Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 02/11/2011 @ 09:00:12, in media, visitato 1659 volte)
L'Impronta
L'Aquila 2011/10/31
La stima sul numero di rom presenti in Italia è di 140mila persone, di cui il
60% è costituito da italiani e il 90% è stanziale. Tanti sono arrivati in Italia
già nel 1400. Più della metà è residente e ha la cittadinanza del nostro paese,
tanti vivono in appartamento e svolgono qualsiasi tipo di lavoro. Non è vero
quindi che i rom sono per definizione 'nomadi' e stranieri. Ma la stampa
italiana continua a ignorare questa "verità sostanziale dei fatti", al rispetto
della quale richiamano l'articolo 2 della legge istitutiva dell'Ordine dei
giornalisti e la Carta di Roma del 2008, un protocollo deontologico riferito
alle notizie sui migranti. Il popolo romanì ha chiesto di non utilizzare il
termine 'zingari' perché ha assunto nel tempo una connotazione dispregiativa,
eppure dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alle principali testate
nazionali è ormai comune parlare di 'zingaropoli'. Per questo nasce un vademecum
per i giornalisti che trattano notizie sui rom, realizzato dall'Associazione
Stampa Romana, con l'Associazione giornalisti Scuola di Perugia, la Comunità di
Sant'Egidio e l'Assessorato Lavoro e Formazione della Regione Lazio. "Che un
cittadino qualunque si esprima in questo modo non sorprende, ma che degli stessi
preconcetti siano portatori i professionisti dell'informazione è inaccettabile"
scrive il segretario di Asr Paolo Butturini nel primo intervento del vademecum.
Il volumetto si intitola: "Ho visto anche degli zingari felici. Di chi parliamo
quando parliamo di rom", è a cura di Titty Santoriello ed è intervallato da
disegni fatti dai bimbi rom delle Scuole della Pace della Comunità di
Sant'Egidio.
Salta però subito agli occhi, scorrendo l'indice, che un solo paragrafo è
redatto da un autore rom. "Questo è un tipico esempio di esclusione cognitiva
della popolazione romanì – scrive subito Nazareno Guarnieri, presidente della
Federazione Romanì – se oggi la condizione della nostra popolazione è peggiorata
rispetto al passato, malgrado le iniziative attivate, la responsabilità è da
attribuire al mancato coinvolgimento dei diretti interessati ed in particolare
delle professionalità rom". Il contributo di Guarnieri spiega le distinzione nel
variegato mondo romanì. Ci sono cinque grandi comunità romanès, Rom, Sinti, Kale,
Manouches e Romanichals. Insieme formano il popolo Rom, chiamato anche 'romanì,
romanò, romanipè', con un'unica lingua che ha al suo interno 18 dialetti. Esiste
la bandiera rom, verde e azzurra con una ruota a 16 raggi, e un inno (gelem
gelem).
"Rendere normale ciò che è percepito come eccezionale" è il titolo del paragrafo
scritto da don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, editore
di Redattore Sociale. "Suscitano allerta e mai simpatia – dice don Vinicio –
vanno raccontati i fatti della realtà semplicemente, senza scelte pregiudiziali
negative, ma nemmeno positive". Di "razzismo democratico" verso i rom parla Luca
Bravi, docente all'Università di Firenze, intervistato per il vademecum. Il
professor Bravi spiega l'origine dello stereotipo del nomadismo, che affonda le
radici nel 'Porrajmos" (il grande divoramento) l'olocausto negato dei rom, che
fece circa 500mila vittime tra campi di concentramento ed esecuzioni sommarie.
"Durante il periodo nazista – spiega – rom e sinti negli Stati europei
praticavano una resistenza di basso profilo che significava trovare le modalità
di permanenza per restare dove si erano stanziati. Si spostavano tra i confini.
In quegli anni si diffusero teorie della razza secondo le quali il nomadismo era
una colpa che stava nel loro sangue. Non era così: si spostavano per ragioni
lavorative, molti ad esempio erano giostrai". Il vademecum si conclude con le
parole del Papa Benedetto XVI. Lo scorso 11 giugno il Pontefice ha ricevuto i
rappresentanti dei Rom da tutta Europa in Vaticano e li ha accolti dicendo:
"siete un'amata porzione del popolo di Dio pellegrinante". La Chiesa cattolica
ricorda anche un beato martire rom, Zefirino Giménez Malla, ucciso con il
rosario in mano durante la guerra civile spagnola. Una sua raffigurazione si
trova nel santuario dei santi Cosma e Damiano a Riace (Rc) ed è meta di un
pellegrinaggio rom ogni anno a fine settembre.
RAI Televideo Rom e Sinti, non zingari di Rita Piccolini
Il pregiudizio passa anche dalle parole
E' stato presentato, nella sede della Federazione Nazionale della Stampa
Italiana, un vademecum rivolto ai professionisti dell'informazione sul delicato
tema dei rom. La pubblicazione, che ha il bel titolo di una canzone del '77 di
Claudio Lolli, "Ho visto anche degli zingari felici", offre contributi di
esperti della materia e dell'informazione, arricchiti anche dall'intervento di
Benedetto XVI all'audizione dei Rom, e si propone come strumento di lavoro per
tutti i giornalisti che, fedeli allo spirito della loro professione, si
prefiggano lo scopo di raccontare la realtà sociale senza usare stereotipi
frutto dell'ignoranza, perché è anche con le parole giuste che si sconfiggono i
pregiudizi.
Sull'autobus diretto al centro di Roma, per raggiungere la sede della FNSI,
salgono alla fermata due donne rom con una nidiata di bambini, di un'età
compresa tra i 2 e i 10 anni. "Occhio al portafoglio!" esclama una signora al
marito in piedi accanto a lei. La donna dà voce al pensiero comune e la reazione
di tutti è spontanea, di allerta contro un'eventuale possibilità di borseggio,
così come spontaneamente si indossano gli occhiali scuri quando la luce troppo
forte del sole ci acceca, o il berretto di lana ai primi fiocchi di neve.
E' difficile sconfiggere i pregiudizi che nascono dalla non conoscenza. In
realtà pochi di noi sanno, quasi nessuno conosce la cultura di questo popolo,
perché sui mezzi di informazione si parla di rom soltanto per raccontare di
tragedie di bimbi che muoiono nel rogo delle baracche o delle roulotte, oppure
quando si raccontano efferati episodi di cronaca nera, o si descrivono
raccapriccianti realtà sociali di un'infanzia costretta a mendicare e a vivere
nell'indigenza e nella sporcizia. Certo la miseria può generare disagio,
violenza, criminalità, ma questo vale in tutte le comunità. Chi ha fame può
rubare, o delinquere, ma questo ovunque e da che mondo e mondo. Solo questo sono
per noi i Rom o i Sinti, una serie infinita di pregiudizi e luoghi comuni che
non fanno distinzione tra le responsabilità individuali e quelle di un intero
popolo. Per questo non diamo loro neanche la dignità di essere chiamati con il
loro vero nome e li definiamo semplicemente zingari, o nella migliore delle
ipotesi nomadi, descrivendo così una caratteristica che non esiste, perché la
maggior parte di loro vive qui ed è italiana, e solo una piccolissima parte è
nomade nel senso vero del termine.
Zingari generalmente sporchi, brutti e cattivi, ci ricorda nel suo intervento
Paolo Ciani della Comunità di Sant'Egidio, e ladri, aggiungiamo, e secondo una
leggenda infamante dura a morire, persino ladri di bambini. Ogni tanto ci capita
ancora di raccontare di piccole comunità in allerta per questo che è un motivo
ricorrente di pregiudizio e rancore le cui radici affondano in secoli di
ignoranza e superstizione.
Ricordate la orrenda menzogna dei secoli scorsi secondo cui gli ebrei uccidevano
i bambini cristiani per il loro sangue, e che nella mente di molti europei si
trasformò in una tragica convinzione, che fu alla base della "distrazione"
pressoché generale nei confronti della persecuzione prima e della Shoah poi? Il
meccanismo è sempre lo stesso e continua a ripetersi contro chi viene
considerato diverso, quindi "non persona". L'alternativa all'ignoranza è
conoscere per non diffidare, accettare i valori di una cultura diversa che può
arricchirci, apprezzandone le peculiarità e senza avere la presunzione di
imporre la nostra come la migliore possibile, nel tentativo di un'omologazione a
valori che spesso sarebbe meglio rileggere alla luce di una sensibilità nuova e
altra.
Dice Nazareno Guarnieri, presidente della Federazione romanì, nel corso della
conferenza stampa:"Io so per certo che non morirò in uno ospizio, perché la
nostra è una cultura che mette sempre al centro la persona". Come dire, vogliamo
stabilire chi tra noi è più civile? Solo conoscendo e quindi accettando si
possono fare percorsi insieme che portino al miglioramento delle condizioni
sociali di Rom e Sinti e al superamento del disagio sociale. "E a proposito-
aggiunge ancora Guarnieri - non siamo nomadi, e il 50% di noi è italiano da
sempre. Occorre una politica abitativa pubblica normale, basta con i campi
nomadi che alimentano il distacco, la segregazione, l'isolamento, il disprezzo e
l'odio sociale".
Il segretario dell'Associazione Stampa Romana, Paolo Butturini, racconta della
percezione sbagliata che molti cittadini hanno rispetto ai Rom e Sinti. "Sono un
milione e mezzo" gli ha detto sconsolato un tassista romano suggerendo
l'immagine di una paese ormai in preda a un'invasione barbarica inarrestabile e
devastatrice, e vengono quasi tutti dalla Romania, ed essere rom romeni, si sa,
è "il peggio del peggio". Nel nostro Paese in realtà questa popolazione è
composta da circa 140 mila persone, la metà delle quali sono italiane e donne e
bambini con "ansia di normalità", non di omologazione e integrazione forzata, ma
della semplice e naturale normalità della casa, della scuola, degli amici,
dell'accettazione sociale che non faccia sentire stranieri a casa propria.
L'assessore al lavoro e alla Formazione della Regione Lazio, Mariella Zezza, fa
suo l'appello di Roberto Natale, presidente della FNSI, a promuovere una
comunicazione libera da ogni pregiudizio, ricordando che informare "vuol dire
rendersi conto che tutto ciò che c'è dall'altra parte non è una minaccia, ma una
risorsa.
Il fatto è che persiste in tutta Europa la convinzione che il rom non sia uguale
agli altri, per questo, ammonisce Roberto Chinzari, segretario dell'Associazione
giornalisti Scuola di Perugia, è necessario almeno usare le parole giuste per
descrivere la loro realtà e non "barricarci nelle nostre convinzioni, scrivendo
e dicendo imprecisioni. Sui quotidiani, nei servizi radio-televisivi il binomio
"rom-romeno è diventato un marchio di fabbrica per brutti episodi, un'etichetta
che definisce quello che succede "prima che se ne abbia la certezza". E così il
pregiudizio dilaga, e con esso la discriminazione, mentre una buona conoscenza
culturale di ciò che abbiamo di fronte "è il miglior scudo per proteggere dagli
errori e dalla superficialità". "E poi ricordarsi sempre - conclude Chinzari,
che anche di fronte al peggiore dei crimini la responsabilità è sempre di un
individuo, mai di una popolazione o di un'etnia".
E se alla base di ogni espressione artistica c'è il patrimonio culturale e la
cultura dell'informazione, importanti sono gli interventi di una
giornalista-scrittrice, Bianca Stancanelli, che sull'argomento ha scritto un
libro: "La fortuna e la vergogna" edito da Marsilio, e quello di Moni Ovadia, un
artista che al teatro Quirino di Roma ha presentato uno spettacolo: "Senza
confini - ebrei e zingari", che ha dato voce soprattutto alla musica di grandi
musicisti rom.
Spiega Moni Ovadia: "E' un recital di canti, musiche, storie di Rom, Sinti, ed
Ebraiche che mettono in risonanza la comune vocazione delle genti in esilio, una
vocazione che proviene dai tempi remoti e che in tempi più vicini a noi si fa
solitaria, si carica di un'assenza che sollecita un ritorno, un'adesione, una
passione, una responsabilità urgenti, improcrastinabili. "Senza Confini" è la
nostra assunzione di responsabilità".
Avvicinarsi quindi, anche e soprattutto attraverso il linguaggio della musica e
del teatro, a un popolo di pace, che non ha mai dichiarato guerra a nessuno, che
"per questo meriterebbe il premio Nobel per la pace". Persino la loro
persecuzione da parte dei nazisti è misconosciuta e sottovalutata (ne morirono
nei campi di sterminio centinaia di migliaia). "I Rom vivono la vita, non la
consumano - spiega Moni Ovadia - e ci danno lezione di civiltà". Li percepiamo
solo come un problema perché non sappiamo quasi niente della loro cultura e solo
la conoscenza può aiutarci a capire ancora una volta che non c'è il buio oltre
la siepe.
Scrivevo l'articolo
precedente che piccole e grandi violenze contro Rom e Sinti, accadono e
possono accadere ovunque... anche in Italia (ricordate
Ponticelli?).
Questo è quanto riportato in un COMUNICATO STAMPA del Gruppo Sostegno
Forlanini. Intanto è già ripartita la raccolta fondi e beni; chi volesse
proporre, si metta in contatto con
Stefano Nutini
Sabato 22 ottobre mattina il piccolo insediamento di rom rumeni compreso tra
lo svincolo/immissione della Tangenziale est e il fiume Lambro, sul lato del
Parco Forlanini, al confine tra Segrate e Milano, è stato colpito da un attacco
incendiario, che ha distrutto alcune baracchine e una tenda; secondo quello che
il Gruppo sostegno Forlanini è riuscito a ricostruire insieme agli abitanti, il
rogo è stato causato dalla vendetta di un italiano che ha esplicitamente
ammesso, prima davanti a due rom sconcertati e poi davanti a un altro abitante
del campo, di essersi fatto giustizia da solo, in quanto li accusava - senza
alcuna prova - di avergli sottratto portafoglio e telefonino dall'auto mentre
lui correva di primissima mattina nel Parco Forlanini. L'italiano è poi in ogni
caso sfrecciato via con la sua potente auto, senza lasciar traccia di sé.
Questo fatto, maturato ai danni di persone innocenti, è drammaticamente
sconcertante, anche per l'ammissione sfrontata del sedicente autore, in presenza
delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco che nel frattempo erano
intervenuti per spegnere le fiamme e il fumo, che invadevano pericolosamente la
tangenziale stessa.
Nei mesi scorsi, in almeno due altre occasioni, rispettivamente a notte fonda e
la mattina presto, il campo era stato fatto segno ad alcuni colpi di arma da
fuoco, sparati in aria, probabilmente dalla vicina tangenziale.
Come Gruppo sostegno Forlanini - sulla base delle testimonianze raccolte dagli
abitanti del campo, che da tempo seguiamo per le esigenze della loro difficile
vita quotidiana, oltre che per l'impegno nell'accompagnamento sociale -
denunciamo questi episodi crudi, che avrebbero potuto avere conseguenze anche
gravissime per la vita di uomini e donne, al pari dei danni ai beni preziosi
(tende, materassi, coperte, baracche, bombole del gas, vestiario) che comunque
sono stati irreparabilmente distrutti in tal modo; troviamo altamente
deprecabile il ricorso a forme di giustizia "fai da te" che sono tanto
immotivate e indiscriminate quanto pericolose, frutti di una persecuzione
razzista, la stessa che avevamo denunciato tempo fa nella pratica istituzionale
degli sgomberi, inumani e privi di alternative.
Di Fabrizio (del 01/11/2011 @ 09:15:22, in Europa, visitato 2426 volte)
Da
Czech_Roma NdR Calmatesi le violenze esplose in Bulgaria a fine settembre
(anche perché domenica scorsa s'è svolto il primo turno delle
elezioni presidenziali), il clima rimane "caldo" in Repubblica Ceca.
Le segnalazioni di scontri etnici ormai sono così numerose, che non
faccio in tempo a tradurle. Allora, può essere utile illustrare il clima di "pace
armata" che si respira lì, per cercare di capire da dove nasce la violenza
di oggi, sapendo che potrebbe accadere altrove...
translated by Gwendolyn Albert
Ancora una voce allarmistica contro le minoranze, sta circolando nella
Repubblica Ceca via email. Il ministero del lavoro e degli affari sociali ha
già emesso una smentita.
Queste voci si diffondono su internet sempre più frequentemente. La più
recente accusa le "minoranze" di non essere tenute a pagare le prescrizioni in
farmacia. La notizia ha scatenato reazioni stupite, dibattute in un'ampia serie
di discussioni nei forum telematici, sulla veridicità o meno del caso.
Questo il titolo della mail: "Shock in farmacia - INFORMATE TUTTI!" in
cui un anonimo afferma: "Sono entrato in farmacia per comprare ai miei figli
delle medicine per la tosse ed il naso. Gli [appartenenti alla] minoranza erano
davanti a me, hanno scelto le loro medicine e poi hanno tirato fuori un pezzo di
carta del dipartimento sociale... il farmacista ha annuito e se ne sono andati.
Ho chiesto di che si trattasse e mi ha risposto che lo stato pagava le medicine
agli svantaggiati socialmente. Mi sono parecchio stupito, io ho dovuto pagare
500 corone e sono tornato a casa arrabbiato. Lavoro, pago l'assicurazione
sociale, l'assicurazione sanitaria e lemie tasse, e tutto ciò per loro e quelli
come loro. CONDIVIDETE CON GLI ALTRI. DOBBIAMO FARE QUALCOSA!"
Ora sono in tanti a sfruttare questa comunicazione anonima, ingannevole ed
allarmista, allo scopo di manipolare gli altri verso le proprie attività,
cause ed opinioni online. Nel frattempo, un esperto del ministero del lavoro e
degli affari sociali ha già emesso la seguente dichiarazione, che nega
l'esistenza di queste "pratiche": "Quanti sono riconosciuti a vivere in
difficoltà materiali, e che usufruiscono dei benefici disponibili (contributi di
sussistenza, all'alloggio, oppure aiuto straordinario immediato) sono, in base
alla legge sull'assicurazione sanitaria pubblica, esonerati dall'obbligo di
pagare le tasse regolamentari. Tuttavia, la stessa legge non li esonera
dall'obbligo di pagare le medicine! Se queste persone devono accedere alle
medicine che tutti gli altri pazienti pagano normalmente, o contribuiscono alla
spesa, dovranno pagare come chiunque altro! Il ministero della sanità comunica
che i medici hanno la possibilità di prescrivere medicine per ogni malattia
senza alcun sovrapprezzo per l'emissione della ricetta. Nei casi in cui una
medicina non possa essere prescritta per ragioni sanitarie, l'erogante può in
casi eccezionali, pagare l'assistenza sanitaria senza richiedere ulteriori
rimborsi, essendo questa l'unica possibilità di cura, dato lo stato di salute
della persona. L'erogazione di tale assistenza sanitaria nella maggior parte dei
casi dipende da precedenti accordi tra il medico curante ed il paziente. Il
testo di questa catena email e la sua conclusione -ho pagato 500 e lui niente-
distorce la realtà appena descritta. Non funziona così! Anche un destinatario
dell'assistenza dovrebbe pagare 500 corone, escluso il costo della ricetta".
Non è chiaro quale sia la "minoranza" coinvolta nel caso dell'esperienza di
grande ingiustizia in farmacia denunciato dall'anonimo estensore. E' invece
chiaro che questi non abbia capito bene come funzioni il sistema sanitario ed
assistenziale ceco.
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