Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

\\ Mahalla : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 23/05/2011 @ 09:56:08, in musica e parole, visitato 1448 volte)

Da Slovak_Roma

Roma Press Agency, cop, translated by Gwendolyn Albert

18/05/2011 - E' stata rilasciata in Francia una graphic novel intitolata "Des Nouvelles d'Alain" (Notizie di Alain), in cui i protagonisti sono i membri della banda rom Kesaj Tchave di Kežmarok, Slovacchia, guidata dalla famiglia Akimov. Il libro è il lavoro del rinomato autore e fotografo Alain Keler, del raffinato artista e sceneggiatore Emmanuel Guibert, e del graphic designer Frédérique Lemercier.

"Questi signori sono leader nei loro settori. Il loro interesse per i Rom è ammirevole ed un onore per noi," ha detto Ivan Akimov di Kesaj Tchave a Roma Press Agency (RPA).

Il libro è stato inizialmente pubblicato come una serie di quattro raccolte fotografiche sul giornale Revue XXI. Alain Keler ha fornito i testi, Emmanuel Guibert e Frédérique Lemercier hanno sviluppato la grafica. "Siamo stati nella quarta parte, le prime tre erano dedicate a rapporti dai Balcani e dalla Repubblica Ceca. Dopo la prima pubblicazione su XXI, sono state approfondite altre parti, ed all'inizio del 2011 Les Arénes l'ha rilasciato come pubblicazione indipendente dallo stesso nome, "Des Nouvelles d'Alain", dice Akimov.

La raccolta delle segnalazioni è stata allargata ad includere l'Italia e la Slovacchia, con testimonianze da Letanovce. "Personalmente ero molto attratto dal capitolo dove è descritta la situazione in Boemia, comprese le marce neonaziste a Janov. La pubblicazione ha incontrato una grande risposta dai lettori. E' disponibile in tutte le librerie e sta vendendo bene. I redattori di Revue XXI e Les Arenes hanno deciso, d'accordo con gli autori, che una certa parte delle vendite sarà donata alla nostra associazione e ad Ecodrom di Montreuil. Ci hanno anche invitato al prestigioso festival del fumetto e della graphic novel, BD Boum, a Bois novembre scorso, dove è stato ufficialmente presentato il libro. E' una benedizione e un onore per noi far parte di questo lavoro. Però, la cosa più importante è che larealtà rom sta raggiungendo un vasto pubblico in questa forma attraente e facilmente accessibile, mentre la popolarità degli autori significa che questo accade in una scala senza precedenti," ha detto Akimov.

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Di Fabrizio (del 23/05/2011 @ 09:06:32, in Italia, visitato 1490 volte)

Caro direttore,
non credo che l'uscita di Bossi su "zingaropoli" convinca ancora molti elettori a cambiare voto. Non perché gli zingari non suscitino avversione o peggio odio in una bella fetta di popolazione. Ma perché di questi "al lupo! al lupo!" se ne sono ormai sentiti troppi e da gente che ormai di credibilità ne ha ben poca.

Resta il fatto sgradevole che ancora una volta la destra non esita a solleticare le corde del razzismo e della xenofobia per attrarre consenso che non riesce a ottenere con proposte positive.

Resta la tristezza di vedere chi si pretende interprete della "milanesità" ricorrere a messaggi che sono l'opposto della vera cultura milanese. Cultura tollerante, umanista e illuminista, da Beccaria a Manzoni, da Verdi a Strehler, a Vecchioni.

Nel 1968 il grande milanese-non-milanese Jannacci Vincenzo (detto Enzo) andava a Canzonissima portando la bellissima "Quando gli zingari arrivarono al mare".

Oggi un Ministro della Repubblica vorrebbe spaventare i milanesi con la parola 'zingari'.

A furia di cercare radici tanto lontane, fino ai celti, che non hanno proprio nulla da dirci, ci si dimentica delle nostre migliori che hanno ancora molto da dirci.

Saluti cordiali

20/05/2011
Roberto Caielli

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Di Fabrizio (del 22/05/2011 @ 09:58:16, in Kumpanija, visitato 2169 volte)

Da Roma_Daily_News

Cingeneyiz.org Essere zingari o no Mustafa Aksu: Ricercatore e autore aksumustafa@gmail.com

18/05/2011 - Sapevo che gli zingari sono stati esclusi, perché è capitato anche a me da bambino e da giovane. La situazione non mi piaceva. Anni dopo, ho visto che c'erano accuse contro di noi nei dizionari editi da fondazioni pubbliche, enciclopedie, libri di studiosi e persino in alcune leggi...

Alcuni testi che includevano discorsi discriminanti sono stati cancellati dai dizionari, dopo la mia battaglia legale di anni.

Per il nostro popolo è stato un grande successo. Tuttavia, superare i pregiudizi verso gli zingari usando la cultura è molto più importante.

Faccio lezioni, partecipo a programmi tv allo scopo di vincere i pregiudizi contro il mio popolo. Sto scrivendo libri, alcuni dei miei articoli sono pubblicati su pagine web... sono contento. Cercherò di fare del mio meglio anche se ormai sono vecchio. Ho contattato zingari istruiti per raggiungere più facilmente i miei scopi. Ho incontrato primi ministri, studiosi, burocrati, musicisti di origine zingara, come risultato delle mie ricerche in tutta la Turchia.

Quando annunciai i nomi di 27 zingari famosi, 3 di loro (uno era un ex ministro e gli altri musicisti) si arrabbiarono con me. Fecero dichiarazioni sulla stampa. Mi rimproverarono per averli "smascherati". Essere zingari per loro era un errore. Mi minacciarono di denuncia. Da allora sono passati quattro anni. Non c'è stata nessuna denuncia a mio carico.

Il mio scopo non era di insultarli. Voglio dar loro dignità, annunciando la loro origine zingara. Voglio ammonire le persone sui pregiudizi contro gli zingari e fermare la discriminazione. Zingaro non è un aggettivo. Zingaro è il nome della nostra identità etnica. Affermare che qualcuno è zingaro non è svilirlo.

Uno dei famosi musicisti ha protestato inviandomi una lettera autenticata. Un altro, durante un programma su ATV Channel, ha detto: "Non sono né zingaro né Rom. Gli zingari non hanno documenti, non sono arruolati nelle forze armate. L'origine della nostra famiglia è così chiara, non ci sono dubbi. Mio padre è un capitano in pensione. Quindi non siamo zingari e non vogliamo esserlo."

Per iniziare, chi non si registra all'ufficio nascite non ha documenti, sia uno zingaro oppure no. Gli zingari hanno le carte d'identità se sono registrati alla nascita. Non ci sono zingari che disertano. I loro giovani vengono mandati a militare con gli strumenti musicali.

Secondariamente, dove nasci, o il tuo lavoro o status, non sono un segno della tua origine etnica. Devi rispettare tutti i tipi di origine etnica.

Sono nato a Düzce. Sono stato un funzionario delle ferrovie statali. Ho vissuto ad Ankara. Sono stato sposato per 56 anni. Sono stato nell'esercito come ufficiale di riserva. E sono, senza dubbio, uno zingaro. Quindi?

La gente deve cambiare mentalità. Tutti devono poter dire che non è importante essere zingaro o non esserlo.

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Di Fabrizio (del 22/05/2011 @ 09:30:12, in media, visitato 1621 volte)

mercoledì 25 maggio alle 20.00
Sala Dei Venti, Via Lazzaretto, 17 - Milano


Cineclub DOCUMENTARIA presenta
THE MILLION DOLLAR KID

"The million dollar kid" è un puledro appena comprato da Dennis alla fiera dei cavalli di Ballinasloe, in Irlanda.
Dennis è un "traveller", ovvero un viaggiatore, così vengono chiamati per il loro nomadismo gli zingari irlandesi.
La vita di Dennis, come di molti altri travellers, è legata di generazione in generazione all'allevamento ed il commercio di cavalli.
Questo documentario lancia uno sguardo ad una Irlanda poco conosciuta, alla scoperta della vita, cultura e tradizioni di questo popolo nomade.

Cineclub DOCUMENTARIA è la nuova rassegna di documentari indipendenti che si tiene il mercoledi (random) alle 20 presso la Sala dei Venti, in via Lazzaretto 17, zona Porta Venezia a Milano. Ingresso 5 euro con buffet e bevande comprese fino ad esaurimento!!!
Speriamo di avervi nostri ospiti ogni mercoledì alla Sala dei Venti, il nuovo spazio culturale di Milano!!!


[Una produzione MONKEY FACTORY]

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Di Fabrizio (del 21/05/2011 @ 09:35:27, in musica e parole, visitato 1328 volte)

(link per chi legge da Facebook)

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Di Fabrizio (del 20/05/2011 @ 09:41:06, in Europa, visitato 1608 volte)

Nel suo rapporto annuale, pubblicato venerdì scorso, Amnesty International sostiene che la Slovacchia non si conformi agli impegni assunti, in sede di comunità internazionale, nell’ambito della difesa e garanzia dei Diritti Umani.
Nel mirino della benemerita Organizzazione Non Governativa è, come al solito, il trattamento discriminatorio al quale sono soggetti i cittadini di etnia rom della Slovacchia.

Luník IX, Košice

Anche quest’ultima analisi di Amnesty International conferma l’esistenza di ostacoli alla normale fruizione, da parte degli zingari, del sistema educativo, di accettabili condizioni abitative e persino della normale assistenza sanitaria.
La pietra dello scandalo è, ovviamente, la segregazione dei bambini Rom nell’ambito della cosiddetta “scuola pubblica” che risulta inaccettabile e squallidamente razzista a qualunque osservatore esterno abbia l’occasione di notare la differenza di condizioni riservata ai bimbi rom, quasi sempre destinati ai “corsi speciali” come se pagassero davvero il fio di una tara genetico-razziale e non di ignobili condizioni nel contorno socio-economico.
Il rapporto di Amnesty International (il cui contenuto non può che indignare le persone civili) ricorda anche i muri costruiti in alcune municipalità slovacche proprio allo scopo di isolare gli zingari dai “gentili”.

tre bimbi Rom

Vale la pena di ricordare che la palma dell’apartheid slovacco spetta al villaggio di Ostrovany che, per primo, nel 2009, iniziò la costruzione di questa novella “settima meraviglia” della modernità. Non a caso i sindaci di Michalovce e di Prešov (tra i tanti) si sono peritati di seguirne l’edificante esempio.
Ma nel rapporto ci sono anche le 90 famiglie rom di Plavecký Štvrtok (giusto vicino alla civilissima Bratislava) a cui è stata minacciata la demolizione della casa (tra grida di giubilo e manifestazioni di gioia da parte degli altri residenti) perché mancano i documenti che ne dimostrino la congruità strutturale rispetto ai dettami della legge.

Insediamento rom, Plavecky Stvrtok © Amnesty International

Una nota speciale merita, sempre secondo gli esperti di diritti umani, anche la vicenda di Mustafa Labsi, l’algerino con figli e compagna slovacca, forse perseguitato o forse terrorista, che è stato comunque rispedito in patria, dove di sicuro non si fanno specie di trattarlo diversamente da quanto prevederebbero le convenzioni sui diritti umani e la civiltà che dovrebbe essere propria agli uomini.
Amnesty International conclude criticando aspramente l’attuale coalizione di centrodestra, che sarebbe stata incapace di gestire i problemi più urgenti eliminando almeno l’ignobile ed inaccettabile segregazione scolastica.
Le resistenze, c’è da dire, sono più popolari che istituzionali. Lo dimostrano i tanti genitori di alcune scuole del paese che, posti di fronte alle misure di “integrazione raziale”, hanno preferito trasferire i loro figli in scuole anche remote purché prive di scolari rom.

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Di Fabrizio (del 19/05/2011 @ 09:37:27, in lavoro, visitato 1371 volte)

Da Roma_Daily_News

ryz, Tn.cz, translated by Gwendolyn Albert - Prague, 15.5.2011 08:30

La stazione televisiva privata TV NOVA ha filmato giovedì scorso con una telecamera nascosta un episodio di discriminazione contro persone di colore, da parte di un'agenzia lavoro che assume per la fabbrica automobilistica Hyundai in Repubblica Ceca. František Holub, rom, e sua moglie Monika, non rom, cercavano entrambe lavoro alla fabbrica di Nošovice attraverso l'agenzia d'impiego A&T Construction. Holub dice che l'agenzia ha istruzioni di non assumere rom.

"Prima l'agenzia ciha promesso il lavoro, tutto era concordato, ma proprio prima di iniziare, un'impiegata dell'agenzia mi ha telefonato e chiesto se mio marito fosse rom. Ho detto di sì, e lei s'è scusata dicendo di non preoccuparli e di recarmi a lavoro. Io potevo andare, ma lui no," ha detto Monika Holubová a TV NOVA. "Ho chiesto cosa intendeva e lei mi ha detto che l'agenzia ha istruzioni direttamente da Hyundai di non prendere gente rom," ha detto Holubová, aggiungendo che il comportamento dell'agenzia l'ha molto offesa ed ha rifiutato il lavoro offerto.

Il management presso la Hyundai ha nettamente presole distanze dalle dichiarazioni del dipendente dell'agenzia. La Hyundai dice che Holub aveva già lavorato per loro ed era stato lasciato andare per violazioni della disciplina di lavoro. "L'affermazione che non assumeremmo rom è assolutamente priva di senso, dei rom stanno attualmente lavorando alla fabbrica HMMC. La compagnia prende decisamente le distanze dalle dichiarazioni fatte dal personale della A&T Construction. Hyundai non ha mai collaborato e non sta attualmente collaborando con quell'agenzia," ha detto a TV NOVA Petr Vaněk, addetto stampa per la Hyundai di Nošovice.

Monika Holubová si è recata presso A&T Construction indossando una telecamera nascosta e filmando un'impiegata dell'agenzia che confermava che la discriminazione accade realmente. "E' che ai coreani non piace la gente con la pelle scura, non li assumono. Ci hanno detto direttamente che non avevamo il permesso di assumere gente con la pelle scura. Come agenzia per l'impiego non ci è permesso assumere Rom, o meglio non solo loro, la chiunque abbia la pelle scura, come turchi o qualsiasi altro," ha detto l'incaricata durante la registrazione.

"Semplicemente non capisco perché l'impiegata affermi una cosa simile. Rigetto categoricamente le sue dichiarazioni," ha detto Petr Vaněk a TV NOVA. Mentre Vaněk dice che la sua compagnia non collabora con A&T Construction, la pagina web dell'agenzia offre impiego nella fabbrica.

František Holub ha deciso di non accettare questa bugia. "Voglio mostrare alla gente cosa sta accadendo qui. Ho lavorato per tutta la vita, sono qualificato come saldatore professionista ed operatore di gru, e sono qualificato anche per altre posizioni. Voglio lavorare, i miei figli studiano, uno va alle superiori, ho bisogno di un lavoro, ma dato che sono rom non ne ho il diritto," si è lamentato Holub, aggiungendo che si rivolgerà alle autorità competenti.

L'Autorità di Controllo dell'Ufficio del Lavoro valuterà le obiezioni di Holub. TV NOVA riferisce che la multa per comportamenti simili può essere sino ad 1 milione di CZK.

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Di Fabrizio (del 18/05/2011 @ 09:00:30, in Europa, visitato 2024 volte)

Da Baltic_Roma

WindowonEurasia By Paul Goble [1]

Staunton, 04/05/2011 - Le crescenti tensioni tra i Rom e le nazionalità titolari dell'Unione Europea hanno suscitato reazioni a Mosca, sull'ipotesi che componenti di questa comunità spesso disprezzata stiano per trasferirsi nella Federazione Russa, sia per conto proprio che in base ad un accordo tra UE e Russia, perché in questo paese ci sarebbe bisogno di più immigrati possibile.

Ieri la Komsomolskaya Pravda ha riferito di questa possibilità, raccogliendo una storia riportata in precedenza dal portale Tolkovatel.ru.

Secondo Tolkovatel.ru, la possibilità di un accordo sulla cui base i Rom europei sarebbero inviati nella Federazione Russa ed eventualmente in Ucraina, sarà oggetto delle prossime discussioni tra la UE e la Federazione Russa, , un passo appoggiato dalla Francia e da diversi paesi dell'Est Europa, ma sembra osteggiato dalla Germania.

La prima menzione pubblica, secondo Tolkovatel.ru, venne fatta da un programma radio di Komsomolskaya Pravda, quando Roman Grokholsky, leader della comunità rom nella Federazione Russa, disse che secondo lui, "per ragioni economiche la Russia potrebbe accettare [i Rom d'Europa]. E' una terra enorme."

Come riportato da Yuri Filatov sulla Komsomolskaya Pravda di ieri, "l'Europa sembra aver trovato una soluzione radicale al problema dei propri Rom [il cui numero si aggira tra i nove e i dodici milioni] - semplicemente prendendoli e reinsediandoli in Russia."

I paesi europei non possono certo vantare buoni rapporti con i Rom. L'anno scorso, per esempio, il presidente francese Nicolas Sarkozy espulse "diverse migliaia" di loro in Bulgaria e Romania, azione che fu denunciata dai gruppi internazionali dei diritti umani ma venne generalmente appoggiata dal popolo francese e dai residenti di molti altri paesi UE.

Ma nonostante questo appoggio i governi europei hanno concluso, continua Filatov, che non è "tecnicamente o economicamente" fattibile "deportare tutti i Rom in Romania e Bulgaria come è stato fatto nel passato: le dimensioni di questi paesi non lo permettono e ci sono le proteste sempre più forti dei nazionalisti locali" a quella idea.

Come risultato, gli Europei hanno scoperto la nozione "perché non reinsediarli in Russia (ed anche in Ucraina)," che hanno spazio e lavoro per sistemarli e che, secondo il punto di vista degli Europei, hanno una tradizione di tolleranza verso i Rom, come si evince dai romanzi e dalla musica russa.

Si prevedeva, così il documento, che "ogni famiglia rom avrebbe ricevuto dall'Unione Europea i soldi del viaggio e per il reinsediamento." Non è stato determinato l'ammontare esatto, ma probabilmente sarebbero stati 500 euro a persona, cioè quanto ricevuto in precedenza dei Rom deportati dalla Francia.

"In questo modo," dice Filatov, "contando sul nostro spirito di accoglienza e ospitalità, la -tollerante- Europa vuole a nostre spese risolvere il problema della sua intolleranza. Ed è interessante notare che nei circoli di potere in Russia, la notizia sia stata attivamente preparata per decisioni simili."

Difatti, dice il giornalista della Komsomolskaya Pravda, l'elite russa non sta pensando solo ai Rom europei. Specificamente, pensa anche a Cinesi ed Africani per affrontare il sempre più grave declino demografico della Federazione Russa.

Filatov cita i commenti di Zhanna Zayonchkovskaya, capo del laboratorio migrazioni dell'Istituto di Pronostici Economici all'Accademia delle Scienze, durante una riunione di settimana scorsa dedicata alle dimensioni demografiche del documento strategico di Mosca per il 2020.

Tenuto conto del declino della Russia nella sua popolazione totale e specialmente tra quanti in età da lavoro, Zayonchkovskaya ha detto che la Russia dovrà attrarre almeno 20 milioni di migranti maggiori di 15 anni. I paesi dell'Asia Centrale possono fornirne non più di sei milioni, e quindi la maggior parte dovrà arrivare dalla Cina.

I lavoratori cinesi stanno già migrando in Russia ed il loro numero è destinato a crescere negli anni a venire, ha detto Zayonchkovskaya, notando che "tanto più metteremo la testa sotto la sabbia, tanto più [il risveglio] sarà per noi inatteso." Ed è in corso un gran cambiamento: entro la metà del secolo, ha detto in Russia ci saranno più Cinesi che Tatari.

Simili flussi migratori avrannol'effetto di aumentare le attitudini xenofobe tra i Russi, come si riflette e cerca una via d'uscita il recente caso del proibito (il caso ora è in appello) Movimento Contro l'Immigrazione Illegale (DPNI). E non sorprende che il portale del DPNI presenti queste storie sui Rom d'Europa.

Ma i commenti di Zayonchkovskaya riflettono il dramma in cui si trova il governo russo: se permette più immigrazione, aumentando la percentuale di popoli non slavi, si troverà di fronte ad una popolazione sempre più antagonista. Ma se non lo fa, ne soffrirà l'economia, ed il regime dovrà affrontare la rabbia di classe invece di quella etnica.
____________

[1] Paul Goble è da lungo tempo uno specialista in questioni etniche e religiose dell'Eurasia. Recentemente, è stato direttore di ricerche e pubblicazioni presso l'Accademia Diplomatica dell'Azerbaijan. In precedenza aveva lavorato come vice preside per le scienze sociali e umane all'Università Audentes di Tallin e come ricercatore anziano associato all'EuroCollege dell'Università di Tartu in Estonia. Mentre era lì, lanciò la serie "Finestre sull'Eurasia". Prima di entrare là in facoltà nel 2004, prestò servizio a vario titolo nel Dipartimento di Stato USA, nella Central Intelligence Agency e all'International Broadcasting Bureau, come pure a Voice of America e Radio Free Europe/Radio Liberty e al Carnegie Endowment for International Peace. Scrive frequentemente su tematiche etniche e religiose e ha pubblicato cinque volumi su etnia e religione nell'ex spazio sovietico. Formatosi all'Università Miami nell'Ohio e all'Università di Chicago, è stato premiato dai governi di Estonia, Lettonia e Lituania per i suoi lavori nel promuovere l'indipendenza baltica e il ritiro delle forze russe da quelle terre occupate in precedenza.

Può essere contattato direttamente a paul.goble@gmail.com

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Di Fabrizio (del 17/05/2011 @ 09:55:33, in Italia, visitato 1482 volte)

di Bruna Iacopino, Articolo 21 -14 maggio 2011

"Siamo persone e non bestie". Parlano i rom "sgomberati" della capitale " Chi governa ha deciso che adesso gli zingari (testuale) devono andare tutti via e gli italiani sono d'accordo... e se domani qualcuno si sveglia e dice che bisogna ammazzarci tutti, voi che fate?" Parla con voce bassa e pacata, M. (la chiameremo così), mentre lentamente, in quell'angolo nascosto di Roma, si fa buio e sale l'umidità dal terreno. Zingari dice, e non rom, perché così vengono apostrofati durante uno sgombero, così continua a chiamarli la gente.
M. avrà sui quarant'anni, ma ne dimostra molti di più, siede composta sul bordo di un materasso, trovato chissà dove, mentre i suoi due nipotini piccolissimi dormono beatamente coperti solo da un tetto spiovente ricavato con due pannelli di legno leggero e un involucro di plastica in caso di pioggia. Intorno erba alta, rovi, topi e spazzatura.
Prima dello sgombero, avvenuto intorno alla metà di aprile, lei insieme alla sua famiglia, i figli, la nuora, giovanissima e i nipoti di un anno e mezzo e sei mesi, stavano tutti nel campo abusivo di via del Flauto, ora, come tanti altri, centinaia, vive per strada o dove capita, nel primo posto utile, dove è possibile montare una tenda improvvisata e trovare così riparo per la notte. "Ci trattano come se fossimo animali, ci fanno stare come animali... ma io so bene che qualsiasi persona ha bisogno di lavarsi tutti i giorni, ha bisogno di dormire in un letto con lenzuola pulite, di avere un tetto sopra la testa, di mangiare bene e non come facciamo noi adesso, roba presa dai cassonetti. La vera bestia è chi ci costringe a vivere così".

Parla un italiano stentato, ma i concetti, nella sua testa e per noi che stiamo lì ad ascoltarla, sono fin troppo chiari.
Racconta di una burocrazia lenta e ingarbugliata, di tribunali e servizi sociali, del terrore più grande: che le venissero sottratti i figli per la mancanza dei documenti... " Esistono dei diritti internazionali che valgono per tutti, anche per noi che siamo Rom, e allora perché tutto questo, perché cacciarci come bestie? Che cosa abbiamo fatto di male? Io... io ho la fedina penale pulita non ho mai fatto nulla di male, però quando vengono a prenderti e ti portano via per identificarti ti mettono insieme ai criminali (gente che ha rubato, ucciso) come se anche tu fossi un criminale..."
E' come se riflettesse a voce alta, un flusso continuo e ininterrotto di pensieri da scacciare, da buttar fuori, il volto stanco di chi è stato in giro tutto il giorno, a rovistare nell'immondizia. La sola alternativa che ha adesso è prendere con se la sua famiglia e tornarsene in Romania da dove è venuta, però prima c'è da risolvere il problema dei documenti della nuora, sepolti durante le operazioni di sgombero, sotto i resti delle baracche insieme a tutto quello che avevano.

Le ruspe, accompagnate dai servizi sociali e le forze dell'ordine in genere arrivano la mattina piuttosto presto, senza un preavviso, danno giusto il tempo di uscire di casa e buttano giù: i documenti li perdono in molti. La stessa sorte è toccata anche ad A., che invece stava nel campo di via Severini, sgomberato nello stesso periodo, anche il suo documento è rimasto sepolto sotto i resti della baracca, da un paio di anni la sua casa, e insieme ai documenti sono rimasti i vestiti della sua bambina di 5 anni. "Non mi hanno dato il tempo di prenderli e la bambina dal 18 aprile non può più andare all'asilo, come faccio a portarla così..." Dove stanno "accampati" adesso non c'è un posto dove potersi lavare, per attingere acqua c'è una fontana pubblica, che usano per bere e cucinare qualcosa.

A. mi racconta che qualche giorno fa l'hanno fermata e portata in questura per l'identificazione, ora ha con se anche un foglio di via.
Anche a via Severini era stata proposta l'accoglienza a Castel Nuovo di Porto, ma solo per donne e bambini, gli uomini si sarebbero dovuti arrangiare, la maggior parte di loro ha rifiutato e si sono sparpagliati per la città. " Io ho cercato di spiegarglielo, anche alla polizia, che è inutile che ci sgombrano in continuazione, tanto noi ritorniamo." Sorride A., è poco più di una bambina. Anche qui, dove stanno adesso, le forze dell'ordine sono già arrivate per mandarli via: "Hanno buttato giù tutto e poi hanno anche dato fuoco" mi dicono, facendomi vedere i resti bruciacchiati di legno e cartone.

E loro lì ci sono tornati, alternative non ne hanno. Tornare in Romania?
" E per fare cosa, senza soldi?" Mi risponde. Suo marito lavora a giornata dove capita, in genere va al mercato a scaricare la merce che arriva la mattina molto presto, così riescono a tirare avanti. " Dalla Romania siamo venuti via perché non c'era più lavoro per noi, prima lavoravamo in campagna, con la terra, allevavamo gli animali, adesso non c'è più niente e tutto costa il doppio che in Italia..."
Il buio scende sempre più fitto nel fossato in cui ci troviamo, rischiarato appena da un piccolo fuoco che dovrà servire a cuocere la cena. E domani sveglia presto, appuntamento alle 8.30 per andare in via Assisi a richiedere il biglietto per la Romania: "rimpatrio assistito", lo chiamano.

Ad accompagnarli però non ci sarà qualcuno dei servizi sociali, ma I. una "signora di cuore" come dicono loro, che li conosce e li segue con profonda umanità dall'inizio di tutta questa assurda vicenda, è grazie a lei se sto lì. I. si dibatte tra lo stupore e l'indignazione, animatamente mi racconta della "disavventura" capitata ad una delle famiglie sgomberate: " ...la mattina dello sgombero a via Severini hanno anche sequestrato un furgone senza neanche accertarsi chi fossero i proprietari e se i documenti stavano posto e senza rilasciare un verbale... ma i documenti erano in regola! E invece no, hanno costretto persone oneste a pagare un avvocato andando a raccogliere ferraglia per la strada solo per farsi restituire il furgone e poter ripartire per la Romania. Mi hanno mandato un messaggio, sono arrivati stamattina..." mi dice, tirando quasi un sospiro di sollievo. Almeno loro sono lontani da qui.
Li salutiamo che ormai è buio. "Vengo domattina a portare un po' di latte caldo, va bene?" Strilla I. allontanandosi.
"Speriamo che stanotte non viene la polizia a sgombrarci..." si sente rispondere dall'altra parte.

I fatti
Dopo lo stop decretato per la Pasqua, in concomitanza con l'occupazione della Basilica di San Paolo, gli sgomberi nella capitale sono ripresi di gran lena, facendone registrare ben 4 nella sola mattinata del 9 maggio, nella zona della Magliana. Le modalità sempre le stesse per tutti, con un aggravante, come denunciano le associazioni e come documentato anche dai mezzi di informazione, lo "sgombero selettivo": le famiglie con bambini scolarizzati possono continuare a rimanere nel campo fino alla fine dell'anno scolastico, tutti gli altri anche se con bambini, ma non scolarizzati, debbono andar via; l'offerta di accoglienza è sempre vincolata allo smembramento famigliare. Succede allora che i campi si moltiplichino in maniera esponenziale, al momento sarebbero 279, denuncia l'associazione 21 luglio, triplicati, dall'annuncio del Piano nomadi. Una follia propagandistica tutta giocata sulla pelle di uomini, donne e bambini rom.
"E questa sarebbe sicurezza? Costringere la gente a vivere in maniera disumana? E spingendoli a fare cose che non vorrebbero e dovrebbero fare?" La domanda rimbalza di bocca in bocca ma rimane sospesa in un limbo. Noi la risposta la conosciamo già.

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Di Fabrizio (del 16/05/2011 @ 09:26:55, in Italia, visitato 2068 volte)

Segnalazione di Giovanna Bellotti

di Alessandro Marzo Magno

Anche prima dell'invenzione delle campagne elettorali c'era chi voleva cacciare via gli zingari. Nella Milano del Cinque-Seicento sembra che provocassero una specie di fobia collettiva, tanto da far varare una legge che stabiliva l'impunità per chiunque li avesse ammazzati e si fosse impadronito dei loro beni. Non è che se la cavassero tanto meglio da altre parti d'Italia, ma ma in nessun luogo come nel ducato milanese si varavano provvedimenti tanto duri. E tanto inutili. Visto che si è andati avanti per due secoli a inasprire le pene senza raggiungere il risultato voluto.

Nessuno faceva le campagne elettorali su di loro – anche perché le elezioni non erano ancora state inventate – ma gli zingari invece c'erano e già c'era anche chi voleva cacciarli via. Nella Milano del Cinque-Seicento sembra che gli zingari provocassero una specie di fobia collettiva, tanto da far varare una legge ("grida", in quel tempo, come ci ricordava Alessandro Manzoni) che stabiliva l'impunità per chiunque li avesse ammazzati e si fosse impadronito dei loro beni. Non che negli altri stati italiani volessero bene ai nomadi (li bandiscono da Roma e anche la Serenissima non vede l'ora di mandarli a vogare nelle galee), ma in nessun luogo come nel ducato milanese si varavano provvedimenti tanto duri (che però non servivano a niente, visto che si è andati avanti per due secoli a inasprire le pene senza raggiungere il risultato voluto).

Gli zingari penetrano in Europa occidentale nel XV secolo, spinti dalla conquista turca dei Balcani. Nei primi anni sono guardati con un misto di curiosità benevolenza, sentimenti che poi lasciano il passo alla ripulsa e all'odio. I primi a espellere gli zingari sono gli svizzeri di Lucerna, nel 1471; a ruota, seguono tutti gli altri. «Č finito quel brevissimo lasso di tempo in cui lo zingaro, esotico e misterioso, incuriosiva la gente e commuoveva con la sua triste storia di pellegrino: inizia ora la caccia allo zingaro ladro, pigro e imbroglione», scrive Giorgio Viaggio nel suo Storia degli zingari in Italia.

Va subito chiarita una cosa: gli aspetti che più colpiscono negativamente le popolazioni di allora non sono tanto l'accattonaggio e la mendicità, quanto il fatto che siano considerati "oziosi", ovvero che non abbiano alcuna intenzione di cambiare stile di vita. Nelle società di antico regime chiedere l'elemosina non era un'attività così disdicevole: il buon cristiano aveva il dovere di aiutare i bisognosi, mentre esistevano confraternite e gilde di mendicanti e l'accattonaggio era un'attività regolata, con tanto di concessioni di licenze e divieto di mendicare per chi non fosse residente. A mano a mano che si sviluppa la filantropia, cresce il disprezzo per chi non si vuole sottrarre alla condizione di presunta inferiorità, la repulsione verso gli "oziosi", come li chiamavano al tempo. L'ozio, si sa, è il padre dei vizi. Č sempre meno otium latino, ovvero lo stato di grazia che permette alla mente di partorire i suoi frutti migliori, e si avvicina sempre più all'accidia, cioè a uno dei sette peccati capitali.

Gli zingari rappresentano tutto ciò: sono gli estranei che portano il male. La loro persecuzione comincia, forse niente affatto casualmente, in anni e luoghi vicini alla persecuzione antiebraica, e continuerà nei secoli, fino agli Untermenschen dei nazisti.

I primi zingari arrivano a Milano, a fine Quattrocento, quando il duca Gian Galeazzo Sforza ne accoglie benevolmente un gruppo, capeggiato dal "conte del piccolo Egitto" (spessissimo gli zingari erano indicati come "egiziani" perché si pensava fossero originari del Nordafrica). Ma già il suo successore, Ludovico il Moro, vara un decreto con cui ordina agli zingari di allontanarsi dal territorio compreso tra i fiumi Po e Adda, minacciando di morte i disobbedienti. Si tratta di uno dei provvedimenti più severi del tempo, giustificato dal crescente numero di nomadi sul territorio milanese e dall'aumento di "furti e delitti". Alla morte dello Sforza, nel 1498, il ducato passa sotto la dominazione francese e anche gli Orleans confermano le politiche di espulsione: la grida del 23 aprile 1506 si occupa degli zingari dal punto di vista sanitario, affermando che con il loro nomadismo potrebbero favorire la diffusione della peste (il cosiddetto "cordone sanitario" consisteva in un blocco delle città in modo da impedire a chiunque di entrarvi e diffondere il contagio), ma già nel dicembre successivo si prendono provvedimenti più drastici, stabilendo che gli zingari debbano partire entro quattro giorni, pena la frusta, mentre gli osti che li ospitassero sarebbero puniti con un'ammenda di venticinque ducati.

Ma è con gli spagnoli che i provvedimenti antizingari a Milano diventano una vera e propria ossessione, tanto che si arriverà a una sessantina di grida sul tema. Il che, in paio di secoli, fa una media di una legge ogni poco più di tre anni, con un crescendo di pene talmente esagerato da rivelarne l'assoluta inefficacia. Con il duca di Terra Nova (1568) e Carlo d'Aragona (1587) inizia la repressione vera e propria, con la condanna a cinque anni di remo per gli uomini e alla «pubblica frusta» per le donne; nel decreto del 1587 si parla di «cingheri, gente pessima, infame, data solo alle rapine, ai furti e ogni sorte di mali». Una grida del 1605 comanda invece che nessuna «persona, ancora privilegiata o feudataria, ardisca alloggiare, dare ricetto, aiuto o favorire in alcun modo a detti cingari».

Nel 1624 in una legge contro le delinquenza comune gli zingari vengono definiti i più pericolosi tra i malfattori e si dichiara lecito derubarli delle loro cose, senza tener conto di permessi e licenze da essi posseduti (spesso avevano autorizzazioni all'accattonaggio e al girovagare emesse in Germania). Inoltre si intima il divieto di frequentarli. Evidentemente le autorità del ducato di Milano non riescono a fare nulla di concreto contro i nomadi, visto che autorizzano la giustizia fai da te: nel 1657 si concede alle popolazioni di riunirsi al suono della campane a martello «e perseguitare detti cingari prenderli e consignarli prigioni». Non si riesce a farli star buoni? E allora che non entrino nemmeno: il 15 marzo 1663 una grida vieta l'accesso agli zingari nel ducato, pena sette anni di galera agli uomini e alle donne di essere pubblicamente frustate e mutilate di un orecchio (la pena della galera non significa andare in prigione, significa diventare "forzati da remo" a bordo delle unità militari della flotta – galee o galere – da cui il termine è passato poi a indicare le carceri). Trent'anni dopo, nell'agosto 1693, è prevista l'impiccagione immediata per gli zingari che fossero trovati nel territorio milanese.

Di più: qualunque cittadino ha diritto di «ammazzarli impune» e poi di «levar loro ogni sorta di robbe, bestiami denari che gli trovasse», in regime di esenzione fiscale, «senza che s'habbia a interessare il regio fisco». Come in guerra, insomma: si ha diritto di ammazzare e di far bottino dei beni del nemico ucciso. «Parecchi di loro, specialmente donne, vennero abbruciati», scrive Francesco Predari, bibliotecario della Braidense, in "Origine e vicende dei zingari", pubblicato nel 1841. Bisognerà attendere Maria Teresa perché alla politica degli ammazzamenti si sostituisca quella, meno violenta, ma egualmente illiberale, dell'assimilazione forzata. Comunque la secolare lotta intrapresa dal ducato di Milano contro gli zingari non ha portato a nulla, sono sempre riusciti a evitare le conseguenze peggiori e continuare nel loro tradizionale nomadismo. I figli del vento non possono essere messi in gabbia.


NDR: Nel pezzo viene ripetuto + volte che gli zingari non votano, ed è per questo che le leggi si sono sempre burlate di loro. A Milano, per via Idro ma anche altri campi, il sindaco Moratti ha ripetuto + volte che dopo le elezioni sgombererà i campi... per andare... nessuno l'ha spiegato. Così, i Rom hanno ritirato le loro schede elettorali, hanno scelto sindaco e candidati e, se non fanno casino, andranno a votare. VEDIAMO CHI LA VINCERA' STAVOLTA.

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