Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di Fabrizio (del 21/07/2010 @ 09:13:47, in scuola, visitato 1880 volte)

La notizia viene ripresa anche da Inviato Speciale, riporto invece quanto pubblicato dall'Avvenire (credo versione cartacea, segnalazione di Marco Brazzoduro)

Le "mamme-maestre" di via Feltre chiedono alle Istituzioni una soluzione per il nuovo anno scolastico
"Rom bocciati per troppe assenze" DI DANIELA FASSINI

Costretti a continue e prolungate assenze, a causa degli sgomberi, alcuni bambini rom, nell'anno scolastico che si è appena concluso, non so no stati ammessi alla classe successiva. "Diversi bambini sono sta ti bocciati perché non han no raggiunto il numero minimo delle presenze sufficienti per la promozione", racconta Assunta, in segnante della scuola primaria ma anche attiva nel l'organizzazione volontaria delle mamme-maestre di via Fel­tre, affiancate dalla Comunità di Sant'Egidio, per l'integrazione dei rom romeni più volte sgomberati dagli insediamenti di Lambrate e Rubattino.

"Così abbiamo deciso di scrivere una lettera alle istituzioni, al sindaco ma anche al presidente dei Tribunale dei minori, al prefetto, al questore e per conoscenza ad Amnesty International – informa 'la mamma–maestra' – per affrontare il problema e trovare entro settembre una soluzione". "Ora ci troviamo davanti a un paradosso – scrivono nella lettera – le istituzioni con gli sgomberi rendono impossibile la frequenza e sono sempre le istituzioni a bocciare perché le assenze sono troppe" . Sono perlopiù bambini i scritti alle scuole primarie, 12 per l'esattezza, che dovrebbero proseguire gli studi già iniziati e altrettanti nuovi iscritti, qualcuno anche alle medie.

"Chiediamo semplice mente che l'anno scolasti co possa iniziare anche per i bambini rom sotto il segno del rispetto, della serenità, della continuità, dell'osservanza dei diritti sanciti dalla costituzione e dall'ordinamento giuridico nazionale ed internazionale " conclude Assunta.

Sancito da convenzioni, patti e stabilito negli standard internazionali sui di ritti umani, quello all'istruzione è un diritto che tutti devono garantire. Per i bambini rom è anche qualcosa di più: per loro l'istruzione è una possibilità di riscatto, dalla povertà e dall'emarginazione.

IL CASO: CINQUE SGOMBERI E A SCUOLA TRA MILLE DIFFICOLTÀ
"Simone ha nove anni e frequentava la terza elementare quando lo scorso 19 novembre ha subito il primo sgombero da via Rubattino" inizia così il racconto di Stefano, volontario della Comunità di Sant'Egidio che ha seguito la vicenda personale di Simone, bocciato a scuola per le troppe assenze. "Da lì, dopo pochi giorni, la famiglia ha trovato 'rifugio momentaneo' in via Forlanini. Simone riusciva a frequentare la scuola, anche se non c'erano mezzi pubblici". Allontanata da Forlanini, a inizio anno, la famiglia si è poi trasferita in via Lorenteggio. Stefano e alcuni volontari della Comunità avevano già iniziato le pratiche per il trasferimento della scuola di Simone, impossibilitato a raggiungere tutte le mattine via Rubattino da Lorenteggio. "Neppure il tempo di completare le pratiche, ed ecco l'ennesimo sgombero – prosegue il racconto Stefano – Li abbiamo ritrovati a Chiaravalle e lì Simone ha potuto, ma solo per una settimana, frequentare la scuola di via Ravenna, al quartiere Corvetto".
Poi il 9 febbraio lo sgombero da Chiaravalle. Quella mattina Samuel era andato a scuola. "Dopo un mese passato a girovagare, la famiglia si è nuovamente insediata a Rubattino e tra aprile e maggio Simone è riuscito a frequentare la scuola, quella in cui aveva iniziato l'anno scolastico. Ma a fine anno aveva accumulato troppe assenze". (D.Fas.)

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Di Fabrizio (del 21/07/2010 @ 09:42:50, in Italia, visitato 2478 volte)

Storie che puntualmente riappaiono d'estate (leggere UNO e DUE)

Salve, mi chiamo Alessia Cocco e vi scrivo per denunciare un fatto a cui ho purtroppo assistito passivamente.

Sabato pomeriggio, per combattere l'afa romana ho deciso di andarmene in piscina. La scelta dell'impianto è ricaduta sulla Vigor, in via di Grotta Gregna, un po' per la vicinanza a casa mia e un po' per il fatto che c'ero già stata il mercoledì precedente con un mio amico e mi aveva fatto una buona impressione. Impressione, invece, sulla quale ho dovuto ricredermi.

Mi accingo a raccontare l'accaduto. Ero in fila per pagare il biglietto d'ingresso. Premetto che non sono socia, ma questo non è motivo discriminate per l'entrata. L'unica differenza è nel piccolo aumento sul prezzo del biglietto. (Il mercoledì ho pagato 6 euro invece dei 5 previsti per i soci). Ero in fila, dicevo, mentre davanti a me si è profilata questa scenetta. Sento la ragazza al desk che dice alla coppia che mi precedeva che l'ingresso è vietato ai non soci. Siccome la cosa mi suona strana visto che c'ero stata qualche giorno prima e non mi avevano fatto storie penso che probabilmente questa limitazione è messa in atto nel week end così chiedo spiegazioni all'altra ragazza che dava informazioni. Quest'ultima invece mi sussurra un "no" facendomi segno con la testa di guardare più attentamente le persone che avevo davanti. E lì capisco tutto. Capisco che anche vivendo in una grande città abituata ad accogliere persone di diversa nazionalità, etnia, razza e cultura non ci si deve stupire se ancora succedono cose del genere. Capisco che vivere a Roma nel 2010 non mi risparmia dall'assistere ancora a scene di puro razzismo. Non è che non avessi notato che la coppia non fosse italiana, ma diamine, abito a Roma, di stranieri ne vedo continuamente! La coppia non ha destato in me particolare attenzione solamente perché i due non erano né particolarmente caciaroni, né sporchi né maleodoranti. Sta di fatto comunque che non erano italiani. Non saprei dire di che nazionalità fossero, forse rumeni, ipotizzo dall'accento. Ma a parte la diversità linguistica e del colore della pelle leggermente più scuro del mio, non c'era nient'altro nel loro aspetto che mi facesse sospettare lontanamente che si poteva trattare di persone pericolose, attaccabrighe o chissà cos'altro. Non posso dire infatti che fossero trasandate, sporche, né tantomeno sudice. Ammetto anzi che erano vestiti meglio di me che avevo su una gonnellina bianca di non so più quanti anni fa e una magliettina a bretelline. Non si può nemmeno addurre la discriminazione a possibili precedenti di disturbo della coppia perché da quello che dicevano ho capito che quella era la prima volta che i due mettevano piede nella piscina. Non credo che quelle due persone avessero potuto immaginare quello che sarebbe successo loro quel sabato pomeriggio. Credo solo che come me e centinaia di altre persone avessero deciso di combattere l'arsura di questo torrido luglio con qualche tuffo in piscina, tanto più che la donna era anche in attesa, e invece si sono ritrovati a sguazzare in uno sconcertante bagno di razzismo.

Io mi sento in dovere di scrivere questa lettera di protesta visto che ho assistito mio malgrado passivamente alla cosa. Lì per lì sono rimasta così spiazzata dall'accaduto che non ho fatto né detto nulla. Non voglio giustificarmi in alcun modo perché la mia passività mi rende colpevole quanto le addette della piscina. Io a differenza loro però c'ho rimuginato tutto il week end e ora sento il bisogno di denunciare questa cosa perché si sappia in che razza di città viviamo. Probabilmente le ragazze hanno avuto l'ingrato compito di negare l'ingresso a certe persone dai proprietari dell'impianto sportivo, ma credo che questo non giustifichi nemmeno loro. Io mi sento terribilmente in colpa per non aver preso le difese di quelle due persone straniere la cui unica colpa è stata scegliere quella piscina piuttosto che un'altra. Quanto meno avrei potuto protestare andandomene e scegliendo un'altra struttura e invece non l'ho fatto. Ora me ne pento. Perciò ora ho bisogno di denunciare l'accaduto. Perché si sappia che ancora a Roma, nel 2010 accadono episodi di razzismo.

Spero che qualcuno accolga la mia denuncia. E spero che questo riesca a farmi sentire meno colpevole.

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Di Fabrizio (del 22/07/2010 @ 09:46:55, in Europa, visitato 1570 volte)

Da Hungarian_Roma

VITA Europe by Cristina Barbetta - 13 luglio 2010
Intervista con Angela Kocze [...].

Angela Kocze, 40 anni, è una delle più esplicite sostenitrici dei diritti dei Rom. Nata in un povero villaggio dell'Ungheria rurale, è lei stessa Rom, ed è arrivata alla scuola, prima lavorando in fabbrica e poi vincendo una borsa di studio universitaria. In una nazione dove soltanto lo 0,2% dei Rom frequenta studi superiori, la storia di Kocze è un'eccezione alla regola. Una laurea in diritti umani, studi su etnia e minoranze e l'interesse sull'identità di genere l'hanno portata ad essere la prima direttrice esecutiva dell'European Roma Information Office (ERIO), una OnG che opera presso le istituzioni UE. E' anche l'ex direttrice del programma per l'educazione ai diritti umani dell'European Roma Rights Centre (ERRC).

Attualmente è soprattutto una ricercatrice e sta terminando un dottorato di ricerca sull'intersettorialità tra genere, etnia e classe delle donne rom e la loro partecipazione politica in Europa.

La crisi economica come ha colpito l'Ungheria?

Economicamente parlando, la situazione per le OnG qui è molto fragile e la società civile è stata duramente colpita più di ogni altro settore. Dopo che l'Ungheria si è aggiunta alla UE nel maggio 2004, diversi fondi strutturali divennero disponibili alle OnG, ma la legge ungherese non permette che questi fondi abbiano un reale impatto per molte OnG. Qui il denaro viene assegnato solo in seguito, così le OnG devono prima affrontare i costi di ogni nuovo progetto. Molte organizzazioni tra cui quella con cui lavoro lo trovano proibitivo. Nel contempo, le poche organizzazioni filantropiche che esistono qui, come l'Open Society Institute, hanno meno stimoli ad investire nelle OnG locali da quando l'Ungheria è diventata parte dell'Europa. Ovviamente i Rom saranno quelli più colpiti economicamente e socialmente.

Lo Jobbik, il partito ungherese di estrema destra, ha guadagnato le prime pagine in aprile quando ha ottenuto il 16,7% alle elezioni generali. C'è il rischio che i tempi duri aggiungano benzina alle esistenti tensioni etniche?

Sì. Lo Jobbik è molto populista per l'uso che fa della paura nel guadagnare sostegno. Hanno una guardia paramilitare, usano simboli fascisti e marciano per le strade, è difficile non ripensare agli anni '30 quando la depressione ha spianatola strada ai nazionalsocialisti tedeschi. Chiaramente ora le cose sono differenti, abbiamo l'Unione Europea ed organizzazioni internazionali, ma la retorica che usa Jobbik fa abbastanza paura. I Ron sono diventati il loro capro espiatorio - un'idea abbastanza semplicistica, ma che fa presa sulla gente.

Cosa possono fare le OnG e le istituzioni?

Le OnG stanno cercando di far crescere la consapevolezza attorno al pericolo di questo tipe di idee, ma ho paura che non ne abbiamo la forza. La percentuale dei voti presi da Jobbik per accedere al Parlamento è significativa del fatto che siano il terzo partito più grande. La gente li ha votati democraticamente così la loro affermazione politica populista diventa legittimata dalle elezioni nazionali. Nel contempo hanno il potere di influenzare le leggi e sono soggetti attivi nella democrazia.

Le minoranze sono una delle priorità chiave dell'anno europeo 2010 per combattere la povertà e l'esclusione sociale. Ti aspetti risultati positivi per i Rom?

Quest'anno non ci saranno grandi differenze per lo status sociale ed economico dei Rom in Ungheria. Le principali attività hanno riguardato la produzione di pubblicazioni, alcuni eventi e campagne mediatiche, ma nessun progetto reale. Ma la questione chiave è che non tutti i Rom hanno accesso ai fondi strutturali, soprattutto perché le organizzazioni che lavorano alla promozione della loro causa non hanno risorse umani e finanziarie da adoperare. Detto questo, la lingua della UE, a confronto con quella degli stati nazionali, è più progressiva e la UE può essere davvero un veicolo per generare cambi nella comunità rom.

Quali sfide affronterà il settore no-profit ungherese nei prossimi cinque anni?

Le OnG in Ungheria non hanno finanziamenti base per condurre e sostenere l'esistenza dei loro uffici ed operare su progetti di base. Questa è davvero la sfida principale.

Vedi qualcosa di positivo arrivare dalla crisi economica?

Penso che c'è qualcosa di positivo: la gente è più cosciente della povertà. Per esempio, adesso sto lavorando nel nord dell'Ungheria, un'area sottosviluppata dove ho fondato un'OnG guidata da donne rom. Sfortunatamente è stata recentemente allagata da un fiume ed abbiamo ricevuto una massa senza precedenti di vestiti, mobili ed altre donazioni. Le città sono state impaurite dalla crisi e come risultato, sono più caritatevoli.

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Di Fabrizio (del 23/07/2010 @ 09:16:20, in Europa, visitato 1791 volte)

Da Czech_Roma

Foto da zpravy.idnes.cz

Suo nonno fu la prima persona romanì ad ottenere un diploma superiore nell'ex Cecoslovacchia. Sia lei che suo padre sono laureati. Anche se Jana Horváthová è riuscita a diventare direttrice del Museo di Cultura Rom a Brno, deve spesso argomentare contro lo stereotipo che i Rom non sono istruibili.

Quando eri bambina, cosa volevi diventare da grande?

Per quel che mi ricordo, volevo essere un'attrice. Mi divertivo a trasformarmi in varie persone, a mettermi al loro posto. Ho anche recitato in teatro - alcuni dei geni dei miei antenati sono venuti fuori - ma durante la pubertà iniziai a vergognarmi terribilmente, e così è finito tutto.

I tuoi genitori ti appoggiavano?

Piuttosto, mi scoraggiavano - sono molto conservatori. Non volevano una commediante in famiglia.

Sei finita come direttrice di museo, che è una professione seria. Hai studiato storia per entrare nelle loro grazie?

Per niente - la storia è il mio secondo amore, è stato mio padre, che è un grande amante della storia, che mi ha portato lì. Quando eravamo bambini ci portava a vedere tutti i tipi di monumenti. Volevo studiare storia dell'arte, ma dato che i comunisti ci avevano "etichettato" [dissidenti], ero preoccupata che non ci avrebbero permesso un profilo così alto, così feci storia generale. Studiare è stato un punto di svolta nella mia vita.

Un punto di svolta in che senso?

Sino allora mi vergognavo abbastanza della mia origine rom.

Cosa ti infastidiva tanto della tua origine?

Sin dalla scuola elementare, e poi alle superiori, mi deprimeva quando la gente iniziava a raccontare scherzi primitivi sugli zingari. Avevo orrore che qualcuno puntasse il dito verso di me e dicesse che lo ero. Mi vergognavo che il mio cognome fosse riconoscibile come romanì. La famiglia Holomek era composta solo da Rom che si erano integrati prima della guerra e non avevano niente di cui vergognarsi, ma allora non lo sapevo. Non volevo essere identificata con gente che si diceva fosse arretrata, sporca.

Tua sorella più grande non lottava con ciò?

No, perché ha la pelle chiara. Io ero scura ed ero sempre l'unica ragazza romanì nella classe. Non sapevo perché i miei occhi fossero obliqui e scuri, perché lo fossero i miei capelli e la pelle. Seriamente, il mio aspetto era piuttosto strano.

Oggi non si nota a prima vista che sei una donna romanì. Sei cambiata dalla fanciullezza?

Non drasticamente, ma un bambino vuole fondersi piuttosto che attirare l'attenzione. Qualche volta un bambino che non conoscevo mi avrebbe gridato "Zingara".

Ti confidavi con i tuoi genitori?

No, e tutt'oggi non so il perché, uno psicologo saprebbe spiegarlo, probabilmente per un bambino è difficile affrontare questi problemi, dargli un nome. Il fatto che non ci associavamo con altri Rom ha avuto un ruolo importante, non c'erano altri bambini romanì con cui discuterne. Nonostante ciò, la nostra famiglia non si è mai vergognata di essere rom.

Come hai fatto a venire a patti con tutto questo?

Feci tutto il possibile per mascherare le mie origini, come indossare abiti molti riservati.

Bambini simili di solito diventano imbarazzati oppure estremamente tristi. A quale estremo di questo spettro appartieni?

Ero la bambina modello. A scuola ero una nerd, sapevo di dover conoscere più degli altri bambini e che non mi sarei permessa di fare errori. Questo aveva a che fare col fatto che mio padre era un dissidente.

I tuoi insegnanti dovevano esserne contenti. Eri una delle loro favorite?

Non direi, ma non creavo problemi. A scuola ero una studente modello, ma quando tornavo a casa, reagivo "rimproverando" tutti, come diceva mia madre. Esprimevo solo le mie opinioni, perché non potevo farlo a scuola.

Eri amica di altre Rom?

Non ne avevo l'opportunità. Quando ero più grande e le vedevo per strada, mi vergognavo di fronte a loro perché non conoscevo il loro mondo. Avrebbero dovuto chiamarmi - mi avrebbero riconosciuta come una di loro.

Jana Horváthová (43 anni)
è nata a Brno. Dopo il diploma, si è laureata nel 1990 alla Facoltà di Filosofia di Brno in storia e studi museali.
Per un breve periodo ha lavorato con l'Iniziativa Civica Rom a Praga, prima di co-fondare il Museo di Cultura Rom a Brno, di cui è la direttrice dal 2003.
Ha lavorato per la Televisione ceca come editrice, consulente letteraria, moderatrice e sceneggiatrice.
Ha pubblicato diversi libri, come "Capitoli dalla Storia Rom" e diversi saggi.
E' sposata e ha due figlie:  Erika (18 anni) e Natálie (10 anni).

Eva Tichá, translated by Gwendolyn Albert

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Di Fabrizio (del 23/07/2010 @ 15:40:25, in Italia, visitato 1678 volte)

in collaborazione con i Rom di via Sesia

Vi invita a partecipare a conoscere la nostra cultura rappresentata in forma di una mostra artistica

Sabato, 24 luglio 2010 dalle ore 14.00 fino alle 18.00 - via Sesia 21, Rho (Milano)

Buffet con i piatti tipici rom

Vi aspettiamo numerosi

Grazie a Davids Project for Pace e Opera Nomadi di Milano

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Di Fabrizio (del 24/07/2010 @ 09:47:38, in Kumpanija, visitato 1764 volte)

Segnalazione di Stefano Romboli

Zajko. Un video di Africa Insieme from Africa Insieme on Vimeo.

Gli 81 anni di vita di Zajko, rom bosniaco: da partigiano a fianco di Tito ad esule delle guerre Jugoslave degli anni '90, da barista nell'Italia degli anni '50 a caldaraio a Pisa nel 2010. Invalido per un problema alla mano, non puo' avere una pensione perche' non in possesso di alcuni requisiti particolari richiesti agli stranieri per legge. Il contrasto (o forse la continuita') tra una vita scampata per una fortunata coincidenza alla morte in un campo di concentramento e una vita passata in un "campo nomadi" pisano di una persona che nomade lo e' stata solo per fuggire alle guerre e alle persecuzioni.

Video di Sara Palli, Alice Ravasio, Francesca Sacco, Marta Lucchini, Irene Chiarolanza, Diana Ibba. Prodotto dall'associazione Africa Insieme di Pisa nell'ambito del progetto "volontari come in un film", con la collaborazione di CESVOT, AIART, Progetto Rebeldia.

Musiche originali di Pasqualino Ubaldini

Pisa, Giugno 2010

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Di Fabrizio (del 25/07/2010 @ 09:20:01, in Regole, visitato 1858 volte)

Neri, extracomunitari, zingari, albanesi, in Toscana sono persone. In Italia no.

Lo ribadisce la Corte Costituzionale che boccia il ricorso del governo contro la legge regionale in materia di accoglienza e integrazione degli stranieri che prevede, tra l’altro, l’erogazione dei servizi socio sanitari anche per gli immigrati non regolari.


Volevate il federalismo? Bene, noi vi diciamo che in Toscana siamo tutti uguali.
La legge toscana è stata approvata dal Consiglio regionale il 9 giugno 2009, con una forte opposizione del Pdl. Dopo poche settimane dell’approvazione il Governo aveva impugnato la legge regionale per la presunta illegittimità costituzionale di alcuni articoli. Perchè è chiaro, il governo DEVE distinguere tra italiani e negri, froci, zingari e quant’altro.

"La Corte costituzionale ha affermato che "la norma regionale in esame non determina alcuna lesione delle competenze legislative statali e che lo straniero è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona"." (da Reuters)

La legge Toscana del 2009, che trovate per intero qui è quasi grottesca perché, come lei stessa dice, non fa altro che esprimere ciò che già è insito nella costituzione. Non per nulla "La nota aggiunge che la Costituzione protegge il diritto alla salute come "ambito inviolabile della dignità umana": il diritto alla salute "deve perciò essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato"." (da Reuters).

E visto che la matematica non è una opinione, se un clandestino dovesse avere bisogno di cure ospedaliere, e abitasse in Lombardia, potrebbe morire a causa dell’applicazione della legge statale. Lo stesso clandestino, abitante in Toscana, sarebbe salvato, senza mettere in mezzo problemi.

In Lombardia la vita umana cambia a seconda del colore, della provenienza, della lingua. In Toscana no. Con tanti saluti alla Lega.

Per cui o le altre regioni cominciano a seguire la Toscana, o faccio la tessera del movimento per la restaurazione del granducato. Questa è la mia magica Toscana, e non la Sua Magica Italia.

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Di Fabrizio (del 25/07/2010 @ 09:52:37, in Kumpanija, visitato 2571 volte)

Video in inglese pubblicato dal Guardian

Cari Amici,

Per undici anni abbiamo tentato di far evacuare dall'ONU i campi rom in Kosovo dove i bambini hanno i più alti livelli di piombo nella letteratura medica. Più di 89 Rom/Askali sono morti in quei campi. Ogni bambino nato lì, se sopravvive, ha danni irreversibili al cervello.

Dato che l'ONU non vuole ascoltare le nostre richieste a favore di questi bambini, stiamo promuovendo una petizione mondiale rivolta al Presidente Obama, chiedendogli di evacuare i campi (meno di 600 uomini, donne e bambini) e di curarli presso le basi militari americane in Kosovo. Questo il link per firmare la petizione:

http://www.thepetitionsite.com/5/Save-Children-Dying-From-Lead-Poisoning

Vi chiedo di inoltrare questa mail ai vostri amici, il più possibile, e chiedere loro di aiutarci a salvare questi bambini e le loro famiglie.

Grazie a tutti,

Paul Polansky

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Di Fabrizio (del 26/07/2010 @ 09:30:13, in Regole, visitato 2092 volte)

A nome della ragazza, autrice di questa protesta rivolta alla Direzione CPT di Pisa. Ciao, Agostino Rota Martir

Sono una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano, sono nata in Italia e vivo da molti anni con la mia famiglia a Coltano, di origine Bosniaca. Da quando ho raggiunto la maturità sto facendo di tutto per ottenere la cittadinanza italiana, benché i miei genitori siano Bosniaci io mi sento Italiana in tutto, non solo perché questo è il paese in cui sono nata, ma mi sento parte di esso, penso di rispettare le sue Leggi (mai alcun precedente in fatto di giustizia), perché sono anche le mie, ma soprattutto perché sento di appartenere anche alla gente italiana, anche come Rom.

Scrivo per raccontare quello che mi è successo due giorni fà a Pisa all’interno di un autobus del CPT, un fatto che decido di raccontare, perché non è l’unico che mi è successo ultimamente e credo sia importante farlo conoscere, perché ferisce non solo il mio animo, ma anche quello del popolo italiano al quale sento di appartenere, anche se ancora non ufficialmente.

Ebbene mi è successo questo: l’altro giorno (21 Luglio) sono salita sull’autobus delle ore 16.40 diretto all’ospedale di Santa Chiara per visitare la mia zia ricoverata, ero munita di regolare biglietto che ho timbrato nella apposita macchinetta. Il controllore ad un certo punto si è rivolto a noi, ero in compagnia di una mia cugina, con un atteggiamento di accusatore, dicendoci: “ragazze, comportatevi a modo” ad alta voce, davanti a tutta la gente, prima da lontano, poi anche vicino a noi. Ovviamente per me questo atteggiamento prevenuto verso di noi era offensivo: primo, perché lui non poteva permettersi di giudicarci senza conoscerci. Io allora, gli ho fatto presente che avevo il biglietto timbrato e che suo compito era di verificare se il biglietto fosse in regola, prima di accusarci di qualcosa.

Lui mi ha risposto, senza nemmeno guardare il biglietto, dicendomi sempre davanti la gente presente in autobus, che senz’altro era già stato utilizzato due o tre volte. Io gli ho mostrato il biglietto, che lui non si è degnato di verificare ma ha continuato a sottintendere che noi stavamo facendo delle “scenate per niente”.

A noi, ha anche detto che lui neanche voleva vedere il biglietto, ma allora mi chiedo quale è il suo compito? Quello di giudicare le persone che non conosce? Mi piacerebbe sapere sulla base di che cosa? Io gli ho risposto che lui non poteva permettersi di giudicare le persone in quel modo, offensivo e maleducato, semplicemente per le nostre sembianze e per la nostra apparenza Rom.

Io lo so che diverse persone, (Rom , ma anche Italiani e immigrati) utilizzano l’autobus per scopi non sempre chiari, esempio per furti e borseggi, ma il controllore non può fare di ogni erba un fascio, sentendosi autorizzato ad offendermi davanti a tutti e pretendere che io mi comporti a modo, dopo averci fatte passare per ladre davanti a tutti.

Con questa lettera voglio augurarmi e sperare che l’atteggiamento dei controllori del CPT nei confronti delle ragazze e donne Rom, non sia dettato da pregiudizi o da ignoranza, semplicemente chiedo che sia uguale a tutti gli altri, e di smetterla di giudicarci a priori, perché questo offende non solamente noi ma colpisce anche la cittadinanza di Pisa. Lo stesso vale anche per quegli autisti, che quando vedono dei Rom in attesa alla fermata, decidono di passare oltre senza fermarsi, non vorrei che diventasse una abitudine consolidata, sia per gli autobus cittadini e sia quelli extra-urbani.

Se sbagliamo è giusto che i controllori ci riprendano e procedano nel darci ciò che meritiamo (multa, richiamo, allontanamento dal mezzo, o denuncia), è il loro compito, ma se il nostro comportamento è corretto e civile esigiamo altrettanto dai controllori e dagli autisti dei mezzi del CPT di Pisa verso noi Rom, come verso qualsiasi cittadino italiano o immigrato che sia.

Grazie dell’attenzione e spero che tutto questo non si ripeta mai più.

Una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano. 23 Luglio 2010

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COMUNICATO STAMPA

Il 2 luglio 2010 la Provincia di Roma, dopo un lungo e controverso iter, ha concesso l'Autorizzazione Integrata Ambientale all'inceneritore di rifiuti tossici e nocivi della Basf di Roma di via di Salone, 245.
L'inceneritore non si trova all'interno di una zona industriale, dove persone presumibilmente in buona salute trascorrono una parte limitata della giornata per non tutti i giorni dell'anno, ma ad alcune centinaia di metri dal villaggio attrezzato di via di Salone in cui vivono stabilmente all'aria aperta circa trecento minori di etnia rom.

Secondo le testimonianze raccolte dall'associazione "21 luglio" già da anni gli abitanti del villaggio hanno avvertito cattivi odori e lamentato problemi alle vie respiratorie per i fumi emessi dalla ciminiera dell'inceneritore.
L'impianto ha subito tra il 1999 ed il 2004 una serie di guasti: la rottura di un serbatoio di acido cloridrico, lo scoppio di un forno, un principio di incendio.
Nel settembre 2003 l'Istituto epidemiologico (Asl RME) ha presentato i dati analitici secondo cui la mortalità per tumore negli uomini dal 1987 al 2001 nel territorio circostante è del 30% superiore rispetto alla media di Roma

Il 3 novembre 2006 la Asl RMB ha pubblicato i risultati di alcune indagini.
Le indagini epidemiologiche hanno confermato, tra i dati del 2003, 8 su 9 decessi per Linfomi non Hodgkin (+156% rispetto all'atteso), ed evidenziato un maggior numero di tumori al cervello tra gli abitanti della zona.
Le indagini ambientali, hanno evidenziato concentrazioni di diossina da 5 a 20 volte superiori a quelle medie di altre zone italiane nella centralina posta a 300 metri dall'inceneritore. Le concentrazioni di palladio inoltre sono risultate doppie.
Alla luce di tali ricerche è ragionevole dedurre che il villaggio attrezzato di via di Salone sia situato in una zona di elevata ricaduta delle emissioni tossiche e nocive.

Il 26 marzo 2009, secondo la relazione fatta dalla'ASL RM B "si ritiene che le abitazioni e le diverse attività poste entro una distanza prudenzialmente stimabile in 500 mt. dal perimetro dello stabilimento si trovino, già in condizioni di normale esercizio degli impianti, nell'area di massima ricaduta di inquinanti pericolosi per la salute umana".
Sempre la ASL RMB, in una nota inviata anche al dott. Angelo Scozzafava, attuale soggetto attuatore del Piano Nomadi della capitale, aveva già espresso la propria "contrarietà al rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per l'impianto di trattamento termico dei catalizzatori esausti, a causa del rischio per la salute pubblica che esso viene a determinare nel contesto urbanistico realizzatosi". "Dovrebbe in ogni caso essere predisposto – continua la nota - un adeguato piano di informazione della popolazione sui rischi associati alle attività della BASF".

Alla luce di quanto avvenuto l'associazione "21 luglio" manifesta profonda preoccupazione per l'impatto che le emissioni prodotte dall' all'inceneritore di rifiuti tossici e nocivi della Basf ha avuto e continua ad avere sulla salute dei circa trecento minori residenti nel campo di via di Salone ed esprime una forte perplessità sulla reale attuazione di un piano informativo tra i residenti del villaggio attrezzato così come raccomandato dalle autorità sanitarie.
E' opportuno ricordare che l'art. 24 par. 1 della Convenzione Internazionale di New York sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza stabilisce che "gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del migliore stato di salute" mentre la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea ribadisce il diritto di ogni minore "alla protezione" (art. 24).

L'associazione "21 luglio" sollecita:
- il Commissario straordinario per l'emergenza nomadi a Roma dott. Giuseppe Pecoraro a fornire le legittime risposte sugli eventuali rischi alla salute dei minori rom del villaggio attrezzato di via di Salone determinati dalle esalazioni tossiche dell'inceneritore della BASF
- le istituzioni preposte all'attuazione del Piano Nomadi della capitale a non far venire meno l'obbligo di ispirare la scelta di collocazione di ogni insediamento abitativo attrezzato al Principio di Precauzione sancito già dal Trattato di Maastricht del 1992 e ribadito nei successivi documenti di politica ambientale – sanitaria della Comunità Europea al fine di assicurare ad ogni minore rom "le migliori condizioni di salute fisica e mentale che gli Stati siano in grado di garantire" (art. 12 par. 1 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali).

Roma, 22 luglio 2010 - Associazione "21 luglio"

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