Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Strasburgo, 27/03/2011 - La potenziale candidatura di una persona di origine rom
nel partito di governo in Turchia alle prossime elezioni nazionali, ha avuto eco
attraverso il Congresso dei Poteri Locali e Regionali durante l'incontro di
questa settimana al Consiglio d'Europa.
Un funzionario dell'ufficio della rappresentanza speciale del segretario
generale per le questioni rom al Consiglio d'Europa, ha definito
l'iniziativa un grande passo avanti per affrontare i problemi che i Rom
vivono in Turchia come anche in Europa in condizioni sfavorevoli.
L'invito del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) ad un famoso interprete rom
turco a partecipare alle prossime elezioni a deputato per il nuovo Parlamento,
ha ricevuto un caloroso benvenuto da Eleni Tsetsekou,
del gruppo di supporto della rappresentanza speciale del segretario generale per
le questioni rom al Consiglio d'Europa, durante un'intervista esclusiva con Sunday’s Zaman
Strasburgo, dove si teneva la 20a sessione del Congresso dei Poteri
Locali e Regionali.
Tsetsekou ha detto che ciò è significativo per l'iniziativa rom in Turchia.
Ha detto che era presente anche quando il Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan
ha presentato le iniziative del suo governo per i Rom, di fronte ad oltre 16.000
Rom l'anno scorso. L'incontro pubblico ha avuto luogo ad Istanbul il 14 marzo
2010, dando speranza agli stimati 2 milioni di Rom che vivono in Turchia.
A ulteriore supporto di tali iniziative, il primo ministro ha invitato un
importante artista di origine rom, ampliamente conosciuto col soprannome di "Balik"
(Pesce) Ayhan,
Ayhan Küçükboyacı, nelle liste dell'AKP per le prossime elezioni generali
di giugno. Parlando di questa preliminare candidatura,
Küçükboyacı ha datola sua disponibilità e ringraziato il primo ministro per
l'invito ed anche per mantenere la sua promessa sulle iniziative rom. Parlando
alla stampa della sua candidatura, ha detto che i problemi dei Rom sono tanti e
che questa iniziativa sarebbe per loro una grande sicurezza.
Uno degli argomenti trattati durante la 20a sessione a Strasburgo
questa settimana, c'è stata la situazione dei Rom in Europa, che è stata
discussa con la partecipazione di
Jeroen Schokkenbroek, segretario generale della rappresentativa speciale per le
questioni rom al Consiglio d'Europa. Nel suo discorso Schokkenbroek ha portato
l'attenzione sui significativi problemi che le comunità rom affrontano nella
maggior parte d'Europa nell'accesso all'assistenza sanitaria ed all'impiego,
condizioni abitative sotto la norma, segregazione ed istruzione di scarsa
qualità per i bambini rom, sgomberi forzati ed atti di ostilità, violenza e
discorsi d'odio, compresi politici a livello nazionale e locale. Inoltre, ha
ribadito che l'universalità dei diritti umani, inclusi quelli sociali ed il
divieto di discriminazione, rimane spesso una teoria che non si applica ai Rom.
Ha fatto anche il punto sull'attuale crisi economica nel senso che rischia di
aggravare seriamente la situazione.
Tsetsekou ha definito l'invito del primo ministro ad una persona di origine
rom per un seggio al Parlamento come un grande passo. Ha anche condiviso le sue
osservazioni sui Rom di Turchia con Sunday’s Zaman, dicendo che la comunità è
molto attaccata allo stato turco. Ha detto: "Vogliono essere chiamati prima
Turchi e poi Rom. Questo dimostra che la loro cultura è riconosciuta dai
Turchi."
Ha anche portato le questioni dei Rom in Turchia nel passato. ricordando le
difficoltà in materia di comunicazione con le autorità. Ha detto che ora nel
governo ci sono persone disposte ad ascoltare e pronte ad intervenire quando
vengono chiamate, aggiungendo che simili iniziative devono ora essere puntellate
da passi concreti in termine di fornire alloggi adeguati, istruzione, assistenza
sanitaria ed impiego.
Secondo statistiche non ufficiali, ci sono trai 15 ed i 20 milioni di Rom in
Europa. E' abbastanza difficile avere numeri accurati, considerando il modo in
cui i Rom vivono fuori dalla società maggioritaria. Uno dei dibattiti durante la
20a sessione del Congresso dei Poteri Locali e Regionali a Strasburgo
riguardava come raggiungere i Rom a livello locale e regionale, dato che sono
quelle autorità che sono in prima linea nel servizio alle persone. La fornitura
di alloggi dignitosi, istruzione, sanità e sevizi per l'impiego sono esempi di
ciò che le autorità regionali e locali dovrebbero assicurare ai segmenti
vulnerabili della società.
In Turchia si stima ci siano circa 2 milioni di Rom, secondo "Reaching the Romanlar;
un rapporto sugli studi di fattibilità che -mappa- le comunità rom ad Istanbul",
uno studio condotto dal Network Studi Romanì Internazionale (IRSN) e
sponsorizzato dal British Council turco. Vivono soprattutto ad Istanbul ed Adana,
ma i Rom in Turchia sono sparsi in tutto il paese. Tsetsekou dice che ci sono
quasi 80 associazioni Rom in Turchia e che questo pone dei problemi in termine
di mantenimento del coordinamento tra di loro.
Aggiunge che l'integrazione positiva dei Rom in Turchia potrebbe anche
costituire un esempio per altri paesi europei interessati dalla loro presenza, e
che si dovrebbero organizzare più incontri per condividere queste buone
pratiche.
Coppia trova una nuova vita a Lambton.
ByTYLER KULA
23/03/2011 - Nove anni dopo essere scappati dalla Repubblica Ceca a causa di
discriminazioni e violenze, Anna e Karel Kyncl sono cittadini canadesi.
La coppia che vive sposata a Watford, oggi ha prestato giuramento durante una
cerimonia di cittadinanza a Londra.
Per Anna, 57 anni, e Karel, 61 anni, il Canada offre la libertà e la pace che
la coppia non ha mai avuto nel paese nativo.
"La gente è molto amichevole ed è un cambiamento nella mia vita ed in quella
di Anna," dice Karel. "Qui nessuna paura."
La coppia ha passato persecuzioni a causa delle origini rom di Anna.
I Rom sono ampliamente discriminati in Europa, dice Mary Janes, una donna di
Watford che assieme al marito Paul, ha aiutato i Kyncl a stabilirsi in Canada e
superare la barriera linguistica.
"Si potrebbero fare paragoni con gli stati USA del sud, neri contro bianchi,"
continua. "Karel era considerato il bianco, Anna, la Rom, era considerata la
nera."
"Si è ritenuto disonorevole che Karel sposasse una zingara. Per lei, si
pensava che volesse migliorare il suo status sociale sposando un bianco."
Karel è stato insultato e percosso ed Anna minacciata di continuo, tanto che
aveva difficoltà a dormire. Nel 2002 la coppia ha visitato, insieme a Jaroslav
che è il fratello di Karel, Glencoe nell'Ontario, e poco dopo hanno deciso di
stabilirsi lì. Hanno fatto richiesta dello status di rifugiati, che è stato loro
negato nel 2004.
"La minaccia era che fossero rispediti nella Repubblica Ceca," dice Janes.
Aggiunge che la coppia viveva con $30 al mese, dopo aver pagato l'affitto, e
aveva bisogno di soldi per i permessi di lavoro e le spese legali.
E' stato allora che la comunità è intervenuta. Sono stati raccolti in totale
$4.500 dalle chiese locali, e spedite oltre 40 lettere a Rose-Marie Ur,
parlamentare di
Lambton Kent Middlesex, con una petizione di 305 firme che chiedeva un processo
equo.
Nel 2007 i Kyncl hanno ricevuto lo status di immigrati.
Karel ha la patente di guida e lavora nelle costruzioni, mentre Anna ha
un'attività in proprio di pulizie domestiche.
"Non comprano niente a credito. Tutto ciò che hanno l'hanno comprato e pagato
in contanti," dice Janes.
"Siamo soltanto contentissimi che alla fine siano diventati cittadini
canadesi. Qui sono felici, gli piace vivere a Watford. Sono una risorsa per la
comunità grazie al nostro interessamento."
Anna e Karel Kyncl hanno ricevuto la cittadinanza canadese il 23 marzo, nove
anni dopo la fuga dalla violenza e dal razzismo nella Repubblica Ceca. La coppia
di sposi era arrivata in Canada ed aveva chiesto lo stato di rifugiati nel 2002.
TYLER KULA/ THE OBSERVER/ QMI AGENCY
31/03/2011 - Campi legali, biglietti di viaggio, divieto di accattonaggio, sono
tra le soluzioni proposte ai problemi posti dall'afflusso di mendicanti rom dai
nuovi paesi dell'Unione Europea: Romania e Bulgaria.
Helsingin Sanomat ha compilato una lista delle soluzioni proposte, con
i suoi pro ed i suoi contro.
1. Fare niente
Pro: I Rom dalla Romania e dalla Bulgaria sono qui come turisti,
responsabili di provvedere a se stessi. Tutti i cittadini UE devono essere
trattati ugualmente.
I problemi non sono esclusivamente di Helsinki. Devono essere ricercate
soluzioni a livello nazionale ed UE.
Contro: I Rom sono tra le minoranze più oppresse in Europa. Sono
spinti qui dalla povertà. Inoltre la Finlandia deve fare in modo che a tutti sia
garantita l'assistenza sanitaria ed un ricovero, per esempio. La Finlandia non
può permettersi di essere indifferente, perché questo in inverno è un posto
freddo.
2. Allestire campi legali
Pro: Sarebbe facile fornire servizi di base per i campi, come acqua
corrente potabile, bagni e servizi igienici, elettricità e sale comuni.
Le area di campeggio non sarebbero solo per alcuni gruppi. Altre persone
bisognose en trarrebbero beneficio.
Contro: Il pericolo è la formazione di ghetti che potrebbero isolare
ulteriormente i Rom dal resto della società.
I campi attirerebbero inoltre più immigrati. Il clima non è indicato per un
campeggio tutto l'anno.
3. Rimandare i Rom nei loro paesi d'origine
Pro: I paesi UE devono loro stessi prendersi cura dei propri
cittadini. Helsinki ha difeso la decisione di pagare il viaggio di ritorno dei
Rom come una questione di diritti umani: qui fa troppo freddo.
Contro: Le espulsioni di massa sono proibite dalla normativa europea
sui diritti umani. Sono anche una violazione del diritto UE alla libertà di
movimento, e pure di diversi altri diritti.
La situazione dei Rom peggiorerebbe se fossero rimandati alle loro povere e
primitive condizioni.
Le persone che vivono in condizioni precarie ricorrono facilmente di nuovo
all'emigrazione.
4. Proibire l'accattonaggio
Pro: Se qui l'accattonaggio non fosse permesso, i mendicanti non
verrebbero in Finlandia. Chiedere soldi inginocchiati a terra viola la dignità
umana.
Contro: La proibizione dell'accattonaggio criminalizzerebbe la
povertà. Ognuno ha il diritto di guadagnarsi da vivere.
Il divieto nasconderebbe il problema reale, cioè la situazione sociale ed
economica dei Rom. I mendicanti non sono un vero motivo di disturbo in
Finlandia.
Di Fabrizio (del 07/04/2011 @ 09:33:43, in lavoro, visitato 1840 volte)
Da Amoun Sleem
Devo dirvi che oggi come Laboratorio del
Centro Domari siamo
stati scelti per fornire il più famoso hotel di Gerusalemme, l'American Colony
Hotel, il che mi rende molto orgogliosa delle nostre donne zingare e del
nostro design di qualità. Molti dei nostri cuscini avranno posto in questo
hotel. Dobbiamo credere sempre nel nostro buon gusto, ed un giorno saremo là!
Amo essere zingara.
Reggio Calabria. "Da anni viene segnalato al comune di Reggio Calabria che
nell'insediamento rom dell'ex Polveriera un vecchio edificio militare sta per
crollare sulle baracche, ma, nonostante il pericolo di vita in cui si trovano
dieci famiglie, fino ad oggi, non è stato fatto niente. Ieri mattina , da una
parete del vecchio edificio che si sporge sulle baracche si sono staccati dei
mattoni, e c'è mancato poco che colpissero i bambini che giocavano sotto".
E' la denuncia dell'Opera Nomadi di Reggio Calabria dopo l'ennesimo episodio che
ha interessato quello che è rimasto dell'ultimo insediamento Rom in città.
I vigili del fuoco, che sono intervenuti sul posto, hanno segnalato il pericolo
ai vigili urbani sottolineando, ancora una volta, "la necessità di evacuare
l'area e hanno avvisato le famiglie che l'edificio potrebbe crollargli addosso
da un momento all'altro".
"Ci chiediamo cosa stia aspettando il Comune di Reggio Calabria prima di
intervenire" è l'interrogativo di Giacomo Marino che aggiunge: "è forse
necessario che prima qualche bambino resti sepolto sotto le macerie
dell'edificio?".Continua Marino: "questa situazione di gravissimo pericolo è ben
nota al sindaco ff Raffa, tanto da aver maturato una posizione ben precisa a
riguardo".
"Il 24 settembre 2010, dopo molte sollecitazioni, il sindaco Raffa si reca
personalmente sul posto e una volta constatato di persona il pericolo esistente
dichiara di non poter promettere nulla, ma che comunque tenterà di trovare una
sistemazione abitativa per le famiglie in pericolo. Facendo seguito al
sopralluogo del primo cittadino, il 25 ottobre 2010, il presidente dell'Opera
Nomadi incontra la dirigente del Patrimonio Edilizio, avvocato Titty Siciliano,
la quale in quell'occasione afferma che il comune intende sviluppare un piano
per la sistemazione abitativa delle famiglie che si trovano in pericolo e per
questo chiede all'associazione un censimento completo dell'insediamento".
"Dopo pochi giorni ( novembre 2010) - continua la nota - l'Opera Nomadi consegna
alla dirigente e al sindaco un report contenente il censimento aggiornato delle
famiglie (insediamento composto da 27 famiglie delle quali 10 in condizioni di
gravissimo pericolo) , una planimetria dell'insediamento, il primo verbale dei
vigili del fuoco (dicembre 2003) attestante il pericolo del crollo
dell'edificio, una certificazione dell'ASP e altri documenti. Nel mese di
dicembre 2010 la dirigente al patrimonio edilizio avvocato Siciliano, in un
incontro con un gruppo di famiglie rom, sostiene che il suo ufficio si sta
impegnando nel reperire alloggi per le 10 famiglie che si trovano in pericolo.
Ma queste promesse vengono smentite dallo stesso sindaco Raffa, il quale, in un
incontro pubblico tenutosi ad Arghillà nel mese di gennaio 2011, dichiara che il
comune non ha alloggi disponibili per le famiglie in pericolo e che non intende
intervenire nemmeno per mettere in sicurezza l'insediamento evitando il crollo
dell'edificio sulle baracche, visto che l'insediamento si trova su territorio di
proprietà del demanio statale e non di proprietà comunale".
"Nei mesi successivi il sindaco e la stessa dirigente Siciliano sostengono che
questa posizione del non intervento in quanto territorio del demanio statale è
stata ratificata anche dalla Prefettura e quindi il Comune è a posto. Insomma -
a detta dell'Opera Nomadi - per il comune di Reggio Calabria le 10 famiglie
devono vivere con il pericolo che il vecchio edificio gli crolli addosso. Se poi
l'edificio dovesse crollare e seppellirli veramente l'ente ha le carte in
regola, saranno le famiglie ad avere la colpa di aver costruito abusivamente
delle baracche accanto a questo vecchio edificio".
"Questa posizione assurda e fortemente immorale - conclude il presidente Marino
- è quella che un comune può oggi assumere tranquillamente nei confronti di
cittadini emarginati, senza che nessuno si indigni. Alla luce di quanto accaduto
ieri, invitiamo nuovamente il sindaco Raffa a rivedere la sua posizione e quindi
a provvedere ad effettuare almeno l'intervento di messa in sicurezza
dell'insediamento evitando la tragedia annunciata. Preghiamo, infine, tutti i
candidati a sindaco di voler inserire nei loro programmi la sistemazione
abitativa in dislocazione delle famiglie di questo ghetto che si trovano in
grave pericolo di vita, dimostrando così che la politica che loro propongono è
ricerca del bene comune anche per gli ultimi".
E' illegale la detenzione finalizzata all'espulsione di una donna che ha dato
da poco vita a un bambino. E' quanto ha sentenziato la Corte europea dei diritti
umani nei giorni scorsi. Qualche settimana prima, le Camere hanno approvato la
legge sulle detenute madri. Nel caso Seferovic contro Italia (ricorso n.
12921/04), la Corte, all'unanimità, ha affermato che ci fosse una violazione
dell'articolo 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza) della Convenzione sui
diritti umani del 1950.
Mediha Seferovic, di etnia rom e di nazionalità bosniaca, viveva da tempo
preso i campi nomadi romani di Casilino 700 e Casilino 900. Nel settembre del
2000, temendo discriminazioni al suo rientro in Bosnia, la Seferovic chiese il
riconoscimento dello status di rifugiata. L'istanza fu rigettata per motivi
formali. Nel settembre del 2003 dette vita a un bimbo che morì pochi giorni dopo
in ospedale. L'11 novembre del 2003 la polizia le contestò un ordine di
espulsione e la condusse al centro per espellendi di Ponte Galeria a Roma, dove
trascorse un periodo di detenzione amministrativa. Nei mesi successivi fu
rivisto il provvedimento di espulsione e nel 2006 le fu riconosciuto lo status
di rifugiata politica. I giudici di Strasburgo, nel condannare l'Italia al
risarcimento di 7500 euro a favore della cittadina bosniaca, hanno
perentoriamente affermato che è inammissibile detenere una donna – anche qualora
penda un provvedimento di espulsione – che ha appena partorito. L'illegalità
della detenzione non viene meno anche nella ipotesi in cui la donna abbia perso
il bambino.
E di bambini in carcere si è occupato il Senato, che ha approvato il testo
unificato di alcune proposte di legge in materia di rapporto tra detenute madri
e figli minori. Durante la discussione parlamentare sono state introdotte
modifiche restrittive al testo originario che rischiano di vanificarne del tutto
i contenuti e lasciare più o meno invariato il numero di bambini sotto i 3 anni
incarcerati con le loro mamme, principalmente straniere, essendo la giustizia
italiana sommaria sempre più discriminatoria. A oggi sono poco meno di 50. La
novità più sostanziosa è la modifica dell'articolo 275 del codice di procedura
penale. Viene previsto l'innalzamento da 3 a 6 anni dell'età del bambini al di
sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare
della madre in carcere (ovvero del padre, qualora la madre sia deceduta o
assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), salvo che
sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. In presenza di tali
esigenze il testo approvato prevede la possibilità di disporre la custodia
cautelare della donna incinta e della madre di prole di età non superiore ai sei
anni in un istituto a custodia attenuata per minori (Icam), del tipo funzionante
a Milano dal 2007. Sono state poco significativamente toccate le norme
dell'ordinamento penitenziario relative alla detenzione domiciliare speciale per
le madri con figli di età non superiore a 10 anni. La legislazione previgente
prevedeva che il primo terzo di pena andasse comunque scontato in carcere. Con
le modifiche apportate ora sarà possibile scontare a casa (o in un Icam) anche
il primo terzo di pena. Questa facoltà non è comunque concessa a chi è
condannato per uno dei crimini di cui all'articolo 4 bis della legge del 1975,
ossia una buona parte delle donne recluse.
03/04/2011 - Attendono con impazienza che gli impiegati del censimento
arrivino nel loro quartiere. Per la prima volta nella vita, quei cittadini
verranno identificati secondo la loro etnia. Saranno registrati nei registri
statali come Askali.
Nel censimento scorso di 30 anni fa, vennero dichiarati Albanesi. Gli
abitanti dicono che il motivo per cui precedentemente non erano registrati come
appartenenti alla loro etnia, è che per quanto riguarda il nome sono una nuova
comunità.
Si stima che ci siano circa 35.000 membri della comunità askali che vivono in
Kosovo. Sono per lo più concentrati nella regione di Ferizaj.
Di Fabrizio (del 08/04/2011 @ 09:42:50, in Italia, visitato 1187 volte)
L'8 aprile è la giornata internazionale del popolo rom e sinto. Un'occasione
di ricordo e di riflessione sulla storia di un popolo che ha subito secoli di
discriminazione e persecuzione, fino al Porrajmos nei campi di concentramento
nazifascisti e che ancora oggi è vittima di pregiudizi e subisce condizioni di
emarginazione sociale, economica e politica.
In Italia la giornata dell'8 aprile non è riconosciuta a livello
istituzionale, un motivo questo di ulteriore discriminazione per un popolo che
costituisce la più grande minoranza europea e che in Italia è presente sin dal
1400. Riconoscere questa giornata è un passo verso il riconoscimento della
dignità e dei diritti dei rom e dei sinti.
Per questo chiediamo di firmare sostenere e diffondere questo appello rivolto
all'amministrazione pubblica di Milano perché faccia quello che già altri comuni
importanti, come per esempio Firenze,Torino, hanno già fatto riconoscendo la
giornata dell'8 aprile e inserendola nelle iniziative istituzionali.
Di Fabrizio (del 09/04/2011 @ 09:10:10, in casa, visitato 1622 volte)
di Vinicio Leonetti - Catanzaro (05/04/2011)
Eliminare Scordovillo in quattro mosse. La prima è la nomina del prefetto
Antonio Reppucci a commissario per l'emergenza. L'incarico dovrebbe arrivare
direttamente dal governo centrale, e in quel caso al commissario oltre ai poteri
straordinari verrebbero dati fondi dalla Protezione civile per gestire lo
sgombero ordinato dalla procura della Repubblica entro Pasqua. Il tempo stringe:
dall'ultimatum del procuratore Salvatore Vitello sono passati diversi giorni, e
se non si comincia a smantellare per mano politica il magistrato già in questa
settimana potrebbe adottare provvedimenti coattivi per far partire la
mobilitazione di un villaggio considerato malsano e ricettacolo di criminalità.
Un aspetto seguito da vicino dal Comandante provinciale dei carabinieri
Salvatore Sgroi, da Stefano Bove che guida la Compagnia dell'Arma lametina, e
Pasquale Barreca dirigente del commissariato di polizia. Che ieri erano in aula.
Unità d'intenti
Un commissario subito è l'obiettivo prioritario non solo del
consiglio comunale che ieri sera ha votato all'unanimità un documento, ma anche
della Regione rappresentata in aula da due consiglieri degli opposti
schieramenti Mario Magno e Tonino Scalzo.
"Siamo di fronte alla più grande questione sociale della città, e non c'è un
modo indolore per eliminare Scordovillo. Ogni proposta sembra sbagliata", ha
spiegato il sindaco introducendo il dibattito in aula. "Bisogna spostare più di
500 persone, questo si fa quando c'è una calamità. Ecco perché ci vogliono i
poteri straordinari del prefetto per accelerare i tempi, con l'affiancamento di
Comune, Provincia e Regione".
Piano B
Se il governo non interviene? Gianni Speranza ha un'alternativa. L'ha
chiamato "piano d'arrangiamento". E consiste in tre mosse: 1) prendere 1 milione
di euro dai fondi Pon per comprare 16 case prefabbricate e d'assegnarle ad
altrettante famiglie rom; 2) tirare fuori i 5 milioni di euro che la Regione s'è
impegnata a dare al Comune per il Piano di sviluppo lametino per acquistare
appartamenti sparsi nella città, attraverso un bando pubblico al miglior
offerente; 3) chiedere un impegno straordinario all'Aterp e mettere a
disposizione 25 alloggi che spettano alle famiglie rom in testa alla graduatoria
delle case popolari.
Queste non sono indiscrezioni, ma precisi impegni dell'amministrazione presi in
aula davanti ai parlamentari Pino Galati e Ida d'Ippolito, ai consiglieri
regionali Magno e Scalzo, all'assessore provinciale Roberto Costanzo, ma
soprattutto in presenza dell'esponente del governo Antonio Reppucci, prefetto di
Catanzaro. Che ognuno ha indicato come il commissario ideale per gestire
l'emergenza. Sia Galati che d'Ippolito, deputati di maggioranza, hanno preso
l'impegno di spingere sul governo per la nomina commissariale, com'è avvenuto
finora in cinque grandi città.
Nessuna voce dissonante in aula. Tutti con l'obiettivo comune di cancellare una
piaga aperta da sessant'anni. Quello che non è mai riuscito a fare la politica
l'ha fatto la magistratura. C'è chi ha parlato di "fallimento della politica"
come Raffaele Mazzei, capogruppo del Pdl, e Mario Magno consigliere regionale
dello stesso partito. Ma oltre al grande merito di aver smosso le acque
stagnanti della polemica sui rom, il provvedimento di sequestro di Scordovillo è
riuscito anche a creare unità dove tradizionalmente c'è lotta politica spesso
improduttiva.
Dove metterli?
Se lo chiedono tutti in questi giorni. A cominciare dai cittadini,
fino agli esponenti politici. L'opinione comune è quella che Galati ha definito
"dislocazione diffusa". Significa distribuire piccoli gruppi di famiglie in
diverse parti della città. Perché un'altra parola d'ordine ieri era: no ad altri
Scordovillo.
Anche in questo caso non mancano interrogativi. Il primo l'ha posto il prefetto
Reppucci molto realisticamente: "Prima bisogna trovare i proprietari propensi a
vendere le case. Poi bisognerà capire se i vicini vorranno i nuovi inquilini,
perché il valore delle loro abitazioni diminuirà".
C'è invece chi, come il consigliere Bruno Tropea, ha ipotizzato di dare una
casetta ad ogni famiglia rom, lontano un chilometro l'una dall'altra. Ipotesi
scartata dal sindaco. I nuclei familiari di zingari sono 136 secondo il più
recente censimento fatto quest'anno dal Comune a Scordovillo, per un totale di
528 persone. "Questa è la gente che risiede e dorme nel campo", ha spiegato il
sindaco, "perché durante il giorno ce ne sono circa 300 in più che fanno capo al
villaggio". In otto anni, sempre secondo i dati municipali, sono aumentate le
famiglie ma è rimasto immutato il numero degli stanziali. Che sono molto
giovani: il 40% è fatto da minorenni. Di questi il 18% è costituito da bambini
sotto i 6 anni.
Umani come noi
Lo hanno sottolineato in tanti. Non sono più nomadi, né slavi né
altro, ma italiani. Lametini da generazioni. Cittadini iscritti all'anagrafe con
diritto di voto. Si tratta di integrarli. Elvira Falvo, Mariolina Tropea e lo
stesso sindaco si sono sforzati di evidenziare il lavoro fatto con i programmi
di recupero per i rom, ma non ci sono stati risultati determinanti. Scordovillo
resta Scordovillo. Ghetto, bidonville, città proibita, bomba sempre innescata.
Bubbone da estirpare.
Il cammino verso l'integrazione dei rom è lungo. Ieri lo sapevano tutti in aula,
anche gli stessi zingari presenti. Due dei quali sono intervenuti col consenso
del presidente del consiglio Francesco Muraca.
Pamela Bevilacqua, giovane rom: "Non siamo nomadi, chiamateci zingari. Il
discorso del prefetto ci è piaciuto: abbiamo diritti e doveri di ogni cittadino.
Così come anche voi avete diritti e doveri". L'anziano Francesco Bevilacqua,
lunga barba bianca: "Vent'anni fa hanno trasferito alcune famiglie in un
palazzo. Ma poi ci volevano cacciare anche da quella casa con l'accusa di
portare un ciuccio fino al quarto piano. Ma come si fa a far salire le scale di
quattro piani a un ciuccio?".
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