Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 14/11/2008 @ 14:38:39, in Italia, visitato 1906 volte)
Ricevo da Roberto Malini
12 novembre 2008 Comunicato stampa: FIRENZE, ROM BRUTALMENTE PICCHIATA AL
MERCATO DI SANT'AMBROGIO DA UNA COMMERCIANTE. PARTE DENUNCIA
GRUPPO EVERYONE E L'AURORA ONLUS: "E' CLIMA DI ODIO RAZZIALE E IMPUNITA VIOLENZA
CONTRO ROM, MIGRANTI E SENZATETTO"
E' accaduto lunedì 10 novembre 2008 al mercato di Sant'Ambrogio a Firenze:
Aurica C., rom romena di 34 anni, è stata selvaggiamente picchiata intorno alle
9 del mattino da una commerciante del mercato, fiorentina, che vende abiti
usati. La donna rom, in compagnia di un'altra ragazza, chiedeva come tutte le
mattine da oltre nove anni l'elemosina ai passanti e agli avventori del mercato
quando è stata invitata ad avvicinarsi dalla donna. "Pensavo volesse darmi dei
vestiti, o qualche spicciolo" ha raccontato all'associazione L'Aurora onlus e al
Gruppo EveryOne la donna aggredita, che ha costante necessità di accompagnamento
per una grave forma di depressione e continui disturbi da attacchi di panico.
"Invece ha iniziato a urlare che sabato scorso, sempre al mercato, avevo rubato
un braccialetto da un banco con la mia accompagnatrice. Io ho spiegato che un
commerciante, che mi conosce da anni, mi aveva regalato della bigiotteria, ma
che mai e poi mai rubato qualcosa. Al mercato ci passo tutti i giorni, mi
conoscono tutti e una volta ho anche riportato un portafoglio trovato per terra
al forno del mercato, affinché i legittimi proprietari lo riprendessero".
Versione, questa, che è stata confermata ai rappresentanti delle due
associazioni da molti commercianti del mercato. "Uno di loro" dichiarano
Stefania Micol, presidente dell'associazione L'Aurora, e Matteo Pegoraro,
co-presidente del Gruppo EveryOne "ci ha anche rilasciato una testimonianza
scritta, dove conferma di aver regalato della bigiotteria alle due donne rom".
Dalle accuse, la commerciante sarebbe passata alle offese verbali, e subito dopo
avrebbe iniziato a strattonare Aurica e l'accompagnatrice, graffiata a uno
zigomo. Dopo di che, come riferisce il referto medico rilasciato dal Pronto
Soccorso dell'ospedale di Santa Maria Nuova, Aurica è stata presa a calci e
gomitate, e, spintonata, è caduta e ha continuato a ricevere calci alla gamba
sinistra. A quel punto, è stata colta da un attacco di panico. "Ho preso una
pasticca di Xanax per calmarmi, come mi hanno prescritto i medici, non riuscivo
a respirare ma la commerciante continuava a calciare e a insultarmi" ha
proseguito la rom. La prognosi dell'ospedale è per il momento di 5 giorni, per
"addome dolorabile diffusamente alla palpitazione e lieve trauma contusivo
dell'addome da aggressione a mani nude". La ragazza, affiancata dall'assistenza
delle due associazioni, proseguirà con una denuncia.
"Ciò che è accaduto" commentano i leader del Gruppo EveryOne e la presidente
dell'associazione L'Aurora "è sintomo del clima di odio razziale e di impunita
violenza contro rom, migranti e senzatetto che è sempre più grave in Italia".
"Le segnalazioni di abusi si susseguono ormai quasi quotidianamente. Qualche
giorno fa abbiamo condotto in ospedale un giovane Rom romeno, pieno di
contusioni" continua EveryOne. "Ha dichiarato di aver subito un pestaggio a
Cesena, da parte di uomini in divisa. Abbiamo trasmesso referti medici e una
sconvolgente videotestimonianza alla Commissione europea. A Rimini un senzatetto
italiano è stato cosparso di benzina e dato alle fiamme da ignoti. E' in
gravissime condizioni. Abbiamo segnalato più volte il clima di intolleranza che
esiste proprio a Rimini" proseguono gli attivisti "e che ha già scatenato
episodi di violenza e di ingiustizia sociale, ma il nostro allarme è stato
sottovalutato dalle Istituzioni. Il fenomeno della discriminazione e della
violenza contro le minoranze è fuori controllo e il Governo non dimostra certo
una volontà di attuare piani di inclusione sociale. Forse il buon esempio
dovrebbe arrivare dalle amministrazioni di sinistra, che invece gareggiano con
la controparte politica nell'inventare forme di persecuzione sempre più crudeli.
"Ci auguriamo" concludono EveryOne e L'Aurora "di notare, in seguito a
quest'ennesima, sconcertante denuncia, un ‘sussulto' antirazzista, seguito da un
concreto impegno per arginare la discriminazione e la violenza contro le
minoranze".
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
L'Aurora onlus
Tel: (+ 39) 055 2347593 - (+ 39) 339 8210866
Di Fabrizio (del 14/11/2008 @ 09:34:17, in Europa, visitato 1738 volte)
Segnalato da
Eugenio Viceconte
Da
Virgilio notizie
Inneggiano al fascismo e contengono messaggi razzisti
Bruxelles, 11 nov. (Apcom) - Il capogruppo del Pse al Parlamento europeo,
Martin Schulz, ha lanciato una campagna per l'espulsione dal sito di 'networking
sociale' Facebook di sette gruppi neo-fascisti italiani, sostenendo che
contengono messaggi "ripugnanti" contro i rom. "Mi appello a Facebook affinché
li rimuova immediatamente", dichiara in un comunicato Schulz, appoggiato dal
capodelegazione italiano al Pse Gianni Pittella.
"E' vergognoso che nel giorno in cui l'Europa ricorda i caduti in guerra
Facebook aiuti coloro che vogliono riportarci indietro a quell'epoca oscura",
continua Schulz, ricordando che la Giornata dell'Armistizio oggi celebra il
90esimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale.
"E' una giornata vergognosa per Facebook. Spero che tutti si uniscano a me e
Martin su Facebook per esprimere la loro rabbia per quanto sta succedendo",
aggiunge Pittella.
Nel comunicato del Pse vengono citati in particolare i gruppi "Bruciamoli tutti"
(15 membri), "Rendiamo utili gli zingari: trasformiamoli in benzina verde" (279
membri) e "Diamo un lavoro gli zingari: collaudatori di camere a gas" (649
membri), tutti gestiti da italiani.
Di Fabrizio (del 14/11/2008 @ 09:32:59, in Italia, visitato 1521 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Assistiamo, in Europa e in particolare in Italia, al dilagare di politiche
razziste e securitarie: dalla legge Bossi-Fini ai "pacchetti sicurezza" fino
alle ordinanze di troppe amministrazioni locali. Tutto ciò è amplificato da
un'informazione distorta e manipolata, che diffonde nell'immaginario collettivo
la paura del diverso.
E diciamo no a tutti i razzismi.
Per questo, invitiamo le comunità straniere, le associazioni, il movimento
dell'università e della scuola, le organizzazioni sindacali e politiche, la
cittadinanza ad una grande Manifestazione
Sabato 22 Novembre a Pisa
Concentramento ore 16 P.za S.Antonio
- Per una regolarizzazione dei cittadini stranieri
- Contro l'idea della creazione di classi separate per gli alunni
stranieri
- Contro le discriminazioni verso Rom e Sinti (come per le impronte
ai bambini)
- Perché a Pisa non si approvino le ordinanze di sgombero e "antiborsoni"
- Per i diritti e la dignità dei venditori ambulanti stranieri
- Nessun CPT in Toscana!
Ogni diritto in meno per i cittadini e i lavoratori migranti è un diritto in
meno per i cittadini e lavoratori italiani. Primi firmatari:
Comunità migranti senegalesi - Pisa; Federazione Rom e Sinti; El
Comedor estudiantil Giordano Liva onlus; Spazio Antagonista Newroz; Africa
Insieme; Associazione Mezclar; Laboratorio Rebeldia; Circolo Agorà; Partito
della Rifondazione Comunista – federazione Pisa; Socialismo Rivoluzionario;
Mensile "Valori"; Rete dei Comunisti; Fratelli dell’Uomo - ONG ONLUS;
confederazione COBAS; Partito dei Comunisti Italiani-Federazione Pisa; Partito
dei Verdi-Federazione Pisa; ARCILESBICA-Pisa; Precari/ie autorganizzati/e-Pisa;
Di Fabrizio (del 13/11/2008 @ 12:45:31, in scuola, visitato 1414 volte)
Da
Fondazione Anna Ruggiu
Comunicato stampa con preghiera di diffusione
Anche per l’anno 2008, la Fondazione Anna Ruggiu conferisce alcune Borse di
studio riservate a giovani appartenenti all’etnia Rom che frequentino con
profitto la scuola.
L’iniziativa, giunta ormai alla V° edizione, ha favorito la scolarizzazione
di diversi giovani Rom che abitano nei campi della Sardegna, alcuni dei quali
hanno già conseguito un diploma delle scuole secondarie, altri le frequentano
con soddisfacenti risultati e ci si aspetta che il contributo offerto dalla
Fondazione possa rafforzare ed accelerare il processo di scolarizzazione ormai
da anni in atto tra le comunità rom della Sardegna.
L’obbiettivo è quello di favorire, attraverso l’elevazione culturale, la
comprensione reciproca tra le culture, nella convinzione che il raggiungimento
di elevati livelli di istruzione tra gli appartenenti all’etnia Rom, possa
svolgere una funzione estremamente positiva in tale direzione. Alcune esperienze
scolastiche, peraltro, dimostrano come sia possibile raggiungere elevati livelli
di integrazione.
La cerimonia di consegna delle borse di studio, che ammontano a complessivi
5.000 euri, si svolgerà sabato 15 novembre e 10,30 presso il Centro di
aggregazione sociale di Pabillonis,
I ragazzi premiati quest’anno non sono semplicemente studenti che riescono a
superare una classe, ma giovanissimi che si sono distinti per il merito e che,
in alcuni casi, possono a buon titolo figurare tra i migliori della propria
classe. Provengono da realtà diverse, Sassari, Pabillonis, Monserrato e ciascuno
di essi si distingue per propri peculiari talenti.
Speriamo, un giorno, di trovare alcuni di essi tra i banchi dell’Università.
L’iniziativa, è realizzata in collaborazione con l’Unicef della Provincia di
Cagliari, e con l’Amministrazione comunale di Pabillonis e coinvolge altre
istituzioni, a cominciare dalla Caritas, particolarmente attive in questo
settore.
Speriamo che, almeno per un giorno, le cattive notizie di cronaca relative ai
Rom, alle quali siamo abituati possano lasciare il posto ad altre notizie di
cronaca più positive e, soprattutto, capaci di creare un clima di fiducia e di
speranza.
Di Fabrizio (del 13/11/2008 @ 09:50:56, in Italia, visitato 1951 volte)
Da
ReteRom
18 novembre - ore 17.30
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
Via Castellaneta, 10 - Roma
Incontro con:
Beppe Rosso e Filippo Taricco, autori del libro La città fragile.
Najo Adzovic, autore del libro Il popolo invisibile.
Francesco Careri, autore del libro Walkscapes. Camminare come pratica
estetica.
Proiezione del video:
"Savorengo Ker: la casa di tutti" presentato alla XI Biennale Architettura di
Venezia nell'ambito della mostra L'Italia cerca casa - Padiglione italiano.
Regia e montaggio di Fabrizio Boni.
Immagini di Donatello Conti, Frediano Iraci Sareri, Aldo Innocenzi, Francesco
Careri, Azzurra Muzzonigro.
Beppe Rosso legge:
"Seppellitemi in piedi", primo capitolo del libro La città fragile. Zingari
romeni scappati dal loro villaggio in fiamme e accampati nella periferia di una
metropoli; ragazze albanesi rapite di casa e gettate sui marciapiedi; italiani
che vanno in rovina e sono costretti a vivere in strada. Vite consumate nella
violenza di uno spazio aperto con i tentativi di abitarlo, i gesti quotidiani e
il bisogno di ritrovare una dignità e un'ironia per stemperare il dramma.
Tre racconti in cui la città fragile si sovrappone alla città di sempre
collocandosi al centro della narrazione, e la vita, quella più vera e umana,
prende la parola al di sopra e dentro il brusio metropolitano.
Al termine scambio interculturale di sapori e saperi
INGRESSO LIBERO
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
Via Castellaneta, 10 - Roma
info 0645460705
www.teatrobibliotecaquarticciolo.it
di Sergio Franzese
pubblicato su HaKeillah, giornale del Gruppo torinese di Studi Ebraici
Lo scorso numero di Ha Keillah ha dedicato ampio spazio alla
questione Rom pubblicando interventi da cui emerge la preoccupazione degli ebrei
torinesi per i provvedimenti dal forte sapore discriminatorio varati dal governo
Berlusconi. Tra questi, ad aver suscitato maggiori critiche, è il progetto di
schedatura con rilevamento delle impronte digitali a tutti i residenti
all’interno dei campi nomadi, anche ai minori, compresi coloro che come i Sinti
sono cittadini italiani. Dello stesso argomento si era parlato in occasione
dell’incontro "Società e xenofobia" organizzato dalla Comunità e dal Comitato
Oltre il Razzismo svoltosi il 7 luglio nei locali del Centro Sociale e che ha
visto un’ampia ed attiva partecipazione.
A settant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali è
doloroso constatare il riaffiorare di sentimenti di ostilità verso una parte
della popolazione considerata estranea, complice un clima di paura irrazionale
fomentato da forze politiche che in questo momento sono alla guida del paese e
che attraverso la progressiva demolizione dei principi democratici fanno
paventare il rischio di un ritorno al fascismo (il quale, per essere considerato
tale, non ha bisogno di olio di ricino e manganelli).
Per tornare alla questione, come scrive Francesco Ciafaloni
nel suo articolo (Ha Keillah n.3/2008 – pag. 8), "gli tzigani, per lo più,
sanno poco dei gaggi e i gaggi non sanno assolutamente nulla degli tzigani, al
di là della caricatura negativa, e di quella romantica, che possono
tranquillamente convivere" (gaggi o gagé è il termine in
lingua romaní che indica chi non appartiene all’etnia zingara). Credo che in
linea di massima abbia ragione. Una migliore conoscenza degli aspetti
storico-culturali e delle problematiche di questo popolo può far meglio
comprendere le dinamiche che sono all’origine dei conflitti che da sempre
segnano il rapporto tra zingari e gagé; per questo ho ritenuto che
valesse la pena suggerire alcune letture che potranno aiutare a gettare uno
sguardo verso quell’altrove (sia esso luogo o dimensione) nel quale Rom e Sinti
vengono spesso relegati.
La bibliografia in lingua italiana sull’argomento è vasta ma
non abbondante. Essa comprende sia testi di autori italiani che traduzioni di
autori stranieri. Diversi libri, tra cui anche alcuni basilari, purtroppo sono
ormai fuori commercio ma possono essere reperiti in biblioteca. Tra questi i
titoli più significativi sono Mille anni di storia degli Zingari di
François de Vaux de Foletier (Jaca Book, Milano, 1978) e Il destino degli
Zingari di Donald Kenrick e Grattan Puxon (Rizzoli, Milano, 1975). Sul
versante culturale, una trilogia a cura del gruppo Arca, è stata pubblicata
dalla casa editrice milanese IGIS tra il 1978 ed il 1982: La mano allo
zingaro (magia di una cultura), Arte nomade (il senso artistico degli
Zingari), Gli ultimi nomadi (poesia nel mondo zingaro). Da segnalare
anche Zingari ieri e oggi, a cura di Mirella Karpati (Lacio Drom, Roma,
1993), i volumi di Leonardo Piasere, Popolo delle discariche. Saggi di
antropologia zingara (CISU, Roma, 1991), Un mondo di mondi.
Antropologia delle culture rom (L’ancora del Mediterraneo, Napoli, 1999) ed
infine la rivista di studi zingari Lacio Drom, pubblicata dal 1965 al
1999.
Sul "Porrajmós", lo sterminio nazifascista nel quale furono
uccisi mezzo milione di zingari, hanno scritto Christian Bernadac,
Sterminateli! Adolf Hitler contro i nomadi d’Europa (Fratelli Melita
Editori, La Spezia, 1988), Otto Rosenberg, La lente focale. Gli zingari
nell’Olocausto (Marsilio, Venezia, 2000) e Guenter Lewy, La persecuzione
nazista degli zingari (Einaudi, Torino, 2002). Sullo stesso argomento vorrei
ancora ricordare l’ottima documentazione contenuta nei DVD e nel libretto ad
essi allegato dal titolo A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli
Zingari (editrice A, Milano, 2006) da me recensiti su questo stesso giornale
(n. 1/2007).
Con questo articolo intendo però soffermarmi su quattro
recentissime pubblicazioni, uscite quasi contemporaneamente nei mesi scorsi e
che seguono di poco il saggio curato da Marco Impagliazzo, Il caso zingari
(Leonardo International, Milano, gennaio 2008 – pagg. 126 - € 12), di cui ci
parla Emilio Jona sempre su Ha Keillah n. 3/2008 a pag. 9. La prima di esse è
La città fragile (Bollati Boringhieri, Torino, aprile 2008 - pagg. 92 - €
12). Si tratta della raccolta dei testi teatrali della "Trilogia
dell’invisibilità" curata dall’attore teatrale torinese Beppe Rosso e dallo
sceneggiatore Filippo Taricco. Dei tre capitoli il primo di essi "Seppellitemi
in piedi" ripercorre la vicenda dei Rom rumeni approdati alla periferia di
Torino dieci anni fa e raccontata da Marco Revelli nel suo libro-testimonianza
Fuori luogo. Cronaca da un campo Rom (1999, stessa casa editrice). È
interessante, alla luce dell’ "emergenza" dei Rom rumeni di cui tanto si
continua a parlare, riesaminare gli esordi di una vicenda che mette a nudo non
solamente la fragilità dei protagonisti ma anche quella delle istituzioni che di
fronte a ciò che interviene a scompigliare l’ordine costituito si mostrano quasi
sempre ed ovunque incapaci di fornire soluzioni adeguate e spesso ricorrono a
decisioni di natura repressiva (sgomberi, allontanamenti, espulsioni, ecc.).
Lorenzo Monasta, medico epidemiologo con esperienze di lavoro
in Africa e nei campi nomadi in Italia, è l’autore de I pregiudizi contro gli
"zingari" spiegati al mio cane (BFS-Edizioni, Pisa, 2008 - pagg.80 - € 8).
Il titolo potrebbe indurre a pensare che si tratti di un libro ironico e poco
impegnativo. Anche se in alcuni punti l’ironia non manca il testo pone il
lettore di fronte agli atteggiamenti di rifiuto che molte persone adottano nei
confronti dei Rom e dei Sinti, di cui conoscono poco o nulla, e ancora una volta
mette in risalto l’analfabetismo culturale dei politici e delle amministrazioni
locali. Facendo venire allo scoperto ed analizzando i comportamenti sbagliati,
incoerenti, buonisti, che impediscono un approccio normale con la realtà
zingara, il lettore viene posto di fronte a più di un interrogativo; la sfida è
trovare in sé le risposte. In breve, un libro sintetico ma niente affatto
banale.
Anche se il titolo Zingari di merda (Effigie, Milano,
maggio 2008 - pagg.93 - € 15) appare spiazzante e provocatorio, si deve dare
atto ad Antonio Moresco e a Giovanni Giovannetti di aver saputo descrivere, il
primo con la narrazione ed il secondo con le immagini, le tristi condizioni di
vita di una comunità di Rom rumeni costretti ad una dolorosa odissea tra
l’Italia e la Romania, il luogo da cui erano partiti e nel quale sono stati
ricacciati dopo lo sgombero dall’ex fabbrica Snia alle porte di Pavia, dove
avevano trovato rifugio. Insieme a Dimitru che fa loro da accompagnatore gli
autori hanno intrapreso un viaggio verso Slatina e Listeava, dove l’esistenza
priva di prospettive trascorre in case di fango o dentro buche scavate nel
terreno. Moresco descrive situazioni al limite dell’incredibile che spiegano le
ragioni della fuga verso l’occidente in cerca di condizioni di vita migliori;
narra ciò che vede con un linguaggio aspro e politicamente scorretto, riesce
quasi a farci percepire la puzza che lo circonda in luoghi che sembrano
concepiti per negare la dignità agli esseri umani. La lettura di questo libro
non può non turbare la coscienza di tutti coloro che "vivono sicuri in tiepide
case e tornando a casa la sera trovano cibo caldo e visi amici".
Con Non chiamarmi zingaro (Chiarelettere, Milano,
giugno 2008 - pagg. 227 - € 12,60) Pino Petruzzelli, attore anch’egli come Beppe
Rosso, ci introduce ad una realtà a dir poco stupefacente. Gli zingari da lui
incontrati non sono soltanto quelli emarginati e sudici, ladri ed accattoni,
bensì quelli che la gente non vede e quindi non giudica positivamente come
dovrebbe: una romní medico con specializzazione in neurologia, una laureata in
geopolitica, una maestra, un frate, un pittore, un giostraio, una zingara
sottratta dalle istituzioni ai genitori naturali per essere educata in una
famiglia "rispettabile" (con buona pace di chi afferma che gli zingari rapiscono
i bambini).
Molti Rom e Sinti vivono con disagio la loro condizione,
quella che li costringe a tacere sulla loro vera identità per non correre il
rischio di essere discriminati. Le testimonianze raccolte da Petruzzelli, che
tra l’altro ha partecipato all’incontro "Società e xenofobia", costituiscono un
pesante atto d’accusa rivolto ad una società ipocrita, quella che rimprovera gli
zingari di non volersi integrare ma per la quale "uno zingaro resta sempre uno
zingaro", qualcuno di cui diffidare (quanti, in fondo, la pensano allo stesso
modo nei confronti degli ebrei e, in genere, di chiunque appartenga ad una
cultura, ad un gruppo sociale o ad una religione diverse da quelle nelle quali
si riconosce la maggioranza dei cittadini?).
Questa guerra tra e contro i poveri e non contro le
ingiustizie che sono all’origine della povertà è, nell’Italia delle leggi "ad
personam", al tempo stesso cinica ed allarmante. Identificare negli zingari il
capro espiatorio di turno consente di tacere sulle vere emergenze del paese e
permette che gli istinti più bestiali si traducano in azioni di violenza e
squadrismo: dai pogrom di Ponticelli ai presidi contro la sistemazione di un
nuovo campo nomadi a Mestre, passando per numerosi episodi di aggressione
taciuti dai media, questo solo per citare fatti recenti. Che queste deplorevoli
iniziative siano firmate camorra, naziskin o Lega nulla cambia: intolleranza e
razzismo, lo sappiamo, sono un’idra dalle molte teste di fronte a cui non
dobbiamo mai abbassare la guardia.
In conclusione, la lettura dei libri che ho menzionato in
precedenza permette di andare oltre l’informazione distorta che su questo
argomento ogni giorno ci viene propinata da tivù e giornali, colmando quelle
lacune di conoscenza che sono alla base di giudizi non obiettivi.
Porsi all’ascolto di persone che vivono al nostro fianco,
imparare da un popolo che con gli ebrei ha condiviso una storia di esili forzati
e di persecuzioni, può anche aiutarci a riflettere su noi stessi e fornirci
delle motivazioni in più per contrastare la deriva morale e culturale di questo
paese. Con l’aria che si respira ha ragione Guido Fubini quando afferma che "non
basta più essere vigilanti!". Bisogna essere pronti ad agire.
Di Fabrizio (del 13/11/2008 @ 09:21:37, in Europa, visitato 1854 volte)
Da
Czech_Roma (nessuno sa autoincensarsi come uno statunitense, talvolta a
ragione...)
La reazione di ISN alla vittoria di Obama nelle elezioni
Queste elezioni ovviamente hanno detto molto dell'America ma, per me e
probabilmente per molti Americani che vivono all'estero, probabilmente si tratta
di un esercizio di comparazione o contrasto con le nostre patrie di adozione.
Due le cose impressionanti. Mentre guardavo un gentile Mc Cain esprimere nel suo
discorso finale ammirazione per la capacità di Obama di ispirare e un Obama
sobriamente (e non trionfalmente) parlare di lavorare assieme e dei profondi
valori del Partito Repubblicano, pensavo: "Qui non sarebbe potuto accadere
affatto." Parliamo della polarizzazione negli USA, ma non possiamo paragonarla
all'odio amaro tra i due principali partiti qui nella Repubblica Ceca; è
semplicemente inimmaginabile che possano lodarsi l'un l'altro in quel senso,
figura o forma. La mancanza di cooperazione è stata la principale ragione per la
mancanza di riforme chiave.
Ad un livello più personale, sono rimasto deluso nell'ascoltare alcuni Cechi
che conosco focalizzati sulla razza; appaiono abbastanza sbalorditi che un uomo
negro sia stato eletto e ancora di più dall'idea che un Ucraino o un Vietnamita
(le due maggiori comunità minoritarie qui) sia a capo della Repubblica Ceca.
Sono semplicemente impenetrabili al pensiero che qualcosa di simile possa
succedere qui - benché sia comprensibile. La II guerra mondiale eliminò
molta della diversità della Cecoslovacchia (i nazisti che uccidevano gli Ebrei e
poi i Cechi che cacciavano chi era di etnia tedesca) ed il regime
comunista mise un coperchio sull'immigrazione, il paese divenne incredibilmente
omogeneo. Tutto questo è cambiato, lentamente, negli ultimi 20 anni, ma di
sicuro ci vorranno generazioni per i candidati delle minoranze progrediscano
nelle elezioni generali e convincano i Cechi che loro sono come tutti gli altri
(senza menzionare la minoranza Rom, che è qui da generazioni).
Così noi, in quanto Americani, dovremmo essere a ragione orgogliosi tanto
dell'elezione di Obama che, infine, per lo spirito di mutua appartenenza, ma
dobbiamo tenere a mente che tanto il nostro multiculturalismo che il sistema
politico sono maturati in centinaia di anni, potrebbe essere una lezione
importante per alcune delle democrazie più giovani, ma ci vorrà una lunga strada
perché qualcosa di simile accada nel loro cortile.
Jeremy Druker, ISN Security Watch contributor based in Prague and Director of
Transitions Online
Di Sucar Drom (del 12/11/2008 @ 12:33:21, in blog, visitato 1811 volte)
Roma, a Casilino 900 è allarme sanitario
Non c’è tempo da perdere, il Casilino ‘900 ha bisogno di "interventi
migliorativi in tempi brevi" o esploderà. Nell´agglomerato di baracche tra la
Casilina e via Togliatti "si riscontrano" infatti "episodi di Tbc, epatopatie
severe, malattie dermatologiche trasmis...
L'America è pronta per un leader nero ma l'Italia è pronta per un leader sinto?
Secondo segretario di Stato nero nella storia dell’America, primo segretario di
Stato nero e donna, Condoleezza Rice è stata uno degli esponenti
dell’amministrazione Bush più vicini al Presidente, in un secondo ...
Cremona, corso di formazione per insegnanti, mediatori culturali e operatori
sociali
Il Settore Politiche Educative del Comune di Cremona promuove da diversi anni
interventi finalizzati a sostenere e scuole del territorio nell'accoglienza e
integrazione degli alunni stranieri. Gli interventi si sono evoluti nel tem...
Un viaggio attraverso l’Italia razzista
È quello compiuto dalla parlamentare europea Victoria Mohacsi (in foto), rom
ungherese, accompagnata per i “campi nomadi” d’Italia dai volontari del gruppo
Everyone. Le testimonianze racc...
La speranza ha vinto sulla paura
Un sogno si è realizzato: un “meticcio” è diventato Presidente degli Stati Uniti
d’America. Questa mattina alle sei (ora italiana) Barack Hussein Obama è apparso
sul palco del grande parco di Chicago da Presidente degli Stati Uniti d’America.
Nel suo primo discorso ha rimarcato che sarà il Presidente di tutti, nessuno
escluso...
Roma, dopo un incidente stradale si scatena la libido razzista
La procura di Roma ha chiesto la convalida dell'arresto e la contestuale
emissione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere per Bruno
Radosavljevic, Rom di 26 anni di origine croata che ieri alla guida di una Bmw,
è pio...
Il commento razzista di Berlusconi
Il commento razzista del premier italiano Silvio Berlusconi sul neoeletto
presidente Usa Barack Obama - "E' bello e abbronzato" - fa il giro del mondo su
tutti i mass media del...
Rom e Sinti, l'identità negata
Rom uguale nomade, sporco, ladro di bambini. Questi sono solo alcuni degli
stereotipi che pesano come un macigno sulle spalle di un popolo presente in
Italia dal 1400... ...che non è riconosciuto come ...
Firenze, Olmatello ultimo atto
Le ultime famiglie che abitano ancora nel “campo nomadi” andranno in via
Lorenzini: 19 alloggi, metà sono per loro Olmatello ultimo atto. Entro un anno
uno dei due storici "campi nomadi" di Firenze verrà chiuso. E per i
settanta-ottanta ospiti che restano, in gran pa...
Roma, l'invenzione della ''zingara rapitrice''
Una ricerca per mostrare che quella della ''zingara rapitrice'' è soltanto
un'invenzione, una leggenda nera: lo studio è stato condotto dal Dipartimento di
Psicologia e Antropologia Culturale dell'Universita' degli Studi di Verona ed ha
preso in esame i presunti tentati ra...
zingari di merda
Per la collana Stelle filanti, Effigie edita “Zingari di merda”, di Antonio
Moresco, corredato dal reportage fotografico di Giovanni Giovannetti. Si tratta
di un carnet de voyage dei giorni nostri, in cui gli autori non partono alla
volta di mondi lontani dal ...
Roma, la Croce Rossa nella casta di lupomanno
La domenica mattina leggo Il Foglio di Ferrara per diverse ragioni che penso
interessino poco i lettori di sucardrom. Domenica scorsa con titolo in azzurro
si è parlato della presa del potere romano di Gianni Alemanno, ...
Pesaro, il gruppo EveryOne chiede tempo prima della cacciata dei Rom
Il Gruppo EveryOne si impegna per assicurare ai Rom perseguitati e scacciati
dalla città di Pesaro un'accoglienza umanitaria in altre città. "E' necessario,
però, che le Istituzioni ci concedano...
Italia, aumentano “gli atti di xenofobia e di razzismo, alcuni con violenza
senza precedenti”
L’agenzia Ansa anticipa la bozza di relazione della visita in Italia compiuta da
una delegazione della Commissione libertà civili dell’Europarlamento. In Italia
un clima di “disagi...
I neri d’america sognano e ora noi stiamo a vedere
In Italia l’accoglienza politica della novità è stata imbarazzante. "Carinerie"
a parte, Berlusconi era in visita amichevole e d’affari a Mosca, una delle due
capitali (l’altra è Teheran) oggi meno gradite a Washington, proprio il giorno
dopo un minaccioso discorso antiamericano del presidente russo...
Arriva il registro per schedare i senza fissa dimora
Il democratico Casson, quando governo e maggioranza danno il via libera
all'emendamento leghista (firmato Bricolo, Mauro, Bodega, Mazzatorta, Vallardi),
lo ribattezza subito "il registro dei clochard" ...
Di Fabrizio (del 12/11/2008 @ 09:37:11, in media, visitato 1633 volte)
Segnalato da Paolo Andreozzi
[ricevo da Beatrice Montini e volentieri inoltro] Sono una giornalista
e scrivo per segnalare un'iniziativa GIORNALISTI CONTRO IL RAZZISMO che stiamo
portando avanti attraverso il sito
http://www.giornalismi.info/mediarom/
Al momento stiamo cercando di diffondere e far discutere sulla campagna
"Mettiamo al bando la parola clandestino (e non solo quella)" (anche nomade,
zingaro, extracomunitario, ecc ).
Da ieri l'agenzia Dires ha deciso di eliminare dai suoi lanci queste parole.
Copincollo qui sotto il lancio dell'Ansa.
(ANSA) - ANCONA, 10 NOV - Da oggi i lanci quotidiani del notiziario DiReS -
frutto della collaborazione tra l'Agenzia Dire (Canale Welfare) e l'Agenzia
Redattore Sociale - non conterranno più la parola "clandestino". L'iniziativa,
spiega una nota, è maturata anche in seguito all'appello lanciato dal gruppo
Giornalisti contro il razzismo.
«Oltre a essere impropria, la parola ha sempre più assunto nell'immaginario
collettivo un'accezione offensiva e spesso criminalizzante, che rischia di
estendersi a tutta la popolazione immigrata - dice il direttore di Redattore
Sociale, Stefano Trasatti -. Eliminarla dal nostro notiziario ci sembra una
scelta doverosa e di rispetto della dignità delle persone straniere». «L'uso di
un linguaggio corretto - aggiunge il direttore di Dire, Giuseppe Pace - è sempre
importante per un'agenzia di stampa, ma lo è ancora di più quando si trattano
fenomeni, come l'immigrazione, su cui è facile alimentare paura, xenofobia e
razzismo».
Al posto dalla parola "clandestino", che verrà usata solo in eventuali
dichiarazioni tratte da comunicati stampa e riportate tra virgolette, o se
necessaria per riportare fedelmente il contenuto di un'intervista, saranno
preferiti termini come irregolare, migrante, immigrato, rifugiato, richiedente
asilo, persona, cittadino, lavoratore, giovane, donna, uomo. Sarà evitata anche
la parola "extracomunitario", a meno che non sia essenziale per chiarire aspetti
tecnico-giuridici.
Di Fabrizio (del 12/11/2008 @ 09:36:32, in Italia, visitato 2648 volte)
Ricevo da Eugenio
Viceconte
(L'avevo anticipato
QUI)
(2008-11-10)- L’ampia ricerca "Adozione di minori rom/sinti e sottrazione di
minori gagé" commissionata dalla Fondazione Migrantes al Dipartimento di
Psicologia e Antropologia culturale dell’Università di Verona e alla direzione
del Prof. Leonardo Piasere, si articola in due studi volti a rispondere a
differenti ma complementari interrogativi.
L’uno –– in corso di pubblicazione presso CISU – volto a verificare quanti
bambini figli di rom o sinti siano stati dati in affidamento e/o adozione dai
Tribunali per i Minori italiani a famiglie gagé, condotto da Carlotta Saletti
Salza. L’altro – già edito dallo stesso editore col titolo "La zingara
rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007) – sui presunti tentati
rapimenti di infanti non-rom da parte di rom, condotto da Sabrina Tosi Cambini.
Il progetto di ricerca "Adozione dei minori rom e sinti" prevedeva la raccolta
il più esaustiva possibile di dati documentati relativi all’affidamento e
all’adozione di minori rom e sinti a famiglie non rom da parte dei tribunali dei
minori italiani, nel periodo compreso tra il 1985 e il 2005, nonché un’analisi
dei dati raccolti. La scelta è stata quella di condurre una ricerca
sull’affidamento e sull’adozione dei minori rom e sinti a partire dai dati
relativi alle dichiarazioni di adottabilità che sono registrati presso le sedi
dei tribunali minorili e dalle informazioni raccolte nei servizi sociali di
territorio, comunali e ospedalieri, in materia di allontanamento dei minori dal
nucleo famigliare. Quindi, sono stati raccolti i dati relativi alle
dichiarazioni di adottabilità presso otto (Torino, Bologna, Bari, Lecce, Trento,
Firenze, Venezia e Napoli) delle ventinove sedi dei tribunali minorili e sono
stati svolti colloqui con i servizi sociali di riferimento. Complessivamente, i
casi di minori rom e sinti dichiarati adottabili sono oltre duecento.
I dati raccolti in ciascuna delle sedi dove si è svolto il lavoro di ricerca
mostrano differenze rilevanti legate al contesto storico e sociale all’interno
del quale, nel corso degli anni, si sono inserite le differenti comunità rom e
sinte. Per fare un esempio, vi sono situazioni nelle quali troviamo una mancanza
di tradizione del lavoro dei servizi sociali (come a Lecce, dove assistiamo a
una pericolosa inversione di ruoli dal momento che l’Autorità Giudiziaria
minorile si sostituisce alla tutela sociale che dovrebbero invece esercitare i
servizi di territorio) e contesti nei quali invece i servizi sociali vantano una
sorta di specializzazione nel lavoro con le comunità rom (vedi il caso di
Firenze, Torino, Venezia), con una pericolosa stigmatizzazione della cultura da
parte dei differenti operatori coinvolti.
Nel complesso, l’analisi dei dati mostra la facilità con la quale, nelle diverse
realtà analizzate, la tutela sociale (dei servizi di territorio) e civile
(dell’Autorità Giudiziaria) scivolano nell’indifferenziare l’identità di un
minore rom con quella di un minore maltrattato. Come se la cultura "altra"
potesse fare del male al bambino. Questo è ciò che pensano molti degli operatori
incontrati. Tutti i minori rom, in quest’ottica diventerebbero dei bambini
maltrattati. L’intervento di tutela operato in molti contesti diventa quindi
quello di allontanare, togliere il minore dal suo contesto famigliare, per
educarlo, come se la cultura rom non avesse un modello educativo o, per lo meno,
come se la cultura rom non avesse un modello educativo valido. I concetti
impliciti che precedono questa riflessione propria di molti operatori così come
di molti magistrati minorili, vedono il bambino rom come soggetto di una
situazione di pregiudizio solo e proprio perché è rom o perché vive su quel
pezzo di terra dove si trova il "campo nomadi". Precisamente, i presupposti
impliciti di molti operatori sono che:
- la cultura rom è da considerarsi "mancante", sempre e comunque, con tutti i
bambini;
- nella cultura rom vi è un’assenza delle capacità genitoriali;
- da parte dei genitori e/o della famiglia rom vi è un’assenza della tutela
dell’infanzia.
Sono proprio questi i presupposti in funzione dei quali l’intervento di tutela
sociale e/o civile del minore rom diventa facilmente quello di tutelarlo dalla
sua famiglia o dalla sua cultura. Cosa accade allora ai minori rom? La ricerca
svolta evidenzia che la difficoltà di molti operatori nel riconoscere l’identità
del bambino rom, il suo modello educativo, porta a gravi situazioni in cui di
fatto il minore non viene tutelato. I circa duecento casi riscontrati di
dichiarazione di adottabilità, infatti, denunciano un grave "pregiudizio" (così
come inteso dal codice civile) nel quale si troverebbe questa volta non il
minore rom, ma il contesto istituzionale che ruota intorno a quella che dovrebbe
essere la tutela di qualsiasi minore. Una tutela dalla quale il minore rom,
paradossalmente, resta escluso.
Abbiamo quindi situazioni nelle quali i minori trovati in strada da soli o con
gli adulti di riferimento vengono allontanati dai genitori e poi inseriti in
comunità. Una volta in comunità il provvedimento del Tribunale dei Minorenni
dispone che i minori non possano più incontrare i propri famigliari, fino al
termine dell’istruttoria. Concretamente questo vuol dire che potrà accadere che
i bambini non possano più incontrare i propri genitori per lunghi mesi, con
gravi conseguenze nella loro relazione. Gli avvocati che seguono questi casi
affermano che, probabilmente, in questi casi, il reale interesse dei vari
operatori coinvolti è di trovare il maggior numero possibile di minori per le
famiglie non rom che fanno domanda di adozione. Come reagire di fronte a queste
gravi denunce? Oppure abbiamo casi in cui i minori vengono allontanati dalla
famiglia perché i servizi sociali valutano che le condizioni abitative del
nucleo, ovvero quelle del "campo nomadi", non sono adeguate alla tutela di un
minore. Ancora, molte volte ci troviamo di fronte a casi di allontanamento che
avvengono con molta violenza, sulla base del mero pregiudizio personale di un
operatore qualunque che scrive che quel minore non è tutelato perché "mangia con
le mani" o "non indossa il pigiama per andare a dormire". Con quale presunzione
noi non rom continuiamo a immaginare che il nostro modello di vita sia il
migliore e quello ideale? E, soprattutto, chi lavora nel sociale non dovrebbe
avere una formazione adeguata per lavorare con soggetti che appartengono a
culture differenti?
Talvolta la responsabilità della mancata tutela del minore viene data alla
cultura, talaltra alle istituzioni, che non sarebbero in grado di offrire a
questi nuclei situazioni abitative appropriate. In entrambi i casi, il risultato
è che non viene salvaguardato l’interesse del minore di vivere nella propria
famiglia. Accadrebbe lo stesso se si trattasse di minori italiani?
Non si vuole qui escludere che possano esserci situazioni di abbandono dei
minori rom, non si vuole accusare gratuitamente il lavoro degli operatori, ma si
vuole mettere in evidenza la contraddizione nella quale invece cadono in molti
(sia gli operatori sociali che della magistratura minorile), identificando
sempre il minore rom come abbandonato, potremmo dire, "alla" e "dalla" sua
cultura.
Possiamo aggiungere quindi che il tema attorno al quale si sviluppare questa
analisi è quello di tutela. Qual’é la nostra concezione tutela e qual’é quella
dei romá? Cosa accade al bambino rom mentre per l’operatore si sta verificando
una situazione di maltrattamento? Da questo interrogativo si apre una
riflessione su due aspetti:
- sulla definizione di quella che viene genericamente definita come la soglia in
funzione della quale l’operatore, genericamente inteso, stabilisce che il minore
si trova in una condizione di "pregiudizio". Una soglia viene banalmente
interpretata e descritta con un criterio di tolleranza personale: per qualcuno
sono i piedi scalzi, piuttosto che il furto o l’accattonaggio o l’appartenenza
alla cultura rom, senza riconoscere che il "pregiudizio" dovrebbe essere quello
ravvisato specificatamente nell’interesse di ciascun minore. Quello che accade è
che i minori rom verranno segnalati all’Autorità Giudiziaria in funzione del
grado di tolleranza personale degli operatori sociali, che, come quella di molti
cittadini, è molto bassa.
- L’altro aspetto riguarda l’applicabilità della norma giuridica italiana a un
contesto culturale differente, un tema che in Italia resta poco approfondito. Al
centro di quest’analisi vi è una discussione sulla definizione dei margini
dell’applicabilità della norma giuridica a un minore il cui contesto famigliare
potrebbe non riconoscere la stessa norma e le sue finalità. In funzione di quali
criteri potremo definire l’abbandono di fronte a un minore che appartiene a un
contesto culturale differente da quello nel quale è stata elaborata la norma
giuridica? Alcuni magistrati portano riflessioni interessanti a questo
proposito, affermando che di fronte al minore straniero occorre sempre
considerare e decodificare il contesto culturale dal quale proviene, ma il tema
resta ampiamente marginale nell’ambito della magistratura minorile. Il risultato
è che pochi magistrati minorili riconoscono la necessità di decodificare il
contesto culturale del minore e che in molti invece ritengono non opportuno
riconoscerne la specificità dettata dall’appartenenza culturale. Questo è quanto
emerge nell’ambito del lavoro di ricerca svolto.
Quale soluzione proporre? Frequentemente la cultura non-rom si presenta come
"egemone", più forte di quella dei romá, identificati come appartenenti a una
minoranza culturale. Se davvero si riconosce come tale, la nostra cultura
dovrebbe prendersi la responsabilità di assumere fino in fondo questo ruolo,
creando quegli strumenti che potrebbero anche tutelare il minore rom e la sua
famiglia. Questo vorrebbe dire disporre di quegli strumenti di conoscenza che si
avvicinino il più possibile al contesto culturale del minore, con il risultato
di mettere il minore in una condizione che lo veda tutelato da entrambe le
parti: per la magistratura minorile e per la sua famiglia.
Dovremo infine smettere di pensare alle cultura rom come una cultura statica e
immutabile, come se i minori fossero destinati alla povertà materiale e
culturale dei loro genitori. Se molti romá oggi vivono nei "campi nomadi" è
perché si tratta di una chiara scelta delle amministrazioni comunali di
mantenere queste comunità in una condizione di grave precarietà sociale e
civile. Se i minori rom oggi non sono tutelati e c’è un sistema giudiziario
minorile che non li tutela la responsabilità è solo nostra.
La seconda indagine "Sottrazione di minori gagé" originariamente copriva il
ventennio dal 1986 al 2005, ma per i fatti successivamente accaduti si è
protratta fino al 2007. I casi sono stati individuati e analizzati partendo
dall’archivio Ansa e arrivando alla consultazione dei fascicoli dei Tribunali,
adottando, oltre a quella giuridica, più prospettive: etnografica,
dell’antropologia giuridica ed etnometodologica.
Per dare un quadro del lavoro svolto, possiamo dire che la ricerca si è
strutturata in tre fasi: individuazione nell’archivio Ansa dei fatti di nostro
interesse; studio del corpus ricavato dall’archivio Ansa per individuare i casi;
lavoro sui casi: consultazione dei fascicoli processuali, ricostruzione,
comparazione. Quest’ultima fase – che partiva, appunto, dalle informazioni
contenute nelle notizie Ansa – ha avuto la sua attività principale nel contatto
con le Forze dell’ordine, Procure e Tribunali al fine di verificare se il fatto
avesse avuto un prosieguo significativo in termini penali. In caso affermativo,
si è cercato di ottenere i permessi per la visione dei fascicoli. Alcune volte,
è stato possibile avere un colloquio con il PM e con gli avvocati; in altre, la
distanza temporale ha complicato questi passaggi. Per molti è stato possibile
anche raccogliere gli articoli apparsi sui giornali e anche su Internet.
Nella nostra analisi prendiamo in considerazione ventinove casi, oltre undici di
sparizione di minori (dunque, 40 in tutto), sui quali è da subito opportuno
indicare il risultato principale della ricerca, e cioè che non esiste nessun
caso in cui sia avvenuta una sottrazione del bambino: nessun esito, infatti,
corrisponde ad una sottrazione dell’infante effettivamente avvenuta, ma si è
sempre di fronte ad un tentato rapimento, o meglio, ad un racconto di un tentato
rapimento.
Alla confusione che generano i media al momento della denuncia del fatto, dando
come provato e "vero" il tentato rapimento, se non vi è un arresto non
corrisponde quasi mai la notizia dell’esito dell’azione delle Forze dell’ordine.
Nei pochi casi in cui questo accade, la notizia non è per comunicare che i rom
non c’entrano niente, ma è perché l’esito scioglie in sé altri eventi: truffe,
fatti drammatici, situazioni che suscitano ilarità.
In maniera random si è cercato anche di verificare se per i casi in cui era
stata sporta denuncia, ma in cui i presunti rapitori si erano dati alla fuga, le
indagini avessero risolto la vicenda in qualche modo: si tratta di un ulteriore
accertamento rispetto al fatto che se non c’è stata più nessuna notizia in
merito questo ci può far dire che non si era poi svolto nessun arresto. D’altra
parte - come dicevamo e come alcuni casi dimostrano - laddove le Forze
dell’ordine tramite le proprie indagini verificano che è stato solo un equivoco,
una percezione errata della situazione, la stampa ne dà poca o nessuna notizia.
La comparazione dei casi ci ha aperto a strade particolarmente significative,
attraverso le quali si sono potuti individuare gli elementi cardine dei racconti
dei tentati rapimenti, che sono pochi e si ripetono come un frame, un canovaccio
concettuale con poche varianti: ad esempio, nella grande maggioranza, si tratta
di ‘donne contro donne’ ossia è la madre ad accusare una donna rom di aver
tentato di prendere il bambino; non ci sono testimoni del fatto, tranne i
diretti interessati; gli eventi accadono spesso in luoghi affollati come mercati
o vie commerciali; nessuno interviene in soccorso della madre; non di rado
appare la paura che vi sia uno ‘scopo oscuro del rapimento’ per cui la presenza
di alcuni mezzi e persone nelle vicinanze vengono interpretate dalle madri (o da
altre figure) come complici della zingara (ma i controlli lo smentiscono
regolarmente).
L’analisi comparativa dei casi, infine, ci porta a poter affermare che laddove
vi è la presenza di un infante, l’avvicinamento di una persona rom è subito
vissuto come un pericolo per il proprio figlio: lo stereotipo "gli zingari
rubano i bambini" risulta essere molto più potente di qualsiasi altro. Non si ha
paura, infatti, che sottraggano il portafogli o la borsa (secondo lo schema
mentale "gli zingari rubano"), ma che portino via il bambino.
Dai ventinove, estrapoliamo i sei casi che hanno portato all’apertura del
procedimento e dell’azione penale, che rappresentano il cuore del lavoro di
ricerca e che nel testo vengono presentati e discussi uno ad uno in particolar
modo attraverso i fascicoli processuali.
Si tratta di:
Desenzano del Garda (Brescia) 02/12/1996. Sentenza di colpevolezza [art. 56 c.p.
(delitto tentato) art.605 c.p. (sequestro di persona)].
Castelvolturno (Caserta) 18/01/1997. Sentenza di assoluzione perché il fatto non
sussiste.
Minturno (Latina) 30/08/1997. Archiviazione del caso.
Roma 10/10/2001. [Sentenza di colpevolezza art. 56 c.p. (delitto tentato) art.
574 c.p. (sottrazione di persone incapaci)].
Lecco 04/02/2005 (il procedimento penale è in corso – II grado).
Firenze 25/10/2005 (il procedimento penale è in corso – I grado, il PM
nell’ultima udienza del 17 ottobre 2008 ha chiesto l’assoluzione).
Lo sguardo critico proprio della disciplina antropologica fa emergere dalle
carte e dalle aule del tribunale l’utilizzo delle categorie del senso comune da
parte degli operatori del diritto come base attraverso cui adattare la
categorizzazione prevista nei codici alle circostanze del caso e la costruzione
della credibilità dei testimoni nella quale assume un forte peso la capacità
retorica delle due parti, intesa anzitutto come coerenza interna del discorso
quale testimonianza dell’accaduto. Il tutto retto anche da un ‘ragionevole’
assunto iniziale: la madre non avrebbe nessun motivo per accusare la zingara di
un atto non compiuto, in pratica non avrebbe alcun senso che la madre si fosse
inventata tutto, per cui quello che ella dice è di partenza da considerarsi in
qualche modo "vero". Non dobbiamo scordarci che ci troviamo davanti a persone
appartenenti a gruppi socialmente e giuridicamente deboli: non solo persone
immigrate, ma soprattutto e in primo luogo rom (ma chiamati sempre nomadi) e
nella maggior parte dei casi "sedicenti". Addirittura nella sentenza di Brescia
si legge che la pericolosità sociale della donna è "in una con la sua condizione
di nomade". Allo stesso modo per il caso di Roma, non ha nessun peso il fatto
che il certificato dei carichi pendenti dell’imputata risulti negativo: la sua
condizione di nomade sedicente basta – secondo il giudice - a renderla
pericolosa e capace di commettere azioni criminose. Il fatto di essere definite
nomadi, giustifica di per sé nei confronti delle imputate qualsiasi decisione a
tutela della collettività.
Infine, per quanto riguarda episodi di sparizione di bambini (11 casi
analizzati), nella maggioranza molto noti all’opinione pubblica, abbiamo
ricostruito i vari momenti in cui i rom e sinti entravano tra i soggetti
sospetti e gli esiti degli accertamenti che derivavo dall’attività investigativa
(sempre negativi). La drammaticità delle vicende di queste sparizioni si rende
ancora più acuta in quelle narrazioni di cui si conosce l’epilogo: l’opposizione
fra ciò che è accaduto realmente a questi bambini e l’immaginario stereotipico
del rapimento da parte dei rom emerge con una forza squassante. Questi bambini
sono stati vittime di una violenza brutale tutta interna ai contesti dove
vivevano: pedofili, conoscenti, parenti. Anche a partire da questo, il forte
invito è quello di allargare il nostro sguardo, interrogarci e riflettere
maggiormente su noi stessi (sempre che questo noi così netto esista...).
Le autrici della ricerca
Carlotta Saletti Salza, dottore di ricerca in Antropologia ottenuto presso la
Facultat de Ciències Humanes i Socials – Departament d’Història, Geografia i Art
– di Castellón de la Plana (Spagna). Svolge da svariati anni attività di ricerca
presso Fondazioni e Univeristà. Ha condotto ricerca etnografica tra le comunità
xoraxané a Torino e in Bosnia su tematiche relative all’educazione famigliare e
scolastica e sulla rappresentazione della morte.
Sabrina Tosi Cambini, dottore di ricerca in Metodologie della ricerca
etno-antropologica presso l’Università degli Studi di Siena, svolge da svariati
anni attività di ricerca presso Fondazioni, Istituti e Università; è stata
operatrice di strada e da tempo coordina progetti sperimentali di lavoro
sociale. Attualmente è docente a contratto di Antropologia culturale presso
l’Università degli Studi di Firenze e di Antropologia sociale presso
l’Università degli Studi di Verona. (10/11/2008-ITL/ITNET)
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