Le organizzazioni gitane che durante gli ultimi giorni si sono preoccupate di
conoscere la situazione dei gitani attorno a
Castellar, che si son visti obbligati ad abbandonare le loro case davanti al
timore di essere aggrediti violentemente dagli altri vicini non gitani della
località, vogliono manifestare quanto segue:
Primo. Dobbiamo fare un appello a tutti, gitani, "gadches" (non
gitani), autorità, giornalisti e cittadini in generale per analizzare i fatti
con sufficiente obiettività al fine di evitare che la situazione si radicalizzi
rendendo sempre più difficile il ritorno alla normalità democratica. Normalità
che deve manifestarsi nel mutuo rispetto, che sempre c'è stato nell'immensa
memoria dei popoli d'Andalusia dove vivono i gitani, inclusi i nostri fratelli
di Castellar.
Secondo. Anche se sembra inutile, dobbiamo insistere perché non si
debba cadere in accuse assurde, inappropriate e false, come dire che tutti i "gadches"
sarebbero razzisti, o che tutti i gitani siano delinquenti. Quello che pare sì
evidente è che a Castellar ci sono stati comportamenti razzisti da parte di
alcuni cittadini del posto e che alcuni gitani sono intervenuti in un confronto
per strada tra giovani, atti che entrambe vanno condannati.
Terzo: Tanto la violenza razzista che i comportamenti incivili o
delittuosi sono croste che qualsiasi società democratica deve sradicare;
noi, gitani e gitane del secolo XXI, diciamo che questi fatti devono essere
denunciati davanti ai giudici perché sia la giustizia, non gli individui, ad
appurare le responsabilità, castigare esemplarmente i colpevoli e difenda con
fermezza le vittime di qualsiasi aggressione.
Quarto. Da qui vogliamo e dobbiamo manifestare il nostro appoggio alle
autorità locali e provinciali di Castellar e di Jaén. Il dialogo con queste, non
sempre facile, è stato possibile per il mutuo rispetto ed il desiderio che tutti
condividiamo di porre fine il prima possibile alla situazione che Castellar vive
e continua a vivere. Il Consiglio Cittadino, la Sottodelegazione e Delegazione
del Governo hanno ascoltato le nostre ragioni ed assieme siamo arrivati ad
accordi precisi che possono essere la soluzione definitiva al conflitto in atto.
Quinto. A noi, gitani e gitane preoccupati per la situazione di
evidente povertà e marginalizzazione in cui vivono i gitani di Castellar,
interessa porre in risalto che gli assi del nostro intervento davanti alle
autorità di Jaén, siano stati i seguenti:
Si deve garantire la protezione e la sicurezza delle famiglie gitane di
Castellar. Queste persone sono terrorizzata. Non possono esercitare con
libertà i loro diritti fondamentali come cittadini, per paura di essere
aggrediti. I bambini, specialmente, devono essere protetti perché possano
andare a scuola senza paura.
La situazione di estrema povertà dei gitani di Castellar esige
un'attenzione urgente da parte delle autorità. Garantire loro il diritto
alla sussistenza e stabilire un piano di aiuto alle famiglie, personalizzato
per ognuna a livello delle loro necessità, è un'azione che si deve
realizzare senza alcun ritardo.
Il Consiglio Comunale e la Giunta Andalusa da parte loro devono
includere queste famiglie nei piani di promozione sociale e sviluppo
personale da loro stabiliti. Solo un'azione decisa in questa materia può
essere la garanzia che in un futuro prossimo spariscano le differenze che
ancora oggi esistono nella nostra terra, dove c'è chi ha tutto mentre altri
scarseggiano dell'indispensabile per vivere.
Nel contempo abbiamo manifestato il nostro desiderio che venga
costituita una commissione che segua puntualmente gli accordi presi, e
vigili, tanto con le autorità che con le associazioni gitane presenti in
questo dialogo, quando una delle parti non tenga fede ai compromessi
adottati.
Sesto. Vogliamo manifestare che da parte delle autorità che assieme a
noi han partecipato a questo dialogo, abbiamo incontrato la miglior volontà di
dare risposta alle nostre petizioni. Lo puntualizziamo perché giusto.
Settimo. Per finire, vogliamo manifestare che avendo presentato varie
denuncie alla Guardia Civil, che avranno il loro logico proseguimento davanti
agli organi giudiziari pertinenti, noi, facendo valere i nostri diritti
costituzionali, saremo part in causa nelle denuncie che riterrà la Corte, perché
venga fatta giustizia e venga punito chi abbia violato il diritto di qualsiasi
cittadino a vivere in pace, con la garanzia che la sua persona ed i suoi beni
non siano violati o distrutti.
Il Comune di Pisa, fino a pochi mesi fa all’avanguardia nelle politiche
di accoglienza e di inserimento sociale dei migranti, si adegua al clima diffuso
in tutto il paese. E, in consiglio comunale, centro-destra e centro-sinistra
votano insieme una mozione sulla «sicurezza». Ecco come gli amministratori
comunali stanno cercando di smantellare un’esperienza avanzata. E come sta
reagendo la città.
Mentre in Italia si moltiplicavano le violenze a sfondo razziale – non
ultima, quella di Ponticelli, dove un intero «campo nomadi» veniva dato alle
fiamme – e mentre si sviluppava la moda delle «ordinanze creative», Pisa seguiva
percorsi diversi. Nella città della Torre Pendente i «campi nomadi» venivano
chiusi non dagli sgomberi, ma da un
progetto di inserimento abitativo: i Rom ottenevano una casa, e venivano
assistiti nella ricerca di un impiego. Molte famiglie hanno trovato lavoro, e
hanno cominciato a pagare da sole l’affitto: diventando non un costo, ma una
risorsa. In un clima nazionale di intolleranza, qui si introduceva il diritto di
voto amministrativo per gli stranieri, e si lavorava per agevolare le pratiche
dei permessi di soggiorno.
Oggi, è bene saperlo, l’«anomalia pisana» non esiste più.
La nuova amministrazione di centro-sinistra, insediata nella scorsa
primavera, sta cancellando le precedenti politiche.
«Via i Rom e i mendicanti dal centro storico»: la «svolta» è cominciata con
questo slogan. Per tutta l’Estate, abbiamo assistito al proliferare di
dichiarazioni su una (inesistente) emergenza criminalità, sul pericolo dei campi
«abusivi», sulla lotta ai venditori ambulanti stranieri.
Ma è solo nelle ultime settimane che si è passati alle vie di fatto. Il
programma «Città Sottili» (quello finalizzato all’inserimento abitativo dei Rom)
è stato stravolto: in nome della «legalità» si è proceduto agli sgomberi dei
campi.
Si sono cacciate dalle loro case interi nuclei familiari, con il pretesto che i
capifamiglia erano coinvolti in una rissa: non si è aspettata la sentenza
del giudice, gli sfratti sono stati emanati sulla base di segnalazioni di
polizia, e in mezzo ad una strada sono finiti i bambini e le donne.
Oggi, questa escalation arriva al culmine. In consiglio comunale,
centro-destra e centro-sinistra hanno votato una mozione in cui si elogia il
«pacchetto sicurezza» di Berlusconi, si annuncia la militarizzazione della
Polizia Municipale, si invocano provvedimenti restrittivi contro i «campi
nomadi», i venditori ambulanti stranieri, e persino contro gli studenti, «rei»
di girare per la strada ad ore notturne…
Il «caso Pisa» non è, però, materia soltanto locale: è messa in discussione
una delle poche esperienze in controtendenza rispetto alle politiche nazionali.
Perciò chiediamo a tutti di non lasciarci soli.
PRAGA - Una corte d'appello ha deciso mercoledì che un ospedale ceco non deve
pagare nessuna compensazione ad una donna zingara
sterilizzata 11 anni fa senza il suo consenso.
La Lega per i Diritti Umani ha criticato aspramente questo giudizio e ha
detto che intende appellarsi alla Corte Suprema. Il giudizio è visto come
importante perché ha rovesciato il precedente giudizio del tribunale che
garantiva alla donna una compensazione dall'ospedale per una simile operazione.
Il gruppo sui diritti umani ritiene che centinaia di donne di questa
minoranza di circa 250.000 persone, sia stata sterilizzata contro il proprio
volere, una pratica che risale al periodo comunista e terminata solo di recente,
secondo un rapporto investigativo dell'ombudsman Otakar Motejl, a fine 2005.
Sotto il comunismo, che nella Repubblica Ceca terminò nel 1989, la
sterilizzazione era una pratica semi-ufficiale per limitare la popolazione
zingara, o Rom come preferiscono essere chiamati, le cui grandi famiglie erano
viste come un peso per lo stato.
Nella decisione di mercoledì, la corte d'appello ha rigettato quella di un
altro tribunale secondo cui l'ospedale doveva pagare 500.000 koruna ($26,330;
20,460 €uro) a Iveta Cervenakova per averla sterilizzata illegalmente senza il
suo consenso nel 1997, ha detto Petr Angyalossy, portavoce del tribunale di
Olomouc, 250 km ad est di Praga.
Ha detto che la corte ha deciso che l'ospedale nella città nord orientale di
Ostrava non doveva pagare alcuna compensazione alla Cervenakova, 32 anni, perché
il caso aveva si riferiva a più di tre anni fa.
Angyalossy ha poi detto che l'ospedale doveva soltanto scusarsi con
Cervenakova.
Un altro tribunale aveva deciso il 12 ottobre 2007 che l'ospedale doveva
pagare un compenso e scusarsi con Cervenakova per aver violato i suoi diritti
con la sterilizzazione.
Cervenakova aveva compilato la citazione in giudizio nel 2005. Era stata
sterilizzata dopo aver dato alla nascita la sua seconda figlia con parto
cesareo.
Diverse donne rom ceche avevano richiesto i danni agli ospedali per le
sterilizzazioni illegali, ma Cervenakova fu la prima ad ottenerla in tribunale.
L'avvocato David Zahumensky della Lega per i Diritti Umani, che si è consultato
con i legali di Cervenakova, ha detto che la cliente ricorrerà in appello alla
Corte Suprema, perché il limite dei tre anni non si può applicare a questo caso.
Di Fabrizio (del 11/11/2008 @ 09:00:49, in Italia, visitato 1830 volte)
Ricevo da RETE MIGRANTI MILANO
Nessuno escluso! Milano città per tutti
Milano è la città in cui viviamo, lavoriamo o studiamo, qualcuno da sempre,
altri da tempi più recenti.
E' una città ricca di storia e di cultura, fiorente di attività e piena di
opportunità. E’ una città al passo con i tempi, in cui si possono ottenere
ottime cure sanitarie e scegliere i migliori istituti educativi. Milano è
una bella città, ma per pochi... meglio se in salute e con un cospicuo conto in
banca.
Per il resto della popolazione, la grossa fetta dei non privilegiati a cui gli
immigrati appartengono di diritto, il presente è faticoso, precario, ed il
futuro sempre più chiuso.
In questa città è facile soccombere all'onda mediatica diffamatoria nei
confronti del diverso, dell’indifeso, del “senza diritto” perché senza documenti
(o viceversa). Non lo è altrettanto riconoscere la ricchezza e il contributo che
gli immigrati danno ovunque. Più di altri dovrebbero saperlo i milanesi che oggi
si avvalgono, sempre di più, delle prestazioni lavorative e delle qualità umane
della popolazione immigrata (contributo al PIL lombardo dei lavoratori stranieri
10,7% - dati Ismu, osservatorio regionale, rapporto regionale
sull’immigrazione 04/2008).
E' sufficiente immaginare un solo giorno senza migranti a Milano per avere la
percezione dell'ampiezza del fenomeno immigrazione e per rendersi conto della
paralisi che ne scaturirebbe.
C'è un profondo divario tra questa visione del migrante come elemento
imprescindibile per lo sviluppo dell'economia e della vita cittadina, e
dell'immigrato come reietto, ultimo nella scala sociale di una città che con gli
“ultimi” sa essere spietata. Senza renderci conto che “ultimi” sempre più
velocemente, stiamo per diventarlo tutti.
Le retate sui mezzi pubblici, le ronde notturne, l'espulsione dagli alloggi, le
campagne contro le moschee, gli sgomberi violenti, la schedatura etnica di Rom e
Sinti, l'esercito nelle strade, la reclusione nei Cpt (Cie), la
criminalizzazione degli irregolari, i pestaggi, sono modalità che non si
addicono a chi proclama di avere a cuore la sicurezza della comunità.
Coloro che amano davvero questa città sentono l’urgenza e la necessità di
costruire un’alternativa a una Milano per pochi e lottano perché il diritto alla
salute, all'educazione, alla casa, al lavoro, a un reddito dignitoso, siano
diritti di tutti e vengano applicati senza discriminazione.
La Rete Migranti Milano riunisce diverse associazioni di migranti, forze
sociali, politiche e sindacali che, superando i particolarismi, lavorano insieme
a partire dal rifiuto di questo modello di città.
La campagna aspira a mettere in moto azioni permanenti che puntino a ricostruire
il tessuto sociale cittadino, nel tentativo di aprire il futuro e costruire un
nuovo modello di città solidale.
Nessuno escluso!
Milano città per tutti
E’ una campagna di denuncia, controinformazione e sensibilizzazione che sveli
l’inganno mediatico e persecutorio nei confronti dell'immigrato, capro
espiatorio e diversivo perché i cittadini non si occupino della drammatica
situazione sociale ed esistenziale in cui si trovano.
Che parte dai quartieri per costruire una rete solidale tra persone,
associazioni, comunità di stranieri affinché nessuno debba più sentirsi solo di
fronte a questa nuova violenta ondata di intolleranza.
Che propone un dialogo tra le differenti culture presenti in una città già
multietnica, affinché si chiudano le porte al razzismo e alla xenofobia.
Un’azione antirazzista permanente, nonviolenta e quotidiana, perché non è con la
violenza,il controllo e la repressione, che questa città diverrà più sicura.
L'attore-autore ha lavorato 5 anni al libro 'Non chiamarmi zingaro'. Indagine
e incontro con un mondo tenuto ai margini. Al Ducale il 13 novembre - di
Laura
Santini GENOVA, 08 NOVEMBRE 2008
"Ho cercato un po' nelle librerie, poi trovando poco o niente ho deciso di
mettermi in viaggio", spiega Pino Petruzzelli, attore e drammaturgo ma
anche direttore artistico del Centro Teatro Ipotesi, raccontando di un
pellegrinaggio non solo verso l'Est europeo ma anche in Svizzera e Francia
per capire e far capire chi sono quelli che noi chiamiamo zingari, ma che più
correttamente si dovrebbero indicare come
Rom e Sinti,
popoli nomadi secolarmente vittime di persecuzioni: "per capire una realtà
che mi sembra sconosciuta o meglio disconosciuta".
Del libro che ne è emerso, Non chiamarmi zingaro, uscito a giugno
per la casa editrice Chiarelettere, si parlerà giovedì 13 novembre
in un incontro a Palazzo Ducale (Sala del Minor Consiglio, ore 17), dove
interverranno Luca Borzani, la comunità di Sant'Egidio (che organizza
l'appuntamento) e alcuni Rom e Sinti. Quindi anche loro prenderanno la
parola? "Non credo - continua Petruzzelli - preferiscono non parlare
per paura di essere messi in mezzo". Una paura che si rivolge all'interno
verso altri della loro comunità o all'esterno verso la società? "L'esterno
ovviamente, anche perché basta dire di essere zingari che tutti i rapporti di
lavoro o di altro tipo cadono e rientrano nell'ambito del sospetto. Per molti di
loro, già inseriti nella società - che studiano, lavorano, hanno una casa in
affitto - sarebbe gravissimo esporsi, proprio perché inseriti benissimo tra noi
senza aver rivelato le loro origini. E spesso i più integrati sono quelli più
legati alle loro tradizioni e che parlano meglio la loro lingua, il romanes o
romané - con radici sanscrite e trasversale a Rom e Sinti".
Pino Petruzzelli si dice di parte, dichiaratamente di parte: "felice di
esserlo e di restarlo", ma dalle sue parole emerge soprattutto l'incredulità, la
sorpresa non certo verso quello che ha scoperto e capito ma verso quello che
molti di noi ancora non si domandano e non comprendono. Chi sono e come
vivono? Qui e altrove? "I campi nomadi sono una realtà tutta italiana,
'soluzione' drammatica e inaccettabile che colloca queste comunità ai margini
della città e della società magari vicino a discariche o in roulotte desuete e
strasfruttate eredità del terremoto in Irpinia, altro che antiquariato. Fa
eccezione l'Abruzzo dove vivono con/dentro la società, mescolati agli altri
in abitazioni normali". Anche qui la storia era partita dai campi nomadi, scelti
solo come soluzione temporanea e poi abbandonati per dare a queste persone la
possibilità di vivere in vere e proprie case i cosiddetti "campi verticali, non
baracche, ma edifici, come accade per altro in tutta Europa".
Possiamo una volta per tutte affrontare la storia che circola di bocca in bocca
da tempi immemori ("le comunità Rom e Sinti sono in Italia dal 1400") secondo la
quale loro vivono nei campi nomadi per scelta perché non vogliono integrarsi,
perché nella loro cultura il lavoro non è un valore, anzi lo sarebbe il suo
contrario, e che non sono puliti e che rubano i bambini, e che e che... Puoi
finalmente dirci perché più che una storiella è una bugia dalla gambe lunghe che
fa passi grandi per nutrire a piene mani l'incalzante e comoda ignoranza, ma che
non si può, come sempre, fare di tutta l'erba un solo fascio?
"Tendiamo a vedere solo quelli che stanno per strada, ma Rom e Sinti,
come dicevo, in altri stati europei e anche in Abruzzo, convivono nella
società e tra loro ci sono laureati e gente che lavora come noi in vari ambiti.
Persino a Genova c'è un ragazzo che installa sistemi di sicurezza nelle banche.
Sì, un Rom che mette in sicurezza i nostri soldi, da non credere eppure è
vero e per anni ha lavorato tornando poi la sera al campo nomadi, appunto".
Parlando di cultura e tradizioni, Petruzzelli spiega alcune differenze
importanti su cui nessuno mai o troppo pochi troppo raramente si sono
soffermati. "L'eredità che per noi è un fatto naturale, cioè quando i
nostri cari muoiono lasciano a figli e congiunti i loro averi; per loro è una
pratica inconcepibile, perché hanno una visione molto diversa di ciò che
è puro e di ciò che è impuro. Trarre profitto è impuro e quindi tutti i beni
vanno seppelliti con chi muore. La droga è qualcosa di impuro e non va
neanche toccata, tantomeno consumata. È ovvio poi che, essendo in contatto con
la nostra società, in alcuni campi nomadi il fenomeno droga ha creato disastri
come per esempio a Firenze". E qui Petruzzelli apre un'ampia parentesi
ricordando che i campi nomadi italiani nascono come 'soluzione' temporanea e di
emergenza, pensati per un numero specifico di famiglie e per un arco di tempo
definito. "Ma poi restano in piedi per 20 anni o più e delle dieci famiglie
originali ce ne vivono 60 perché nel frattempo i giovani si sono sposati e
hanno fatti figli, insomma le comunità sono cresciute, ma lo spazio è diventato
totalmente inadeguato (vedi legge regionale ligure per cui il campo di Bolzaneto
dovrebbe garantire 100mq a famiglia". I lavori principali per tradizione sono
quelli che ci immaginiamo legati all'artigianato - ovviamente poco
praticabili nel nostro contemporaneo - all'allevamento di cavalli, alle
attività circensi, alle giostre "e non è facile per molti riciclarsi".
E a proposito degli zingari che rubano i bambini? "Ti ringrazio per
questa domanda, perché proprio uno studio dell'Università di Verona ha
verificato che negli ultimi vent'anni non un solo Rom o Sinto, facendo
un'indagine in tutte le procure d'Italia, è stato condannato per questo reato.
Voglio invece ricordare che in Svizzera (fino al '72) si rapivano i bimbi Rom e
Sinti per strapparli alla loro cultura in un progetto di azzeramento di quelle
culture con danni gravissimi sui bambini e le famiglie ovviamente".
A proposito delle donne e della loro emancipazione, mi sa che occorre
fare un passo indietro, o no? "Certo, c'è un maschilismo molto forte,
però anche in questo caso bisogna approfondire. Perché se superficialmente
all'interno della famiglia la donna serve a tavola, è anche vero che ha un forte
ruolo di leader interno ed esterno per cui l'uomo esegue quello che lei ha
deciso. E poi la portavoce italiana è una donna Sinta. Mentre se passiamo al
matrimonio, è l'amore a vincere: se due ragazzini consenzienti scappano
insieme, sta poi al Kris - tribunale degli anziani - far smuovere le
famiglie che magari avevano combinato diversamente, per organizzare subito il
matrimonio nel nome appunto dell'amore".
Dillo come sai
Intanto il lavoro di Pino Petruzzelli è tornato a rivolgersi al teatro,
dove però ha fatto tesoro dell'esperienza recente e ha costruito il progetto Dillo come sai (in collaborazione con la comunità di Sant'Egidio, il
consorzio Agorà e il supporto dell'assessore regionale Massimiliano Costa) un
corso di formazione professionale per Rom e Sinti genovesi per formare
una compagnia teatrale in tutte le sue componenti: attori/trici, cantanti,
ma anche ufficio stampa, organizzazione. «Non vuole essere una ghettizzazione,
ma dargli l'opportunità di creare in autonomia una compagnia e partire quindi
con un rapporto di parità: pari mezzi, pari accesso». Sono nove in tutto le
persone selezionate, di età molto diverse dai 15 ai 42 anni, uomini e donne
avvisati tramite volantini e manifesti nei campi nomadi. C'è Marianna,
virtuosa di fisarmonica, lo stesso maestro Gianluca Campi è rimasto colpito dal
talento; Jan, anche lui alla fisarmonica; Carlotta e Sergio che
recitano e fanno danza, seguita anche da Isetta e Ismeta; poi
Ismet segue il corso da organizzatore teatrale. E il Teatro Stabile e
l'Archivolto hanno regalato a tutta la compagnia l'ingresso ai teatri per
tutta la stagione, in serate a loro scelta.
Giovedì 20 novembre 2008 - Ore 10.00 Provincia di Viterbo
Palazzo Gentili - Sala Conferenze
Via Aurelio Saffi, 49 Viterbo (VT) www.24marzo.it
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Principi Fondamentali - Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
RAZZA = RAZZISMO Riflessioni a settant’anni dalle leggi razziali
Daniela Santucci, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità "La biologia delle razze animali"
Marcello Gentili, avvocato penalista "La legislazione razzista italiana del 1938"
Vera Vigevani Jarach, scrittrice e Madre di Piazza di Maggio "La via dell'emigrazione degli ebrei in Argentina"
Giulia Spizzichino, della Comunità ebraica di Roma "La vita nel ghetto di Roma: dalle persecuzioni, alle deportazioni, alle Fosse
Ardeatine"
Giorgio Bezzecchi, Presidente Vicario Nazionale dell'Opera Nomadi "Le persecuzioni dei zingari italiani: dalle schedature ad Auschwitz"
Maurizio Pagani, Presidente della Opera Nomadi di Milano "Le politiche pubbliche verso le minoranze zingare"
L' associazione culturale Thèm Romanò organizza, nell'ambito della stagione
teatrale 2008-2009 del Comune di Lanciano, in collaborazione con l'
Istituzione Deputazione Teatrale a partire dalle ore 21.30 di sabato 15
novembre a Lanciano presso il Teatro Fedele Fenaroli la quindicesima edizione
del...
Uno dei ragazzini aveva subito un furto in casa e ha dato la colpa ai
circensi
I luoghi comuni, gli stereotipi sono difficili da cambiare. Un ragazzino di 16
anni giorni fa aveva subito un furto in casa. Con un’ardita associazione mentale
ha pensato immediatamente agli zingari. E quando ha visto il cartello
pubblicitario di un circo ha dato subito la colpa a loro. E, insieme ad un
amico, ha subito escogitato una vendetta: lanciare una molotov contro il
tendone.
E’ questa l’assurda motivazione data per “giustificare” una cosa tanto grave.
Poteva essere una strage, ma per fortuna non è andata così. Dopo la paura, i
lavoratori del circo parlano tranquillamente con i cronisti. «Non abbiamo avuto
problemi con nessuno, la gente del posto ci saluta con cordialità, i nostri
bambini da una settimana frequentano le scuole della città. Non è la prima volta
che veniamo a Sarzana è una città accogliente dove ci siamo sempre trovati bene
- racconta una giovane donna con l’aria spaventata che ben interpreta lo stato
d’animo dei circensi che poi continua - Questa bravata poteva costare davvero
cara: se la bomba fosse stata lanciata di notte avremo potuto bruciare tutti
quanti, insieme ai nostri bambini».
«Il nostro è un circo grande, una cittadella recintata - dice Francesca Karoli,
contitolare del circo - Quel gesto poteva distruggere le nostre vite, il nostro
lavoro di anni di sudore. Giriamo l’Italia da anni e anche i paesi vicini, non
ci è mai accaduta una cosa tanto grave. Siamo sconvolti!». Dopo il lancio delle
molotov nel recinto dei cavalli tra la gente del circo Karoli si respira un’aria
di paura. L’ ordigno è stato gettato poco prima dello spettacolo pomeridiano che
ospitava un gran numero di bambini e le loro famiglie. Solo per un caso la bomba
non è esplosa: nella stalla, poco distante il tendone già gremito di persone, si
trovavano una trentina di cavalli ed è facile immaginare che se i quadrupedi si
fossero spaventati per lo scoppio dell’ordigno, all’interno dell’area del circo
sarebbe stato il caos.
I responsabili del gravissimo gesto, sono due ragazzini di 16 anni uno residente
a Sarzana e l’altro a Vezzano. Entrambi sono subito stati individuati dai
carabinieri che li hanno fermati e denunciati al Tribunale dei minori di Genova.
La cronaca della terribile giornata ha avuto inizio poco prima delle ore 17,
quando i due con gli scooter, si erano fermati in via Silea, proprio dietro il
grosso parcheggio della variante Aurelia (ex “area Gerardo”) dove in questi
giorni fa tappa il circo Karoli. Uno dei due, acceso l’innesco di una bottiglia
incendiaria, l’ha lanciata nell’area delle scuderie, dove si trovavano una
trentina di cavalli.
Poi sono fuggiti a tutta velocità. L’azione però è stata vista da un testimone
che è riuscito ad annotare – seppur in maniera parziale e confusa entrambe le
targhe. Per un caso fortuito la bottiglia, rimbalzata sul tetto della stalla e
caduta sul cortile, proprio in mezzo ai cavalli, non s’è rotta e quindi la
benzina contenuta non è esplosa.
Uno degli stallieri, vista la fiammata, è subito accorso e ha prontamente spento
l’ordigno. Immediata la chiamata al 112. Diramate le ricerche, i due ciclomotori
sono stati presto trovati. Infatti, due mezzi corrispondenti alla descrizione e
con le targhe compatibili a quelle parziali riportate dal testimone, erano
parcheggiati, col motore ancora caldo, uno a fianco all’altro nel parcheggio di
Porta Romana. I giovani proprietari erano poco distante, come nulla fosse, a
chiacchierare con alcuni amici presso il monumento di piazza Garibaldi, in pieno
centro a Sarzana.
Accompagnati in caserma, i ragazzini hanno subito confessato, permettendo anche
di ritrovare il panno usato per l’innesco e l’accendino che, insieme alla
bottiglia e ai due motorini, sono stati sequestrati. In caserma sono arrivati
anche i genitori dei giovani: non volevano credere a quello che avevano fatto i
loro figli. I due sedicenni sono accusati di fabbricazione, detenzione e porto
materiale esplosivo e tentato incendio doloso.
Di Fabrizio (del 10/11/2008 @ 11:08:54, in Italia, visitato 1769 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Il Coordinamento Rom (ACLI; Arci; Associazione Liberi; Associazione Nocetum; Associazione Oltre il Campo; Aven Amenza; Caritas Ambrosiana; CGIL
Milano; Comitato per le libertà e i diritti sociali; Comitato Rom e Sinti
Insieme; Comunità S.Egidio; Fondazione Casa della Carità; Gruppo Abele; Naga;
Opera Nomadi; Padri Somaschi) organizza un
Incontro con le associazioni e con gli operatori del diritto su: Combattere la discriminazione strutturale contro i ROM: cause
strategiche e ruolo della società civile
con
Lilla Farkas Avvocato esperto in tutela dei diritti umani,
Componente del Network of Independent Experts in the Non-discrimination Field
della Commissione Europea e dell’ Hungarian Equal Treatment Authority
e
Mariana Berbec Rostas Associate Legal Officer for Legal Capacity
Development Program, Legal Aid and Community Empowerment Clinics della Open
Society Justice Initiative
Camera del Lavoro di Milano
corso di Porta Vittoria 43
Sala De Carlini 12 novembre 2008 Ore 19.30
L’incontro sarà l’occasione per riprendere la discussione sulla
costituzione a Milano di un Osservatorio sui diritti fondamentali, sui possano
aderire operatori del diritto, docenti ed esperti che intendono far valere gli
strumenti legali di lotta alla xenofobia, al razzismo e alle discriminazioni e
di tutela dei diritti fondamentali.
L'idea "buona" di
schedare i Senza Dimora l'aveva già avuta Alemanno ad
agosto. Adesso rispunta dal cappello della Lega insieme a un'impressionante
cocktail di porcherie e ieri sera è stata inserita nel "pacchetto
sicurezza", in votazione martedì. Questo il testo dell'emendamento:
Dopo il comma 3 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228 è
aggiunto il seguente:
"3-bis. 1. E' comunque istituito presso il
Ministero dell'interno un apposito registro delle persone che non hanno
fissa dimora. 2. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottarsi nel
termine di 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sono
stabilite le modalità di funzionamento del registro di cui al comma 1
attraverso l'utilizzo del sistema INA-SAIA.".
Il vizietto di schedare le persone anziché occuparsi dei loro problemi resta. Il
problema in questione è la residenza. La mancanza di residenza
anagrafica impedisce ai senza dimora di accedere ai propri diritti, perché li
rende invisibili rispetto alla burocrazia. In molti comuni si è provveduto, in
molti altri no: se si vuole fare qualcosa si parta da questo.
La sicurezza è prima di tutto un diritto delle persone più fragili. Spero che
qualcuno se lo ricordi, prima o poi.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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