Da
Czech_Roma
Prague, 26.12.2012 23:31, (Romano vod'i)
- Inka Jurková, translated by Gwendolyn Albert
--ilustrační foto--
Roger Moreno Rathgeb è autodidatta, come molti musicisti rom, ma poco a poco
ha iniziato ad usare la partitura musicale e a comporre. Diversi anni fa decise
di comporre un requiem per le vittime del campo di sterminio di Auschwitz,
ma il suo lavoro fu interrotto da una visita che lo influenzò fortemente,
bloccando per diversi anni le sue capacità creative. L'impulso a completare il
lavoro arrivò sotto forma di richiesta da Albert Siebelink, che gli suggerì di
presentare il "Requiem for Auschwitz" all'International Gipsy Festival di Tilburg
e poi in altre città europee.
Compositore e polistrumentista (suona fisarmonica, violino, contrabbasso,
chitarra, piano e percussioni), Rathgeb è a Praga per la prima volta il suo
lavoro sinora più vasto, "Requiem per Auschwitz" (ulteriori notizie su
questo eccezionale evento su
Romea.cz). Abbiamo parlato assieme nel foyer del Rudolfinum durante le prove
generali, che potevamo udire dall'altra parte della parete. E' stato molto
bello.
Sei nato in Svizzera nel 1956, cioè 11 anni dopo la guerra. Anche se
la Svizzera era neutrale, hai patito le conseguenze della guerra?
In effetti in Svizzera non c'era la guerra, ma c'erano altri problemi. Ad
esempio, proprio in quel periodo una specifica organizzazione svizzera (la
Pro Juventute, ndr.) stava lavorando per sottrarre i bambini dalle famiglie
romanì subito dopo la nascita, per darli a coppie non-romanì che erano sterili.
E' durato sino al 1979. Si può dire che anche questa era una guerra, solo un po'
diversa.
Da dove provenivano i tuoi genitori?
Mio padre non era Rom, era uno Svizzero tedesco. Mia madre era Rom -
precisamente, era Sinti - ma anche lei era nata in Svizzera. All'epoca non
crebbi nell'ambiente romanì tradizionale. Con mia sorella frequentammo la
scuola normalmente. Sino ai 12 o 13 anni nemmeno seppi che mia madre era sinti.
Non solo a casa non parlavamo romanés, ma nemmeno sull'essere rom. Di fatto non
so come si conobbero i miei genitori. Mio nonno (cioè il padre di mia madre)
morì quando lei aveva sei anni, così de facto non conosceva la propria
cultura.
Però parli il romanés. L'hai imparato dopo?
Sicuro. Nel 1980 con la mia band eravamo in tour in Olanda, dove incontrai
parecchie famiglie di musicisti sinti. La band mi lasciò solo con loro [ride].
Parlavano solamente il sinto ed in mezzo a loro mi sentii subito a casa.
Quando eri con loro, sapevi già di essere un Sinto?
Sì. Da bambini i compagni di scuola ridevano di me e dicevano che ero uno
"zingaro", accusa da cui mi difendevo perché davvero non sapevo niente delle mie
origini. Dovevano aqverlo saputo in qualche modo. Una volta tornai a casa e mi
lamentai con mia madre, così lei mi rivelò che ero un Rom. Non fu facile per lei
dirmelo, si vergognava un po'. Poi, per molti anni, ho avuto problemi con la mia
identità. Dopo tutto, sono cresciuto solo come un "normale" Svizzero, proprio
come un gagio.
Oggi ti identifichi come Rom-Sinto?
Ho sempre avuto la sensazione di non essere come gli altri Svizzeri. Ero un
ribelle. Contestavo le leggi, la società svizzera, protestavo contro tutto. Gli
Svizzeri hanno una mentalità completamente differente. Sospettavo di non essere
uno svizzero, che non fosse vero. Doveva esserci qualcos'altro.
Quando hai deciso di dedicarti professionalmente alla musica? Cosa ti
ha portato a ciò?
Quando compii 10 anni, mia nonna (lato materno) mi regalò una chitarra. Avevo
scoperto che avevo talento musicale, anche se sono il solo in famiglia che si è
dedicato alla musica. In famiglia d'altra parte nessun altro ha mai avuto questa
passione.
Qual è la musica che ti piace di più? Sei qui a Praga per un concerto
di musica classica, o anche per la musica rom tradizionale?
Sì, la musica rom è sicuramente quella che mi piace di più. La strada per la
musica classica per me è stata davvero lunga, perché per molto tempo non
riuscivo nemmeno a leggere la musica.
Dove hai imparato la teoria musicale, che è così necessaria per
comporre un requiem?
Incontrai le prime scale musicali quando avevo 35 anni. Prendevo lezioni di
violino ed il mio insegnante era un Rom ungherese che suonava nell'orchestra
sinfonica di Maastricht. Fu il primo a mostrarmi la notazione musicale e così
facendo mi aprì un mondo intero davanti.
Oltre alla musica rom e a quella classica, che musica ascolti?
Di base amo tutta la musica. Una volta ho anche suonato la batteria in una
rock'n'roll band e sino ad oggi ho avuto belle sensazioni su questo stile
musicale, mi piace!
Tu hai collaborato con molti gruppi - di quali hai i ricordi migliori
e quali hanno più impattato sulla tua vita?
Direi la famiglia sinti con cui iniziai a suonare dopo il trasferimento in
Olanda [la Zigeunerorkest Nello Basily - nda]. Interpretavano la musica
tradizionale dei Rom di Ungheria, Romania e Russia. Imparai da loro, in
particolare dal suonatore di cimbalom, come distinguere le armonie ungheresi.
Sono i migliori per apprendere l'accompagnamento, perché sono in costante
evoluzione, e ciò rende più facile accompagnare anche canzoni che non si
conoscono. Sono giunto alla più grande profondità di comprensione con quel
gruppo.
Perché hai deciso di emigrare in Olanda?
Nel 1980 con la band eravamo in tour in Olanda, e la mentalità delle gente di
quel paese mi coinvolse da subito. Gli Olandesi sono liberi pensatori, a
differenza degli Svizzeri che sono terribilmente conservatori. La verità è che
agli Svizzeri i Rom non piacciono. Gli Olandesi sono aperti e tolleranti ed
hanno un paese meraviglioso. Fu una decisione molto rapida.
Hai scritto sceneggiature per diversi spettacoli teatrali - di che si
tratta?
Con la band abbiamo creato degli spettacoli teatrali. Il primo si chiamava
"Il Lungo Viaggio" e raccontava la storia della migrazione del popolo romanì
dall'India in Europa. Il secondo l'abbiamo chiamato "La Vita" e lì ritraevamo la
vita di ogni giorno dei musicisti rom. Sono pastiches di musica, poesia
e narrativa. Ci sedevamo attorno a un fuoco, suonavamo i nostri strumenti e
facevamo del nostro meglio per creare l'atmosfera di un campo rom. I gagé non
conoscono molto del popolo rom e spesso mi chiedono della nostra storia e
cultura. Volevamo in qualche modo avvicinarli alla nostra "Romanipé", perché la
discriminazione deriva soprattutto dall'ignoranza.
Quanta gente veniva a sentirvi - erano soprattutto Rom oppure no?
Abbiamo recitato nei teatri di Belgio, Germania e Olanda, e il pubblico era
soprattutto di gagé. E' triste - i Rom non sono interessati in queste cose, non
so il perché.
Sei a Praga con tua moglie. E' musicista anche lei?
Sì, anche sul palco siamo assieme, è il nostro modo di vivere. E' buffo, che
le mie composizioni siano suonate in tutta Europa, ma che che ancora io non ci
abbia guadagnato, ed in qualche maniera si deve pur vivere. Suoniamo nei
concerti, ai festival, nei teatri, ai matrimoni e nelle varie feste.
Sei uno degli interpreti principali del film "Musicians for Life",
creato da Bob Entrop. Cosa puoi dirci del film?
E' una delle ragioni per cui sono a Praga. Albert Siebelink, il direttore del
festival romanì di Tilburg, l'ha visto, e c'è un'intervista in cui parlo di "Requiem for Auschwitz".
Dopo aver visto il film, Albert mi chiese se lo avessi completato, ma non era
ancora pronto. Mi promise che se l'avessi completato, si sarebbe dato da fare
per la sua esecuzione. Iniziai nuovamente a lavorarci nuovamente, ma lo stesso
mi ci sono voluti altri tre anni.
"Musicians for Life" non è il solo film con cui ho collaborato con Bob Entrop.
C'è anche il documentario "A Hole in the Sky", sui sopravissuti alla
II guerra mondiale.
Quando hai iniziato a lavorare a "Requiem"?
La prima volta ho visitato Auschwitz nel 1998 e subito ho avuto l'idea di
scrivere un requiem. Iniziai a lavorarci, ma dopo qualche tempo tutta la mia
ispirazione scomparve. Pensai che tornando ad Auschwitz avrei saputo come
continuare - ma successe il contrario. Ero soltanto distrutto, è un posto molto
macabro. Ho messo il lavoro da parte e non sono tornato al "Requiem" che otto
anni dopo.
Ti definiresti un attivista rom o sinto?
Probabilmente, no - sono solo un musicista. Però, se la gente vede un
messaggio nella mia musica, va benissimo.
Per un certo periodo hai collaborato con la cantante lirica Carla Schroyen.
Di che progetto si trattava? E' iniziata da lì la tua idea di creare una grande
opera musicale come
"Requiem for Auschwitz"?
Carla Schroyen ha scritte diverse arie "zingare" per opera ed operetta e l'ho
accompagnata alla fisarmonica, ma questo non ha influenzato la mia composizione.
Già da prima mi ero dedicato alla musica classica.
Qual è stata la tua prima composizione classica?
Nel 1995 decisi di provare a scrivere un balletto per un ensemble di danza
amatoriale a Maastricht. Tuttavia, alla fine, si trasformò in un lavoro
sinfonico-poetico.
In "Requiem for Auschwitz" hai provato ad incorporare elementi
della musica romanì?
Un poco, ci sono diversi motivi che tornano di continuo, però "Requiem" non è
dedicato solo alle vittime romanì, ma a chiunque abbia sofferto e sia perito ad
Auschwitz. Prima di scriverlo non avevo ascoltato altri requiem, così non sarei
stato influenzato da altri lavori. Nel "Requiem" ci sono io, nessun altro, è per
questo che lì si trovano alcuni motivi romanì.
Vedi qualche differenza tra il genocidio del popolo ebreo e quello
del popolo rom?
E' del tutto la stessa cosa. I numeri differiscono un po', ma non è questo
l'essenziale.
Tu hai suonato come apertura per Chuck Berry, per la famiglia reale
olandese, e "Requiem for Auschwitz" è stato suonato nelle più celebri sale
da concerto europeo. Quale consideri il tuo più grande successo, sinora? Hai
altri piani o sogni?
Sto lavorando su un oratorio riguardo la migrazione dei Rom dall'India
all'Europa. Penso che sarà un lavoro più ampio di "Requiem". Vorrei anche
scrivere un'opera sui bambini rom portati via dalle loro famiglie e collocati in
famiglie non-Rom in Svizzera. Come vedi, ho abbastanza piani! [ride]