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Di Fabrizio (del 01/12/2009 @ 08:55:58, in Europa, visitato 1766 volte)

Da Roma_Francais

OSTROVANY - Lucia Kucharova non vuole più guardare dalla finestra da quando la vista è ostruita dal muro che separa le capanne circondate di rifiuti dove vivono circa 1.200 Rom, dal resto del villaggio di Ostrovany, nella Slovacchia dell'est

Due Rom dietro il muro costruito per isolarli dal villaggio di Ostravany in Slovacchia, 11 novembre 2009

La costruzione di cemento di 150 metri di lunghezza e due di altezza, eretta il mese scorso con un costo di 13.000 euro, suscita l'indignazione dei Rom e dei difensori dei diritti umani.

"E' discriminazione. Il sindaco avrebbe piuttosto dovuto spendere quei soldi per costruire delle abitazioni per noi," protesta Lucia Kurachova, Rom di 25 anni. Cyril Revak, sindaco dal 1991 di questo villaggio di 1.800 abitanti, evita prudentemente di parlare di "muro". Ma ne giustifica la costruzione accusando la comunità rom di furti.

"Il recinto non impedisce ai Rom di venire al villaggio. Impedisce loro giusto di penetrare nei giardini privati per rubare. Non sono che piccoli furti, soprattutto d'autunno. La gente non può più coltivare legumi nei giardini, perché vengono rubati," afferma il sindaco.

Anche se largamente maggioritaria a Ostrovany, la comunità rom non partecipa affatto alla vita pubblica, affermando che non cambierebbe niente. "Ho votato per il muro, dato che il consiglio municipale l'avrebbe deciso in ogni modo," riconosce d'altra parte Dezider Duzda, l'unico Rom tra i nove consiglieri municipali.

Ai piedi del muro, Alena Kalejova cerca dei mozziconi. "Le sigarette sono troppo care. Si vive a mala pena con i 150 euro al mese della disoccupazione," spiega questa giovane madre rom di 21 anni.

Quasi tutti i membri della comunità sono senza lavoro.

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Di Fabrizio (del 02/12/2009 @ 00:25:31, in Italia, visitato 1969 volte)

Da Milano Città Aperta

Buongiorno,
l’azione di mail bombing contro lo sgombero di Rubattino a cui avete partecipato ha avuto molte adesioni: migliaia di mail hanno raggiunto il prefetto, il vicesindaco e l’assessore Moioli. La situazione per le persone sgomberate, però, non è cambiata affatto: il Comune, anzi, ostenta fieramente le modalità dello sgombero e non intende prendere in considerazione trattative.
Pensiamo che questo patrimonio di indignazione-centinaia e centinaia di cittadini che hanno scritto come te nel giro di poche ore- non debba andare disperso.
Ti proponiamo dunque di partecipare a una Fiaccolata per mercoledì 2 dicembre alle ore 18. Partiremo da Piazza San Babila. È importante essere in tanti, per questo ti chiedo di venire e di diffondere l’invito.
Grazie ancora per aver mandato la mail,
spero di vederti mercoledì
Natascia
di Milano Città Aperta

P.s. Ti riporto qua sotto l’appello della Fiaccolata.

“Gentile Assessore Moioli, mio figlio vorrebbe sapere perché i bambini Rom hanno meno diritto di lui di stare insieme alle loro mamme, ai loro papà e ai loro fratelli e sorelle”
“Non posso sentirmi rappresentata da autorità che violano i diritti dei più deboli, non è questa la città che voglio!”
“Continuate a parlare del valore della famiglia e poi pretendete che le famiglie rom si dividano donne e bambini da una parte, uomini dall'altra…”


Queste sono solo alcune delle frasi delle migliaia di mail che in questi giorni sono state inviate al vicesindaco De Corato, all’Assessore Moioli e al Prefetto Lombardi da centinaia e centinaia di cittadini di Milano indignati per lo sgombero del campo Rom di via Rubattino dello scorso 19 novembre e per quello successivo di via Forlanini del 26 novembre.
Sgomberi che hanno lasciato al freddo e senza un tetto centinaia di uomini, donne e bambini, senza prospettare per loro soluzioni alternative accettabili e condivise. Sgomberi che soffiano sul fuoco per creare artificialmente una finta emergenza che nasconda i problemi reali di Milano. Sgomberi che hanno interrotto preziosi percorsi di conoscenza reciproca tra cittadini italiani e Rom. Sgomberi che hanno negato ai bambini Rom di continuare ad andare a scuola assieme ai loro compagni italiani. Sgomberi che hanno violato i diritti (alla casa, alla salute, all’istruzione...) e le libertà fondamentali di centinaia di persone. Ma anche sgomberi che mai come in passato hanno suscitato l’indignazione e il rifiuto di una fetta consistente della cittadinanza milanese che ha deciso di affidare alle mail la proprie parole di sdegno e protesta.
Parole, che di fronte all’ostinato persistere del Comune nella medesima politica di chiusura e di rifiuto di ogni soluzione condivisa e concertata con la comunità Rom, invitiamo tutti a venire a ripetere e rendere visibili alla città in una
Fiaccolata in Piazza San Babila
mercoledì 2 dicembre alle 18

per denunciare il carattere brutale degli sgomberi di via Rubattino e via Forlanini
sollecitare al più presto misure umanitarie nei confronti dei cittadini Rom sgomberati.,
chiedere la cessazione di ogni politica di sgomberi ciechi dei campi Rom da parte dell’Amministrazione comunale

Perché la convivenza pacifica si coltiva con il dialogo e la solidarietà, non con le ruspe!


Ricevo da Tommaso Vitale

Campo nomadi via Rubattino, Ledha scrive al sindaco

In seguito ai recenti avvenimenti di via Rubattino, ovvero lo sgombero di un campo nomadi da parte del Comune di Milano, Ledha, Federazione che da oltre 30 anni tutela le persone con disabilità della Lombardia, interviene con una lettera aperta al Sindaco Letizia Moratti per chiedere il rispetto dei diritti umani di tutti.

Quanto è accaduto giorni fa a Milano, lo sgombero di un campo nomadi in via Rubattino, deciso dal Comune senza rispettare le principali garanzie previsto dal diritto internazionale (ossia la predisposizione di un'alternativa abitativa, e lo sradicamento dei bambini dal quartiere, nel quale erano inseriti da tempo, anche nella frequenza scolastica) ci interroga da vicino, come persone impegnate, rispetto ai temi della disabilità, a diffondere e difendere i diritti previsti dalla Convenzione Onu.
Il principio di non discriminazione, la pari dignità delle persone, sono questioni essenziali, rispetto alle quali non possiamo far finta di non vedere e di non sentire, e dunque non reagire come cittadini. Una comunità nella quale chi detiene l'autorità - non solo per quanto concerne il tema della sicurezza e dell'igiene, ma anche per quanto riguarda i servizi sociali e l'aiuto alle famiglie - decide consapevolmente di limitare e violare i diritti minimi delle persone che vivono nel territorio, è una comunità più povera in termini di qualità della convivenza e del rispetto d elle regole per tutti.
Non è sufficiente sapere che il potere civico gode del consenso di una vasta parte dell'opinione pubblica, impaurita e comunque insofferente di fronte alla presenza di minoranze come quella dei nomadi, specialmente di etnia rom.
Il consenso popolare è stato, nella storia del nostro Paese e dell'Europa, la premessa dei totalitarismi e della persecuzione delle minoranze: rom, ebrei, omosessuali, disabili. Ignorare questa storia, e soprattutto non cogliere per tempo il nesso con il tempo presente non è solo negligenza o pigrizia individuale e collettiva.
E' venire meno alla coerenza con il nostro impegno, di singoli e di associazioni, in favore di una società inclusiva, attenta alle fragilità, vicina ai diritti dei più deboli. Come non indignarsi di fronte al destino incerto di bambini e di mamme del tutto incolpevoli?
E' evidente la complessità delle risposte da fornire a gruppi che faticano a vivere rispettando le regole della cittadinanza. Ma non si comprende in questo caso l'esibizione di forza, il non ascolto delle associazioni di solidarietà, e perfino della Chiesa e dei suoi esponenti più responsabili e competenti.

Come LEDHA, Lega dei diritti delle persone con disabilità, abbiamo il dovere di difendere i diritti di tutti, di uscire da una tutela "corporativa" per condividere, con assoluta serenità, forme di pressione civica affinché la qualità della convivenza civile a Milano non sia indebolita da episodi che sono destinati a pesare come precedenti gravi anche per le politiche che più ci riguardano da vicino.

Fulvio Santagostini - Presidente LEDHA
Franco Bomprezzi - Portavoce LEDHA


30 Novembre 2009 Proposta controcorrente della pediatra che ha dedicato la vita ad aiutare i più sfortunati
Elena Sachsel ai sindaci del Magentino: "Ospitiamo i rom sgomberati da via Rubattino!"

Magenta Come conciliare solidarietà e rispetto della legalità? Sulla questione rom ormai si dibatte da tempo con opposte teorie. Riportiamo fedelmente la lettera che Elena Sachsel, pediatra che ha dedicato una vita intera all'aiuto delle popolazioni più sfortunate, ha inviato ai sindaci del Magentino.

Alla cortese attenzione dei signori Sindaci del Territorio del Magentino e Milano Ovest
Milano 26 novembre 2009

carissimi,
non meravigliatevi di questa mia. Ho pensato a voi e vi spiego il perché.
Ho condiviso con il Naga e tante altre Associazioni Milanesi che si occupano dei Rom e Sinti (Tavolo Rom) il dolore , l'indignazione e la vergogna per lo sgombero forzato e violento campo dei Rom romeni di via Rubattino : rimanevano all' addiaccio donne, con bambini piccolissimi, con proposte del Comune di Milano assolutamente insufficienti.
Nell'incontro col Prefetto i Rom hanno chiesto un pezzetto di terra dove le famiglie potessero autocostruirsi delle casette monofamiliari chiedendo al Comune i servizi essenziali ( acqua, luce, gas, raccolta rifiuti) che loro sono assolutamente disposti a pagare.
Ma il Comune di Milano verso i Rom e Sinti ha un atteggiamento assolutamente negativo.
E allora ho pensato a voi, che amministrate con coraggio i nostri piccoli Comuni ...forse in Provincia le cose possono andare meglio.
Le famiglie interessate sono 60. Forse, adesso che arriva il difficile e duro mese di dicembre, un piccolo numero di queste potrebbero venire ospitate da voi.
Vi chiedero' un appuntamento presso di voi per potervi illustrare a voce la situazione.

GM

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Di Fabrizio (del 02/12/2009 @ 09:23:05, in Regole, visitato 1768 volte)

Segnalazione di Elisabetta Vivaldi

COMUNICATO STAMPA: PROCESSI BREVI E … PROCESSI SOMMARI

A.V. è la quindicenne rom accusata di aver rapito una neonata a Ponticelli (Na) nel maggio 2008, avvenimento che scatenò la feroce devastazione dei campi rom di Ponticelli. L’accusa contro A.V. fu formulata dalla madre della neonata, unica testimone dell’avvenimento, che fornì una versione dei fatti oggettivamente poco verosimile. Secondo il racconto della madre, infatti, A. V. sarebbe riuscita ad introdursi nella sua abitazione dove, approfittando del fatto che la neonata sarebbe rimasta per pochi attimi sola in cucina, sarebbe riuscita a “rapire” la neonata e ad uscire dall’appartamento, il tutto in pochissimi secondi, senza produrre il minimo rumore e senza provocare il pianto della bambina.
L’Avv. Cristian Valle, difensore della piccola rom, ha messo in evidenza la scarsa verosimiglianza del racconto.
Nonostante ciò, il Tribunale per i Minorenni di Napoli ha condannato la minore rom a 3 e 8 mesi, fondando la decisione di colpevolezza sul presupposto che la madre della neonata non avrebbe avuto alcun interesse ad accusare la minore rom se il fatto non fosse realmente accaduto.... Mostra tutto
La difesa della piccola rom ha sempre denunciato la violazione dei diritti fondamentali come, ad esempio, la mancata traduzione degli atti nella lingua conosciuta dall’imputata, questione più volte sollevata ma sempre respinta, nonostante le dichiarazioni della mediatrice culturale che accolse a Nisida la piccola rom, secondo la quale A.V. al momento dell’arresto non comprendeva minimamente la lingua italiana. Ogni richiesta della difesa è stata sistematicamente respinta, perfino la richiesta della messa alla prova e l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con la motivazione che A.V. potrebbe avere ingenti patrimoni nel suo paese d’origine. Non le è stato concesso alcun beneficio di legge benché la minore risulti incensurata e in stato di abbandono. I familiari di A.V., infatti, sono scappati a seguito della devastazione del campo rom e delle persecuzioni verificatesi a Ponticelli. La sentenza d’appello ha confermato in pieno quella di primo grado e si attende ora la decisione della Corte di Cassazione. Con il processo ancora in corso, la piccola rom si trova in custodia cautelare nel carcere di Nisida da un anno e mezzo. A nulla sono valse le motivate istanze di scarcerazione.

Da ultimo, il Tribunale per i Minorenni di Napoli, in sede di appello al riesame, ha rigettato le richieste della difesa con una motivazione assolutamente sconcertante e che conferma le denunciate violazioni dei diritti fondamentali della piccola rom. Si legge infatti nel breve provvedimento: “Emerge che l’appellante è pienamente inserita negli schemi tipici della cultura rom. Ed è proprio l’essere assolutamente integrata in quegli schemi di vita che rende, in uno alla mancanza di concreti processi di analisi dei propri vissuti, concreto il pericolo di recidiva.” La decisione afferma, quindi, l’esistenza di un nesso di causalità tra l’appartenenza etnica e la possibilità di commettere reati e, ancora più insidiosamente, la tendenza a condotte recidive. Questo assunto, sfacciatamente razzista, si traduce nella decisione di non concedere nemmeno misure alternative alla carcerazione: “Sia il collocamento in comunità che la permanenza in casa risultano, infatti, misure inadeguate anche in considerazione alla citata adesione agli schemi di vita Rom che per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole. Da quanto detto ne consegue il rigetto del proposto appello.”
Il provvedimento di rigetto della richiesta di modifica della misura cautelare afferma a chiare lettere che il collocamento in comunità non è ammissibile in quanto la minore aderisce agli schemi di vita del popolo cui appartiene. In modo assolutamente sconcertante, si afferma l’opzione del carcere su base etnica, e, attraverso la definizione di “comune esperienza”, i più biechi e vergognosi pregiudizi contro la minoranza rom vengono elevati al rango di categoria giuridica.
Questa decisione del Tribunale dei Minorenni - e le stesse parole usate, agghiaccianti quanto spudorate - è perfettamente coerente alle attuali politiche in materia di immigrazione, andandosi a delineare l’esistenza di due distinte giurisdizioni, una per i cittadini e l’altra per gli stranieri.
In un paese che sanziona la clandestinità come reato, l’intera vicenda di A.V. è rappresentativa dell’accanimento giudiziario contro gli “stranieri” che gravemente annichilisce i diritti umani, e della perdita di limiti etici e giuridici oltre i quali le pulsioni più cupe, non incontrando più filtri di alcun genere, si caricano di forza di legge e fondano decisioni giudiziarie.

25 Novembre 2009 soccorsolegalenapoli@yahoo.it

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Di Fabrizio (del 03/12/2009 @ 00:06:25, in Italia, visitato 1611 volte)

Segnalazione di Claudia Tavani

Gazzetta di Reggio

Reggio. La piccola, martedì mattina, si è vestita ed è scappata di casa, vagando tra i parcheggi dei controviali. Antonio De Barre, nomade sinti, l’ha vista e l'ha accompagnata nella caserma della Polstrada di Marco Martignoni

REGGIO. Si è vestita, ha calzato un paio di stivaletti, ha aperto la porta di casa ed è uscita. Da sola, ha affrontato i pericoli della circonvallazione, attraversando viale Timavo. Sara (nome di fantasia per proteggerla, ndr) ha due anni e mezzo e ieri mattina, poco dopo le 8 è sfuggita al controllo dei genitori, vagando tra i parcheggi dei controviali, vicino all’area sgambatura cani di fronte all’ufficio postale. Fino a quando, poco dopo le 9.30, è stata notata da Antonio De Barre, nomade sinti, che stava lavorando, per la cooperativa sociale l’Ovile, impegnato nella manutenzione delle aiuole che delimitano le aree di parcheggio.

L’uomo, ha preso per mano la piccola, l’ha rincuorata coprendola con la sua giacca, accompagnandola al più vicino posto di polizia: la caserma della Polstrada di Reggio che si trova proprio in viale Timavo. Lì, l’ha «consegnata» agli agenti che si sono immediatamente attivati per cercare di rintracciare i genitori della bambina.

FRENETICHE INDAGINI. Dalla centrale della Polstrada si sono staccati due ispettori che, dopo aver fotografato la piccola, hanno setacciato l’area tra viale Timavo, viale Magenta e via Guasco. «Armati» di un palmare, i poliziotti hanno bussato porta a porta, mostrando a residenti e commercianti il viso della bambina con la speranza che qualcuno potesse riconoscerla indirizzando gli agenti alla residenza dei genitori. I controlli sono proseguiti anche all’Esselunga e nella farmacia dello stesso centro commerciale. Fino alla svolta, intorno alle 10.30.

LA DENUNCIA. Il padre della piccola, si è presentato nella caserma della Polstrada di Reggio: «Aiutatemi. Vorrei denunciare la scomparsa di mia figlia». Quando gli agenti hanno sentito il racconto dell’uomo, lo hanno accompagnato negli uffici del comando, dove, alcuni agenti stavano giocando con la bambina, cercando di farle ritrovare il sorriso. A quel punto l’a bbraccio tra il padre e la piccola e la successiva chiamata a De Barre per comunicargli che la bambina che lui aveva salvato dalla strada, stava riabbracciando la famiglia.

LE INDAGINI. Per il padre della piccola, però, sono iniziati diversi accertamenti. Secondo il racconto poi fornito dall’uomo agli investigatori, ieri mattina poco prima delle 8, la moglie era uscita di casa per accompagnare gli altri due figli a scuola. All’improvviso, la più piccola di casa, aveva deciso di seguire la mamma e, sfruttando un momento di distrazione del padre, è uscita di casa.

Un racconto che l’uomo ha poi ripetuto agli assistenti sociali del Comune, immediatamente allertati dagli agenti della Polstrada che, nel frattempo, hanno anche avvisato la procura del tribunale dei Minori di Bologna. Gli investigatori ora stanno valutando tutti gli elementi raccolti e stanno vagliando attentamente la posizione del padre della bambina che rischia una denuncia per omesso un controllo.
(02 dicembre 2009)

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Di Fabrizio (del 03/12/2009 @ 09:43:13, in Regole, visitato 2369 volte)

Segnalazione di Eugenio Viceconte

Immigrazione.biz Accordo raggiunto con il Prefetto di Roma

Ai nomadi che non hanno commesso reati verrà rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Questo l’accordo raggiunto con il Prefetto di Roma, Pecoraro alla vigilia dell’attuazione del piano nomadi del Comune di Roma.

I nomadi residenti nei campi della Capitale privi di permesso di soggiorno ma senza precedenti penali, chiederanno alla Questura di Roma il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. La valutazione del possesso dei requisiti per il rilascio sarà valutata da una commissione governativa e chi non ne avrà diritto sarà espulso. “Il documento umanitario”, spiega Najo Adzovic, rappresentante del Casilino 900 “consentirà a quelle persone che mostrano volontà di integrazione, di lavorare e mandare i figli a scuola, di regolarizzare la loro posizione. Basta pensare che molti di questi sono in Italia da oltre 30 anni”. Sono già cominciate presso l’ufficio immigrazione della Questura di Roma le operazioni di fotosegnalamento dei primi Rom dell’ex Jugoslavia del campo nomadi di via di Salone.

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, come spiega Adzovic, si è reso necessario soprattutto a seguito dell’ entrata in vigore della legge sulla sicurezza che ha previsto il reato di ingresso e soggiorno illegale in Italia. Le sanzioni penali – un’ammenda da 5mila a 10mila euro - sarebbero dunque scattate per tutti i residenti del campo privi di permesso di soggiorno. Accanto al permesso di soggiorno resterà comunque il Dast (Documento di autorizzazione allo stanziamento temporaneo) presentato dal Campidoglio che servirà per attestare la residenza di una persona in un determinato campo nomadi.

Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è regolato dall’articolo 5 comma 6 e dall’articolo19 comma 1 del Testo Unico Immigrazione che prevedono l’inespellibilità se ricorrono seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi internazionali che non consentono l’allontanamento dal territorio nazionale. Può essere rilasciato dalla questura a seguito di acquisizione di documentazione riguardante i motivi della richiesta relative ad oggettive e gravi situazioni personali – art. 11 c. 1 lett. C)ter DPR 394/99.

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Di Fabrizio (del 03/12/2009 @ 09:54:54, in Italia, visitato 1819 volte)

 Cronaca della deportazione della comunità romena di via di Centocelle a Roma, (11.11.09), raccontata attraverso le foto di Simona Granati e Stefano Montesi.

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Di Fabrizio (del 04/12/2009 @ 09:00:13, in Italia, visitato 1902 volte)

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Di Fabrizio (del 04/12/2009 @ 09:29:24, in musica e parole, visitato 3315 volte)

Venerdì 11 dicembre 2009 dalle ore 18.00
Presso: C.S. Casa Loca Viale Sarca 183 Milano

Trio Mirkovic & Muzikanti di Balval presentano la
GRANDE FESTA BALCANICA
IV EDIZIONE
Ven11 dicembre 2009 alla CASALOCA

Dalle 18
Milano e razzismo: dalle politiche xenofobe alle alternative sul territorio
Incontro pubblico con la partecipazione di Alfredo Alietti (Università di Ferrara) autore di "Società urbana e convivenza interetnica", le Maestre del quartiere Lambrate/Rubattino e Omar Caniello di Radio Popolare

Dalle 20
Cena tradizionale balcanica a cura della Kafana Sevdah Marinkovic
Zuppa
Peperoni ripieni
Cevapcici, Insalata di cavolo, Pane fatto in casa

Dalle 22 fenomenale concerto
Muzikanti - Trio Mirkovic
& all the night… Jam session esplosiva

Per la cena si consiglia la prenotazione via mail: festabalcanica@yahoo.com prezzi popolarissimi (5euro l'ingresso+5 per la cena!)

www.casaloca.it

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Di Fabrizio (del 05/12/2009 @ 09:01:47, in Europa, visitato 1795 volte)

Ricevo da Roberto Malini

nell'immagine tratta da Wikipedia: La Giralda di Siviglia. Attualmente campanile della Cattedrale, era in età islamica il minareto della Grande Moschea

Milano, 2 dicembre 2009. Dall'Italia l'intolleranza si diffonde in Svizzera, dove un referendum ha proibito la costruzione di nuovi minareti. E' stato facile, per il Partito Popolare Svizzero (SVP), di estrema destra, ottenere il 57% dei voti. Nel clima di diffidenza e sospetto che caratterizza oggi la Svizzera, come si poteva credere che il popolo decidesse di manifestare apertura verso la fede islamica? Perché mai avrebbe dovuto farlo, visto che i media descrivono tutti i musulmani come nemici della civiltà occidentale? A causa delle politiche contro i Diritti Umani, l'Unione europea rischia una vera e propria crisi della democrazia. La democrazia si fonda infatti sulle Costituzioni e le carte che tutelano i diritti delle minoranze, visto che le maggioranze hanno quale privilegio intangibile - nell'istituzione democratica - il diritto di governare. Nel nostro continente è in vigore la Carta dei diritti fondamentali nell'Unione europea (http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf). La "volontà popolare", spesso manipolata attraverso i media e la propaganda, non può e non deve sostituirsi ai Diritti Umani. In Italia movimenti anti-immigrazione e anti-minoranze come la Lega Nord, Forza Nuova, i partiti di estrema destra e, ormai, anche il Pdl chiedono ai cittadini: "Volete i Rom?", "Volete i rifugiati?", "Volete gli stranieri poveri?", prospettando scenari apocalittici o invasioni barbariche. I cittadini rispondono "no, non li vogliamo" e le Istituzioni fanno leggi razziali. Con i referendum, si ottengono gli stessi risultati. Ma tutto questo è illegittimo e antidemocratico, perché viola i diritti delle minoranze, che non dovrebbero essere in discussione. Per recuperare la democrazia, è necessario impedire la propaganda e i referendum contro le minoranze. Altrimenti, sull'onda della "volontà popolare", presto i comparti sociali più vulnerabili saranno privati dei più elementari diritti della persona: "Volete le sinagoghe?", "Volete coppie omosessuali in giro per le città?", "Volete che circolino pubblicazioni che presentano altre forme di cultura, religione, civiltà?", "Volete che il denaro pubblico sia speso per dare assistenza ai poveri?", "Volete che si diffondano modi di vivere alternativi a materialismo e consumismo?". Un po' di propaganda e la risposta sarà sempre "no". No alle diversità, che spaventano il "comune buon senso". Senza l'inviolabilità dei Diritti Umani, vi sono le atrocità che si commettono da sempre in nome del popolo, quello steso popolo che applaudiva l'Inquisitore assistendo al tragico spettacolo dei roghi; quello steso popolo che acclamava Hitler e i suoi volenterosi carnefici; quello stesso popolo che in tante occasioni ha partecipato attivamente a pogrom e purghe etniche; quello stesso popolo che. armato di badili, picconi e bastoni, massacrava il popolo ebraico negli Stati Baltici, affiancando le sanguinose operazioni degli Einsatzgruppen. Quello stesso popolo che oggi - nonostante gli insegnamenti che la Storia recente cerca invano di trasmetterci - sorride agli sgherri e applaude il loro operato quando sgomberano un insediamento Rom o arrestano qualche immigrato scampato alle guerre o alle carestie nei Paesi poveri. Totale disumanità. Grado zero della democrazia.

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Di Fabrizio (del 05/12/2009 @ 09:40:06, in Europa, visitato 1641 volte)

TicinoOnLine

BERNA - Il Consiglio federale ha approvato il quarto rapporto sull'applicazione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Esso fornisce uno spaccato della politica linguistica della Svizzera con particolare attenzione alla promozione dell'italiano e del romancio.

Il rapporto prende posizione sulle raccomandazioni del Consiglio d'Europa, che chiedeva in particolare ai cantoni Ticino e Grigioni di promuovere l'italiano e il romancio. Nel canton Grigioni l'introduzione del rumantsch grischun nelle scuole è un progetto pilota ancora in fase di realizzazione. Per quanto concerne la raccomandazione di utilizzare il romancio nelle sfere pubbliche, Coira ha fatto sapere che la legge cantonale sulle lingue garantisce l'uguaglianza delle tre lingue ufficiali del Cantone (italiano, tedesco e romancio).

Il Consiglio d'Europa aveva raccomandato anche alla Svizzera di mantenere vivo il dialogo con chi parla la lingua jenisch (il popolo Jenish rappresenta la terza maggiore popolazione nomade europea, dopo i Rom e i Sinti). Berna risponde di sostenere un progetto realizzato dagli jenisch stessi, che permette loro di mantenere e promuovere la loro lingua e cultura.

La Svizzera ha approvato la ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie nel 1997. I paesi coinvolti sono tenuti a consegnare ogni tre anni un rapporto. Le finalità essenziali della Carta sono: conservare e promuovere la pluralità linguistica come uno degli elementi più preziosi della vita culturale europea.

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