Ogni tanto tocca ripeterlo: in Mahalla amiamo le belle
storie. Segnalazione di Fiorella
Giornalettismo.com di
CLEMENTINA COPPINI
1 gennaio 2012 Un ragazzino Rom con tre nomi e il suo sogno di andare a scuola
C'è un bambino, si chiama Carlos, è un rom nato nel 1999. In famiglia lo
chiamano Daniel ma lui a se stesso ha dato il nome di Lorenzo. Si è battezzato
così. Ha fatto fino alla terza elementare nel suo paese, poi ha passato tre anni
per strada nel nostro. Non va a scuola da anni, ma lui a scuola ci vuole andare.
Così la sua mamma, che è una povera donna che chiede l'elemosina davanti al
panificio Crippa, chiede aiuto al Nonno Francesco, il nonno civico della scuola
elementare del quartiere, e alla Signora Maria Carmen, madre di una bambina alle
elementari e di un bambino alle medie. La mamma di Daniel, di cui nessuno sa il
nome e forse non lo sa più nemmeno lei, va alla scuola media del centro della
bella cittadina del nord, ma è una stracciona e quindi non la fanno entrare
dalla preside. La chiameremo Ferma, perché è una che per la nostra bella società
è meglio che non si muova, perché nessuno desidera che si muova. Il suo posto è
lì, come arredamento del marciapiede davanti al panificio. Osa andare alla
scuola a chiedere l'elemosina di un posto per il suo Lorenzo. Le sgherre della
preside hanno l'ordine di non far passare gli scocciatori, che sono i genitori
poveri o stranieri o vestiti male o che hanno la fatica e la disillusione
stampata addosso. Possono passare solo quelli con la faccia da studiati e con i
vestiti stirati, perché quello è il genere di visitatore che non dà fastidio.
Ferma ha altre tre figlie in Romania, ha 32 anni ed è già nonna. Vive in un
catorcio di camper freddo d'inverno e caldo d'estate e la sua professione è
chiedere la carità. Resta lì, Ferma, fuori dalla presidenza, con una specie di
penoso sacchetto all'interno del quale stanno accartocciati i documenti suoi e
di suo figlio. Passa un anno veloce o lento, ma il tempo scorre per vie e modi
paralleli al normale per uno che è abituato a vivere davanti a una vetrina. Il
pane ogni giorno è uguale, per chi non ce l'ha.
SCUOLA DI PERIFERIA - Un giorno Nonno Francesco e Maria Carmen vedono il
bambino, chiedono alla madre perché non sia a scuola e decidono di andare a
parlare con la preside della scuola media del centro. Qualcuno dirà "Come mai
non se ne sono accorti prima?" oppure "Era il minimo che potessero fare". Però
il fatto è che sono stati gli unici a vedere quel bambino e a pensare di
chiedere spiegazioni a Ferma. Gli altri sono passati e basta, si sono accorti ma
non è loro interessato e il minimo che potevano fare non lo hanno fatto. Nonno
Francesco e Maria Carmen si presentano per parlamentare e vengono fatti passare,
perché hanno le caratteristiche che rendono una persona atta a varcare la soglia
dell'ufficio della responsabile dell'istituto. Con loro c'è Lorenzo, tutto
pulito e ordinato, con ai piedi le scarpe da ginnastica più bianche che si siano
mai viste ai piedi di un ragazzo di quell'età. Vuole fare bella impressione
perché così magari lo prendono. Per lui sarebbe un privilegio, non sa che da noi
è un obbligo. La preside ascolta Maria Carmen e dice che non ha posto per il
bambino nella scuola del centro, ma è persona disponibile. Allora chiama la
scuola media di periferia, che è più adatta a un bambino rom che lei è sicura
che fino al giorno prima chiedeva l'elemosina. Invece no: Ferma non ha mai
voluto che suo figlio chiedesse la carità, perché è una cosa troppo umiliante.
All'altra scuola risponde la vicepreside (il preside non c'è, perché si vede che
in certe zone basta il vice) che lo accetta tra i suoi alunni, non dimenticando
di sottolineare come la media del centro abbia scaricato altrove il piccolo rom.
Questa è solo una cattiveria gratuita. Se domani alla scuola del centro si
presentano a iscrivere il pargolo due bei genitori eleganti e laureati anche nel
loro caso la preside chiama la scuola decentrata. Chi potrebbe dubitarne?
NIENTE ISCRIZIONI PER GLI STRACCIONI - Ferma il pomeriggio stesso va in
segreteria con il suo scartoccio di documenti, ma è una stracciona anche per la
scuola del quartiere popolare e non le danno retta. Non può ritirare il modulo
d'iscrizione perché non sa fare la sua firma, così torna alla roulotte pensando
che non si può fare niente. Maria Carmen lo viene a sapere la mattina dopo,
chiama la vicepreside, che non c'è. Richiama più volte, lascia il suo numero.
Niente, non viene richiamata. Presidi e vicepresidi sono molto occupati, non
hanno tempo da perdere al telefono. Maria Carmen aspetta, Daniel aspetta. I
giorni passano e la scuola non chiama per dire quando il ragazzo potrà iniziare.
Alcune anime pie intanto gli procurano del materiale. Quando vede quella che
sarà la sua cartella – uno zaino usato che non sembra nemmeno usato, ma l'ex
proprietario è un bambino che ne ha uno nuovo ogni anno, perché noi siamo una
civiltà che insegna ai propri figli a buttare, e da noi la misurazione dell'usatezza
è quantomai soggettiva – non riesce a credere che sia per lui, perché gli sembra
troppo bella. Ora che ha il suo zaino della Seven, Lorenzo inizia a credere di
potersi sedere a un proprio banco, bisogna insistere. E allora via di nuovo con
le telefonate in segreteria e, per incentivare la risposta, con lo scrivere
qualche mail alle persone giuste. Tempo poche ore la vicepreside si libera dei
gravosi impegni, trovando il tempo per avvisare Maria Carmen che la settimana
entrante Lorenzo comincia la scuola. Ferma viene convocata in segreteria con il
suo scartoccio di documenti, e stavolta qualcuno aiuta questa zingara
analfabeta. Così l'iscrizione viene perfezionata e tutto si smuove. Alla scuola
ora pensano anche a come procurargli i libri e a come aiutarlo a recuperare il
tempo perduto.
I ROM CHE HANNO PAURA DI NOI - Daniel è sveglio, ma deve imparare tante cose.
Gli danno un insegnante di supporto. È un lunedì mattina di ottobre quando
Daniel entra in classe. Ce la farà? Le difficoltà dell'affrontare la scuola
media per uno che non ha nemmeno finito le elementari lo spingeranno
all'abbandono? D'altronde la legge dice che le elementari non le poteva più
fare. Nel paese delle eccezioni ci sono regole molto severe, imprescindibili,
ferree, sebbene per alcuni soltanto. Purtroppo il ragazzo non potrà andare in
mensa, non c'è posto. Con tutto quello che si butta, davvero non si può mettere
qualche maccherone in un piatto per lui? No, non si può. Mangerà un panino fuori
dalla classe, ma lui è abituato a stare fuori da qualcosa, a non appartenere.
Almeno sarà fuori dalla sua classe, e non da una classe qualsiasi o dalla classe
di un altro. Ferma lo aspetta ogni giorno fuori da scuola, non lo lascia mai
andare in giro da solo. Ha paura per suo figlio, che gira bello e pulito e più
ingenuo dei suoi coetanei italiani. Molto più ingenuo. Incredibile a dirsi, ma i
rom hanno paura di noi. O forse non è così incredibile. Maria Carmen e una
maestra elementare in pensione gli danno ripetizioni due volte alla settimana,
ma la strada è lunga e l'inverno sta diventando sempre più freddo, nel camper.
Daniel è a scuola, le sue scarpe bianche splendono sotto il banco. Questa storia
finisce dove avrebbe dovuto cominciare, con Lorenzo che ascolta la lezione nella
sua classe e ha davanti una strada lunghissima, ma ha già iniziato a mostrare di
avere un'intelligenza molto brillante. Questa storia è vera, verissima e Lorenzo
esiste, eccome se esiste. Studia, Lorenzo, perché, per chi deve salvare se
stesso da una situazione schifosa (chi scrive lo sa per esperienza personale),
ogni giorno passato a imparare è un nuovo inizio, è la speranza. È Capodanno.