita" e lì ritraevamo la
vita di ogni giorno dei musicisti rom. Sono pastiches di musica, poesia
e narrativa. Ci sedevamo attorno a un fuoco, suonavamo i nostri strumenti e
facevamo del nostro meglio per creare l'atmosfera di un campo rom. I gagé non
conoscono molto del popolo rom e spesso mi chiedono della nostra storia e
cultura. Volevamo in qualche modo avvicinarli alla nostra "Romanipé", perché la
discriminazione deriva soprattutto dall'ignoranza.
Quanta gente veniva a sentirvi - erano soprattutto Rom oppure no?
Abbiamo recitato nei teatri di Belgio, Germania e Olanda, e il pubblico era
soprattutto di gagé. E' triste - i Rom non sono interessati in queste cose, non
so il perché.
Sei a Praga con tua moglie. E' musicista anche lei?
Sì, anche sul palco siamo assieme, è il nostro modo di vivere. E' buffo, che
le mie composizioni siano suonate in tutta Europa, ma che che ancora io non ci
abbia guadagnato, ed in qualche maniera si deve pur vivere. Suoniamo nei
concerti, ai festival, nei teatri, ai matrimoni e nelle varie feste.
Sei uno degli interpreti principali del film "Musicians for Life",
creato da Bob Entrop. Cosa puoi dirci del film?
E' una delle ragioni per cui sono a Praga. Albert Siebelink, il direttore del
festival romanì di Tilburg, l'ha visto, e c'è un'intervista in cui parlo di "Requiem for Auschwitz".
Dopo aver visto il film, Albert mi chiese se lo avessi completato, ma non era
ancora pronto. Mi promise che se l'avessi completato, si sarebbe dato da fare
per la sua esecuzione. Iniziai nuovamente a lavorarci nuovamente, ma lo stesso
mi ci sono voluti altri tre anni.
"Musicians for Life" non è il solo film con cui ho collaborato con Bob Entrop.
C'è anche il documentario "A Hole in the Sky", sui sopravissuti alla
II guerra mondiale.
Quando hai iniziato a lavorare a "Requiem"?
La prima volta ho visitato Auschwitz nel 1998 e subito ho avuto l'idea di
scrivere un requiem. Iniziai a lavorarci, ma dopo qualche tempo tutta la mia
ispirazione scomparve. Pensai che tornando ad Auschwitz avrei saputo come
continuare - ma successe il contrario. Ero soltanto distrutto, è un posto molto
macabro. Ho messo il lavoro da parte e non sono tornato al "Requiem" che otto
anni dopo.
Ti definiresti un attivista rom o sinto?
Probabilmente, no - sono solo un musicista. Però, se la gente vede un
messaggio nella mia musica, va benissimo.
Per un certo periodo hai collaborato con la cantante lirica Carla Schroyen.
Di che progetto si trattava? E' iniziata da lì la tua idea di creare una grande
opera musicale come
"Requiem for Auschwitz"?
Carla Schroyen ha scritte diverse arie "zingare" per opera ed operetta e l'ho
accompagnata alla fisarmonica, ma questo non ha influenzato la mia composizione.
Già da prima mi ero dedicato alla musica classica.
Qual è stata la tua prima composizione classica?
Nel 1995 decisi di provare a scrivere un balletto per un ensemble di danza
amatoriale a Maastricht. Tuttavia, alla fine, si trasformò in un lavoro
sinfonico-poetico.
In "Requiem for Auschwitz" hai provato ad incorporare elementi
della musica romanì?
Un poco, ci sono diversi motivi che tornano di continuo, però "Requiem" non è
dedicato solo alle vittime romanì, ma a chiunque abbia sofferto e sia perito ad
Auschwitz. Prima di scriverlo non avevo ascoltato altri requiem, così non sarei
stato influenzato da altri lavori. Nel "Requiem" ci sono io, nessun altro, è per
questo che lì si trovano alcuni motivi romanì.
Vedi qualche differenza tra il genocidio del popolo ebreo e quello
del popolo rom?
E' del tutto la stessa cosa. I numeri differiscono un po', ma non è questo
l'essenziale.
Tu hai suonato come apertura per Chuck Berry, per la famiglia reale
olandese, e "Requiem for Auschwitz" è stato suonato nelle più celebri sale
da concerto europeo. Quale consideri il tuo più grande successo, sinora? Hai
altri piani o sogni?
Sto lavorando su un oratorio riguardo la migrazione dei Rom dall'India
all'Europa. Penso che sarà un lavoro più ampio di "Requiem". Vorrei anche
scrivere un'opera sui bambini rom portati via dalle loro famiglie e collocati in
famiglie non-Rom in Svizzera. Come vedi, ho abbastanza piani! [ride]
Di Sucar Drom (del 14/01/2013 @ 09:09:53, in blog, visitato 1277 volte)
Sucar Drom: il consiglio comunale ci costringe a restare ghettizzati a vita nel
"campo nomadi" del Migliaretto
Il primo attacco frontale al Piano di governo del territorio, recentemente
approvato dal consiglio comunale, potrebbe partire dall'associazione Sucar Drom.
"Il ricorso al Tar è una delle opzioni che abbiamo sul tavolo" afferma Carlo
Berini, vice presidente dimissionario della onlus che si occupa della
salvaguardia della cultura e delle tradizioni sinte oltre che della gestione del
campo nomadi di via Guerra...
Reggio Calabria, arriva la Campagna Dosta!
Dopo l'avvio di luglio a Catania, DOSTA, la campagna europea contro i
pregiudizi verso le minoranze rom, sinte e camminanti attraversa lo Stretto e si
ferma a Reggio Calabria per incontrare associazioni giovani e cittadini...
Mantova, borse di studio per studenti parlanti le lingue sinte e romanes
L'Associazione Sucar Drom, quale organizzazione a tutela delle lingue sinte e
romanès e delle culture sinte e rom, ha ottenuto un finanziamento dalla
Fondazione Marcegaglia, dalla Fondazione Cariplo e dalla Caritas Mantovana per
istituire nella Provincia di Mantova...
Lombardia, chi avrà il coraggio di votare Lega Nord?
E' una domanda che mi viene spontanea dopo i continui scandali che scuotono la
Regione Lombardia e in particolare quella forza politica, la Lega Nord, che
utilizza la band...
La Tautologia della Paura: Rom e Gagè
In questi giorni, riflettevo sulla natura del pregiudizio e sulla sua diabolica
capacità di asservire a sé l'animo della gente. I rom rapiscono i bambini e sono
sporchi, i tunisini spacciano, le nigeriane si prostituiscono e i...
2013 Anno europeo dei cittadini, partecipa anche tu!
Il 2013 e' stato ufficialmente proclamato "Anno europeo dei cittadini". A
vent'anni dall'introduzione della cittadinanza europea, che garantisce la
liberta' di circolazione e di soggiorno di ogni cittadino europeo nel territorio
di uno Stato membro...
U
Velto 2.0
U Velto 2.0 è tutto nuovo. Come avrete visto da alcune settimane abbiamo fatto
diversi cambiamenti a questa pagina web. Tante le novità: dalla nuova veste
grafica, al nuovo banner, alla nascita de laSTRISCIA. Twitter in primo piano...
UNAR, Marco De Giorgi: l'antidiscriminazione è un lusso!
Nel nuovo numero di NEAR il neo direttore dell'Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali ed Etniche, Marco De Giorgi, si presenta con
editoriale a suo firma delineando la sua idea di UNAR. Un'idea, lo dico subito,
che si discosta di molto...
IN MERITO ALLA SITUAZIONE DEL VILLAGGIO MONOETNICO ROM DI VIA LONGHIN A PADOVA
I recenti fatti di cronaca che riguardano alcuni residenti del villaggio
monoetnico di via Longhin a Padova stanno riproponendo all'attenzione pubblica
il tema delle politiche di integrazione delle comunità rom. In particolare si
sta dibattendo circa l'efficacia di un investimento di ingente portata per un
proficuo inserimento di queste famiglie nella società padovana.
L'Opera Nomadi di Padova ripete da anni che il progetto di riqualificazione
del campo di via Lungargine San Lazzaro non serve a migliorare l'integrazione
nel territorio delle famiglie che vi abitano. L'iniziativa era già in partenza
fallimentare; per questo la nostra Associazione ha rifiutato la gestione
dell'area: i soldi dei contribuenti vanno investiti bene!
L'alternativa proposta era semplice: individuare alcuni terreni dislocati sul
territorio dove le famiglie avrebbero vissuto gestendo autonomamente la loro
esistenza. In questo modo sarebbe stato davvero possibile favorire una reale
integrazione, smascherando chi non vuole cambiare, come è successo per molti che
già vivono nelle microaree.
Il progetto comunale attuato presso il campo nomadi di via Lungargine San
Lazzaro non ha le caratteristiche integrative del progetto del Villaggio della
Speranza, dove si sono ottenuti risultati tanto positivi che l'Amministrazione
comunale stessa ha ritenuto di non dover più spendere un euro in progetti di
accompagnamento sociale o di integrazione lavorativa.
L'iniziativa del laboratorio di sartoria per le donne rom sembra l'ultimo
disperato tentativo di rimettere a posto le cose. Insegnando alle donne un
mestiere che già in parte conoscono e che non ha sbocchi di alcun tipo nel
mercato del lavoro di oggi, si ritiene davvero di poter migliorare qualcosa? Le
proposte della nostra Associazione sono rimaste sempre inascoltate:
l'inserimento lavorativo passa attraverso la valorizzazione dei mestieri
tradizionali, come il supporto alla creazione di cooperative di raccolta e
riciclo di materiale ferroso, e attraverso un aiuto nell'ingresso in circuiti di
lavoro “normali”, come le cooperative di pulizie o di sgomberi, dove sinti e rom
serbi sono assunti con successo. Queste iniziative possono essere messe in
pratica solo se gli utenti motivati escono da una situazione abitativa
ghettizzante come quella di un campo nomadi, noto ad aziende e cooperative per i
numerosi fatti di cronaca. Se attuate senza una razionale politica di
integrazione abitativa, risultano un inutile spreco di denaro pubblico.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. In caso di utilizzo commerciale, contattare l'autore e richiedere l'autorizzazione. Ulteriori informazioni sono disponibili QUI
La redazione e gli autori non sono responsabili per quanto
pubblicato dai lettori nei commenti ai post.
Molte foto riportate sono state prese da Internet, quindi valutate di pubblico
dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla
pubblicazione, non hanno che da segnalarlo, scrivendo a info@sivola.net
Filo diretto sivola59 per Messenger Yahoo, Hotmail e Skype
Outsourcing Questo e' un blog sgarruppato e provvisorio, di chi non ha troppo tempo da dedicarci e molte cose da comunicare. Alcune risorse sono disponibili per i lettori piu' esigenti: