OSTROVANY - Lucia Kucharova non vuole più guardare dalla finestra da quando
la vista è ostruita dal muro che separa le capanne circondate di rifiuti dove
vivono circa 1.200 Rom, dal resto del villaggio di Ostrovany, nella Slovacchia
dell'est
Due Rom dietro il muro costruito per isolarli dal villaggio di Ostravany in
Slovacchia, 11 novembre 2009
La costruzione di cemento di 150 metri di lunghezza e due di altezza,
eretta il mese scorso con un costo di 13.000 euro, suscita l'indignazione dei
Rom e dei difensori dei diritti umani.
"E' discriminazione. Il sindaco avrebbe piuttosto dovuto spendere quei soldi
per costruire delle abitazioni per noi," protesta Lucia Kurachova, Rom di 25
anni. Cyril Revak, sindaco dal 1991 di questo villaggio di 1.800 abitanti, evita
prudentemente di parlare di "muro". Ma ne giustifica la costruzione accusando la
comunità rom di furti.
"Il recinto non impedisce ai Rom di venire al villaggio. Impedisce loro
giusto di penetrare nei giardini privati per rubare. Non sono che piccoli furti,
soprattutto d'autunno. La gente non può più coltivare legumi nei giardini,
perché vengono rubati," afferma il sindaco.
Anche se largamente maggioritaria a Ostrovany, la comunità rom non partecipa
affatto alla vita pubblica, affermando che non cambierebbe niente. "Ho votato
per il muro, dato che il consiglio municipale l'avrebbe deciso in ogni modo,"
riconosce d'altra parte Dezider Duzda, l'unico Rom tra i nove consiglieri
municipali.
Ai piedi del muro, Alena Kalejova cerca dei mozziconi. "Le sigarette sono
troppo care. Si vive a mala pena con i 150 euro al mese della disoccupazione,"
spiega questa giovane madre rom di 21 anni.
Quasi tutti i membri della comunità sono senza lavoro.
Di Fabrizio (del 02/12/2009 @ 00:25:31, in Italia, visitato 1969 volte)
Da Milano Città Aperta
Buongiorno,
l’azione di mail bombing contro lo sgombero di Rubattino a cui avete
partecipato ha avuto molte adesioni: migliaia di mail hanno raggiunto il
prefetto, il vicesindaco e l’assessore Moioli. La situazione per le persone
sgomberate, però, non è cambiata affatto: il Comune, anzi, ostenta fieramente le
modalità dello sgombero e non intende prendere in considerazione trattative.
Pensiamo che questo patrimonio di indignazione-centinaia e centinaia di
cittadini che hanno scritto come te nel giro di poche ore- non debba
andare disperso.
Ti proponiamo dunque di partecipare a una Fiaccolata per mercoledì 2 dicembre
alle ore 18. Partiremo da Piazza San Babila. È importante essere in
tanti, per questo ti chiedo di venire e di diffondere l’invito.
Grazie ancora per aver mandato la mail,
spero di vederti mercoledì
Natascia
di Milano Città Aperta
P.s. Ti riporto qua sotto l’appello della Fiaccolata.
“Gentile Assessore Moioli, mio figlio vorrebbe sapere perché i bambini Rom
hanno meno diritto di lui di stare insieme alle loro mamme, ai loro papà e ai
loro fratelli e sorelle”
“Non posso sentirmi rappresentata da autorità che violano i diritti dei più
deboli, non è questa la città che voglio!”
“Continuate a parlare del valore della famiglia e poi pretendete che le famiglie
rom si dividano donne e bambini da una parte, uomini dall'altra…”
Queste sono solo alcune delle frasi delle migliaia di mail che in questi giorni
sono state inviate al vicesindaco De Corato, all’Assessore Moioli e al Prefetto
Lombardi da centinaia e centinaia di cittadini di Milano indignati per lo
sgombero del campo Rom di via Rubattino dello scorso 19 novembre e per
quello successivo di via Forlanini del 26 novembre.
Sgomberi che hanno lasciato al freddo e senza un tetto centinaia di uomini,
donne e bambini, senza prospettare per loro soluzioni alternative accettabili e
condivise. Sgomberi che soffiano sul fuoco per creare artificialmente una finta
emergenza che nasconda i problemi reali di Milano. Sgomberi che hanno interrotto
preziosi percorsi di conoscenza reciproca tra cittadini italiani e Rom. Sgomberi
che hanno negato ai bambini Rom di continuare ad andare a scuola assieme ai loro
compagni italiani. Sgomberi che hanno violato i diritti (alla casa, alla salute,
all’istruzione...) e le libertà fondamentali di centinaia di persone. Ma anche
sgomberi che mai come in passato hanno suscitato l’indignazione e il rifiuto di
una fetta consistente della cittadinanza milanese che ha deciso di affidare alle
mail la proprie parole di sdegno e protesta.
Parole, che di fronte all’ostinato persistere del Comune nella medesima politica
di chiusura e di rifiuto di ogni soluzione condivisa e concertata con la
comunità Rom, invitiamo tutti a venire a ripetere e rendere visibili alla
città in una Fiaccolata in Piazza San Babila
mercoledì 2 dicembre alle 18
per denunciare il carattere brutale degli sgomberi di via Rubattino e via
Forlanini
sollecitare al più presto misure umanitarie nei confronti dei cittadini Rom
sgomberati.,
chiedere la cessazione di ogni politica di sgomberi ciechi dei campi Rom da
parte dell’Amministrazione comunale
Perché la convivenza pacifica si coltiva con il dialogo e la
solidarietà, non con le ruspe!
Ricevo da Tommaso Vitale
Campo nomadi via Rubattino, Ledha scrive al sindaco
In seguito ai recenti avvenimenti di via Rubattino, ovvero lo sgombero di un
campo nomadi da parte del Comune di Milano, Ledha, Federazione che da oltre 30
anni tutela le persone con disabilità della Lombardia, interviene con una
lettera aperta al Sindaco Letizia Moratti per chiedere il rispetto dei diritti
umani di tutti.
Quanto è accaduto giorni fa a Milano, lo sgombero di un campo nomadi in via
Rubattino, deciso dal Comune senza rispettare le principali garanzie previsto
dal diritto internazionale (ossia la predisposizione di un'alternativa
abitativa, e lo sradicamento dei bambini dal quartiere, nel quale erano inseriti
da tempo, anche nella frequenza scolastica) ci interroga da vicino, come persone
impegnate, rispetto ai temi della disabilità, a diffondere e difendere i diritti
previsti dalla Convenzione Onu.
Il principio di non discriminazione, la pari dignità delle persone, sono
questioni essenziali, rispetto alle quali non possiamo far finta di non vedere e
di non sentire, e dunque non reagire come cittadini. Una comunità nella quale
chi detiene l'autorità - non solo per quanto concerne il tema della sicurezza e
dell'igiene, ma anche per quanto riguarda i servizi sociali e l'aiuto alle
famiglie - decide consapevolmente di limitare e violare i diritti minimi delle
persone che vivono nel territorio, è una comunità più povera in termini di
qualità della convivenza e del rispetto d elle regole per tutti.
Non è sufficiente sapere che il potere civico gode del consenso di una vasta
parte dell'opinione pubblica, impaurita e comunque insofferente di fronte alla
presenza di minoranze come quella dei nomadi, specialmente di etnia rom.
Il consenso popolare è stato, nella storia del nostro Paese e dell'Europa, la
premessa dei totalitarismi e della persecuzione delle minoranze: rom, ebrei,
omosessuali, disabili. Ignorare questa storia, e soprattutto non cogliere per
tempo il nesso con il tempo presente non è solo negligenza o pigrizia
individuale e collettiva.
E' venire meno alla coerenza con il nostro impegno, di singoli e di
associazioni, in favore di una società inclusiva, attenta alle fragilità, vicina
ai diritti dei più deboli. Come non indignarsi di fronte al destino incerto di
bambini e di mamme del tutto incolpevoli?
E' evidente la complessità delle risposte da fornire a gruppi che faticano a
vivere rispettando le regole della cittadinanza. Ma non si comprende in questo
caso l'esibizione di forza, il non ascolto delle associazioni di solidarietà, e
perfino della Chiesa e dei suoi esponenti più responsabili e competenti.
Come LEDHA, Lega dei diritti delle persone con disabilità, abbiamo il dovere di
difendere i diritti di tutti, di uscire da una tutela "corporativa" per
condividere, con assoluta serenità, forme di pressione civica affinché la
qualità della convivenza civile a Milano non sia indebolita da episodi che sono
destinati a pesare come precedenti gravi anche per le politiche che più ci
riguardano da vicino.
Fulvio Santagostini - Presidente LEDHA
Franco Bomprezzi - Portavoce LEDHA
30 Novembre 2009 Proposta controcorrente della pediatra che ha dedicato la
vita ad aiutare i più sfortunati Elena Sachsel ai sindaci del Magentino: "Ospitiamo i rom sgomberati da via
Rubattino!"
Magenta Come conciliare solidarietà e rispetto della legalità? Sulla questione
rom ormai si dibatte da tempo con opposte teorie. Riportiamo fedelmente la
lettera che Elena Sachsel, pediatra che ha dedicato una vita intera all'aiuto
delle popolazioni più sfortunate, ha inviato ai sindaci del Magentino.
Alla cortese attenzione dei signori Sindaci
del Territorio del Magentino e Milano Ovest
Milano 26 novembre 2009
carissimi,
non meravigliatevi di questa mia. Ho pensato a voi e vi spiego il perché.
Ho condiviso con il Naga e tante altre Associazioni Milanesi che si occupano dei
Rom e Sinti (Tavolo Rom) il dolore , l'indignazione e la vergogna per lo
sgombero forzato e violento campo dei Rom romeni di via Rubattino : rimanevano
all' addiaccio donne, con bambini piccolissimi, con proposte del Comune di
Milano assolutamente insufficienti.
Nell'incontro col Prefetto i Rom hanno chiesto un pezzetto di terra dove le
famiglie potessero autocostruirsi delle casette monofamiliari chiedendo al
Comune i servizi essenziali ( acqua, luce, gas, raccolta rifiuti) che loro sono
assolutamente disposti a pagare.
Ma il Comune di Milano verso i Rom e Sinti ha un atteggiamento assolutamente
negativo.
E allora ho pensato a voi, che amministrate con coraggio i nostri piccoli Comuni
...forse in Provincia le cose possono andare meglio.
Le famiglie interessate sono 60. Forse, adesso che arriva il difficile e duro
mese di dicembre, un piccolo numero di queste potrebbero venire ospitate da voi.
Vi chiedero' un appuntamento presso di voi per potervi illustrare a voce la
situazione.
Di Fabrizio (del 02/12/2009 @ 09:23:05, in Regole, visitato 1768 volte)
Segnalazione di Elisabetta Vivaldi
COMUNICATO STAMPA:PROCESSI BREVI E … PROCESSI SOMMARI
A.V. è la quindicenne rom accusata di aver rapito una neonata a Ponticelli (Na)
nel maggio 2008, avvenimento che scatenò la feroce devastazione dei campi rom di
Ponticelli. L’accusa contro A.V. fu formulata dalla madre della neonata, unica
testimone dell’avvenimento, che fornì una versione dei fatti oggettivamente poco
verosimile. Secondo il racconto della madre, infatti, A. V. sarebbe riuscita ad
introdursi nella sua abitazione dove, approfittando del fatto che la neonata
sarebbe rimasta per pochi attimi sola in cucina, sarebbe riuscita a “rapire” la
neonata e ad uscire dall’appartamento, il tutto in pochissimi secondi, senza
produrre il minimo rumore e senza provocare il pianto della bambina.
L’Avv. Cristian Valle, difensore della piccola rom, ha messo in evidenza la
scarsa verosimiglianza del racconto.
Nonostante ciò, il Tribunale per i Minorenni di Napoli ha condannato la minore
rom a 3 e 8 mesi, fondando la decisione di colpevolezza sul presupposto che la
madre della neonata non avrebbe avuto alcun interesse ad accusare la minore rom
se il fatto non fosse realmente accaduto.... Mostra tutto
La difesa della piccola rom ha sempre denunciato la violazione dei diritti
fondamentali come, ad esempio, la mancata traduzione degli atti nella lingua
conosciuta dall’imputata, questione più volte sollevata ma sempre respinta,
nonostante le dichiarazioni della mediatrice culturale che accolse a Nisida la
piccola rom, secondo la quale A.V. al momento dell’arresto non comprendeva
minimamente la lingua italiana. Ogni richiesta della difesa è stata
sistematicamente respinta, perfino la richiesta della messa alla prova e
l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con la motivazione che A.V.
potrebbe avere ingenti patrimoni nel suo paese d’origine. Non le è stato
concesso alcun beneficio di legge benché la minore risulti incensurata e in
stato di abbandono. I familiari di A.V., infatti, sono scappati a seguito della
devastazione del campo rom e delle persecuzioni verificatesi a Ponticelli. La
sentenza d’appello ha confermato in pieno quella di primo grado e si attende ora
la decisione della Corte di Cassazione. Con il processo ancora in corso, la
piccola rom si trova in custodia cautelare nel carcere di Nisida da un anno e
mezzo. A nulla sono valse le motivate istanze di scarcerazione.
Da ultimo, il Tribunale per i Minorenni di Napoli, in sede di appello al
riesame, ha rigettato le richieste della difesa con una motivazione
assolutamente sconcertante e che conferma le denunciate violazioni dei diritti
fondamentali della piccola rom. Si legge infatti nel breve provvedimento:
“Emerge che l’appellante è pienamente inserita negli schemi tipici della cultura
rom. Ed è proprio l’essere assolutamente integrata in quegli schemi di vita che
rende, in uno alla mancanza di concreti processi di analisi dei propri vissuti,
concreto il pericolo di recidiva.” La decisione afferma, quindi, l’esistenza di
un nesso di causalità tra l’appartenenza etnica e la possibilità di commettere
reati e, ancora più insidiosamente, la tendenza a condotte recidive. Questo
assunto, sfacciatamente razzista, si traduce nella decisione di non concedere
nemmeno misure alternative alla carcerazione: “Sia il collocamento in comunità
che la permanenza in casa risultano, infatti, misure inadeguate anche in
considerazione alla citata adesione agli schemi di vita Rom che per comune
esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole. Da
quanto detto ne consegue il rigetto del proposto appello.”
Il provvedimento di rigetto della richiesta di modifica della misura cautelare
afferma a chiare lettere che il collocamento in comunità non è ammissibile in
quanto la minore aderisce agli schemi di vita del popolo cui appartiene. In modo
assolutamente sconcertante, si afferma l’opzione del carcere su base etnica, e,
attraverso la definizione di “comune esperienza”, i più biechi e vergognosi
pregiudizi contro la minoranza rom vengono elevati al rango di categoria
giuridica.
Questa decisione del Tribunale dei Minorenni - e le stesse parole usate,
agghiaccianti quanto spudorate - è perfettamente coerente alle attuali politiche
in materia di immigrazione, andandosi a delineare l’esistenza di due distinte
giurisdizioni, una per i cittadini e l’altra per gli stranieri.
In un paese che sanziona la clandestinità come reato, l’intera vicenda di A.V. è
rappresentativa dell’accanimento giudiziario contro gli “stranieri” che
gravemente annichilisce i diritti umani, e della perdita di limiti etici e
giuridici oltre i quali le pulsioni più cupe, non incontrando più filtri di
alcun genere, si caricano di forza di legge e fondano decisioni giudiziarie.
Reggio. La piccola, martedì mattina, si è vestita ed è scappata di casa,
vagando tra i parcheggi dei controviali. Antonio De Barre, nomade sinti, l’ha
vista e l'ha accompagnata nella caserma della Polstrada di Marco Martignoni
REGGIO. Si è vestita, ha calzato un paio di stivaletti, ha aperto la
porta di casa ed è uscita. Da sola, ha affrontato i pericoli della
circonvallazione, attraversando viale Timavo. Sara (nome di fantasia per
proteggerla, ndr) ha due anni e mezzo e ieri mattina, poco dopo le 8 è sfuggita
al controllo dei genitori, vagando tra i parcheggi dei controviali, vicino
all’area sgambatura cani di fronte all’ufficio postale. Fino a quando, poco dopo
le 9.30, è stata notata da Antonio De Barre, nomade sinti, che stava lavorando,
per la cooperativa sociale l’Ovile, impegnato nella manutenzione delle aiuole
che delimitano le aree di parcheggio.
L’uomo, ha preso per mano la piccola, l’ha rincuorata coprendola con la sua
giacca, accompagnandola al più vicino posto di polizia: la caserma della
Polstrada di Reggio che si trova proprio in viale Timavo. Lì, l’ha «consegnata»
agli agenti che si sono immediatamente attivati per cercare di rintracciare i
genitori della bambina.
FRENETICHE INDAGINI. Dalla centrale della Polstrada si sono staccati due
ispettori che, dopo aver fotografato la piccola, hanno setacciato l’area tra
viale Timavo, viale Magenta e via Guasco. «Armati» di un palmare, i poliziotti
hanno bussato porta a porta, mostrando a residenti e commercianti il viso della
bambina con la speranza che qualcuno potesse riconoscerla indirizzando gli
agenti alla residenza dei genitori. I controlli sono proseguiti anche
all’Esselunga e nella farmacia dello stesso centro commerciale. Fino alla
svolta, intorno alle 10.30.
LA DENUNCIA. Il padre della piccola, si è presentato nella caserma della
Polstrada di Reggio: «Aiutatemi. Vorrei denunciare la scomparsa di mia figlia».
Quando gli agenti hanno sentito il racconto dell’uomo, lo hanno accompagnato
negli uffici del comando, dove, alcuni agenti stavano giocando con la bambina,
cercando di farle ritrovare il sorriso. A quel punto l’a bbraccio tra il padre e
la piccola e la successiva chiamata a De Barre per comunicargli che la bambina
che lui aveva salvato dalla strada, stava riabbracciando la famiglia.
LE INDAGINI. Per il padre della piccola, però, sono iniziati diversi
accertamenti. Secondo il racconto poi fornito dall’uomo agli investigatori, ieri
mattina poco prima delle 8, la moglie era uscita di casa per accompagnare gli
altri due figli a scuola. All’improvviso, la più piccola di casa, aveva deciso
di seguire la mamma e, sfruttando un momento di distrazione del padre, è uscita
di casa.
Un racconto che l’uomo ha poi ripetuto agli assistenti sociali del Comune,
immediatamente allertati dagli agenti della Polstrada che, nel frattempo, hanno
anche avvisato la procura del tribunale dei Minori di Bologna. Gli investigatori
ora stanno valutando tutti gli elementi raccolti e stanno vagliando attentamente
la posizione del padre della bambina che rischia una denuncia per omesso un
controllo. (02 dicembre 2009)
Ai nomadi che non hanno commesso reati verrà rilasciato un permesso di soggiorno
per motivi umanitari. Questo l’accordo raggiunto con il Prefetto di Roma,
Pecoraro alla vigilia dell’attuazione del piano nomadi del Comune di Roma.
I nomadi residenti nei campi della Capitale privi di permesso di soggiorno ma
senza precedenti penali, chiederanno alla Questura di Roma il rilascio di un
permesso di soggiorno per motivi umanitari. La valutazione del possesso dei
requisiti per il rilascio sarà valutata da una commissione governativa e chi non
ne avrà diritto sarà espulso. “Il documento umanitario”, spiega Najo Adzovic,
rappresentante del Casilino 900 “consentirà a quelle persone che mostrano
volontà di integrazione, di lavorare e mandare i figli a scuola, di
regolarizzare la loro posizione. Basta pensare che molti di questi sono in
Italia da oltre 30 anni”. Sono già cominciate presso l’ufficio immigrazione
della Questura di Roma le operazioni di fotosegnalamento dei primi Rom dell’ex
Jugoslavia del campo nomadi di via di Salone.
Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, come spiega Adzovic,
si è reso necessario soprattutto a seguito dell’ entrata in vigore della legge
sulla sicurezza che ha previsto il reato di ingresso e soggiorno illegale in
Italia. Le sanzioni penali – un’ammenda da 5mila a 10mila euro - sarebbero
dunque scattate per tutti i residenti del campo privi di permesso di soggiorno.
Accanto al permesso di soggiorno resterà comunque il Dast (Documento di
autorizzazione allo stanziamento temporaneo) presentato dal Campidoglio che
servirà per attestare la residenza di una persona in un determinato campo
nomadi.
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è regolato dall’articolo 5 comma 6
e dall’articolo19 comma 1 del Testo Unico Immigrazione che prevedono l’inespellibilità
se ricorrono seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi
internazionali che non consentono l’allontanamento dal territorio nazionale. Può
essere rilasciato dalla questura a seguito di acquisizione di documentazione
riguardante i motivi della richiesta relative ad oggettive e gravi situazioni
personali – art. 11 c. 1 lett. C)ter DPR 394/99.
Di Fabrizio (del 03/12/2009 @ 09:54:54, in Italia, visitato 1819 volte)
Cronaca della deportazione della comunità romena di via di Centocelle a
Roma, (11.11.09), raccontata attraverso le foto di Simona Granati e Stefano Montesi.
Di Fabrizio (del 04/12/2009 @ 09:00:13, in Italia, visitato 1902 volte)
dal 1 al 24 dicembre 2009 apertura straordinaria del laboratorio tutti i
giorni dalle ore 10 alle ore 18.30
nei giorni dal 5 all’8 dicembre assaggi di cucina bosniaca.
Vieni a trovarci per i tuoi regali solidali potrai scegliere tra gonne della tradizione
zingara, borse, sciarpe, vestitini da bambino, cappellini di lana, tovaglie,
set da tavola, asciugamani, canovacci, portamonete, portagioielli, collane,
pizzi, bigliettini d’auguri in stoffa … e tanti altri manufatti originali ed
unici per la casa e l’abbigliamento
Via dei Bruzi 11/C (zona San Lorenzo) - Roma -
Tel.3471580818
Venerdì 11 dicembre 2009 dalle ore 18.00 Presso: C.S. Casa Loca
Viale Sarca 183 Milano
Trio Mirkovic & Muzikanti di Balval presentano la
GRANDE FESTA BALCANICA
IV EDIZIONE
Ven11 dicembre 2009 alla CASALOCA
Dalle 18
Milano e razzismo: dalle politiche xenofobe alle alternative sul territorio
Incontro pubblico con la partecipazione di Alfredo Alietti (Università di
Ferrara) autore di "Società urbana e convivenza interetnica", le Maestre del
quartiere Lambrate/Rubattino e Omar Caniello di Radio Popolare
Dalle 20
Cena tradizionale balcanica a cura della Kafana Sevdah Marinkovic
Zuppa
Peperoni ripieni
Cevapcici, Insalata di cavolo, Pane fatto in casa
Dalle 22 fenomenale concerto
Muzikanti - Trio Mirkovic
& all the night… Jam session esplosiva
Per la cena si consiglia la prenotazione via mail:
festabalcanica@yahoo.com prezzi
popolarissimi (5euro l'ingresso+5 per la cena!)
Di Fabrizio (del 05/12/2009 @ 09:01:47, in Europa, visitato 1795 volte)
Ricevo da Roberto Malini
nell'immagine tratta da Wikipedia:
La Giralda di Siviglia. Attualmente campanile della Cattedrale, era in età
islamica il minareto della Grande Moschea
Milano, 2 dicembre 2009. Dall'Italia l'intolleranza si diffonde in Svizzera,
dove un referendum ha proibito la costruzione di nuovi minareti. E' stato
facile, per il Partito Popolare Svizzero (SVP), di estrema destra, ottenere il
57% dei voti. Nel clima di diffidenza e sospetto che caratterizza oggi la
Svizzera, come si poteva credere che il popolo decidesse di manifestare apertura
verso la fede islamica? Perché mai avrebbe dovuto farlo, visto che i media
descrivono tutti i musulmani come nemici della civiltà occidentale? A causa
delle politiche contro i Diritti Umani, l'Unione europea rischia una vera e
propria crisi della democrazia. La democrazia si fonda infatti sulle
Costituzioni e le carte che tutelano i diritti delle minoranze, visto che le
maggioranze hanno quale privilegio intangibile - nell'istituzione democratica -
il diritto di governare. Nel nostro continente è in vigore la Carta dei diritti
fondamentali nell'Unione europea (http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf).
La "volontà popolare", spesso manipolata attraverso i media e la propaganda, non
può e non deve sostituirsi ai Diritti Umani. In Italia movimenti
anti-immigrazione e anti-minoranze come la Lega Nord, Forza Nuova, i partiti di
estrema destra e, ormai, anche il Pdl chiedono ai cittadini: "Volete i Rom?",
"Volete i rifugiati?", "Volete gli stranieri poveri?", prospettando scenari
apocalittici o invasioni barbariche. I cittadini rispondono "no, non li
vogliamo" e le Istituzioni fanno leggi razziali. Con i referendum, si ottengono
gli stessi risultati. Ma tutto questo è illegittimo e antidemocratico, perché
viola i diritti delle minoranze, che non dovrebbero essere in discussione. Per
recuperare la democrazia, è necessario impedire la propaganda e i referendum
contro le minoranze. Altrimenti, sull'onda della "volontà popolare", presto i
comparti sociali più vulnerabili saranno privati dei più elementari diritti
della persona: "Volete le sinagoghe?", "Volete coppie omosessuali in giro per le
città?", "Volete che circolino pubblicazioni che presentano altre forme di
cultura, religione, civiltà?", "Volete che il denaro pubblico sia speso per dare
assistenza ai poveri?", "Volete che si diffondano modi di vivere alternativi a
materialismo e consumismo?". Un po' di propaganda e la risposta sarà sempre
"no". No alle diversità, che spaventano il "comune buon senso". Senza
l'inviolabilità dei Diritti Umani, vi sono le atrocità che si commettono da
sempre in nome del popolo, quello steso popolo che applaudiva l'Inquisitore
assistendo al tragico spettacolo dei roghi; quello steso popolo che acclamava
Hitler e i suoi volenterosi carnefici; quello stesso popolo che in tante
occasioni ha partecipato attivamente a pogrom e purghe etniche; quello stesso
popolo che. armato di badili, picconi e bastoni, massacrava il popolo ebraico
negli Stati Baltici, affiancando le sanguinose operazioni degli Einsatzgruppen.
Quello stesso popolo che oggi - nonostante gli insegnamenti che la Storia
recente cerca invano di trasmetterci - sorride agli sgherri e applaude il loro
operato quando sgomberano un insediamento Rom o arrestano qualche immigrato
scampato alle guerre o alle carestie nei Paesi poveri. Totale disumanità. Grado
zero della democrazia.
BERNA - Il Consiglio federale ha approvato il quarto rapporto
sull'applicazione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Esso
fornisce uno spaccato della politica linguistica della Svizzera con particolare
attenzione alla promozione dell'italiano e del romancio.
Il rapporto prende posizione sulle raccomandazioni del Consiglio d'Europa, che
chiedeva in particolare ai cantoni Ticino e Grigioni di promuovere
l'italiano e il romancio. Nel canton Grigioni l'introduzione del rumantsch
grischun nelle scuole è un progetto pilota ancora in fase di realizzazione. Per
quanto concerne la raccomandazione di utilizzare il romancio nelle sfere
pubbliche, Coira ha fatto sapere che la legge cantonale sulle lingue garantisce
l'uguaglianza delle tre lingue ufficiali del Cantone (italiano, tedesco e
romancio).
Il Consiglio d'Europa aveva raccomandato anche alla Svizzera di mantenere
vivo il dialogo con chi parla la lingua jenisch (il popolo Jenish rappresenta la
terza maggiore popolazione nomade europea, dopo i Rom e i Sinti). Berna risponde
di sostenere un progetto realizzato dagli jenisch stessi, che permette loro di
mantenere e promuovere la loro lingua e cultura.
La Svizzera ha approvato la ratifica della Carta europea delle lingue regionali
o minoritarie nel 1997. I paesi coinvolti sono tenuti a consegnare ogni tre anni
un rapporto. Le finalità essenziali della Carta sono: conservare e promuovere la
pluralità linguistica come uno degli elementi più preziosi della vita culturale
europea.
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