Di Fabrizio (del 05/03/2011 @ 09:22:02, in Italia, visitato 1554 volte)
Prima leggere
QUA
Alcune domande:
* Un assessore ex AN che riscopre la purezza del 25 aprile?
* Come si permette di stabilire chi può manifestare e chi no?
* Se c'è tutta questa paura per la manifestazione, non si faceva prima ad aprire
un tavolo di trattativa?
* Chi sarebbero gli apolidi?
(red.) L'assessore comunale Mario Labolani dice un netto no all'ipotesi di
una manifestazione dei nomadi che si dovrebbe tenere a Brescia il 25
aprile. "Il mio", ha spiegato, "è un no fermo e convinto. Il 25 aprile è una
festa patriottica che appartiene alla storia di tutti gli italiani, non intendo
quindi assistere inerme ad un'invasione della nostra città ad opera di zingari
provenienti da tutto il paese e forse anche dal resto d'Europa". Secondo Labolani "questi signori stanno minacciando di invadere la nostra
città, per protesta contro lo sgombero dei campi sinti avvenuto nei giorni
scorsi, mettendo in atto un vero e proprio ricatto. E' inaccettabile che a
fronte dell'accordo firmato con il comune e tutte le sigle sindacali i nomadi
pensino di poter implicitamente ricattarci con intimidazioni mediatiche di
questo tipo". L'assessore sostiene che stanno "usando come arma la forza numerica,
poiché in realtà nessuno è in grado di prevedere con certezza quanti zingari e
di che provenienza si stiano organizzando per convogliare a Brescia a sostegno
degli apolidi ivi stanziati".
Di Fabrizio (del 06/03/2011 @ 09:11:58, in casa, visitato 1602 volte)
Le madri zingare di Luník IX scrivono al Premier
Alcune bambini e mamme del ghetto Rom di Luník IX a Košice hanno indirizzato
una lettera aperta al primo Ministro Iveta Radičová per informarla della
situazione senza speranze nella quale versano.
Nella lettera, le madri ed i bambini zingari informano la Radičová che la gente
di Luník IX paga l'affitto delle case nonostante non esistano contratti. Che allo
stesso modo viene riscossa quotidianamente l'elettricità, in ragione di 6 euro
al giorno, da parte degli incaricati della città. Che insomma nel quartiere non
vige l'anarchia zingara ma l'irregolarità e l'arbitrio degli amministratori
locali.
"Scriviamo al Primo Ministro perché speriamo che l'Ispettorato del Commercio e
gli altri uffici ispettivi conducano una profonda verifica della situazione
della Direzione di Luník IX e dell'Associazione per la Casa di Kosice per
scoprire chi abbia gestito tanto irresponsabilmente, per quasi venti anni,
l'affitto degli appartamenti di Luník IX, e perché lo abbia fatto".
Secondo Gabriel Glovacký, un insegnante che opera nell'ambito della comunità Rom
di Košice, il quartiere è, come gli stessi abitanti definiscono "una trappola
sociale" che non prevede uscite.
"Prima della fine del 1989 il 94% dei Rom di Luník IX aveva una occupazione.
Attualmente il 94% di loro è disoccupato", sostiene Glovacký, spiegando come i
giovani del quartiere desiderino una vita diversa da quella dei genitori ma non
abbiano prospettive di cambiamento per le loro vite.
"La gente di Luník IX è probabilmente indebitata per le prossime tre o quattro
generazioni. Vivono in appartamenti in cui l'acqua viene erogata per un'ora due
volte al giorno, ma i debiti corrispondenti ad acqua, elettricità e
riscaldamento raggiungono totali di milioni di euro" ha continuato a spiegare Glovacký, sottolineando che persino i pochi zingari che hanno un lavoro non
guadagnano abbastanza per trovare una modesta abitazione lontano da Luník IX.
Simile anche l'opinione di Anna Koptová, Preside della scuola superiore di via
Galaktická, che spiega: "se il colore della tua pelle è scuro e la tua residenza
permanente è a Luník IX non hai speranze di trovare lavoro". Secondo la preside Koptová ci sono infatti tanti Rom colti ed abili che si trovano discriminati sul
mercato del lavoro.
Di Fabrizio (del 06/03/2011 @ 09:38:56, in Italia, visitato 1628 volte)
Una donna rom con le sue cose salvate dalla demolizione della baracca -
Repubblica.it
Sono arrivati alle 6.30 e hanno abbattuto baracche e roulotte. L'Arci, che
nel campo porta avanti un progetto di scolarizzazione: "Molti bambini, sul
pullman che li portava a scuola, ci chiedevano se al ritorno avrebbero ritrovato
le loro madri. Ma la metà di loro non sono venuti perché spaventati"
Sono arrivati all'alba, poco dopo le 6.30, e con ruspe e camion hanno abbattuto
alcune baracche e roulotte abusive all'interno del campo nomadi di Tor de Cenci:
sotto gli occhi di alcuni giornalisti e delle loro telecamere, l'azione di circa
70 agenti della municipale dell'VIII gruppo e del coordinamento operativo per
l'emergenza nomadi, guidati da Antonio Di Maggio, ha portato all'individuazione
di una cinquantina di persone non censite nel campo. Alcune di esse, 18 donne e
2 uomini, sono state condotte all'ufficio stranieri della questura per il
fotosegnalamento.
Momenti di preoccupazione e di tensione nel campo soprattutto da parte dei figli
delle donne condotte in questura, spaventati al momento dell'abbattimento delle
roulotte: molti di loro oggi non sono andati a scuola. A raccontare la
situazione del campo e la reazione delle persone che vi abitano è Paolo Perrini,
coordinatore del progetto scolarizzazione dell'Arci, 15 anni di esperienza nel
campo a Tor de Cenci. Perrini parla della paura di una parte dei bambini del
campo durante l'azione di stamane e l'abbattimento delle abitazioni, con alcuni
di loro che hanno preferito correre a "rifugiarsi" negli altri container del
campo. In particolare, molto preoccupati si sono mostrati appunto i figli delle
donne condotte in questura: "Sul pullman che li portava a scuola questa mattina
ci domandavano quando avrebbero rivisto le loro madri e se le avrebbero trovate
al loro ritorno", dice Perrini che segnala il fatto che una delle conseguenze
dirette dell'azione è stata quella di far perdere un giorno di scuola ai
ragazzi. "Di solito- dice- ne accompagniamo a scuola circa 115, ma oggi non
erano più di 60".
Il coordinatore del progetto scolarizzazione dell'Arci spiega anche che fra i
cosiddetti "abusivi" individuati nel corso dell'azione ci sono anche figli e
nipoti degli abitanti "regolari", cioè le nuove generazioni nate nel corso degli
undici anni che sono trascorsi dal momento in cui furono assegnati i container:
"Nel 2000 le famiglie che ottennero i container avevano al loro interno molti
ragazzi fra i 10 e i 14 anni, che nel frattempo hanno a loro volta formato un
proprio nucleo familiare". Ci sono dunque almeno tre generazioni: i nonni che
hanno il container assegnato, i padri che li hanno lasciati al momento di
costruire la loro nuova famiglia, e i figli, che vivono con i loro genitori a
poca distanza dai container dei nonni.
Il campo di Tor de Cenci è uno dei campi tollerati in attesa di ricollocamento
e non fa parte dunque del gruppo di villaggi attrezzati: il Comune non vi ha
insediato un presidio sociale o socio-sanitario, non vi sono telecamere e non
c'è servizio di guardia, mentre la pulizia all'interno del campo è stata
affidata proprio a una cooperativa rom. "Gli abitanti del campo - riferisce
Perrini- hanno stabilito degli ottimi rapporti con il territorio" e vivono
fondamentalmente con la raccolta dei metalli e l'attività dei mercatini: "La
gran parte dei rom- dice- viene chiamata nel quartiere (e non solo) per lavori
di pulizia, di svuotamento di cantine e simili: il materiale che raccolgono
viene portato nel campo, dove viene effettuata una cernita per individuare
l'alluminio, il rame o il ferro".
"Quello che per noi sembra immondizia - spiega - per loro è vita, perché
ricavano il materiale per vivere, e per vivere onestamente: oltre ai metalli,
gli oggetti ancora utili vengono poi venduti nei mercatini organizzati il sabato
e la domenica". Si tratta di attività ancora informali, nonostante da tempo si
sia manifestata, fra le comunità rom, la necessità e la disponibilità a
regolamentarle: ogni tentativo attuato finora, però, non ha avuto successo.
Dall'Ama, sul versante del riciclaggio del metallo, finora ad esempio non è
arrivata nessuna apertura. Eppure, fra metallo e mercatini "si tratta di un
lavoro onesto: perché non li mettiamo nelle condizioni di farlo alla luce del
sole? Facciamoli campare!".
E del resto le alternative sono davvero poche: non sono mancati i tentativi, nel
corso del tempo, per provare ad inserire i giovani nel mercato del lavoro
locale. Risultati? "Con progetti di formazione lavoro abbiamo formato giovani
parrucchieri o giovani baristi, ma dopo i sei mesi di tirocinio, al momento
della formalizzazione del rapporto di lavoro, essa è sempre stata rifiutata:
quando il datore di lavoro legge sul permesso di soggiorno che il ragazzo abita
al campo rom di Tor de Cenci s'inventa qualsiasi cosa pur di non assumere". E
così molti abitanti del campo lavorano come ambulanti, spesso con partita iva:
attività che consente loro di avere un reddito dignitoso, ma sempre
nell'informalità e nella precarietà.
"Diversità urbana" è il primo concorso fotografico lanciato dall’Unar -
Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali - presso il Dipartimento per le
Pari Opportunità della presidenza del Consiglio dei Ministri. L'intento è quello
di far emergere a livello nazionale ogni iniziativa di conoscenza reciproca, che
a partire dalla rimozione degli stereotipi che favoriscono la conflittualità,
favorisca il dialogo e l'inclusione sociale nei contesti urbani tra cittadini
italiani, stranieri, rom, sinti e di altre minoranze etnico-linguistiche e di
altre religioni, tra persone disabili, tra giovani ed anziani e tra persone con
diverso orientamento sessuale ed identità di genere.
Il concorso, a cui si potrà partecipare fino al 15 aprile 2011, è rivolto ai
giovani dai 18 ai 35 anni e premierà, con mille euro ciascuna, le migliori 6
foto ritenute vincitrici ex-equo dalla Commissione giudicatrice formata da
esperti dell’Unar e dal National Working Group contro le discriminazioni.
Inoltre, le migliori foto (vincitrici e non) saranno selezionate e diffuse
nell’ambito di campagne informative e di sensibilizzazione elaborate dal
Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, oltre ad essere pubblicate in un libro fotografico e usate per mostre
fotografiche di rilievo nazionale.
Il concorso si articola sui seguenti temi: diversità razziale; diversità etnica
con particolare riferimento alle comunità rom, sinti e camminanti; diversa
abilità; diversità religiosa; diversità di età; diversità di orientamento
sessuale ed identità di genere. Ogni autore può partecipare con un massimo di
quattro foto rappresentative di almeno due temi oggetto di concorso. Tutte le
fotografie devono essere inedite. La domanda di partecipazione si può scaricare
dal sito dal sito www.unar.it e dal sito
www.pariopportunita.gov.it e deve
pervenire entro il 15 aprile 2011.
... si perdono nella leggenda. I Tarocchi sono un tipo di carte in apparenza
da gioco, originatosi tra la fine del Medioevo ed il Rinascimento nelle corti
signorili di Bologna, Ferrara e Milano. Secondo alcuni studiosi gli zingari, i
soli detentori della cartomanzia nel Medioevo, li avrebbero portati in Europa
dall'Egitto; per altri li avrebbero portati in Europa i Templari da Israele;
altri ancora, collocano la loro nascita in India o in Cina. Con sicurezza i
primi documenti che si riferiscono ai Tarocchi risalgono al tardo Medioevo,
quando i potenti iniziarono ad interessarsi a questo gioco. Tuttavia, non è
chiaro se sin dall'inizio si utilizzassero mazzi completi di 78 carte o solo in
un secondo tempo fossero messi insieme i 22 Arcani Maggiori e i 56 Arcani
Minori. La maggior parte degli studiosi considera i 22 Arcani una creazione
italiana, mentre i 56 Arcani Minori sembrano derivare da mazzi arabi importati
in Europa nel Medioevo; la fusione dei due mazzi risale probabilmente alla
seconda metà del XIV secolo. Con l'aiuto di strumenti quali l'incisione su
stampi di legno o di rame, i giochi di carte si diffusero molto rapidamente. Già
nel XVI secolo un gioco di Tarocchi modificato, conosciuto con il nome "Tarocco
di Marsiglia" divenne molto popolare. Ancora oggi in alcune zone europee il
Tarocco viene usato per giocare. Alessio Delfino (classe 1976) attraverso
accattivanti scatti fotografici, ripropone in chiave contemporanea i 22 Arcani
Maggiori che ricrea ed immortala in set curati nei minimi dettagli. Quando si
osservano le carte dei Tarocchi nel loro complesso simbolismo ci si accorge che
gli archetipi raffigurati sono universali. Ad esempio la Ruota (Arcano X) è
presente nelle mitologie e cosmogonie di tutti i popoli (mondo greco, egiziano,
azteco, cinese ecc.). Tuttavia è indubbio che nei 22 Arcani sono ravvisabili i
simboli del Cristianesimo esoterico, si pensi solo all'Arcano XX, il Giudizio.
In tal modo veniva garantita sia la segretezza che la continuità di tale
conoscenza. I Tarocchi hanno da sempre accompagnato la storia umana nei secoli,
resistendo nei secoli ad un'univoca decifrazione e interpretazione, conservando
una parte mistico-esoterica che li rende affascinanti ancora oggi ed aperti ad
infinite interpretazioni che partono direttamente dal nostro Io, toccando quella
parte oscura che ognuno di noi possiede ma che la cultura occidentale ha
soffocato dimenticando la nostra parte irrazionale e magica che li ha creati e
che,ancora, li anima, conquistandoci.
Di Fabrizio (del 08/03/2011 @ 09:14:32, in Kumpanija, visitato 1965 volte)
Segnalazione di Susanna Calti
Terra generatrice di vita, terra in cartapesta che contiene vita in varie
forme, e testi su pergamena in lingua romanes, rumena, serbo-croata e italiana,
realizzata dal gruppo di lavoro dei bambini di origine culturale rom residenti
all’interno del Villaggio Attrezzato di via di Salone a Roma, insieme alle
educatrici della Cooperativa Ermes Gessima Besson e Serena Stazi. BELLO!
Lunedì 21 marzo alle 00.30, France 3 diffonderà nella programmazione di "La
case de l'oncle doc" un documentario intitolato "Roms, premier peuple européen".
Sei secoli dopo il loro arrivo in Europa, i Rom, a seconda delle frontiere
conosciuti come Manouches, Gitans, Sinti…continuano a vivere, tra carovane e
bidonville, alle porte delle nostre società. Ma in Francia a luglio 2010, una
semplice notizia riguardante un cittadino francese di origine gitana, dava fuoco
alle polveri.
Discorsi sicuritari infiammati, amalgama tra delinquenza e "gens du voyage",
regna la confusione, e designa un capro espiatorio per l'insicurezza del
momento: i Rom. Tra i 10 e i 12 milioni di suoi cittadini vivono ai margini dei
diritti più fondamentali, dalla sanità all'istruzione. Tra i 10 e i 12 milioni
di uomini, donne, bambini marginalizzati che vogliamo tenere a debita distanza,
ma a quale distanza, visto che sono europei? Lo stigma, per non dire il rifiuto
di "Gitani, Zigani, Manouches..." è ancestrale. Evidente la loro paura
dell'integrazione o dell'assimilazione. Il loro posto in un'Europa ufficialmente
senza frontiere interne, ma che resta un'Europa delle Nazione, è difficile da
definire. A meno che i Rom stessi non aprano una prima breccia. A marzo 2011,
Romania e Bulgaria, membri dell'Unione Europea entreranno nello spazio Schengen
garantendo la libera circolazione a tutti i loro membri.
Questo film ci fa viaggiare, da Montreuil dove si espellono i Rom rumeni o
bulgari, a Budapest dove le milizie nazionaliste incendiano le case delle
famiglie rom. Un itinerario di paria abbandonati dai loro stati e che convergono
verso Strasburgo e Bruxelles, capitali legislativa e amministrativa dell'Unione
Europea, dove giovani studenti rom tentano di far intendere la voce dei 10-12
milioni di cittadini europei che non vogliono più vivere rifiutati e
marginalizzati. Un viaggio per raccontare la lunga e difficile gestazione di una
nazione senza territorio nazionale. Una prima tappa verso un'Europa dei popoli?
Forse no, ma una questione centrale: quale status perché 10-12 milioni di
cittadini europei non siano più rigettati ai margini dei diritti fondamentali?
Di Fabrizio (del 09/03/2011 @ 09:19:25, in Italia, visitato 2726 volte)
7 marzo 2011 - Se avete letto che il campo rom di Via Idro è stato
sgomberato, sappiate che non è vero!
La polizia in assetto antisommossa (con vigili del fuoco, vigili urbani,
ambulanze, ruspe, ecc.) è intervenuta giovedì 3 marzo 2011, di buon mattino,
quando ancora i bambini si stavano preparando per andare a scuola e si sono
talmente spaventati che i loro genitori hanno preferito tenerli a casa. Tutto
questo solo per allontanare tre famiglie che vivevano fuori dal campo nomadi e
con l'occasione è stata divelta anche la cabina della luce che ha lasciato il
campo al buio ed al freddo.
In Via Idro abitano da 20 anni famiglie che hanno ottenuto una piazzola in
uso dal Comune con regolare contratto di assegnazione. Sono cittadini milanesi.
CHIEDIAMO AL COMUNE
• Come intende risolvere e garantire sicurezza per tutti, residenti della
zona e del campo?
Ciò sarebbe possibile se il Comune avesse la volontà politica di
predisporre un progetto che utilizzi i fondi del piano Maroni, già
stanziati, ma non per un campo di transito come vuole la giunta
Moratti. Non avevano detto zero campi? Come hanno gestito in questi anni
i campi di transito? Hanno controllato gli ingressi e garantito sicurezza
per tutti? No! noi non ci fidiamo della Moratti, della Lega Nord e delle
loro promesse. La giunta Moratti e la Lega milanese spendono i nostri
soldi solo per demolire. Chi rimane senza alloggio dove va? Di questo il
Comune non si interessa! Anzi a loro interessa che vadano da altre parti per
poter poi distruggere ancora le loro abitazioni e far passare in televisione
e sui giornali il messaggio che combattono l'illegalità e sono dalla parte
dei cittadini: alimentano solo la paura senza preoccuparsi di trovare
soluzioni! E' questo il modo di governare una città?
• Di verificare con puntualità il corretto insediamento delle famiglie già
censite nei controlli in questi ultimi due anni e tutelare le stesse famiglie da
ingressi abusivi nel campo che mettano a repentaglio la legalità e la coesione sociale.
• Di fornire, una volta per tutte, la corrente elettrica ad ogni famiglia,
attraverso la posa di contatori personalizzati che li ponga nelle condizioni di
pagare le bollette o andare incontro alla sospensione della fornitura in caso di
morosità in modo individuale e non collettivo. Come in tutti i condomini se una
famiglia non paga le utenze, le stesse vengono sospese solo alla famiglia morosa
e non a tutto il condominio.
• Rispetto per tutti i cittadini!
Associazione VILLA PALLAVICINI - A.N.P.I. Crescenzago - Associazione "elementare.russo"
- Comitato "Vivere in Zona 2" - Fondazione Casa della Carità - Legambiente
Crescenzago - Comunità Rom via Idro 62 - Comitato Genitori Elementare S. Mamete
- Partito Democratico-Zona 2 - Osservatorio sui razzismi - Sinistra Ecologia e
Libertà-Zona 2 - Martesanadue
Dietro un anonimo cancello della periferia romana si apre un piccolo mondo
colorato, pieno di bambini. Un piccolo mondo in cui si sono rifugiate alcune
famiglie Rom espulse dai campi in cui stavano, espulse dal mondo esterno, quello
che sta oltre il cancello. «Metropolis», così è stato battezzato lo spazio in
cui vivono, occupato dopo anni di abbandono, è un'ex concessionaria di
automobili, di fatto un grande capannone al cui interno è sorto un piccolo
villaggio coperto, con casette costruite dai Rom stessi.
Ci entriamo con Militant A, rapper di Assalti frontali che nel nuovo cd Profondo
rosso (esce venerdì) racconta anche di loro, dell'occupazione di questo posto,
della scuola dove incontra quotidianamente i bambini festanti che ci attorniano,
compagni di scuola dei suoi figli. L'uscita del cd è quasi contemporanea al
secondo sciopero dei migranti denominato Un giorno senza di noi che, dopo
l'esordio dell'anno scorso, torna ad interrogarci sulle non-regole dell'economia
liberista, che sfrutta manodopera a basso costo offrendo in cambio emarginazione
e clandestinità. «Il primo Marzo - sottolinea Militant A - è un giorno di lotta
per il diritto al lavoro, alla casa, alla scuola, che sono diritti di tutti e
sono più che mai a rischio per tutti, non solo per gli immigrati».
L'emarginazione sociale è un mostro che divora le vite delle persone
fregandosene del loro passaporto, ma una cosa è certa: colpisce sempre i più
deboli e fra i più deboli Rom e immigrati ci sono sempre. «Queste persone -
continua il rapper romano - sono umanamente ricche, riescono ad avere una forza
per andare avanti che è incredibile rispetto alle condizioni in cui spesso sono
costretti a vivere.
In loro possiamo ritrovare l'umanità che noi abbiamo perso». Sono Cool questi
Rom è una canzone che Militant A ha dedicato a questa gente, a questa
occupazione, nata per rispondere a un disagio ignorato dalle istituzioni:
«Alemanno ha speso 30 milioni di euro in un anno e mezzo per non risolvere
nulla, ha solo cacciato questa gente dai posti dove vivevano».
Anche rispetto alle poche forme di assistenza nei confronti dei Rom, Militant A
ha qualcosa da dire: «L'assistenzialismo è un business per chi lo fa e che costa
alla collettività 1.000 euro al mese per ogni famiglia Rom. Con quei soldi ci si
potrebbe pagare l'affitto di una casa, ma lasciare il problema irrisolto è utile
alla propaganda politica della destra e serve a mantenere l'affare
dell'assistenza. Questa sistemazione invece non costa un euro a nessuno e
recupera anche un luogo abbandonato al degrado da anni».
Profondo rosso è, come sempre quando si parla di Assalti frontali, un album
pieno di realtà e di argomenti concreti, come nel caso di Lampedusa lo sa,
dedicata ai migranti africani ma soprattutto alla gente dell'isola.
IL CONCERTO A LAMPEDUSA «Noi siamo stati a Lampedusa - ci racconta - per un
concerto contro i Cie, che sono una vergogna in sé e in cui i migranti, grazie a
una legge del governo, possono rimanere rinchiusi, senza aver commesso alcun
reato, non più due ma sei mesi. Proprio allora ci fu l'episodio del mercantile
turco Pinar che aveva salvato dei migranti dal mare e che venne bloccato da una
corvetta militare italiana per quattro giorni. In quell'occasione morì una
giovane emigrata incinta.
Noi siamo stati al funerale e c'erano tanti lampedusani, gente di grande dignità
e umanità, che ben conosce e condivide il dramma dei disperati che approdano
sulle coste dell'isola. Anche qui: se i miliardi di euro che si spendono per i
Cie, per tenere in gabbia chi arriva sulle coste italiane in cerca di un futuro,
venissero spesi per l'accoglienza, non sarebbe meglio per tutti?
Ma per cambiare le cose bisogna partire dal basso, da noi stessi, trovare i modi
per unirsi e lottare per diritti che riguardano tutti nello stesso modo. Io con
Assalti frontali racconto queste storie e le canzoni nascono spesso da
esperienze concrete, come questa con i Rom o quella di Lampedusa, le
manifestazioni degli studenti, etc.
Per me il Rap è raccontare quello che vivo ma anche comunicare un immaginario
diverso da quello dominante, perché l'immaginario fa la differenza, è il punto
di partenza per costruire una realtà diversa». 1 marzo 2011
Nel frattempo, con Jovica Jovic alla fisarmonica e Marta Pistocchi al
violino...
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