Di Fabrizio (del 21/07/2010 @ 09:13:47, in scuola, visitato 1880 volte)
La notizia viene ripresa anche da
Inviato Speciale, riporto invece quanto pubblicato dall'Avvenire
(credo versione cartacea, segnalazione di Marco Brazzoduro)
Le "mamme-maestre" di via Feltre chiedono alle Istituzioni una soluzione
per il nuovo anno scolastico "Rom bocciati per troppe assenze" DI DANIELA FASSINI
Costretti a continue e prolungate assenze, a causa degli sgomberi, alcuni
bambini rom, nell'anno scolastico che si è appena concluso, non so no stati
ammessi alla classe successiva. "Diversi bambini sono sta ti bocciati perché non
han no raggiunto il numero minimo delle presenze sufficienti per la promozione",
racconta Assunta, in segnante della scuola primaria ma anche attiva nel
l'organizzazione volontaria delle mamme-maestre di via Feltre, affiancate
dalla Comunità di Sant'Egidio, per l'integrazione dei rom romeni più volte
sgomberati dagli insediamenti di Lambrate e Rubattino.
"Così abbiamo deciso di scrivere una lettera alle istituzioni, al sindaco ma
anche al presidente dei Tribunale dei minori, al prefetto, al questore e per
conoscenza ad Amnesty International – informa 'la mamma–maestra' – per
affrontare il problema e trovare entro settembre una soluzione". "Ora ci
troviamo davanti a un paradosso – scrivono nella lettera – le istituzioni con
gli sgomberi rendono impossibile la frequenza e sono sempre le istituzioni a
bocciare perché le assenze sono troppe" . Sono perlopiù bambini i scritti alle
scuole primarie, 12 per l'esattezza, che dovrebbero proseguire gli studi già
iniziati e altrettanti nuovi iscritti, qualcuno anche alle medie.
"Chiediamo semplice mente che l'anno scolasti co possa iniziare anche per i
bambini rom sotto il segno del rispetto, della serenità, della continuità,
dell'osservanza dei diritti sanciti dalla costituzione e dall'ordinamento
giuridico nazionale ed internazionale " conclude Assunta.
Sancito da convenzioni, patti e stabilito negli standard internazionali sui di
ritti umani, quello all'istruzione è un diritto che tutti devono garantire. Per
i bambini rom è anche qualcosa di più: per loro l'istruzione è una possibilità
di riscatto, dalla povertà e dall'emarginazione.
IL CASO: CINQUE SGOMBERI E A SCUOLA TRA MILLE DIFFICOLTÀ "Simone ha nove anni e frequentava la terza elementare quando lo scorso 19
novembre ha subito il primo sgombero da via Rubattino" inizia così il racconto
di Stefano, volontario della Comunità di Sant'Egidio che ha seguito la vicenda
personale di Simone, bocciato a scuola per le troppe assenze. "Da lì, dopo pochi
giorni, la famiglia ha trovato 'rifugio momentaneo' in via Forlanini. Simone
riusciva a frequentare la scuola, anche se non c'erano mezzi pubblici".
Allontanata da Forlanini, a inizio anno, la famiglia si è poi trasferita in via
Lorenteggio. Stefano e alcuni volontari della Comunità avevano già iniziato le
pratiche per il trasferimento della scuola di Simone, impossibilitato a
raggiungere tutte le mattine via Rubattino da Lorenteggio. "Neppure il tempo di
completare le pratiche, ed ecco l'ennesimo sgombero – prosegue il racconto
Stefano – Li abbiamo ritrovati a Chiaravalle e lì Simone ha potuto, ma solo per
una settimana, frequentare la scuola di via Ravenna, al quartiere Corvetto".
Poi il 9 febbraio lo sgombero da Chiaravalle. Quella mattina Samuel era andato a
scuola. "Dopo un mese passato a girovagare, la famiglia si è nuovamente
insediata a Rubattino e tra aprile e maggio Simone è riuscito a frequentare la
scuola, quella in cui aveva iniziato l'anno scolastico. Ma a fine anno aveva
accumulato troppe assenze". (D.Fas.)
Di Fabrizio (del 21/07/2010 @ 09:42:50, in Italia, visitato 2478 volte)
Storie che puntualmente riappaiono d'estate (leggere
UNO e
DUE)
Salve, mi chiamo Alessia Cocco e vi scrivo per denunciare un fatto a cui ho
purtroppo assistito passivamente.
Sabato pomeriggio, per combattere l'afa romana ho deciso di andarmene in
piscina. La scelta dell'impianto è ricaduta sulla Vigor, in via di Grotta Gregna,
un po' per la vicinanza a casa mia e un po' per il fatto che c'ero già stata il
mercoledì precedente con un mio amico e mi aveva fatto una buona impressione.
Impressione, invece, sulla quale ho dovuto ricredermi.
Mi accingo a raccontare l'accaduto. Ero in fila per pagare il biglietto
d'ingresso. Premetto che non sono socia, ma questo non è motivo discriminate per
l'entrata. L'unica differenza è nel piccolo aumento sul prezzo del biglietto.
(Il mercoledì ho pagato 6 euro invece dei 5 previsti per i soci). Ero in fila,
dicevo, mentre davanti a me si è profilata questa scenetta. Sento la ragazza al
desk che dice alla coppia che mi precedeva che l'ingresso è vietato ai non soci.
Siccome la cosa mi suona strana visto che c'ero stata qualche giorno prima e non
mi avevano fatto storie penso che probabilmente questa limitazione è messa in
atto nel week end così chiedo spiegazioni all'altra ragazza che dava
informazioni. Quest'ultima invece mi sussurra un "no" facendomi segno con la
testa di guardare più attentamente le persone che avevo davanti. E lì capisco
tutto. Capisco che anche vivendo in una grande città abituata ad accogliere
persone di diversa nazionalità, etnia, razza e cultura non ci si deve stupire se
ancora succedono cose del genere. Capisco che vivere a Roma nel 2010 non mi
risparmia dall'assistere ancora a scene di puro razzismo. Non è che non avessi
notato che la coppia non fosse italiana, ma diamine, abito a Roma, di stranieri
ne vedo continuamente! La coppia non ha destato in me particolare attenzione
solamente perché i due non erano né particolarmente caciaroni, né sporchi né
maleodoranti. Sta di fatto comunque che non erano italiani. Non saprei dire di
che nazionalità fossero, forse rumeni, ipotizzo dall'accento. Ma a parte la
diversità linguistica e del colore della pelle leggermente più scuro del mio,
non c'era nient'altro nel loro aspetto che mi facesse sospettare lontanamente
che si poteva trattare di persone pericolose, attaccabrighe o chissà cos'altro.
Non posso dire infatti che fossero trasandate, sporche, né tantomeno sudice.
Ammetto anzi che erano vestiti meglio di me che avevo su una gonnellina bianca
di non so più quanti anni fa e una magliettina a bretelline. Non si può nemmeno
addurre la discriminazione a possibili precedenti di disturbo della coppia
perché da quello che dicevano ho capito che quella era la prima volta che i due
mettevano piede nella piscina. Non credo che quelle due persone avessero potuto
immaginare quello che sarebbe successo loro quel sabato pomeriggio. Credo solo
che come me e centinaia di altre persone avessero deciso di combattere l'arsura
di questo torrido luglio con qualche tuffo in piscina, tanto più che la donna
era anche in attesa, e invece si sono ritrovati a sguazzare in uno sconcertante
bagno di razzismo.
Io mi sento in dovere di scrivere questa lettera di protesta visto che ho
assistito mio malgrado passivamente alla cosa. Lì per lì sono rimasta così
spiazzata dall'accaduto che non ho fatto né detto nulla. Non voglio
giustificarmi in alcun modo perché la mia passività mi rende colpevole quanto le
addette della piscina. Io a differenza loro però c'ho rimuginato tutto il week
end e ora sento il bisogno di denunciare questa cosa perché si sappia in che
razza di città viviamo. Probabilmente le ragazze hanno avuto l'ingrato compito
di negare l'ingresso a certe persone dai proprietari dell'impianto sportivo, ma
credo che questo non giustifichi nemmeno loro. Io mi sento terribilmente in
colpa per non aver preso le difese di quelle due persone straniere la cui unica
colpa è stata scegliere quella piscina piuttosto che un'altra. Quanto meno avrei
potuto protestare andandomene e scegliendo un'altra struttura e invece non l'ho
fatto. Ora me ne pento. Perciò ora ho bisogno di denunciare l'accaduto. Perché
si sappia che ancora a Roma, nel 2010 accadono episodi di razzismo.
Spero che qualcuno accolga la mia denuncia. E spero che questo riesca a farmi
sentire meno colpevole.
VITA Europe
by Cristina Barbetta - 13 luglio 2010 Intervista con Angela Kocze [...].
Angela Kocze, 40 anni, è una delle più esplicite sostenitrici dei diritti dei
Rom. Nata in un povero villaggio dell'Ungheria rurale, è lei stessa Rom, ed è
arrivata alla scuola, prima lavorando in fabbrica e poi vincendo una borsa di
studio universitaria. In una nazione dove soltanto lo 0,2% dei Rom frequenta
studi superiori, la storia di Kocze è un'eccezione alla regola. Una laurea in
diritti umani, studi su etnia e minoranze e l'interesse sull'identità di genere
l'hanno portata ad essere la prima direttrice esecutiva dell'European Roma
Information Office (ERIO), una OnG che opera presso le istituzioni UE. E'
anche l'ex direttrice del programma per l'educazione ai diritti umani dell'European Roma Rights Centre (ERRC).
Attualmente è soprattutto una ricercatrice e sta terminando un dottorato di
ricerca sull'intersettorialità tra genere, etnia e classe delle donne rom e la
loro partecipazione politica in Europa.
La crisi economica come ha colpito l'Ungheria?
Economicamente parlando, la situazione per le OnG qui è molto fragile e la
società civile è stata duramente colpita più di ogni altro settore. Dopo che
l'Ungheria si è aggiunta alla UE nel maggio 2004, diversi fondi strutturali
divennero disponibili alle OnG, ma la legge ungherese non permette che questi
fondi abbiano un reale impatto per molte OnG. Qui il denaro viene assegnato solo
in seguito, così le OnG devono prima affrontare i costi di ogni nuovo progetto.
Molte organizzazioni tra cui quella con cui lavoro lo trovano proibitivo. Nel
contempo, le poche organizzazioni filantropiche che esistono qui, come l'Open
Society Institute, hanno meno stimoli ad investire nelle OnG locali da quando
l'Ungheria è diventata parte dell'Europa. Ovviamente i Rom saranno quelli più
colpiti economicamente e socialmente.
Lo Jobbik, il partito ungherese di estrema destra, ha guadagnato le prime
pagine in aprile quando ha ottenuto il 16,7% alle elezioni generali. C'è il
rischio che i tempi duri aggiungano benzina alle esistenti tensioni etniche?
Sì. Lo Jobbik è molto populista per l'uso che fa della paura nel guadagnare
sostegno. Hanno una guardia paramilitare, usano simboli fascisti e marciano per
le strade, è difficile non ripensare agli anni '30 quando la depressione ha
spianatola strada ai nazionalsocialisti tedeschi. Chiaramente ora le cose sono
differenti, abbiamo l'Unione Europea ed organizzazioni internazionali, ma la
retorica che usa Jobbik fa abbastanza paura. I Ron sono diventati il loro capro
espiatorio - un'idea abbastanza semplicistica, ma che fa presa sulla gente.
Cosa possono fare le OnG e le istituzioni?
Le OnG stanno cercando di far crescere la consapevolezza attorno al pericolo
di questo tipe di idee, ma ho paura che non ne abbiamo la forza. La percentuale
dei voti presi da Jobbik per accedere al Parlamento è significativa del fatto
che siano il terzo partito più grande. La gente li ha votati democraticamente
così la loro affermazione politica populista diventa legittimata dalle elezioni
nazionali. Nel contempo hanno il potere di influenzare le leggi e sono soggetti
attivi nella democrazia.
Le minoranze sono una delle priorità chiave dell'anno europeo 2010 per
combattere la povertà e l'esclusione sociale. Ti aspetti risultati positivi per
i Rom?
Quest'anno non ci saranno grandi differenze per lo status sociale ed
economico dei Rom in Ungheria. Le principali attività hanno riguardato la
produzione di pubblicazioni, alcuni eventi e campagne mediatiche, ma nessun
progetto reale. Ma la questione chiave è che non tutti i Rom hanno accesso ai
fondi strutturali, soprattutto perché le organizzazioni che lavorano alla
promozione della loro causa non hanno risorse umani e finanziarie da adoperare.
Detto questo, la lingua della UE, a confronto con quella degli stati nazionali,
è più progressiva e la UE può essere davvero un veicolo per generare cambi nella
comunità rom.
Quali sfide affronterà il settore no-profit ungherese nei prossimi cinque
anni?
Le OnG in Ungheria non hanno finanziamenti base per condurre e sostenere
l'esistenza dei loro uffici ed operare su progetti di base. Questa è davvero la
sfida principale.
Vedi qualcosa di positivo arrivare dalla crisi economica?
Penso che c'è qualcosa di positivo: la gente è più cosciente della povertà.
Per esempio, adesso sto lavorando nel nord dell'Ungheria, un'area
sottosviluppata dove ho fondato un'OnG guidata da donne rom. Sfortunatamente è
stata recentemente allagata da un fiume ed abbiamo ricevuto una massa senza
precedenti di vestiti, mobili ed altre donazioni. Le città sono state impaurite
dalla crisi e come risultato, sono più caritatevoli.
Suo nonno fu la prima persona romanì ad ottenere un diploma superiore nell'ex
Cecoslovacchia. Sia lei che suo padre sono laureati. Anche se Jana Horváthová è
riuscita a diventare direttrice del Museo di Cultura Rom a Brno, deve spesso
argomentare contro lo stereotipo che i Rom non sono istruibili.
Quando eri bambina, cosa volevi diventare da grande?
Per quel che mi ricordo, volevo essere un'attrice. Mi divertivo a
trasformarmi in varie persone, a mettermi al loro posto. Ho anche recitato in
teatro - alcuni dei geni dei miei antenati sono venuti fuori - ma durante la
pubertà iniziai a vergognarmi terribilmente, e così è finito tutto.
I tuoi genitori ti appoggiavano?
Piuttosto, mi scoraggiavano - sono molto conservatori. Non volevano una
commediante in famiglia.
Sei finita come direttrice di museo, che è una professione seria. Hai
studiato storia per entrare nelle loro grazie?
Per niente - la storia è il mio secondo amore, è stato mio padre, che è un
grande amante della storia, che mi ha portato lì. Quando eravamo bambini ci
portava a vedere tutti i tipi di monumenti. Volevo studiare storia dell'arte, ma
dato che i comunisti ci avevano "etichettato" [dissidenti], ero preoccupata che
non ci avrebbero permesso un profilo così alto, così feci storia generale.
Studiare è stato un punto di svolta nella mia vita.
Un punto di svolta in che senso?
Sino allora mi vergognavo abbastanza della mia origine rom.
Cosa ti infastidiva tanto della tua origine?
Sin dalla scuola elementare, e poi alle superiori, mi deprimeva quando la
gente iniziava a raccontare scherzi primitivi sugli zingari. Avevo orrore che
qualcuno puntasse il dito verso di me e dicesse che lo ero. Mi vergognavo che il
mio cognome fosse riconoscibile come romanì. La famiglia Holomek era composta
solo da Rom che si erano integrati prima della guerra e non avevano niente di
cui vergognarsi, ma allora non lo sapevo. Non volevo essere identificata con
gente che si diceva fosse arretrata, sporca.
Tua sorella più grande non lottava con ciò?
No, perché ha la pelle chiara. Io ero scura ed ero sempre l'unica ragazza
romanì nella classe. Non sapevo perché i miei occhi fossero obliqui e scuri,
perché lo fossero i miei capelli e la pelle. Seriamente, il mio aspetto era
piuttosto strano.
Oggi non si nota a prima vista che sei una donna romanì. Sei cambiata
dalla fanciullezza?
Non drasticamente, ma un bambino vuole fondersi piuttosto che attirare
l'attenzione. Qualche volta un bambino che non conoscevo mi avrebbe gridato
"Zingara".
Ti confidavi con i tuoi genitori?
No, e tutt'oggi non so il perché, uno psicologo saprebbe spiegarlo,
probabilmente per un bambino è difficile affrontare questi problemi, dargli un
nome. Il fatto che non ci associavamo con altri Rom ha avuto un ruolo
importante, non c'erano altri bambini romanì con cui discuterne. Nonostante ciò,
la nostra famiglia non si è mai vergognata di essere rom.
Come hai fatto a venire a patti con tutto questo?
Feci tutto il possibile per mascherare le mie origini, come indossare abiti
molti riservati.
Bambini simili di solito diventano imbarazzati oppure estremamente tristi.
A quale estremo di questo spettro appartieni?
Ero la bambina modello. A scuola ero una nerd, sapevo di dover conoscere più
degli altri bambini e che non mi sarei permessa di fare errori. Questo aveva a
che fare col fatto che mio padre era un dissidente.
I tuoi insegnanti dovevano esserne contenti. Eri una delle loro favorite?
Non direi, ma non creavo problemi. A scuola ero una studente modello, ma
quando tornavo a casa, reagivo "rimproverando" tutti, come diceva mia madre.
Esprimevo solo le mie opinioni, perché non potevo farlo a scuola.
Eri amica di altre Rom?
Non ne avevo l'opportunità. Quando ero più grande e le vedevo per strada, mi
vergognavo di fronte a loro perché non conoscevo il loro mondo. Avrebbero dovuto
chiamarmi - mi avrebbero riconosciuta come una di loro.
Jana Horváthová (43 anni)
è nata a Brno. Dopo il diploma, si è laureata nel 1990 alla Facoltà di
Filosofia di Brno in storia e studi museali.
Per un breve periodo ha lavorato con l'Iniziativa Civica Rom a Praga,
prima di co-fondare il Museo di Cultura Rom a Brno, di cui è la
direttrice dal 2003.
Ha lavorato per la Televisione ceca come editrice, consulente
letteraria, moderatrice e sceneggiatrice.
Ha pubblicato diversi libri, come "Capitoli dalla Storia Rom" e diversi
saggi.
E' sposata e ha due figlie: Erika (18 anni) e Natálie (10 anni).
Gli 81 anni di vita di Zajko, rom bosniaco: da partigiano a fianco di Tito ad
esule delle guerre Jugoslave degli anni '90, da barista nell'Italia degli anni
'50 a caldaraio a Pisa nel 2010. Invalido per un problema alla mano, non
puo' avere una pensione perche' non in possesso di alcuni requisiti particolari
richiesti agli stranieri per legge. Il contrasto (o forse la continuita') tra
una vita scampata per una fortunata coincidenza alla morte in un campo di
concentramento e una vita passata in un "campo nomadi" pisano di una persona che
nomade lo e' stata solo per fuggire alle guerre e alle persecuzioni.
Video di Sara Palli, Alice Ravasio, Francesca Sacco, Marta Lucchini, Irene
Chiarolanza, Diana Ibba. Prodotto dall'associazione Africa Insieme di Pisa
nell'ambito del progetto "volontari come in un film", con la collaborazione di
CESVOT, AIART, Progetto Rebeldia.
Di Fabrizio (del 25/07/2010 @ 09:20:01, in Regole, visitato 1858 volte)
Neri, extracomunitari, zingari, albanesi, in Toscana sono persone. In Italia
no.
Lo ribadisce la Corte Costituzionale che boccia il ricorso del governo contro la
legge regionale in materia di accoglienza e integrazione degli stranieri che
prevede, tra l’altro, l’erogazione dei servizi socio sanitari anche per gli
immigrati non regolari.
Volevate il federalismo?
Bene, noi vi diciamo che in Toscana siamo tutti uguali.
La legge toscana è stata approvata dal Consiglio regionale il 9 giugno 2009, con
una forte opposizione del Pdl. Dopo poche settimane dell’approvazione il Governo
aveva impugnato la legge regionale per la presunta illegittimità costituzionale
di alcuni articoli. Perchè è chiaro, il governo DEVE distinguere tra italiani e
negri, froci, zingari e quant’altro.
"La Corte costituzionale ha affermato che "la norma regionale in esame non
determina alcuna lesione delle competenze legislative statali e che lo straniero
è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce
spettanti alla persona"." (da Reuters)
La legge Toscana del 2009, che trovate per intero
qui è quasi grottesca perché,
come lei stessa dice, non fa altro che esprimere ciò che già è insito nella
costituzione. Non per nulla "La nota aggiunge che la Costituzione protegge il
diritto alla salute come "ambito inviolabile della dignità umana": il diritto
alla salute "deve perciò essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia
la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno
nello Stato"." (da Reuters).
E visto che la matematica non è una opinione, se un clandestino dovesse avere
bisogno di cure ospedaliere, e abitasse in Lombardia, potrebbe morire a causa
dell’applicazione della legge statale. Lo stesso clandestino, abitante in
Toscana, sarebbe salvato, senza mettere in mezzo problemi.
In Lombardia la vita umana cambia a seconda del colore, della provenienza, della
lingua. In Toscana no. Con tanti saluti
alla Lega.
Per cui o le altre regioni cominciano a seguire la Toscana, o faccio la tessera
del movimento per la restaurazione del granducato. Questa è la mia magica
Toscana, e non la Sua Magica Italia.
Per undici anni abbiamo tentato di far evacuare dall'ONU i campi rom in
Kosovo dove i bambini hanno i più alti livelli di piombo nella letteratura
medica. Più di 89 Rom/Askali sono morti in quei campi. Ogni bambino nato lì, se
sopravvive, ha danni irreversibili al cervello.
Dato che l'ONU non vuole ascoltare le nostre richieste a favore di questi
bambini, stiamo promuovendo una petizione mondiale rivolta al Presidente Obama,
chiedendogli di evacuare i campi (meno di 600 uomini, donne e bambini) e di
curarli presso le basi militari americane in Kosovo. Questo il link per firmare
la petizione:
Di Fabrizio (del 26/07/2010 @ 09:30:13, in Regole, visitato 2092 volte)
A nome della ragazza, autrice di questa protesta rivolta
alla Direzione CPT di Pisa. Ciao, Agostino Rota Martir
Sono una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano, sono nata in Italia e vivo
da molti anni con la mia famiglia a Coltano, di origine Bosniaca. Da quando ho
raggiunto la maturità sto facendo di tutto per ottenere la cittadinanza
italiana, benché i miei genitori siano Bosniaci io mi sento Italiana in tutto,
non solo perché questo è il paese in cui sono nata, ma mi sento parte di esso,
penso di rispettare le sue Leggi (mai alcun precedente in fatto di
giustizia), perché sono anche le mie, ma soprattutto perché sento di appartenere
anche alla gente italiana, anche come Rom.
Scrivo per raccontare quello che mi è successo due giorni fà a Pisa all’interno
di un autobus del CPT, un fatto che decido di raccontare, perché non è l’unico
che mi è successo ultimamente e credo sia importante farlo conoscere, perché
ferisce non solo il mio animo, ma anche quello del popolo italiano al quale
sento di appartenere, anche se ancora non ufficialmente.
Ebbene mi è successo questo: l’altro giorno (21 Luglio) sono salita sull’autobus
delle ore 16.40 diretto all’ospedale di Santa Chiara per visitare la mia zia
ricoverata, ero munita di regolare biglietto che ho timbrato nella apposita
macchinetta. Il controllore ad un certo punto si è rivolto a noi, ero in
compagnia di una mia cugina, con un atteggiamento di accusatore, dicendoci:
“ragazze, comportatevi a modo” ad alta voce, davanti a tutta la gente, prima da
lontano, poi anche vicino a noi. Ovviamente per me questo atteggiamento
prevenuto verso di noi era offensivo: primo, perché lui non poteva permettersi
di giudicarci senza conoscerci. Io allora, gli ho fatto presente che avevo il
biglietto timbrato e che suo compito era di verificare se il biglietto fosse in
regola, prima di accusarci di qualcosa.
Lui mi ha risposto, senza nemmeno guardare il biglietto, dicendomi sempre
davanti la gente presente in autobus, che senz’altro era già stato utilizzato
due o tre volte. Io gli ho mostrato il biglietto, che lui non si è degnato di
verificare ma ha continuato a sottintendere che noi stavamo facendo delle
“scenate per niente”.
A noi, ha anche detto che lui neanche voleva vedere il biglietto, ma allora mi
chiedo quale è il suo compito? Quello di giudicare le persone che non conosce?
Mi piacerebbe sapere sulla base di che cosa? Io gli ho risposto che lui non
poteva permettersi di giudicare le persone in quel modo, offensivo e maleducato,
semplicemente per le nostre sembianze e per la nostra apparenza Rom.
Io lo so che diverse persone, (Rom , ma anche Italiani e immigrati) utilizzano
l’autobus per scopi non sempre chiari, esempio per furti e borseggi, ma il
controllore non può fare di ogni erba un fascio, sentendosi autorizzato ad
offendermi davanti a tutti e pretendere che io mi comporti a modo, dopo averci
fatte passare per ladre davanti a tutti.
Con questa lettera voglio augurarmi e sperare che l’atteggiamento dei
controllori del CPT nei confronti delle ragazze e donne Rom, non sia dettato da
pregiudizi o da ignoranza, semplicemente chiedo che sia uguale a tutti gli
altri, e di smetterla di giudicarci a priori, perché questo offende non
solamente noi ma colpisce anche la cittadinanza di Pisa. Lo stesso vale anche
per quegli autisti, che quando vedono dei Rom in attesa alla fermata, decidono
di passare oltre senza fermarsi, non vorrei che diventasse una abitudine
consolidata, sia per gli autobus cittadini e sia quelli extra-urbani.
Se sbagliamo è giusto che i controllori ci riprendano e procedano nel darci ciò
che meritiamo (multa, richiamo, allontanamento dal mezzo, o denuncia), è il loro
compito, ma se il nostro comportamento è corretto e civile esigiamo altrettanto
dai controllori e dagli autisti dei mezzi del CPT di Pisa verso noi Rom, come
verso qualsiasi cittadino italiano o immigrato che sia.
Grazie dell’attenzione e spero che tutto questo non si ripeta mai più.
Una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano. 23 Luglio 2010
Di Fabrizio (del 26/07/2010 @ 09:39:14, in Italia, visitato 2008 volte)
COMUNICATO STAMPA
Il 2 luglio 2010 la Provincia di Roma, dopo un lungo e controverso iter, ha
concesso l'Autorizzazione Integrata Ambientale all'inceneritore di rifiuti
tossici e nocivi della Basf di Roma di via di Salone, 245.
L'inceneritore non si trova all'interno di una zona industriale, dove persone
presumibilmente in buona salute trascorrono una parte limitata della giornata
per non tutti i giorni dell'anno, ma ad alcune centinaia di metri dal
villaggio attrezzato di via di Salone in cui vivono stabilmente all'aria aperta
circa trecento minori di etnia rom.
Secondo le testimonianze raccolte dall'associazione "21 luglio" già da anni gli
abitanti del villaggio hanno avvertito cattivi odori e lamentato problemi alle
vie respiratorie per i fumi emessi dalla ciminiera dell'inceneritore.
L'impianto ha subito tra il 1999 ed il 2004 una serie di guasti: la rottura di
un serbatoio di acido cloridrico, lo scoppio di un forno, un principio di
incendio.
Nel settembre 2003 l'Istituto epidemiologico (Asl RME) ha presentato i dati
analitici secondo cui la mortalità per tumore negli uomini dal 1987 al 2001 nel
territorio circostante è del 30% superiore rispetto alla media di Roma
Il 3 novembre 2006 la Asl RMB ha pubblicato i risultati di alcune indagini.
Le indagini epidemiologiche hanno confermato, tra i dati del 2003, 8 su 9
decessi per Linfomi non Hodgkin (+156% rispetto all'atteso), ed evidenziato un
maggior numero di tumori al cervello tra gli abitanti della zona.
Le indagini ambientali, hanno evidenziato concentrazioni di diossina da 5 a 20
volte superiori a quelle medie di altre zone italiane nella centralina posta a
300 metri dall'inceneritore. Le concentrazioni di palladio inoltre sono
risultate doppie.
Alla luce di tali ricerche è ragionevole dedurre che il villaggio attrezzato di
via di Salone sia situato in una zona di elevata ricaduta delle emissioni
tossiche e nocive.
Il 26 marzo 2009, secondo la relazione fatta dalla'ASL RM B "si ritiene che le
abitazioni e le diverse attività poste entro una distanza prudenzialmente
stimabile in 500 mt. dal perimetro dello stabilimento si trovino, già in
condizioni di normale esercizio degli impianti, nell'area di massima ricaduta di
inquinanti pericolosi per la salute umana".
Sempre la ASL RMB, in una nota inviata anche al dott. Angelo Scozzafava, attuale
soggetto attuatore del Piano Nomadi della capitale, aveva già espresso la
propria "contrarietà al rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per
l'impianto di trattamento termico dei catalizzatori esausti, a causa del rischio
per la salute pubblica che esso viene a determinare nel contesto urbanistico
realizzatosi". "Dovrebbe in ogni caso essere predisposto – continua la nota - un
adeguato piano di informazione della popolazione sui rischi associati alle
attività della BASF".
Alla luce di quanto avvenuto l'associazione "21 luglio" manifesta profonda
preoccupazione per l'impatto che le emissioni prodotte dall' all'inceneritore di
rifiuti tossici e nocivi della Basf ha avuto e continua ad avere sulla salute
dei circa trecento minori residenti nel campo di via di Salone ed esprime una
forte perplessità sulla reale attuazione di un piano informativo tra i residenti
del villaggio attrezzato così come raccomandato dalle autorità sanitarie.
E' opportuno ricordare che l'art. 24 par. 1 della Convenzione Internazionale di
New York sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza stabilisce che "gli Stati
parti riconoscono il diritto del minore di godere del migliore stato di salute"
mentre la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea ribadisce il
diritto di ogni minore "alla protezione" (art. 24).
L'associazione "21 luglio" sollecita:
- il Commissario straordinario per l'emergenza nomadi a Roma dott. Giuseppe
Pecoraro a fornire le legittime risposte sugli eventuali rischi alla salute dei
minori rom del villaggio attrezzato di via di Salone determinati dalle
esalazioni tossiche dell'inceneritore della BASF
- le istituzioni preposte all'attuazione del Piano Nomadi della capitale a non
far venire meno l'obbligo di ispirare la scelta di collocazione di ogni
insediamento abitativo attrezzato al Principio di Precauzione sancito già dal
Trattato di Maastricht del 1992 e ribadito nei successivi documenti di politica
ambientale – sanitaria della Comunità Europea al fine di assicurare ad ogni
minore rom "le migliori condizioni di salute fisica e mentale che gli Stati
siano in grado di garantire" (art. 12 par. 1 del Patto Internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali).
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. In caso di utilizzo commerciale, contattare l'autore e richiedere l'autorizzazione. Ulteriori informazioni sono disponibili QUI
La redazione e gli autori non sono responsabili per quanto
pubblicato dai lettori nei commenti ai post.
Molte foto riportate sono state prese da Internet, quindi valutate di pubblico
dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla
pubblicazione, non hanno che da segnalarlo, scrivendo a info@sivola.net
Filo diretto sivola59 per Messenger Yahoo, Hotmail e Skype
Outsourcing Questo e' un blog sgarruppato e provvisorio, di chi non ha troppo tempo da dedicarci e molte cose da comunicare. Alcune risorse sono disponibili per i lettori piu' esigenti: