"Un giorno metti la pentola a bollire sul fuoco, e sei in un posto. Quando
l'acqua bolle sei in un altro. Quando la pasta cuoce in un altro, e la mangi
chissà dove". Con queste parole la vecchia nonna di Laura Halilovic commenta lo
sgombero che la polizia ha imposto al campo nomadi in cui si trova. Laura, dal
canto suo, ne ha fatto un film: "Io la mia famiglia Rom e Woody Allen", in cui
racconta la sua vita e quella dei suoi cari, tra discriminazioni e vita
quotidiana. Il titolo è una citazione proprio di un film di Woody Allen. Il
cineasta americano ha letteralmente folgorato la piccola Laura che, ancora
bambina, si trovò da allora a coltivare un sogno: fare la regista. Oggi, con
questo film documentario prodotto in collaborazione con RaiTre e Film Commission
Torino, quel sogno è diventato realtà.
A META' TRA DUE CULTURE
«Da quando ho fatto questo film molti si interessano a me. Certo, il pericolo è
che lo facciano solo perché sono Rom, che mi mettano addosso quest'etichetta e
ci si interessi a me perché "diversa"».
Una diversità che le viene additata anche dalla sua comunità: «Sono diversa per
gli italiani e sono diversa per i Rom perché non voglio vivere secondo la nostra
tradizione e non intendo sposarmi per realizzare "il mio futuro"». Proprio con
queste parole infatti i genitori di Laura, nel documentario, la spingono al
matrimonio: "Sei già vecchia, hai 19 anni", le dicono. «Così mi trovo a metà tra
due culture, in bilico – prosegue Laura – e certo è una sofferenza, è una
situazione che vivo malissimo».
Ma la giovane regista ha le spalle larghe e con tenacia procede nel suo cammino
umano e artistico: «Anche la mia famiglia ora si è convinta, ma all'inizio è
stata dura poiché una ragazza Rom non può studiare e nemmeno lavorare, può solo
sposarsi».
LIBERTA' E PRIGIONIA
Nata a Torino, Laura ha vissuto nel campo vicino all'aeroporto di Caselle fino
all'età di otto anni. Poi la sua famiglia ottiene una casa popolare dove vanno a
vivere in nove: lei e i suoi quattro fratelli, i genitori e due cognati. Della
vita del campo resta un ricordo indelebile di libertà e prigionia al contempo:
«Mi ricordo la libertà, noi bambini stavamo sempre in giro nel campo, solo il
cielo a farci da confine. Ma ricordo anche il filo e la rete che delimitavano il
campo, eravamo come animali in gabbia». Le difficoltà coi "Gagé" – i non Rom –
iniziarono con la scuola: «Ricordo la mia felicità, il primo giorno. E ricordo
come gli altri genitori commentassero: "Ci mancava anche la zingarella". Quel
giorno non parlai con nessuno e corsi via appena la campanella suonò».
INTEGRAZIONE NON E' ESSERE TUTTI UGUALI
Questo dolore è quello che, secondo Laura, farà sempre sentire i Rom inferiori.
Un'inferiorità interiorizzata a tal punto da renderli incapaci di rivendicare i
loro diritti. «E non cambierà mai. Come mai cambierà l'atteggiamento dei Gagé
che continueranno sempre a disprezzarci. Un'integrazione è impossibile». Poi,
con un sospiro: «Integrazione non è essere tutti uguali, non è –per un Rom –
diventare Gagé. I Rom non vogliono diventare Gagé. Se non ci fosse più
diversità, nel futuro, forse non ci sarebbe più discriminazione. Ma poi saremmo
tutti più poveri».
Nella parole di Laura echeggia la saggezza della vecchia nonna, che nel film è
il simbolo di una cultura antica, modellata dai secoli e dai chilometri percorsi
da questo popolo nomade. «Quando mi dicono: "vai a casa tua" io mi domando
qual
è la mia casa, la casa di un nomade è ovunque». Laura non nasconde che ci siano
dei problemi: «Le persone però non devono fare di tutta l'erba un fascio, tra di
noi siamo diversi. Tra un Rom Romeno e uno bosniaco c'è differenza, ad esempio.
Non conoscono la nostra cultura». E davvero è arduo conoscere la cultura Rom, il
film di Laura è un ponte per la reciproca conoscenza. Forse così sarà possibile
capire che: «Non è vero che i Rom sono tutti ladri e delinquenti». "Quando un
Rom fa un reato, a venire puniti sono tutti i Rom" si dice nel film.
CASETTE IN FILA
E Laura fa un agghiacciante parallelismo: «Quando vedo le casette in fila, tutte
uguali, del nuovo campo di via Germanasca a Torino, con un recinto di ferro
intorno alto tre metri, mi vengono in mente i campi di concentramento dove sono
morti i miei bisnonni». Già, poiché molti dimenticano che, insieme agli ebrei,
ad Auschwitz trovarono la morte milioni di zingari. «Se mai incontrassi Woody
Allen di persona – conclude Laura – gli chiederei come ha vissuto il suo essere
ebreo. E come ne ha fatto una risorsa».
Di Fabrizio (del 02/02/2011 @ 19:28:17, in Italia, visitato 1731 volte)
COMUNICATO
La Polizia Locale ha preannunciato per domani giovedì 3 febbraio 2011 lo
sgombero con l'intervento delle ruspe del Campo Rom di Via Cavriana.
IL GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI (scendiamoincampo@gmail.com)
svolge la sua attività umanitaria all’interno del campo Rom di via Cavriana da
oltre due anni in stretta collaborazione con altre Associazioni di
volontariato sociale milanesi.
Le famiglie che risiedono in questo campo sono ormai, con quello preannunciato
per domani, al loro quindicesimo sgombero; hanno trovato nel nostro gruppo
sostegno concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende,
oltre all’accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto
soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per
quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti,
molti abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche,
traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione,
nel totale disinteresse delle degli organi preposti alla tutela della salute
anche di questi cittadini/e.
Tra gli abitanti Vi sono giovani adulti soli, anziani in coppia o singoli, una
famiglia con una bimba di neanche due anni, ormai giunta al suo ottavo sgombero,
e un nucleo familiare coi figli in Romania.
Chiamiamo alla mobilitazione e alla presenza la cittadinanza, le forze politiche
e sociali, gli organi di comunicazione, per impedire uno sgombero incivile e
brutale, come quelli già sperimentati nelle precedenti occasioni.
L’appuntamento è per domani mattina, giovedì 03 febbraio 2011 alle ore 07,00,
in via Cavriana (traversa di viale Forlanini).
Di Fabrizio (del 03/02/2011 @ 09:24:01, in Italia, visitato 1775 volte)
L'Osservatorio sul razzismo e le diversità "M. G. Favara", laboratorio di
ricerca dell'Università di Roma Tre, in collaborazione con OsservAzione, centro
di ricerca-azione contro la discriminazione di rom e sinti, ha realizzato negli
scorsi mesi una ricerca sul sistema di protezione dei minori rom nella regione
Lazio. La ricerca è stata commissionata dall'European Roma Rights
Center, ente che svolge funzioni consultive presso il Consiglio d' Europa, che
ha promosso questa attività nel nostro e in altri sei paesi su finanziamento
della Commissione Europea.
In questo quadro, l'Osservatorio, di intesa con gli altri partner della ricerca
e nel quadro delle azioni di disseminazione dei risultati della stessa,
organizza una tavola rotonda che presenterà gli esiti del lavoro svolto nella
regione Lazio; l’iniziativa si terrà presso la facoltà di Scienze della
Formazione, sede di Piazza della Repubblica (aula 7) il 9 febbraio, dalle ore 15.
Coordina: Francesco Pompeo responsabile Osservatorio sul razzismo Università Roma
Tre
Presentazione della ricerca: Francesca Saudino e Daria Storia Osservazione, Ulderico Daniele
Osservatorio sul razzismo
Interventi di: Claudio De Angelis Procuratore del Tribunale per i Minori di Roma Donatella Caponetti Centri per la Giustizia Minorile Franco Alvaro Garante per i Diritti dei Minori Regione Lazio Stefano Giulioli Ufficio Tutele Comune di Roma Nazzareno Guarnieri Federazione Romanì, Graziano Halilovic Romà
Onlus Gabriella Telesca Avvocato Marco Cappuccino Save the Children, Vittoria Quondamatteo Il fiore
nel deserto Antonio Ardolino Berenice, Monica Lanzillotto La Casa Gialla
Conclude: Vittorio Cotesta docente Università Roma Tre
Di Fabrizio (del 03/02/2011 @ 09:40:34, in Italia, visitato 1919 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Il senso della giornata della Memoria appena vissuta è di ricordare il dramma
vissuto da milioni di persone nei lager nazisti, durante il conflitto della 2°
guerra mondiale. E' una nobile iniziativa!
Ricordare per non ripetere, ricordare per continuare a resistere e smascherare
quelle forme "soft" di divoramento (porrajmos nella lingua romanès) che oggi
i Rom spesso continuano a subire, perfino all'interno di Istituzioni
democratiche, anche se non sotto quella forma disumana dello sterminio vissuto
nel secolo scorso.
E' innegabile che i Rom ne hanno fatta di strada da allora ad oggi, innanzitutto
sono sopravissuti al progetto che prevedeva la loro eliminazione, o per lo meno
il loro controllo. Hanno preso coscienza non solo della loro storia, delle
tragedie subite, rivendicano la loro identità come popolo, con le loro diversità
culturali, sociali e religiose. Chiedono anche di essere loro stessi i
protagonisti del loro futuro, reclamano il rispetto dei loro diritti e
desiderano essere trattati alla pari di ogni essere umano, non reclamano sconti,
ma nemmeno leggi speciali per loro. Essere ri-conosciuti come Rom, è parte
integrante della giornata della memoria, altrimenti si corre il rischio di
ripetere gli errori del passato.
Il nuovo villaggio Rom di Coltano, ad esempio quanto è "ri-conosciuto" come
abitato da Rom? Il suo regolamento cosa recepisce del "vivere Rom", quando
questi in effetti è stato decretato senza alcun coinvolgimento e partecipazione
dei Rom stessi?
E' un regolamento che condiziona pesantemente il "vivere Rom", anzi sembra
volerlo limitare, per imporre controllo e intrusione nella vita privata, tutto
questo nella convinzione di fare il bene degli "assistiti", arrivando anche a
decidere arbitrariamente l'allontanamento di nuclei, colpevoli di "aver tradito"
la fiducia dei "benefattori".
Operatrice al villaggio Rom di Coltano:
"S.(maggiorenne) la devi smettere di passare il tempo da tua madre, tutte
le volte che vengo qui ti trovo da lei, tu hai il tuo appartamento, devi stare
là e farti la tua vita."
"Vogliono farci vivere come gli Italiani, ma noi siamo diversi. Gli operatori
non lo capiscono ancora o fanno finta. Vengono qui solo per controllare e
minacciare di non rinnovarci il contratto, non è giusto!"
"Paghiamo l'affitto, le bollette di luce, acqua e gas e paghiamo caro anche
perché la posta arriva una volta al mese e ci tocca pagare la tassa perché è
scaduto il termine, ma non possiamo essere padroni in casa nostra, viviamo sotto
la continua minaccia del comune che può mandarci via quando vuole, temiamo anche
di ospitare i nostri parenti."
"Di questo passo, senza lavoro dovrò ritornare a manghel, ma ho paura che poi mi
tolgono l'appartamento. Prima era diverso tra di noi, sì le case sono più belle
delle baracche di prima, ma ora è cambiato troppo, non ci fidiamo più neanche
tra di noi."
"Anni fa, ricordo che noi Rom facevamo spettacoli a Pisa, era bello. Ora invece,
più niente, nessuno ci chiama! C'è solo Livorno che ci invita a ballare, a
parlare, a cucinare le nostre specialità... perché lì ancora non hanno il
Progetto Città sottili."
Dettagli... l'Olocausto in un certo senso è stato preparato, coltivato dai
"dettagli" (la banalità del male!), che pian piano hanno convinto gran parte
dell'opinione pubblica a ritenere necessari e normali quei provvedimenti che
limitavano le libertà a determinate categorie di persone, viste come dei corpi
malati o asociali, che dovevano essere controllati e guariti dalla parte sana
della società!
Convinti di fare del bene, allora come oggi, in questo senso la storia si
ripete, anche se in forme diverse, ma a volte con la stessa la logica: il virus
della sicurezza si è trasmesso, e affidato come per vocazione o per contratto
agli stessi operatori e assistenti sociali. Oggi la sicurezza si serve anche
delle gambe di quegli operatori che lavorano nel sociale..possibilmente con
gambe veloci e scattanti, disposti ad accelerare i tempi per non aspettare i
tempi lunghi della Democrazia e della Giustizia!
«Aver memoria non significa soltanto ascoltare una testimonianza o vedere
immagini mostruose... Non basta osservare l'orrore, per rifiutarlo. Bisogna
capire come funzionava la sua potente macchina, e com'è stata raccontata più
tardi dai suoi artefici.. Quegli uomini non erano nati violenti: lo sono
diventati. Le loro testimonianze ci dicono molto di più di quel che ci
raccontano i crimini commessi». (David Bidussa)
L'Olocausto ha avuto una sua fase di incubazione, una preparazione in genere
affidata a gente comune, convinta di fare bene e che considerava del tutto
normale e legittimo che Ebrei, Rom, handicappati.. (persone viste come una
minaccia, degli a-sociali da controllare), fossero privati dei loro diritti,
applicando esclusivamente a loro delle direttive speciali, al di fuori di quelle
ordinarie.
Dettagli , che ritornano a distanza di tempo: un esempio è il regolamento "Città
Sottili" di Pisa, che si pone per sua natura "fuori legalità", avocando a sé il
diritto di prendere provvedimenti amministrativi a prescindere dall'esito di un
procedimento penale ancora in atto verso dei Rom, il riferimento è al caso della
"sposa bambina", ma non solo.
Oggi, come ieri i Rom sono ancora visti come corpi malati, che devono essere
controllati per essere guariti, o sgomberati per timore di possibili "contagi"
alla nostra sicurezza sociale. Chi tra i Rom non accetta, chi osa alzare la
testa, chi mostra un po' di coraggio e dignità nel ribellarsi, allora contro
costoro si scatena la macchina persecutoria: i loro diritti vengono sospesi,
anche con il consenso di una società ormai anestetizzata e drogata, le bugie
vengono istituzionalizzate, le verità dei fatti scivolano via, censurate con
ogni mezzo e in ogni sede.
Oggi è ancora difficile ri-conoscere la vita Rom.. forse è vero: "alla «banalità
del male si può solo opporre la bontà insensata".
don Agostino Rota Martir
Campo nomadi – Coltano (PI) - 31 Gennaio 2011
Di Fabrizio (del 04/02/2011 @ 09:05:27, in Italia, visitato 1674 volte)
Gli ebrei non vivono più nei ghetti, ma in Italia, alla data del 27
gennaio 2011, gli zingari vivono ancora concentrati nei campi, perché?
Nel giorno della memoria si tende a dimenticare la persecuzione di sinti e
rom e, mentre la Germania ha riconosciuto solo nel 1985 le sue responsabilità,
in Italia i documenti sono dispersi ma i sinti reggiani ricordano il campo di
concentramento di Prignano sul Secchia, in provincia di Modena, dove sono state
mandate le loro famiglie. Paola Trevisan ha condotto una ricerca storica e
ha trovato, con molta fatica, documentazioni e testimonianze degli abitanti del
paese e le ha pubblicate. Anche la Lega Nord ha deciso di rievocare quegli anni
con una puntualità e un realismo agghiacciante: ha accusato i nomadi di essere
un peso economico per la città. La Lega non è nuova a questi attacchi che
rivolge anche ai disoccupati del luogo e, in altre regioni, ai disabili,
trovando facili nemici in chiunque sia debole o in difficoltà. I leghisti hanno
dichiarato che, per i campi nomadi, Reggio Emilia ha speso 3 milioni di euro, ma
i dati pubblicati sulla stampa rivelano che in sette anni, per la manutenzione
di cinque aree, la città non ha speso neanche un terzo di quella cifra e lo
stipendio del solo Onorevole Alessandri costa molto di più alla comunità. Resta
intanto fermo il progetto delle micro aree che dovevano sostituire i campi,
perché persiste la tendenza a tenere i sinti concentrati in pochi spazi ai
margini dell'abitato. Sicuramente sono invece stati spesi soldi per riparare i
danni che razzisti e balordi hanno procurato alle strutture dei campi sosta. A
Prignano i sinti furono lasciati senza sostentamento e allora bruciarono i pali
della recinzione del campo di concentramento per riscaldarsi, quello che
spettava a un solo internato era dato per un'intera famiglia, così, affamati,
dopo qualche anno fuggirono e fu la loro salvezza. Gli Argan, i Franchi, i
Triberti, i Colombo, i Truzzi, i De Bar erano saltimbanchi e giocolieri
circensi, i figli e nipoti sono giostrai e, dopo il fascismo, sono stati di
nuovo concentrati nei campi nomadi. Mentre nella provincia i sindaci firmano
continuamente sgomberi per le carovane di passaggio che non possono fermarsi
neppure per riposare la notte, diversi sinti reggiani, stanchi di aspettare,
come a Prignano sono scappati dai campi, si sono comprati un pezzo di terra in
campagna e si sono sistemati con le loro case mobili. Questo la legge non lo
consente, ma nessuna legge può obbligare le persone a vivere per sempre in un
recinto. I sinti e rom vogliono vivere con dignità come tutti ma poiché la terra
non è uno spazio libero, chi ha potuto ne ha comprato un pezzetto. Nel 1938, il
dottor Semizzi scriveva che gli zingari sono indistinguibili somaticamente
perché indoeuropei, ma "dal punto di vista psico-morale hanno tali mutazioni
regressive, e quindi ereditarie, da poter compromettere seriamente la
discendenza", è esattamente questo che va ripetendo la Lega che in Lombardia
utilizza i fondi europei destinati all'integrazione, per pagare le ruspe che
abbattono tutto.
L'Associazione Them Romanò cittadina, continua a chiedere
l'autodeterminazione e intanto è una delle componenti più attive del comitato
Nopacchettosicurezza che combatte la riedizione delle leggi speciali, sostenendo
i migranti cui il Governo riserva lo stesso trattamento escogitato dai nazisti
verso gli ebrei romani, quando gli chiesero tutto il loro oro in cambio della
salvezza e, una volta incassato, li deportarono ugualmente. Il Governo ha
raccolto, solo a Reggio Emilia, 3 milioni di euro tra i migranti promettendo il
permesso di soggiorno, poi è uscita la circolare Manganelli che annullava la
possibilità di ottenerlo se si era già stati identificati, circostanza quasi
inevitabile in un paese dove si può entrare solo clandestinamente. I dati della
Caritas raccontano che l'Italia spende per l'integrazione dei migranti 130
milioni e per la repressione 500 milioni, è quindi uno Stato che apertamente
perseguita le persone per la loro origine, contro qualunque legge internazionale
ed europea e contro la Costituzione.
Di Fabrizio (del 04/02/2011 @ 09:43:01, in Italia, visitato 2227 volte)
INCONTRO PUBBLICO - VENERDI' 11 FEBBRAIO 2011 ORE 20.45
SALA DELLA PARROCCHIA DI GESU' A NAZARETH
Largo Bigatti (Quartiere Adriano) MILANO
Parliamo dei Rom: in particolare delle famiglie che abitano nella Comunità di
via Idro, ma anche di quelle di Triboniano, dei continui sgomberi delle
famiglie stanziate a Rubattino, Bacula, Forlanini e Bovisa e più in generale di
quella che comunemente viene definita "l'emergenza Rom a Milano".
Le soluzioni adottate in questi anni nella città di Milano come hanno affrontato
la questione? Hanno risolto il problema?
Altri comuni hanno operato in modo diverso: hanno sperimentato, positivamente,
politiche di sostegno all'integrazione, di accompagnamento all'inserimento
lavorativo, scolastico ed abitativo, con l'appoggio delle Comunità Locali.
Ascolteremo le testimonianze: · della Comunità Rom di Via Idro 62
· della Comunità Rom di Triboniano
· del Comitato Forlanini
· del Gruppo delle mamme e maestre di Rubattino
· dell'Associazione "elementare.russo"
· di Paolo Fior condirettore di "T" il giornale del Trotter
· di Don Massimo Mapelli della Fondazione Casa della Carità
· dell'Avv. Livio Neri del gruppo degli "Avvocati per Niente"
· di Ernesto Rossi dell'Associazione "Apertamente" di Buccinasco
Promuovono: Associazione VILLA PALLAVICINI, Associazione "elementare.russo", Osservatorio
sui razzismi , Fondazione Casa della Carità, Comunità Rom via Idro 62, Comitato
Genitori Elementare S. Mamete, Comitato "Vivere in Zona 2", A.N.P.I. Crescenzago,
Martesanadue, Legambiente Crescenzago
Sabato 29 Gennaio 2011 08:16 - Pubblichiamo la lettera di Flaviana
Robbiati, una delle insegnanti delle scuole elementari Feltre, Pini e Cima
(Istituto comprensivo in zona Lambrate a Milano) balzate agli onori della
cronaca per aver difeso i bambini rom che frequentano la loro scuola.
Milano - Mentre l’Italia ricorda e commemora il giorno della memoria per
ricordare milioni di vittime dei genocidi nazisti, a Milano continuano gli
sgomberi di Rom che assomigliano sempre di più ad una forma di "pulizia etnica".
Cinquecentomila persone Rom sono passate per i camini dei campi di
concentramento nazisti, molti di loro erano bambini. A Milano i forni non si
usano, ma l’obiettivo di cacciare i Rom è uno dei motivi che caratterizzano
l’amministrazione comunale.
Ad ogni sgombero ci sono bambini costretti a non potere più andare a scuola.
Robert, 11 anni, ha già cambiato 8 scuole e nella nona, dove stava per ultimare
la sua iscrizione, non ha fatto in tempo ad entrare.
La nuova forma di pulizia etnica è impedire ai bambini Rom di accedere alla
cultura. Solo studiando questi bambini avranno delle possibilità di integrazione
e potranno svolgere un lavoro regolare e dignitoso. Negando loro la cultura si
nega l’accesso ai diritti.
Una persona analfabeta non riesce a cavarsela in un ospedale, a viaggiare in
metropolitana, a districarsi tra le etichette dei prodotti al supermercato. Non
legge i giornali, non conosce i propri diritti e le violazioni che subisce. Chi
non ha accesso alla cultura, non esiste. Senza cultura si è fuori da tutto.
Per questo noi maestre, mamme e volontari che affiancano le famiglie Rom,
supportiamo e sosteniamo le famiglie Rom che mandano i figli a scuola. Per
questo ci sono bambini che attraversano la città per arrivare a scuola
nonostante vivano in baracche senza acqua né luce, in condizioni inimmaginabili.
Bambini costretti a diventare eroi per andare a scuola. Accade tutti i giorni
nella Milano dell’Expo. Bambini che gli Erode moderni devono fermare ad ogni
costo. Ma è forse proprio la paura che qualche Rom possa imparare a difendersi
che muove la spietata azione delle ruspe.
Di Fabrizio (del 05/02/2011 @ 09:07:27, in Italia, visitato 1815 volte)
Corriere della Sera IL RICORSO SULLE CASE NEGATE. ENTRO 7 GIORNI TUTTI GLI
IMMIGRATI NEGLI ALLOGGI ASSEGNATI "Rom, sindaco e prefetto chiariscano" Inchiesta sui "nomadi discriminati", i pm chiedono nuovi documenti. De
Corato: situazione incredibile
MILANO - Un altro giro. E non per lo sgombero in via Cavriana, zona
Forlanini, di 5 baracche e 4 tende in mattinata, sgombero contestato da un
gruppo di attivisti per i diritti umani ("Quindicesimo blitz, senza servizi
sociali"). Ieri i procuratori aggiunti di Milano Armando Spataro e Ferdinando
Pomarici, nell'inchiesta sul caso delle case negate ai rom, hanno chiesto nuove
informazioni a prefetto e sindaco. Il prefetto in quanto Gian Valerio Lombardi è
commissario straordinario per l'emergenza nomadi. In Comune come l'han presa? Il
vicesindaco Riccardo De Corato dice che "le istituzioni danno le case ai rom e
si ritrovano indagati. Una vicenda che ha dell'incredibile". L'opposizione, col
capogruppo del Pd Pierfrancesco Majorino, crede che "sia bene fare chiarezza. Ci
spieghino il perché del voltafaccia". Poi ci sarebbe anche la Lega che già pensa
ai voli. Ma prima, il "voltafaccia".
Patti, date, ministero Tra dicembre e gennaio, dopo il ricorso dei rom assistiti dagli avvocati
Alberto Guariso e Livio Neri, due ordinanze del Tribunale avevano sancito che il
Comune non aveva rispettato i patti sottoscritti e si era anzi macchiato di
discriminazione razziale. I patti, peraltro dimostrati da accordi visti,
approvati, scritti e sottoscritti, prevedevano l'assegnazione di case popolari -
fuori dal mercato e da ristrutturare - in cambio dell'impegno a lasciare il
campo di via Triboniano. I nomadi avevano fatto il loro. Le istituzioni no. La
Moratti aveva annunciato e presentato ricorso. Ricorso respinto. La bocciatura
venne motivata così: escludere i rom è stata una scelta "fondata esclusivamente
su ragioni etniche". Per adesso il fascicolo d'indagine di Spataro e Pomarici è
senza ipotesi di reato. La Digos è stata incaricata di compiere accertamenti.
Cosa successe davvero? Noi limitiamoci a seguire le date. Il 9 agosto scorso i
nomadi avevano rinunciato alla permanenza in via Triboniano a decorrere dal
successivo 15 ottobre. Il tutto, appunto, in cambio di abitazioni. Che erano già
state trovate. Quattro giorni prima la Regione aveva accolto la richiesta del
Comune e aveva autorizzato l'Aler a destinare 25 alloggi. Il 27 settembre il
ministro dell'Interno Roberto Maroni aveva comunicato l'interruzione del
progetto. Lo stesso ministero dell'Interno nel corso del 2009 aveva stanziato 13
milioni di euro per il piano rom. Una parte di questi soldi verranno utilizzati
per il rimpatrio in Romania di alcuni nomadi. E qui arriviamo alla Lega.
"Viaggio di sola andata" Il capogruppo in Comune della Lega Matteo Salvini dice che "le risorse messe
a disposizione dal Viminale servono per gli sgomberi e per l'allontanamento del
maggior numero possibile di rom, non per gli aiuti e le sovvenzioni. L'unico
sforzo economico che siamo disposti a concedere per le famiglie nomadi è un
biglietto aereo di sola andata". Il numero dei partenti è abbastanza esiguo.
Cinque le famiglie decollate. Altre dieci-quindici quelle che potrebbero
seguirle. La maggior parte delle famiglie (102 in totale) rimarrà. Non in via
Triboniano che, ha annunciato il prefetto, verrà chiuso entro marzo. Sorge su
terreni destinati all'Expo. Domandina, allora: dove finiranno tutti gli altri
nomadi? Andranno a ingrossare i restanti, e regolari, campi rom cittadini?
I cantieri negli alloggi A marzo saremo in pienissimo periodo di campagna elettorale, che influenzerà
tremendamente politiche, decisioni, scelte sul futuro dei rom. Per quel periodo,
almeno il capitolo-case sarà chiuso da un bel pezzo. Ancora una settimana al
massimo e, informano dalla Casa della carità che li ha seguiti in questo
tortuoso percorso, nelle case Aler entreranno tutti i rom che mancano
all'appello. Le abitazioni, lo abbiamo detto, erano in condizioni critiche.
Servivano dei lavori. Sono quasi terminati. Notevole lo sforzo sostenuto dalle
associazioni che assistono i nomadi, ai quali spetterà il pagamento delle
bollette di luce, acqua e gas.
Sono scesi in piazza per protestare e dire no alla decisione del Comune di Lecce
di far sgomberare una ventina di famiglie Rom dalle loro baracche, perché troppo
fatiscenti e pericolose. Uomini, donne e bambini della comunità Rom, del campo
sosta Panareo, si sono radunati in piazza Sant'Oronzo, nel cuore di Lecce,
davanti palazzo Carafa. Hanno gridato la loro rabbia perché non sanno dove
andare e come fare. Lo scorso 25 gennaio, infatti, è stata notificata ad una
ventina di famiglie rom residenti all'interno del Campo Sosta Panareo una
notifica di abbattimento delle loro Baracche da effettuarsi entro trenta giorni
a spese delle stesse famiglie. Chiedono al sindaco di essere ascoltati. Chiedono
un'alternativa, un posto dove andare per non rimanere per strada. La loro
manifestazione, sostenuta anche dalle associazioni antirazziste, è avvenuta
proprio sotto la finestra dell'ufficio del primo cittadino. Ma il sindaco ha
rimandato l'incontro al 10 febbraio, per "importanti" impegni istituzionali.
Come vi abbiamo raccontato tempo fa, con Articolo21, si tratta di donne e uomini
giunti in Italia più di 20 anni fa, per sfuggire alle guerre che hanno
insanguinato la ex-Jugoslavia e di numerosi bambini, molti dei quali nati e
cresciuti qui in Italia, che regolarmente frequentano le scuole elementari,
medie e superiori della città di Lecce.
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