Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 30/11/2009 @ 10:21:13, in Regole, visitato 3931 volte)
di
Giancarlo Ranaldi - 27 novembre 2009
Ieri Angelica (vedi
QUI e
QUI ndr) ha compiuto 17 anni: gli ultimi due vissuti da detenuta nel
carcere minorile di Nisida.
Angelica viene da Bistrita-Nasaud in Transilvania (Romania Nord Occidentale).
Era arrivata in Italia da pochi mesi (presumibilmente inizi di aprile 2008) in
compagnia del giovane marito (21 anni) Emiliano, del fratello di lui con sua
moglie ed il loro figlio di otto anni. La figlia, Alessandra Emiliana (3 anni) è
rimasta, invece, con i nonni paterni in Romania. Non conoscevano nessuno.
Vivevano sopratutto di elemosina ma anche di piccoli furti.
Il 25 aprile del 2008, infatti, Angelica è sorpresa con un paio di orecchini,
probabilmente, rubati in una casa sempre a Ponticelli. Viene fermata e “messa”
in una casa famiglia dalla quale scappa subito dopo.
Pochi giorni dopo, il 10 maggio, l’accusa “infamante” di aver tentato di rubare
una neonata. Viene rinchiusa a Nisida.
In tutti e due i casi subisce due tentativi di linciaggio, “provvidenzialmente”
salvata dalla polizia. Nessuno dei suoi aggressori è stato mai identificato.
Il processo: tutto si basa sul racconto della Sig.ra Flora Martinelli. Nessuno
ha visto Angelica con la bambina in braccio se non la Martinelli. Oggettivamente
il racconto della mamma è poco verosimile. Non credo sia stata effettuata una
“perizia tecnica” sui luoghi: se fatto si sarebbe facilmente potuto verificare:
- per entrare in quella casa, senza essere vista, si sarebbero dovute verificare
tutta una serie di circostanze favorevoli: cancello d’ingresso al cortile
aperto, portone d’ingresso del fabbricato aperto, porta di casa con serratura di
sicurezza aperta;
- le distanze sono così minime che Angelica si doveva muovere al rallentatore
per poi ritrovarsi, immobile, sull’uscio della casa con la bambina in braccio
senza, tra l’altro, opporre alcuna reazione o minaccia alla mamma di lei;
- si è giudiziariamente accertato che era da sola e, quindi, se anche fosse
riuscita ad allontanarsi dall’abitazione dei Martinelli con la bambina in
braccio avrebbe dovuto percorrere a piedi circa 2 km per raggiungere il campo
più vicino rendendosi “invisibile” alla gente del quartiere.
L’accusa si fonda anche sulla testimonianza di un poliziotto al quale lei
avrebbe riferito che voleva prendere la bambina per venderla in Romania.
Probabilmente voleva solo dire che aveva una figlia in Romania e c’è, dall’altro
canto, una testimonianza della mediatrice culturale che accerta che all’epoca
dei fatti Angelica non era in grado di parlare e capire l’italiano, anche se
oggi dopo quasi due anni di detenzione riesce ad esprimersi molto bene.
Tutto si basa, quindi, sul racconto della mamma e non è stato tenuto in nessun
conto che la Martinelli ha precedenti giudiziari per “falso ideologico” ed anche
il padre di lei, Ciro Martinelli detto ‘O Cardinale, nel 1999 condannato a nove
mesi per associazione a delinquere. è un “collaboratore” del Clan Sarno, come
riferiscono Marco Imarisio del Corriere della Sera e Miguel Mora de El Pais.
Tutti sanno che i Rom a Ponticelli vivevano in un clima di sottomissione e
nessuno si sarebbe mai sognato di fare un’azione del genere in un quartiere
interamente gestito dalla camorra. E’ vero, invece, che i terreni dovevano
essere liberati al più presto, servivano per un piano urbanistico di recupero
(Ospedale, parco e centro commerciale a firma dell’Architetto Renzo Piano), con
un finanziamento pubblico di milioni di euro e proprio là dove era il campo
“bruciato” dai camorristi sull’onda dell’emozione popolare per il tentato
rapimento, si realizzerà un grandissimo centro commerciale o Città della Musica
(Palaponticelli).
Angelica giudiziariamente è una “minore non accompagnata”. Il legislatore
ritiene che un minore di età debba rimanere in Istituto il minor tempo
possibile, favorendo tutte le possibilità di reinserimento sociale, ed Angelica
è detenuta dal maggio 2008. Non le è stata mai concessa alcuna misura
alternativa la carcere. Diverse sono, quindi, le opportunità fra un minore a
rischio italiano ed un minore a rischio straniero, anche se in un primo momento
Angelica era stata affidata ad una casa famiglia ma, evidentemente, senza nessun
serio “progetto” di sostegno: semplicemente parcheggiata.
Non le è stata concessa “la messa alla prova”, un importante istituto
giudiziario che pone come alternativa al carcere un “percorso” di studio e
lavoro. Paradossalmente, infatti, è difficile trovare un giudice minorile che
disponga un simile “azione” se non in presenza dell’ammissione della colpa, ed
Angelica ha sempre detto e sostenuto con convinzione che quella bambina proprio
non la voleva “rubare”. Vale a dire che se uno si dichiara innocente non ha
possibilità di essere messo alla prova (ma questo vale per tutti).
Nonostante la sua condizione di minore non accompagnata in evidente difficoltà,
in un paese straniero non le è stata concessa alcuna attenuante anzi, per il
fatto che secondo l’accusa la mamma si trovava nell’altra stanza e la neonata
era quindi da sola, le è stata data l’aggravante della “minorata difesa della
persona offesa” che in verità viene riconosciuta soltanto in presenza di
particolari requisiti di tempo e spazio, come nel caso di un reato commesso di
notte e in un luogo isolato. Senza questa aggravante, probabilmente, sarebbe già
potuta uscire dal carcere.
Non le è stato possibile capire bene in quale situazione si trovava perché
nessun atto d’imputazione le è stato tradotto nella sua lingua ed, in ultimo,
non le è stato concesso il “patrocino gratuito” perché era impossibile stabilire
le sue condizioni “finanziarie” in Romania (ma anche questo pare un fatto comune
a tanti altri casi).
A dicembre il giudizio di Cassazione…
Da
Roma_Daily_News (leggi anche
QUI e
QUI)
The Montreal Gazette By Salam Faraj, Agence France-Presse
25 novembre 2009, AL-ZUHOOR, Iraq – Stretta tra una discarica ed il letto
prosciugato di un fiume, Al-Zuhoor non ha acqua corrente o elettricità e gli
zingari che lì vivono sono ai margini del nuovo, ultra conservatore Iraq.
Nei vicoli puzzolenti delimitati da casupole di mattone, senza porte o vetri
alle finestre, gli uomini vagano senza lavoro, una ragazzina gioca dondolandosi
ed una donna ritorna da un giorno di elemosine a Diwaniyah, 180 km. a sud di
Baghdad.
Da lontano, il fumo dell'immondizia annerisce il cielo e, quando gira il
vento, l'odore nauseabondo è dappertutto.
Prima del 2003, sotto il regime baatista di Saddam Hussein, la situazione era
migliore. Il pugno di ferro del dittatore non pesava sugli zingari.
Gli uomini erano cantanti o musicisti professionisti e le donne erano
invitate ai balli, ai matrimoni e alle feste in Iraq, dove erano migrati
dall'India secoli fa.
Con l'ascesa degli islamisti radicali nel 2004, sono stati marginalizzati,
attaccati e derubati dall'esercito del Mahdy, una milizia sciita leale a Moqtad al-Sadr,
e che vede gli zingari come moralmente ripugnanti.
Oggi, con il paese dilaniato dalla guerra soprattutto gestita dai capi
religiosi, una volta regolati dalla società più secolare che esisteva sotto
Saddam, la comunità rom si sente vittima di ostracismo.
Anche se sono musulmani, i "Kawliya" - come è conosciuta la comunità in Iraq
- sono visti come emarginati.
"Viviamo peggio dei cani," dice Ragnab Hannumi Allawi, che vive nel
villaggio; vestita di scuro, circondata da un gruppo di donne e seduta su di un
tappeto polveroso.
Ora rifiuta di andare a Diwaniyah, capitale della omonima provincia, a
cercare aiuto. "Le autorità dicono -voi non avete diritto a niente- e ci
cacciano via. Quando andiamo in città a comprare da mangiare, ce lo rifiutano."
L'unica cosa che queste donne possono fare per mendicare pochi dinari è di
coprire interamente la loro faccia per evitare di essere riconosciute.
"Partiamo alle 5.00 di mattina e torniamo verso le 3.00 del pomeriggio, per
due anni ci hanno chiuso tutte le porte in faccia e ci hanno lasciato ad
agonizzare," dice Lamia Hallub, con la faccia avvilita.
Invece gli uomini ricordano con nostalgia i matrimoni e gli eventi dove
suonavano e cantavano la notte per le famiglie ricche.
Prima del 2003 "potevamo lavorare nella musica e nei festival folk," dice Khalid Jassim,
con la testa adornata da una kefya bianca e rossa.
"Ma da allora, più niente. Perché? Perché le nostre tradizioni non si
accordano con i valori islamici," si lamenta il vecchio.
"Ci dicono che gli artisti non hanno posto in Iraq. L'arte è finita, ma quale
paese è senza artisti?" ci dice, con la voce che si fa più animata.
"Datemi un lavoro - militare, polizia, security o operaio."
A causa di attacchi regolari, la polizia ha installato dei controlli
all'ingresso del villaggio, ma nonostante ciò molti zingari continuano ad
andarsene.
"Nel villaggio, le infrastrutture sono state distrutte, incluse la rete
idrica e l'elettricità," spiega Abbas al-Sidi, membro della Commissione per i
Diritti Umani della provincia.
"Gli attacchi, la maggior parte di milizie armate, hanno obbligato le
famiglie a fuggire verso altre province. Il numero delle famiglie è sceso da 450
a 120. Sono rimaste le più povere."
Il numero dei Rom in Iraq, secondo i capi tribù, è stimato in 60.000.
Appaiono flebili le loro speranze di una vita migliore in un paese popolato da
30 milioni di persone.
"L'Islam li considera esseri devianti," dichiara Hafiz Mutashar, dignitario
religioso a Diwaniyah.
"Sono coinvolti nella prostituzione, che sotto l'Islam è proibita. E' normale
che la nostra comunità li consideri inferiori e insista nell'isolarli."
Di Fabrizio (del 29/11/2009 @ 09:48:00, in Italia, visitato 3128 volte)
Tre giornate di condivisioni tra i residenti del campo e tutta la
cittadinanza, concerti di gruppi musicali, una mostra fotografica e un mercatino
dove gustare i cibi della cultura rom e acquistare oggetti di artigianato.
Così il Casilino 900 si congeda da Roma, con una proposta avanzata dai
rappresentanti del campo durante l’incontro di presentazione del
Coordinamento rom di Roma.
Gli abitanti del Casilino, nell’invito alla festa, hanno ripercorso la storia
del campo ma soprattutto rivolgono le «scuse e il rammarico per fatti che
possono avere accresciuto la diffidenza, favorito la chiusura verso la cultura
rom e contribuito a creare quello stereotipo per cui rom è uguale a
delinquenza».
Così i nomadi che vivono nel campo la cui storia è iniziata negli anni Sessanta
invitano i cittadini del quartiere, il 15, il 16 e il 17 dicembre dalle 15 alle
23 perchè «sarà una gioia per noi condividere le iniziative, i traguardi, le
ansie e i progetti. Per arrivare insieme a capire che siamo davvero tutti figli
di uno stesso padre».
Segnalazione di Nadia Marino (Post indicato per una gustosa
domenica, anche se più che di cucina rom, si potrebbe parlare di cucina dell'est
Europa)
Unicoop Firenze I piatti tipici, le usanze. Chi sono e quanti sono in
Italia
Di Giulia Caruso
Frutto variegato di mille culture è la cucina del popolo nomade, risultato di
peregrinazioni secolari tra Oriente e Occidente. Ogni etnia romani ha
infatti un proprio patrimonio di ricette, mutuato dalle tradizioni culinarie dei
paesi attraversati, interpretate alla luce di un'antichissima arte di
arrangiarsi.
Il risultato è una cucina povera all'apparenza ma ricca di sapori. I dolma
e i sarma, ad esempio, sono i due piatti più popolari, comuni a molte
etnie. I dolma sono peperoni ripieni di riso, carne tritata e
pomodoro. Per la cottura vengono disposti verticalmente in una pentola chiusa,
con dell'acqua sul fondo. I sarma sono involtini di cavolo cappuccio,
preparati con lo stesso ripieno.
La pitta è un'altra golosità, diffusa tra i rom di molti paesi d'Europa.
Si tratta di una sfoglia di acqua e farina da cui vengono ricavati lunghi
cilindri, successivamente riempiti di bietola e ricotta o di carne, patate e
cipolle oppure di uova e ricotta, che vengono adagiati in una teglia da forno a
mo' di spirale e successivamente cotti in forno.
Il bosanskibonaz è invece uno spezzatino di carne con peperoni, verza,
patate, cavolfiore. Interessante l'abitudine di bollire sempre la carne prima di
utilizzarla nei soffritti o nelle zuppe. Ragioni igieniche di sicuro, ma anche
opportunità dietetiche: molto meglio i grassi vegetali di quelli animali.
La ricorrenza della Natività è occasione per gli zingari di mezza Europa di
grande convivialità: si fa il pane in casa e si preparano dolci da consumare
tutti insieme. Secondo tradizione è consuetudine cuocere allo spiedo una pecora
intera, dopo averla riempita di patate al rosmarino, spennellata di birra
durante la cottura, che generalmente avviene su un grande letto di braci
ardenti. La pecora così preparata fa parte anche del menu abituale dei banchetti
nuziali, altra grande tradizione rom.
Così come è consuetudine diffusa l'uccisione di un agnello in segno di
gratitudine e di buon augurio, ad esempio quando un bambino guarisce da una
malattia. In quest'occasione, genitori e parenti stretti del piccolo si toccano
la fronte con le dita intinte nel sangue dell'animale e distribuiscono a tutti
la carne cruda a pezzi, che ognuno provvederà a cuocere e consumare, in segno di
ringraziamento per il felice evento. La tradizione è di origine musulmana, ma è
diventata pratica comune a molti gruppi.
Un dolce antico, da consumare in occasioni di feste e matrimoni, è l'halvava,
simile alla nostra polenta, fatto con farina cotta nell'olio a cui si aggiunge
sciroppo di zucchero, frutta secca, pinoli.
Altro dolce abbastanza diffuso è il baklave, formato da una sorta di
lasagne di pasta sfoglia con uva passita, noci, pinoli, miele, aromatizzato con
rum e cotto in forno.
A tavola ci si siede all'orientale, con tutte le portate servite insieme sulla
tavola a cui ogni commensale attinge.
E' pratica diffusa concludere il pasto con grappa prodotta dalla distillazione
della frutta, soprattutto delle prugne.
La storia
Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità
estremamente eterogenea.
Si suddividono essenzialmente in 5 gruppi: rom, sinti, kalé (gitani della
penisola iberica), manouche (francesi) e romanichals (inglesi).
A questi gruppi principali si ricollegano i sottogruppi, affini e diversificati,
ognuno con proprie peculiarità ma con un'origine unica, l'India del Nord, e una
lingua comune, il romanès.
La popolazione romani, in Italia, rappresenta lo 0,16% circa dell'intera
popolazione nazionale. Secondo recenti stime sarebbero 130.000, tra sinti
e rom con i loro sottogruppi.
I sinti sono soprattutto presenti a nord, mentre nel resto d'Italia,
soprattutto al centro e al sud, sono presenti rom di antico insediamento
(XV secolo circa) a cui si sono aggiunti gruppi di recente e di recentissima
immigrazione, soprattutto dalla ex Jugoslavia e dalla Romania.
Circa il 75% è di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5%
raggruppa ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.
Di Fabrizio (del 28/11/2009 @ 09:49:25, in Europa, visitato 2113 volte)
Da
British_Roma
24 Dash.com Published by Jon Land
25/11/2009 - Oggi quindici bambini sono ritornati e sei persone sono state
rilasciate senza accuse, dalla polizia che investigava su un presunto traffico
infantile.
I giovani della comunità rom di Manchester erano stati presi in carico dopo
che la polizia li aveva trovati a tre diversi indirizzi all'inizio di questa
settimana.
Gli investigatori ritenevano che fossero obbligati a commettere piccoli
crimini, ma la polizia metropolitana di Manchester ha ora appurato che non
c'era alcuna evidenza di sfruttamento o criminalità.
La polizia ha eseguito gli accertamenti nell'area di Agnes Street a Gorton e
di Stockport Road a Longsight nelle prime ore di lunedì.
C'è una numerosa comunità rom nelle aree di Gorton e Longsight, che si stima
in 1.000 persone.
Un portavoce della polizia metropolitana di Manchester ha detto: "Due uomini
e quattro donne, di età compresa tra i 23 e i 32 anni, che erano stati arrestati
per il sospetto di traffico di persone, sono state tutte rilasciate senza
carichi pendenti."
"Pure i quindici bambini [...] che erano stati temporaneamente presi in
carico dai Servizi Infantili Comunali, sono ritornati alle loro famiglie."
Il soprintendente Paul Savill, che ha condotto l'operazione, ha detto:
"Avevamo il dovere di agire per il sospetto che i bambini che vivono nella
comunità rom potessero essere vittime di traffici nella cintura di Manchester.
Dovevamo verificare che non ci fossero problemi ed assicurarci che i bambini non
fossero sfruttati."
"Assieme al Consiglio Municipale abbiamo condotto le indagini e siamo
soddisfatti di non avere trovato prove di sfruttamento o criminalità, così
abbiamo rilasciato tutti gli arrestati, senza che vi sia alcun carico nei loro
confronti, ed i bambini sono stati riportati alle loro famiglie."
"Vorrei elogiare tutti quanti sono stati coinvolti per la loro cooperazione
offerta alla nostra indagine."
"Il nostro scopo primario è stato di salvaguardare il benessere di questi
bambini, ed abbiamo cercato di condurre le indagini nel modo più rapido
possibile, per minimizzare la disgregazione sia dei bambini, che dei loro
genitori e della comunità rom."
"Vorrei ancora sottolineare che questa operazione non intendeva stigmatizzare
i Rom insediati nella nostra comunità. Stiamo lavorando molto duramente, assieme
a tutti i nostri partner, per aiutarli ad inserirsi qui e continueremo a dar
loro tutto l'appoggio possibile per programmare una nuova vita a Manchester."
Di Fabrizio (del 28/11/2009 @ 09:44:42, in Italia, visitato 2257 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte
OstiaNews.com
Si avvia a conclusione la storia quarantennale del campo rom Casilino 900,
che dovrebbe essere sgomberato nel prossimo mese di gennaio, per «celebrarla»
gli abitanti dell’insediamento propongono una tre giorni di festa, dal 15 al 17
dicembre. La proposta è stata avanzata all’interno del tavolo che il sindaco
di Roma Gianni Alemanno sta tenendo in questo momento in Campidoglio con i
rappresentanti delle comunità Rom della capitale. La riunione sancisce anche la
nascita del ‘Coordinamento Rom di Romà, su proposta dell’associazione Nova Vita
di Najo Adzovic, portavoce proprio del Casilino 900. Fanno parte del
coordinamento i campi di via dei Gordiani, via di Salone, Ciampino, Casilino
900, Arco di Travertino, Pontina, Cesarina, Tenuta Piccirilli, via della Martora
e via Tor de Cenci.
Di Fabrizio (del 27/11/2009 @ 09:49:19, in Europa, visitato 2223 volte)
Da
Hungarian_Roma (con un
link per chi conosce un po' d'inglese)
TheBudapestTime.hu by Alice Müller
Sabato, 21 novembre 2009 - Un villaggio vicino al confine ungherese con una
popolazione di 200 abitanti e affetto da disoccupazione e povertà, si sta
preparando a diventare un'attrazione turistica. No, non si tratta di turismo del
disastro. Il villaggio spera di attrarre turisti con i suoi murales. Ispirati
alla rabbia.
"Due anni fa vidi in televisione la Guardia Ungherese marciare davanti al
palazzo di Sólyom. La totale ignoranza ed intolleranza di quella gente mi rese
così furioso che la rabbia mi portò a questo," dice Eszter Pásztor,
iniziatrice del progetto "Freszkófalu". Pásztor è arrivata all'idea di un
villaggio di affreschi per quello che aveva visto in villaggi egiziani che
vivevano di turismo. La possibilità che i turisti vengano a Bodvalenke non è per
niente irragionevole.
La rete di caverne Aggtelek è a meno di 20 km., e non lontano dal villaggio
c'è una strada gotica con un diverse chiese attrattive. Proprio ai margini del
villaggio inizia una palude con rari animali e specie di piante. Attualmente si
stanno completando i programmi per i percorsi turistici attraverso la Grande
Pianura.
Povertà zingara
"Quando arrivammo in questa -Ungheria da terzo mondo- e preparavamo da
mangiare nella cucina dell'ufficio, i bambini del villaggio si allineavano di
fronte alla nostra finestra per vederci mangiare. Comprendemmo che un gran
numero di bambini avevano fame, mentre gli altri erano gonfi, ma completamente
malnutriti," ricorda Pásztor. "Se vuoi davvero combattere la povertà, allora
devi attaccarla da tutti i fronti," aggiunge. Dei 200 residenti del villaggio,
il 58% sono Zingari, ma la percentuale schizza se si guarda la popolazione con
meno di 60 anni: i non-Rom sono solo l'8% della popolazione del villaggio sotto
i 60 anni.
Su tutta la popolazione del villaggio, ci sono due persone con lavori
regolari: uno nell'ufficio del governo locale e l'altro in una succursale di una
clinica. Due donne del villaggio impiegate in una fabbrica di vestiti, hanno
perso il loro lavoro quando la ditta si è spostata in Ucraina perché là ci sono
oneri salariali più bassi. E' davvero sorprendente che il reddito medio è di
soli 16.000 fiorini (59 €u.). Come risultato a malapena ci si può permettere
l'autobus verso il villaggio vicino.
Ottenere vantaggi
L'unico negozio del villaggio sfrutta la situazione vendendo al doppio del
prezzo normale.
Il fenomeno degli usurai è fin troppo facile da comprendere in un simile
retroscena. Non stupisce che non tutti non sono contenti del progetto, che
minaccia di portar via loro dei clienti.
Resistenze da superare
Ma ci sono anche altri ostacoli da superare. "All'inizio, nel marzo 2009, non
è stato facile. Non volevo e non potevo iniziare a cercare i finanziamenti prima
del beneplacito del villaggio. La reazione iniziale di molti residenti è stata:
"Non puoi dipingere la mia parete." "Poi, alcuni dell'assemblea del villaggio
hanno ricordato che c'era un tale János che aveva un cavallo ed un carro che si
potevano usare per trasportare i turisti, mentre una donna di nome Zsusza
avrebbe potuto cuocere il vakaró (focaccia tradizionale) per gli ospiti, ed il
resto è seguito a valanga."
Attualmente non ci sono infrastrutture per i turisti; ristoranti, ostelli e
campeggi esistono solo nell'immaginazione, perché non c'è mai stata l'esigenza
di migliorare le infrastrutture per i residenti. Diverse famiglie del villaggio
sono già state in grado di trasferirsi dalle case a rischio di crollo o senza
riscaldamento, in case ristrutturate nel centro del villaggio.
Già questa è stata una piccola rivoluzione sociale, dato che nel centro
villaggio vive la popolazione di etnia ungherese, che non voleva dei Rom in
questa parte "pulita". I ragazzi vengono a giocare e fare i compiti
nell'ufficio. Nel retro c'è persino un'azienda agricola per i bambini, dove
prendersi cura di conigli, lepri e due capre. La squadra di quattro operatori
sociali assieme a Pásztor assiste i residenti del villaggio nella nutrizione e
nelle visite ai pubblici uffici.
L'arte
Pareti dipinte dai 10 ai 25 metri decorano il villaggio.
La Fondazione Laboratorio Culturale Europeo ha finanziato i creatori di
questi lavori, tutti Rom, tramite una competizione nazionale. Perché non è stato
approcciato nessun artista ungherese? "Hanno avuto le possibilità di esibirsi.
Non si tratta di questo," dice asciutta Pásztor. Il progetto infatti significa
molto di più: è sulla cultura rom, spesso disprezzata in Ungheria e messa in
primo piano. Alcuni affreschi presentano leggende zingare, ma rimarranno un
mistero per molti visitatori se nessuno le spiegherà.
Così un tour dei dipinti apre un mondo unico di immaginazione, per esempio,
la credenza che originariamente i Rom volassero per aria come uccelli. Come
risultato di una ricca festa, le ali ali diventano braccia, e da allora in poi
hanno viaggiato a piedi. O che la luna ed il sole siano stati rubati da un
mostro e liberati da due suonatori di tromba:uno trasportò la luna diventando
sempre più pallido fino a divenire l'uomo nella luna, mentre l'altro che
trasportò il sole ne fu bruciato - diventando con la sua pelle scura l'antenato
degli zingari. Ma vengono rappresentati anche argomenti attuali: la striscia di
uccisioni di Rom l'anno scorso è il motivo di un affresco nel centro del
villaggio.
Ancora da fare
Camminare con Pásztor per Bodvalenke fornisce un'idea di che cosa si
prospetta avanti. La fontana della piazza del villaggio sarà adornata con un
drago che verrà dipinto una volta l'anno da residenti ed ospiti, in occasione
del festival di primavera. Pásztor spiega come un cortile semi abbandonato
diventerà un giardino con uno spazio per i falò. Un edificio in abbandono
diventerà un negozio di oggetti costruiti dagli abitanti, come cesti intessuti e
gioielli.
Tuttavia, ci sono ancora da sviluppare accordi di cooperazione con i villaggi
attorno, e con gli operatori turistici sulle possibili offerte. La speranza che
il villaggio possa reggersi sulle sue gambe è visibile sulle facce di molti dei
suoi abitanti.
Donazioni
European Workshop Cultural Society, 1121 Budapest,Konkoly- Thege M. út 50.
Registry number: 9511
Account number:
Unicredit Bank
10918001-00000046- 61280007
Di Fabrizio (del 27/11/2009 @ 09:39:02, in media, visitato 2044 volte)
Corriere.it Dal Sudafrica all’Italia di oggi, la paura del diverso genera
intolleranza di Gian Antonio Stella - 25 novembre 2009
«A l centro del mondo», dicono certi vecchi di Rialto, «ghe semo
noialtri: i venessiani de Venessia. Al de là del ponte de la Libertà, che porta
in terraferma, ghe xè i campagnoli, che i dise de esser venessiani e de parlar
venessian, ma no i xè venessiani: i xè campagnoli».
«Al de là dei campagnoli ghe xè i foresti: comaschi, bergamaschi,
canadesi, parigini, polacchi, inglesi, valdostani... Tuti foresti. Al de là
dell’Adriatico, sotto Trieste, ghe xè i sciavi: gli slavi. E i xingani: gli
zingari. Sotto el Po ghe xè i napo’etani. Più sotto ancora dei napo’etani ghe xè
i mori: neri, arabi, meticci... Tutti mori». Finché a Venezia, restituendo
la visita compiuta secoli prima da Marco Polo, hanno cominciato ad arrivare i
turisti orientali. Prima i giapponesi, poi i coreani e infine i cinesi. A quel
punto, i vecchi veneziani non sapevano più come chiamare questa nuova gente.
Finché hanno avuto l’illuminazione. E li hanno chiamati: «i sfogi». Le sogliole.
Per la faccia gialla e schiacciata.
Questa idea di essere al centro del mondo, in realtà, l’abbiamo dentro
tutti. Da sempre. Ed è in qualche modo alla base, quando viene stravolta e
forzata, di ogni teoria xenofoba. Tutti hanno teorizzato la loro centralità.
Tutti. A partire da quelli che per i veneziani vivono all’estrema
periferia del pianeta: i cinesi. I quali, al contrario, come dicono le parole
stesse «Impero di mezzo», sono assolutamente convinti, spiega l’etnografo russo
Mikhail Kryukov, da anni residente a Pechino e autore del saggio Le origini
delle idee razziste nell’antichità e nel Medioevo, non ancora tradotto in
Italia, che il loro mondo sia «al centro del Cielo e della Terra, dove le forze
cosmiche sono in piena armonia».
Č una fissazione, la pretesa di essere il cuore dell’«ecumene», cioè
della terra abitata. Gli ebrei si considerano «il popolo eletto», gli egiziani
sostengono che l’Egitto è «Um ad-Dunia» cioè «la madre del mondo», gli indiani
sono convinti che il cuore del pianeta sia il Gange, i musulmani che sia la Ka’ba
alla Mecca, gli africani occidentali che sia il Kilimangiaro. Ed è così da
sempre. I romani vedevano la loro grande capitale come caput mundi e gli antichi
greci immaginavano il mondo abitato come un cerchio al centro del quale, «a metà
strada tra il sorgere e il tramontare del sole», si trovava l’Ellade e al centro
dell’Ellade Delfi e al centro di Delfi la pietra dell’ omphalos , l’ombelico del
mondo.
Il guaio è quando questa prospettiva in qualche modo naturale si traduce
in una pretesa di egemonia. Di superiorità. Di eccellenza razziale. Quando
pretende di scegliersi i vicini. O di distribuire patenti di «purezza» etnica.
Mario Borghezio, ad esempio, ha detto al Parlamento europeo, dove è da anni la
punta di diamante della Lega Nord, di avere una spina nel cuore: «L’utopia di
Orania, il piccolo fazzoletto di terra prescelto da un pugno di afrikaner come
nuova patria indipendente dal Sudafrica multirazziale, ormai reso invivibile dal
razzismo e dalla criminalità dei neri, è un esempio straordinario di amore per
la libertà di preservazione dell’identità etnoculturale».
Anche in Europa, ha suggerito, «si potrebbe seguire l’esempio di questi
straordinari figli degli antichi coloni boeri e 'ricolonizzare' i nostri
territori ormai invasi da gente di tutte le provenienze, creando isole di
libertà e di civiltà con il ritorno integrale ai nostri usi e costumi e alle
nostre tradizioni, calpestati e cancellati dall’omologazione mondialista. Ho già
preso contatti con questi 'costruttori di libertà' perché il loro sogno di
libertà è certo nel cuore di molti, anche in Padania, che come me non si
rassegneranno a vivere nel clima alienante e degradato della società
multirazziale». La «società multirazziale»? Ma chi l’ha creata, in Sudafrica, la
«società multirazziale»? I neri che sono sopravvissuti alla decimazione dei
colonialisti bianchi e sono tornati da un paio di decenni a governare
(parzialmente) quelle che erano da migliaia di anni le loro terre? O i bianchi
arrivati nel 1652, cioè poco meno di due millenni più tardi rispetto allo
sfondamento nella Pianura Padana dei romani che quelli come Borghezio ritengono
ancora oggi degli intrusi colonizzatori, al punto che Umberto Bossi vorrebbe che
il «mondo celtico ricordasse con un cippo, a Capo Talamone » la battaglia che
«rese i padani schiavi dei romani»? Niente sintetizza meglio un punto: il
razzismo è una questione di prospettiva. (...) Non si capiscono i cori negli
stadi contro i giocatori neri, il dilagare di ostilità e disprezzo su Internet,
il risveglio del demone antisemita, le spedizioni squadristiche contro gli
omosessuali, i rimpianti di troppi politici per «i metodi di Hitler», le
avanzate in tutta Europa dei partiti xenofobi, le milizie in divisa paranazista,
i pestaggi di disabili, le rivolte veneziane contro gli «zingari» anche se sono
veneti da secoli e fanno di cognome Pavan, gli omicidi di clochard bruciati per
«ripulire» le città e gli inni immondi alla purezza del sangue, se non si parte
dall’idea che sta manifestandosi una cosa insieme nuovissima e vecchissima. Dove
l’urlo «Andate tutti a ’fanculo: negri, froci, zingari, giudei co!», come capita
di leggere sui muri delle città italiane e non solo, è lo spurgo di una società
in crisi. Che ha paura di tutto e nel calderone delle sue insicurezze mette
insieme tutto: la crisi economica, i marocchini, i licenziamenti, gli scippi, i
banchieri ebrei, i campi rom, gli stupri, le nuove povertà, i negri, i pidocchi
e la tubercolosi che «era sparita prima che arrivassero tutti quegli
extracomunitari ». Una società dove i più fragili, i più angosciati, e quelli
che spudoratamente cavalcano le paure dei più fragili e dei più angosciati,
sospirano sognando ognuno la propria Orania. Una meravigliosa Orania ungherese
fatta solo di ungheresi, una meravigliosa Orania slovacca fatta solo di
slovacchi, una meravigliosa Orania fiamminga fatta solo di fiamminghi, una
meravigliosa Orania padana fatta solo di padani.
Ma che cos’è, Orania? Č una specie di repubblichina privata fondata nel
1990, mentre Nelson Mandela usciva dalla galera in cui era stato cacciato oltre
un quarto di secolo prima, da un po’ di famiglie boere che non volevano saperne
di vivere nella società che si sarebbe affermata dopo la caduta dell’apartheid.
Niente più panchine nei parchi vietate ai neri, niente più cinema vietati ai
neri, niente più autobus vietati ai neri, niente più ascensori vietati ai neri e
così via. (...) «Il genocidio dei boeri»: titolano oggi molti siti olandesi
denunciando le aggressioni ai bianchi da parte di bande criminali di colore
gonfie di odio razziale che da Durban a Johannesburg sono responsabili dal 1994
al 2009, secondo il quotidiano «Reformatorisch Dagblad », di oltre tremila
omicidi. Il grande paradosso sudafricano, quello che mostra come la bestia
razzista possa presentarsi sotto mille forme, è qui. I boeri, protagonisti di
tante brutalità contro le popolazioni indigene e oggi vittime di troppe
vendette, sono gli stessi boeri che furono vittime del primo vero genocidio del
XX secolo. Perpetrato dagli inglesi che volevano liberarsi di quei bianchi
africani nati da un miscuglio di olandesi, francesi, tedeschi... (...) Č tutto,
la memoria: tutto. Č impossibile parlare del razzismo di oggi se non si ricorda
il razzismo di ieri. Sull’uno e sull’altro fronte. Non puoi raccontare gli
assalti ai campi rom se non ricordi secoli di pogrom, massacri ed editti da
Genova allo Jutland, dove l’11 novembre 1835 organizzarono addirittura, come si
trattasse di fagiani, una grande caccia al gitano. Caccia che, come scrivono
Donald Kenrick e Grattan Puxon ne Il destino degli zingari, «fruttò
complessivamente un 'carniere' di oltre duecentosessanta uomini, donne e
bambini». Non puoi raccontare della ripresa di un crescente odio antiebraico,
spesso mascherato da critica al governo israeliano (critica, questa sì,
legittima) senza ricordare quanto disse Primo Levi in una lontana intervista al
«Manifesto»: «L’antisemitismo è un Proteo». Può assumere come Proteo una forma o
un’altra, ma alla fine si ripresenta. E va riconosciuto sotto le sue nuove
spoglie. Così com’è impossibile capire il razzismo se non si ricorda che ci sono
tanti razzismi. Anche tra bianchi e bianchi, tra neri e neri, tra gialli e
gialli...
Di Sucar Drom (del 26/11/2009 @ 09:19:26, in blog, visitato 2234 volte)
Venezia, la Lega Nord mostra il suo vero volto razzista
La Lega Nord svela la sua posizione, dopo la decisione del Comune di Venezia,
supportato dai giudizi di merito della Magistratura, di andare avanti sulla
questione del villaggio a favore delle famiglie sinte veneziane. Mandare via i
Sinti e fare di quelle casette residenze per anziani e...
Bolzano, il confronto dopo lo spostamento della famiglia Gabrielli
E' proseguito oggi in municipio a Bolzano il confronto sullo spostamento della
famiglia sinta Gabrielli dal quartiere Firmian nell'area di proprietà comunale
in via Lungo Isarco sinistro...
Verona, le motivazione della condanna definitiva inflitta a Flavio Tosi e agli
altri imputati
In questi giorni sono state depositate le motivazioni della sentenza di condanna
definitiva per il sindaco di Verona, Flavio Tosi e per: il deputato Matteo
Bragantini, il vice presidente della Provincia Luca Coletto, la sorella del
sindaco Barbara Tos...
Italia: continua la pulizia etnica contro i Rom
Dopo Cosenza, Roma, le violenze di Alba Adriatica ieri è stata la volta di
Milano, dove circa 200 persone di etnia romanì, tra le quali almeno 70 bambini,
e con passaporti principalmente rumeni sono stati sgomberati dal campo di via
Rubattino, nell’area ex-Enel alla periferia est...
Milano, i temi dei compagni di classe: "Dovrebbero aiutarli a restare"
«Roberta abitava in una baracca in un campo insieme ad altri rom e alla sua
famiglia. Era sempre presente in classe e io ero felicissima. Ma oggi non è
venuta e io ho pensato: "Sarà malata?"». Finito il tema, le maestre
dell´elementare di via Pini ...
Milano, sgombero senza umanità
Giovedì mattina i bambini della scuola elementare Elsa Morante di via Pini a
Milano non hanno trovato sui banchi i loro compagni rom. Senza alcun preavviso e
senza ascoltare le richieste di genitori, insegnanti, associazioni, il Comune ha
sgomberato il campo rom che sorgeva nell'ex area Enel di via Rubattino e che
ospita...
Stiamo ripiombando nell’incubo
Lo sgombero, in spregio alle leggi vigenti, delle famiglie rom che vivevano
nell'ex area Enel di via Rubattino, ha inaugurato una nuova stagione a Milano:
quella del numero chiuso per Rom e Sinti. Dopo la politica degli
“alleggerimenti” si passa alla politica della “pulizia etni...
Musica e romanipé
L'attività musicale è un fenomeno complesso che è mediato dagli atteggiamenti e
dai costumi culturali appresi. I Rom scelgono la musica, anzichè altri mezzi
d'espressione, perché offre loro un'intensità emozionale e una libertà di azione
che non ri...
Milano, i Rom si rifugiano in chiesa dopo lo sgombero di via Rubattino
Due sgomberi in tre giorni. Prima dal campo abusivo di via Rubattino, poi -
all'alba - dal sottopasso dove avevano passato la notte. Ecco come un centinaio
di nomadi romeni - tra loro almeno quaranta bambini - sono arrivati, ieri
mattina, ad occupare una chiesa, la parrocchia di Sant´Ign...
Nola (NA), sgomberate nel cuore della notte cinquanta persone
Ieri alle prime luci dell’alba un’operazione congiunta dei Carabinieri della
compagnia di Nola, dei vigili urbani di Cicciano e il Comando di Polizia di
Cicciano ha sgomberato di circa 50 immigrati, Rom rumeni, in un fabbric...
Roma, il "piano nomadi" tra sgomberi e nuovi ghetti
Casilino 900, La Martora e Tor de’ Cenci. Attorno alla chiusura di questi tre
campi rom alle periferie est e ovest della capitale si gioca la partita del
“Piano nomadi” del commissario straordinario, il pre...
Milano, i Rom di via Rubattino abbandonati al loro destino
“Sono esseri umani e come tali devono essere trattati. Come si può abbandonare
delle mamme con dei bambini per strada?” A porre questa spinosa domanda è don
Piero Cecchi, responsabile della parrocchia di San Giovanni Crisostomo di via
Cambini a Milano, che ha preso in carico una delle famiglie rom sgomberate
giove...
Mantova, RintracciArti: Blog In-Forma
Siete tutti invitati all’evento Blog In-Forma, che si terrà presso la Libreria
Feltrinelli (corso Umberto I), lunedì 30 novembre 2009, alle ore 18.00.
All’evento i curatori di tre importanti spazi web...
Pesaro, EveryOne deposita atto di denuncia in Procura della Repubblica contro
politiche dell'Amministrazione comunale
Questa mattina l’organizzazione per i diritti umani Gruppo EveryOne ha
depositato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro un atto
di denuncia riguardo alla tragica situazione socio...
Roma, no alla manifestazione di Forza Nuova
La Federazione Rom e Sinti Insieme chiede alla Prefettura di Roma di non
autorizzare la manifestazione indetta dalla formazione politica Forza Nuova per
venerdì 27 novembre 2009, contro la politica del Comune di Roma nei confronti
delle famigl...
Di Fabrizio (del 26/11/2009 @ 09:02:17, in Italia, visitato 2381 volte)
DUE GIORNI di proiezioni, incontri ed eventi sulla condizione dei
giovani rom e sinti in Italia
Un'occasione per incontrare e conoscere, fuori da pregiudizi ideologici e
stereotipi mediatici, l'universo Rom, ricco di contraddizioni,
apparentemente chiuso e anacronistico, ma spesso protagonista di un'integrazione
possibile e praticabile, portata avanti con passione proprio dalle generazioni
più giovani.
ROM CITTA' APERTA E' UN EVENTO ORGANIZZATO DA SOTTODICIOTTO FILMFESTIVAL
E DAL CENTRO NAZIONALE DI DOCUMENTAZIONE E ANALISI PER L'INFANZIA E
L'ADOLESCENZA
gli appuntamenti:
MERCOLEDĚ 2 DICEMBRE
Cinema Massimo 3
ore 16.00
Carmen Meets Borat di Mercedes Stalenhoef - Olanda, 2009, Betacam
SP, 85'
Quando la troupe che sta girando Borat giunge a Glod, in Romania, il Paese
collabora entusiasta alle riprese pur senza conoscere il contenuto del film
interpretato da Sacha Baron Cohen. Una volta scoperto che nella fiction Glod è
diventato un villaggio kazako pieno di criminali e prostitute, gli abitanti
insorgono e fanno causa alla produzione. Sarà un modo per coronare i loro sogni
di ricchezza?
v.o. / sottotitoli italiani
ore 17.40
O Topanki - About the Shoes di Rozálie Kohoutová - Repubblica
Ceca, 2007, Betacam SP, 14'
Una piccola scuola materna in un villaggio Rom della Slovacchia: le maestre
tentano di sopperire in qualche modo allo stato di indigenza della popolazione,
che spesso non manda i figli a scuola per i problemi più banali, compresa
l'assenza di scarpe. Il film con pochi ma precisi cenni pone scottanti domande
sul senso delle parole "aiuto" e "educazione".
v.o. / sottotitoli italiani
La bougie n'est pas faite de cire mais de Flammes di Marion Gervais
-Francia, 2008, Betacam SP, 22'
La piccola Cassandra, di origini rom, si barcamena come può: spensierata in
classe, non può esserlo quando torna tra le "quattro mura di casa", ovvero
quelle dell'abitacolo di un'auto dove dorme con la famiglia. Per uscire da
questa situazione media tra i servizi sociali che cercano di trovare una
soluzione abitativa e i genitori che non conoscono il francese e temono di
essere espulsi.
v.o. / sottotitoli italiani
ore 18.15 ROM città aperta
Tavola rotonda. L'INTEGRAZIONE POSSIBILE?
Un'occasione di incontro per interrogarsi, al di là delle contingenze della
cronaca e della tenacia degli stereotipi, sulla condizione dei giovani Rom in
Italia e sulle esperienze di possibile convivenza e integrazione che – nel
silenzio generale – vengono realizzate nel nostro Paese. Un modo per
"rappresentare" con le parole oltre che con le immagini una comunità
sorprendentemente multiforme, lontana dall'immagine approssimativa solitamente
restituita dai media. Ad aiutarci nella riflessione, professionisti che operano
nel campo dell'associazionismo, rappresentanti di enti pubblici promotori di
politiche per l'integrazione, membri attivi della comunità Rom, magistrati
minorili. Durante la tavola rotonda verranno proiettate alcune sequenze-video,
tra cui brani tratti dalla puntata di Presadiretta Caccia agli zingari di
Riccardo Iacona, gentilmente concessi dalla redazione del programma Rai.
Ospiti:
Piercarlo Pazè - magistrato, direttore della rivista «Minori giustizia»
Giorgio Bezzecchi - esperto in processi di mediazione culturale, Associazione
Romano Drom Onlus
Ilda Curti - Assessore alle Politiche per l'integrazione - Città di Torino
Massimo Conte - ricercatore, Agenzia di ricerca sociale Codici
Anna Maria Colella - direttrice dell'Agenzia regionale per le adozioni
internazionali - Regione Piemonte
Carla Bonino - dirigente del settore Integrazione Educativa della Città di
Torino
Maurizio Pagani - Opera Nomadi Milano
Conduce l'incontro: Gabriela Jacomella - giornalista de Il Corriere
della Sera
ore 20.30
EVENTI:
IO, LA MIA FAMIGLIA ROM E WOODY ALLEN
Un dialogo inedito tra passato e futuro, "vecchio" e "nuovo", muto e sonoro,
stereotipo e autobiografia, nella serata dedicata alla giovane cineasta Rom,
Laura Halilovic. Dai due cortometraggi di David W. Griffith ispirati a secolari
luoghi comuni sui Rom, uno musicato dal vivo da Bruskoi Triu, gruppo di musica
gitana, l'altro da Stefano Maccagno, pianista e compositore, agli ultimi lavori
di Laura Halilovic dedicati ai sogni, alle speranze e agli interrogativi della
sua generazione, dall'intervento in video di Moni Ovadia fino al dialogo a due
voci tra la stessa Halilovic e Costanza Quatriglio, regista da sempre attenta al
mondo giovanile, si cercherà di fare incontrare universi ed esperienze spesso
troppo lontani per conoscersi davvero.
The Adventures of Dollie di D.W. Griffith -USA 1908, 16mm, 12'
In una soleggiata giornata estiva, i genitori portano la piccola Dollie a fare
una passeggiata nei pressi di un fiume. La loro quiete è interrotta dall'arrivo
di uno zingaro che vende ceste. Il rom, approfittando di una distrazione dei
genitori, rapisce la bimba, portandola al suo accampamento. Dalla ricerca della
piccola e dalla fuga del rapitore ne nasce un'incredibile avventura. A lieto
fine?
Il mio sogno di Laura Halilovic -Italia 2009, DVD, 7'
Un gruppo di ragazzi rom, tra i 15 e i 18 anni, impegnati in diversi percorsi di
studio, raccontano che cosa vorrebbero fare "da grandi". Il sogno delle carriere
più ambite – stilisti, modelli, architetti, attori – si confronta con la
consapevolezza dei pregiudizi diffusi e con la contrarietà dei genitori verso
scelte che li possano allontanare dalla comunità d'origine. Il corto,
appositamente realizzato per il Festival, è in prima visione assoluta.
The Lonely Villa di David W. Griffith con David Miles, Marion
Leonard, Mary Pickford, Gladys Egan, Adele DeGarde - USA 1909, 16mm, 8'
Un gruppo di malviventi fa irruzione nella casa di un gentiluomo e minaccia
l'incolumità di moglie e delle tre figlie barricate in una delle stanze della
casa. Quando il gentiluomo telefona alla famiglia e scopre il pericolo ingaggia
una disperata corsa contro il tempo per salvare i suoi familiari, aiutato da un
gruppo di zingari.
Io, la mia famiglia rom e Woody Allen di Laura Halilovic -Italia 2009,
Betacam SP, 50'
La storia di una ragazza rom che abita con i suoi in un quartiere popolare alla
periferia di Torino. Il racconto
in prima persona esplora i cambiamenti e le difficoltà della nuova vita
stanziale affrontando i contrasti e le
incomprensioni che fin da bambina la accompagnano nelle relazioni con i Gagè,
tutti quelli che non sono
rom. Attraverso i ricordi dei suoi familiari, tra cui l'anziana nonna che ancora
vive in un campo, le fotografie e
i filmati del padre che documenta la vita quotidiana della piccola comunità,
Halilovic ci conduce dentro una
realtà che va oltre qualsiasi stereotipo o semplificazione.
Saluti: Teresa Angela Migliasso - Assessore al Welfare e al Lavoro - Regione
Piemonte
Ospite: Laura Halilovic
Con la partecipazione di: Costanza Quatriglio
Intervento video di: Moni Ovadia
Conduce l'incontro: Gabriela Jacomella - giornalista de «Il Corriere della Sera»
Accompagnamento musicale dei corti di Griffith a cura di: Bruskoi Triu (Marco
Ghezzo, Manuela Almonte,
Florin Tanase) e Stefano Maccagno
GIOVEDI' 3 DICEMBRE
Cinema Massimo 3
ore 16.15 ROM città aperta
Swing di Toni Gatlif,
con Oscar Copp, Lou Rech, Tchavolo Schmitt, Mandino Reinhardt
Francia 2002, 35mm, 90'
Max, dieci anni, si appassiona al jazz manouche, portato alla ribalta dal
musicista gitano Django Reinhardt.
In vacanza in Francia presso la nonna, il ragazzino si reca in un quartiere
abitato da una comunità Rom per
comprare una chitarra: qui conosce Swing, una coetanea della quale si innamora,
e Miraldo, un chitarrista che
gli insegnerà a suonare e a comprendere appieno la cultura manouche. Un romanzo
d'amore e formazione, di
gioia e libertà.
Presenta il film: Laura Halilovic
ore 18.00
Citizen Manouche di Thomas Chansou, con Gary Chauquet, Sebastien Bellonie,
Wesley Bellonie -Francia
2005, Betacam SP, 52'
Un road movie che porta dalla città di Meymac, in Corrèze, fino in Piemonte tre
giovani cugini manouche.
Lo scopo del loro viaggio è ritrovare la comunità Sinti da cui provengono e
conoscerne la storia. Un viaggio
iniziatico, soprattutto per l'incontro con altri viaggiatori nelle varie tappe
del lungo cammino fino al confine
italiano.
v.o. / sottotitoli italiani
ore 19.00
Presentazione del libro Non chiamarmi zingaro di Pino Petruzzelli -Chiarelettere,
2008
Regista teatrale e direttore del Centro Teatro Ipotesi di Genova, Petruzzelli
racconta gli zingari dando loro la
parola, trascorrendoci insieme diversi mesi e andandoli a trovare nelle
periferie delle nostre città. Il suo libro-reportage raccoglie storie sorprendenti e inaspettate, così come racconti di
vita dura e sofferta, da cui è stata
tratta recentemente "un'orazione civile", dal titolo omonimo, che verrà portata
in scena nei prossimi mesi in
molti teatri italiani.
Ospite: Pino Petruzzelli - regista, attore e scrittore
Conduce: Marco Dalla Gassa - co-curatore del programma
Gipsy Summer di Kristina Nikolova - Bulgaria 2006, Betacam SP, 13'
Durante il periodo estivo, una famiglia di bulgari Rom vive in un campo non
lontano dalla spiaggia di
una località del Mar Nero, dove lavora da venticinque anni raccogliendo
l'immondizia lasciata dai turisti.
Documentario su una forma alternativa di lavoro stagionale che usa un registro
partecipe e leggero per
raccontare uno spaccato di quotidianità poco conosciuto.
v.o. / sottotitoli italiani
VENERDI' 4 DICEMBRE
Cinema Massimo 2
ore 10.00 ROM città aperta
Io, la mia famiglia rom e Woody Allen di Laura Halilovic -Italia 2009,
Betacam SP, 50'
Una riflessione sull'(auto)rappresentazione della comunità rom nel cinema
rivolta ad alcune scolaresche torinesi. La giovane regista Laura Halilovic
presenterà il suo documentario autobiografico, una riflessione consapevole,
autoironica ma al tempo stesso commossa sulle proprie origini familiari ed
etniche, sulla propria comunità e sul grado di integrazione che la nostra
società offre a coloro che, a tutti gli effetti, sono suoi cittadini.
proiezione per le Scuole Secondarie di II grado
Ospite: Laura Halilovic
Conduce l'incontro: Marco Dalla Gassa (consulente del Centro nazionale di
documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza)
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