La situazione e' drammaticamente peggiorata dopo il 2008. In passato, una
famiglia rom di cinque persone avrebbe potuto, con i sussidi, arrivare fino al
14 del mese. Poi, una volta finito il denaro, avrebbe potuto ottenere un credito
presso i negozi del luogo e gli uomini, con i loro lavori occasionali,
costruzione di muri, riparazione di tetti, eccetera, sarebbero riusciti a
guadagnare il necessario per far sopravvivere la famiglia l'altra meta' del
mese.
Ma con la crisi finanziaria, la gente ha smesso di spendere soldi per questi
lavoretti e i negozi non fanno piu' credito. Anche se gli tzigani piu' poveri
sono riusciti a sopravvivere - a stento - negli ultimi vent'anni, oggi con la
crisi economica sono davvero in una situazione tragica, ed e' gia' da tempo che
si inizia ad osservare un fenomeno che per chi e' rom e' davvero sintomo di
disperazione: figli che, per mancanza di mezzi di sussistenza, vengono
abbandonati agli orfanotrofi nella speranza che almeno trovino un piatto caldo e
un tetto.
Inutile che stia qui a raccontare quanto sia dura la vita in un orfanotrofio. In
mezzo a centinaia di bambini tutti disperati, e trascurati da chi si dovrebbe
prendere cura di loro, che per menefreghismo e indolenza vengono lasciati e se
stessi, senza regole, si forma una generazione di violenti pronti a tutto pur di
conquistarsi uno spazio di sopravvivenza, nel tentativo di emergere sugli altri
e non esserne a loro volta annientati, cosi' da perdere completamente il senso
stesso di appartenenza ad una comunita'. Anche se qualcuno, di tanto in tanto,
diverso per carattere o per particolare capacita', riesce poi ad emergere non
con la forza ma con l'intelletto, ed accede a qualcosa di piu' elevato,
riscoprendo il valore della cultura e della solidarieta' fra persone.
“Mentre nella maggior parte dell'Europa occidentale la questione rom e'
marginale, in Ungheria, a causa delle dimensioni della comunita', delle
conseguenze disastrose del comunismo e del fallimento delle politiche degli
ultimi vent'anni, tale questione e' diventata centrale.” E' cio' che dichiara
Balog Zoltán, per dieci anni pastore protestante prima di diventare ministro e
il piu' fidato fra i consiglieri di Orban Viktor, il premier ungherese.
Magro, barba grigia, il cinquantatreenne Balog, oggi e' visto come la vera
coscienza del governo conservatore ungherese. E' colui che e' stato dietro alla
decisione del governo, durante il suo semestre di presidenza dell'Unione
europea, di portare il problema dell'integrazione dei rom a livello europeo come
una priorita' assoluta.
Per Balog - che ha dato al suo governo tre anni di tempo per affrontare il
problema in modo efficace e risolverlo preannunciando in caso contrario il
disastro - questa esplosione del fenomeno dei vigilantes in divisa in ghetti di
Gyöngyöspata e di molte altre localita' ungheresi, e' il sintomo di una crisi
nazionale molto profonda, ma non perche' presagisce l'ascesa dei neo-nazisti. Il
problema e' secondo lui ancor piu' serio.
"La vera differenza tra il nostro problema rom e quello dell'Europa
occidentale”, dice Balog “sta nel grado di rischio. In Italia e in Spagna si
parla di integrare un gruppo marginale, piccolo, quindi e' tutto sommato
esclusivamente una mera questione di diritti umani. Ma in Ungheria si tratta di
una questione di strategia nazionale che riguarda tutto il paese. I rom hanno il
doppio del tasso di natalita' degli altri ungheresi. La maggioranza della
popolazione ungherese sta invecchiando, mentre circa la meta' della popolazione
rom e' sotto i vent'anni. Nelle citta' del nord-est, fra dieci anni, ogni due
bambini che nasceranno, uno sara' rom. Ma la disoccupazione per i rom e'
dell'85%, e un terzo dei bambini non finiscono neppure la scuola elementare.
Quindi questo non e' un problema come gli altri, ma e' il problema principale.”
Come le altre minoranze in Ungheria, la rumena, la tedesca e gli altri gruppi
etnici, gli tzigani hanno una certa autonomia nella gestione dei propri affari,
attraverso quello che e' l'Autogoverno Nazionale Rom. Per Balog, la risposta
alla crisi spetta alle sia alle autorita' nazionali ungheresi, sia a quelle rom
per creare, insieme, centomila nuovi posti di lavoro, a partire dai lavori
pubblici da effettuare nelle comunita' in cui gli stessi rom vivono, e al tempo
stesso aumentando massicciamente gli standard educativi dei giovani, avviandone
il prossimo anno ventimila alla formazione professionale e preparandone altri
cinquemila, dei piu' brillanti, per l'universita'.
Tutto cio' dovrebbe iniziare a mostrare i primi risultati in tre anni. La
speranza di Balog e' che sul lungo periodo i rom si trasformino da problema
sociale in un vantaggio per l'economia ungherese. Infatti, se il loro tasso di
occupazione salisse fino a raggiungere la media regionale, cio' potrebbe
significare una crescita compresa tra il 4 e il 6 per cento del prodotto interno
lordo tale da poter innescare di nuovo un efficiente sistema di welfare.
Questo progetto, nonostante niente sia verificato e si tratti soprattutto di
“proiezioni” che dovrebbero essere poi confermate dai risultati, e'
controbattuto ed osteggiato da entrambe le parti. Balog e' sotto attacco da chi
difende i rom per l'approccio autoritario del suo governo, ma anche dai gadje',
soprattutto dai rappresentanti dei piu' poveri, che vedono "ancora una volta" un
favore fatto ai rom.
Ma per Balog la necessita' principale e' quella di mandare un chiaro messaggio
politico alla maggioranza degli ungheresi per far capire quanto la questione sia
importante per tutti e come cio', piu' che per gli tzigani, sia un vantaggio per
l'intera nazione. “Se infatti questi cambiamenti non saranno fatti” dice ancora
Balog, “l'intera nostra struttura sociale, economica e del mercato del lavoro
crollera', portando l'Ungheria sull'orlo del baratro e del conflitto civile. La
questione rom, dunque, e' un problema di sopravvivenza nazionale".
A una trentina di chilometri da Gyöngyöspata c'e' un altro villaggio:
Tarnabod.
Abbandonato dopo il comunismo, e lasciato in balia dei piu' disperati (rom e
non-rom) che non avevano un posto dove andare, e' stato preso in mano da giovani
operatori sociali, uomini e donne, tzigani e gadje' di provenienza anche
straniera. Oggi, in un'antica stalla riadattata a capannone, si possono vedere
dozzine di persone al lavoro mentre smontano vecchi computer e altri apparecchi
tecnologici obsoleti per il riciclarne i pezzi. Tutti percepiscono il salario
minimo nazionale.
In altri edifici di Tarnabod, riadattati e restaurati, sono state create una
scuola materna, una mensa per bambini e genitori, un centro di cultura con una
sala proiezioni, un centro di insegnamento dopo scuola, un'infermeria, un centro
sportivo. Ovunque i pavimenti sono stati sostituiti, le pareti ridipinte, i
tetti riparati. C'e' una chiesa, una squadra di calcio, un gruppo teatrale. In
biblioteca gli scaffali, tutti allineati, sono pieni di libri che vengono dati
in prestito e sul muro campeggia il ritratto del primo e finora unico santo rom:
Ceferino Giménez Malla.
Oltre settecento persone, uomini donne e bambini, a Tarnabod, vivono come una
grande famiglia. Alcune sono rom, altre no e non esiste un modo facile per
distinguerle. Ci sono voluti sette anni per arrivare a questo, ma dopo la
poverta' e la disperazione di Gyöngyöspata, Tarnabod rappresenta l'altra faccia
della medaglia, un'oasi felice in cui, a volte, confuso in mezzo alla gente, non
e' difficile incontrarvi anche Choli Daróczi József, il piu' famoso scrittore
rom ungherese vivente.
Come sostiene chi dirige il progetto, tale lavoro per avere successo su scala
nazionale ed essere esportato anche in altre citta' e villaggi, creando nuovi
posti di lavoro partendo proprio dalle comunita' tzigane, come appunto auspica
anche Balog, deve avere il sostegno totale del governo ungherese e
dell'Autogoverno Nazionale Rom. Solo cosi' non arriveranno piu' vigilantes
vestiti di nero a terrorizzare la gente, e ai razzisti saranno tolti gli
argomenti con i quali, oggi, si aizzano le persone le une contro le altre.
Questo il mio commento all'articolo originale:
Vorrei capire meglio il ruolo dell'Autogoverno Nazionale Rom.
In Italia ne ho sentito parlare qualche volta da "esperti" ed
"intellettuali" (due parole di cui istintivamente mi fido poco) ungheresi,
con toni diversi.
La mia impressione da profano, è che un organismo del genere in tempi di
vacche grasse ha contribuito a diffondere l'immagine di Ungheria come paese
all'avanguardia nell'integrazione di Rom.
Ma che col sopraggiungere della crisi, soprattutto dato la sua composizione,
veda il proprio ruolo compromesso e rischi di elargire qualche piccola
regalia agli "amici degli amici", senza riuscire ad essere un interlocutore
"politico" affidabile.
La risposta:
Avevo iniziato a scriverti la risposta. Poi la tastiera mi ha preso la
mano ed e' venuto un commento talmente lungo che forse merita farne un post.
Tu che ne pensi?
Il suo nuovo articolo lo trovate
QUI, lo riprenderò in Mahalla tra qualche giorno
Il capo della carovana dei gitani che si sono fermati a Villamarzana "In Italia ci trattano male"
Rovigo, 8 novembre 2011 - Sono tornate le carovane di nomadi vicino al casello
dell’autostrada a Villamarzana. Quelli che c’erano la settimana scorsa si erano
spostati poi a Costa di Rovigo, ma domenica se ne sono andati di nuovo, non si
sa verso dove. La gente del posto ha ricominciato preoccupata a chiamare il
sindaco Valerio Galvan. Questa volta non sono più di cinque o sei roulotte. Per
capire chi sono questi zingari che nelle loro peregrinazioni si fermano in
Polesine siamo andati a conoscerli ieri mattina. Appena siamo scesi dalla
macchina e ci siamo avvicinati si è fatta sotto una donna con un grembiule a
fiorellini come quelli delle contadine di una volta. Pochi denti in bocca ma il
sorriso stampato. Stava mescolando una zuppa in un pentolone e ci è venuta
incontro. «Siamo del Resto del Carlino, vogliamo conoscervi e farvi qualche
domanda». Prima ancora di stringerci la mano ci hanno chiesto dei soldi: «Quanto
avete in tasca? Dateci qualcosa per dar da mangiare ai bambini e vi facciamo
fare l’intervista».
Da dove venite?
«Dalla Spagna come origini, ma stiamo spesso in Francia. La maggior parte della
nostra comunità sta in Francia».
Come mai siete qui nei pressi di Rovigo?
«Siamo venuti per i morti, abbiamo dei parenti a 50 chilometri di distanza». E
pronuncia il cognome della famiglia ma non si capisce bene se sia Braidi, Bradi
o Bradic.
Lei come si chiama?
«Cueves, Ivanovic Manolo Cueves». Chiestogli di scriverlo su un foglio non siamo
sicuri che abbia scritto Cueveces, Cueves o qualcos’altro. Allora lo abbiamo
scritto noi in stampatello perché lo leggesse e ci desse conferma: «Non so
leggere» è stata la risposta. Il capo della carovana però era il più ben
disposto nei nostri confronti: si è fatto fotografare senza chiedere soldi,
mentre l’uomo più giovane che gli stava di fronte proponeva la foto di gruppo
per 20 euro. «Noi siamo gitani, zingari. Ma gli zingari non sono tutti cattivi o
tutti ladri. Qui in Italia ci trattano sempre male. Ci cacciano dappertutto, ma
noi non facciamo male a nessuno», ci tiene a far sapere. «Noi siamo una famiglia
che gira in tutta l’Europa. Esistiamo da 2.000 anni, prima giravamo con i
cavalli, ora ci siamo un po’ modernizzati e giriamo con le roulotte, ma siamo
sempre noi».
In quanti siete, del vostro gruppo?
«Siamo 10.000 roulotte in tutta Europa, stiamo tanto in Francia perché in Italia
ci mandano via».
Qui a Villamarzana come vi siete trovati?
«Bene, il sindaco e i carabinieri sono stati gentili».
In Francia vi aiutano?
«Sì, lo Stato ci dà dei soldi. A me, per la mia famiglia, moglie e due figli, mi
danno 800 euro al mese. E poi Sarkozy ha obbligato ogni comune sopra i 5.000
abitanti ad attrezzare un campo nomadi».
Di Fabrizio (del 12/11/2011 @ 09:16:47, in Italia, visitato 1231 volte)
8 novembre 2011
Gentile redazione,
A.I.Z.O. rom e sinti, associazione di volontariato che da quarant'anni opera a
fianco della popolazione rom e sinta su tutto il territorio nazionale, vi invia
un comunicato stampa riguardo le dichiarazioni del on. Cavallottoa
seguito dell'allontanamento dei rom presenti nell'accampamento di Lungo Stura
Lazio a Torino.
A disposizione per ulteriori delucidazioni, si porgono distinti saluti.
Ufficio Stampa A.I.Z.O.
A.I.Z.O. ONLUS
Via Foligno 2
10149 Torino
Tel: 0117496016 - 3488257600
Faz: 011740171 www.aizo.it
Nella giornata di ieri, a seguito dell'alluvione che ha colpito il torinese e
dell'allontanamento dei rom accampati nel campo di Lungo Stura Lazio per motivi
di sicurezza, l'onorevole Cavallotto della Lega Nord è intervenuto sull'evento
dichiarando "La pioggia è riuscita nell'impresa fallita da Fassino, cioè lo
sgombero del campo nomadi abusivo di Lunga Stura". Una dichiarazione choc che
arriva nel giorno in cui vengono commemorate le vittime di questa alluvione,
vittime che il gruppo della Lega Nord del comune di Torino ha chiesto di
ricordare con un minuto di silenzio.
A.I.Z.O. rom e sinti, Associazione che da 40 anni opera a favore
dell'inclusione del popolo rom, si esprime costernata per queste dichiarazioni,
che non possono essere giustificate con nessuna motivazione. Una calamità
naturale come un'alluvione è una tragedia che colpisce l'intera popolazione e il
popolo rom, spesso duramente colpito da queste disgrazie, merita la stessa
solidarietà di tutto il resto della popolazione. Ricordiamo per esempio la morte
di una bambina rom durante un'alluvione di alcuni anni fa', quando il fiume
Stura è esondato all'altezza del campo autorizzato di Strada dell'Aeroporto,
rischiando di travolgere tutte le abitazioni dell'area realizzata dal Comune.
Gioirsi di un evento così tragico che può mettere a repentaglio la vita di
persone, di qualsiasi etnia esse siano, è un atto vile e criminoso e che risulta
stridente con la richiesta del gruppo della Lega Nord di osservare un minuto di
silenzio per esprimere solidarietà alle famiglie colpite dalle recenti
alluvioni. Gli esponenti della Lega sembra continuino a dividere la popolazione
in due categoria: una a cui esprimere solidarietà e vicinanza, un'altra da
dimenticare e considerare solo quando crea problemi.
La replica del deputato, intervenuto dopo le polemiche che hanno suscitato le
sue parole, non sono sufficienti per giustificare delle parole così pesanti e
irrispettose della vita umana.
A.I.Z.O. ritiene che sia di fondamentale importanza affrontare la situazione
del accampamento di Lungo Stura Lazio ma trovando soluzioni alternative per le
persone che vi abitano che permettano loro di emanciparsi dalla condizione del
grande campo abusivo e non le costringano a cercare un'altra area dove
accamparsi tra topi e immondizia, senza acqua e elettricità. Uno sgombero senza
alternative di certo non risolve il problema della sicurezza e della legalità e
risulta essere solo un'inutile spreco di risorse economiche, ma augurarsi che
sia un'alluvione a sgomberare il campo è oltremodo insensato e irrispettoso.
A.I.Z.O. invece si augura che dichiarazioni di questo tenore, che provocano
anche l'indignazione della comunità internazionale, non vengano più espresse da
coloro che fanno parte dell'attuale governo.
Ndr: in redazione a Mahalla pensiamo che Davide Cavallotto si sia
montato la testa e pensi di essere parte di un progetto divino. Il sospetto ci è
venuto sin dai tempi che Cavallotto faceva l'imbianchino: come potete vedere nel
suo lavoro alla Cappella Sistina (QUI
foto originale), già allora immaginava che gli zingari non dovessero trovare
posto sull'arca.
Di Fabrizio (del 11/11/2011 @ 09:43:04, in Regole, visitato 1673 volte)
Intitoliamo questo siparietto "prove tecniche di dialogo". La
stessa testata un paio di settimane fa, riportava che i Sinti erano disposti
a pagare gli arretrati dovuti (rateizzandoli, immagino). Come potete leggere qui
sotto, a Stefano Cavalli della Lega Nord questo non basta. Anzi, lo manda su
tutte le furie (forse li preferisce morosi).
Pubblicato: lunedì 7 novembre 2011 - 17:16
Piacenza - Sinti di Piacenza, Cavalli (LN): "Sinti strumentalizzano i loro
stessi figli per continuare a non pagare. Comune e tribunale dei minori
intervengano per revocare loro la potestà genitoriale".
«Devo ammettere - dichiara Stefano Cavalli, consigliere regionale della Lega
Nord - che la comunità dei sinti piacentini è riuscita, ancora una volta, a
sorprendermi. Pur di non pagare i debiti accumulati per le utenze e pur di
ostacolare l'istallazione di impianti capaci di addebitare le utenze in base ai
consumi, gli occupanti del campo attrezzato di Torre della Razza ora tirano in
ballo, strumentalizzandoli nel peggiore dei modi, i loro stessi figli,
privandoli della scuola dell'obbligo. Un comportamento che si commenta da solo,
- aggiunge l'esponente del Carroccio - mi auguro solamente che l'Amministrazione
piacentina, spesso troppo accondiscendente nei confronti dei nomadi, non ceda ai
loro vili ricatti morali. Confido inoltre - conclude Cavalli - che il tribunale
dei minori si attivi quanto prima per revocare la potestà genitoriale a coloro
che stanno deliberatamente vietando ai loro figli di frequentare la scuola
dell'obbligo al solo scopo di poter continuare a consumare acqua ed energia
elettrica a sbaffo.»
Di Fabrizio (del 11/11/2011 @ 09:22:16, in Italia, visitato 1447 volte)
Nella giornata del 7 novembre è stato attuato l'ennesimo intervento di
polizia nei riguardi dei rom rumeni presenti sul nostro territorio, con lo
sgombero di circa quaranta persone, tra le quali tre bambini minori di cinque
anni e due donne in stato di gravidanza, accampati da circa due mesi sotto il
ponte di via Baracca nel Comune di Firenze. Le forze dell'ordine, giunte
alle prime ore del mattino quando gli abitanti si erano allontanati per le
consuete occupazioni, hanno provveduto a sequestrare le tende presenti e
liberare lo spazio, sparpagliando a terra gli effetti personali. Queste persone
sono state lasciate senza alcun riparo ed è stato concesso loro di dormire
soltanto un'altra notte nella stessa zona.
Ancora una volta un intervento di forza, attuato in condizioni climatiche
sfavorevoli e senza previsione di alcuna soluzione di emergenza per garantire
alle persone una minima tutela.
MEDU, in risposta ad un'urgenza umanitaria, provvederà [...] a distribuire delle
tende per offrire nei prossimi giorni una minima protezione almeno alle famiglie
in cui sono presenti i soggetti più vulnerabili.
MEDU denuncia le modalità di un'operazione di polizia che, oltre a ledere la
dignità e minacciare il rispetto dei diritti umani e in particolare del diritto
alla salute delle persone, non può avere altra conseguenza che il peggioramento
delle loro condizioni. Da ultimo, non è possibile non rilevare come tali
operazioni siano svolte nei confronti della popolazione rom con una frequenza e
una facilità che non è permessa né accettata in alcun altro contesto di
marginalità.
Di Fabrizio (del 10/11/2011 @ 09:11:08, in lavoro, visitato 1451 volte)
Segnalazione di Maria Di Lucia
Sfilata di moda 'rom' Nuovi modelli ma anche stimolo
alla tolleranza
(ANSA) - BUDAPEST, 6 NOV - Una sfilata di moda per combattere i pregiudizi e far
conoscere la cultura e le tradizioni del popolo Rom: e' quanto avvenuto ieri
sera nel cuore della capitale ungherese Budapest dove, al Museo delle Belle
Arti, e' stata organizzata da Romani Design una sfilata con le nuove creazioni.
''Diminuire i pregiudizi contro i Rom, e limitare il piu' possibile il crescente
numero di conflitti in seno alla societa' attraverso la moda'' e' stato
l'obiettivo che Romani Design si e' proposto.
Da
youtube: Attivista per
i diritti dei Rom e fondatrice del Romani Design Studio, Erika Varga organizza
una sfilata di haute couture che spera contribuirà a abbattere i
pregiudizi. Durata: 00:51
Dal 17 al 19 novembre alle ore 21.00 - il 20 novembre alle ore 18.00 Piccolo Teatro Campo d'Arte - Via dei Cappellari, 93 (Presso "Campo dei
Fiori") ROMA
Scritto e interpretato da Antun Blazevic (Tonizingaro)
Musiche del Maestro Nicola Serban (Cimbalon)
Spettacolo teatrale ironico e di denuncia, con la partecipazione di
musicisti rom. L'immaginaria lettera che un Rom, fuggito negli anni '90 dalla
ex-Yugoslavia in Italia, scrive al fratello rimasto nel paese di origine. Ironia
tagliante che fa riflettere sulla condizione dei Rom in Italia, presentati in
questa mise-en-scene come benestanti cittadini ben integrati nella società
italiana. Fantasie che un uomo racconta ai suoi cari ma che soprattutto racconta
a se stesso; una favola che fa sorridere e fa riflettere. Soprattutto perché
dall’altra parte dell’Adriatico il fratello rom risponde alla lettera in un modo
davvero inaspettato…
Di Fabrizio (del 09/11/2011 @ 09:13:46, in Italia, visitato 1827 volte)
NdR: Motivazioni che personalmente non condivido, ma che trovo legittime. Le riporto per puro dovere di cronaca, perché mi sembra solo una ripicca (tra
fratelli coltelli) che, dopo settimane di discussioni, questa presa di posizione
pubblica (in privato lo si sospettava da un po')
sia arrivata a soli 2 giorni dalla
manifestazione del 9 novembre.
(da
youtube) Sempre
per dovere di cronaca, potete trovare gli aggiornamenti in diretta della manifestazione su
Twitter.
Federazioneromani.wordpress.com - 7 novembre 2011 - "Sembra che nessuno voglia riconoscere che la storia contemporanea ha creato
un nuovo genere di esseri umani – quelli che sono stati messi nei campi di
concentramento dai loro nemici e nei campi di internamento dai loro amici".
(Hanna Arendt)
In occasione della prossima manifestazione nazionale dei Rom e dei Sinti,
promossa a Roma per il prossimo 9 novembre, la Federazione Romanì esprime la
propria dissociazione dalla piattaforma rivendicativa e ritira l'adesione
all'iniziativa.
Il documento unitario che convoca la manifestazione pone soluzioni abitative che
non superano la concezione stessa dei campi nomadi, e, al contrario, ne
rafforzano "l'utilità" indirizzando un agire istituzionale distorto che continua
a intervenire proponendo soluzioni speciali, "differenziate", su una categoria
di persone inventata: " i nomadi"
La Federazione Romanì afferma in maniera forte e chiara la centralità del
diritto alla casa come il tema decisivo della partecipazione attiva e come
elemento centrale di un riconoscimento e una considerazione imperniati sui
diritti di una minoranza storica e significativa anche per consistenza numerica.
E' ancora forte il pregiudizio in base al quale i Rom rifiutano di vivere nelle
case perché vogliono vivere nei campi nomadi o all'aria aperta o in aree e
terreni a "larghi orizzonti"; questi pregiudizi la popolazione romanì li ha
pagati duramente in termini di emarginazione ed esclusione sociale, culturale e
politica.
Sono pregiudizi prodotti anche dall'impreparazione del volontariato,
dall'utilitarismo delle cooperative sociali che gestiscono i campi "nomadi",
dalla negligenza e inettitudine istituzionale nel confrontarsi con una minoranza
ascoltandola ed interloquendo direttamente.
Quella dei campi, dei "villaggi attrezzati" e delle "microaree", oltre ad essere
un'anomalia tutta italiana, è una soluzione "differenziata",
discriminante e segregante, e spesso sono le autorità che spingono le famiglie
rom a vivere in questi luoghi di ghettizzazione che strutturano un sistema di
apartheid proposto esclusivamente alla popolazione romanì.
Vogliamo dunque dichiarare che anche la popolazione romanì aspira ad
un'abitazione "normale" per superare definitivamente ogni forma di
segregazione/emarginazione abitativa, e vorrebbe poter essere presa in
considerazione per accedere alle case dell'edilizia popolare, definendone la
progettazione, le tipologie e le modalità.
Ridurre il fabbisogno abitativo alle forme truccate del campo "nomadi" è
un'azione di efferata violenza e disumanizzazione.
La Federazione Romanì, le 18 associazioni e le persone che la compongono (tutte
attive professionalmente sul territorio Italiano) credono che sia arrivato il
momento di offrire alla minoranza romanì risposte politiche e di politica
abitativa adeguate che facciano superare, senza alcuna possibilità di falsa
interpretazione, la logica segregante dei campi nomadi e che, allo stesso tempo,
restituiscano dignità alla coscienza collettiva del Paese.
La manifestazione del 9 novembre rischia di generare equivoci su un tema così
importante; inoltre è basata su presupposti di contrapposizione che al momento
non possiamo comprendere, vista la recente assegnazione (11 luglio 2011) alla 1°
Commissione della Camera dei Deputati della proposta di legge per il
riconoscimento della storica minoranza etnico-linguistica.
Nazzareno Guarnieri – presidente Federazione Romanì
GLI ADERENTI ALLA FEDERAZIONE ROMANI' Graziano Halilovic – Ass. Romà onlus di Roma,
Ass. RomSinti@Politica Teramo
Demir Mustafa – Amalipè Romanò di Firenze,
Vesna Vuletic – Ass. Idea Rom Onlus Torino,
Ass. Azunen Romalen di Napoli,
Coop. Pralipè di Pescara,
Sergio Suffer – Nevo Gipen di Brescia,
Loris Levak – Ass. Rom Kalderash di Venezia,
Vojkan Stojanovic – Ass. Romano Pala Tetehara di Collegno (TO),
Mauro Priano – ASD Amalipè di Palermo,
Ass. Tikanè Assiem di Isernia,
Centro Studi Ciliclo Roma
Ass. Sassarè Lamè Isernia,
Ass. Paparuga di Torre del Greco,
Saska Jovanovic – Ass. Romnì Onlus Roma
Carlo Stasolla – Ass. 21 Luglio Roma
Marco Brazzoduro – Coop. Antica sartoria rom Roma
Fattoria sociale Bravalipè Chieti
(mi-lorenteggio.com) Buccinasco, 07 novembre 2011 - Stamane alle ore 8.00 si
doveva tenere la demolizione forzata delle ville dei Sinti, per dare esecuzione
ad un'ordinanza, ma, ciò non è avvenuto perché parte delle demolizione stava
avvenendo, come stabilito. Tutti i dettagli nel video
Io e
Paul Polansky siamo seduti al bar uno di fronte all'altro. Sul tavolino tanti libri e due bicchieri di birra. So che la sera mi aspetta un compito non facile: dobbiamo presentare il suo
ultimo libro uscito da appena 2 giorni, e ovviamente non ho ancora potuto
leggerlo.
Per fortuna il posto è tranquillo. Paul mi ha riassunto i capitoli principali, a
cui ho dato una rapida scorsa, poi gli faccio alcune domande su quelle che mi
sembrano le questioni chiave sollevate. Ci accordiamo: durante la presentazione,
leggerò l'inizio di quei capitoli e gli porrò 2 o 3 domande per volta, altre
(spero) verranno dal pubblico, lui risponderà.
Non voglio fare una brutta figura di fronte a lui e al pubblico, così gli dico
che mentre aspettiamo darò un'altro sguardo al libro, "RANDOM", per farmene
un'idea meno approssimativa. Lui annuisce e si concentra nella traduzione in
spagnolo di alcune sue poesie.
Leggo con attenzione ma poca partecipazione l'introduzione di Pietro Marcenaro e
poi quella sua. Passo alle pagine interne, scorro la prima parte sulla Spagna. E
da questo momento termina la mia intenzione di leggere a caso e la mia
improbabile carriera di critico. Perché quando passo distrattamente al secondo
capitolo, la storia diventa un film breve e appassionante che non riesco ad abbandonare: quei
personaggi lì vedo davanti a me, reali, in tutto simili a tanti che conosco.
Riconosco il loro modo di parlare e ricordare, le strade percorse, le loro
vicissitudini, forse ne sento persino l'odore.
Ho persino paura che qualcuno possa notare il mio turbamento. Cerco di calmarlo
uscendo a fumare una sigaretta.
A parte questo, cosa potete trovare in 206 pagine, al prezzo di 18 euro?
Tante cose. Chi già conosce l'autore, troverà la risposta ad una domanda che
viene naturale farsi: come ha iniziato a vivere con gli zingari e perché ha
iniziato a scriverne. Chi non lo conosce, potrà fare un viaggio introduttivo
nella storia, cultura, religione, dei popoli rom e sinti in Europa e altrove.
Polansky è nel contempo un antropologo severo ed un testimone partecipe. Ama
ripetere: "Vivo tra gli zingari come uno studioso, ma ne scrivo con le loro
parole e la loro mente." ...Le loro parole e la loro mente: ecco il senso
del turbamento che descrivevo prima, perché Polansky sa anche essere scrittore
di razza. Asciutto, fotografico.
E poi, il libro va letto anche per le piccole chicche:
come quando racconta di un Rom scampato alla guerra, che nel 1948 aiuta
un Tedesco residente nei Sudeti ad abbandonare la Cecoslovacchia comunista,
che stava espellendo tutti i cittadini di origine tedesca;
o di quando ricorda un suo viaggio nel deserto del Rajastan: giunto nei
pressi di un accampamento zingaro, questi gli chiesero se voleva ascoltare
la loro musica. Si misero a suonare, ed eruppe una musica che a decine di
migliaia di km. e a secoli di distanza, assomigliava in tutto al cante
hondo dei gitani.
Lasciamo il libro per un momento, e facciamo un confronto:
Non voglio dilungarmi, il libro potrà anche stupire o far discutere, visto
che l'argomento ZINGARI rimane scottante. L'importante è approcciarlo con la
serietà e la passione necessarie.
Termino riportando l'ultima pagina del libro, per la sola
ragione che è bella:
Vivendo con loro ho scoperto che le differenze tra loro e me sono così
piccole che a volte non riesco a vederle affatto. L'amore delle madri per i
loro figli mi ricorda l'amore della mia per i suoi sette figli. Infatti, ho
notato che le madri, e in generale le famiglie gitane, sono molto più
premurose di quanto non siano le famiglie europee o americane di oggi. Gli
Zingari anziani non vengono messi in case di cura come fossero dei lebbrosi
ma, al contrario, vengono accuditi e rispettati nella propria casa e dalla
propria famiglia. Ciò non accade spesso nella civiltà occidentale.
So che, quando sarò vecchio, sarà probabilmente una famiglia di Zingari a
prendersi cura di me fino alla mia morte e non uno dei miei quattro figli.
Grazie Dio, per aver creato gli Zingari. Possano essi ereditare la terra,
come Dio ha promesso loro!
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