di Bruna Iacopino,
Articolo 21
-14 maggio 2011
"Siamo persone e non bestie". Parlano i rom "sgomberati" della capitale " Chi
governa ha deciso che adesso gli zingari (testuale) devono andare tutti via e
gli italiani sono d'accordo... e se domani qualcuno si sveglia e dice che
bisogna ammazzarci tutti, voi che fate?" Parla con voce bassa e pacata, M. (la
chiameremo così), mentre lentamente, in quell'angolo nascosto di Roma, si fa
buio e sale l'umidità dal terreno. Zingari dice, e non rom, perché così vengono
apostrofati durante uno sgombero, così continua a chiamarli la gente.
M. avrà sui quarant'anni, ma ne dimostra molti di più, siede composta sul bordo
di un materasso, trovato chissà dove, mentre i suoi due nipotini piccolissimi
dormono beatamente coperti solo da un tetto spiovente ricavato con due pannelli
di legno leggero e un involucro di plastica in caso di pioggia. Intorno erba
alta, rovi, topi e spazzatura.
Prima dello sgombero, avvenuto intorno alla metà di aprile, lei insieme alla sua
famiglia, i figli, la nuora, giovanissima e i nipoti di un anno e mezzo e sei
mesi, stavano tutti nel campo abusivo di via del Flauto, ora, come tanti altri,
centinaia, vive per strada o dove capita, nel primo posto utile, dove è
possibile montare una tenda improvvisata e trovare così riparo per la notte. "Ci trattano come se fossimo animali, ci fanno stare come animali... ma io so
bene che qualsiasi persona ha bisogno di lavarsi tutti i giorni, ha bisogno di
dormire in un letto con lenzuola pulite, di avere un tetto sopra la testa, di
mangiare bene e non come facciamo noi adesso, roba presa dai cassonetti. La vera
bestia è chi ci costringe a vivere così".
Parla un italiano stentato, ma i concetti, nella sua testa e per noi che stiamo
lì ad ascoltarla, sono fin troppo chiari.
Racconta di una burocrazia lenta e ingarbugliata, di tribunali e servizi
sociali, del terrore più grande: che le venissero sottratti i figli per la
mancanza dei documenti... " Esistono dei diritti internazionali che valgono per
tutti, anche per noi che siamo Rom, e allora perché tutto questo, perché
cacciarci come bestie? Che cosa abbiamo fatto di male? Io... io ho la fedina
penale pulita non ho mai fatto nulla di male, però quando vengono a prenderti e
ti portano via per identificarti ti mettono insieme ai criminali (gente che ha
rubato, ucciso) come se anche tu fossi un criminale..."
E' come se riflettesse a voce alta, un flusso continuo e ininterrotto di
pensieri da scacciare, da buttar fuori, il volto stanco di chi è stato in giro
tutto il giorno, a rovistare nell'immondizia. La sola alternativa che ha adesso
è prendere con se la sua famiglia e tornarsene in Romania da dove è venuta, però
prima c'è da risolvere il problema dei documenti della nuora, sepolti durante le
operazioni di sgombero, sotto i resti delle baracche insieme a tutto quello che
avevano.
Le ruspe, accompagnate dai servizi sociali e le forze dell'ordine in genere
arrivano la mattina piuttosto presto, senza un preavviso, danno giusto il tempo
di uscire di casa e buttano giù: i documenti li perdono in molti. La stessa
sorte è toccata anche ad A., che invece stava nel campo di via Severini,
sgomberato nello stesso periodo, anche il suo documento è rimasto sepolto sotto
i resti della baracca, da un paio di anni la sua casa, e insieme ai documenti
sono rimasti i vestiti della sua bambina di 5 anni. "Non mi hanno dato il tempo
di prenderli e la bambina dal 18 aprile non può più andare all'asilo, come
faccio a portarla così..." Dove stanno "accampati" adesso non c'è un posto dove
potersi lavare, per attingere acqua c'è una fontana pubblica, che usano per bere
e cucinare qualcosa.
A. mi racconta che qualche giorno fa l'hanno fermata e portata in questura per
l'identificazione, ora ha con se anche un foglio di via.
Anche a via Severini era stata proposta l'accoglienza a Castel Nuovo di Porto,
ma solo per donne e bambini, gli uomini si sarebbero dovuti arrangiare, la
maggior parte di loro ha rifiutato e si sono sparpagliati per la città. " Io ho
cercato di spiegarglielo, anche alla polizia, che è inutile che ci sgombrano in
continuazione, tanto noi ritorniamo." Sorride A., è poco più di una bambina.
Anche qui, dove stanno adesso, le forze dell'ordine sono già arrivate per
mandarli via: "Hanno buttato giù tutto e poi hanno anche dato fuoco" mi dicono,
facendomi vedere i resti bruciacchiati di legno e cartone.
E loro lì ci sono tornati, alternative non ne hanno. Tornare in Romania?
" E per fare cosa, senza soldi?" Mi risponde. Suo marito lavora a giornata dove
capita, in genere va al mercato a scaricare la merce che arriva la mattina molto
presto, così riescono a tirare avanti. " Dalla Romania siamo venuti via perché
non c'era più lavoro per noi, prima lavoravamo in campagna, con la terra,
allevavamo gli animali, adesso non c'è più niente e tutto costa il doppio che in
Italia..."
Il buio scende sempre più fitto nel fossato in cui ci troviamo, rischiarato
appena da un piccolo fuoco che dovrà servire a cuocere la cena. E domani sveglia
presto, appuntamento alle 8.30 per andare in via Assisi a richiedere il
biglietto per la Romania: "rimpatrio assistito", lo chiamano.
Ad accompagnarli però non ci sarà qualcuno dei servizi sociali, ma I. una
"signora di cuore" come dicono loro, che li conosce e li segue con profonda
umanità dall'inizio di tutta questa assurda vicenda, è grazie a lei se sto lì.
I. si dibatte tra lo stupore e l'indignazione, animatamente mi racconta della
"disavventura" capitata ad una delle famiglie sgomberate: " ...la mattina dello
sgombero a via Severini hanno anche sequestrato un furgone senza neanche
accertarsi chi fossero i proprietari e se i documenti stavano posto e senza
rilasciare un verbale... ma i documenti erano in regola! E invece no, hanno
costretto persone oneste a pagare un avvocato andando a raccogliere ferraglia
per la strada solo per farsi restituire il furgone e poter ripartire per la
Romania. Mi hanno mandato un messaggio, sono arrivati stamattina..." mi dice,
tirando quasi un sospiro di sollievo. Almeno loro sono lontani da qui.
Li salutiamo che ormai è buio. "Vengo domattina a portare un po' di latte caldo,
va bene?" Strilla I. allontanandosi.
"Speriamo che stanotte non viene la polizia a sgombrarci..." si sente rispondere
dall'altra parte.
I fatti
Dopo lo stop decretato per la Pasqua, in concomitanza con l'occupazione della
Basilica di San Paolo, gli sgomberi nella capitale sono ripresi di gran lena,
facendone registrare ben 4 nella sola mattinata del 9 maggio, nella zona della
Magliana. Le modalità sempre le stesse per tutti, con un aggravante, come
denunciano le associazioni e come documentato anche dai mezzi di informazione,
lo "sgombero selettivo": le famiglie con bambini scolarizzati possono continuare
a rimanere nel campo fino alla fine dell'anno scolastico, tutti gli altri anche
se con bambini, ma non scolarizzati, debbono andar via; l'offerta di accoglienza
è sempre vincolata allo smembramento famigliare. Succede allora che i campi si
moltiplichino in maniera esponenziale, al momento sarebbero 279, denuncia
l'associazione 21 luglio, triplicati, dall'annuncio del Piano nomadi. Una follia
propagandistica tutta giocata sulla pelle di uomini, donne e bambini rom.
"E questa sarebbe sicurezza? Costringere la gente a vivere in maniera disumana?
E spingendoli a fare cose che non vorrebbero e dovrebbero fare?" La domanda
rimbalza di bocca in bocca ma rimane sospesa in un limbo. Noi la risposta la
conosciamo già.