Di Fabrizio (del 22/03/2011 @ 09:20:15, in Europa, visitato 2168 volte)
Tanya Mangalakova | Sofia 18 marzo 2011
La popolazione rurale in Bulgaria potrebbe scomparire in 50 anni: questo
l'allarme lanciato dall'Accademia delle Scienze Bulgara. Molti centri abitati
rischiano di trasformarsi in villaggi fantasma. In un efficiente utilizzo dei
fondi europei una possibile via d'uscita
Tra 50 anni la popolazione rurale della Bulgaria potrebbe scomparire. E questo
l'allarme lanciato da esperti dell'Accademia
delle Scienze Bulgara (BAN). Al
momento in Bulgaria ci sono ben 200 villaggi fantasma, località che pur essendo
ancora presenti sulla carta geografica e amministrativa, sono totalmente privi
di popolazione. In altri 500 villaggi gli abitanti non sono più di dieci o
venti.
La popolazione rurale è diminuita di circa il 60%, mostra uno studio sulle
prospettive demografiche eseguito dalla BAN sotto la direzione del professor
Nikolay Tzenov. Un secolo fa la Bulgaria era un paese agricolo, e allora solo il
20% della popolazione viveva in città. Nonostante l'ingresso nell'Unione
europea, oggi la Bulgaria continua ad avere seri problemi demografici, che si
rivelano particolarmente gravi nelle zone rurali. Secondo gli esperti, i motivi
principali per cui i villaggi si svuotano sono le cattive condizioni di vita e
la chiusura delle scuole locali e degli ospedali periferici.
"Il processo di abbandono delle campagne era iniziato già al tempo del comunismo
quando, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, era cominciata
l'urbanizzazione del Paese", spiega ad OBC la professoressa Marta Sugareva della
BAN. Secondo la Sugareva, le regioni più spopolate sono quelle lungo le
frontiere, che più di tutte soffrono della insufficiente infrastruttura
stradale. La regione maggiormente segnata dal fenomeno è la Bulgaria
nord-occidentale, nelle provincie di Vidin, Vratza e Montana.
Crisi demografica e questione di genere Negli ultimi anni in Bulgaria si osserva un aggravarsi della crisi
demografica: la popolazione diminuisce, i giovani emigrano all'estero e nel
Paese restano soprattutto anziani. La popolazione bulgara è diminuita di circa
600mila unità negli ultimi dieci anni, secondo i primi dati dell'ultimo
censimento, tenuto nel mese di febbraio 2011. I cittadini bulgari sarebbero
passati da 7,9 a 7,3 milioni. A preoccupare è soprattutto la situazione delle
zone rurali, dove l'abbandono ha portato a una forte depressione economica e
sociale.
Lo svuotamento dei villaggi ha anche una dimensione di genere. Solitamente gli
uomini in età da matrimoni sono molti di più delle donne Secondo la Sugareva, le
donne emigrano più spesso in città per studiare all'università, mentre molti
uomini non proseguono gli studi e restano nel villaggio. Specularmente, nei
centri universitari le giovani donne sono molto di più degli uomini. Tutto
questo rende più difficile la creazione di coppie stabili.
In buona parte dei villaggi bulgari la struttura di genere e quella
generazionale sono alterate. Nelle generazioni più anziane, a dominare è la
componente femminile. Secondo la Sugareva questo dipende dal fatto che le donne
hanno una prospettiva di vita sensibilmente più alta degli uomini. Secondo vari
studi condotti in Europa orientale, gli uomini si sono rivelati più sensibili
rispetto agli scossoni sociali della transizione verso l'economia di mercato,
segnata da insicurezza, stress e disoccupazione. Risultato: oggi i villaggi
bulgari sono pieni di vedove anziane.
Mancanza di opportunità
Le ragioni dello svuotamento dei villaggi talvolta vanno oltre le mancanze
dell'infrastruttura stradale, o della chiusura di scuole e ospedali. Talvolta è
la criminalità il problema principale.
Un caso rimbalzato sui media bulgari è quello del villaggio di Mechka, nella
regione di Pleven. Su Facebook è stata creata una pagina che raccoglie video
sulla difficile situazione del villaggio. Qui molti abitanti anziani lamentano
furti e maltrattamenti soprattutto da parte di giovani della locale comunità
rom.
"Alcuni degli abitanti locali ormai allevano le galline in casa, per paura che
queste vengano rubate. Molte abitazioni sono abbandonate, oppure si vendono a
prezzi stracciati a causa della situazione", ha dichiarato un abitante del
villaggio al quotidiano 24 chasa.
Il problema, secondo la professoressa Sugareva, è dovuto principalmente alla
mancanza di opportunità lavorative, ma anche alla separazione della comunità
bulgara da quella rom, che qui è molto chiusa su se stessa. "I rom di Mechka,
per tradizione, sono stanziali, ma non mandano i figli a scuola e tendono a
sposarsi molto giovani, quasi sempre prima di aver raggiunto la maggiore età",
sostiene la Sugareva, che ha seguito il caso del villaggio da vicino.
Questa regione della Bulgaria, in realtà non è isolata, e il villaggio si trova
vicino all'arteria che da Pleven porta a
Belene, sito su cui dovrebbe essere
costruita la nuova centrale atomica. Qui, però, il turismo non è sviluppato, e
mancano altre possibilità lavorative importanti. "In questa zona della Bulgaria,
purtroppo, non c'è futuro", sostiene la Sugareva. "Qui non c'è movimento né
comunicazione, le persone vivono in isolamento e hanno paura uno dell'altro"
Agire in fretta L'unico modo per fermare lo svuotamento dei villaggi è creare opportunità,
come succede nei paesi più sviluppati dell'Ue. Secondo Borislav Borisov,
presidente dell'Associazione dei villaggi bulgari, la previsione che tra 50 anni
non ci sarà più popolazione rurale è esagerata. Un'analisi dell'associazione
mostra che esistono villaggi vitali, con potenziale per lo sviluppo nel turismo
rurale e nell'agricoltura. Secondo Borisov, 7-800 villaggi in Bulgaria hanno
ottimo potenziale, altri 1500 discrete possibilità di sviluppo.
Borisov racconta che molti investitori hanno contattato l'associazione che
presiede per cercare collaborazione. I piani di investire in aree rurali, però,
sono spesso naufragati a causa dell'inefficienza amministrativa, della
corruzione e della mancanza di incentivi.
Oggi i fondi europei per lo sviluppo restano un miraggio per molte zone rurali
della Bulgaria. La creazione di opportunità nel campo del turismo oppure nella
produzione agricola restano un'eccezione piuttosto che la regola. La questione è
capire se la politica e gli amministratori avranno o meno la lucidità e la
voglia di ascoltare i segnali preoccupanti che arrivano dagli esperti sulla
situazione nelle aree rurali. Dalla capacità di assicurare un accesso effettivo
ai fondi europei dipende oggi una parte importante del destino dei villaggi
bulgari.
C'è una questione urgente per i Rom in Ungheria, dove è possibile fornire un
sostegno pratico reale!
Vi prego di leggere l'articolo qui sotto e pensare se potete aiutare in
qualche modo, scrivere ai vostri media locali o a IndyMedia, o venire in
Ungheria ed unirvi al gruppo di attivisti nel villaggio rom!
Circa 25 di noi sono andati la scorsa notte a Gyöngyöspata - la città che è
stata recentemente "assediata" dalle cosiddette forze locali di sicurezza, o
Gárda - che stanno minacciando e molestando la locale comunità rom - circa 450
persone alla periferia della città.
La polizia c'è, m in realtà non sta facendo molto. Non entrano nella parte
rom della città, dove la Gárda è in marcia, a volte nel mezzo della notte,
gridando ed armata di asce ed altre armi.
Quando siamo arrivati, tutti gli adulti erano in piedi fuori dalle loro case,
a guardia del posto, spaventati, arrabbiati, stufi. Circa 30' prima del nostro
arrivo, la Gárda marciava ancora per la strada principale, armata e lanciando
parole di odio. I genitori hanno buttato giù i figli dal letto (erano circa le
22.00) e sono scappati dai parenti nelle strade adiacenti.
Naturalmente, quando siamo arrivati non era presente la Gárda, eccetto per un
gruppo fuori da un negozio, che come ci ha visto ci ha subito seguito.
Siamo rimasti sino alle 3 di mattina, parlando con la gente, che non dormiva
da settimane, e che ci ha raccontato come stavano le cose. I bambini hanno paura
di andare a scuola e qualcuno è assente da 2 settimane - di conseguenza lo stato
può riprendersi gli aiuti alle famiglie. Anche insegnanti e preside della scuola
stanno minacciando i bambini, dicendo morirete, vi uccideremo, chiameremo la
Gárda se vi comportate male. La Gárda è entrata a scuola e all'asilo [...]. I
bambini non dormono, molti si fanno la pipì addosso; i bambini corrono a casa,
piangono e non vogliono più uscire dopo che vengono inseguiti dalla Gárda.
L'intera comunità è terrorizzata.
La scuola è segregata. 2/3 degli studenti sono rom e devono studiare su un
piano separato. In una classe, ci sono i bambini di prima, seconda e quinta, in
una classe! Hanno circa 2-3 argomenti tutti assieme [...]. Ai bambini rom non è
permesso andare nei locali palazzetto dello sport e piscina.
La Gárda segue i Rom dovunque vadano - a far compere, dal dottore, a scuola,
DOVUNQUE, molestandoli costantemente. Molti estraggono il loro pene in mezzo
alla strada, per spaventare i bambini. La polizia osserva senza intervenire.
Quando eravamo là, la polizia presidiava la fine della strada principale, ma
la Gárda per lo più entrava dal lato opposto, circa 5' a piedi. E' al limite
cittadino, ci sono alberi e cespugli, così possono nascondersi e saltare fuori
quando vogliono. Nessuno li ferma. Gli abitanti vanno dai poliziotti che
rispondono loro - comportatevi bene e non succederà nulla.
La gente è spaventata, arrabbiata e soprattutto stufa. Sono oggi due
settimane e niente è cambiato. Ormai è questione di giorni e qualcuno non ne
potrà più e reagirà allo stesso modo della Gárda, ed inizierà la violenza...
Probabilmente, è esattamente ciò che Gárda sta aspettando... Provocano
costantemente la gente.
La polizia non fa niente, a meno che (!) non vi sia reale violenza.
Per farla breve, sembra che l'unica cosa che si possa fare (dopo la petizione
al ministero degli interni non è cambiato niente), è andare a passare lì la
notte - vedere quanto la polizia è disposta a proteggerci, il che è ridicolo.
Occorrono 20 non-Rom perché la Gárda sparisca e la polizia intervenga. Per
quanto ridicolo, questo è l'unico strumento che abbiamo ora.
Così siamo tornati indietro a gruppi. I residenti hanno detto che oggi e
domani probabilmente ci sarebbe stata abbastanza gente, ma non sabato e
domenica, così abbiamo bisogno di persone! In sostanza, per tutte le 5 notti.
Attualmente possiamo contare su un nucleo di 30 persone.
Se volete unirvi a no, fatemelo sapere e vi metterò in lista. Inoltre, fateci
sapere se avete un'auto e potete caricare persone. Porteremo con noi da
mangiare, perché i locali hanno paura di andare al negozio e stanno ospitando,
di tasca loro, ogni singolo gruppo che arriva lì...
Quindi venite, portate da mangiare e i vostri amici!
Questa è solo la mia personale impressione - basata su quello che han detto i
residenti, ma non esitate a postare, inoltrare quanto sapete e spargere la voce!
Di Sucar Drom (del 21/03/2011 @ 09:11:24, in blog, visitato 1799 volte)
Brescia e Milano, continui abusi e violenze
Mentre a Roma, dopo il monito del Presidente Napolitano, l'Amministrazione
comunale cerca soluzioni per le persone che vivono in condizioni abitative
drammatiche, a Brescia e a Milano si compiono continui abusi e violenze...
Charlie Chaplin? Un sinto, un rom, un manouche, un romanichals, un kale
Nel giorno in cui Sucar Drom compie 33 anni arriva un regalo aspettato da tempo:
l'immenso Charlie Chaplin era sinto/rom. In un'intervista alla BBC Michael
Chaplin ha dato la notizia del ritrovamento di una lettera che conteneva un
segreto: Charlie Chaplin non ha aper...
Maroni e gli sgomberi, chi ha ragione sui rom?
Troppo facile asciugarsi una lacrima quando muoiono bruciati quattro fratellini
e il Papa si interroga se una «società più solidale e fraterna, più coerente
nell'amore, cioè più cristiana, non avrebbe potuto evitare tale tragico fatto».
Troppo facile...
U.S.A., Eva Rizzin e Dijana Pavlovic al Dipartimento di Stato
L'American Council of Young Political Leaders (ACYPL), organizzazione non
governativa bipartisan con sede a Washington D.C., grazie al supporto del
Dipartimento di Stato Americano sta organizzando un viaggio negli U.S.A. che
coinvolge...
Strategia dell'UE per l'inclusione dei rom
L'Unione europea dovrebbe introdurre degli standard minimi obbligatori a livello
europeo per promuovere l'integrazione sociale, economica e culturale dei 10-12
milioni di rom che vivono nel Continente, secondo quanto propongono i deputati
in una risoluzione approvata mercoledì...
Settimana di Azione Contro il Razzismo
E' iniziata oggi e terminerà il 21 marzo 2011 la VII Settimana d'azione contro
il razzismo promossa dall'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali)
in collaborazione con il sistema delle autonomie locali, delle parti sociali e
della società civili. Saranno oltre cento le iniziative di sensibilizzazione,
prevenzione e informazione...
Di Fabrizio (del 20/03/2011 @ 09:50:28, in Kumpanija, visitato 1607 volte)
Segnalazione di Isabella Bianchi
Buongiorno a tutti
per il giorno Mercoledi 23 Marzo alla Pizzeria "La tegliata" è prevista una cena
di autofinanziamento per far sterilizzare la canina molossoide del campo nomadi
di Livorno che ha partorito i 12 cuccioli..(forse qualcuno di voi conosce la
storia, in alternativa si trova pubblicata anche sulla home di Ginevra Dini che
se ne sta amorevolmente prendendo cura).
La cifra da raccogliere si aggira alle 200 euro e se si riuscisse a superare la
somma i soldi raccolti serviranno alla sterilizzazione di gatte randagie delle
colonie di Livorno.
"La Tegliata " si trova in via della Campana 17 poco dopo il Germoglio ed il
menu comprende:
-antipasto con torta di ceci
-pizza a scelta
-Fanta o Cocacola o acqua
-piccolo dolce
-caffè
Euro 15,00
Nel totale è gia compresa una piccola somma per la causa.
Partecipate numerosi e coinvolgete amici!!!!!!!!!
Si prega di confermare in
bacheca la partecipazione alla pizzata dato che dovrò prenotare, per coloro
che non possono partecipare ma che desiderano contribuire ugualmente è possibile
lasciare la propria quota direttamente alla pizzeria o in alternativa al
veterinario (Dott.Riccardo Lazzeri, via Filippo Venuti 3)
Grazie!
Di Fabrizio (del 20/03/2011 @ 09:38:42, in Europa, visitato 1591 volte)
Segnalazione di Marco Cimarosti
Danilo Hudorovic e la sua famiglia vivono nell'insediamento informale di Gorica vas, insieme ad altre 70 persone. Danilo è padre di un bambino di quattro
anni che, essendo particolarmente cagionevole di salute, ha bisogno di
antibiotici. Questo padre non può garantire a suo figlio le medicine perché vive
in una casa senza elettricità e gli antibiotici devono stare in frigorifero.
Una mamma che vive nell'insediamento Zabjak, a Novo mesto, tutte le mattine,
anche d'inverno, prepara un fuoco fuori la sua baracca per riscaldare l'acqua e
lavare i bambini prima che vadano a scuola.
Ruza Brajdiè ha 12 anni e non vuole più andare a scuola perché gli altri bambini
la prendono in giro per il cattivo odore.
In Slovenia molte persone rom (tra i 7000 e i 12.000, ossia l'0,5% della
popolazione slovena) vivono nelle condizioni di Danilo e Ruza. Segregati in
insediamenti lontani da scuole, lavoro e negozi, abitano in case fatiscenti,
baracche sovraffollate, senza servici igienici né elettricità, senza rete
fognaria né acque di scolo. La gran parte dispone di una quantità d'acqua
inferiore al minimo necessario stimato per le persone in condizioni di emergenza
umanitaria. E se nei centri urbani il consumo pro-capite di acqua è tra 150 e
300 litri al giorno, in una considerevole parte degli insediamenti rom (il 20-30
per cento nel sud-est del paese) non c'è accesso all'acqua. Molte famiglie rom,
dopo aver percorso lunghe distanze, riescono a raccogliere una quantità d'acqua
giornaliera tra i 10 e 20 litri, da fonti spesso inquinate, e che usano per
bere, lavarsi e cucinare.
Le persone rom in Slovenia vivono in queste condizioni perché sono discriminate.
Gli insediamenti sono spesso l'unica opzione, visto che non hanno la possibilità
di acquistare o affittare un'abitazione, non possono accedere alle case
popolari, non possono migliorare le loro condizioni perché essendo ritenuti
"irregolari" gli insediamenti, le autorità non forniscono servizi pubblici.
Le autorità slovene non possono più ignorare i diritti delle persone rom; non
devono più condannare migliaia di bambini, donne e uomini a una vita parallela
fatta di povertà e di negazione dei diritti di base, come quello a un alloggio
adeguato e all'acqua, all'interno di un paese sviluppato, che registra livelli
di PIl pro capite sopra la media dell'Unione europea.
Pertanto, in occasione del lancio del nostro rapporto "Vite parallele: negati i
diritti alla casa e all'acqua per i rom in Slovenia", chiediamo alla Slovenia di
assicurare nell'immediato un livello minimo essenziale di acqua potabile in
tutti gli insediamenti e migliorare le condizioni di alloggio; riconoscere un
titolo legale ai residenti e, consultandoli, individuare possibili alternative
di alloggio.
Il fotografo Mehmet Pehlivan condivide con i nostri lettori una serie di
fotografie sugli zingari di Tracia.
Mehmet Pehlivan è nato nel 1985. Nel 1998 ha incontrato le arti visive
e iniziato a fotografare per hobby. Poi è diventato un fotografo professionista. Pehlivan
lavora anche come graphic designer. E' tuttora studente alla Facoltà d'Arte
dell'università Kocaeli.
Di Sucar Drom (del 19/03/2011 @ 19:53:21, in Italia, visitato 1604 volte)
L'associazione Sucar Drom invita le associazioni, le formazioni politiche, le
organizzazioni sindacali e i semplici cittadini all'incontro che si terrà
martedì 22 marzo 2011, alle ore 19.00, presso l'area residenziale per sinti
italiani, in viale Learco Guerra n.23.
Durante l'incontro sarà illustrato la bozza di nuovo regolamento per l'area e il
documento dell'associazione Sucar Drom (...).
L'associazione Sucar Drom, insieme alla Federazione Rom e Sinti Insieme,
proporrà durante l'incontro la possibilità di organizzare insieme una
manifestazione per venerdì 25 marzo (segue bozza volantino).
Un saluto, Yuri Del Bar e Carlo Berini
Vi preghiamo di diffondere
Per contatti e adesioni 3388736013
Associazione Sucar Drom via Tazzoli n. 14, 46100 Mantova, Italia
telefono +39 0376 360 643, fax +39 0376 318 839
Giunta Sodano 2010 - 2015
Prima cacciarono i poveri che chiedevano l'elemosina
e io sono rimasto in silenzio
perché mi davano fastidio
Poi strapparono le bandiere dalle finestre delle case
e io sono rimasto in silenzio
perché turbavano il decoro pubblico
Poi cacciarono i suonatori di strada
e io sono rimasto in silenzio
perché non mi piace la musica
Poi vietarono a tutti di sedersi sui gradini
e io sono rimasto in silenzio
perché non mi ero mai seduto sui gradini
Poi tolsero i fondi al Festival Letteratura
e io sono rimasto in silenzio
perché non mi é mai piaciuto leggere
Poi scrissero un regolamento per cacciare i sinti
e io sono rimasto in silenzio
perché mi hanno detto fin da piccolo che sono ladri
Finché un giorno sono venuti a prendere te
e non c’era piu' rimasto nessuno per protestare
NON RIMANERE IN SILENZIO
VIENI ANCHE TU A DIRE
DOSTA! BASTA
Venerdi 25 marzo, ore 16.00 punto di ritrovo in viale Learco Guerra n. 23
Di Fabrizio (del 19/03/2011 @ 09:32:13, in conflitti, visitato 1784 volte)
Da
Czech_Roma. PREMESSA: Il mese scorso il sindaco della città di Nový Bydžov,
per motivi di ordine pubblico, aveva ventilato l'uso di polizia privata da
adoperare nel quartiere zingaro della città. Ne era nato un dibattito che aveva
coinvolto diversi settori della società civile, in città e a livello nazionale.
All'inizio del mese il Partito della Giustizia Sociale dei Lavoratori (Dìlnická
strana sociální spravedlnosti DSSS) di estrema destra, aveva indetto settimana
scorsa una
manifestazione nella cittadina. In casi simili queste manifestazioni si erano
risolte con pestaggi di Rom ed incendi alle loro case da parte dei manifestanti.
Alcuni gruppi antirazzisti cechi avevano indetto una contromanifestazione. La
giornata ha visto assalti contro famiglie rom indifese, cariche della polizia,
ma poca eco sui media cechi. Comincio con la testimonianza di un giornalista rom che
era presente
ROMEARoma commentator Patrik Banga on the Nový Bydžov demonstrations
Nový Bydžov, 13.3.2011 16:06
Siamo arrivati a Nový Bydžov attorno alle 9 di mattina. Negli ultimi 20 km. del
nostro viaggio, io e il mio collega Ivan Kratochvíl abbiamo cercato invano i
poliziotti che avrebbero dovuti essere di pattuglia. I primi poliziotti li
abbiamo incontrati ai margini della città, che stava per diventare punto
d'incontro per diverse centinaia di estremisti e per quanti avevano indetto la
contromanifestazione. Nessuno ci ha fermato. Invece la polizia ha prestato
attenzione ad una Fabia gialla che trainava un rimorchio.
Siamo andati alla stazione di polizia, che ricordavo dalla precedente visita
in città. Sul marciapiede abbiamo incontrato l'addetto stampa, che ci ha
consegnato l'indispensabile cartellino "stampa" che sarebbe dovuto diventare il
nostro lasciapassare verso il centro degli eventi nelle ore a venire. Dopo una
breve consultazione con i colleghi della regione, siamo andati a lavoro.
Abbiamo cercato i Rom in via U Hřiště, che doveva diventare il
centro di una riunione, ma non c'era nessuno. Dopo diverse telefonate, abbiamo
capito che erano a diversi metri di distanza. Quando siamo arrivati sul luogo,
abbiamo visto circa 40 persone ed una ventina di vetture, da cui abbiamo capito
che erano tutti del posto ed il resto stava per arrivare.
Ho intravisto alcuni volti familiari e salutato le persone che conoscevo.
Dopo di che, altre telefonate. Altri media riprendevano la scena.
Rapidamente la gente ha iniziato ad arrivare con le loro auto, da cui
tiravano fuori gli striscioni. Poi gli organizzatori hanno dato il via
all'evento. Dopo un'ora di attesa ci siamo avvicinati allo spazio di fronte al
locale stadio di calcio, dove il parcheggio era abbastanza grande da contenerci
tutti, assieme ad un bus che stava portando altri manifestanti. Gli ex ministri
per i diritti umani Michael
Kocáb e Džamila Stehlíková si sono alzati. In quel momento il gruppo contava
circa 160 persone.
Quando tutti sono stati pronti per marciare, un attivista ha preso la parola
e ha annunciato che la marcia prevista era stata annullata e che era stata
variata in processione religiosa, che come tale non era soggetta all'obbligo di
dichiarazione e che aveva precedenza su tutte le marce annunciate. Era stata
scelta come leader una sacerdotessa della chiesa hussita. Ha annunciato che
sarebbe stata una marcia pacifica e nonviolenta, e, colma di preghiera, ha
chiamato tutti gli attivisti a prendervi parte.
Il corteo è partito dal parcheggio di via Na Šarlejích, ma la polizia aveva
sbarrato la strada in via Havlíčková. Sono iniziati i negoziati. Gli
attivisti sostenevano che la loro marcia era legale e la polizia ha fatto del
suo meglio per verificarlo. Si faceva vivo anche un rappresentante del comune.
Nel frattempo il gruppo recitava il "Padre Nostro".
clicca sull'immagine per vedere le foto della giornata
Da una casa vicina è uscito un pensionato, e attraverso il recinto ha urlato che
"le puttane nere devono andare via da qui", seguendo con molte altre maledizioni
rivolte ai Rom. La polizia guardava mentre i giornalisti si avvicinavano a casa
sua. Il pensionato continuava a bestemmiare e Richard Samko, giornalista della
televisione ceca, ha cercato di intervistarlo. All'improvviso il pensionato si è
rivolto verso casa sua e ha gridato "Non sei d'accordo con me?" ed è rientrato.
Abbiamo udito un forte rumore ed il pensionato è scomparso alla vista. "E'
morto," hanno iniziato a dire i giornalisti - ed in quel momento ho pensato che
anche se pensavo che quel pensionato era un razzista, avrei dovuto saltare il
recinto per aiutarlo, come credo abbia pensato la maggior parte dei giornalisti
presenti. Comunque, presto è riapparso - Eureka!
I rappresentanti cittadini e la polizia alla fine hanno riconosciuto gli
argomenti degli attivisti ed il corteo ha proseguito per via Na Šarlejích e poi
lungo Revoluční třída verso la chiesa. Lì non c'erano più preghiere e
si sono alternati diversi interventi. La strada era fiancheggiata da poliziotti
in tenuta antisommossa, che separavano la processione dai gruppi estremisti. Un
estremista reggeva in mano una sorta di barra, che sicuramente non era né un
treppiede né un'asta da microfono. Ho chiesto ai poliziotti anti-conflitto cosa
intendevano fare al riguardo, e la risposta è stata che avrebbero dovuto
confiscare qualsiasi cosa fosse un'arma ovi assomigliasse, ma che non erano in
grado di spiegarmi perché a quella data persona fosse permesso di portare la
barra che avevo notato.
Diverse dozzine di sostenitori del DSSS stazionavano a pochi metri dai
contro-manifestanti. Le bandiere erano in vista, ma al momento i gruppetti erano
calmi. Durante il ritorno sono iniziate le provocazioni. I sostenitori del DSSS
hanno chiesto ai Rom che portavano striscioni: "Perché porti quello striscione?
Hai un lavoro? Sei a carico dell'assistenza sociale?"
Tuttavia, il gruppo è tornato nel modo in cui era venuto, fermandosi in via Na Šarlejích.
Nel contempo diverse decine di sostenitori del movimento Antifa si erano unite
al gruppo. Gli attivisti discutevano in mezzo alla strada se rimanere lì per
bloccare la marcia degli estremisti o tornare al punto di partenza. La
sacerdotessa ha dichiarato concluso ufficialmente l'evento ed ha preso le
distanze dal bloccare la strada.
Allora il gruppo contava tra le 200 e le 250 persone. I più radicali
intendevano rimanere ad ogni costo e bloccare la strada, mentre i più moderati
volevano dimostrare a 100 metri di distanza in uno spazio che non avrebbe
bloccato l'annunciata marcia del DSSS.
Alla fine, gli Antifa più attivi ed hanno convinto gli altri a rimanere,
alcuni di loro seduti per terra. Dopo alcuni minuti, non era più possibile
tornare verso il centro, perché la polizia aveva bloccato l'accesso. Sono
iniziate nuove trattative.
In quel momento il gruppo non aveva alcuna autorizzazione a bloccare la
marcia annunciata. I poliziotti ci hanno avvertito del fatto, come pure la
squadra anti-conflitto. Nel frattempo era arrivata l'informazione che Vandas
aveva iniziato a parlare e che in città c'erano diverse centinaia di estremisti.
I negoziati erano giunto ad un punto morto e la polizia aveva annunciato che
sarebbe intervenuta se i dimostranti non se ne fossero andati. Si lanciò lo
slogan "Neri, bianchi, uniamo le forze". Ora i manifestanti rom mostravano
preoccupazione. In testa c'era un piccolo gruppo che intendeva fare qualcosa,
tra cui Martin Šimáček, Ondřej
Liška, rappresentanti dei Rom locali e, per quel che può valere, io stesso.
Vennero date alcune istruzioni, tra cui quella che i Rom si dovessero ritirare
una volta che la polizia avesse invitato i manifestanti ad andarsene.
Improvvisamente sembrò aprirsi una speranza. Un capo della polizia aveva
convinto Ondřej Liška a depositare una denuncia contro la marcia del DSSS,
che si stava svolgendo con modalità completamente estranee a quelle annunciate.
Alcuni dimostranti indossavano i simboli del bandito Partito dei Lavoratori,
altri issavano lo striscione dell'organizzazione (sempre bandita) Resistenza
Nazionale. L'intera manifestazione era stata addirittura annunciata sul loro
sito, odpor.org.
Siamo andati alla stazione di polizia. Dopo alcuni minuti di "trattative",
abbiamo avuto l'informazione che la polizia aveva caricato i
contro-manifestanti.
Siamo corsi fuori dalla stazione di polizia verso via Na Šarlejích. Lì ho
visto soltanto candelotti fumogeni esplosi ed alcuni furgoni della polizia sul
lato destro. I Rom affacciati alle finestre mi gridavano che era stato un
massacro, che i cavalli avevano calpestato le persone. Allora capii cosa era
successo. La polizia aveva attirato distante i "politici" per poter intervenire
con durezza.
Ho trovato i manifestanti a decine di metri di distanza in via Havlíčková.
Erano stati caricati da otto poliziotti antisommossa a cavallo. Ho cercato di
capire se erano feriti, soprattutto i miei amici. Grazie a dio erano tutti sani.
Tramite frammenti di discorso ho ricostruito gli eventi. La polizia
antisommossa aveva aperto la strada a quella a cavallo per caricare i
dimostranti, picchiati con manganelli. Alcuni erano stati arrestati, diversi
erano stati feriti. Ognuno usava le parole "brutale" e "massacro". Poi la
polizia aveva spinto i dimostranti diversi metri indietro, perché gli estremisti
avessero la strada libera.
Così gli estremisti hanno potuto trarre pieno vantaggio dal corridoio
liberato. In diverse centinaia hanno marciato lanciando slogan come "Boemia ai
Cechi". Voci isolate scandivano "Venite qui, puttane nere" e "Antifa, ha, ha,
ha" agli antifascisti. Quando i contro-manifestanti hanno iniziato a cantare,
per un momento ho avuto l'impressione di essere ad una partita di calcio tra
Sparta e Ostrava.
Sono rimasto sconcertato anche da qualcos'altro: avevo saputo dalla polizia
che c'era il divieto di indossare maschere, ma molti estremisti erano a volto
coperto. La polizia non ha agito contro di loro, sicuramente non nel modo che ha
agito attaccando la contro-manifestazione.
Un volta che gli estremisti se ne erano andati, la situazione si calmò un
poco, e sono potuto tornare alla mia macchina. Nel parcheggio ho incontrato Michael
Kocáb, che si era allontanato dagli eventi alle 15.00 circa.
Quando sono ritornato in città, non c'era più traccia dei
contro-manifestanti. Ho fatto alcune chiamate e ho capito che erano di fronte
alla stazione di polizia. Stavano andandosene e mi sono accodato a loro.
Era ora di tornare a Praga. Lungo la strada ho incontrato molte squadre - non
della polizia - ma di estremisti che stavano bighellonando nei villaggi vicini,
fumando appoggiati alle loro macchine. Pensavo che tutto fosse finito.
Un'ora dopo, un collega mi ha chiamato sul cellulare. Gli estremisti avevano
aggredito tre Rom e ferito uno di loro. Poco dopo il portavoce della polizia mi
spiegava che gli estremisti erano tanti e 13 di loro erano stati arrestati. La
polizia era riuscita a contenere la marcia, ma a quanto pare non le sue
conseguenze.
Patrik Banga, translated by Gwendolyn Albert
Dalla Repubblica Ceca mi scrive un amico:
(fonte: Ctk) Un attivista Rom, sabato a Novy Bydzov, è finito all’ospedale
privo di conoscenza dopo una rissa con alcuni attivisti di estrema destra. Nella
cittadina della Boemia centrale si sono radunati nel fine settimana circa 500
esponenti ultranazionalisti della Delnicka strana e 200 attivisti di opposta
estrazione politica. Poliziotti in assetto anti sommossa hanno provato a stento
a tenere separate le due fazioni.
Di Fabrizio (del 19/03/2011 @ 09:02:04, in Regole, visitato 2508 volte)
Segnalazione di Isabella Bianchi, da "Il Tirreno, cronaca di
Pisa" 24 febbraio 2011, pag VI
Lunedì sono stati condannati in primo grado quattro rom che, secondo i
giudici, avevano scippato piccole somme a oltre 40mila pisani per un totale di
più di due milioni di euro. Le istituzioni, i commercianti, i comitati, la
destra, ma anche semplici cittadini, hanno urlato la loro preoccupazione per
la sicurezza, il loro sdegno per la paura che alligna tra la gente, il loro
allarme per la convivenza civile in città. Come dite? Non avete sentito niente?
Già perché non erano rom, sono i quattro potenti membri del vecchio Cda della
defunta Cassa di Risparmio di Pisa e il silenzio, come si può constatare, è
tombale.
Di Fabrizio (del 18/03/2011 @ 11:47:10, in Italia, visitato 2184 volte)
Negli ultimi due anni a Milano sono stati effettuati oltre 360 sgomberi di
campi abitati da Rom e Sinti che hanno coinvolto alcune centinaia di nuclei
familiari presenti da tempo sul territorio cittadino.
In questi anni gli sgomberi e le ruspe non hanno risolto nulla, anzi
- con un grosso dispendio di risorse pubbliche - hanno contribuito a rendere
ancora più difficile e drammatica la vita delle famiglie Rom, ed in particolare
di alcune centinaia di bambini, aumentando il loro disagio e la loro esclusione
dal tessuto sociale. Oltre che non risolvere il disagio di chi vive in
prossimità dei campi.
In questi anni a Milano c'è però anche chi ha scelto di incontrare questi
volti, queste persone, di costruire rapporti di vicinanza, di
considerarli i nuovi vicini di casa o i nuovi compagni di banco. A volte dopo
uno sgombero sono partite inaspettate catene di solidarietà, che hanno avuto
anche risalto sui mass-media locali e nazionale, ma queste reazioni pur
importanti non sono sufficienti.
Alcune associazioni e gruppi ma anche singoli cittadini, maestre e genitori
hanno costruito con le famiglie Rom dei rapporti basati sulla fiducia, imparando
a superare diffidenze e paure reciproche. Sono nati così progetti di
integrazione abitativa, lavorativa, scolastica. Queste persone hanno scelto di
vivere così il proprio ruolo di cittadinanza attiva per costruire una città
più vivibile e quindi più sicura per tutti, proprio perché più accogliente.
Da questa esperienza nasce l'appello alla città "I DIRITTI NON SI SGOMBERANO",
un appello rivolto all'amministrazione perché opti per politiche di vera
integrazione ed abbandoni la logica degli sgomberi, appello però rivolto
anche al tessuto civile di questa città perché ritrovi il gusto della
partecipazione alla costruzione di una città capace di tutelare i diritti di
tutti al di là delle appartenenze etniche e culturali.
L'appello verrà presentato in Camera del Lavoro a Milano in Corso di Porta
Vittoria 43 il giorno 22 marzo, alle ore 11,30
Saranno presenti, tra gli altri, alcuni dei rappresentanti delle realtà
che hanno promosso l'appello: Gruppo Sostegno Forlanini, Mamme e Maestre di
Rubattino, Onorio Rosati Segretario Generale Camera del Lavoro di Milano, don
Massimo Mapelli Casa della Carità, Bruno Segre, Claudio Cristiani Agesci Zona
Milano, Dijana Pavlovic Rom e Sinti Insieme, RSU ST Castelletto, Acli Milano,
Emanuele Patti Arci, Padri Somaschi, Comunità di Sant'Egidio, Avv. Alberto
Guariso.
MILANO 18 MARZO 2011
Per informazioni e comunicazioni: Gruppo Sostegno Forlanini:
scendiamoincampo@gmail.com - telefono 333.8611303
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