Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Se permettete, dopo alcune
considerazioni al volo
TorinoOggiNotizie.it
Torino - Proseguono, ma senza grosse novità, le indagini sul raid al campo rom
della Continassa a Torino, avvenuto il 10 dicembre scorso. Secondo quanto
riportato da Repubblica.it il sostituto procuratore Laura Longo, che conduce le
indagini, è amareggiata per il "muro d'omertà" in cui si sono abbattuti finora
gli inquirenti: "Non so se la gente abbia davvero paura o se ci sia dell'altro.
I carabinieri hanno sentito moltissime persone, interrogato testimoni e persino
chiesto ad associazioni di volontariato. Eppure nessuno ha avuto il coraggio di
dire nulla".
A quasi un mese dal fatto sono state arrestate solamente due persone e nessuno
degli aggressori - tra cui pare vi siano diversi ultras della Juventus - è stato
individuato. Secondo quanto scritto dai giudici sembrerebbe che il quartiere
delle Vallette si sia chiuso a riccio per per proteggere i responsabili di tale
spedizione punitiva.
Il raid, nel quale cento persone avevano incendiato baracche e roulotte dei rom,
era stato infatti scatenato dalla denuncia di stupro, poi rivelatasi inventata,
di una ragazzina torinese.
La notizia circola ormai da qualche giorno. Ho
notato che qualcuno se n'è stupito, come se non sapesse già come pensa e come
agisce il suo vicino, il giornalaio sotto casa... l'italiano medio, insomma.
Vi è mai capitato, visto che di solito i giornali non si lasciano
sfuggire una notizia che sia una, di leggere delle indagini in una comunità rom,
quando è uno di loro ad essere protetto dall'omertà dei suoi simili?
Se l'argomento non fosse serio, verrebbe da pensare che stiamo assistendo
ad un caso di INTEGRAZIONE AL CONTRARIO: noi, quelli che vorrebbero dare il buon
esempio a questi selvaggi, quando siamo messi alle strette ci comportiamo al
loro medesimo modo. Peggio, se possibile. Ed ammesso che abbia senso questa gara su chi abbia scoperto prima l'omertà, i Rom da una parte ed il paese che ha inventato mafia e camorra dall'altra.
In fondo,
NON E' SUCCESSO NIENTE
Di Fabrizio (del 06/01/2012 @ 09:41:17, in Italia, visitato 1795 volte)
Da
NO(b)LOGO (Nel caso, rileggetevi anche
QUESTO e
QUESTO)
Non mi risulta, e credetemi sono stato molto attento, che il sindaco Fassino
abbia ricevuto le vittime del pogrom della Continassa.
Ha fatto si qualche dichiarazione, ma talmente ambigua da essere riproposta tal
quale da un
gazzettino notoriamente fascista e razzista e specializzato nell'antigitanismo.
Gli zingari non meritano attenzione, o per lo meno meritano meno attenzione dei
cani.
Chi scrive questo blog è un animalista convinto, ma si indigna e prova un
disgusto estremo se vede che un cane ha più rispetto di un bambino, di una
donna, di un uomo.
Negli scorsi giorni Fassino
ha incontrato con la massima attenzione il
presidente dell'ENPA per risolvere un caso della massima gravità.
Infatti c'è un canile (ospita "ben" 80 cani e qualche gatto) che confina con un
campo rom (per inciso dato alle fiamme 4 anni fa ... si sa torino è una città
ospitale ed accogliente come dice sempre Fassino [1] ) che ospita "solo" 800
persone, di cui 400 saranno bambini, che hanno l'indiscutibile colpa di essere
ROM.
Leggiamo cosa è stato fatto a queste povere bestiole dagli zingaracci:
- Le grondaie di copertura degli stabili erano state rubate
- Alcuni bambini erano stati sorpresi mentre tenevano un gattino per il collo
all’interno della struttura
- Ma è negli ultimi giorni che si è raggiunto il limite. Mentre stava per andare
via dal canile, uno dei volontari ha visto dei bambini di poco più di 8 anni che
stavano colpendo la sua auto parcheggiata davanti alla struttura.
Ovviamente per un buon animalista un cane che morde è un cane maltrattato uno
zingarello che fa danni è un criminale in erba ed è richiesto l'intervento di
Pietro lo sceriffo Fassino.
Interessante la lettura dei commenti sul gruppo Facebook di questi amanti degli
animali.
ad esempio: ---- i cani liberi e gli zingari al guinzaglio !!!! ---- Non deve
chiudere il canile, deve chiudere il campo ROM ---- DATELI IN PASTO AI
PITBULL,NE BASTANO UNA DECINE ,,LI SCILOGLIAMO QUALCHE MINUTO E MANGIANO GRATIS
CARNE FRESCA.(...POSTATO DA MIO MARITO EX DEL POPOLO DI FB) ---- assolutanente
daccordo con te Simona!questi schifosi devono sparire, loro sono la spazzatura,
i nostri fratelli pelosetti devono poter vivere in pace
In circoscrizione c'è qualcuno che sembra prendere le giuste prospettive.
Interessante confrontare l'impegno del comune per i canile rispetto a quello per
la scolarizzazione, così a naso sembra che si spenda di più per gli ottanta cani
rispetto a quanto si spenda per i 400(?) bambini ...
[1] Quello stesso campo rom fu pure assediato da
baldi fasci qualche giorno dopo
il rogo.
Documentandosi sul passato si scopre che
quando una romnì viene ammazzata da un
ubriaco alla guida italico la cosa non fa notizia, la donna assurge alla dignità
di romena e la cosa finisce li. Cosa sarebbe successo al campo nomadi se alla
guida ci fosse stato un rom e la donna travolta fosse stata torinese?
Di Fabrizio (del 06/01/2012 @ 09:30:51, in lavoro, visitato 1589 volte)
SARTORIA JELESAN (clicca sull'immagine per vedere un
campione della produzione)
Le produzioni di Jelena e Sanela, figlia e nuora di Jovica JOVIC
Vi presentiamo qui di seguito le produzioni della sartoria Rom di Jelena e
Sanela, rispettivamente figlia e nuora del maestro di musica Jovica Jovic.
Tutti i prodotti si possono acquistare con recapito a domicilio ed i prezzi sono
comprensivi della spedizione:
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collo (antidolorifici) € 10;
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misura;
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cristinasimen@yahoo.it
Corriere del Mezzogiorno I ragazzini di Chiaiano e Secondigliano
imparano l'arte circense e la giocoleria con i loro coetanei dei campi rom
Immagine dal sito
www.puntacorsara.it
NAPOLI – In equilibrio su una corda a 30 metri d'altezza o volando da un
trapezio all'altro. Sono i ragazzi dei campi rom e quelli di Scampia, insieme. È
il miracolo del Circo Corsaro di Napoli, la scuola di circo che raccoglie
allievi provenienti dai campi rom dell'hinterland napoletano e allievi dei
quartieri più degradati della città partenopea (Scampia e Chiaiano in primis)
per un totale di quasi 100 giovani allievi circensi. Giovani italiani e rom
imparano quotidianamente discipline come giocoleria, acrobatica, equilibrismo,
clownerie, acrobatica aerea su trapezio e tessuti, seguendo corsi per diverse
fasce d'età. I bambini e i ragazzi si sono impegnati nelle varie abilità,
scegliendo quella che meglio si adattava al proprio modo di esprimersi. A
ognuno, il circo ha trasmesso il rispetto delle regole, degli altri e del
gruppo. Tra gli obiettivi principali c'è soprattutto la difficile convivenza tra
ragazzi e bambini di diversa provenienza territoriale ed etnica. «Grazie alla
nostra scuola di circo», spiega la responsabile Maria Teresa Cesaroni, «tanti
ragazzi riacquistano fiducia in se stessi, imparano nuove discipline, vengono
ascoltati e si sentono finalmente orgogliosi in una vita in cui si sono sempre
sentiti come delle nullità». E naturalmente, diminuisce anche la devianza
giovanile, nell'hinterland napoletano molto sviluppata.
A Scampia il circo dell'integrazione:
foto
LA SCUOLA - Nata nel 2006 a Scampia grazie a un gruppo informale di persone, la
scuola circense si è sviluppata progressivamente nel corso degli anni. La scuola
di circo, attualmente finanziata dalla Fondazione «L'albero della vita» e
sostenuta dall'associazione «Giocolieri e Dintorni», è stata sostenuta da
diversi enti, fondazioni e associazioni e la sua sede è cambiata varia volte
sempre muovendosi all'interno del quartiere di Scampia. Attualmente le attività
si svolgono nella palestra comunale di Piscinola. Ora come in passato si avvale
di collaborazioni di maestri e registi provenienti da altre realtà circensi e
teatrali e intreccia il suo lavoro tra un tendone ad un passo dai famosi
condomini «Le Vele» e i palcoscenici patinati del centro di Napoli. In tempi di
crisi economica, mantenere solida l'attività della scuola è molto difficile. È
quanto spiega la responsabile Cesaroni: «Rischiamo di chiudere da un giorno
all'altro se i supporti economici non aumentano». Poi lancia un appello: «Ci
rivolgiamo alle istituzioni locali e nazionali, sia pubbliche che private,
affinché qualcuno si faccia avanti per sostenere una preziosa attività sociale e
d'integrazione che rischia di morire». Il Circo Corsaro si esibirà all'interno
del festival internazionale Circomondo, in programma a Siena dal 5 all'8
gennaio.
Walter Medolla -
redazioneweb@comunicareilsociale.com 02 gennaio 2012
Di Fabrizio (del 05/01/2012 @ 09:27:58, in Europa, visitato 1435 volte)
Da
Djelem_Djelem
The
voice of Russia 16-12-2011-
Photo: RIA Novosti
Il Teatro Romen di Mosca, il più antico e famoso teatro rom nel mondo, sta
celebrando il suo 80° anniversario.
I primi artisti rom erano giovani, che spesso non sapevano leggere o
scrivere.
Oggigiorno, il repertorio del teatro comprende 14 produzioni, classiche
incluse ed un dramma moderno.
La compagnia ha girato in diversi paesi del mondo, ottenendo la calda
approvazione di milioni di spettatori.
Canale Cultura - Культура канала
Da
Djelem_Djelem
Spettabili,
Vorremmo che prendeste parte ai nostri prossimi eventi. Siamo gli "ZINGAROS",
un trio argentino composto da violino, fisarmonica e chitarra, che mischia
musica zingara dell'est col tango ed il jazz.
Abbiamo girato l'Europa nel 2009, 2010 e 2011, suonando in sedi diverse, tra
le altre: Fusion Festival (Germania), Weltladen (Austria), Donauinselfest
(Austria), Breminale Festival (Germania), Vamos Festival (GB), Gyspy
Festival Slovakia (Slovacchia), Vincoli Sonori (Italia), Birmingham Jazz
Festival (GB), Small Nations Festival (Galles), Aarhus Jazz Festival (Danimarca)
ed in molti jazz club e centri culturali in questi paesi.
Inoltre, a gennaio 2010 il nostro CD "Cirkari" è stato rilasciato in 65
paesi dall'etichetta musicale inglese ARC (www.arcmusic.co.uk),
ed alcune canzoni sono state incluse nella compilation per il 35° anniversario
di ARC
Stiamo già pianificando il nostro quarto tour europeo ad agosto 2012, ed
abbiamo già concerti confermati in GB e Finlandia, e stiamo cercando ulteriori
piazze per i nostri concerti.
Se volete avere informazioni sul nostro gruppo, chiedeteci pure tutto il
materiale necessario. Vi invitiamo anche a visitare il nostro sito web (in
tedesco, inglese, spagnolo e russo) dove potete trovare esempi del nostro
lavoro.
Aspettando una vostra risposta.
I più cordiali saluti
Alejandro Montero - Manager - Booking
zingaros@zingaros.com.ar
Skype: monteroalejandro
+54 935 169 672 28
Zingaros
Nuevo Tango Gitano -
New Gypsy Tango
www.zingaros.com.ar
www.myspace.com/zingarostangogitano
Di Fabrizio (del 03/01/2012 @ 09:49:16, in scuola, visitato 1774 volte)
Ogni tanto tocca ripeterlo: in Mahalla amiamo le belle
storie. Segnalazione di Fiorella
Giornalettismo.com di
CLEMENTINA COPPINI
1 gennaio 2012 Un ragazzino Rom con tre nomi e il suo sogno di andare a scuola
C'è un bambino, si chiama Carlos, è un rom nato nel 1999. In famiglia lo
chiamano Daniel ma lui a se stesso ha dato il nome di Lorenzo. Si è battezzato
così. Ha fatto fino alla terza elementare nel suo paese, poi ha passato tre anni
per strada nel nostro. Non va a scuola da anni, ma lui a scuola ci vuole andare.
Così la sua mamma, che è una povera donna che chiede l'elemosina davanti al
panificio Crippa, chiede aiuto al Nonno Francesco, il nonno civico della scuola
elementare del quartiere, e alla Signora Maria Carmen, madre di una bambina alle
elementari e di un bambino alle medie. La mamma di Daniel, di cui nessuno sa il
nome e forse non lo sa più nemmeno lei, va alla scuola media del centro della
bella cittadina del nord, ma è una stracciona e quindi non la fanno entrare
dalla preside. La chiameremo Ferma, perché è una che per la nostra bella società
è meglio che non si muova, perché nessuno desidera che si muova. Il suo posto è
lì, come arredamento del marciapiede davanti al panificio. Osa andare alla
scuola a chiedere l'elemosina di un posto per il suo Lorenzo. Le sgherre della
preside hanno l'ordine di non far passare gli scocciatori, che sono i genitori
poveri o stranieri o vestiti male o che hanno la fatica e la disillusione
stampata addosso. Possono passare solo quelli con la faccia da studiati e con i
vestiti stirati, perché quello è il genere di visitatore che non dà fastidio.
Ferma ha altre tre figlie in Romania, ha 32 anni ed è già nonna. Vive in un
catorcio di camper freddo d'inverno e caldo d'estate e la sua professione è
chiedere la carità. Resta lì, Ferma, fuori dalla presidenza, con una specie di
penoso sacchetto all'interno del quale stanno accartocciati i documenti suoi e
di suo figlio. Passa un anno veloce o lento, ma il tempo scorre per vie e modi
paralleli al normale per uno che è abituato a vivere davanti a una vetrina. Il
pane ogni giorno è uguale, per chi non ce l'ha.
SCUOLA DI PERIFERIA - Un giorno Nonno Francesco e Maria Carmen vedono il
bambino, chiedono alla madre perché non sia a scuola e decidono di andare a
parlare con la preside della scuola media del centro. Qualcuno dirà "Come mai
non se ne sono accorti prima?" oppure "Era il minimo che potessero fare". Però
il fatto è che sono stati gli unici a vedere quel bambino e a pensare di
chiedere spiegazioni a Ferma. Gli altri sono passati e basta, si sono accorti ma
non è loro interessato e il minimo che potevano fare non lo hanno fatto. Nonno
Francesco e Maria Carmen si presentano per parlamentare e vengono fatti passare,
perché hanno le caratteristiche che rendono una persona atta a varcare la soglia
dell'ufficio della responsabile dell'istituto. Con loro c'è Lorenzo, tutto
pulito e ordinato, con ai piedi le scarpe da ginnastica più bianche che si siano
mai viste ai piedi di un ragazzo di quell'età. Vuole fare bella impressione
perché così magari lo prendono. Per lui sarebbe un privilegio, non sa che da noi
è un obbligo. La preside ascolta Maria Carmen e dice che non ha posto per il
bambino nella scuola del centro, ma è persona disponibile. Allora chiama la
scuola media di periferia, che è più adatta a un bambino rom che lei è sicura
che fino al giorno prima chiedeva l'elemosina. Invece no: Ferma non ha mai
voluto che suo figlio chiedesse la carità, perché è una cosa troppo umiliante.
All'altra scuola risponde la vicepreside (il preside non c'è, perché si vede che
in certe zone basta il vice) che lo accetta tra i suoi alunni, non dimenticando
di sottolineare come la media del centro abbia scaricato altrove il piccolo rom.
Questa è solo una cattiveria gratuita. Se domani alla scuola del centro si
presentano a iscrivere il pargolo due bei genitori eleganti e laureati anche nel
loro caso la preside chiama la scuola decentrata. Chi potrebbe dubitarne?
NIENTE ISCRIZIONI PER GLI STRACCIONI - Ferma il pomeriggio stesso va in
segreteria con il suo scartoccio di documenti, ma è una stracciona anche per la
scuola del quartiere popolare e non le danno retta. Non può ritirare il modulo
d'iscrizione perché non sa fare la sua firma, così torna alla roulotte pensando
che non si può fare niente. Maria Carmen lo viene a sapere la mattina dopo,
chiama la vicepreside, che non c'è. Richiama più volte, lascia il suo numero.
Niente, non viene richiamata. Presidi e vicepresidi sono molto occupati, non
hanno tempo da perdere al telefono. Maria Carmen aspetta, Daniel aspetta. I
giorni passano e la scuola non chiama per dire quando il ragazzo potrà iniziare.
Alcune anime pie intanto gli procurano del materiale. Quando vede quella che
sarà la sua cartella – uno zaino usato che non sembra nemmeno usato, ma l'ex
proprietario è un bambino che ne ha uno nuovo ogni anno, perché noi siamo una
civiltà che insegna ai propri figli a buttare, e da noi la misurazione dell'usatezza
è quantomai soggettiva – non riesce a credere che sia per lui, perché gli sembra
troppo bella. Ora che ha il suo zaino della Seven, Lorenzo inizia a credere di
potersi sedere a un proprio banco, bisogna insistere. E allora via di nuovo con
le telefonate in segreteria e, per incentivare la risposta, con lo scrivere
qualche mail alle persone giuste. Tempo poche ore la vicepreside si libera dei
gravosi impegni, trovando il tempo per avvisare Maria Carmen che la settimana
entrante Lorenzo comincia la scuola. Ferma viene convocata in segreteria con il
suo scartoccio di documenti, e stavolta qualcuno aiuta questa zingara
analfabeta. Così l'iscrizione viene perfezionata e tutto si smuove. Alla scuola
ora pensano anche a come procurargli i libri e a come aiutarlo a recuperare il
tempo perduto.
I ROM CHE HANNO PAURA DI NOI - Daniel è sveglio, ma deve imparare tante cose.
Gli danno un insegnante di supporto. È un lunedì mattina di ottobre quando
Daniel entra in classe. Ce la farà? Le difficoltà dell'affrontare la scuola
media per uno che non ha nemmeno finito le elementari lo spingeranno
all'abbandono? D'altronde la legge dice che le elementari non le poteva più
fare. Nel paese delle eccezioni ci sono regole molto severe, imprescindibili,
ferree, sebbene per alcuni soltanto. Purtroppo il ragazzo non potrà andare in
mensa, non c'è posto. Con tutto quello che si butta, davvero non si può mettere
qualche maccherone in un piatto per lui? No, non si può. Mangerà un panino fuori
dalla classe, ma lui è abituato a stare fuori da qualcosa, a non appartenere.
Almeno sarà fuori dalla sua classe, e non da una classe qualsiasi o dalla classe
di un altro. Ferma lo aspetta ogni giorno fuori da scuola, non lo lascia mai
andare in giro da solo. Ha paura per suo figlio, che gira bello e pulito e più
ingenuo dei suoi coetanei italiani. Molto più ingenuo. Incredibile a dirsi, ma i
rom hanno paura di noi. O forse non è così incredibile. Maria Carmen e una
maestra elementare in pensione gli danno ripetizioni due volte alla settimana,
ma la strada è lunga e l'inverno sta diventando sempre più freddo, nel camper.
Daniel è a scuola, le sue scarpe bianche splendono sotto il banco. Questa storia
finisce dove avrebbe dovuto cominciare, con Lorenzo che ascolta la lezione nella
sua classe e ha davanti una strada lunghissima, ma ha già iniziato a mostrare di
avere un'intelligenza molto brillante. Questa storia è vera, verissima e Lorenzo
esiste, eccome se esiste. Studia, Lorenzo, perché, per chi deve salvare se
stesso da una situazione schifosa (chi scrive lo sa per esperienza personale),
ogni giorno passato a imparare è un nuovo inizio, è la speranza. È Capodanno.
Sul valico. Foto da geoportale.caibergamo.it
1 gennaio 2012: mi sveglio nel mio letto, da solo. Ricordi confusi della serata
precedente.
Bisogno di un caffè come si deve, al bar. Per strada, una distesa di serrande
abbassate. Voglio una conferma di dove mi trovo e so dove cercarla. Vado alla
torre del
binario 21, in Stazione Centrale, dove si abbracciano 100 anni di storia,
simboli e lotte di questa città. Milano, un'altra volta riparto da qua.
31 dicembre 2011: tutto è iniziato verso le 16.30, con
panettone, peperoni ripieni e 3 montenegro (più mixité di così!)... ci voleva
poco a capire come sarebbe continuata la serata. Giro tra le piazzole, un
abbraccio e un bicchiere. I falò accesi rivelano se in questo momento la
famiglia sia povera o ricca. Si ride, si chiacchiera (quando la musica lo
permette), la regola è che devi sentirti come a casa tua, anzi meglio. Ma il
mezzo non sono il vino, il cibo, le canzoni, piuttosto un mezzo sorriso che
traduci come un abbraccio vero.
Fuori
lontano dai fuochi fa freddo, nelle baracche le stufe vanno a tutto volume:
una continua sauna finlandese, solo i bambini corrono qua e là incuranti dello
sbalzo termico.
Amici, parenti e conoscenti si susseguono da una piazzola all'altra, in un
corteo incessante, che stabilisce chi è parte della tua gente, quelli su cui
forse potrai contare.
Entro in un grande container familiare, la tavola apparecchiata, 3 o 4
famiglie sono sedute. Il via vai continua. Musica a palla anche qui, ballano i
maschietti in giacca e cravatta e le femminucce vestite da principesse. Il rito
di far parte per una sera del mondo degli adulti. Anche i grandi che col tempo
hanno imparato a fingersi persone serie come i gagé, si lasciano andare,
cantano, fischiano, accennano un movimento del bacino o un passo di tango.
Stasera non devono fingere: è il momento di ribadire, anche davanti a chi continua ad
arrivare in visita, la propria identità e le proprie radici, in un casino inenarrabile e
liberatorio.
Io, da sempre negato per ballare, batto il ritmo sul tavolo e con i piedi.
Ridiamo: ma ti immagini fare una cosa del genere in un appartamento?
In quella baraonda, ho la netta sensazione di essere una comparsa in un film
di Kusturica, e di conoscere tutti gli attori. E' la realtà, invece, che si
ripete nei secoli in ogni dove sia arrivata questa gente.
29 dicembre 2011: parlando, anche dei problemi seri, emerge
qualcosa di nuovo in questo festeggiare: due giorni prima c'era stata una
riunione pubblica sul destino dell'insediamento. Abbiamo lavorato bene per un
anno, anche fuori dal campo, e siamo riusciti a riempire la sala della riunione
di tanti cittadini che, sorpresa sorpresa, erano lì a difendere i loro rom ed il
loro futuro. Rispettosi ma determinati. Con l'assessore che sinceramente non se
l'aspettava, ma anche i Rom presenti che si guardavano intorno stupiti.
I segnali c'erano... prima e dopo natale tanta gente del quartiere, molti
sconosciuti, è arrivata in quest'angolo dimenticato di Milano, anche solo a
stringere una mano, farsi un caffè o un bicchiere di vino, e dire
silenziosamente che non si era soli.
E ripenso alla strada percorsa in quest'anno, agli sforzi comuni per
abbattere, prima dei ghetti fisici, quelli mentali. Ai tanti Carlo, Paolo,
Laura, Cesare, Stefania, Antonio, Marco, Marina... che nonostante i dubbi ed i
problemi, ci hanno creduto ed hanno tenuto la rotta.
Se altrove il vento nuovo su Milano fatica a farsi sentire, la nostra piccola
primavera di via Padova (tutta, da Loreto sino alla Gobba) sta resistendo
all'inverno. Si continua a credere che E' POSSIBILE migliorare SOLO assieme, e
per farlo abbiamo dovuto imparare a parlarci da pari a pari. Non è stato così
con tutti, dice chi non ci crede... ed ha ragione. Ma c'è chi continuerà.
Parlandoci, vedendoci, siamo cambiati. La mia gente forse ha meno paura del
diverso. Qualche rom ha imparato che non si deve sempre fuggire o abbassare la
testa; cambiare non significa per forza spostarsi se non lo si vuole, cambiare
significa magari trovare il coraggio di lottare anche per restare.
Anche se non sarà (mai) facile. Continuavo a ripeterlo il 31: stavolta abbiamo
portato a casa il punto, ma non è finita. Dopo questo valico, nel nostro viaggio
da fermi, ce ne aspettano altri.
31 dicembre 2011: mi dice un amico: "A mezzanotte arriva il
cotechino con le lenticchie. Se vuoi, poi ti fermi a dormire da noi".
"Grazie fratello, ma ho bisogno di fare due passi. Ci vediamo dopo." Ed
invece passo dopo passo mi sono trovato davanti al portone di casa.
E adesso che ho riordinato i ricordi, un buon anno a tutti BAXTALO NEVO
BERSH SAVORRENGE.
immagine da barriodecuba.altervista.com
L'isola è conosciuta di sicuro, per diversi motivi, talvolta antitetici.
Alcuni anni fa raccolsi in italiano del materiale sulla presenza dei Rom a Cuba.
M'è venuta voglia di riproporlo. Per rispetto, inizio con Jorge Bernal, studioso
argentino che per anni ha documentato la presenza di Rom e Kalé nell'America centrale e
meridionale.
Seguono due pezzi, uno dell'agenzia ufficiale Granma e l'altro dell'Havana
Journal, un'agenzia web anticastrista. La cosa divertente di questa storica
contrapposizione politica è che i due pezzi sono quasi identici, anche se si
guardano bene dal citare le informazioni della "concorrenza".
Estratto da "I Rom nelle Americhe" - La storia dei Rom a Cuba
Si sa poco del passaggio di alcune famiglie Rom che arrivarono a L'Havana
all'inizio del 1900 e negli anni '20.
…erano un gruppo coeso e imparentato tra loro, uniti da linguaggio, tradizioni e
professioni comuni. Mantennero questa unità a Cuba e negli altri paesi americani
in cui arrivarono. Questo garantì ovunque la loro sopravvivenza, come emerge in
questa storia molto conosciuta.
Come Dio creò gli esseri umani
Sapete come Dio creò gli esseri umani? Ve lo racconterò: prima fece la terra
e tutte le cose che esistono: gli alberi, l'erba, gli animali…
Ma si sentiva solo, e così creò anche gli esseri umani. Modellò del fango e lo
mise a cuocere, ma se ne dimenticò e quando lo estrasse dal forno, era tutto
bruciato. Quello fu l'antenato del popolo nero. Non contento di questa sua
creazione, fece un altro modello. Questa volta lo tolse subito dal forno e la
statuetta era molto chiara. Divenne l'antenata del popolo bianco, i Gadjé. Fece
poi un altro tentativo e stavolta calcolò con precisione i tempi di cottura.
L'ultima statuetta era cotta a puntino e divenne l'antenato di tutti i Rom.
La leggenda riflette il sentimento dell'orgoglio che i Rom provano per la loro
origine etnica, e che tutte le comunità hanno sempre difeso. I Rom si
riconoscono in ogni paese perché hanno mantenuto precisi valori culturali,
etici, estetici propri. In ogni posto dove sono arrivati, hanno mantenuto la
loro autenticità e personalità, cercando di adattarsi ai diversi codici sociali.
Numeri e attitudine
I Rom a Cuba saranno 200, forse di meno. Sono comuni i matrimoni misti, perché
le famiglie estese saranno due o tre. Un gruppo era composto da soli uomini e
sposò donne cubane. Secondo la tradizione i discendenti seguono la linea paterna
e le famiglie hanno mantenuto le tradizioni e la lingua Romanes. Molti hanno
lasciato Cuba per ricongiungersi ai parenti in Venezuela e in altre parti del
continente e mantenere le proprie tradizioni. Durante la permanenza a Cuba,
avevano creato una cooperativa famigliare per il lavoro dei metalli, che in
seguito fu assorbita dallo stato.
La maggior parte delle famiglie miste è rimasta a Cuba (una sola andò in
Argentina) e hanno mantenuto una cultura mista. La lingua comune è lo spagnolo,
ma riconoscono parecchi termini nella lingua romanes. Si considerano cubani di
sangue Rom.
…
Durante le prime decadi del XX secolo, molte famiglie Rom arrivarono a Cuba,
provenienti dall'Europa centrale e orientale, mantenendo il proprio sistema
sociale di famiglia allargata. Il matrimonio è endogamo e deciso dalle famiglie,
ai neonati è d'uso dare il nome degli antenati, per rispetto a chi diede origine
al gruppo o clan (vitsa), gli anziani fanno anche parte dell'assemblea chiamata
"kris", che per i Rom è la più alta struttura di legge e giudizio. Questa
organizzazione è stata gelosamente salvaguardata e trasmessa di generazione in
generazione, come in altri paesi americani ed europei, sino alle seconde/terze
generazioni di Rom nati a Cuba.
Le famiglie che arrivarono a L'Havana si accamparono in una zona periferica che
oggi si chiama Lawton. Era abitata allora da operai e piccoli artigiani. I Rom
si mantennero però distanti dal nucleo originario, costruendosi per conto loro
povere baracche di legno.
Nel nucleo originario si ricorda una famiglia estesa di nome Cuik, proveniente
dalla Russia. Arrivarono a più riprese tra il 1912 e il 1924. Sino alla fine
degli anni '40 vissero nelle loro tende.
Questo gruppo di esotici immigranti trovò a Lawton un clima di accettazione e
riconoscimento sociale. Secondo i discendenti nessuno li disturbò mai e loro
stessi vissero senza creare disturbi.
Crediamo anche che l'accettazione fu dovuta allo sviluppo che questi Rom diedero
alla piccola metallurgia, attività che era particolarmente apprezzata nella Cuba
di quei tempi. Una delle discendenti, che attualmente vive in Venezuela,
racconta che anche dopo la rivoluzione non si sentì discriminata in alcun modo,
anzi fu pienamente integrata nella forza lavoro dal nuovo regime e molti degli
abitanti stanziali continuarono a frequentarla in cerca dei suoi pareri e
consigli.
Nell'accampamento, continuarono con le occupazioni tradizionali: gli uomini
nella piccola metallurgia e le donne come indovine.
Status sociale di uomini e donne
Nella tradizione Rom le donne acquistano rispetto sociale dopo il matrimonio,
con la possibilità di creare una nuova famiglia. E' una dinamica sociale che si
è mantenuta anche nel caso di famiglie miste; come anche quella di investire la
donna del mantenimento delle finanze famigliari (il capitale costituito dalla
cassa, dai gioielli e dall'oro, a cui i Rom attribuiscono anche proprietà
mediche). Nella lingua tradizionale è il "galau" e alle donne (le romnià) spetta
il compito di preservarlo e accrescerlo.
Diventando anziane, a Cuba e altrove, cresce il loro prestigio e vengono
consultate dalla kris (vedi sopra).
A Cuba le romnì possono studiare e divorziare senza subire rivalse dal resto del
loro gruppo.
Le famiglie miste hanno mantenuto anche la celebrazione tradizionale dei morti,
"la pomana". E' un pasto offerto in onore del morto – nove giorni dopo la morte,
sei settimane, sei mesi e poi nella ricorrenza annuale. Per l'occasione viene
vuotata una coppa di vino o di acqua a favore del morto, che per quanto
invisibile, rimane presente. Quando sono presenti immagini del morto, c'è l'uso
di mettere un bicchiere pieno di fronte alla foto o al quadro, per far piacere
alla sua anima. Oppure, nelle riunioni famigliari [i morti] sono invitati a
condividere quanto bevono gli altri invitati.
I Gitani all'Avana RAFAEL LAM – speciale per Granma Internacional
I gitani sbarcarono a Cuba, in Brasile e in tutta l'America Latina sicuramente
assieme ai primi colonizzatori spagnoli e portoghesi, dalle caravelle dei conquistadores… scrive il professore brasiliano Atico Vilas – Boas. E per questo
anche la vita cubana è permeata da questa cultura leggendaria
Con la loro pelle scura e strane abitudini, i gitani hanno sempre suscitato
curiosità: vengono chiamati anche Gipsy, Tzigani, Yeniche, Zingari e sono
vittime di malintesi e di persecuzioni. Hanno sempre resistito tenacemente per
la conservazione della loro personalità e autenticità esotica.
Sono vincolati al nomadismo, alle carovane, ai cavalli, le tende, le grotte, le
caverne, carri e carretti, vagoni, accampamenti, strade e campagna aperta…
Sono cestai, toreri, lavorano lo stagno, fanno gioielli, predicono la sorte,
sono musicisti e suonano in quartetti di chitarre; le loro espressioni vocali
propongono lamenti lontani e raccontano le pene e le arroganze di
un'emarginazione che è divenuta un'opera d'arte attraverso la prodigiosa e
millenaria tradizione dell'Andalusia, una delle più interessanti del mondo,
racconta lo scrittore spagnolo Felix Grande.
Buona parte della musica popolare cubana e latino – americana è nata in questo
mondo periferico, umile e disprezzato dalle classi aristocratiche. Ricordiamo il
tango, il samba, il merengue, i mariachis, il calipso, la bomba, il porro, il
joropo, il son, il bolero, la rumba, la guaracha, la conga…
L'origine dei gitani è stata misteriosa per secoli, ma gli specialisti di oggi
non hanno dubbi che sono originari dell'India nell'anno mille circa e questo è
stato provato grazie alla loro antropologia, la medicina, l'etnologia e la loro
lingua.
Cuba ha ricevuto i gitani per più di cinque secoli. Lo specialista d'arte,
Antonio Alejo Alejo, racconta che era abituale vedere gli indù lavorare nella
zona del porto dell'Avana.
La maggior ondata di gitani giunse a Cuba a partire dal 1936, in fuga dal
franchismo, con la guerra civile spagnola. Poi vennero i fuggitivi dai terribili
campi di concentramento nazisti.
La scrittrice Renée Méndez Capote dedica uno spazio ai gitani nel suo libro "Una cubanita che nació con el siglo" e in un numero della rivista Carteles del 1940
si legge un reportage che informa che i gitani si erano rifugiati nella zona
delle colline di Lawton.
Molti usarono l'isola come una base per poi raggiungere altri paesi, ma diversi
si integrarono alla vita di Cuba, che è sempre stata una nazione molto ospitale.
Joventud Rebelde l'anno scorso ha pubblicato un articolo sulla presenza dei
gitani, su come vivono questi discendenti eredi delle famiglie giunte negli anni
'20, che qui incontrarono il solo paese che permise loro di trascorrere una vita
tranquilla.
Qui ci sono abitudini e modi di vestire, parole, attrazioni nei circhi, nelle
fiere, le feste e carnevali, nel gergo musicale attuale della musica ballabile o
salsa; nel filin degli anni '40 – 50 troviamo parole come jama (cibo), curda
(ubriaco), puro (padre). Tra i dolci c'è il braccio gitano!
La moda dei giovani d'oggi è permeata dalle abitudini gitane: bracciali,
catenelle ai piedi, collane, fazzoletti alla cintura e in testa, vestiti
colorati, grandi anelli.
"Ma dov'è la verità gitana? Da quando ricordo io vado per l mondo con la mia
tenda e cerco amore e affetto!" Ras e Sedjic.
Svelando la presenza dimenticata degli zingari a Cuba
Mon January 31, 2005 | Posted By: Dana Garrett
Negli ultimi tempi le storie sugli Zingari sono di moda nelle soap operas di
prima fascia televisiva alla televisione cubana.
Questo ha risvegliato domande da parte di molte persone sull'isola che – anche
se consapevoli dell'influenza esercita dalle culture straniere nella formazione
della nazionalità cubana – non erano sinora consci che nelle loro vene potesse
scorrere anche sangue zingaro.
Viceversa, le nostre radici africane sono talmente manifeste, che esiste un noto
detto per cui se un cubano non ha sangue congolese, sicuramente ne ha di Calabar
(ndr: esiste Calabar sia in Nigeria che in Giamaica, penso si riferisca a ciò),
questo significa che a Cuba non c'è modo di evitare di essere razzialmente
mescolati.
La comparsa di una cultura cubana non è dovuta solo al contributo di africani e
spagnoli, anche altre gruppi etnici hanno avuto il loro ruolo.
La storia mostra che nelle prime decadi del secolo scorso, masse di zingari
immigrarono nell'isola, mentre per altri studiosi la loro venuta risale ai primi
giorni della colonizzazione spagnola.
Ancora, per quanto qui gli zingari siano stati meno discriminati che altrove, lo
stesso nel 1930 fu varata una legge per impedire la loro entrata nel paese.
Legge che comunque fu largamente aggirata.
Nei ricordi degli anziani la loro presenza si lega a storie di indovini, donne
che indossano colorati orecchini, braccialetti e collane; uomini di bell'aspetto
che montano e smontano le loro tende.
Pedro Verdecie, avvocato in pensione e storico – che risiede nella provincia
orientale di Las Tunas, si ricorda di gruppi di uomini e donne accampati in
quell'area.
Dice Verdecie che questi nomadi praticavano la vendita al minuto di vari beni e
che talvolta furono coinvolti in attività illegali, riuscendo comunque a
instaurare un rapporto con la popolazione stanziale e scambiandosi costumi e
tradizioni.
Nonostante la mancanza di documenti ufficiali che provino il passaggio degli
zingari sull'isola, la verità è che in questi giorni i cubani sembrano aver
iniziato ad apprezzare l'impronta degli zingari all'identità nazionale, col loro
fascino vagante di bohemiennes.
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